ALLEANZA POPOLARE PER LA DEMOCRAZIA E L'UGUAGLIANZA
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ALLEANZA POPOLARE PER LA DEMOCRAZIA E L'UGUAGLIANZA
Dal Brancaccio alle cento piazze
A tutti i compagni che nutrono ancora la speranza di avere una Italia migliore,
che amano la nostra costituzione e vorrebbero la sua attuazione
è consigliabile seguire il sito: http://www.perlademocraziaeluguaglianza.it/
per le notizie e gli eventi nazionali oltre che per il materiale di riferimento e per le attività di questo movimento.
CENTO PIAZZE PER IL PROGRAMMA
ASSEMBLEE, ORGANIZZAZIONE, ADESIONI
22 SETTEMBRE – 29 OTTOBRE 2017
Il percorso del Brancaccio va avanti e cresce grazie alle assemblee che si stanno celebrando in tutta Italia, fra piccoli e grandi centri. Solo per citare questi ultimi, già nel mese di Luglio, si sono tenuti i primi incontri a Firenze, Roma e Milano. Sono seguite a Settembre le assemblee di Torino, Bologna, Pescara e Perugia. Presto sarà la volta di Genova, Napoli, Venezia, Palermo e, a seguire, tante altre città. Parte da qui la nostra iniziativa “Cento Piazze per il Programma”: incontri partecipati, seri, bellissimi, ricchi di idee e di entusiasmo, in cui stiamo dando seguito al percorso iniziato il 18 Giugno a Roma. Da tutti scaturisce la volontà di costruire insieme una Sinistra unita e capace di invertire la rotta del Paese: due caratteristiche indivisibili, perché la prima è in funzione della seconda.
La strada che porta a questo risultato non passa attraverso tavoli di vertice, ma dalla costruzione di un progetto politico innovativo, chiaro, radicale, che possa realizzare una Lista civica e di sinistra con candidati credibili e scelti democraticamente dai cittadini e nei territori, non calati dall’alto. Per questo abbiamo deciso di iniziare dalla partecipazione dei cittadini e dalle assemblee tematiche in cui scrivere insieme il programma.
LE ASSEMBLEE
Vi abbiamo proposto di lavorare sulle priorità programmatiche decise dall’assemblea del Brancaccio e di tenere, a partire dall’ultimo fine settimana di Settembre, le assemblee sui primi cinque punti:
1) Lavoro, diritto al reddito, pensioni, equità di genere e intergenerazionale;
2) Diritti, welfare (diritto alla salute, giustizia e assistenza sociale); scuola, ricerca e università; ruolo dello Stato (art. 3 Cost.) e discussione sull’Europa
3) Fiscalità: equità e progressività;
4) Innovazione, energia, ambiente, modelli di sviluppo;
5) Immigrazione, inclusione e politiche securitarie, modello sociale.
Molti ci hanno chiesto di poter utilizzare anche il fine settimana successivo (6-8 Ottobre) e non possiamo che essere d’accordo. Per questo abbiamo deciso di estendere le date dell’iniziativa e programmare negli ultimi due fine settimana di Ottobre (20-22 e 27-29) la seconda sessione di assemblee in cui discuteremo degli altri temi, indicati come prioritari per il programma:
6) Attuazione della Costituzione: sovranità popolare, modello democratico, cittadinanza, partecipazione, partiti politici;
7) Economia ecologica e sostenibile, vincoli europei, pareggio di bilancio (art. 81 Cost.), politica monetaria, cooperazione e sviluppo comune;
8) Politiche giovanili, sostegno al disagio, lavoro e valorizzazione delle risorse e dei talenti;
9) Beni comuni, valorizzazione del patrimonio naturale, artistico e culturale. Mezzogiorno e sviluppo delle aree depresse;
10) Pace, disarmo, lotta al terrorismo, politica internazionali. Globalizzazione dei diritti.
Tutti i punti dovranno essere trattati nella prospettiva della parità di genere, delle differenze e delle pari opportunità fra generazioni, nella fruibilità delle risorse e nel diritto a decidere del proprio futuro.
Le assemblee locali dovranno essere rivolte alla cittadinanza e aperte alla più ampia partecipazione di singoli, soggetti civici e associativi. Per questo, dovranno essere pubblicizzate nel modo più largo possibile, tenersi in luoghi]CENTO PIAZZE PER IL PROGRAMMA
ASSEMBLEE, ORGANIZZAZIONE, ADESIONI pubblici o aperti al pubblico e, ove possibile, all’aperto.
]CENTO PIAZZE PER IL PROGRAMMA
ASSEMBLEE, ORGANIZZAZIONE, ADESIONI
Al tal fine, vi invitiamo a comunicarne date e luoghi degli incontri all’indirizzo e-mail perlademocraziaeluguaglianza@gmail.com: ne daremo diffusione nazionale tramite il nostro sito web (http://www.perlademocraziaeluguaglianza.it) e pagine social, in modo che chiunque voglia possa partecipare.
Le assemblee dovranno celebrarsi in tempi e modi che ne garantiscano apertura, pluralità e trasparenza in modo che tutti possano partecipare attivamente e prendere la parola, nel rispetto della parità di genere, dando spazio ai contributi di chi vive i problemi in prima persona, dei giovani e delle associazioni e realtà locali. Accanto agli interventi dei cittadini, sarà opportuno prevedere quelli di esperti della tematica che si è deciso di affrontare.
Tutti gli incontri dovranno convergere nella redazione di una proposta programmatica.
I REPORT
Vi chiediamo di raccogliere i vostri contributi in una proposta sintetica di massimo 5 cartelle, in cui siano indicati: il nome e i componenti del gruppo proponente, il tema, la proposta dettagliata in punti, completa dei tempi, modi e risorse per realizzarla. Per facilitarvi la redazione, abbiamo predisposto un modello che potrete scaricare QUICENTO PIAZZE PER IL PROGRAMMA
ASSEMBLEE, ORGANIZZAZIONE, ADESIONI
22 SETTEMBRE – 29 OTTOBRE 2017
Ogni ulteriore documento di dettaglio/dossier/documentazione potrà esser]CENTO PIAZZE PER IL PROGRAMMA
ASSEMBLEE, ORGANIZZAZIONE, ADESIONIe inviato in allegato.
Tutto questo, perché non vogliamo scrivere un “libro dei sogni”, ma concentrarci su proposte concrete e credibili, volte a migliorare la vita delle persone e a realizzare una società più giusta e democraticamente avanzata.
Le vostre idee e proposte dovranno essere inviate sempre all’indirizzo email perlademocraziaeluguaglianza@gmail.com e saranno caricate sul sito, affinché tutti gli aderenti al nostro progetto possano leggerle e valutarle, previa registrazione.
L’obiettivo è di costruire un programma plurale e condiviso democraticamente. Ancora, di decidere insieme come proseguire il nostro percorso e strutturare democraticamente la nostra organizzazione, che non sarà mai di leader, ma di persone che lavorano insieme per un progetto democratico.
PRIMA ORGANIZZAZIONE
Fino ad allora, vi invitiamo ad organizzarvi in Coordinamenti locali temporanei e di scopo, aperti a quanti si aggiungeranno, inclusivi e plurali e paritari, aventi il compito di sostenere l’organizzazione delle assemblee e favorire la massima partecipazione di cittadini, comitati, associazioni e realtà locali. Se lo riterrete utile, e non divisivo vi invitiamo a indicare un portavoce e un portavoce che, insieme, mantengano i rapporti con gli altri coordinamenti locali e con il livello nazionale.
A conclusione delle assemblee tematiche ci rivedremo tutti a Roma, in Novembre, per una grande assemblea nazionale in cui presentare il frutto di questo lavoro: il nostro progetto per il Paese.
ADESIONI
Chiunque voglia partecipare attivamente e aderire al nostro percorso potrà registrarsi da lunedì 25 settembre compilando il form a questo link https://www.aderisci.perlademocraziaelu ... ptions/new
Invitiamo a registrarsi anche chi aveva partecipato all’incontro del Brancaccio e consegnato solo la scheda cartacea.
AUTOFINANZIAMOCI
Vi invitiamo, altresì, a contribuire con una donazione al progetto e alle assemblee locali, che – lo ribadiamo – si basano interamente sulle nostre forze e sull’autofinanziamento.
Per sostenere il nostro progetto, le edizioni del Gruppo Abele hanno pubblicato un libro, “Indicativo futuro: ]CENTO PIAZZE PER IL PROGRAMMA
ASSEMBLEE, ORGANIZZAZIONE, ADESIONIle cose da fare. Materiali per una politica alternativa” (http://www.giunti.it/libri/saggistica/i ... e-da-fare/), raccoglie molte delle idee sui temi di discussione che stiamo affrontando: attuazione della Costituzione, lavoro, economia, reddito, Europa, scuola, migranti, democrazia partecipativa, politica e futuro della sinistra. Per questo lavoro ringraziamo Livio Pepino, che ha curato l’introduzione, e gli autori che ci hanno generosamente e autorevolmente affiancato: Alessandra Algostino, Giuseppe De Marzo, Lorenzo Marsili e Yanis Varoufakis, Federico Martelloni, Filippo Miraglia, Mario Pianta, Christian Raimo. Chi vuole può acquistarlo al prezzo di € 5,00 (scrivendo a: egallina@gruppoabele.org) e venderlo in occasione degli incontri pubblici, chiedendo un contributo in più rispetto al prezzo di copertina (€ 7,00), per finanziare le assemblee locali.
Buon lavoro e andiamo avanti!
Anna e Tomaso
A tutti i compagni che nutrono ancora la speranza di avere una Italia migliore,
che amano la nostra costituzione e vorrebbero la sua attuazione
è consigliabile seguire il sito: http://www.perlademocraziaeluguaglianza.it/
per le notizie e gli eventi nazionali oltre che per il materiale di riferimento e per le attività di questo movimento.
CENTO PIAZZE PER IL PROGRAMMA
ASSEMBLEE, ORGANIZZAZIONE, ADESIONI
22 SETTEMBRE – 29 OTTOBRE 2017
Il percorso del Brancaccio va avanti e cresce grazie alle assemblee che si stanno celebrando in tutta Italia, fra piccoli e grandi centri. Solo per citare questi ultimi, già nel mese di Luglio, si sono tenuti i primi incontri a Firenze, Roma e Milano. Sono seguite a Settembre le assemblee di Torino, Bologna, Pescara e Perugia. Presto sarà la volta di Genova, Napoli, Venezia, Palermo e, a seguire, tante altre città. Parte da qui la nostra iniziativa “Cento Piazze per il Programma”: incontri partecipati, seri, bellissimi, ricchi di idee e di entusiasmo, in cui stiamo dando seguito al percorso iniziato il 18 Giugno a Roma. Da tutti scaturisce la volontà di costruire insieme una Sinistra unita e capace di invertire la rotta del Paese: due caratteristiche indivisibili, perché la prima è in funzione della seconda.
La strada che porta a questo risultato non passa attraverso tavoli di vertice, ma dalla costruzione di un progetto politico innovativo, chiaro, radicale, che possa realizzare una Lista civica e di sinistra con candidati credibili e scelti democraticamente dai cittadini e nei territori, non calati dall’alto. Per questo abbiamo deciso di iniziare dalla partecipazione dei cittadini e dalle assemblee tematiche in cui scrivere insieme il programma.
LE ASSEMBLEE
Vi abbiamo proposto di lavorare sulle priorità programmatiche decise dall’assemblea del Brancaccio e di tenere, a partire dall’ultimo fine settimana di Settembre, le assemblee sui primi cinque punti:
1) Lavoro, diritto al reddito, pensioni, equità di genere e intergenerazionale;
2) Diritti, welfare (diritto alla salute, giustizia e assistenza sociale); scuola, ricerca e università; ruolo dello Stato (art. 3 Cost.) e discussione sull’Europa
3) Fiscalità: equità e progressività;
4) Innovazione, energia, ambiente, modelli di sviluppo;
5) Immigrazione, inclusione e politiche securitarie, modello sociale.
Molti ci hanno chiesto di poter utilizzare anche il fine settimana successivo (6-8 Ottobre) e non possiamo che essere d’accordo. Per questo abbiamo deciso di estendere le date dell’iniziativa e programmare negli ultimi due fine settimana di Ottobre (20-22 e 27-29) la seconda sessione di assemblee in cui discuteremo degli altri temi, indicati come prioritari per il programma:
6) Attuazione della Costituzione: sovranità popolare, modello democratico, cittadinanza, partecipazione, partiti politici;
7) Economia ecologica e sostenibile, vincoli europei, pareggio di bilancio (art. 81 Cost.), politica monetaria, cooperazione e sviluppo comune;
8) Politiche giovanili, sostegno al disagio, lavoro e valorizzazione delle risorse e dei talenti;
9) Beni comuni, valorizzazione del patrimonio naturale, artistico e culturale. Mezzogiorno e sviluppo delle aree depresse;
10) Pace, disarmo, lotta al terrorismo, politica internazionali. Globalizzazione dei diritti.
