LIBERI E UGUALI
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Re: LIBERI E UGUALI
LA PLATEA
D’Alema in fila 2, Bersani in settima
I nomi storici fanno spazio al leader
L’ex premier: lui funziona perché è vero, può parlare a una platea più larga
di Monica Guerzoni
ROMAMassimo D’Alema si è scelto un posto di seconda fila, a una seggiola di distanza da Antonio Bassolino. Pier Luigi Bersani si è «nascosto» in settima, accanto al senatore Federico Fornaro. E quando Pietro Grasso, sazio di ovazioni, scende giù dal palco ad abbracciare i compagni, l’ex segretario del Pd si fa largo tra la folla e cerca con gli occhi D’Alema. Quella stretta di mano, forse persino esibita, suggella il patto tra «Pier Luigi» e «Massimo», la scelta di un passo indietro all’unisono per lasciare la guida della lista unitaria al presidente del Senato.
Pietro Grasso il «papa straniero» dei fuoriusciti dem, come fu Romano Prodi per il Pds di vent’anni fa? D’Alema non si sottrae, anzi risponde pacato: «Parliamo di persone molto diverse e di un’epoca diversa. Allora il problema era tenere assieme la sinistra e il centro, oggi invece il tema è il rapporto tra la politica e i cittadini». Perché proprio l’inquilino di Palazzo Madama e non lei, o Bersani? «Grasso è la personalità giusta per parlare a una platea più larga. Funziona, perché è vero».
Allargare il campo sconfinando nei possedimenti elettorali del Pd renziano, ecco la magnifica ossessione di D’Alema. Se nel nome «Liberi e Uguali» non c’è la parola sinistra è anche perché l’ex premier punta ad andare ben oltre le cosa rossa, sfondando il muro del 10 per cento. Gli antipatizzanti diranno che il fondatore si è auto-rottamato, lui invece si mostra a suo agio nella parte del padre nobile: «Cosa farò? Darò una mano, non ho bisogno di ritagliarmi ruoli».
E una mano di certo darà Bersani, continuando a riempire le sale su e giù per l’Italia. Le telecamere non lo mollano un attimo, i giornalisti lo pressano per intervistarlo e lui, che non vuole fare ombra all’uomo del giorno, si sottrae con un sorriso e un doppio inchino in direzione di Grasso. Un modo per ribadire, con il linguaggio del corpo, che adesso il leader è il presidente del Senato. Il passaggio di testimone avviene sotto gli occhi di tutti. Grasso scende dal palco, D’Alema lo accoglie con un «bravissimo!», Bersani gli prende le mani e gliele stringe a lungo. È a lui che l’ex magistrato deve politicamente tutto, il posto in lista nel 2013 e «l’onore indescrivibile» dell’elezione a presidente del Senato.
Per Roberto Speranza tra la vicenda di Prodi e quella di Grasso «ci sono molti tratti simili», ma il nuovo «papa» per lui non è straniero: «Fa parte della nostra storia». La «vecchia» nomenklatura resta in secondo piano. Ecco Vincenzo Visco, Fabio Mussi, Nichi Vendola, Nico Stumpo, Davide Zoggia, Stefano Fassina. Ecco Gavino Angius... Peppino Caldarola, direttore di ItalianiEuropei, non è stato invitato: «Grasso? È la solita logica, la convinzione che i post-comunisti hanno bisogno di una figura che li renda presentabili. Io ci vedo una cessione di sovranità impressionante, neppure con Prodi è stato così». Eppure Bersani si sente a casa: «Facce nuove che arrivano, facce vecchie che tornano... C’è sempre più gente che sedie, c’è sempre più pane che denti».
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D’Alema in fila 2, Bersani in settima
I nomi storici fanno spazio al leader
L’ex premier: lui funziona perché è vero, può parlare a una platea più larga
di Monica Guerzoni
ROMAMassimo D’Alema si è scelto un posto di seconda fila, a una seggiola di distanza da Antonio Bassolino. Pier Luigi Bersani si è «nascosto» in settima, accanto al senatore Federico Fornaro. E quando Pietro Grasso, sazio di ovazioni, scende giù dal palco ad abbracciare i compagni, l’ex segretario del Pd si fa largo tra la folla e cerca con gli occhi D’Alema. Quella stretta di mano, forse persino esibita, suggella il patto tra «Pier Luigi» e «Massimo», la scelta di un passo indietro all’unisono per lasciare la guida della lista unitaria al presidente del Senato.
Pietro Grasso il «papa straniero» dei fuoriusciti dem, come fu Romano Prodi per il Pds di vent’anni fa? D’Alema non si sottrae, anzi risponde pacato: «Parliamo di persone molto diverse e di un’epoca diversa. Allora il problema era tenere assieme la sinistra e il centro, oggi invece il tema è il rapporto tra la politica e i cittadini». Perché proprio l’inquilino di Palazzo Madama e non lei, o Bersani? «Grasso è la personalità giusta per parlare a una platea più larga. Funziona, perché è vero».
