Come se ne viene fuori ?
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Re: Come se ne viene fuori ?
LA DOMANDA DIVENTA UN OBBLIGO, PER QUESTO FORUM.
“IMPERATIVA E CATEGORICA” DIREBBE LA BUONANIMA DI BENITO.
COME SE NE VIENE FUORI????????????????????????
UNA MANDRIA DI POLTRONISTI AD OLTRANZA LOTTA PER LA CONSERVAZIONE DEL PROPRIO CADREGHINO CHE RENDE ANCORA ASSAI ASSAI.
E GLI ITALIANI CHE NON SANNO PIU’ DOVE SBATTERE LA TESTA.
NON SANNO PIU’ CHI SCEGLIERE, NON SANNO PIU’ CHI VOTARE.
PENSARE CHE SI POSSANO AUTORIFORMARE, E’ COME CREDERE DI ASPETTARE BABBO NATALE NELLA SERA DEL 24 DICEMBRE PER OFFRIRGLI UN PO’ DI LATTE CALDO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
RIPETO: “COME SE NE VIENE FUORI?”
“IMPERATIVA E CATEGORICA” DIREBBE LA BUONANIMA DI BENITO.
COME SE NE VIENE FUORI????????????????????????
UNA MANDRIA DI POLTRONISTI AD OLTRANZA LOTTA PER LA CONSERVAZIONE DEL PROPRIO CADREGHINO CHE RENDE ANCORA ASSAI ASSAI.
E GLI ITALIANI CHE NON SANNO PIU’ DOVE SBATTERE LA TESTA.
NON SANNO PIU’ CHI SCEGLIERE, NON SANNO PIU’ CHI VOTARE.
PENSARE CHE SI POSSANO AUTORIFORMARE, E’ COME CREDERE DI ASPETTARE BABBO NATALE NELLA SERA DEL 24 DICEMBRE PER OFFRIRGLI UN PO’ DI LATTE CALDO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
RIPETO: “COME SE NE VIENE FUORI?”
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Re: Come se ne viene fuori ?
SPETTATORI DELLA DECOMPOSIZIONE DELLA REPUBBLICA - LA LUNGA AGONIA
Come puoi spiegare agli italiani in quale situazione della storia patria ci troviamo?
E’ come parlare al vento o a un muro.
Insisto, quindi, su quanto raccontavano i vecchi milanesi a proposito dei due ubriachi che all’una di notte camminavano lungo i binari del tram in Via Vitruvio.(Via di Milano che porta alla Stazione Centrale)
In lontananza vedevano una piccola luce.
Il meno ubriaco dei due, dice :” E’ un tram”
L’altro ribatte: “No, non è un tram”
E così discutono per dieci minuti camminando lungo i binari “Sì, è un tram”, “No, non è un tram”.
Fino a quando il tram se lo sono sentiti sul muso.
Gli italiani si comportano alle stesso modo.
Fino a quando non prendono la tranvata in faccia non si accorgono di quanto accade.
E di conseguenza, accadrà.
26 nov 2017 10:43
SALVIAMO SCALFARI DAI SUOI ‘COMPAGNI’!
- LETTERACCIA DI ZAGREBELSKY E GLI ALTRI DI ‘LIBERTÀ E GIUSTIZIA’ ALL’ICONA DI ‘REP’: ‘CARO EUGENIO, SIAMO RIMASTI SBALORDITI RISPETTO ALLA TUA PREFERENZA PER BERLUSCONI RISPETTO A DI MAIO. NOI CHE PER TANTI ANNI ABBIAMO CONDIVISO CON IL GRUPPO ESPRESSO-REPUBBLICA BATTAGLIE E CONVINZIONI, IN QUELLA TUA DICHIARAZIONE NON CI RICONOSCIAMO. SIAMO MOLTO DELUSI…’
Paolo Bracalini per ‘il Giornale’
Con una semplice frase Eugenio Scalfari si sta rovinando tutte le amicizie. Da saggio venerabile a vecchio rimbambito reazionario il passo è lungo, eppure basta aver detto «tra Berlusconi e Di Maio sceglierei Berlusconi» per colmarlo in un lampo.
Il fondatore di Repubblica nell'ordine è stato: redarguito dalla stessa Repubblica, accusato di essere un vecchio fascista da Flores d'Arcais di Micromega (famiglia Espresso), sbertucciato dai grillini e dal Fatto.
Mancavano solo gli amici di Libertà e Giustizia, il prestigioso club di intellettuali già firmatari di innumerevoli appelli lanciati proprio dalla Repubblica di Scalfari, ma eccoli rispondere all'appello.
«Caro Eugenio, noi di Libertà e Giustizia siamo rimasti sbalorditi dalla tua dichiarata preferenza per Berlusconi, rispetto a Luigi Di Maio, in vista delle prossime elezioni. Non riusciamo a comprendere e tantomeno ad accettare come una figura con la tua storia di giornalista e di intellettuale possa dimenticare cosa ha rappresentato Berlusconi per il nostro paese» scrivono in una lettera aperta - con una nota di dolore mista ad indignazione per il tradimento del «Caro Eugenio» - gli illustri consiglieri di presidenza di Libertà e Giustizia.
Ovvero Gustavo Zagrebelsky, Sandra Bonsanti, Tomaso Montanari, Nadia Urbinati, Lorenza Carlassare, Roberta De Monticelli, Paul Ginsborg, Elisabetta Rubini, Valentina Pazé, Salvatore Settis. Tutti «repubblicones» della prima ora, come ricordano loro stessi, ancora ribadendo - se Scalfari non l'avesse afferrata - tutta l'incredulità per l'esternazione filo-Berlusconi del loro ex sodale di battaglie politiche.
«Noi di Libertà e Giustizia, che per tanti anni abbiamo condiviso con il Gruppo Espresso-Repubblica battaglie e convinzioni, in quella tua dichiarazione non ci riconosciamo proprio, né ci riesce di ridimensionare la nostra delusione». La storia di Libertà e Giustizia in effetti è intrecciata in modo inestricabile con quella di Repubblica, fondata da Scalfari.
L' editore Carlo De Benedetti è uno dei soci fondatori di LeG, Sandra Bonsanti - assunta a Repubblica proprio da Scalfari - è stata una firma del quotidiano, come pure altri dei consiglieri di LeG delusi da Scalfari: da Settis a Montanari a Ginsborg al sommo costituzionalista Zagrebelsky («l' amico Zagrebelsky» con cui Scalfari già duellò sul referendum di Renzi).
Un piccolo dramma nel mondo di Repubblica che ha appena cambiato grafica e inventato un nuovo carattere tipografico, chiamandolo Eugenio proprio in onore suo. Nel caso insistesse, si fa sempre in tempo a cambiarlo.