Tutti i punti dovranno essere trattati nella prospettiva della parità di genere, delle differenze e delle pari opportunità fra generazioni, nella fruibilità delle risorse e nel diritto a decidere del proprio futuro.
Le assemblee locali dovranno essere rivolte alla cittadinanza e aperte alla più ampia partecipazione di singoli, soggetti civici e associativi. Per questo, dovranno essere pubblicizzate nel modo più largo possibile, tenersi in luoghi]CENTO PIAZZE PER IL PROGRAMMA
ASSEMBLEE, ORGANIZZAZIONE, ADESIONI pubblici o aperti al pubblico e, ove possibile, all’aperto.
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Al tal fine, vi invitiamo a comunicarne date e luoghi degli incontri all’indirizzo e-mail perlademocraziaeluguaglianza@gmail.com: ne daremo diffusione nazionale tramite il nostro sito web (http://www.perlademocraziaeluguaglianza.it) e pagine social, in modo che chiunque voglia possa partecipare.
Le assemblee dovranno celebrarsi in tempi e modi che ne garantiscano apertura, pluralità e trasparenza in modo che tutti possano partecipare attivamente e prendere la parola, nel rispetto della parità di genere, dando spazio ai contributi di chi vive i problemi in prima persona, dei giovani e delle associazioni e realtà locali. Accanto agli interventi dei cittadini, sarà opportuno prevedere quelli di esperti della tematica che si è deciso di affrontare.
Tutti gli incontri dovranno convergere nella redazione di una proposta programmatica.
I REPORT
Vi chiediamo di raccogliere i vostri contributi in una proposta sintetica di massimo 5 cartelle, in cui siano indicati: il nome e i componenti del gruppo proponente, il tema, la proposta dettagliata in punti, completa dei tempi, modi e risorse per realizzarla. Per facilitarvi la redazione, abbiamo predisposto un modello che potrete scaricare QUICENTO PIAZZE PER IL PROGRAMMA
ASSEMBLEE, ORGANIZZAZIONE, ADESIONI
22 SETTEMBRE – 29 OTTOBRE 2017
Ogni ulteriore documento di dettaglio/dossier/documentazione potrà esser]CENTO PIAZZE PER IL PROGRAMMA
ASSEMBLEE, ORGANIZZAZIONE, ADESIONIe inviato in allegato.
Tutto questo, perché non vogliamo scrivere un “libro dei sogni”, ma concentrarci su proposte concrete e credibili, volte a migliorare la vita delle persone e a realizzare una società più giusta e democraticamente avanzata.
Le vostre idee e proposte dovranno essere inviate sempre all’indirizzo email perlademocraziaeluguaglianza@gmail.com e saranno caricate sul sito, affinché tutti gli aderenti al nostro progetto possano leggerle e valutarle, previa registrazione.
L’obiettivo è di costruire un programma plurale e condiviso democraticamente. Ancora, di decidere insieme come proseguire il nostro percorso e strutturare democraticamente la nostra organizzazione, che non sarà mai di leader, ma di persone che lavorano insieme per un progetto democratico.
PRIMA ORGANIZZAZIONE
Fino ad allora, vi invitiamo ad organizzarvi in Coordinamenti locali temporanei e di scopo, aperti a quanti si aggiungeranno, inclusivi e plurali e paritari, aventi il compito di sostenere l’organizzazione delle assemblee e favorire la massima partecipazione di cittadini, comitati, associazioni e realtà locali. Se lo riterrete utile, e non divisivo vi invitiamo a indicare un portavoce e un portavoce che, insieme, mantengano i rapporti con gli altri coordinamenti locali e con il livello nazionale.
A conclusione delle assemblee tematiche ci rivedremo tutti a Roma, in Novembre, per una grande assemblea nazionale in cui presentare il frutto di questo lavoro: il nostro progetto per il Paese.
ADESIONI
Chiunque voglia partecipare attivamente e aderire al nostro percorso potrà registrarsi da lunedì 25 settembre compilando il form a questo link https://www.aderisci.perlademocraziaelu ... ptions/new
Invitiamo a registrarsi anche chi aveva partecipato all’incontro del Brancaccio e consegnato solo la scheda cartacea.
AUTOFINANZIAMOCI
Vi invitiamo, altresì, a contribuire con una donazione al progetto e alle assemblee locali, che – lo ribadiamo – si basano interamente sulle nostre forze e sull’autofinanziamento.
Per sostenere il nostro progetto, le edizioni del Gruppo Abele hanno pubblicato un libro, “Indicativo futuro: ]CENTO PIAZZE PER IL PROGRAMMA
ASSEMBLEE, ORGANIZZAZIONE, ADESIONIle cose da fare. Materiali per una politica alternativa” (http://www.giunti.it/libri/saggistica/i ... e-da-fare/), raccoglie molte delle idee sui temi di discussione che stiamo affrontando: attuazione della Costituzione, lavoro, economia, reddito, Europa, scuola, migranti, democrazia partecipativa, politica e futuro della sinistra. Per questo lavoro ringraziamo Livio Pepino, che ha curato l’introduzione, e gli autori che ci hanno generosamente e autorevolmente affiancato: Alessandra Algostino, Giuseppe De Marzo, Lorenzo Marsili e Yanis Varoufakis, Federico Martelloni, Filippo Miraglia, Mario Pianta, Christian Raimo. Chi vuole può acquistarlo al prezzo di € 5,00 (scrivendo a: egallina@gruppoabele.org) e venderlo in occasione degli incontri pubblici, chiedendo un contributo in più rispetto al prezzo di copertina (€ 7,00), per finanziare le assemblee locali.
Buon lavoro e andiamo avanti!
Anna e Tomaso
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Re: ALLEANZA POPOLARE PER LA DEMOCRAZIA E L'UGUAGLIANZA
mercoledì 20 settembre 2017
Fra tavoli e piazze, dove nasce la nuova Sinistra?
di Tomaso Montanari
Leggo sul Corriere della sera che: "Fra un paio di giorni, quando sarà rientrato dalla Palestina, Roberto Speranza convocherà un tavolo con Sinistra Italiana, Pippo Civati e il movimento di Anna Falcone e Tomaso Montanari". Mi sono sempre chiesto se non esista una relazione tra il fatto che la Sinistra sia ridotta ad un fantasma e il fatto che per materializzarla si usi un "tavolo". Ma di certo ogni elettore di buon senso che legga una frase come quella trascritta penserebbe di trovarsi di fronte a liturgie ermetiche e remote, e si allontanerebbe ancora un po' dalla "politica politicata".
Il paradosso di questi immaginari riti segreti è che essi nascondono, nel discorso giornalistico, la realtà concreta di un percorso pubblico, invece sistematicamente ignorato.
Qualcuno ha forse letto sul Corriere (o anche altrove, per carità) che migliaia di persone si stanno riunendo, in piazze e teatri di tutta Italia, per discutere di una sinistra che ancora non c'è, ma che sta lentamente prendendo forma? È il percorso partito il 18 giugno dal Teatro Brancaccio (che non è un movimento e non è di qualcuno), e che continua a snodarsi per l'Italia: in tutto ottobre ci saranno assemblee tematiche, e a novembre una grande assemblea romana che restituirà al paese un progetto di inclusione, eguaglianza, giustizia sociale. Un programma che suggerisca come si può attuare la Costituzione.
Chi partecipa a questo percorso? Cittadini senza tessere, singoli membri di associazioni, movimenti, sindacati (dall'Arci a Libera all'Anpi a Libertà e Giustizia alla Cgil e via elencando...), cattolici e laici, e anche ex elettori del Pd e dei Cinque stelle, o astenionisti impenitenti. E poi tanti iscritti (e dirigenti) di Sinistra Italiana, Possibile, Rifondazione, Mdp, l'Altra Europa, Diem e ancora altri partiti o movimenti.
Cosa unisce questo mondo variopinto, che nessun tavolo potrebbe per fortuna contenere? Due semplici cose: la consapevolezza che è necessario invertire drasticamente la rotta del paese; e la volontà di farlo costruendo una nuova sinistra, dal basso.
È di questo che si discute, in quelle piazze e in quei teatri, intrecciando il discorso sulle cose, al discorso sul metodo. Inevitabilmente: perché nessun modo vecchio può far nascere una nuova politica capace di rinnovare l'Italia.
È, con ogni evidenza, un percorso culturale e politico di lungo periodo. Ma tutti coloro che partecipano hanno ben chiaro il fatto che non possiamo permetterci che nel prossimo Parlamento tutto questo non sia rappresentato.
Si tratta dunque di provare a costruire anche una lista. E perché ci sia una possibilità di successo, ci vuole una lista unica a sinistra. Ma non una lista arcobaleno fatta sommando sigle a un tavolo, bensì una lista aperta, insieme poltica e civica: costruita un po' come quelle che si sono imposte in tante città italiane. E cioè nelle piazze, nella trasparenza, nella partecipazione.
Come si fa, in pratica? Per esempio con una grande assemblea nazionale, eletta (con un sistema proporzionale: lo stesso che vogliamo per le elezioni politiche) da tutti i cittadini (con tessera e senza tessera) che si riconoscano in questo orizzonte comune. E affidando a questa assemblea tutte le decisioni: programma, liste, nome, della lista, leadership (che io credo debba essere plurale). Senza alcuna imposizione, senza alcuna scelta presa a priori. Tutto il contrario di un tavolo (che infatti nessuno ha convocato, per giovedì o per altre date): il dialogo con Roberto Speranza esiste fin da prima del 18 giugno e prosegue, come quello con tutti i diversi attori di questo processo.
I nodi sono tutti ben noti (in sintesi estrema: sinistra o centrosinistra; Pisapia leader designato o elezione democratica di una leadership; modello coalizione con primarie o modello lista civica dal basso), ed è altrettanto noto che se non si sciolgono non è possibile fare una lista unitaria. Ed è per questo che il dialogo continua, e continuerà: ma senza "tavoli", "convocazioni" e altri riti del passato.
La domanda è una sola. Alle prossime elezioni ci sarà la Destra, il Movimento 5 stelle guidato da Di Maio, e il Pd di Renzi. Vogliamo o no che esista un quarto polo: la Sinistra? Non un "centrosinistra" che denunci fin da quella incomprensibile (quale sarebbe il centro?) etichetta una sua insufficienza, prima culturale e poi politica: ma una Sinistra, anzi la Sinistra, unita e determinata a cambiare il paese.
La risposta di tutti coloro che partecipano al percorso iniziato al Brancaccio è un forte sì. Forte come il no che ha bocciato la riforma costituzionale, riaprendo lo spazio del conflitto sociale, unico motore possibile del cambiamento.
Dunque, chi vuole capire se una nuova sinistra può nascere, deve andare nelle piazze, non aspettare tavoli e convocazioni. Perché, in una nuova politica, il discorso pubblico e il discorso privato sono identici. E perché questa nuova politica non può che nascere dal basso, non dall'alto. Come ha scritto Emilio Lussu: "La Costituzione è cosa morta, se non è animata dalla lotta. E anche quando siamo stanchi e vicini alla sfiducia, non c'è altro su cui fare affidamento. Rimettersi all'alto è capitolazione, sempre".
Fonte: Huffington Post
Fonte: http://www.huffingtonpost.it/tomaso-mon ... t-homepage
Fra tavoli e piazze, dove nasce la nuova Sinistra?
di Tomaso Montanari
Leggo sul Corriere della sera che: "Fra un paio di giorni, quando sarà rientrato dalla Palestina, Roberto Speranza convocherà un tavolo con Sinistra Italiana, Pippo Civati e il movimento di Anna Falcone e Tomaso Montanari". Mi sono sempre chiesto se non esista una relazione tra il fatto che la Sinistra sia ridotta ad un fantasma e il fatto che per materializzarla si usi un "tavolo". Ma di certo ogni elettore di buon senso che legga una frase come quella trascritta penserebbe di trovarsi di fronte a liturgie ermetiche e remote, e si allontanerebbe ancora un po' dalla "politica politicata".
Il paradosso di questi immaginari riti segreti è che essi nascondono, nel discorso giornalistico, la realtà concreta di un percorso pubblico, invece sistematicamente ignorato.
Qualcuno ha forse letto sul Corriere (o anche altrove, per carità) che migliaia di persone si stanno riunendo, in piazze e teatri di tutta Italia, per discutere di una sinistra che ancora non c'è, ma che sta lentamente prendendo forma? È il percorso partito il 18 giugno dal Teatro Brancaccio (che non è un movimento e non è di qualcuno), e che continua a snodarsi per l'Italia: in tutto ottobre ci saranno assemblee tematiche, e a novembre una grande assemblea romana che restituirà al paese un progetto di inclusione, eguaglianza, giustizia sociale. Un programma che suggerisca come si può attuare la Costituzione.