Allargare il campo sconfinando nei possedimenti elettorali del Pd renziano, ecco la magnifica ossessione di D’Alema. Se nel nome «Liberi e Uguali» non c’è la parola sinistra è anche perché l’ex premier punta ad andare ben oltre le cosa rossa, sfondando il muro del 10 per cento. Gli antipatizzanti diranno che il fondatore si è auto-rottamato, lui invece si mostra a suo agio nella parte del padre nobile: «Cosa farò? Darò una mano, non ho bisogno di ritagliarmi ruoli».
E una mano di certo darà Bersani, continuando a riempire le sale su e giù per l’Italia. Le telecamere non lo mollano un attimo, i giornalisti lo pressano per intervistarlo e lui, che non vuole fare ombra all’uomo del giorno, si sottrae con un sorriso e un doppio inchino in direzione di Grasso. Un modo per ribadire, con il linguaggio del corpo, che adesso il leader è il presidente del Senato. Il passaggio di testimone avviene sotto gli occhi di tutti. Grasso scende dal palco, D’Alema lo accoglie con un «bravissimo!», Bersani gli prende le mani e gliele stringe a lungo. È a lui che l’ex magistrato deve politicamente tutto, il posto in lista nel 2013 e «l’onore indescrivibile» dell’elezione a presidente del Senato.
Per Roberto Speranza tra la vicenda di Prodi e quella di Grasso «ci sono molti tratti simili», ma il nuovo «papa» per lui non è straniero: «Fa parte della nostra storia». La «vecchia» nomenklatura resta in secondo piano. Ecco Vincenzo Visco, Fabio Mussi, Nichi Vendola, Nico Stumpo, Davide Zoggia, Stefano Fassina. Ecco Gavino Angius... Peppino Caldarola, direttore di ItalianiEuropei, non è stato invitato: «Grasso? È la solita logica, la convinzione che i post-comunisti hanno bisogno di una figura che li renda presentabili. Io ci vedo una cessione di sovranità impressionante, neppure con Prodi è stato così». Eppure Bersani si sente a casa: «Facce nuove che arrivano, facce vecchie che tornano... C’è sempre più gente che sedie, c’è sempre più pane che denti».
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Re: LIBERI E UGUALI
Cinquestelle tentati dalla “Cosa rossa” di Grasso: “Pronti a un’intesa dopo il voto”
I grillini cercano sponde in caso di incarico di governo. Ma non chiudono alla Lega
ANSA
Di Maio ieri ha lanciato la nuova campagna «Rally per l’Italia» con tanto di grafica
Pubblicato il 05/12/2017
ILARIO LOMBARDO
ROMA
«Guardiamo con attenzione a Pietro Grasso. Se i sondaggi si dimostreranno più generosi con lui, si potrebbe aprire un bel ragionamento». È domenica sera. Gli smartphone di molti 5 Stelle si illuminano di messaggi WhatsApp. Luigi Di Maio è in contatto continuo con diversi parlamentari e altri fedelissimi. Grasso potrebbe essere l’uomo che il candidato premier del M5S stava aspettando.
ANSA
La premessa alle reazioni grilline all’incoronazione dell’ex pm antimafia leader della sinistra anti-Pd è una questione di numeri. Il M5S cerca un partner che abbia in dote un numero a due cifre alle elezioni. «Se Grasso lo raggiunge è possibile un’intesa». Nel vocabolario dei 5 Stelle il termine alleanze non deve esistere. Preferiscono parlare di «convergenze programmatiche». Ma per arrivarci bisogna realizzare un capolavoro non politico ma di aritmetica. I 5 Stelle sono diventati grandi appassionati di sondaggi. A oggi le proiezioni dicono 170 deputati. Loro credono di poter arrivare a 200. Calcolano che se andasse molto bene potrebbero arrivare al 35%. A quel punto la strada verso il Quirinale, per ottenere l’incarico, potrebbe essere spianata. Potrebbe. Serve appunto un altro consistente numero di seggi per la maggioranza. C’è un presupposto, però, che deve realizzarsi. E se lo stanno ripetendo ogni giorno: «Il Pd e Forza Italia insieme non devono raggiungere il 50%».
