BRANCACCIO: Una idea fortemente avversata... eppure...
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BRANCACCIO: Una idea fortemente avversata... eppure...
Il Brancaccio si ferma. Per ripartire.
L’assemblea generale del percorso del Brancaccio convocata a Roma per sabato prossimo, 18 novembre, è annullata. Mi scuso personalmente con tutti coloro che, non di rado con sacrificio, hanno già acquistato il biglietto del treno o dell’aereo.
E mi scuso con tutti i cittadini che sarebbero venuti a discutere la redazione finale del progetto di Paese che è uscito dalle Cento Piazze per il Programma.
Il fatto è che sono sparite una ad una, nelle ultime ore, le condizioni minime per tenere un’assemblea democratica e per pensare che l’itinerario del Brancaccio possa arrivare a raggiungere il suo scopo.
***
Ricordo quale fosse il progetto del Brancaccio, nelle parole della relazione di apertura che ho pronucniato nell’assemblea del 18 giugno: «Se fossimo convinti che la forma partito è sufficiente, oggi non saremmo qua: non si tratta di rifare una lista arcobaleno con una spruzzata di società civile. C’è forte l’esigenza di qualcosa di nuovo, e di qualcosa di più grande. Lo diciamo con le parole di Gustavo Zagrebelsky: è necessaria la “più vasta possibile unione che sorga fuori dei confini dei partiti tradizionali tra persone che avvertano l’urgenza del momento e non siano mosse da interessi, né tantomeno, da risentimenti personali: come servizio nei confronti dei tanti sfiduciati nella politica e nella democrazia”». Un’alleanza tra cittadini e partiti, dunque.
Ma oggi sento il dovere di denunciare pubblicamente che i vertici
dei partiti della Sinistra hanno deciso che, semplicemente,
non vogliono questa unione più vasta possibile.
Non vogliono questa alleanza con chi sta fuori dal loro controllo.
I segretari di Mdp, Possibile e Sinistra italiana hanno scelto un leader. E questo ha ‘risolto’ tutti i problemi: nella migliore tradizione messianica italiana.
Poi hanno lanciato un’assemblea, che si sta costruendo come una spartizione di delegati tra partiti, con equilibri attentamente predeterminati. E per di più un’assemblea che potrà decidere, sì e no, il nome e il simbolo della lista: ma non certo la leadership (scelta a priori, dall’alto e dal dentro), non il programma (collage di quelli dei partiti), non le liste (saldamente in mano alle segreterie). Un teatro, che copre l’obiettivo reale: rieleggere la fetta più grande possibile degli attuali gruppi parlamentari. Vorrei molto essere smentito: ma ho fortissimi argomenti per credere che, quando saranno note le liste, tutti potranno constatare che le cose stanno proprio così.
Certo non me lo auguro, ma temo che questa inerziale riedizione nazionale della coalizione che in Sicilia ha sostenuto Claudio Fava (per di più senza Rifondazione Comunista) non avrà un enorme successo elettorale.
È anche per questo che quella dei vertici di Mdp, Possibile e Sinistra italiana a me pare una scelta drammaticamente miope. Non è nemmeno più questione di ‘alto e basso’, o di ‘vecchio e nuovo’: la logica è quella per cui chi è ‘dentro’ il sistema della politica professionale si chiude ermeticamente verso chi è ‘fuori’.
È la logica del partito che garantisce se stesso. E il partito che è stato lasciato fuori dall’accordo, Rifondazione Comunista, ha reagito in modo identico. Dopo aver sostanzialmente preso in ostaggio l’assemblea provinciale del Brancaccio a Torino, Rifondazione ha fatto capire di voler fare altrettanto con quella del 18 a Roma: «prendiamoci il Brancaccio», si è letto sui social.
Non ci sono, dunque, le condizioni minime di lealtà e serenità per garantirvi che l’assemblea non si trasformi in un campo di battaglia tra iscritti a diversi partiti.
In quella assemblea avremmo voluto chiedere, pubblicamente e con forza, come ultima possibilità di una unione più vasta fuori dai confini dei partiti, l’adozione di un percorso veramente democratico (in cui fossero contendibili la leadership, il programma, i criteri di innovazione per le liste): quel percorso dettagliato che avevamo mandato ai responsabili di Mdp, Possibile e Sinistra italiana, senza peraltro ottenere risposta. Rifondazione Comunista (l’unico partito che a questo punto avrebbe partecipato all’assemblea) ci ha annunciato che, invece, avrebbe preteso di votare su una proposta incompatibile con il senso stesso del Brancaccio: e cioè quella di porre condizioni agli altri partiti, come se fossimo un’altra forza politica in cerca di alleanze.