Come puoi spiegare agli italiani in quale situazione della storia patria ci troviamo?
E’ come parlare al vento o a un muro.
Insisto, quindi, su quanto raccontavano i vecchi milanesi a proposito dei due ubriachi che all’una di notte camminavano lungo i binari del tram in Via Vitruvio.(Via di Milano che porta alla Stazione Centrale)
In lontananza vedevano una piccola luce.
Il meno ubriaco dei due, dice :” E’ un tram”
L’altro ribatte: “No, non è un tram”
E così discutono per dieci minuti camminando lungo i binari “Sì, è un tram”, “No, non è un tram”.
Fino a quando il tram se lo sono sentiti sul muso.
Gli italiani si comportano alle stesso modo.
Fino a quando non prendono la tranvata in faccia non si accorgono di quanto accade.
E di conseguenza, accadrà.
26 nov 2017 10:43
SALVIAMO SCALFARI DAI SUOI ‘COMPAGNI’!
- LETTERACCIA DI ZAGREBELSKY E GLI ALTRI DI ‘LIBERTÀ E GIUSTIZIA’ ALL’ICONA DI ‘REP’: ‘CARO EUGENIO, SIAMO RIMASTI SBALORDITI RISPETTO ALLA TUA PREFERENZA PER BERLUSCONI RISPETTO A DI MAIO. NOI CHE PER TANTI ANNI ABBIAMO CONDIVISO CON IL GRUPPO ESPRESSO-REPUBBLICA BATTAGLIE E CONVINZIONI, IN QUELLA TUA DICHIARAZIONE NON CI RICONOSCIAMO. SIAMO MOLTO DELUSI…’
Paolo Bracalini per ‘il Giornale’
Con una semplice frase Eugenio Scalfari si sta rovinando tutte le amicizie. Da saggio venerabile a vecchio rimbambito reazionario il passo è lungo, eppure basta aver detto «tra Berlusconi e Di Maio sceglierei Berlusconi» per colmarlo in un lampo.
Il fondatore di Repubblica nell'ordine è stato: redarguito dalla stessa Repubblica, accusato di essere un vecchio fascista da Flores d'Arcais di Micromega (famiglia Espresso), sbertucciato dai grillini e dal Fatto.
Mancavano solo gli amici di Libertà e Giustizia, il prestigioso club di intellettuali già firmatari di innumerevoli appelli lanciati proprio dalla Repubblica di Scalfari, ma eccoli rispondere all'appello.
«Caro Eugenio, noi di Libertà e Giustizia siamo rimasti sbalorditi dalla tua dichiarata preferenza per Berlusconi, rispetto a Luigi Di Maio, in vista delle prossime elezioni. Non riusciamo a comprendere e tantomeno ad accettare come una figura con la tua storia di giornalista e di intellettuale possa dimenticare cosa ha rappresentato Berlusconi per il nostro paese» scrivono in una lettera aperta - con una nota di dolore mista ad indignazione per il tradimento del «Caro Eugenio» - gli illustri consiglieri di presidenza di Libertà e Giustizia.
Ovvero Gustavo Zagrebelsky, Sandra Bonsanti, Tomaso Montanari, Nadia Urbinati, Lorenza Carlassare, Roberta De Monticelli, Paul Ginsborg, Elisabetta Rubini, Valentina Pazé, Salvatore Settis. Tutti «repubblicones» della prima ora, come ricordano loro stessi, ancora ribadendo - se Scalfari non l'avesse afferrata - tutta l'incredulità per l'esternazione filo-Berlusconi del loro ex sodale di battaglie politiche.
«Noi di Libertà e Giustizia, che per tanti anni abbiamo condiviso con il Gruppo Espresso-Repubblica battaglie e convinzioni, in quella tua dichiarazione non ci riconosciamo proprio, né ci riesce di ridimensionare la nostra delusione». La storia di Libertà e Giustizia in effetti è intrecciata in modo inestricabile con quella di Repubblica, fondata da Scalfari.
L' editore Carlo De Benedetti è uno dei soci fondatori di LeG, Sandra Bonsanti - assunta a Repubblica proprio da Scalfari - è stata una firma del quotidiano, come pure altri dei consiglieri di LeG delusi da Scalfari: da Settis a Montanari a Ginsborg al sommo costituzionalista Zagrebelsky («l' amico Zagrebelsky» con cui Scalfari già duellò sul referendum di Renzi).
Un piccolo dramma nel mondo di Repubblica che ha appena cambiato grafica e inventato un nuovo carattere tipografico, chiamandolo Eugenio proprio in onore suo. Nel caso insistesse, si fa sempre in tempo a cambiarlo.
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Re: Come se ne viene fuori ?
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Il Sole 24 Ore: votate pure, intanto lo Stato non esiste più
Scritto il 29/11/17 • nella Categoria: idee Condividi
In un paese come l’Italia, anestetizzato e abbindolato dalla propaganda e dalla disinformazione, non si è ancora capito in quale baratro ci hanno portato. E – per quanto possa sembrare incredibile – non lo hanno capito nemmeno quelli che ci hanno trascinato quaggiù. Intendo la classe politica. Infatti, alla vigilia della corsa elettorale, sui giornali si leggono annunci di programmi mirabolanti che stanno per essere sfornati dai diversi schieramenti: dal taglio delle tasse alle pensioni, dal reddito di cittadinanza ai finanziamenti allo stato sociale, dai fondi per la scuola a quelli per lottare contro la disoccupazione fino al ritorno del famoso articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori. Bene. C’è solo un problema: le chiavi e il portafoglio di casa nostra sono ormai in mano ad altri. In Italia non governano più gli italiani. In maniera molto chiara – quasi brutale – lo ha fatto presente Sergio Fabbrini in un inciso del suo editoriale pubblicato dal “Sole 24 Ore”, dove si legge: «I politici italiani continuano a pensare come se fossero all’interno di uno Stato sovrano indipendente». Attenzione, non sono parole pronunciate da un “pericoloso” sovranista, ma da un commentatore che – come il suo giornale – aderisce all’ideologia dell’Unione Europea. Rileggete quelle parole perché sono vere e drammatiche, sebbene quel commentatore – come la gran parte degli editorialisti dei giornali – ritenga tutto questo un gran progresso.