Ma - si chiederanno in tanti - nel M5S non stavano guardando a un’alleanza anti-establishment con Matteo Salvini? È così. Serve entrare nei meccanismi del pensiero politico grillino per capire le loro ambizioni. Il Movimento si sta strutturando come partito omnibus e il ventaglio di proposte sviluppate va da quelle che si sposano con i canoni della destra ad altre più di sinistra. In tal senso il viaggio in Usa di Di Maio è stato uno spartiacque. Fonti americane confermano che molto di quanto sostenuto dal grillino a Washington non è piaciuto, soprattutto sulla politica estera. Una frase, però, li ha soddisfatti. Quando Di Maio ha detto che si prenderà «la responsabilità di non lasciare il Paese nel caos». Una garanzia di stabilità che Di Maio vuole ribadire agli Usa.
C’è un metodo infatti nell’evoluzione delle sue dichiarazioni. La proposta fiscale ispirata a Donald Trump serve a persuadere il mondo produttivo del Nord, a corteggiare la piccola e media impresa. È uno sguardo a destra, per soffiare voti a Lega e Forza Italia. Poi però Di Maio ha parlato di sostegno alle famiglie, sul modello di welfare di Emmanuel Macron che non dispiace ai centristi. Infine, e qui vanno cercate le tracce di uno spostamento verso sinistra, ha ripreso a insistere su articolo 18, smantellamento di Jobs Act e Buona Scuola. Sono punti su cui la convergenza con Grasso sarebbe facile. Anche il tempismo del convegno di ieri sulle Ong non è un caso. La strategia che stanno delineando segue uno schema e si ispira a quanto avvenne 5 anni fa, a parti invertite. «Quando Bersani ci convocò per sondare le nostre intenzioni. Disse che non voleva fare alleanze ma c’era la possibilità di convergere su alcune proposte. La differenza è che ora siamo noi al centro». La parola è calzante: il M5S sta al centro, pronto a spostarsi a destra se la Lega si slegherà da Berlusconi. O ancora più facilmente a sinistra se Grasso avrà un exploit e, dicono, «svuoterà il Pd di Renzi». Si dirà: puro cinismo. Ma loro preferiscono definirla «malleabilità», o «realismo post-ideologico». Certo, la nuova fisiognomica del M5S molto deve alla spruzzata di moderatismo che ha dato Di Maio. E che permette al M5S di avere più libertà di movimento. Reddito di cittadinanza, lavoro, abolizione dei privilegi ai parlamentari, temi della giustizia: sono i nodi che potrebbero sciogliere attorno al tavolo con Grasso. «Ma senza scambi di poltrone e a condizione che il governo sia a guida Di Maio». In cambio, il M5S garantirà un esecutivo «con gente di alto profilo», si parla di «dirigenti pubblici» come ministri a cui «nessuno direbbe di no».
Ai parlamentari è piaciuta la fotografia del teatro che acclamava Grasso, con il palco lasciato libero dai leader storici. Anche perché Beppe Grillo su questo ha frenato un po’ gli entusiasmi: «Va bene tutto ma non voglio che parliamo con mostri da prima Repubblica come D’Alema». Sono diversi i senatori che vedono bene un matrimonio d’interesse con Grasso. Vito Crimi, ma anche Paola Taverna, non proprio una signora che diresti rossa di cuore, o Maurizio Buccarella. Con Grasso, un magistrato stimato per la lotta alla mafia, ci sono stati scontri in aula, a volte feroci e irridenti, come all’approvazione del Rosatellum. Ma in questi anni più volte i grillini si sono confrontati con lui, gli hanno esposto le loro frustrazioni per la «violazione del Parlamento» e «l’abuso dei decreti leggi», e dietro la terzietà istituzionale, mantenuta fino all’ultimo, hanno intravisto che il presidente del Senato su molte cose la pensava come loro: riforme costituzionali, leggi elettorali, anticorruzione. I 5 Stelle farebbero leva su questo pacchetto per superare eventuali ostacoli a un’intesa. E se sull’immigrazione gli orizzonti sembrano distanti, c’è sempre il metodo Di Maio: rendersi malleabili, pronti ad aggiustare la rotta per non dire di aver cambiato idea.
I grillini cercano sponde in caso di incarico di governo. Ma non chiudono alla Lega
ANSA
Di Maio ieri ha lanciato la nuova campagna «Rally per l’Italia» con tanto di grafica
Pubblicato il 05/12/2017
ILARIO LOMBARDO
ROMA
«Guardiamo con attenzione a Pietro Grasso. Se i sondaggi si dimostreranno più generosi con lui, si potrebbe aprire un bel ragionamento». È domenica sera. Gli smartphone di molti 5 Stelle si illuminano di messaggi WhatsApp. Luigi Di Maio è in contatto continuo con diversi parlamentari e altri fedelissimi. Grasso potrebbe essere l’uomo che il candidato premier del M5S stava aspettando.