Chi partecipa a questo percorso? Cittadini senza tessere, singoli membri di associazioni, movimenti, sindacati (dall'Arci a Libera all'Anpi a Libertà e Giustizia alla Cgil e via elencando...), cattolici e laici, e anche ex elettori del Pd e dei Cinque stelle, o astenionisti impenitenti. E poi tanti iscritti (e dirigenti) di Sinistra Italiana, Possibile, Rifondazione, Mdp, l'Altra Europa, Diem e ancora altri partiti o movimenti.
Cosa unisce questo mondo variopinto, che nessun tavolo potrebbe per fortuna contenere? Due semplici cose: la consapevolezza che è necessario invertire drasticamente la rotta del paese; e la volontà di farlo costruendo una nuova sinistra, dal basso.
È di questo che si discute, in quelle piazze e in quei teatri, intrecciando il discorso sulle cose, al discorso sul metodo. Inevitabilmente: perché nessun modo vecchio può far nascere una nuova politica capace di rinnovare l'Italia.
È, con ogni evidenza, un percorso culturale e politico di lungo periodo. Ma tutti coloro che partecipano hanno ben chiaro il fatto che non possiamo permetterci che nel prossimo Parlamento tutto questo non sia rappresentato.
Si tratta dunque di provare a costruire anche una lista. E perché ci sia una possibilità di successo, ci vuole una lista unica a sinistra. Ma non una lista arcobaleno fatta sommando sigle a un tavolo, bensì una lista aperta, insieme poltica e civica: costruita un po' come quelle che si sono imposte in tante città italiane. E cioè nelle piazze, nella trasparenza, nella partecipazione.
Come si fa, in pratica? Per esempio con una grande assemblea nazionale, eletta (con un sistema proporzionale: lo stesso che vogliamo per le elezioni politiche) da tutti i cittadini (con tessera e senza tessera) che si riconoscano in questo orizzonte comune. E affidando a questa assemblea tutte le decisioni: programma, liste, nome, della lista, leadership (che io credo debba essere plurale). Senza alcuna imposizione, senza alcuna scelta presa a priori. Tutto il contrario di un tavolo (che infatti nessuno ha convocato, per giovedì o per altre date): il dialogo con Roberto Speranza esiste fin da prima del 18 giugno e prosegue, come quello con tutti i diversi attori di questo processo.
I nodi sono tutti ben noti (in sintesi estrema: sinistra o centrosinistra; Pisapia leader designato o elezione democratica di una leadership; modello coalizione con primarie o modello lista civica dal basso), ed è altrettanto noto che se non si sciolgono non è possibile fare una lista unitaria. Ed è per questo che il dialogo continua, e continuerà: ma senza "tavoli", "convocazioni" e altri riti del passato.
La domanda è una sola. Alle prossime elezioni ci sarà la Destra, il Movimento 5 stelle guidato da Di Maio, e il Pd di Renzi. Vogliamo o no che esista un quarto polo: la Sinistra? Non un "centrosinistra" che denunci fin da quella incomprensibile (quale sarebbe il centro?) etichetta una sua insufficienza, prima culturale e poi politica: ma una Sinistra, anzi la Sinistra, unita e determinata a cambiare il paese.
La risposta di tutti coloro che partecipano al percorso iniziato al Brancaccio è un forte sì. Forte come il no che ha bocciato la riforma costituzionale, riaprendo lo spazio del conflitto sociale, unico motore possibile del cambiamento.
Dunque, chi vuole capire se una nuova sinistra può nascere, deve andare nelle piazze, non aspettare tavoli e convocazioni. Perché, in una nuova politica, il discorso pubblico e il discorso privato sono identici. E perché questa nuova politica non può che nascere dal basso, non dall'alto. Come ha scritto Emilio Lussu: "La Costituzione è cosa morta, se non è animata dalla lotta. E anche quando siamo stanchi e vicini alla sfiducia, non c'è altro su cui fare affidamento. Rimettersi all'alto è capitolazione, sempre".
Fonte: Huffington Post
Fonte: http://www.huffingtonpost.it/tomaso-mon ... t-homepage
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Re: ALLEANZA POPOLARE PER LA DEMOCRAZIA E L'UGUAGLIANZA
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Magaldi: smascheriamo insieme i bari della politica italiana
Scritto il 20/9/17 • nella Categoria: segnalazioni Condividi
Smascherare i bari della politica?
Facilissimo: basta vedere chi votò per Mario Monti, il devastatore dell’Italia inviato a Roma nel 2011, tramite Napolitano.
Una missione speciale, la sua, per conto dei super-poteri oligarchici che hanno fatto dell’Ue una fabbrica di diktat, trasformando i Parlamenti in “bivacchi di manipoli” dormienti, ancora impegnati a recitare la liturgia di una democrazia che ormai non esiste più, non conta, non decide più niente.
Se ne vergognano, gli ex sostenitori di Monti? «Certamente se ne vergogna Bersani, che infatti nella sua nuova formazione politica ha inserito un riferimento all’articolo 1 della Costituzione “fondata sul lavoro”, ben sapendo di aver votato a favore della riforma Fornero, massimo attentato politico nella storia recente contro il mondo del lavoro e dei lavoratori».
Parola di Gioele Magaldi, autore del bestseller “Massoni” e presidente del Movimento Roosevelt, che ora annuncia un conto alla rovescia: quello della nascita di un nuovo soggetto politico destinato, spera, a sconvolgere la “palude” italiana, intasata di replicanti finto-progressisti e finto-ribellisti, per fornire agli elettori una vera chance di cambiamento in senso sovranistico e democratico, lontano dalla “dittatura” di Bruxelles e dei suoi corifei nazionali.
Berlusconi? Ancora una volta incerto e ambiguo, nell’elogiare – forse in funzione anti-Salvini – la Pax Europea di cui avremmo beneficiato.
Niente di più falso, sostiene Magaldi, in collegamento con David Gramiccioli ai microfoni di “Colors Radio”: questa Ue, che doveva unire il continente – accusa il leader del Grande Oriente Democratico – ha letteralmente frantumato l’Europa, provocano una feroce crisi economica e pericolose rivalità tra Stati.
Il Pd renziano? Minestra riscaldata: lo stesso Renzi ha commesso errori madornali come quello sul referendum, e il suo destino è comunque segnato.
In ogni caso, aggiunge Magaldi, anche una quota rilevante di elettorato Pd è delusa e disorientata, nonostante l’overdose di camomilla somministrata dal Gentiloni di turno, vero e proprio clone del dimenticabile Enrico Letta.
«In Italia – sostiene Magaldi – esistono praterie sconfinate, sul piano politico, per chi voglia provare a cambiare davvero il corso delle cose: manca solo uno strumento chiaro e preciso, finalmente a disposizione degli elettori».
Proprio per questo, aggiunge, nascerà il Pdp, Partito Democratico Progressista: un programma netto, destinato a smascherare l’ipocrisia generale e la reticenza dei partiti di oggi, incluso il Movimento 5 Stelle.
«A Roma il movimento di Grillo non ha dato buona prova di sé, e c’è da temere che sarebbe così anche su scala nazionale, se dovesse governare l’Italia».
Per un motivo semplice, dice Magaldi: «I 5 Stelle non avevano un vero programma per la capitale, così come non hanno un vero programma per il paese».
Per “vero programma”, spiega Magaldi, si intende qualcosa di esplicito e inequivocabile: aprire una vertenza storica con l’Ue, minacciando di sbattere la porta.
Obiettivo: ripristinare la democrazia in modo sostanziale, quella dei diritti del lavoro, svuotata dalla tecnocrazia euro-tedesca, che Magaldi definisce “paramassonica”, dettata dalle strutture di potere apolidi che hanno fabbricato l’attuale globalizzione asimmetrica, che concentra i poteri e fa sparire i diritti, spingendo i cittadini verso una precarietà universale, senza speranza.
Un esito inaccettabile, da rovesciare a partire dalle fondamenta, riscrivendo le regole: l’economista Nino Galloni è uno dei cervelli del movimento fondato da Magaldi per sollecitare il risveglio della politica italiana, di cui però ancora non si vede traccia.
E dunque, se i partiti continuano a dormire, non resta che scendere in campo direttamente: è questo il ragionamento alla base del varo (imminente, pare) del Pdp, aperto a «chiunque ami sinceramente la democrazia, cioè la legittima quota di sovranità assegnata ad ogni cittadino».
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Magaldi: smascheriamo insieme i bari della politica italiana
Scritto il 20/9/17 • nella Categoria: segnalazioni Condividi
Smascherare i bari della politica?
Facilissimo: basta vedere chi votò per Mario Monti, il devastatore dell’Italia inviato a Roma nel 2011, tramite Napolitano.
Una missione speciale, la sua, per conto dei super-poteri oligarchici che hanno fatto dell’Ue una fabbrica di diktat, trasformando i Parlamenti in “bivacchi di manipoli” dormienti, ancora impegnati a recitare la liturgia di una democrazia che ormai non esiste più, non conta, non decide più niente.
Se ne vergognano, gli ex sostenitori di Monti? «Certamente se ne vergogna Bersani, che infatti nella sua nuova formazione politica ha inserito un riferimento all’articolo 1 della Costituzione “fondata sul lavoro”, ben sapendo di aver votato a favore della riforma Fornero, massimo attentato politico nella storia recente contro il mondo del lavoro e dei lavoratori».
Parola di Gioele Magaldi, autore del bestseller “Massoni” e presidente del Movimento Roosevelt, che ora annuncia un conto alla rovescia: quello della nascita di un nuovo soggetto politico destinato, spera, a sconvolgere la “palude” italiana, intasata di replicanti finto-progressisti e finto-ribellisti, per fornire agli elettori una vera chance di cambiamento in senso sovranistico e democratico, lontano dalla “dittatura” di Bruxelles e dei suoi corifei nazionali.
Berlusconi? Ancora una volta incerto e ambiguo, nell’elogiare – forse in funzione anti-Salvini – la Pax Europea di cui avremmo beneficiato.
Niente di più falso, sostiene Magaldi, in collegamento con David Gramiccioli ai microfoni di “Colors Radio”: questa Ue, che doveva unire il continente – accusa il leader del Grande Oriente Democratico – ha letteralmente frantumato l’Europa, provocano una feroce crisi economica e pericolose rivalità tra Stati.
Il Pd renziano? Minestra riscaldata: lo stesso Renzi ha commesso errori madornali come quello sul referendum, e il suo destino è comunque segnato.
In ogni caso, aggiunge Magaldi, anche una quota rilevante di elettorato Pd è delusa e disorientata, nonostante l’overdose di camomilla somministrata dal Gentiloni di turno, vero e proprio clone del dimenticabile Enrico Letta.
«In Italia – sostiene Magaldi – esistono praterie sconfinate, sul piano politico, per chi voglia provare a cambiare davvero il corso delle cose: manca solo uno strumento chiaro e preciso, finalmente a disposizione degli elettori».
Proprio per questo, aggiunge, nascerà il Pdp, Partito Democratico Progressista: un programma netto, destinato a smascherare l’ipocrisia generale e la reticenza dei partiti di oggi, incluso il Movimento 5 Stelle.
«A Roma il movimento di Grillo non ha dato buona prova di sé, e c’è da temere che sarebbe così anche su scala nazionale, se dovesse governare l’Italia».
Per un motivo semplice, dice Magaldi: «I 5 Stelle non avevano un vero programma per la capitale, così come non hanno un vero programma per il paese».
Per “vero programma”, spiega Magaldi, si intende qualcosa di esplicito e inequivocabile: aprire una vertenza storica con l’Ue, minacciando di sbattere la porta.
Obiettivo: ripristinare la democrazia in modo sostanziale, quella dei diritti del lavoro, svuotata dalla tecnocrazia euro-tedesca, che Magaldi definisce “paramassonica”, dettata dalle strutture di potere apolidi che hanno fabbricato l’attuale globalizzione asimmetrica, che concentra i poteri e fa sparire i diritti, spingendo i cittadini verso una precarietà universale, senza speranza.
Un esito inaccettabile, da rovesciare a partire dalle fondamenta, riscrivendo le regole: l’economista Nino Galloni è uno dei cervelli del movimento fondato da Magaldi per sollecitare il risveglio della politica italiana, di cui però ancora non si vede traccia.
E dunque, se i partiti continuano a dormire, non resta che scendere in campo direttamente: è questo il ragionamento alla base del varo (imminente, pare) del Pdp, aperto a «chiunque ami sinceramente la democrazia, cioè la legittima quota di sovranità assegnata ad ogni cittadino».
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Re: ALLEANZA POPOLARE PER LA DEMOCRAZIA E L'UGUAGLIANZA
UncleTom ha scritto:• LIBRE news
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Magaldi: smascheriamo insieme i bari della politica italiana
Scritto il 20/9/17 • nella Categoria: segnalazioni Condividi
Smascherare i bari della politica?
Facilissimo: basta vedere chi votò per Mario Monti, il devastatore dell’Italia inviato a Roma nel 2011, tramite Napolitano.
Una missione speciale, la sua, per conto dei super-poteri oligarchici che hanno fatto dell’Ue una fabbrica di diktat, trasformando i Parlamenti in “bivacchi di manipoli” dormienti, ancora impegnati a recitare la liturgia di una democrazia che ormai non esiste più, non conta, non decide più niente.