Bisognerebbe domandare agli italiani: a voi è mai stato detto che non siamo più «uno Stato sovrano indipendente»? Vi è mai stata chiesta una chiara autorizzazione a disfarsi della nostra sovranità? Vi sono mai state spiegate le conseguenze? Ci rendiamo conto che siamo praticamente sudditi della “Grande Germania” chiamata Unione Europea? Per la verità alcune voci inascoltate lo hanno gridato ai quattro venti, ma sono state fulminate sui giornali con continue accuse di sovranismo, di populismo e di nazionalismo. Oggi, in questa Italia, un Enrico Mattei verrebbe considerato un pericolo sovranista e nazionalista. Perché costruì l’Eni avendo come bussola il nostro interesse nazionale. Nel 2017 gli sarebbe impossibile. Il giornale della Confindustria ieri c’informava del «radicale cambiamento» che si è verificato ovvero che «lo Stato nazionale non esiste più in Europa» (sic!). Ripeto: non sono parole di Salvini o della Meloni, ma degli stessi europeisti. È la realtà dei fatti. Certo, in teoria è ancora in vigore l’articolo 1 della Costituzione secondo cui “la sovranità appartiene al popolo” italiano. Ma nella realtà non è più così. Lo abbiamo visto nel 2011 quando è stato rovesciato l’ultimo governo scelto dagli italiani e lo vediamo continuamente con la sottomissione alla Ue.
Quelli del centrosinistra sono stati così zelanti da andare perfino oltre ciò che l’Europa (o meglio: la Germania) chiedeva, attribuendo alle norme europee valore costituzionale. Giulio Tremonti in una intervista a “Libero” ha spiegato che «la sinistra italiana, tra il 2000 e il 2001» ha introdotto «non richiesta, nell’articolo 117 della Costituzione la formula della nostra sottomissione quando si afferma che il potere legislativo dello Stato è subordinato “ai vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario”, intendendo per ordinamento comunitario non solo i trattati, ma anche i regolamenti e le direttive europee». È un’ idea così geniale che ovviamente gli altri Stati d’ Europa si sono ben guardati dal farsela venire. I volenterosi governanti italiani sono i soli ad averla escogitata. Così siamo obbligati a recepire tutto, bail-in compreso e non importa se contraddice l’articolo 47 della nostra Costituzione sulla tutela del risparmio. Ovviamente la decisiva perdita di sovranità c’ è stata anzitutto quando abbiamo rinunciato alla nostra moneta, errore che paghiamo salatamente.
Eppure eravamo stati avvertiti anche da premi Nobel per l’ economia, come Paul Krugman, che nel 1999, sul “New York Times”, scriveva: «Adottando l’euro, l’Italia si è ridotta allo stato di una nazione del Terzo Mondo che deve prendere in prestito una moneta straniera con tutti i danni che ciò implica». Ecco la vera questione: non siamo più uno Stato sovrano e indipendente, non abbiamo più una moneta e ci vengono imposte delle politiche e delle norme che fanno l’interesse nazionale altrui, non il nostro. Ci hanno ridotto a un “fake Stato”. Una colonia. La classe politica che ci ha portato a questo punto, e che adesso fischietta distrattamente facendo finta che esista ancora uno Stato italiano sovrano e indipendente, deve rendere ragione di questa follia, alla luce dei risultati devastanti di questi anni. Se le elezioni non affrontano questo problema saranno soltanto un altro modo per prendere in giro un popolo che è stato impoverito, ingannato, tradito ed espropriato perfino della sua sovranità.
(Antonio Socci, “In Italia non governano più gli italiani ma l’Europa, e non fa il nostro interesse”, dal quotidiano “Libero” del 21 novembre 2017).
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Il Sole 24 Ore: votate pure, intanto lo Stato non esiste più
Scritto il 29/11/17 • nella Categoria: idee Condividi
In un paese come l’Italia, anestetizzato e abbindolato dalla propaganda e dalla disinformazione, non si è ancora capito in quale baratro ci hanno portato. E – per quanto possa sembrare incredibile – non lo hanno capito nemmeno quelli che ci hanno trascinato quaggiù. Intendo la classe politica. Infatti, alla vigilia della corsa elettorale, sui giornali si leggono annunci di programmi mirabolanti che stanno per essere sfornati dai diversi schieramenti: dal taglio delle tasse alle pensioni, dal reddito di cittadinanza ai finanziamenti allo stato sociale, dai fondi per la scuola a quelli per lottare contro la disoccupazione fino al ritorno del famoso articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori. Bene. C’è solo un problema: le chiavi e il portafoglio di casa nostra sono ormai in mano ad altri. In Italia non governano più gli italiani. In maniera molto chiara – quasi brutale – lo ha fatto presente Sergio Fabbrini in un inciso del suo editoriale pubblicato dal “Sole 24 Ore”, dove si legge: «I politici italiani continuano a pensare come se fossero all’interno di uno Stato sovrano indipendente». Attenzione, non sono parole pronunciate da un “pericoloso” sovranista, ma da un commentatore che – come il suo giornale – aderisce all’ideologia dell’Unione Europea. Rileggete quelle parole perché sono vere e drammatiche, sebbene quel commentatore – come la gran parte degli editorialisti dei giornali – ritenga tutto questo un gran progresso.
Bisognerebbe domandare agli italiani: a voi è mai stato detto che non siamo più «uno Stato sovrano indipendente»? Vi è mai stata chiesta una chiara autorizzazione a disfarsi della nostra sovranità? Vi sono mai state spiegate le conseguenze? Ci rendiamo conto che siamo praticamente sudditi della “Grande Germania” chiamata Unione Europea? Per la verità alcune voci inascoltate lo hanno gridato ai quattro venti, ma sono state fulminate sui giornali con continue accuse di sovranismo, di populismo e di nazionalismo. Oggi, in questa Italia, un Enrico Mattei verrebbe considerato un pericolo sovranista e nazionalista. Perché costruì l’Eni avendo come bussola il nostro interesse nazionale. Nel 2017 gli sarebbe impossibile. Il giornale della Confindustria ieri c’informava del «radicale cambiamento» che si è verificato ovvero che «lo Stato nazionale non esiste più in Europa» (sic!). Ripeto: non sono parole di Salvini o della Meloni, ma degli stessi europeisti. È la realtà dei fatti. Certo, in teoria è ancora in vigore l’articolo 1 della Costituzione secondo cui “la sovranità appartiene al popolo” italiano. Ma nella realtà non è più così. Lo abbiamo visto nel 2011 quando è stato rovesciato l’ultimo governo scelto dagli italiani e lo vediamo continuamente con la sottomissione alla Ue.