E invece no: il Brancaccio non è una componente. È uno stile, un metodo, un modo di fare politica. Avrebbe avuto successo se fosse riuscito ad essere il motore di un’alleanza tra partiti e forze civiche, tra iscritti a partiti e cittadini senza tessera, non uno strumento per fare alleanze
A questo punto lo scopo del Brancaccio, lo scopo per cui vi avevamo convocati a Roma, è irraggiungibile in ogni caso: e non saremmo responsabili se non dicessimo che un’assemblea senza più nulla da decidere sarebbe solo un rissoso palcoscenico offerto all’impeto autodistruttivo dell’ultimo partito rimasto. L’unica cosa che potrebbe essere partorita ora, infatti, sarebbe una piccola lista di Rifondazione, riverniciata di civismo: ma il Brancaccio era un percorso per una vasta alleanza civica che tenesse insieme i partiti e andasse ben oltre. Qualunque risultato diverso da questo tradirebbe il mandato condiviso da tutti noi: non può e non deve finire con una seconda lista improvvisata, destinata all’irrilevanza e alla coltivazione del risentimento.
È per questo che oggi scendo dal famoso ‘autobus’. Lo avevo promesso a tutti voi, il 18 giugno: «questa ‘cosa’ nasce per ambire a percentuali a due cifre: perché ambisce a recuperare una parte dell’astensione di sinistra. E se dovesse ridursi a una lista arcobaleno con davanti le sagome della cosiddetta ‘società civile’ saremo i primi a dire che il tentativo è fallito». Ecco: oggi, lealmente, vi dico che è così.
***
Se almeno un successo possiamo riconoscerci è stato quello di aver parlato una lingua nuova, radicale, diretta.
Di aver saputo indicare con forza le contraddizioni insanabili del progetto che partì da Piazza Santi Apostoli il 1° luglio. Di aver denunciato la follia di un centrosinistra composto con il Pd; e di aver indicato con forza la necessità di un quarto polo di sinistra radicalmente alternativo a tutto il resto.
Ebbene, questa prospettiva è stata vincente: anche per merito della presenza inedita e indiscreta del Brancaccio. A dimostrarlo è il testo della ‘lettera di intenti’ che è stata sostanzialmente ‘imposta’ a Mdp, e alla cui redazione abbiamo contribuito in modo decisivo (nel pieno rispetto del mandato del 18 giugno: quello di verificare le condizioni per una lista unica e credibile).
Quel testo demolisce tutti i ‘risultati’ del centrosinistra, e anzi impegna a ribaltarli: delineando il profilo di una sinistra radicale in Italia.
Dopo questo indiscutibile successo, è però subito arrivata la totale chiusura sul percorso democratico e sull’innovazione delle liste.
E questo è per noi inaccettabile. Perché in un’assemblea costituita con metodo democratico, cioè veramente libera dal controllo dei partiti, avremmo chiesto con forza 4 vincoli: la presenza nei posti concretamente eleggibili della lista proporzionale di un 50% di donne; di un 30 % di under 40; di un 50% di candidati mai stati in Parlamento; e infine la non candidabilità di chi ha avuto ruoli di governo.
Sono sicuro che un’assemblea libera avrebbe considerato con interesse queste minime prove di credibilità. Prove di credibilità necessarie, perché se versi il vino nuovo in otri vecchi, e compromessi, accade quel che accade in queste ore: mentre si annuncia una forza politica di Sinistra alternativa al Pd, si legge che Bersani tratta in segreto con Renzi un’alleanza di fatto. Vero, falso? Un dilemma che non esisterebbe se la guida fosse rinnovata, e democraticamente scelta.
Ma non ci arrendiamo: la forza del manifesto su cui avrebbe potuto fondarsi una lista davvero nuova era la forza del progetto di Italia che è venuto fuori dalle cento assemblee del programma.
Quello che, nella nostra ingenuità, avremmo voluto discutere e approvare il 18: prima di essere travolti dall’onda del cinismo del ceto politico.
È per questo che ci impegniamo a restituirvi tutti i materiali che ci avete inviato, rifusi in un progetto unitario che potremo discutere pubblicamente, insieme, in un incontro che fisseremo nei prossimi mesi: per misurare su quel metro radicale i programmi delle liste che andranno alle elezioni.
E per ripartire da lì.