Se ne vergognano, gli ex sostenitori di Monti? «Certamente se ne vergogna Bersani, che infatti nella sua nuova formazione politica ha inserito un riferimento all’articolo 1 della Costituzione “fondata sul lavoro”, ben sapendo di aver votato a favore della riforma Fornero, massimo attentato politico nella storia recente contro il mondo del lavoro e dei lavoratori».
Parola di Gioele Magaldi, autore del bestseller “Massoni” e presidente del Movimento Roosevelt, che ora annuncia un conto alla rovescia: quello della nascita di un nuovo soggetto politico destinato, spera, a sconvolgere la “palude” italiana, intasata di replicanti finto-progressisti e finto-ribellisti, per fornire agli elettori una vera chance di cambiamento in senso sovranistico e democratico, lontano dalla “dittatura” di Bruxelles e dei suoi corifei nazionali.
Berlusconi? Ancora una volta incerto e ambiguo, nell’elogiare – forse in funzione anti-Salvini – la Pax Europea di cui avremmo beneficiato.
Niente di più falso, sostiene Magaldi, in collegamento con David Gramiccioli ai microfoni di “Colors Radio”: questa Ue, che doveva unire il continente – accusa il leader del Grande Oriente Democratico – ha letteralmente frantumato l’Europa, provocano una feroce crisi economica e pericolose rivalità tra Stati.
Il Pd renziano? Minestra riscaldata: lo stesso Renzi ha commesso errori madornali come quello sul referendum, e il suo destino è comunque segnato.
In ogni caso, aggiunge Magaldi, anche una quota rilevante di elettorato Pd è delusa e disorientata, nonostante l’overdose di camomilla somministrata dal Gentiloni di turno, vero e proprio clone del dimenticabile Enrico Letta.
«In Italia – sostiene Magaldi – esistono praterie sconfinate, sul piano politico, per chi voglia provare a cambiare davvero il corso delle cose: manca solo uno strumento chiaro e preciso, finalmente a disposizione degli elettori».
Proprio per questo, aggiunge, nascerà il Pdp, Partito Democratico Progressista: un programma netto, destinato a smascherare l’ipocrisia generale e la reticenza dei partiti di oggi, incluso il Movimento 5 Stelle.
«A Roma il movimento di Grillo non ha dato buona prova di sé, e c’è da temere che sarebbe così anche su scala nazionale, se dovesse governare l’Italia».
Per un motivo semplice, dice Magaldi: «I 5 Stelle non avevano un vero programma per la capitale, così come non hanno un vero programma per il paese».
Per “vero programma”, spiega Magaldi, si intende qualcosa di esplicito e inequivocabile: aprire una vertenza storica con l’Ue, minacciando di sbattere la porta.
Obiettivo: ripristinare la democrazia in modo sostanziale, quella dei diritti del lavoro, svuotata dalla tecnocrazia euro-tedesca, che Magaldi definisce “paramassonica”, dettata dalle strutture di potere apolidi che hanno fabbricato l’attuale globalizzione asimmetrica, che concentra i poteri e fa sparire i diritti, spingendo i cittadini verso una precarietà universale, senza speranza.
Un esito inaccettabile, da rovesciare a partire dalle fondamenta, riscrivendo le regole: l’economista Nino Galloni è uno dei cervelli del movimento fondato da Magaldi per sollecitare il risveglio della politica italiana, di cui però ancora non si vede traccia.
E dunque, se i partiti continuano a dormire, non resta che scendere in campo direttamente: è questo il ragionamento alla base del varo (imminente, pare) del Pdp, aperto a «chiunque ami sinceramente la democrazia, cioè la legittima quota di sovranità assegnata ad ogni cittadino».
Scrive alla fine del post, Gioele Magaldi, che di massoneria se ne intende più di tutti:
E dunque, se i partiti continuano a dormire, non resta che scendere in campo direttamente: è questo il ragionamento alla base del varo (imminente, pare) del Pdp, aperto a «chiunque ami sinceramente la democrazia, cioè la legittima quota di sovranità assegnata ad ogni cittadino».
Quello che trovo molto strano è perché Gioele Magaldi, uno degli specialisti del settore, citato molto spesso da LIBRE ASSOCIAZIONE DI IDEE, di Torino, usi ancora un termine che nei fatti è superato. “I partiti”.
Un obiettivo primario del Piano di Rinascita Democratica impostato e voluto da Licio Gelli, era quello di abbattere i partiti tradizionali nati nel primo dopoguerra, e di sostituirli con dei club, di natura rotariana, dove siano rappresentati ai migliori livelli, imprenditori e finanzieri, esponenti delle professioni liberali, pubblici amministratori e magistrati, nonché pochissimi e selezionati uomini politici che non superino il massimo di 30 o 40 unità.
Come si può notare, la dicitura Piano di Rinascita Democratica, è solo un’autentica presa per i fondelli di un ex fascista che cercava a tutti i costi la rivincita.
L’aspetto pesante di questo Piano, è che ad oggi, 1 ottobre 2017, potremmo dire per questa parte: FATTO!!!
Ad attuare il grosso di questo programma è stato Silvio Berlusconi.
Quello di Berlusconi, Farsa Italia, non è un partito ma solo un club rotariano dove conta solo il capo.
CONTINUA
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Re: ALLEANZA POPOLARE PER LA DEMOCRAZIA E L'UGUAGLIANZA
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Se nel 2008, in un’intervista alla Stampa, Licio Gelli cantava vittoria e chiedeva il copyright per aver previsto tutto 30 anni prima con il suo PRD, oggi dovrebbe constatare il fallimento del suo Piano per quanto riguarda la trasformazione dei partiti in club rotariani.
Farsa Italia, non ha saputo trovare un successore al Cacciaballeros di Hardcore, tanto che per la prima volta in “72” anni di storia Repubblicana, il capo è costretto alla ragguardevole età di 81 anni, a calcare le scene del teatrino della politica come bandiera di una possibile coalizione di destra.
Nel PD, il club rotariano del cerchio del giglio magico, ha portato allo sfascio completo il tentativo di unione tra i sinistri rosee e i centristi della Democrazia Cristiana che guardavano a sinistra.
In questo Gelli potrebbe cantare vittoria perché ha ridotto la sinistra ai minimi termini con grande difficoltà di recupero.
Sotto questa ottica, la mission di Pinocchio Mussoloni, si può dire vincente.
Anche il tentativo di raccogliere i pezzi degli scontenti degli altri club nel club rotariano del Marchese del Grillo si può dire che è andata buca.
Il club rotariano di Via Bellerio 41 a Milano, sta in piedi solo perché lo Stato centrale non sa gestire l’immigrazione. Campa all’insegna di: “Finchè arrivano immigrati c’è speranza”
CONTINUA
Se nel 2008, in un’intervista alla Stampa, Licio Gelli cantava vittoria e chiedeva il copyright per aver previsto tutto 30 anni prima con il suo PRD, oggi dovrebbe constatare il fallimento del suo Piano per quanto riguarda la trasformazione dei partiti in club rotariani.
Farsa Italia, non ha saputo trovare un successore al Cacciaballeros di Hardcore, tanto che per la prima volta in “72” anni di storia Repubblicana, il capo è costretto alla ragguardevole età di 81 anni, a calcare le scene del teatrino della politica come bandiera di una possibile coalizione di destra.
Nel PD, il club rotariano del cerchio del giglio magico, ha portato allo sfascio completo il tentativo di unione tra i sinistri rosee e i centristi della Democrazia Cristiana che guardavano a sinistra.
In questo Gelli potrebbe cantare vittoria perché ha ridotto la sinistra ai minimi termini con grande difficoltà di recupero.
Sotto questa ottica, la mission di Pinocchio Mussoloni, si può dire vincente.
Anche il tentativo di raccogliere i pezzi degli scontenti degli altri club nel club rotariano del Marchese del Grillo si può dire che è andata buca.
Il club rotariano di Via Bellerio 41 a Milano, sta in piedi solo perché lo Stato centrale non sa gestire l’immigrazione. Campa all’insegna di: “Finchè arrivano immigrati c’è speranza”
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Re: ALLEANZA POPOLARE PER LA DEMOCRAZIA E L'UGUAGLIANZA
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Gelli, in Italia, ha fatto la sua parte per mettere la sinistra all’angolo. E gli americani gliene devono essere grati.
Ma se ha distrutto il punto di riferimento politico della sinistra in Italia, non ha cancellato l’idea di sentirsi dalla parte degli sfruttati, degli ultimi in cerca di un minimo di eguaglianza per sopravvivere in questo inferno chiamato convenzionalmente “Pianeta terra”.
Purtroppo, le vie intraprese dai singoli, non prevedono elementi che possono portare ad un unico denominatore comune di tutta la sinistra.
Quell’unità che gli ha permesso nella seconda parte del secolo scorso di conquistare una serie di diritti sociali naturali in una società umana che non prevede la schiavitù, e che da prima che iniziasse questo secolo si stanno perdendo uno dopo l’altro, con grande soddisfazione della controparte che vede ripristinato il diritto di egemonia sugli schiavi.
Scrive Antonio Padellaro oggi sul Fatto Quotidiano:
Ci vuole un miracolo per unire la sinistra
“C’È BISOGNO di una nuova forza di sinistra”.
MASSIMO D’ALEMA. CORRIERE DELLA SERA
DICONO LE PREVISIONI di voto che se alle prossime regionali in Sicilia il candidato del Pd, Fabrizio Micari (13%) e quello della sinistra, Claudio Fava (10%) unissero le forze per sostenere uno dei due, probabilmente non riuscirebbero lo stesso a eleggere il nuovo presidente ma darebbero per la prima volta dopo tanto tempo l’immagine di un centrosinistra unito e competitivo. Diciamo subito che non succederà almeno finché in questa interminabile guerra civile l’obiettivo comune dei due tronconi sarà di farsi la pelle a vicenda. Succede così ad ogni elezione dove il Pd punta a sopprimere la sinistra mentre la sinistra lavora per indebolire il candidato Pd e il Pd stesso. Caso di scuola la Liguria dove nel 2015 tra pugnali e veleni il centrosinistra riuscì a sbagliare un gol a porta vuota prendendosi a calci negli stinchi e consegnando su un piatto d’argento la Regione al centrodestra di Giovanni Toti. Tutto merito, si fa per dire, di Matteo Renzi che negli anni avendo trasformato una contesa politica interna in una serie di inimicizie personali ha preferito perdere per strada pezzi interi del suo partito piuttosto che impegnarsi a fare il leader di tutti quanti e non soltanto dei suoi amici e sodali. È uno schema suicida che in vista delle Politiche dell’anno prossimo sembra inevitabile, a meno di due miracoli. Il primo, per la verità, di miracoloso avrebbe soltanto la scoperta dell’acqua calda. Se cioé Mdp, Sinistra Italiana, Rifondazione, il movimento di Civati, con l’apporto dei comitati di Falcone e Montanari e con la cortese collaborazione del federatore Giuliano Pisapia unissero le loro non straordinarie energie in un unico cartello elettorale potrebbero raggiungere l’8, il 9 e forse anche il 10 per cento. Invece, restando divisi in tante sigle e siglette rischiano di non superare lo sbarramento del 3% buttando nel cesso milioni di voti. Dopodiché tutti quanti farebbero bene a espatriare. È un calcolo di così puro buon senso a cui sicuramente verranno frapposti ostacoli di ogni genere. Primo fra tutti il classico: ok ma poi chi comanda? Il secondo miracolo prevede che Renzi facendosi forza e mettendo l’interesse del Paese davanti a quello suo personale offra alla sinistra unita il classico ramoscello d’ulivo (con la u minuscola) in vista di una futura alleanza di governo, e che la sinistra risponda con la stessa generosa apertura. Come si vede neanche San Gennaro potrebbe farcela.
Antonio Padellaro - il Fatto Quotidiano 00184 Roma, via di Sant’Erasmo n°2 l e t te re @ i l fa t to q u o t i d i a n o. i t
Gelli, in Italia, ha fatto la sua parte per mettere la sinistra all’angolo. E gli americani gliene devono essere grati.
Ma se ha distrutto il punto di riferimento politico della sinistra in Italia, non ha cancellato l’idea di sentirsi dalla parte degli sfruttati, degli ultimi in cerca di un minimo di eguaglianza per sopravvivere in questo inferno chiamato convenzionalmente “Pianeta terra”.
Purtroppo, le vie intraprese dai singoli, non prevedono elementi che possono portare ad un unico denominatore comune di tutta la sinistra.
Quell’unità che gli ha permesso nella seconda parte del secolo scorso di conquistare una serie di diritti sociali naturali in una società umana che non prevede la schiavitù, e che da prima che iniziasse questo secolo si stanno perdendo uno dopo l’altro, con grande soddisfazione della controparte che vede ripristinato il diritto di egemonia sugli schiavi.