ANSA
La premessa alle reazioni grilline all’incoronazione dell’ex pm antimafia leader della sinistra anti-Pd è una questione di numeri. Il M5S cerca un partner che abbia in dote un numero a due cifre alle elezioni. «Se Grasso lo raggiunge è possibile un’intesa». Nel vocabolario dei 5 Stelle il termine alleanze non deve esistere. Preferiscono parlare di «convergenze programmatiche». Ma per arrivarci bisogna realizzare un capolavoro non politico ma di aritmetica. I 5 Stelle sono diventati grandi appassionati di sondaggi. A oggi le proiezioni dicono 170 deputati. Loro credono di poter arrivare a 200. Calcolano che se andasse molto bene potrebbero arrivare al 35%. A quel punto la strada verso il Quirinale, per ottenere l’incarico, potrebbe essere spianata. Potrebbe. Serve appunto un altro consistente numero di seggi per la maggioranza. C’è un presupposto, però, che deve realizzarsi. E se lo stanno ripetendo ogni giorno: «Il Pd e Forza Italia insieme non devono raggiungere il 50%».
Ma - si chiederanno in tanti - nel M5S non stavano guardando a un’alleanza anti-establishment con Matteo Salvini? È così. Serve entrare nei meccanismi del pensiero politico grillino per capire le loro ambizioni. Il Movimento si sta strutturando come partito omnibus e il ventaglio di proposte sviluppate va da quelle che si sposano con i canoni della destra ad altre più di sinistra. In tal senso il viaggio in Usa di Di Maio è stato uno spartiacque. Fonti americane confermano che molto di quanto sostenuto dal grillino a Washington non è piaciuto, soprattutto sulla politica estera. Una frase, però, li ha soddisfatti. Quando Di Maio ha detto che si prenderà «la responsabilità di non lasciare il Paese nel caos». Una garanzia di stabilità che Di Maio vuole ribadire agli Usa.
C’è un metodo infatti nell’evoluzione delle sue dichiarazioni. La proposta fiscale ispirata a Donald Trump serve a persuadere il mondo produttivo del Nord, a corteggiare la piccola e media impresa. È uno sguardo a destra, per soffiare voti a Lega e Forza Italia. Poi però Di Maio ha parlato di sostegno alle famiglie, sul modello di welfare di Emmanuel Macron che non dispiace ai centristi. Infine, e qui vanno cercate le tracce di uno spostamento verso sinistra, ha ripreso a insistere su articolo 18, smantellamento di Jobs Act e Buona Scuola. Sono punti su cui la convergenza con Grasso sarebbe facile. Anche il tempismo del convegno di ieri sulle Ong non è un caso. La strategia che stanno delineando segue uno schema e si ispira a quanto avvenne 5 anni fa, a parti invertite. «Quando Bersani ci convocò per sondare le nostre intenzioni. Disse che non voleva fare alleanze ma c’era la possibilità di convergere su alcune proposte. La differenza è che ora siamo noi al centro». La parola è calzante: il M5S sta al centro, pronto a spostarsi a destra se la Lega si slegherà da Berlusconi. O ancora più facilmente a sinistra se Grasso avrà un exploit e, dicono, «svuoterà il Pd di Renzi». Si dirà: puro cinismo. Ma loro preferiscono definirla «malleabilità», o «realismo post-ideologico». Certo, la nuova fisiognomica del M5S molto deve alla spruzzata di moderatismo che ha dato Di Maio. E che permette al M5S di avere più libertà di movimento. Reddito di cittadinanza, lavoro, abolizione dei privilegi ai parlamentari, temi della giustizia: sono i nodi che potrebbero sciogliere attorno al tavolo con Grasso. «Ma senza scambi di poltrone e a condizione che il governo sia a guida Di Maio». In cambio, il M5S garantirà un esecutivo «con gente di alto profilo», si parla di «dirigenti pubblici» come ministri a cui «nessuno direbbe di no».
Ai parlamentari è piaciuta la fotografia del teatro che acclamava Grasso, con il palco lasciato libero dai leader storici. Anche perché Beppe Grillo su questo ha frenato un po’ gli entusiasmi: «Va bene tutto ma non voglio che parliamo con mostri da prima Repubblica come D’Alema». Sono diversi i senatori che vedono bene un matrimonio d’interesse con Grasso. Vito Crimi, ma anche Paola Taverna, non proprio una signora che diresti rossa di cuore, o Maurizio Buccarella. Con Grasso, un magistrato stimato per la lotta alla mafia, ci sono stati scontri in aula, a volte feroci e irridenti, come all’approvazione del Rosatellum. Ma in questi anni più volte i grillini si sono confrontati con lui, gli hanno esposto le loro frustrazioni per la «violazione del Parlamento» e «l’abuso dei decreti leggi», e dietro la terzietà istituzionale, mantenuta fino all’ultimo, hanno intravisto che il presidente del Senato su molte cose la pensava come loro: riforme costituzionali, leggi elettorali, anticorruzione. I 5 Stelle farebbero leva su questo pacchetto per superare eventuali ostacoli a un’intesa. E se sull’immigrazione gli orizzonti sembrano distanti, c’è sempre il metodo Di Maio: rendersi malleabili, pronti ad aggiustare la rotta per non dire di aver cambiato idea.