***
Perché vogliamo ripartire. Innanzitutto comprendendo fino in fondo i nostri errori.
Lo diciamo con sincerità: se non siamo riusciti a condurre in porto il nostro progetto non è solo a causa del cieco egoismo dei partiti.
Il 18 giugno avevamo detto: «C’è chi teme che i partiti controllino questo processo, come burattinai da dietro le quinte. Questo rischio esiste. E l’esito di questo processo dipende tutto da quanti saremo, e da quanto determinati saremo. Vogliamo costruire una vera ‘azione popolare’. Ma ci riusciremo solo se la partecipazione senza tessere sarà così ampia da superare di molte volte quella degli iscritti ai partiti. Una lista di cittadinanza a sinistra: questo vogliamo costruire».
Ebbene: non è stato così. Le nostre assemblee in tutta Italia sono state tante, bellissime, importanti. E non abbiamo parole per ringraziare tutti coloro che hanno investito il loro tempo e la loro passione in questa breve stagione di entusiasmo civico e politico.
Ma – noi due per primi – non siamo stati capaci di ‘travolgere’ i partiti suscitando un’ondata di partecipazione nuova e senza etichette. Se nessuno dei segretari di partito cui ci siamo rivolti ha compreso minimamente la vitale importanza di cedere sovranità a un progetto più grande, è stato perché il popolo della sinistra non li ha costretti a farlo con la forza della partecipazione.
Eppure – nonostante tutti questi fatali limiti – in questi mesi abbiamo sentito spirare un vento nuovo: in quanti ce lo avete detto, e scritto!
Ebbene, vorremmo che questo spirito, questo entusiasmo che non si vedeva da tanto tempo, continui a soffiare. Anzi vorremmo riuscire a contagiare più cittadini possibile.
Per questo abbiamo Anna ed io abbiamo costituito un’associazione, che si chiama Democrazia ed Eguaglianza, ed è in quella associazione che, subito dopo le elezioni, vogliamo riprendere il cammino, organizzandoci e moltiplicandoci.
Accogliendo tutti coloro che vorranno partecipare: donne e uomini, con o senza tessere politiche o associative in tasca. Ma senza un ruolo dei partiti come tali, e senza i loro apparati, questa volta: perché sbagliando si impara. Intendiamoci: tanti, anche nei partiti, si sono impegnati con generosità in questo percorso, convinti che la funzione delle proprie forze politiche fosse quella di convergere insieme a tutti gli altri in un unico spazio comune e democratico. Ma queste aspirazioni sono state tradite dai vertici di quegli stessi partiti.
Come dicono parole antiche, piene di saggezza profetica: «non apparteniamo oggi ad una città stabile: lavoriamo per costruire la città futura».
È dunque l’ora di costruire una Sinistra dal basso, una coalizione sociale e civica. Per costruirla sulle strade, nelle periferie, nelle povertà. Attraverso la reciprocità e la cooperazione. Per costruirla con la conoscenza, la critica, la capacità di accendere e collegare tanti fuochi di azione popolare. Per metterla in grado, quando sarà il momento, di riportare nei comuni e in Parlamento il popolo italiano. Per attuare la Costituzione, per rovesciare il tavolo delle diseguaglianze, per invertire la rotta.
Ora serve inevitabilmente un impegno di medio periodo: per questo c’è l’associazione, e ci sarà un nuovo cammino da affrontare insieme.
Ma il percorso, così come lo avevamo proposto al Brancaccio e discusso insieme, non c’è più. Questo non vuol dire che si debba cedere alla rassegnazione. Nonostante la situazione in cui siamo, in tante e tanti non hanno alcuna intenzione di mollare. Lo abbiamo capito dalla pioggia di messaggi queste ultime, difficili, ore: e anche di questa vi ringraziamo.
Dopo aver promosso assemblee, dato battaglia nei propri partiti, coinvolto esperienze civiche e comitati o lavorato con determinazione a far collaborare persone diverse in nome di un obiettivo comune, l’impegno di tante e tanti continua: perché solo le spinte dal basso possono modificare uno spartito già scritto, e sorprendere tutti.
Mentre la sinistra che già c’è continua il proprio cammino, purtroppo solitario, in tanti continueranno a dare battaglia nella società, nelle associazioni e anche nei partiti per invertire la rotta, e iniziare dar corpo e forza alla sinistra che non c’è ancora, e di cui questo Paese ha tremendamente bisogno.