Scrive Antonio Padellaro oggi sul Fatto Quotidiano:
Ci vuole un miracolo per unire la sinistra
“C’È BISOGNO di una nuova forza di sinistra”.
MASSIMO D’ALEMA. CORRIERE DELLA SERA
DICONO LE PREVISIONI di voto che se alle prossime regionali in Sicilia il candidato del Pd, Fabrizio Micari (13%) e quello della sinistra, Claudio Fava (10%) unissero le forze per sostenere uno dei due, probabilmente non riuscirebbero lo stesso a eleggere il nuovo presidente ma darebbero per la prima volta dopo tanto tempo l’immagine di un centrosinistra unito e competitivo. Diciamo subito che non succederà almeno finché in questa interminabile guerra civile l’obiettivo comune dei due tronconi sarà di farsi la pelle a vicenda. Succede così ad ogni elezione dove il Pd punta a sopprimere la sinistra mentre la sinistra lavora per indebolire il candidato Pd e il Pd stesso. Caso di scuola la Liguria dove nel 2015 tra pugnali e veleni il centrosinistra riuscì a sbagliare un gol a porta vuota prendendosi a calci negli stinchi e consegnando su un piatto d’argento la Regione al centrodestra di Giovanni Toti. Tutto merito, si fa per dire, di Matteo Renzi che negli anni avendo trasformato una contesa politica interna in una serie di inimicizie personali ha preferito perdere per strada pezzi interi del suo partito piuttosto che impegnarsi a fare il leader di tutti quanti e non soltanto dei suoi amici e sodali. È uno schema suicida che in vista delle Politiche dell’anno prossimo sembra inevitabile, a meno di due miracoli. Il primo, per la verità, di miracoloso avrebbe soltanto la scoperta dell’acqua calda. Se cioé Mdp, Sinistra Italiana, Rifondazione, il movimento di Civati, con l’apporto dei comitati di Falcone e Montanari e con la cortese collaborazione del federatore Giuliano Pisapia unissero le loro non straordinarie energie in un unico cartello elettorale potrebbero raggiungere l’8, il 9 e forse anche il 10 per cento. Invece, restando divisi in tante sigle e siglette rischiano di non superare lo sbarramento del 3% buttando nel cesso milioni di voti. Dopodiché tutti quanti farebbero bene a espatriare. È un calcolo di così puro buon senso a cui sicuramente verranno frapposti ostacoli di ogni genere. Primo fra tutti il classico: ok ma poi chi comanda? Il secondo miracolo prevede che Renzi facendosi forza e mettendo l’interesse del Paese davanti a quello suo personale offra alla sinistra unita il classico ramoscello d’ulivo (con la u minuscola) in vista di una futura alleanza di governo, e che la sinistra risponda con la stessa generosa apertura. Come si vede neanche San Gennaro potrebbe farcela.
Antonio Padellaro - il Fatto Quotidiano 00184 Roma, via di Sant’Erasmo n°2 l e t te re @ i l fa t to q u o t i d i a n o. i t
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Re: ALLEANZA POPOLARE PER LA DEMOCRAZIA E L'UGUAGLIANZA
Per la democrazia e l'uguaglianza
Con la costituzione e per la sua attuazione.
Il momento è ora: occorre una sinistra, civica, larga e partecipata
Pubblichiamo di seguito il documento letto da Tomaso Montanari e Anna Falcone nella conferenza stampa che si è tenuta
oggi nella sala della Stampa Romana che fa il punto della situazione politica in seguito alle vicende di questi giorni e
rilancia con forza l’inizia del percorso per un’alleanza popolare per la democrazia e l’uguaglianza.
Buona lettura
———————————–
1.
Crediamo che davvero non si possa più aspettare, e lo diciamo con umiltà e con il massimo rispetto
per ogni percorso politico: il momento è ora. Perché «guasto è il mondo, preda / di mali che si susseguono,
dove la ricchezza si accumula / e gli uomini vanno in rovina» (Oliver Goldsmith, The Deserted Village).
Di fronte all’ennesima legge elettorale-truffa, a un dibattito mediatico-politico concentrato su leadership e
personalismi, invece che sulle soluzioni ai problemi delle persone e sulla costruzione di una nuova visione
di società e di Paese, una parte importante di cittadini ed elettori si sta chiedendo se andare o no a votare
alle prossime elezioni politiche. Perché rischia di trovarsi dinnanzi all’ennesimo Parlamento di nominati non
scelti dagli elettori. Perché manca nell’offerta politica un progetto veramente innovativo capace di
rappresentare chi non ha voce; di contrastare la precarietà in cui vivono i più, e la quasi totalità delle giovani
generazioni; di proporre, oltre alla protesta, un nuovo modello sociale più giusto, inclusivo, solidale.
Un progetto capace di rovesciare «la scandalosa realtà di questo mondo» (papa Francesco).
Per cambiare veramente lo stato delle cose non basta il professionismo politico che c’è, occorre
qualcosa di veramente nuovo: un progetto unitario più grande e ambizioso dei singoli pezzi, un
progetto che vada oltre le prossime elezioni e abbia come denominatore comune il contrasto alle
politiche neoliberiste che in questi anni hanno decapitato diritti, futuro e ruolo della sovranità popolare
e delle istituzioni democratiche.
Dopo la lunga stagione dei governi e delle politiche nell’interesse dei pochi contro i bisogni e i desideri dei
molti è giunto il tempo di immaginare una politica e un governo nell’interesse della maggioranza delle persone.
Un mezzo, insomma: e non un fine.
È per questo che consideriamo chiusa la stagione del centro-sinistra: perché è giunto il tempo di rovesciare il
tavolo delle diseguaglianze, non di venirci a patti. E per far questo serve costruire la Sinistra che ancora non c’è.
2.
È per questo che, a giugno, abbiamo lanciato il percorso ‘del Brancaccio’: quello di un’alleanza popolare, tra cittadini
e forze politiche, per la democrazia e l’eguaglianza. L’abbiamo fatto per rimettere al centro del dibattito politico la
prepotente richiesta di democrazia e partecipazione scaturita dalla vittoria del 4 dicembre: non ci basta più
difendere la Costituzione e lo Stato democratico di diritto, vogliamo attuarli e costruire insieme un fronte politico
e sociale alternativo al pensiero unico neoliberista e alle riforme dettate e imposte dal capitalismo finanziario a
Parlamenti e governi deboli o conniventi.
Ora, quattro mesi e molte assemblee dopo, è a tutti chiaro che era la strada giusta.
È per questo che rilanciamo lo stesso obiettivo, con l’imperativo di partire, senza ulteriori tentennamenti, per
la costruzione di un Polo civico e di Sinistra che confluisca, nell’immediato, in una lista unica nazionale e,
in prospettiva, in un soggetto capace di dar vita a quella Sinistra che, in questo Paese, non c’è ancora.
Un progetto politico stabile e credibile di Sinistra, più grande e più ambizioso dei singoli partiti e movimenti,
e che permetta, anche nel nostro Paese, la liberazione e l’espressione di quelle energie che altrove hanno
dato vita – ad esempio – a Podemos in Spagna, e al nuovo Partito laburista di Corbyn in Gran Bretagna.
Un caso emblematico, quest’ultimo: anche il partito che ha inaugurato la “Terza Via” in Europa ha invertito
la rotta e riguadagnato consensi e credibilità dopo una lunga crisi. Ciò che accade in Europa, ci insegna che
la Sinistra vince solo se è unita su programmi radicali e innovativi, senza alcuna “connivenza” o appoggio a
forze conservatrici e di ispirazione neoliberista. Dobbiamo guardare oltre, non fermarci alle prossime elezioni,
ma costruire insieme i presupposti per un nuovo umanesimo globale, un mondo giusto in cui trovino posto non
solo i vecchi diritti che ci sono stati tolti, ma anche i nuovi, come il diritto a una partecipazione democratica vera,
il diritto al tempo, il diritto alla felicità di tutti e di ognuno. Questa è la nostra ambizione, e per attuarla sappiamo
che la dimensione nazionale non è sufficiente. Per questo vogliamo rafforzare quei rapporti con gli altri movimenti
che in Europa e nel mondo hanno già percorso questa via e hanno inaugurato una nuova stagione politica e
di democrazia, rimettendo al centro del dibattito i cittadini e le loro reali priorità.
Insomma, siamo convinti, con Tony Judt, che «C’è qualcosa di profondamente sbagliato nel nostro modo di vivere,
oggi. Per trent’anni abbiamo trasformato in virtù il perseguimento dell’interesse materiale personale: anzi, ormai
questo è l’unico scopo collettivo che ancora ci rimane. Sappiamo quanto costano le cose, ma non quanto valgono.
Non ci chiediamo più, di una sentenza di tribunale o di una legge, se sia buona, se sia equa, se sia corretta, se
contribuirà a rendere migliore la società, o il mondo. Erano queste un tempo le domande politiche per eccellenza,
anche se non era facile dare una risposta: dobbiamo reimparare a porci queste domande. Dobbiamo sottoporre
a critica radicale l’ammirazione per mercati liberi da lacci e laccioli, il disprezzo per il settore pubblico, l’illusione
di una crescita senza fine. Non possiamo continuare a vivere così».
3.
Quel popolo unito noi lo abbiamo incontrato lungo tutto il 2016, nella grande campagna referendaria che ha portato
alla vittoria del 4 dicembre, le tante bandiere della Sinistra si sono inchinate di fronte all’unica bandiera della Costituzione.
E abbiamo vinto!
Questa unità è andata oltre, nonostante un dibattito mediatico e politico tutto concentrato sui cambi d’umore di
un ‘leader’ autodesignato e divisivo, ed ha preso corpo fin dalle prime assemblee del ‘Brancaccio’ che, dal
18 giugno ad oggi, hanno attraversato e per tutto ottobre attraverseranno l’Italia. E anche nei nostri incontri sul
programma si è ritrovato un solo popolo: cittadini senza tessera, altri che militano in partiti e movimenti della
Sinistra, tanti delusi dal PD e dalla politica in genere, cittadini che non votano più o si rifugiano nel voto di protesta.
Tutti chiedono la stessa cosa: una forza unitaria e popolare che possa e voglia realmente cambiare l’Italia con
un programma radicale e coraggioso di rivendicazione dei diritti negati, a partire da quelli riconosciuti e tutelati
dalla Costituzione, per arrivare ai nuovi diritti posti dalle sfide del presente e del futuro.
Oggi siamo qui per prendere atto, finalmente, che sono maturati anche in altri le ragioni e la volontà di lavorare
per una lista unica della Sinistra. Le vicende di questi ultimi giorni, hanno reso evidente la faglia di separazione
tra chi rimane arroccato a vecchi schemi e condizionato dall’egemonia del Partito democratico, e le forze che
intendono davvero cambiare lo stato delle cose. Lavoro, redistribuzione della ricchezza, tutela dell’ambiente e del
clima, diritto alla salute e all’istruzione, pace e accoglienza dei migranti: esiste un popolo, unito, che su tutto
questo vuole invertire la rotta.
4.
Per questo vogliamo mettere a disposizione il metodo e l’esperienza del Brancaccio, che dall’inizio è nato come
uno spazio politico aperto a tutti coloro che condividessero questi obiettivi. Noi continueremo con le assemblee
locali delle “Cento piazze per il Programma”, che culmineranno in un grande incontro nazionale, a novembre.
Contemporaneamente, e fin da oggi, verificheremo con i responsabili di tutte le forze politiche che si dichiarano
alternative alle destre e al Pd la possibilità di costruire un calendario e un metodo – condivisi da tutte le forze,
civiche e politiche, e non imposti da nessuno – che portino, prima della fine dell’anno, ad una lista unica ed
unitaria per le prossime elezioni.
Per questo ribadiamo la centralità di una vasta partecipazione dal basso, che porti ad eleggere – col metodo una testa un voto –
e secondo le modalità più trasparenti e plurali possibili, una grande assemblea che decida democraticamente sul programma
finale e su candidati realmente espressione dei cittadini, con il più ampio spazio per donne e giovani. Le regole di questo
processo saranno fondamentali: noi crediamo, per esempio, che sia inaccettabile il modello mediatico e ambiguo delle primarie,
e che i modi di partecipazione debbano invece valorizzare l’impegno di coloro che si spendono in attività politiche, sociali,
di volontariato, ecc. E crediamo che un comitato di facilitatori non candidati debba assumere un ruolo di garanzia, in questo processo.
Sinistra Italiana, Possibile, Mdp, Rifondazione Comunista, l’Altra Europa e le altre sigle politiche che si uniranno sono
solo una piccola parte della sinistra che va costruita: e crediamo che questa nuova Sinistra o sarà civica, larga,
democratica e partecipata, nei metodi e nei fini, o non sarà.
Perché il nostro impegno sia credibile e sia l’inizio di una nuova stagione politica è necessario un radicale rinnovamento
di linguaggio e di leadership, un rinnovamento anche generazionale che rappresenti nei volti e nelle storie una sinistra
non solo finalmente unita, ma realmente nuova, espressione dei cittadini e dei territori, in una parola diversa rispetto alle
esperienze passate e con lo sguardo rivolto al futuro. Una sinistra finalmente credibile.