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«Non si discute per aver ragione, ma per capire» (Peanuts)
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Re: LIBERI E UGUALI
l apertura del movimento 5 stelle al movimento liberi e belli la ritengo una cosa molto importante sul piano METODOLOGICO.
ma il confronto dialettico deve svilupparsi sui contenuti :
a) politiche per la piena occupazione .
b) reddito minimo garantito
c) diritto alla salute
d) politiche per le case popolari
quindi non parole vuote a sostegno della costituzione ma prassi organizzativa e politica per la realizzazione materiale della costituzione italiana.
per il momento anche se la metodologia politica e importante sul piano dei contenuti .....aspettiamo risposte.
la questione e se questi programmi si possono fare con europa ed euro e si devono fare senza europa e senza euro.
ma il confronto dialettico deve svilupparsi sui contenuti :
a) politiche per la piena occupazione .
b) reddito minimo garantito
c) diritto alla salute
d) politiche per le case popolari
quindi non parole vuote a sostegno della costituzione ma prassi organizzativa e politica per la realizzazione materiale della costituzione italiana.
per il momento anche se la metodologia politica e importante sul piano dei contenuti .....aspettiamo risposte.
la questione e se questi programmi si possono fare con europa ed euro e si devono fare senza europa e senza euro.
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Re: LIBERI E UGUALI
LIBRE news
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Lividi e Uguali: Grasso superfluo. E solo per colpire Renzi
Scritto il 07/12/17 • nella Categoria: idee
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A sinistra, «l’odio unisce più dell’affinità, il fratricidio vince sempre sulla fratellanza». Marcello Veneziani ribattezza “Lividi e Uguali” i profughi del Pd, alleatisi con vendoliani e civatiani non per vincere, ma solo per far perdere il “nemico”. «La loro priorità – scrive Veneziani sul “Tempo” – non era chiamare a raccolta la sinistra, ma danneggiare Renzi». E allora «hanno pensato che nuocesse di più al fiorentino un leader sferico e mobile, privo di identità politica e capace di suonare il piffero per l’elettore qualunque, pescando così nel target renziano». In questo, D’Alema e Bersani «sono rimasti fieramente, ferocemente di sinistra», cioè settari e frazionisti fino all’autolesionismo. Veneziani definisce “Liberi e Uguali” un mix tra «sinistra movimentista, briciole di Rifondazione, lasciti del vecchio Pci e giovani sfigati di tristi speranze, più gloriose reliquie della Seconda Repubblica, accomunati dal disprezzo per il Vanesio Fiorentino». In fuga da un “corpo estraneo” come Renzi, «che subivano e odiavano», chi chiamano come leader? «Un altro corpo estraneo, un Papa straniero, un magistrato e uomo dell’establishment, il presidente del Senato Grasso. Uno che a giudicare dal curriculum e dalle oscillazioni, avrebbe potuto tranquillamente militare con Renzi, con Berlusconi e con chiunque altro».
Grasso, secondo Venziani, ha accettato il ruolo «perché la vanità è l’ultima a morire, e si gonfia, s’illumina d’incenso». Ma si può capire, aggiunge: «Un anno fa temeva di essere abolito insieme al Senato, e ora gli offrono di guidare un cartello intero con una visibilità assai forte. E appartenendo alla genia degli Ego-magistrati, da Di Pietro a Ingroia, da De Magistris a Emiliano, assumere un ruolo di vetrina coi gradi di comando, “sputace sopra”».
Se Grasso in fondo lo si può capire, meno comprensibili risultano loro, «i combattenti e reduci della sinistra», gli esuli dal Pd e i profughi del ciclone renziano che, «quando finalmente si fanno una casa tutta loro e possono darsi un leader di sinistra, schietto, vanno a pescare il presidente del Senato». Non la Boldrini, presidente della Camera, «che almeno è un’icona della sinistra e una custode del politicamente corretto, del tardo-femminismo e dell’antifascismo sacro». Macché, scelgono Grasso, «che con la sinistra c’entra poco o nulla».