Grazie a voi tutti, e scusatemi per tutti i miei errori e i miei limiti,
Tomaso Montanari
http://www.perlademocraziaeluguaglianza ... ripartire/
L’assemblea generale del percorso del Brancaccio convocata a Roma per sabato prossimo, 18 novembre, è annullata. Mi scuso personalmente con tutti coloro che, non di rado con sacrificio, hanno già acquistato il biglietto del treno o dell’aereo.
E mi scuso con tutti i cittadini che sarebbero venuti a discutere la redazione finale del progetto di Paese che è uscito dalle Cento Piazze per il Programma.
Il fatto è che sono sparite una ad una, nelle ultime ore, le condizioni minime per tenere un’assemblea democratica e per pensare che l’itinerario del Brancaccio possa arrivare a raggiungere il suo scopo.
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Ricordo quale fosse il progetto del Brancaccio, nelle parole della relazione di apertura che ho pronucniato nell’assemblea del 18 giugno: «Se fossimo convinti che la forma partito è sufficiente, oggi non saremmo qua: non si tratta di rifare una lista arcobaleno con una spruzzata di società civile. C’è forte l’esigenza di qualcosa di nuovo, e di qualcosa di più grande. Lo diciamo con le parole di Gustavo Zagrebelsky: è necessaria la “più vasta possibile unione che sorga fuori dei confini dei partiti tradizionali tra persone che avvertano l’urgenza del momento e non siano mosse da interessi, né tantomeno, da risentimenti personali: come servizio nei confronti dei tanti sfiduciati nella politica e nella democrazia”». Un’alleanza tra cittadini e partiti, dunque.
Ma oggi sento il dovere di denunciare pubblicamente che i vertici
dei partiti della Sinistra hanno deciso che, semplicemente,
non vogliono questa unione più vasta possibile.
Non vogliono questa alleanza con chi sta fuori dal loro controllo.
I segretari di Mdp, Possibile e Sinistra italiana hanno scelto un leader. E questo ha ‘risolto’ tutti i problemi: nella migliore tradizione messianica italiana.
Poi hanno lanciato un’assemblea, che si sta costruendo come una spartizione di delegati tra partiti, con equilibri attentamente predeterminati. E per di più un’assemblea che potrà decidere, sì e no, il nome e il simbolo della lista: ma non certo la leadership (scelta a priori, dall’alto e dal dentro), non il programma (collage di quelli dei partiti), non le liste (saldamente in mano alle segreterie). Un teatro, che copre l’obiettivo reale: rieleggere la fetta più grande possibile degli attuali gruppi parlamentari. Vorrei molto essere smentito: ma ho fortissimi argomenti per credere che, quando saranno note le liste, tutti potranno constatare che le cose stanno proprio così.
Certo non me lo auguro, ma temo che questa inerziale riedizione nazionale della coalizione che in Sicilia ha sostenuto Claudio Fava (per di più senza Rifondazione Comunista) non avrà un enorme successo elettorale.
È anche per questo che quella dei vertici di Mdp, Possibile e Sinistra italiana a me pare una scelta drammaticamente miope. Non è nemmeno più questione di ‘alto e basso’, o di ‘vecchio e nuovo’: la logica è quella per cui chi è ‘dentro’ il sistema della politica professionale si chiude ermeticamente verso chi è ‘fuori’.
È la logica del partito che garantisce se stesso. E il partito che è stato lasciato fuori dall’accordo, Rifondazione Comunista, ha reagito in modo identico. Dopo aver sostanzialmente preso in ostaggio l’assemblea provinciale del Brancaccio a Torino, Rifondazione ha fatto capire di voler fare altrettanto con quella del 18 a Roma: «prendiamoci il Brancaccio», si è letto sui social.
Non ci sono, dunque, le condizioni minime di lealtà e serenità per garantirvi che l’assemblea non si trasformi in un campo di battaglia tra iscritti a diversi partiti.
In quella assemblea avremmo voluto chiedere, pubblicamente e con forza, come ultima possibilità di una unione più vasta fuori dai confini dei partiti, l’adozione di un percorso veramente democratico (in cui fossero contendibili la leadership, il programma, i criteri di innovazione per le liste): quel percorso dettagliato che avevamo mandato ai responsabili di Mdp, Possibile e Sinistra italiana, senza peraltro ottenere risposta. Rifondazione Comunista (l’unico partito che a questo punto avrebbe partecipato all’assemblea) ci ha annunciato che, invece, avrebbe preteso di votare su una proposta incompatibile con il senso stesso del Brancaccio: e cioè quella di porre condizioni agli altri partiti, come se fossimo un’altra forza politica in cerca di alleanze.