Quelli del centrosinistra sono stati così zelanti da andare perfino oltre ciò che l’Europa (o meglio: la Germania) chiedeva, attribuendo alle norme europee valore costituzionale. Giulio Tremonti in una intervista a “Libero” ha spiegato che «la sinistra italiana, tra il 2000 e il 2001» ha introdotto «non richiesta, nell’articolo 117 della Costituzione la formula della nostra sottomissione quando si afferma che il potere legislativo dello Stato è subordinato “ai vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario”, intendendo per ordinamento comunitario non solo i trattati, ma anche i regolamenti e le direttive europee». È un’ idea così geniale che ovviamente gli altri Stati d’ Europa si sono ben guardati dal farsela venire. I volenterosi governanti italiani sono i soli ad averla escogitata. Così siamo obbligati a recepire tutto, bail-in compreso e non importa se contraddice l’articolo 47 della nostra Costituzione sulla tutela del risparmio. Ovviamente la decisiva perdita di sovranità c’ è stata anzitutto quando abbiamo rinunciato alla nostra moneta, errore che paghiamo salatamente.
Eppure eravamo stati avvertiti anche da premi Nobel per l’ economia, come Paul Krugman, che nel 1999, sul “New York Times”, scriveva: «Adottando l’euro, l’Italia si è ridotta allo stato di una nazione del Terzo Mondo che deve prendere in prestito una moneta straniera con tutti i danni che ciò implica». Ecco la vera questione: non siamo più uno Stato sovrano e indipendente, non abbiamo più una moneta e ci vengono imposte delle politiche e delle norme che fanno l’interesse nazionale altrui, non il nostro. Ci hanno ridotto a un “fake Stato”. Una colonia. La classe politica che ci ha portato a questo punto, e che adesso fischietta distrattamente facendo finta che esista ancora uno Stato italiano sovrano e indipendente, deve rendere ragione di questa follia, alla luce dei risultati devastanti di questi anni. Se le elezioni non affrontano questo problema saranno soltanto un altro modo per prendere in giro un popolo che è stato impoverito, ingannato, tradito ed espropriato perfino della sua sovranità.
(Antonio Socci, “In Italia non governano più gli italiani ma l’Europa, e non fa il nostro interesse”, dal quotidiano “Libero” del 21 novembre 2017).
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Re: Come se ne viene fuori ?
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di Giuseppe Franco
Nonostante le norme di legge in tema di apologia del fascismo, siamo testimoni di un nefasto incremento di manifestazioni nostalgiche che vecchi e nuovi “camerati” inscenano in alcune piazze, stadi, nei siti cimiteriali di alcune città e adesso anche nelle sedi delle associazioni umanitarie. Di conseguenza, nelle metropoli è sempre più frequente scorgere croci uncinate sui muri di edifici istituzionali o scolastici.
Vuoti di memoria? No. La proliferazione di queste espressioni apologetiche è da individuare nella negligenza dei governi che, in un’impropria e pericolosa deroga ai dettami costituzionali, non hanno mai garantito che talune reminiscenze nazionalsocialiste, e conseguenti proselitismi, non avessero più luogo, strizzando l’occhio alle forze reazionarie borghesi, con le quali i governi privi di spina dorsale, hanno sempre stretto accordi.
01:33
Invece, in occasione di altre manifestazioni attuate da movimenti politici giovanili, si notano schieramenti di poliziotti in assetto antisommossa che, guarda caso, entrano sempre in azione con i loro manganelli pur non palesandosi molto spesso la necessità. Queste celebrazioni apologetiche non sono bravate folcloristiche, ma vicende di cui si sottovalutano i rischi perché espressioni di una cultura antisemita non più latente, anzi diffusa.
Viene quindi spontaneo domandarsi cosa hanno prodotto le annuali celebrazioni nel giorno della memoria della Shoah? Se assistiamo a questa recrudescenza delle simbologie antisemite, significa che le attività informative che scaturiscono il 27 gennaio di ogni anno, soprattutto nei luoghi scolastici, non sono sufficienti al fine di affinare una coscienza e memoria storica, in quanto non suffragate dalla coerenza delle istituzioni di governo, chiamate a far rispettare le leggi: in tal caso, a nessuno si concederebbe di marciare in camicia nera con le aquile o i motti in carattere gotico cuciti sul petto, permettendo i continui richiami ai fatti più detestabili della storia dell’umanità: la pulizia etnica.
È auspicabile che, oltre agli esercizi di retorica dei politici presso le sinagoghe nel giorno della Shoah, tutti i cittadini in possesso di un forte senso civico e di quella responsabilità che le classi dirigenti non sanno o non vogliono esprimere, si adoperino costantemente in ogni sede non istituzionale, ma con spirito costituzionale, a educare i cittadini più giovani a comprendere il significato sociale e politico emerso dalla esperienza del Terzo Reich e di quella connessa allo squadrismo dei fasci di combattimento.
https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/1 ... a/4008556/
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Nonostante le norme di legge in tema di apologia del fascismo, siamo testimoni di un nefasto incremento di manifestazioni nostalgiche che vecchi e nuovi “camerati” inscenano in alcune piazze, stadi, nei siti cimiteriali di alcune città e adesso anche nelle sedi delle associazioni umanitarie. Di conseguenza, nelle metropoli è sempre più frequente scorgere croci uncinate sui muri di edifici istituzionali o scolastici.
Vuoti di memoria? No. La proliferazione di queste espressioni apologetiche è da individuare nella negligenza dei governi che, in un’impropria e pericolosa deroga ai dettami costituzionali, non hanno mai garantito che talune reminiscenze nazionalsocialiste, e conseguenti proselitismi, non avessero più luogo, strizzando l’occhio alle forze reazionarie borghesi, con le quali i governi privi di spina dorsale, hanno sempre stretto accordi.
01:33
Invece, in occasione di altre manifestazioni attuate da movimenti politici giovanili, si notano schieramenti di poliziotti in assetto antisommossa che, guarda caso, entrano sempre in azione con i loro manganelli pur non palesandosi molto spesso la necessità. Queste celebrazioni apologetiche non sono bravate folcloristiche, ma vicende di cui si sottovalutano i rischi perché espressioni di una cultura antisemita non più latente, anzi diffusa.
Viene quindi spontaneo domandarsi cosa hanno prodotto le annuali celebrazioni nel giorno della memoria della Shoah? Se assistiamo a questa recrudescenza delle simbologie antisemite, significa che le attività informative che scaturiscono il 27 gennaio di ogni anno, soprattutto nei luoghi scolastici, non sono sufficienti al fine di affinare una coscienza e memoria storica, in quanto non suffragate dalla coerenza delle istituzioni di governo, chiamate a far rispettare le leggi: in tal caso, a nessuno si concederebbe di marciare in camicia nera con le aquile o i motti in carattere gotico cuciti sul petto, permettendo i continui richiami ai fatti più detestabili della storia dell’umanità: la pulizia etnica.