Sempre secondo Veneziani, la sinistra aveva due possibilità: poteva scegliere un leader che rappresentasse la sua tradizione e la sua identità, magari «uno che indossa con dignità il Novecento, comunismo incluso», oppure uno che fosse «la traduzione italiana di Tsipras o degli Indignados spagnoli, una specie di postsinistra protestataria del terzo millennio». E invece, chi ti vanno a pescare? «Un Grasso che non incarna né l’una né l’altra, che non è carne né pesce, ma colesterolo allo stato grezzo. Grasso superfluo». Come spiegare questa scelta suicida? E’ l’ennesima conferma (in casa propria) di quel che sostengono gli avversari della sinistra stessa, ossia «l’incapacità di partorire una leadership chiara e distinta di sinistra». Il museo delle cere firmato Bersani e D’Alema, poi, sottolinea una volta di più il tramonto di antiche dicotomie: destra e sinistra hanno sottoscritto insieme il rigore europeo, imposto dall’oligarchia internazionale al potere. L’altra casella – vedi alla voce “democrazia progressista” – resta ancora vacante, lontana anni luce dal “grasso superflio” di Lividi e Uguali.
A sinistra, «l’odio unisce più dell’affinità, il fratricidio vince sempre sulla fratellanza». Marcello Veneziani ribattezza “Lividi e Uguali” i profughi del Pd, alleatisi con vendoliani e civatiani non per vincere, ma solo per far perdere il “nemico”. «La loro priorità – scrive Veneziani sul “Tempo” – non era chiamare a raccolta la sinistra, ma danneggiare Renzi». E allora «hanno pensato che nuocesse di più al fiorentino un leader sferico e mobile, privo di identità politica e capace di suonare il piffero per l’elettore qualunque, pescando così nel target renziano». In questo, D’Alema e Bersani «sono rimasti fieramente, ferocemente di sinistra», cioè settari e frazionisti fino all’autolesionismo. Veneziani definisce “Liberi e Uguali” un mix tra «sinistra movimentista, briciole di Rifondazione, lasciti del vecchio Pci e giovani sfigati di tristi speranze, più gloriose reliquie della Seconda Repubblica, accomunati dal disprezzo per il Vanesio Fiorentino». In fuga da un “corpo estraneo” come Renzi, «che subivano e odiavano», chi chiamano come leader? «Un altro corpo estraneo, un Papa straniero, un magistrato e uomo dell’establishment, il presidente del Senato Grasso. Uno che a giudicare dal curriculum e dalle oscillazioni, avrebbe potuto tranquillamente militare con Renzi, con Berlusconi e con chiunque altro».
Grasso, secondo Venziani, ha accettato il ruolo «perché la vanità è l’ultima a morire, e si gonfia, s’illumina d’incenso». Ma si può capire, aggiunge: «Un anno fa temeva di essere abolito insieme al Senato, e ora gli offrono di guidare un cartello intero con una visibilità assai forte. E appartenendo alla genia degli Ego-magistrati, da Di Pietro a Ingroia, da De Magistris a Emiliano, assumere un ruolo di vetrina coi gradi di comando, “sputace sopra”». Se Grasso in fondo lo si può capire, meno comprensibili risultano loro, «i combattenti e reduci della sinistra», gli esuli dal Pd e i profughi del ciclone renziano che, «quando finalmente si fanno una casa tutta loro e possono darsi un leader di sinistra, schietto, vanno a pescare il presidente del Senato». Non la Boldrini, presidente della Camera, «che almeno è un’icona della sinistra e una custode del politicamente corretto, del tardo-femminismo e dell’antifascismo sacro». Macché, scelgono Grasso, «che con la sinistra c’entra poco o nulla».
Sempre secondo Veneziani, la sinistra aveva due possibilità: poteva scegliere un leader che rappresentasse la sua tradizione e la sua identità, magari «uno che indossa con dignità il Novecento, comunismo incluso», oppure uno che fosse «la traduzione italiana di Tsipras o degli Indignados spagnoli, una specie di postsinistra protestataria del terzo millennio». E invece, chi ti vanno a pescare? «Un Grasso che non incarna né l’una né l’altra, che non è carne né pesce, ma colesterolo allo stato grezzo. Grasso superfluo». Come spiegare questa scelta suicida? E’ l’ennesima conferma (in casa propria) di quel che sostengono gli avversari della sinistra stessa, ossia «l’incapacità di partorire una leadership chiara e distinta di sinistra». Il museo delle cere firmato Bersani e D’Alema, poi, sottolinea una volta di più il tramonto di antiche dicotomie: destra e sinistra hanno sottoscritto insieme il rigore europeo, imposto dall’oligarchia internazionale al potere. L’altra casella – vedi alla voce “democrazia progressista” – resta ancora vacante, lontana anni luce dal “grasso superflio” di Lividi e Uguali.