E invece no: il Brancaccio non è una componente. È uno stile, un metodo, un modo di fare politica. Avrebbe avuto successo se fosse riuscito ad essere il motore di un’alleanza tra partiti e forze civiche, tra iscritti a partiti e cittadini senza tessera, non uno strumento per fare alleanze
A questo punto lo scopo del Brancaccio, lo scopo per cui vi avevamo convocati a Roma, è irraggiungibile in ogni caso: e non saremmo responsabili se non dicessimo che un’assemblea senza più nulla da decidere sarebbe solo un rissoso palcoscenico offerto all’impeto autodistruttivo dell’ultimo partito rimasto. L’unica cosa che potrebbe essere partorita ora, infatti, sarebbe una piccola lista di Rifondazione, riverniciata di civismo: ma il Brancaccio era un percorso per una vasta alleanza civica che tenesse insieme i partiti e andasse ben oltre. Qualunque risultato diverso da questo tradirebbe il mandato condiviso da tutti noi: non può e non deve finire con una seconda lista improvvisata, destinata all’irrilevanza e alla coltivazione del risentimento.
È per questo che oggi scendo dal famoso ‘autobus’. Lo avevo promesso a tutti voi, il 18 giugno: «questa ‘cosa’ nasce per ambire a percentuali a due cifre: perché ambisce a recuperare una parte dell’astensione di sinistra. E se dovesse ridursi a una lista arcobaleno con davanti le sagome della cosiddetta ‘società civile’ saremo i primi a dire che il tentativo è fallito». Ecco: oggi, lealmente, vi dico che è così.
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Se almeno un successo possiamo riconoscerci è stato quello di aver parlato una lingua nuova, radicale, diretta.
Di aver saputo indicare con forza le contraddizioni insanabili del progetto che partì da Piazza Santi Apostoli il 1° luglio. Di aver denunciato la follia di un centrosinistra composto con il Pd; e di aver indicato con forza la necessità di un quarto polo di sinistra radicalmente alternativo a tutto il resto.
Ebbene, questa prospettiva è stata vincente: anche per merito della presenza inedita e indiscreta del Brancaccio. A dimostrarlo è il testo della ‘lettera di intenti’ che è stata sostanzialmente ‘imposta’ a Mdp, e alla cui redazione abbiamo contribuito in modo decisivo (nel pieno rispetto del mandato del 18 giugno: quello di verificare le condizioni per una lista unica e credibile).
Quel testo demolisce tutti i ‘risultati’ del centrosinistra, e anzi impegna a ribaltarli: delineando il profilo di una sinistra radicale in Italia.
Dopo questo indiscutibile successo, è però subito arrivata la totale chiusura sul percorso democratico e sull’innovazione delle liste.
E questo è per noi inaccettabile. Perché in un’assemblea costituita con metodo democratico, cioè veramente libera dal controllo dei partiti, avremmo chiesto con forza 4 vincoli: la presenza nei posti concretamente eleggibili della lista proporzionale di un 50% di donne; di un 30 % di under 40; di un 50% di candidati mai stati in Parlamento; e infine la non candidabilità di chi ha avuto ruoli di governo.
Sono sicuro che un’assemblea libera avrebbe considerato con interesse queste minime prove di credibilità. Prove di credibilità necessarie, perché se versi il vino nuovo in otri vecchi, e compromessi, accade quel che accade in queste ore: mentre si annuncia una forza politica di Sinistra alternativa al Pd, si legge che Bersani tratta in segreto con Renzi un’alleanza di fatto. Vero, falso? Un dilemma che non esisterebbe se la guida fosse rinnovata, e democraticamente scelta.
Ma non ci arrendiamo: la forza del manifesto su cui avrebbe potuto fondarsi una lista davvero nuova era la forza del progetto di Italia che è venuto fuori dalle cento assemblee del programma.
Quello che, nella nostra ingenuità, avremmo voluto discutere e approvare il 18: prima di essere travolti dall’onda del cinismo del ceto politico.
È per questo che ci impegniamo a restituirvi tutti i materiali che ci avete inviato, rifusi in un progetto unitario che potremo discutere pubblicamente, insieme, in un incontro che fisseremo nei prossimi mesi: per misurare su quel metro radicale i programmi delle liste che andranno alle elezioni.
E per ripartire da lì.
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Perché vogliamo ripartire. Innanzitutto comprendendo fino in fondo i nostri errori.