È auspicabile che, oltre agli esercizi di retorica dei politici presso le sinagoghe nel giorno della Shoah, tutti i cittadini in possesso di un forte senso civico e di quella responsabilità che le classi dirigenti non sanno o non vogliono esprimere, si adoperino costantemente in ogni sede non istituzionale, ma con spirito costituzionale, a educare i cittadini più giovani a comprendere il significato sociale e politico emerso dalla esperienza del Terzo Reich e di quella connessa allo squadrismo dei fasci di combattimento.
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Re: Come se ne viene fuori ?
UncleTom ha scritto:IlFattoQuotidiano.it / / BLOG di Sostenitore
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Vuoti di memoria? No. La proliferazione di queste espressioni apologetiche è da individuare nella negligenza dei governi che, in un’impropria e pericolosa deroga ai dettami costituzionali, non hanno mai garantito che talune reminiscenze nazionalsocialiste, e conseguenti proselitismi, non avessero più luogo, strizzando l’occhio alle forze reazionarie borghesi, con le quali i governi privi di spina dorsale, hanno sempre stretto accordi.
01:33
Invece, in occasione di altre manifestazioni attuate da movimenti politici giovanili, si notano schieramenti di poliziotti in assetto antisommossa che, guarda caso, entrano sempre in azione con i loro manganelli pur non palesandosi molto spesso la necessità. Queste celebrazioni apologetiche non sono bravate folcloristiche, ma vicende di cui si sottovalutano i rischi perché espressioni di una cultura antisemita non più latente, anzi diffusa.
Viene quindi spontaneo domandarsi cosa hanno prodotto le annuali celebrazioni nel giorno della memoria della Shoah? Se assistiamo a questa recrudescenza delle simbologie antisemite, significa che le attività informative che scaturiscono il 27 gennaio di ogni anno, soprattutto nei luoghi scolastici, non sono sufficienti al fine di affinare una coscienza e memoria storica, in quanto non suffragate dalla coerenza delle istituzioni di governo, chiamate a far rispettare le leggi: in tal caso, a nessuno si concederebbe di marciare in camicia nera con le aquile o i motti in carattere gotico cuciti sul petto, permettendo i continui richiami ai fatti più detestabili della storia dell’umanità: la pulizia etnica.
È auspicabile che, oltre agli esercizi di retorica dei politici presso le sinagoghe nel giorno della Shoah, tutti i cittadini in possesso di un forte senso civico e di quella responsabilità che le classi dirigenti non sanno o non vogliono esprimere, si adoperino costantemente in ogni sede non istituzionale, ma con spirito costituzionale, a educare i cittadini più giovani a comprendere il significato sociale e politico emerso dalla esperienza del Terzo Reich e di quella connessa allo squadrismo dei fasci di combattimento.
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L’OVRA HA CANCELLATO IL TITOLO MENTRE PROVVEDEVO ALL’INGRANDIMENTO
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Nuovi fascismi, non sono vuoti di memoria
di Sostenitore | 29 novembre 2017
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Re: Come se ne viene fuori ?
OSSERVATE L'OVRA
L'Istantanea
di Antonello Caporale | 29 novembre 2017
28
243
Debutta oggi una nuova rubrica de ilfattoquotidiano.it. Ogni mattina Antonello Caporale offrirà una prima lettura, istantanea appunto, su un fatto di giornata, su una foto-simbolo, su un personaggio o un evento. Si parte con il caso degli skinhead che fanno irruzione nella sede di un’associazione che aiuta i migranti a Como.
Un fascista è per sempre. Prima agiva al coperto, preferendo la notte al giorno. Ha provato con la luce e ha visto l’effetto che faceva sfilando in corteo. Ad Ostia ha proseguito con una operazione simpatia, offrendo pacchi alimentari agli sventurati. Successone elettorale! E allora ha ripreso la via maestra e ieri a Como l’irruzione in un’assemblea per illustrare il decalogo del buon patriota. Ha però tenuto le mani a posto. Resta l’ultimo scatto d’orgoglio: la prova del manganello. Chissà domani.
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Debutta oggi una nuova rubrica de ilfattoquotidiano.it. Ogni mattina Antonello Caporale offrirà una prima lettura, istantanea appunto, su un fatto di giornata, su una foto-simbolo, su un personaggio o un evento. Si parte con il caso degli skinhead che fanno irruzione nella sede di un’associazione che aiuta i migranti a Como.
Un fascista è per sempre. Prima agiva al coperto, preferendo la notte al giorno. Ha provato con la luce e ha visto l’effetto che faceva sfilando in corteo. Ad Ostia ha proseguito con una operazione simpatia, offrendo pacchi alimentari agli sventurati. Successone elettorale! E allora ha ripreso la via maestra e ieri a Como l’irruzione in un’assemblea per illustrare il decalogo del buon patriota. Ha però tenuto le mani a posto. Resta l’ultimo scatto d’orgoglio: la prova del manganello. Chissà domani.
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Re: Come se ne viene fuori ?
[quote="UncleTom"]OSSERVATE L'OVRA
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di Antonello Caporale | 29 novembre 2017
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Debutta oggi una nuova rubrica de ilfattoquotidiano.it. Ogni mattina Antonello Caporale offrirà una prima lettura, istantanea appunto, su un fatto di giornata, su una foto-simbolo, su un personaggio o un evento. Si parte con il caso degli skinhead che fanno irruzione nella sede di un’associazione che aiuta i migranti a Como.
Un fascista è per sempre. Prima agiva al coperto, preferendo la notte al giorno. Ha provato con la luce e ha visto l’effetto che faceva sfilando in corteo. Ad Ostia ha proseguito con una operazione simpatia, offrendo pacchi alimentari agli sventurati. Successone elettorale! E allora ha ripreso la via maestra e ieri a Como l’irruzione in un’assemblea per illustrare il decalogo del buon patriota. Ha però tenuto le mani a posto. Resta l’ultimo scatto d’orgoglio: la prova del manganello. Chissà domani.
L'Istantanea
di Antonello Caporale | 29 novembre 2017
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Debutta oggi una nuova rubrica de ilfattoquotidiano.it. Ogni mattina Antonello Caporale offrirà una prima lettura, istantanea appunto, su un fatto di giornata, su una foto-simbolo, su un personaggio o un evento. Si parte con il caso degli skinhead che fanno irruzione nella sede di un’associazione che aiuta i migranti a Como.
Un fascista è per sempre. Prima agiva al coperto, preferendo la notte al giorno. Ha provato con la luce e ha visto l’effetto che faceva sfilando in corteo. Ad Ostia ha proseguito con una operazione simpatia, offrendo pacchi alimentari agli sventurati. Successone elettorale! E allora ha ripreso la via maestra e ieri a Como l’irruzione in un’assemblea per illustrare il decalogo del buon patriota. Ha però tenuto le mani a posto. Resta l’ultimo scatto d’orgoglio: la prova del manganello. Chissà domani.