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Lividi e Uguali: Grasso superfluo. E solo per colpire Renzi
Scritto il 07/12/17 • nella Categoria: idee
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A sinistra, «l’odio unisce più dell’affinità, il fratricidio vince sempre sulla fratellanza». Marcello Veneziani ribattezza “Lividi e Uguali” i profughi del Pd, alleatisi con vendoliani e civatiani non per vincere, ma solo per far perdere il “nemico”. «La loro priorità – scrive Veneziani sul “Tempo” – non era chiamare a raccolta la sinistra, ma danneggiare Renzi». E allora «hanno pensato che nuocesse di più al fiorentino un leader sferico e mobile, privo di identità politica e capace di suonare il piffero per l’elettore qualunque, pescando così nel target renziano». In questo, D’Alema e Bersani «sono rimasti fieramente, ferocemente di sinistra», cioè settari e frazionisti fino all’autolesionismo. Veneziani definisce “Liberi e Uguali” un mix tra «sinistra movimentista, briciole di Rifondazione, lasciti del vecchio Pci e giovani sfigati di tristi speranze, più gloriose reliquie della Seconda Repubblica, accomunati dal disprezzo per il Vanesio Fiorentino». In fuga da un “corpo estraneo” come Renzi, «che subivano e odiavano», chi chiamano come leader? «Un altro corpo estraneo, un Papa straniero, un magistrato e uomo dell’establishment, il presidente del Senato Grasso. Uno che a giudicare dal curriculum e dalle oscillazioni, avrebbe potuto tranquillamente militare con Renzi, con Berlusconi e con chiunque altro».
Grasso, secondo Venziani, ha accettato il ruolo «perché la vanità è l’ultima a morire, e si gonfia, s’illumina d’incenso». Ma si può capire, aggiunge: «Un anno fa temeva di essere abolito insieme al Senato, e ora gli offrono di guidare un cartello intero con una visibilità assai forte. E appartenendo alla genia degli Ego-magistrati, da Di Pietro a Ingroia, da De Magistris a Emiliano, assumere un ruolo di vetrina coi gradi di comando, “sputace sopra”».
Se Grasso in fondo lo si può capire, meno comprensibili risultano loro, «i combattenti e reduci della sinistra», gli esuli dal Pd e i profughi del ciclone renziano che, «quando finalmente si fanno una casa tutta loro e possono darsi un leader di sinistra, schietto, vanno a pescare il presidente del Senato». Non la Boldrini, presidente della Camera, «che almeno è un’icona della sinistra e una custode del politicamente corretto, del tardo-femminismo e dell’antifascismo sacro». Macché, scelgono Grasso, «che con la sinistra c’entra poco o nulla».
Sempre secondo Veneziani, la sinistra aveva due possibilità: poteva scegliere un leader che rappresentasse la sua tradizione e la sua identità, magari «uno che indossa con dignità il Novecento, comunismo incluso», oppure uno che fosse «la traduzione italiana di Tsipras o degli Indignados spagnoli, una specie di postsinistra protestataria del terzo millennio». E invece, chi ti vanno a pescare? «Un Grasso che non incarna né l’una né l’altra, che non è carne né pesce, ma colesterolo allo stato grezzo. Grasso superfluo». Come spiegare questa scelta suicida? E’ l’ennesima conferma (in casa propria) di quel che sostengono gli avversari della sinistra stessa, ossia «l’incapacità di partorire una leadership chiara e distinta di sinistra». Il museo delle cere firmato Bersani e D’Alema, poi, sottolinea una volta di più il tramonto di antiche dicotomie: destra e sinistra hanno sottoscritto insieme il rigore europeo, imposto dall’oligarchia internazionale al potere. L’altra casella – vedi alla voce “democrazia progressista” – resta ancora vacante, lontana anni luce dal “grasso superflio” di Lividi e Uguali.
A sinistra, «l’odio unisce più dell’affinità, il fratricidio vince sempre sulla fratellanza». Marcello Veneziani ribattezza “Lividi e Uguali” i profughi del Pd, alleatisi con vendoliani e civatiani non per vincere, ma solo per far perdere il “nemico”. «La loro priorità – scrive Veneziani sul “Tempo” – non era chiamare a raccolta la sinistra, ma danneggiare Renzi». E allora «hanno pensato che nuocesse di più al fiorentino un leader sferico e mobile, privo di identità politica e capace di suonare il piffero per l’elettore qualunque, pescando così nel target renziano». In questo, D’Alema e Bersani «sono rimasti fieramente, ferocemente di sinistra», cioè settari e frazionisti fino all’autolesionismo. Veneziani definisce “Liberi e Uguali” un mix tra «sinistra movimentista, briciole di Rifondazione, lasciti del vecchio Pci e giovani sfigati di tristi speranze, più gloriose reliquie della Seconda Repubblica, accomunati dal disprezzo per il Vanesio Fiorentino». In fuga da un “corpo estraneo” come Renzi, «che subivano e odiavano», chi chiamano come leader? «Un altro corpo estraneo, un Papa straniero, un magistrato e uomo dell’establishment, il presidente del Senato Grasso. Uno che a giudicare dal curriculum e dalle oscillazioni, avrebbe potuto tranquillamente militare con Renzi, con Berlusconi e con chiunque altro».