Lo diciamo con sincerità: se non siamo riusciti a condurre in porto il nostro progetto non è solo a causa del cieco egoismo dei partiti.
Il 18 giugno avevamo detto: «C’è chi teme che i partiti controllino questo processo, come burattinai da dietro le quinte. Questo rischio esiste. E l’esito di questo processo dipende tutto da quanti saremo, e da quanto determinati saremo. Vogliamo costruire una vera ‘azione popolare’. Ma ci riusciremo solo se la partecipazione senza tessere sarà così ampia da superare di molte volte quella degli iscritti ai partiti. Una lista di cittadinanza a sinistra: questo vogliamo costruire».
Ebbene: non è stato così. Le nostre assemblee in tutta Italia sono state tante, bellissime, importanti. E non abbiamo parole per ringraziare tutti coloro che hanno investito il loro tempo e la loro passione in questa breve stagione di entusiasmo civico e politico.
Ma – noi due per primi – non siamo stati capaci di ‘travolgere’ i partiti suscitando un’ondata di partecipazione nuova e senza etichette. Se nessuno dei segretari di partito cui ci siamo rivolti ha compreso minimamente la vitale importanza di cedere sovranità a un progetto più grande, è stato perché il popolo della sinistra non li ha costretti a farlo con la forza della partecipazione.
Eppure – nonostante tutti questi fatali limiti – in questi mesi abbiamo sentito spirare un vento nuovo: in quanti ce lo avete detto, e scritto!
Ebbene, vorremmo che questo spirito, questo entusiasmo che non si vedeva da tanto tempo, continui a soffiare. Anzi vorremmo riuscire a contagiare più cittadini possibile.
Per questo abbiamo Anna ed io abbiamo costituito un’associazione, che si chiama Democrazia ed Eguaglianza, ed è in quella associazione che, subito dopo le elezioni, vogliamo riprendere il cammino, organizzandoci e moltiplicandoci.
Accogliendo tutti coloro che vorranno partecipare: donne e uomini, con o senza tessere politiche o associative in tasca. Ma senza un ruolo dei partiti come tali, e senza i loro apparati, questa volta: perché sbagliando si impara. Intendiamoci: tanti, anche nei partiti, si sono impegnati con generosità in questo percorso, convinti che la funzione delle proprie forze politiche fosse quella di convergere insieme a tutti gli altri in un unico spazio comune e democratico. Ma queste aspirazioni sono state tradite dai vertici di quegli stessi partiti.
Come dicono parole antiche, piene di saggezza profetica: «non apparteniamo oggi ad una città stabile: lavoriamo per costruire la città futura».
È dunque l’ora di costruire una Sinistra dal basso, una coalizione sociale e civica. Per costruirla sulle strade, nelle periferie, nelle povertà. Attraverso la reciprocità e la cooperazione. Per costruirla con la conoscenza, la critica, la capacità di accendere e collegare tanti fuochi di azione popolare. Per metterla in grado, quando sarà il momento, di riportare nei comuni e in Parlamento il popolo italiano. Per attuare la Costituzione, per rovesciare il tavolo delle diseguaglianze, per invertire la rotta.
Ora serve inevitabilmente un impegno di medio periodo: per questo c’è l’associazione, e ci sarà un nuovo cammino da affrontare insieme.
Ma il percorso, così come lo avevamo proposto al Brancaccio e discusso insieme, non c’è più. Questo non vuol dire che si debba cedere alla rassegnazione. Nonostante la situazione in cui siamo, in tante e tanti non hanno alcuna intenzione di mollare. Lo abbiamo capito dalla pioggia di messaggi queste ultime, difficili, ore: e anche di questa vi ringraziamo.
Dopo aver promosso assemblee, dato battaglia nei propri partiti, coinvolto esperienze civiche e comitati o lavorato con determinazione a far collaborare persone diverse in nome di un obiettivo comune, l’impegno di tante e tanti continua: perché solo le spinte dal basso possono modificare uno spartito già scritto, e sorprendere tutti.
Mentre la sinistra che già c’è continua il proprio cammino, purtroppo solitario, in tanti continueranno a dare battaglia nella società, nelle associazioni e anche nei partiti per invertire la rotta, e iniziare dar corpo e forza alla sinistra che non c’è ancora, e di cui questo Paese ha tremendamente bisogno.
Grazie a voi tutti, e scusatemi per tutti i miei errori e i miei limiti,
Tomaso Montanari
http://www.perlademocraziaeluguaglianza ... ripartire/
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Re: BRANCACCIO: Una idea fortemente avversata... eppure...