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Re: Come se ne viene fuori ?
L’istantanea di Antonello Caporale – Un fascista è per sempre
https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/1 ... e/4008631/
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Re: Come se ne viene fuori ?
UncleTom ha scritto:UncleTom ha scritto:IlFattoQuotidiano.it / / BLOG di Sostenitore
POLITICA
di Sostenitore | 29 novembre 2017
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di Giuseppe Franco
Nonostante le norme di legge in tema di apologia del fascismo, siamo testimoni di un nefasto incremento di manifestazioni nostalgiche che vecchi e nuovi “camerati” inscenano in alcune piazze, stadi, nei siti cimiteriali di alcune città e adesso anche nelle sedi delle associazioni umanitarie. Di conseguenza, nelle metropoli è sempre più frequente scorgere croci uncinate sui muri di edifici istituzionali o scolastici.
Vuoti di memoria? No. La proliferazione di queste espressioni apologetiche è da individuare nella negligenza dei governi che, in un’impropria e pericolosa deroga ai dettami costituzionali, non hanno mai garantito che talune reminiscenze nazionalsocialiste, e conseguenti proselitismi, non avessero più luogo, strizzando l’occhio alle forze reazionarie borghesi, con le quali i governi privi di spina dorsale, hanno sempre stretto accordi.
01:33
Invece, in occasione di altre manifestazioni attuate da movimenti politici giovanili, si notano schieramenti di poliziotti in assetto antisommossa che, guarda caso, entrano sempre in azione con i loro manganelli pur non palesandosi molto spesso la necessità. Queste celebrazioni apologetiche non sono bravate folcloristiche, ma vicende di cui si sottovalutano i rischi perché espressioni di una cultura antisemita non più latente, anzi diffusa.
Viene quindi spontaneo domandarsi cosa hanno prodotto le annuali celebrazioni nel giorno della memoria della Shoah? Se assistiamo a questa recrudescenza delle simbologie antisemite, significa che le attività informative che scaturiscono il 27 gennaio di ogni anno, soprattutto nei luoghi scolastici, non sono sufficienti al fine di affinare una coscienza e memoria storica, in quanto non suffragate dalla coerenza delle istituzioni di governo, chiamate a far rispettare le leggi: in tal caso, a nessuno si concederebbe di marciare in camicia nera con le aquile o i motti in carattere gotico cuciti sul petto, permettendo i continui richiami ai fatti più detestabili della storia dell’umanità: la pulizia etnica.
È auspicabile che, oltre agli esercizi di retorica dei politici presso le sinagoghe nel giorno della Shoah, tutti i cittadini in possesso di un forte senso civico e di quella responsabilità che le classi dirigenti non sanno o non vogliono esprimere, si adoperino costantemente in ogni sede non istituzionale, ma con spirito costituzionale, a educare i cittadini più giovani a comprendere il significato sociale e politico emerso dalla esperienza del Terzo Reich e di quella connessa allo squadrismo dei fasci di combattimento.
https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/1 ... a/4008556/
L’OVRA HA CANCELLATO IL TITOLO MENTRE PROVVEDEVO ALL’INGRANDIMENTO
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POLITICA
Nuovi fascismi, non sono vuoti di memoria
di Sostenitore | 29 novembre 2017
20 commenti
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Gabriello Castellazzi✔ Sostenitore ● 3 ore fa
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Questo video è molto più istruttivo di tanti discorsi. L'atteggiamento arrogante e prevaricatore che ha come logica conseguenza il disprezzo per gli esseri umani.
neosanchez✔ Sostenitore ● 8 ore fa
Giustissimo il commento pubblicato. Purtroppo i fasci e le croci uncinate richiamano alla memoria le vittime della shoah legate al scorso secolo ma, nulla hanno a che vedere con la nuova corrente nazi-fascista (anche se da li traggono le origini) che fa leva su un malessere e malumore più contemporaneo, la paura dello straniero.
E' evidente che il problema dell'imigrazione, già irrisolto dai precedenti governi italici nel periodo pre-unione europea, è diventato ingestito anche dai governi europei, interessati solo a questioni economiche e di profitti.
La demonizazione dell'invasione islamica sta producendo fantasmi nelle persone comuni e i cori anti-immigrati che questi squadristi intonano vengono giustificati dall'intolleranza che si sta diffondendo nel popolo.
stefano roma ● un'ora fa
Può essere che le modalità con cui questi giovani sono entrati e si sono trattenuti (non voluti) dai buonisti di professione integri il reato di violenza privata e/o violazione di domicilio...suciramente non c'è nessuna violenza fisica né minaccia e la lettura del breve manifestino sembra richiamare i pensierini letti in parrocchia o alla zecchino d'oro...
quanto ai contenuti ...gli skin hanno semplicemente detto quello che la maggiorate delle persone pensa, pur non essendo necessariamente fascista...
sostituzione etnica, distruzione delle diversità, sottoproletari che aumento a danno della classe media, sempre più sfruttabili da oligarchie di gente sempre più ricca abbassamento del costo del lavoro...tutti concetti paradossalmente anche di sinistra ,,,che però oggi ripete una "nenia" che fa cosi: ci pagheranno le pensioni, l'abbiamo fatto anche noi, fanno i lavori che non vogliamo fare, sono fenomeni epocali, non è invasione, ecc
RICCARDONE ● 7 ore fa
Finché la politica monetaria occidentale verterà su:
-bassi salari
-disoccupazione strutturale
-tasso d'interesse basso
= AUSTERITY (=Euro ma so che molti non saranno d'accordo. Per il momento.)
Sorgerà il Fascismo.
È una costante: cosa mando' Hitler al potere? L'iperinflazione cattiva come dicono i bugiardi? No, perché essa fini' nel 33, mentre Hitler sali' al potere nel '39, visto che è una balla?
INVECE quello che non raccontano perché senno' si fa 2+2 è che il decrepito Hindemburg fece come Napolitano: appunto' un governo "tecnico" che implemento' AUSTERITY, cioè ESATTAMENTE quanto sta accadendo ora.
Vittorio Mannelli ● 8 ore fa
Mio nonno mi raccontava di quei bravi ragazzi vestiti di nero con manganelli e olio di ricino che democraticamente parlavano alla gente dei loro ideali giusti e corretti e, fra un discorso e un altro gli facevano assaggiare sia il manganello e, anche un pó di olio di ricino, cosi tanto per vedere se si convincevano.