La nostra stessa condizione di cittadini, e non di politici di professione, ci impone un ruolo di garanzia, di stimolo e di controllo:
al quale non verremo meno. Da oggi inizieremo a realizzare questo programma: con tutte e tutti coloro che vorranno starci.
La politica – come ha detto Jeremy Corbyn – non deve tornare nelle scatole. E non lo farà.
Anna Falcone, Tomaso Montanari
http://www.perlademocraziaeluguaglianza ... rtecipata/
Con la costituzione e per la sua attuazione.
Il momento è ora: occorre una sinistra, civica, larga e partecipata
Pubblichiamo di seguito il documento letto da Tomaso Montanari e Anna Falcone nella conferenza stampa che si è tenuta
oggi nella sala della Stampa Romana che fa il punto della situazione politica in seguito alle vicende di questi giorni e
rilancia con forza l’inizia del percorso per un’alleanza popolare per la democrazia e l’uguaglianza.
Buona lettura
———————————–
1.
Crediamo che davvero non si possa più aspettare, e lo diciamo con umiltà e con il massimo rispetto
per ogni percorso politico: il momento è ora. Perché «guasto è il mondo, preda / di mali che si susseguono,
dove la ricchezza si accumula / e gli uomini vanno in rovina» (Oliver Goldsmith, The Deserted Village).
Di fronte all’ennesima legge elettorale-truffa, a un dibattito mediatico-politico concentrato su leadership e
personalismi, invece che sulle soluzioni ai problemi delle persone e sulla costruzione di una nuova visione
di società e di Paese, una parte importante di cittadini ed elettori si sta chiedendo se andare o no a votare
alle prossime elezioni politiche. Perché rischia di trovarsi dinnanzi all’ennesimo Parlamento di nominati non
scelti dagli elettori. Perché manca nell’offerta politica un progetto veramente innovativo capace di
rappresentare chi non ha voce; di contrastare la precarietà in cui vivono i più, e la quasi totalità delle giovani
generazioni; di proporre, oltre alla protesta, un nuovo modello sociale più giusto, inclusivo, solidale.
Un progetto capace di rovesciare «la scandalosa realtà di questo mondo» (papa Francesco).
Per cambiare veramente lo stato delle cose non basta il professionismo politico che c’è, occorre
qualcosa di veramente nuovo: un progetto unitario più grande e ambizioso dei singoli pezzi, un
progetto che vada oltre le prossime elezioni e abbia come denominatore comune il contrasto alle
politiche neoliberiste che in questi anni hanno decapitato diritti, futuro e ruolo della sovranità popolare
e delle istituzioni democratiche.
Dopo la lunga stagione dei governi e delle politiche nell’interesse dei pochi contro i bisogni e i desideri dei
molti è giunto il tempo di immaginare una politica e un governo nell’interesse della maggioranza delle persone.
Un mezzo, insomma: e non un fine.
È per questo che consideriamo chiusa la stagione del centro-sinistra: perché è giunto il tempo di rovesciare il
tavolo delle diseguaglianze, non di venirci a patti. E per far questo serve costruire la Sinistra che ancora non c’è.
2.
È per questo che, a giugno, abbiamo lanciato il percorso ‘del Brancaccio’: quello di un’alleanza popolare, tra cittadini
e forze politiche, per la democrazia e l’eguaglianza. L’abbiamo fatto per rimettere al centro del dibattito politico la
prepotente richiesta di democrazia e partecipazione scaturita dalla vittoria del 4 dicembre: non ci basta più
difendere la Costituzione e lo Stato democratico di diritto, vogliamo attuarli e costruire insieme un fronte politico
e sociale alternativo al pensiero unico neoliberista e alle riforme dettate e imposte dal capitalismo finanziario a
Parlamenti e governi deboli o conniventi.
Ora, quattro mesi e molte assemblee dopo, è a tutti chiaro che era la strada giusta.
È per questo che rilanciamo lo stesso obiettivo, con l’imperativo di partire, senza ulteriori tentennamenti, per
la costruzione di un Polo civico e di Sinistra che confluisca, nell’immediato, in una lista unica nazionale e,
in prospettiva, in un soggetto capace di dar vita a quella Sinistra che, in questo Paese, non c’è ancora.
Un progetto politico stabile e credibile di Sinistra, più grande e più ambizioso dei singoli partiti e movimenti,
e che permetta, anche nel nostro Paese, la liberazione e l’espressione di quelle energie che altrove hanno
dato vita – ad esempio – a Podemos in Spagna, e al nuovo Partito laburista di Corbyn in Gran Bretagna.
Un caso emblematico, quest’ultimo: anche il partito che ha inaugurato la “Terza Via” in Europa ha invertito
la rotta e riguadagnato consensi e credibilità dopo una lunga crisi. Ciò che accade in Europa, ci insegna che
la Sinistra vince solo se è unita su programmi radicali e innovativi, senza alcuna “connivenza” o appoggio a
forze conservatrici e di ispirazione neoliberista. Dobbiamo guardare oltre, non fermarci alle prossime elezioni,
ma costruire insieme i presupposti per un nuovo umanesimo globale, un mondo giusto in cui trovino posto non
solo i vecchi diritti che ci sono stati tolti, ma anche i nuovi, come il diritto a una partecipazione democratica vera,
il diritto al tempo, il diritto alla felicità di tutti e di ognuno. Questa è la nostra ambizione, e per attuarla sappiamo
che la dimensione nazionale non è sufficiente. Per questo vogliamo rafforzare quei rapporti con gli altri movimenti
che in Europa e nel mondo hanno già percorso questa via e hanno inaugurato una nuova stagione politica e
di democrazia, rimettendo al centro del dibattito i cittadini e le loro reali priorità.
Insomma, siamo convinti, con Tony Judt, che «C’è qualcosa di profondamente sbagliato nel nostro modo di vivere,
oggi. Per trent’anni abbiamo trasformato in virtù il perseguimento dell’interesse materiale personale: anzi, ormai
questo è l’unico scopo collettivo che ancora ci rimane. Sappiamo quanto costano le cose, ma non quanto valgono.
Non ci chiediamo più, di una sentenza di tribunale o di una legge, se sia buona, se sia equa, se sia corretta, se
contribuirà a rendere migliore la società, o il mondo. Erano queste un tempo le domande politiche per eccellenza,
anche se non era facile dare una risposta: dobbiamo reimparare a porci queste domande. Dobbiamo sottoporre
a critica radicale l’ammirazione per mercati liberi da lacci e laccioli, il disprezzo per il settore pubblico, l’illusione
di una crescita senza fine. Non possiamo continuare a vivere così».
3.
Quel popolo unito noi lo abbiamo incontrato lungo tutto il 2016, nella grande campagna referendaria che ha portato
alla vittoria del 4 dicembre, le tante bandiere della Sinistra si sono inchinate di fronte all’unica bandiera della Costituzione.
E abbiamo vinto!
Questa unità è andata oltre, nonostante un dibattito mediatico e politico tutto concentrato sui cambi d’umore di
un ‘leader’ autodesignato e divisivo, ed ha preso corpo fin dalle prime assemblee del ‘Brancaccio’ che, dal
18 giugno ad oggi, hanno attraversato e per tutto ottobre attraverseranno l’Italia. E anche nei nostri incontri sul
programma si è ritrovato un solo popolo: cittadini senza tessera, altri che militano in partiti e movimenti della
Sinistra, tanti delusi dal PD e dalla politica in genere, cittadini che non votano più o si rifugiano nel voto di protesta.
Tutti chiedono la stessa cosa: una forza unitaria e popolare che possa e voglia realmente cambiare l’Italia con
un programma radicale e coraggioso di rivendicazione dei diritti negati, a partire da quelli riconosciuti e tutelati
dalla Costituzione, per arrivare ai nuovi diritti posti dalle sfide del presente e del futuro.
Oggi siamo qui per prendere atto, finalmente, che sono maturati anche in altri le ragioni e la volontà di lavorare
per una lista unica della Sinistra. Le vicende di questi ultimi giorni, hanno reso evidente la faglia di separazione
tra chi rimane arroccato a vecchi schemi e condizionato dall’egemonia del Partito democratico, e le forze che
intendono davvero cambiare lo stato delle cose. Lavoro, redistribuzione della ricchezza, tutela dell’ambiente e del
clima, diritto alla salute e all’istruzione, pace e accoglienza dei migranti: esiste un popolo, unito, che su tutto
questo vuole invertire la rotta.
4.
Per questo vogliamo mettere a disposizione il metodo e l’esperienza del Brancaccio, che dall’inizio è nato come
uno spazio politico aperto a tutti coloro che condividessero questi obiettivi. Noi continueremo con le assemblee
locali delle “Cento piazze per il Programma”, che culmineranno in un grande incontro nazionale, a novembre.
Contemporaneamente, e fin da oggi, verificheremo con i responsabili di tutte le forze politiche che si dichiarano
alternative alle destre e al Pd la possibilità di costruire un calendario e un metodo – condivisi da tutte le forze,
civiche e politiche, e non imposti da nessuno – che portino, prima della fine dell’anno, ad una lista unica ed
unitaria per le prossime elezioni.
Per questo ribadiamo la centralità di una vasta partecipazione dal basso, che porti ad eleggere – col metodo una testa un voto –
e secondo le modalità più trasparenti e plurali possibili, una grande assemblea che decida democraticamente sul programma
finale e su candidati realmente espressione dei cittadini, con il più ampio spazio per donne e giovani. Le regole di questo
processo saranno fondamentali: noi crediamo, per esempio, che sia inaccettabile il modello mediatico e ambiguo delle primarie,
e che i modi di partecipazione debbano invece valorizzare l’impegno di coloro che si spendono in attività politiche, sociali,
di volontariato, ecc. E crediamo che un comitato di facilitatori non candidati debba assumere un ruolo di garanzia, in questo processo.
Sinistra Italiana, Possibile, Mdp, Rifondazione Comunista, l’Altra Europa e le altre sigle politiche che si uniranno sono
solo una piccola parte della sinistra che va costruita: e crediamo che questa nuova Sinistra o sarà civica, larga,
democratica e partecipata, nei metodi e nei fini, o non sarà.
Perché il nostro impegno sia credibile e sia l’inizio di una nuova stagione politica è necessario un radicale rinnovamento
di linguaggio e di leadership, un rinnovamento anche generazionale che rappresenti nei volti e nelle storie una sinistra
non solo finalmente unita, ma realmente nuova, espressione dei cittadini e dei territori, in una parola diversa rispetto alle
esperienze passate e con lo sguardo rivolto al futuro. Una sinistra finalmente credibile.
La nostra stessa condizione di cittadini, e non di politici di professione, ci impone un ruolo di garanzia, di stimolo e di controllo:
al quale non verremo meno. Da oggi inizieremo a realizzare questo programma: con tutte e tutti coloro che vorranno starci.
La politica – come ha detto Jeremy Corbyn – non deve tornare nelle scatole. E non lo farà.
Anna Falcone, Tomaso Montanari
http://www.perlademocraziaeluguaglianza ... rtecipata/
Ultima modifica di erding il 09/10/2017, 19:49, modificato 1 volta in totale.
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Re: ALLEANZA POPOLARE PER LA DEMOCRAZIA E L'UGUAGLIANZA
Interessante pure il seguente da Left:
Dare un senso nuovo alla parola “internazionalismo”
Internazionalismo è una parola che è uscita da tempo dal vocabolario della sinistra. Oggi suona come un termine desueto, antico, buono soltanto per i manuali. Quale sia stato il suo significato e la sua importanza nella storia del socialismo lo abbiamo chiesto a uno studioso rigoroso e militante come Luciano Canfora, che aprendo la cover story invita a riflettere su quanto – purtroppo assai più della sinistra – il capitalismo abbia saputo sfruttare questo concetto a proprio vantaggio.
Di fronte ai risorgenti municipalismi, non solo di retrivo stampo leghista, ma anche di matrice indipendentista (come accade in Catalogna o in Scozia) a noi è parso che valesse la pena riprendere a interrogarsi su questo tema, guardando avanti a un’idea di «sinistra transnazionale» come la chiama Katja Kipping, leader di Die Linke. Nel drammatico quadro del crollo dell’Spd e dell’avanzata delle destre estreme e filo-naziste in Germania, l’unica nota positiva dell’ultima tornata elettorale è stato il risultato della sinistra che, a Berlino in particolare, ha raccolto consensi soprattutto fra i giovani e nelle fasce più istruite della popolazione. Un risultato interessante, lasciato quasi del tutto nell’ombra dai media italiani. E che in queste pagine, la collega e traduttrice Paola Giaculli, dalla capitale tedesca, documenta e analizza. Con il contributo del saggista Domenico Cerabona, invece, abbiamo cercato di approfondire il senso del Manifesto contro il neo liberismo lanciato da Jeremy Corbyn che è riuscito in un piccolo grande miracolo: spostare il Labour party a sinistra e fare breccia sull’elettorato giovane, facendo una campagna contro il debito universitario e avendo il coraggio di rilanciare ideali e valori di una sinistra antirazzista, che lotta per una società più equa, per il bene comune, per il diritto alla scuola e alla sanità pubblica, per i diritti civili e delle donne. Ce lo ha raccontato un appassionato Anthony Cartwright, scrittore impegnato nel Labour a livello locale, che con il suo ultimo romanzo, Iron Towns, narra la de-industrializzazione e la crisi dell’Inghilterra profonda, bacino del voto pro Brexit.