Un amico anziano, di fronte ad accadimenti incomprensibili che lasciano perplessi, conclude spesso e volentieri, sostenendo che in fondo l'uomo persegue certi comportamenti perchè è un animale.
Ma oggi sento il dovere di denunciare pubblicamente che i vertici
dei partiti della Sinistra hanno deciso che, semplicemente,
non vogliono questa unione più vasta possibile.
Non vogliono questa alleanza con chi sta fuori dal loro controllo.
Quanto sopra, gli dà ragione.
L'uomo, quando avverte il pericolo tende ad unirsi per affrontarlo.
Cessato l'allarme, torna ad essere il qualunquista di sempre.
La storia patria degli ultimi ottant'anni ce lo dimostra.
Bisogna attendere qualcosa di grosso e straordinario perchè metta da parte il cazzeggio ordinario di cui oggi è afflitto.
Ma oggi sento il dovere di denunciare pubblicamente che i vertici
dei partiti della Sinistra hanno deciso che, semplicemente,
non vogliono questa unione più vasta possibile.
Non vogliono questa alleanza con chi sta fuori dal loro controllo.
Quanto sopra, gli dà ragione.
L'uomo, quando avverte il pericolo tende ad unirsi per affrontarlo.
Cessato l'allarme, torna ad essere il qualunquista di sempre.
La storia patria degli ultimi ottant'anni ce lo dimostra.
Bisogna attendere qualcosa di grosso e straordinario perchè metta da parte il cazzeggio ordinario di cui oggi è afflitto.
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Re: BRANCACCIO: Una idea fortemente avversata... eppure...
IL LAVORO DEL TAVOLO A QUATTRO PER UN PROGRAMMA COMUNE DELLA SINISTRA
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Di Andrea Pertici Quaderni 13 novembre 2017
Come abbiamo scritto ormai alcuni mesi fa, la ricostruzione della sinistra passa attraverso la definizione delle cose da fare, con concretezza, superando asfittiche discussioni sulle appartenenze. È ciò che vogliamo fare che definisce ciò che siamo. È del resto la stessa Costituzione che, affermando il fondamento sul lavoro della nostra Repubblica, ci dice che a contare deve essere ciò che facciamo.
Possibile – come noto – ha scelto questa soluzione elaborando il Manifesto, in un percorso partecipato, a partire dalla Costituente delle idee, svoltasi a Roma dal 24 al 26 gennaio 2017, per proseguire con un confronto diretto tra i partecipanti alle diverse discussioni tematiche, e quindi al Politicamp di Reggio Emilia dal 14 al 16 luglio, fino alla presentazione del testo a Milano il 16 settembre. Tutte queste occasioni hanno visto l’apporto di grandi competenze e l’ascolto e il contributo di esponenti di altre forze politiche di sinistra che sono intervenuti.
Con questo programma – come ha detto e ripetuto il segretario Civati sin dall’inizio di quest’anno – Possibile intendeva sedersi a un tavolo con le altre forze della sinistra, al fine di costruire una proposta comune, per presentarsi insieme alle prossime elezioni politiche, come richiesto dagli iscritti a Possibile, anche a seguito di una votazione on line. Non, quindi, una semplice somma di partiti o movimenti, ma una proposta in grado di restituire un’alternativa a molti elettori.
La decisione dei segretari o coordinatori di diversi soggetti politici di sinistra di avviare un tavolo di confronto programmatico per la redazione di un primo documento comune ha rappresentato, quindi, l’approdo da mesi auspicato da Possibile, come più volte indicato da Pippo Civati.
Il segretario di Possibile mi ha chiesto di portare il nostro contributo a quel tavolo, dove – come già emerso da alcune notizie di stampa – sedevano anche un esponente di Mdp (l’on. Guglielmo Epifani), un esponente di SI (l’on. Giovanni Paglia) e un esponente dell’Alleanza popolare per la democrazia e l’uguaglianza (il prof. Tomaso Montanari).
Il lavoro svolto ha prodotto un documento composto di una parte introduttiva, anticipata il 7 novembre da Huffington Post e da una parte in cui sono indicati in breve alcuni primi punti programmatici. Si tratta di una prima stesura, certamente da integrare e migliorare, rispetto alla quale ciascuno ha rinunciato a qualcosa e accettato la presenza di punti o espressioni probabilmente non pienamente condivisi. Al momento in cui il documento è stato reso pubblico c’era un alto livello di condivisione della parte introduttiva, mentre sulla parte successiva permaneva qualche distanza in più, che pareva comunque superabile, anche essendo ben chiaro a tutti che il lavoro deve proseguire.