Poi mi ha anche insegnato come risolvere il problema !
temistocle ● 8 ore fa
credo proprio che il fascismo sia altra cosa, io sono piuttosto anziano e la mia famiglia per il fascismo ha molto sofferto.
però quel vecchio comunista reduce da mauthausen che era il mio povero padre, non si preoccuperebbe di questo, che anche io relego a folklore.
si preoccuperebbe molto di più invece di cosa sia restato del suo partito, diviso, fatto di incompetenti presentatori di libri nei salotti buoni, di dirigenti lontani dai problemi della gente come dalla luna,
di centri sociali composti da lazzaroni sfasciatutto, che vengono difesi dalla sinistra.
si preoccperebbe del fatto che i maggiori danni ai lavoratori sono venuti da coloro che dovrebbero difenderli, di gente che sventola una bandiera rossa, senza aver mai lavorato in vita propria, e parla di lavoro infangando quella bandiera. questa pseudo-sinistra ha lasciato un vuoto che ora è colmato dalla destra, e lo ha lasciato per volontà propria. ora con i buoi scappati corre ai ripari, facendo ancora più danni.
può essere che come dice un commentatore sotto, la mancanza di cultura di base faccia la sua parte, ma a sinistra ha lasciato, e anzi aiutato a togliere dignità al lavoro, inseguendo la destra sul suo campo, ora la destra intercetta bisogni e paure, e la sinistra con le sue politiche non fa che fomentarle. non si dolga del rinascere dei simboli fascisti, ma della mancanza di simboli e di capacità dall'altra parte, che fu anche la mia parte.
Disfattaquotidiana ↪ temistocle ● 6 ore fa
Ho letto due volte il suo commento, non avrebbe potuto scrivere meglio. Chapeau.
karagul ↪ temistocle ● 7 ore fa
Io non sono anziano e non ho quindi memoria di quello che poteva essere il fascismo in Italia. Pero` voglio dirle che secondo me lei ha colto nel segno, questo e` il vero problema non solo della sinistra Italiana ma di tutta l'Italia. E non avrei saputo dirlo meglio.
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The caster ● 9 ore fa
Quindi, per l'autore, il Fascismo si identifica con l'antisemitismo.
Che ci sia una componente antisemita nelle zucche vuote di quei ragazzotti con teste e cervelli
rasati non c'è dubbio, ma è semplificatorio, mistificatorio e fuorviante illuminare col faro dell'indignazione solo quell'aspetto, tutto sommato di scarsissima rilevanza pratica.
Il Fascismo VERO, quello che incide profondamente nella nostra vita di tutti i giorni, non veste
giubbotti di pelle nera, non si rasa, non si riempie di tatuaggi e non va in giro a spaccar nasi a
testate.
Il Fascimo VERO si nasconde, si mimetizza, veste giacca e cravatta e non va in giro col manganello ma con la ventiquattr'ore.
Quei poveri affannati mentali, che giocano a fare i duri, servono egregiamente come schermo e paravento per raccogliere l'indignazione dei Veri Democratici che così non si accorgono di ciò
che fanno a loro danno i Veri Fascisti nascosti nell'ombra.
L'articolo del sostenitore Franco mi sembra scritto da chi vede la parte emersa dell'iceberg e
non riesce ad immaginare che la parte sommersa sia molto... molto più grande e complessa.
alvik47✔ Sostenitore ↪ The caster ● 5 ore fa
tutto vero.
Ciò non toglie però che questi buzzurri vanno fermati.
GolanTrevize ● 9 ore fa
Condivido l'avversione per il fascismo e tutto ciò che rappresenta però la legge contro l'apologia di fascismo no, ritengo debba esserci lo spazio per manifestare il proprio pensiero, per quanto criticabile (nei limiti del buon senso ovviamente).
Infatti la legge contro l'apologia di fascismo non viene praticamente mai applicata e questo è un raro esempio di buon senso che resiste ancora oggi.
Bisogna avere il coraggio di combattere le idee sbagliate con le idee giuste, non con la repressione, perchè ricordatevi che Stato, Costituzione e Leggi non sono al di sopra di tutto, non siamo più ai tempi del comunismo e del fascismo e delle monarchie, prima vengono i diritti naturali degli individui e soltanto poi tutto il resto.
alvik47✔ Sostenitore ↪ GolanTrevize ● 5 ore fa
i limiti del buonsenso sono stati ampiamente superati.
Spartacus69 ● 9 ore fa
Il fascismo nasce in contesti e periodi di crisi ma trova terreno fertile tra persone con zero cultura. E' questo il problema principale in Italia oltre alla crisi economica: l'assoluta mancanza di stimolare i giovani a studiare storia, filosofia, arte, ecc ecc.
karagul ↪ Spartacus69 ● 7 ore fa
Mi spiace ma qui dissento. Purtroppo i fascisti non sono solo quelli rasati con le giubbe nere che spesso si rendono solo ridicoli. Ci sono fior di fascisti nella classe alto borghese e imprenditoriale Italiana, intelligenti e preparati, spesso collusi con i politici di turno. L'arte, la cultura e nemmeno la scienza hanno alcun effetto su chi la rifiuta o addirittura la schernisce.
Spartacus69 ↪ karagul ● 7 ore fa
Sì ma qui per cultura intendo aver letto talmente tanti libri (ma non parlo di testi universitari... non parlo di nozionismo, attenzione), di aver conosciuto (e spesso amato) persone di culture lontane dalla "nostra", quindi aver viaggiato tanto, scoperto arti e realtà lontanissime dalla mia, esserci entrati anche solo parzialmente, ecc ecc. Cose che ho avuto la fortuna di fare nonostante la mia educazione ultraconservatrice e che mi ha reso allergico a qualsiasi forma di dittatura (compresa quella odierna capitalistica).
Vittorio Mannelli ↪ Spartacus69 ● 8 ore fa
concordo in pieno totale mancanza di cultura.
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Re: Come se ne viene fuori ?
Ero indeciso se postarlo nella Nazione Marcia o in Come se ne viene fuori?
Poi ho deciso in quest'ultima perché indica una via, se vogliamo uscire fuori dobbiamo smettere di essere furbi e ridiventare Italiani, con quella creatività, quell'amore del bello che ci contraddistingue.
Chissà se ripartiamo dai colori, forse possiamo riprenderci.
da www.ilpost.it
Luciano Benetton sulla crisi di Benetton: «Ci siamo sconfitti da soli»
Uno dei quattro fratelli fondatori ha parlato delle difficoltà della società, presentando un tentativo di rilancio con una nuova campagna di comunicazione di Oliviero Toscani
Luciano Benetton, il più anziano dei quattro fratelli fondatori dell’omonimo marchio di abbigliamento, ha raccontato a Repubblica che per rilanciare l’azienda, in difficoltà da anni, ha realizzato una campagna nuova campagna di marketing insieme al fotografo Oliviero Toscani, che in passato aveva creato alcune campagne entrate nella storia della pubblicità. Nell’intervista Benetton ha criticato con forza la gestione degli anni passati. «Nel 2008 avevo lasciato l’azienda con 155 milioni di euro di attivo e la riprendo con gli 81 milioni di passivo del 2016», ha raccontato Benetton. «E quest’anno sarà peggio. Per me è un dolore intollerabile».