Lo scossone che il leader del partito laburista ha dato alla politica inglese ha “costretto” perfino il colosso Bbc a interrogarsi su una possibile fine del capitalismo, nota con soddisfazione lo scrittore Cartwright che rilancia il tema dell’unione a sinistra in Europa, contro i rigurgiti nazionalisti e il populismo dilagante. Di una possibile alleanza socialista nel Parlamento europeo con Syriza e con Podemos aveva parlato Jeremy Corbyn l’anno scorso prima del referendum inglese. Una alleanza internazionale a sinistra, anti austerità e anti liberista, è tanto più importante oggi per combattere gli effetti isolazionisti della Brexit. L’obiettivo, dice Corbyn, è provocare una «radicale riforma progressista». Mentre la sinistra italiana appare ancora divisa e in parte sedotta dall’ex sindaco di Milano Giuliano Pisapia (che dopo aver votato sì al referendum sulla riforma Renzi, tratta con il premier Gentiloni dichiarando apertamente di non voler guidare un partito di sinistra ma un ampio e moderato schieramento di centrosinistra), ci è sembrato interessante provare a uscire da un’ottica solo nazionale, andando a indagare ciò che di vivo e vitale si muove nella sinistra in Europa e non solo. Continueremo il nostro viaggio nelle prossime settimane, interrogando la sinistra francese di Mélenchon, tornando a indagare quel che accade in Grecia con Syriza (nato come federazione di sinistra), e altre realtà oggi in crescita. Perché come sottolinea il professor Canfora, se la sinistra fa davvero il proprio mestiere, vince. Se riesce a non perdersi in particolarismi e frammentazioni, aggiungiamo noi, se è in grado di fare proprio un pensiero nuovo basato sulla ricerca della verità della realtà umana, che non sta nella differenza del colore della pelle, ma nell’uguaglianza della nascita.
Così la parola “internazionalismo” potrebbe essere ricreata assumendo un significato nuovo e rivoluzionario.
Dare un senso nuovo alla parola “internazionalismo”
Internazionalismo è una parola che è uscita da tempo dal vocabolario della sinistra. Oggi suona come un termine desueto, antico, buono soltanto per i manuali. Quale sia stato il suo significato e la sua importanza nella storia del socialismo lo abbiamo chiesto a uno studioso rigoroso e militante come Luciano Canfora, che aprendo la cover story invita a riflettere su quanto – purtroppo assai più della sinistra – il capitalismo abbia saputo sfruttare questo concetto a proprio vantaggio.
Di fronte ai risorgenti municipalismi, non solo di retrivo stampo leghista, ma anche di matrice indipendentista (come accade in Catalogna o in Scozia) a noi è parso che valesse la pena riprendere a interrogarsi su questo tema, guardando avanti a un’idea di «sinistra transnazionale» come la chiama Katja Kipping, leader di Die Linke. Nel drammatico quadro del crollo dell’Spd e dell’avanzata delle destre estreme e filo-naziste in Germania, l’unica nota positiva dell’ultima tornata elettorale è stato il risultato della sinistra che, a Berlino in particolare, ha raccolto consensi soprattutto fra i giovani e nelle fasce più istruite della popolazione. Un risultato interessante, lasciato quasi del tutto nell’ombra dai media italiani. E che in queste pagine, la collega e traduttrice Paola Giaculli, dalla capitale tedesca, documenta e analizza. Con il contributo del saggista Domenico Cerabona, invece, abbiamo cercato di approfondire il senso del Manifesto contro il neo liberismo lanciato da Jeremy Corbyn che è riuscito in un piccolo grande miracolo: spostare il Labour party a sinistra e fare breccia sull’elettorato giovane, facendo una campagna contro il debito universitario e avendo il coraggio di rilanciare ideali e valori di una sinistra antirazzista, che lotta per una società più equa, per il bene comune, per il diritto alla scuola e alla sanità pubblica, per i diritti civili e delle donne. Ce lo ha raccontato un appassionato Anthony Cartwright, scrittore impegnato nel Labour a livello locale, che con il suo ultimo romanzo, Iron Towns, narra la de-industrializzazione e la crisi dell’Inghilterra profonda, bacino del voto pro Brexit.
Lo scossone che il leader del partito laburista ha dato alla politica inglese ha “costretto” perfino il colosso Bbc a interrogarsi su una possibile fine del capitalismo, nota con soddisfazione lo scrittore Cartwright che rilancia il tema dell’unione a sinistra in Europa, contro i rigurgiti nazionalisti e il populismo dilagante. Di una possibile alleanza socialista nel Parlamento europeo con Syriza e con Podemos aveva parlato Jeremy Corbyn l’anno scorso prima del referendum inglese. Una alleanza internazionale a sinistra, anti austerità e anti liberista, è tanto più importante oggi per combattere gli effetti isolazionisti della Brexit. L’obiettivo, dice Corbyn, è provocare una «radicale riforma progressista». Mentre la sinistra italiana appare ancora divisa e in parte sedotta dall’ex sindaco di Milano Giuliano Pisapia (che dopo aver votato sì al referendum sulla riforma Renzi, tratta con il premier Gentiloni dichiarando apertamente di non voler guidare un partito di sinistra ma un ampio e moderato schieramento di centrosinistra), ci è sembrato interessante provare a uscire da un’ottica solo nazionale, andando a indagare ciò che di vivo e vitale si muove nella sinistra in Europa e non solo. Continueremo il nostro viaggio nelle prossime settimane, interrogando la sinistra francese di Mélenchon, tornando a indagare quel che accade in Grecia con Syriza (nato come federazione di sinistra), e altre realtà oggi in crescita. Perché come sottolinea il professor Canfora, se la sinistra fa davvero il proprio mestiere, vince. Se riesce a non perdersi in particolarismi e frammentazioni, aggiungiamo noi, se è in grado di fare proprio un pensiero nuovo basato sulla ricerca della verità della realtà umana, che non sta nella differenza del colore della pelle, ma nell’uguaglianza della nascita.
Così la parola “internazionalismo” potrebbe essere ricreata assumendo un significato nuovo e rivoluzionario.
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Re: ALLEANZA POPOLARE PER LA DEMOCRAZIA E L'UGUAGLIANZA
Nel l documento letto da Tomaso Montanari e Anna Falcone nella conferenza stampa che si è tenuta
oggi nella sala della Stampa Romana che fa il punto della situazione politica, ad un certo punto scrive :
" noi crediamo, per esempio, che sia inaccettabile il modello mediatico e ambiguo delle primarie,
e che i modi di partecipazione debbano invece valorizzare l’impegno di coloro che si spendono in attività politiche, sociali,
di volontariato, ecc "
Finora abbiamo visto un po' di tutto con le primarie e altro, si deve trovare una proposta comune su come scegliere i rappresentanti.
Però al di là della scelta dei rappresentanti bisogna garantire a tutti i cittadini che desiderano partecipare alle scelte politiche del paese la possibilità di intervenire con il referendum senza quorum e con modalità all'altezza delle tecnologie moderne, bisogna altresì garantire i cittadini che uno eletto in un partito con un programma ben preciso non può cambiare partito in Parlamento.
oggi nella sala della Stampa Romana che fa il punto della situazione politica, ad un certo punto scrive :
" noi crediamo, per esempio, che sia inaccettabile il modello mediatico e ambiguo delle primarie,
e che i modi di partecipazione debbano invece valorizzare l’impegno di coloro che si spendono in attività politiche, sociali,
di volontariato, ecc "
Finora abbiamo visto un po' di tutto con le primarie e altro, si deve trovare una proposta comune su come scegliere i rappresentanti.
Però al di là della scelta dei rappresentanti bisogna garantire a tutti i cittadini che desiderano partecipare alle scelte politiche del paese la possibilità di intervenire con il referendum senza quorum e con modalità all'altezza delle tecnologie moderne, bisogna altresì garantire i cittadini che uno eletto in un partito con un programma ben preciso non può cambiare partito in Parlamento.
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Re: ALLEANZA POPOLARE PER LA DEMOCRAZIA E L'UGUAGLIANZA
In questo magma umano chiamato convenzionalmente “società” agiscono in contemporanea forze con cultura differente e soprattutto interessi immediati e a lungo termine, differenti.
Mentre alcuni vorrebbero ricucire per riprendere il bandolo della matassa che nel bene o nel male ha caratterizzato la crescita di questo Paese, nella Prima Repubblica, altri proseguono per affossare tutto quello che di positivo era stato acquisito.
Chiude così l’articolo di oggi di LIBRE circa l’iniziativa dell’avvocato Carpeoro, che si affianca a Falcone e Montanari nel voler riprtire:
E’ per questo che all’inizio del 2018, a Milano, Carpeoro sarà tra i promotori di un singolare convegno internazionale del Movimento Roosevelt sulla figura del compianto statista svedese. Se da qualche parte bisogna pur ripartire, per rimettere in piedi la nostra disastrata democrazia, sarebbe un onore ricominciare proprio da Olof Palme: una bandiera da tenere alta, nell’Europa degli oligarchi e degli orchi che ammazzano i paladini della giustizia sociale.
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Nel segno di Olof Palme: le sue idee salverebbero l’Italia
Scritto il 15/10/17 • nella Categoria: segnalazioni Condividi
Olof Palme, chi era costui?
Il pubblico televisivo conosce Renzi e Grillo, Berlusconi e D’Alema, la Merkel e Draghi.
Al massimo Ettore Rosato e Angelino Alfano, il senatore Razzi e il governatore De Luca, o almeno le loro caricature firmate Crozza.
Chi ha meno di quarant’anni fatica a mettere a fuoco il museo delle cere: Andreotti e Craxi, Moro, Pertini, Cossiga, Berlinguer.
E Olof Palme?
Un signore elegante e lontano: svedese, e quindi “strano”, figlio di un’antropologia ormai remota, aliena.
Visse prima di Internet, del G8 di Genova e dell’11 Settembre; prima di Facebook, dell’Isis e dell’iPhone.
Che c’azzecca, con noi, quel gentleman ante-web che governò il paese dell’Ikea?
Bisognerebbe chiederlo a Vincenzo Bellisario, che sta per dare alle stampe “Nel segno di Olof Palme?”, libro che rievoca il testamento democratico di un socialista d’altri tempi, assassinato a Stoccolma – mentre era premier – proprio per evitare che i suoi tempi potessero diventare anche i nostri, cioè diversissimi da quelli di oggi, in cui non si capisce più niente, né si conosce il nome di chi comanda il mondo: si vede solo il sangue che lascia a terra tra un attentato e l’altro, in una guerra permanente fatta anche di profughi e migranti, disoccupazione, crisi finanziarie e disinformazione planetaria.
Dunque chi era Olof Palme?
Bisognerebbe chiederlo a Gianfranco Carpeoro (Pecoraro, in una vita precedente), avvocato e autore del saggio “Dalla massoneria al terrorismo”, che accusa un’élite occulta, super-massonica, di pilotare settori dell’intelligence Nato per costruire il terrore dell’Isis, dietro il paravento dell’alibi islamista.
Obiettivo: manipolare l’opinione pubblica, spaventarla, imporle leggi speciali e distrarla, impedendole di individuare i veri responsabili del disastro economico e sociale in corso, accuratamente progettato da un’oligarchia paramassonica internazionale.
Gioele Magaldi, amico di Carpeoro e suo sodale nel Movimento Roosevelt, nel quale milita lo stesso Bellisario, ricorda che il catastrofico 11 settembre del 2001 fu soltanto la seconda fase di un piano di svuotamento della democrazia avviato all’alba di un altro 11 settembre, quello del 1973, quando fu abbattuto il governo cileno di Salvador Allende per instaurare la dittatura di Pinochet.
Troppa democrazia rischiava di frenare il grande business?
Nel suo libro, Carpeoro ricorda il telegramma con cui Licio Gelli, proprio dal Sudamerica, informava un parlamentare statunitense, Philip Guarino, che anche “la palma svedese” stava per essere abbattuta.
La “palma svedese” sarebbe caduta il 28 febbraio 1986, in un agguato a colpi di pistola all’uscita di un cinema nel centro di Stoccolma.
«Probabilmente l’assassino di Olof Palme è ancora in vita, e nel delitto potrebbero essere coinvolti la polizia o qualche esponente dell’esercito», afferma il criminologo svedese Leif Gustav Willy Persson, che ha sempre dubitato della colpevolezza di Christer Pettersson, il criminale di strada inizialmente fermato, e poi a sua volta deceduto all’improvviso dopo aver contattato per telefono il figlio di Palme, annunciandogli di avere notizie sulla fine del padre.