A me pare che questo primo tratto del percorso sia stato proficuo, avendo dimostrato che, nel merito delle questioni, sono più gli aspetti condivisi che gli elementi di distanza, fermo restando che lavorare insieme significa anche saper sacrificare qualcosa. Questo è lo spirito con il quale ci siamo seduti a quel tavolo e con cui ci continueremo a sedere, certi che insieme saremo meglio i grado di trovare le risposte a molte richieste che sono state ignorate per troppi anni e che riguardano la maggioranza delle persone. A questo deve mirare la nostra proposta di governo alla quale continuiamo a lavorare (per quanto riguarda Possibile anche grazie al lavoro fatto con il contributo di molte e di molti al Manifesto).
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Di Andrea Pertici Quaderni 13 novembre 2017
Come abbiamo scritto ormai alcuni mesi fa, la ricostruzione della sinistra passa attraverso la definizione delle cose da fare, con concretezza, superando asfittiche discussioni sulle appartenenze. È ciò che vogliamo fare che definisce ciò che siamo. È del resto la stessa Costituzione che, affermando il fondamento sul lavoro della nostra Repubblica, ci dice che a contare deve essere ciò che facciamo.
Possibile – come noto – ha scelto questa soluzione elaborando il Manifesto, in un percorso partecipato, a partire dalla Costituente delle idee, svoltasi a Roma dal 24 al 26 gennaio 2017, per proseguire con un confronto diretto tra i partecipanti alle diverse discussioni tematiche, e quindi al Politicamp di Reggio Emilia dal 14 al 16 luglio, fino alla presentazione del testo a Milano il 16 settembre. Tutte queste occasioni hanno visto l’apporto di grandi competenze e l’ascolto e il contributo di esponenti di altre forze politiche di sinistra che sono intervenuti.
Con questo programma – come ha detto e ripetuto il segretario Civati sin dall’inizio di quest’anno – Possibile intendeva sedersi a un tavolo con le altre forze della sinistra, al fine di costruire una proposta comune, per presentarsi insieme alle prossime elezioni politiche, come richiesto dagli iscritti a Possibile, anche a seguito di una votazione on line. Non, quindi, una semplice somma di partiti o movimenti, ma una proposta in grado di restituire un’alternativa a molti elettori.
La decisione dei segretari o coordinatori di diversi soggetti politici di sinistra di avviare un tavolo di confronto programmatico per la redazione di un primo documento comune ha rappresentato, quindi, l’approdo da mesi auspicato da Possibile, come più volte indicato da Pippo Civati.
Il segretario di Possibile mi ha chiesto di portare il nostro contributo a quel tavolo, dove – come già emerso da alcune notizie di stampa – sedevano anche un esponente di Mdp (l’on. Guglielmo Epifani), un esponente di SI (l’on. Giovanni Paglia) e un esponente dell’Alleanza popolare per la democrazia e l’uguaglianza (il prof. Tomaso Montanari).
Il lavoro svolto ha prodotto un documento composto di una parte introduttiva, anticipata il 7 novembre da Huffington Post e da una parte in cui sono indicati in breve alcuni primi punti programmatici. Si tratta di una prima stesura, certamente da integrare e migliorare, rispetto alla quale ciascuno ha rinunciato a qualcosa e accettato la presenza di punti o espressioni probabilmente non pienamente condivisi. Al momento in cui il documento è stato reso pubblico c’era un alto livello di condivisione della parte introduttiva, mentre sulla parte successiva permaneva qualche distanza in più, che pareva comunque superabile, anche essendo ben chiaro a tutti che il lavoro deve proseguire.
A me pare che questo primo tratto del percorso sia stato proficuo, avendo dimostrato che, nel merito delle questioni, sono più gli aspetti condivisi che gli elementi di distanza, fermo restando che lavorare insieme significa anche saper sacrificare qualcosa. Questo è lo spirito con il quale ci siamo seduti a quel tavolo e con cui ci continueremo a sedere, certi che insieme saremo meglio i grado di trovare le risposte a molte richieste che sono state ignorate per troppi anni e che riguardano la maggioranza delle persone. A questo deve mirare la nostra proposta di governo alla quale continuiamo a lavorare (per quanto riguarda Possibile anche grazie al lavoro fatto con il contributo di molte e di molti al Manifesto).
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