Secondo Benetton, la responsabilità è dei manager che gli sono succeduti alla guida della società: «La gestione è stata malavitosa, ma non in senso criminale. Il bilancio è in rosso e gli errori sono incomprensibili. Come se chi governava l’azienda l’avesse fatto apposta». Gli amministratori della società, ha continuato, «hanno smesso di fabbricare i maglioni. È come se avessero tolto l’acqua a un acquedotto. Ho visto cappotti alla russa, con il doppiopetto, il bavero largo, le spalle grosse… di colore grigio sporco. Pensi che hanno chiuso le tin-to-rie!». Suo figlio, Alessandro, è stato presidente del gruppo dal 2012 fino al 2014 e poi membro del consiglio d’amministrazione della società fino alle sue dimissioni nel novembre dell’anno scorso.
Benetton è stato uno dei marchi di abbigliamento più innovativi nel corso degli anni Ottanta e Novanta e i guadagni della società sono stati reinvestiti dalla famiglia in una serie di attività, la più redditizia delle quali sono le autostrade. Negli ultimi anni Benetton ha sofferto molto la concorrenza di società più dinamiche, come Zara ed H&M, venendo superata per volume d’affari e numero di punti vendita anche in Italia. Per dimensioni è una delle società meno importanti del gruppo, ma Benetton ha fatto capire di essere ancora molto legato al marchio, pur ammettendo la difficoltà del momento.
«Mentre gli altri ci imitavano, la United Colors spegneva i suoi colori. Ci siamo sconfitti da soli. I negozi, che erano pozzi di luce, sono diventati bui e tristi come quelli della Polonia comunista. E parlo di Milano, Roma, Parigi… Abbiamo chiuso in Sudamerica e negli Usa»
Per rilanciare il marchio, Fabrica, la società creativa del Gruppo Benetton, ha realizzato una campagna di marketing insieme a Toscani. Da come ne ha parlato nell'intervista, però, sembra che Benetton non abbia semplicemente intenzione di lavorare a una serie di nuovi spot: «Stiamo anche preparando un prodotto nuovo, rifacciamo i negozi, studiamo i colori, ci riorganizziamo», e aggiunge: «Vedrà che troveremo i giovani giusti. Staneremo le intelligenze dovunque si trovino, a cominciare dagli immigrati che sono una ricchezza d’energia. Li chiameremo a Fabrica a studiare e a lavorare con noi. E in poco tempo torneremo a colorare il mondo».
Poi ho deciso in quest'ultima perché indica una via, se vogliamo uscire fuori dobbiamo smettere di essere furbi e ridiventare Italiani, con quella creatività, quell'amore del bello che ci contraddistingue.
Chissà se ripartiamo dai colori, forse possiamo riprenderci.
da www.ilpost.it
Luciano Benetton sulla crisi di Benetton: «Ci siamo sconfitti da soli»
Uno dei quattro fratelli fondatori ha parlato delle difficoltà della società, presentando un tentativo di rilancio con una nuova campagna di comunicazione di Oliviero Toscani
Luciano Benetton, il più anziano dei quattro fratelli fondatori dell’omonimo marchio di abbigliamento, ha raccontato a Repubblica che per rilanciare l’azienda, in difficoltà da anni, ha realizzato una campagna nuova campagna di marketing insieme al fotografo Oliviero Toscani, che in passato aveva creato alcune campagne entrate nella storia della pubblicità. Nell’intervista Benetton ha criticato con forza la gestione degli anni passati. «Nel 2008 avevo lasciato l’azienda con 155 milioni di euro di attivo e la riprendo con gli 81 milioni di passivo del 2016», ha raccontato Benetton. «E quest’anno sarà peggio. Per me è un dolore intollerabile».
Secondo Benetton, la responsabilità è dei manager che gli sono succeduti alla guida della società: «La gestione è stata malavitosa, ma non in senso criminale. Il bilancio è in rosso e gli errori sono incomprensibili. Come se chi governava l’azienda l’avesse fatto apposta». Gli amministratori della società, ha continuato, «hanno smesso di fabbricare i maglioni. È come se avessero tolto l’acqua a un acquedotto. Ho visto cappotti alla russa, con il doppiopetto, il bavero largo, le spalle grosse… di colore grigio sporco. Pensi che hanno chiuso le tin-to-rie!». Suo figlio, Alessandro, è stato presidente del gruppo dal 2012 fino al 2014 e poi membro del consiglio d’amministrazione della società fino alle sue dimissioni nel novembre dell’anno scorso.
Benetton è stato uno dei marchi di abbigliamento più innovativi nel corso degli anni Ottanta e Novanta e i guadagni della società sono stati reinvestiti dalla famiglia in una serie di attività, la più redditizia delle quali sono le autostrade. Negli ultimi anni Benetton ha sofferto molto la concorrenza di società più dinamiche, come Zara ed H&M, venendo superata per volume d’affari e numero di punti vendita anche in Italia. Per dimensioni è una delle società meno importanti del gruppo, ma Benetton ha fatto capire di essere ancora molto legato al marchio, pur ammettendo la difficoltà del momento.
«Mentre gli altri ci imitavano, la United Colors spegneva i suoi colori. Ci siamo sconfitti da soli. I negozi, che erano pozzi di luce, sono diventati bui e tristi come quelli della Polonia comunista. E parlo di Milano, Roma, Parigi… Abbiamo chiuso in Sudamerica e negli Usa»
Per rilanciare il marchio, Fabrica, la società creativa del Gruppo Benetton, ha realizzato una campagna di marketing insieme a Toscani. Da come ne ha parlato nell'intervista, però, sembra che Benetton non abbia semplicemente intenzione di lavorare a una serie di nuovi spot: «Stiamo anche preparando un prodotto nuovo, rifacciamo i negozi, studiamo i colori, ci riorganizziamo», e aggiunge: «Vedrà che troveremo i giovani giusti. Staneremo le intelligenze dovunque si trovino, a cominciare dagli immigrati che sono una ricchezza d’energia. Li chiameremo a Fabrica a studiare e a lavorare con noi. E in poco tempo torneremo a colorare il mondo».
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«Non si discute per aver ragione, ma per capire» (Peanuts)
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