Si sospetta anche di un altro anomalo decesso, quello del romanziere Stieg Larsson, morto esattamente come il protagonista della sua triologia, “Millennium”, dopo aver condotto indagini riservate sul caso Palme e aver consegnato alla polizia, inutilmente, svariati scatoloni pieni di documenti.
Ma chi era, quindi, Olof Palme?
Un socialista, un democratico.
Il massimo interprete del welfare europeo: pari opportunità per tutti, nessuno deve essere lasciato indietro.
Chi paga?
Lo Stato: per il bene di tutti, ricchi e poveri.
Pur di evitare licenziamenti, Palme arrivò a far rilevare quote di aziende traballanti.
Messaggio: il salario dei cittadini-lavoratori viene prima del profitto d’impresa, perché ne va della coesione sociale del sistema-paese.
Era pericoloso, Palme? Eccome.
Mai e poi mai avrebbe dato il via libera alla nascita di un mostro giuridico come l’Unione Europea, di fatto governata da poche famiglie di oligarchi, proprietari dalle grandi banche cui appartiene la stessa Bce.
Olof Palme era convinto di dover «tagliare le unghie al capitalismo», frenandone gli eccessi e gli abusi partendo dal ruolo democratico dello Stato come fattore di equilibrio: proprio quello Stato che l’Ue ha letteralmente demolito e svuotato.
Era famoso, Palme: denunciava l’apartheid del Sudafrica e quello di Israele, le malefatte degli Usa nell’America Latina e la dittatura “rossa” dell’Unione Sovietica.
Una figura prestigiosa, scomoda.
Stava addirittura per essere eletto segretario generale delle Nazioni Unite: una volta all’Onu, sarebbe stato più difficile abbatterla, la “palma svedese”.
Andava tolta di mezzo prima.
E non è un caso, probabilmente, che tuttora non si sappia nulla di preciso né del killer né dei mandanti, anche se Carpeoro – nel rievocare il famoso telegramma di Gelli rivolto a Guarino – fa il nome di un eminente politologo Usa, Michael Ledeen, all’epoca legato a Guarino.
Secondo Carpeoro, l’onnipresente Ledeen («consigliere occulto di Craxi e Di Pietro, Renzi e Grillo») è un tipico esponente dell’élite supermassonica “reazionaria”, protagonista della storica svolta antidemocratica che ha ridotto l’Occidente al deserto attuale, quello della privatizzazione globalizzata e universale, imposta a mano armata, anche con guerre e attentati.
«L’Italia è ormai arrivata ad uno stato di coma profondo ed ovviamente irreversibile per almeno una persona su due», scrive Vincenzo Bellisario nell’introduzione al suo volume su Olof Palme, di prossima uscita per le Edizioni Sì (140 pagine, 11 euro).
«E se continua su questa strada non c’è alcuna speranza: non c’è un modo per venirne fuori, al momento, considerando gli attuali trattati Ue e l’euro».
Ragiona Bellisario: «Le persone ancora “salve” in questo paese sono coloro che hanno avuto la fortuna di essere nati e cresciuti all’interno di famiglie benestanti che gli hanno permesso di studiare con “calma”», magari per poi ottenere “la spinta giusta”.
Gli altri che si sono “salvati”?
Sono quelli «che hanno avuto la “fortuna” di essere stati assunti anni fa con i cosiddetti “contratti vecchi”», e quelli che sono andati in pensione «ad un’età giusta e con una pensione dignitosa».
Per tutti gli altri, oggi, non c’è più storia: «Sono spacciati».
Parole che ricordano quelle rievocate dallo stesso Carpeoro, autore di una prefazione al volume: «Oggi è morta la speranza», disse l’avvocato, all’indomani dell’assassinio di Palme in un’assise culturale di area liberal-socialista.
Lo corressero: non è vero, possono morire i grandi uomini ma non le loro idee.
E’ per questo che all’inizio del 2018, a Milano, Carpeoro sarà tra i promotori di un singolare convegno internazionale del Movimento Roosevelt sulla figura del compianto statista svedese.
Se da qualche parte bisogna pur ripartire, per rimettere in piedi la nostra disastrata democrazia, sarebbe un onore ricominciare proprio da Olof Palme: una bandiera da tenere alta, nell’Europa degli oligarchi e degli orchi che ammazzano i paladini della giustizia sociale.
Mentre alcuni vorrebbero ricucire per riprendere il bandolo della matassa che nel bene o nel male ha caratterizzato la crescita di questo Paese, nella Prima Repubblica, altri proseguono per affossare tutto quello che di positivo era stato acquisito.
Chiude così l’articolo di oggi di LIBRE circa l’iniziativa dell’avvocato Carpeoro, che si affianca a Falcone e Montanari nel voler riprtire:
E’ per questo che all’inizio del 2018, a Milano, Carpeoro sarà tra i promotori di un singolare convegno internazionale del Movimento Roosevelt sulla figura del compianto statista svedese. Se da qualche parte bisogna pur ripartire, per rimettere in piedi la nostra disastrata democrazia, sarebbe un onore ricominciare proprio da Olof Palme: una bandiera da tenere alta, nell’Europa degli oligarchi e degli orchi che ammazzano i paladini della giustizia sociale.
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Nel segno di Olof Palme: le sue idee salverebbero l’Italia
Scritto il 15/10/17 • nella Categoria: segnalazioni Condividi
Olof Palme, chi era costui?
Il pubblico televisivo conosce Renzi e Grillo, Berlusconi e D’Alema, la Merkel e Draghi.
Al massimo Ettore Rosato e Angelino Alfano, il senatore Razzi e il governatore De Luca, o almeno le loro caricature firmate Crozza.
Chi ha meno di quarant’anni fatica a mettere a fuoco il museo delle cere: Andreotti e Craxi, Moro, Pertini, Cossiga, Berlinguer.
E Olof Palme?
Un signore elegante e lontano: svedese, e quindi “strano”, figlio di un’antropologia ormai remota, aliena.
Visse prima di Internet, del G8 di Genova e dell’11 Settembre; prima di Facebook, dell’Isis e dell’iPhone.
Che c’azzecca, con noi, quel gentleman ante-web che governò il paese dell’Ikea?
Bisognerebbe chiederlo a Vincenzo Bellisario, che sta per dare alle stampe “Nel segno di Olof Palme?”, libro che rievoca il testamento democratico di un socialista d’altri tempi, assassinato a Stoccolma – mentre era premier – proprio per evitare che i suoi tempi potessero diventare anche i nostri, cioè diversissimi da quelli di oggi, in cui non si capisce più niente, né si conosce il nome di chi comanda il mondo: si vede solo il sangue che lascia a terra tra un attentato e l’altro, in una guerra permanente fatta anche di profughi e migranti, disoccupazione, crisi finanziarie e disinformazione planetaria.
Dunque chi era Olof Palme?
Bisognerebbe chiederlo a Gianfranco Carpeoro (Pecoraro, in una vita precedente), avvocato e autore del saggio “Dalla massoneria al terrorismo”, che accusa un’élite occulta, super-massonica, di pilotare settori dell’intelligence Nato per costruire il terrore dell’Isis, dietro il paravento dell’alibi islamista.
Obiettivo: manipolare l’opinione pubblica, spaventarla, imporle leggi speciali e distrarla, impedendole di individuare i veri responsabili del disastro economico e sociale in corso, accuratamente progettato da un’oligarchia paramassonica internazionale.
Gioele Magaldi, amico di Carpeoro e suo sodale nel Movimento Roosevelt, nel quale milita lo stesso Bellisario, ricorda che il catastrofico 11 settembre del 2001 fu soltanto la seconda fase di un piano di svuotamento della democrazia avviato all’alba di un altro 11 settembre, quello del 1973, quando fu abbattuto il governo cileno di Salvador Allende per instaurare la dittatura di Pinochet.
Troppa democrazia rischiava di frenare il grande business?
Nel suo libro, Carpeoro ricorda il telegramma con cui Licio Gelli, proprio dal Sudamerica, informava un parlamentare statunitense, Philip Guarino, che anche “la palma svedese” stava per essere abbattuta.
La “palma svedese” sarebbe caduta il 28 febbraio 1986, in un agguato a colpi di pistola all’uscita di un cinema nel centro di Stoccolma.
«Probabilmente l’assassino di Olof Palme è ancora in vita, e nel delitto potrebbero essere coinvolti la polizia o qualche esponente dell’esercito», afferma il criminologo svedese Leif Gustav Willy Persson, che ha sempre dubitato della colpevolezza di Christer Pettersson, il criminale di strada inizialmente fermato, e poi a sua volta deceduto all’improvviso dopo aver contattato per telefono il figlio di Palme, annunciandogli di avere notizie sulla fine del padre.
Si sospetta anche di un altro anomalo decesso, quello del romanziere Stieg Larsson, morto esattamente come il protagonista della sua triologia, “Millennium”, dopo aver condotto indagini riservate sul caso Palme e aver consegnato alla polizia, inutilmente, svariati scatoloni pieni di documenti.
Ma chi era, quindi, Olof Palme?
Un socialista, un democratico.
Il massimo interprete del welfare europeo: pari opportunità per tutti, nessuno deve essere lasciato indietro.
Chi paga?
Lo Stato: per il bene di tutti, ricchi e poveri.
Pur di evitare licenziamenti, Palme arrivò a far rilevare quote di aziende traballanti.
Messaggio: il salario dei cittadini-lavoratori viene prima del profitto d’impresa, perché ne va della coesione sociale del sistema-paese.
Era pericoloso, Palme? Eccome.
Mai e poi mai avrebbe dato il via libera alla nascita di un mostro giuridico come l’Unione Europea, di fatto governata da poche famiglie di oligarchi, proprietari dalle grandi banche cui appartiene la stessa Bce.
Olof Palme era convinto di dover «tagliare le unghie al capitalismo», frenandone gli eccessi e gli abusi partendo dal ruolo democratico dello Stato come fattore di equilibrio: proprio quello Stato che l’Ue ha letteralmente demolito e svuotato.
Era famoso, Palme: denunciava l’apartheid del Sudafrica e quello di Israele, le malefatte degli Usa nell’America Latina e la dittatura “rossa” dell’Unione Sovietica.
Una figura prestigiosa, scomoda.
Stava addirittura per essere eletto segretario generale delle Nazioni Unite: una volta all’Onu, sarebbe stato più difficile abbatterla, la “palma svedese”.
Andava tolta di mezzo prima.
E non è un caso, probabilmente, che tuttora non si sappia nulla di preciso né del killer né dei mandanti, anche se Carpeoro – nel rievocare il famoso telegramma di Gelli rivolto a Guarino – fa il nome di un eminente politologo Usa, Michael Ledeen, all’epoca legato a Guarino.
Secondo Carpeoro, l’onnipresente Ledeen («consigliere occulto di Craxi e Di Pietro, Renzi e Grillo») è un tipico esponente dell’élite supermassonica “reazionaria”, protagonista della storica svolta antidemocratica che ha ridotto l’Occidente al deserto attuale, quello della privatizzazione globalizzata e universale, imposta a mano armata, anche con guerre e attentati.
«L’Italia è ormai arrivata ad uno stato di coma profondo ed ovviamente irreversibile per almeno una persona su due», scrive Vincenzo Bellisario nell’introduzione al suo volume su Olof Palme, di prossima uscita per le Edizioni Sì (140 pagine, 11 euro).
«E se continua su questa strada non c’è alcuna speranza: non c’è un modo per venirne fuori, al momento, considerando gli attuali trattati Ue e l’euro».
Ragiona Bellisario: «Le persone ancora “salve” in questo paese sono coloro che hanno avuto la fortuna di essere nati e cresciuti all’interno di famiglie benestanti che gli hanno permesso di studiare con “calma”», magari per poi ottenere “la spinta giusta”.
Gli altri che si sono “salvati”?
Sono quelli «che hanno avuto la “fortuna” di essere stati assunti anni fa con i cosiddetti “contratti vecchi”», e quelli che sono andati in pensione «ad un’età giusta e con una pensione dignitosa».
Per tutti gli altri, oggi, non c’è più storia: «Sono spacciati».
Parole che ricordano quelle rievocate dallo stesso Carpeoro, autore di una prefazione al volume: «Oggi è morta la speranza», disse l’avvocato, all’indomani dell’assassinio di Palme in un’assise culturale di area liberal-socialista.
Lo corressero: non è vero, possono morire i grandi uomini ma non le loro idee.
E’ per questo che all’inizio del 2018, a Milano, Carpeoro sarà tra i promotori di un singolare convegno internazionale del Movimento Roosevelt sulla figura del compianto statista svedese.
Se da qualche parte bisogna pur ripartire, per rimettere in piedi la nostra disastrata democrazia, sarebbe un onore ricominciare proprio da Olof Palme: una bandiera da tenere alta, nell’Europa degli oligarchi e degli orchi che ammazzano i paladini della giustizia sociale.
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