Grasso, secondo Venziani, ha accettato il ruolo «perché la vanità è l’ultima a morire, e si gonfia, s’illumina d’incenso». Ma si può capire, aggiunge: «Un anno fa temeva di essere abolito insieme al Senato, e ora gli offrono di guidare un cartello intero con una visibilità assai forte. E appartenendo alla genia degli Ego-magistrati, da Di Pietro a Ingroia, da De Magistris a Emiliano, assumere un ruolo di vetrina coi gradi di comando, “sputace sopra”». Se Grasso in fondo lo si può capire, meno comprensibili risultano loro, «i combattenti e reduci della sinistra», gli esuli dal Pd e i profughi del ciclone renziano che, «quando finalmente si fanno una casa tutta loro e possono darsi un leader di sinistra, schietto, vanno a pescare il presidente del Senato». Non la Boldrini, presidente della Camera, «che almeno è un’icona della sinistra e una custode del politicamente corretto, del tardo-femminismo e dell’antifascismo sacro». Macché, scelgono Grasso, «che con la sinistra c’entra poco o nulla».
Sempre secondo Veneziani, la sinistra aveva due possibilità: poteva scegliere un leader che rappresentasse la sua tradizione e la sua identità, magari «uno che indossa con dignità il Novecento, comunismo incluso», oppure uno che fosse «la traduzione italiana di Tsipras o degli Indignados spagnoli, una specie di postsinistra protestataria del terzo millennio». E invece, chi ti vanno a pescare? «Un Grasso che non incarna né l’una né l’altra, che non è carne né pesce, ma colesterolo allo stato grezzo. Grasso superfluo». Come spiegare questa scelta suicida? E’ l’ennesima conferma (in casa propria) di quel che sostengono gli avversari della sinistra stessa, ossia «l’incapacità di partorire una leadership chiara e distinta di sinistra». Il museo delle cere firmato Bersani e D’Alema, poi, sottolinea una volta di più il tramonto di antiche dicotomie: destra e sinistra hanno sottoscritto insieme il rigore europeo, imposto dall’oligarchia internazionale al potere. L’altra casella – vedi alla voce “democrazia progressista” – resta ancora vacante, lontana anni luce dal “grasso superflio” di Lividi e Uguali.
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Re: LIBERI E UGUALI
UncleTom ha scritto:LIBRE news
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Lividi e Uguali: Grasso superfluo. E solo per colpire Renzi
Scritto il 07/12/17 • nella Categoria: idee
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A sinistra, «l’odio unisce più dell’affinità, il fratricidio vince sempre sulla fratellanza». Marcello Veneziani ribattezza “Lividi e Uguali” i profughi del Pd, alleatisi con vendoliani e civatiani non per vincere, ma solo per far perdere il “nemico”. «La loro priorità – scrive Veneziani sul “Tempo” – non era chiamare a raccolta la sinistra, ma danneggiare Renzi». E allora «hanno pensato che nuocesse di più al fiorentino un leader sferico e mobile, privo di identità politica e capace di suonare il piffero per l’elettore qualunque, pescando così nel target renziano». In questo, D’Alema e Bersani «sono rimasti fieramente, ferocemente di sinistra», cioè settari e frazionisti fino all’autolesionismo. Veneziani definisce “Liberi e Uguali” un mix tra «sinistra movimentista, briciole di Rifondazione, lasciti del vecchio Pci e giovani sfigati di tristi speranze, più gloriose reliquie della Seconda Repubblica, accomunati dal disprezzo per il Vanesio Fiorentino». In fuga da un “corpo estraneo” come Renzi, «che subivano e odiavano», chi chiamano come leader? «Un altro corpo estraneo, un Papa straniero, un magistrato e uomo dell’establishment, il presidente del Senato Grasso. Uno che a giudicare dal curriculum e dalle oscillazioni, avrebbe potuto tranquillamente militare con Renzi, con Berlusconi e con chiunque altro».
Grasso, secondo Venziani, ha accettato il ruolo «perché la vanità è l’ultima a morire, e si gonfia, s’illumina d’incenso». Ma si può capire, aggiunge: «Un anno fa temeva di essere abolito insieme al Senato, e ora gli offrono di guidare un cartello intero con una visibilità assai forte. E appartenendo alla genia degli Ego-magistrati, da Di Pietro a Ingroia, da De Magistris a Emiliano, assumere un ruolo di vetrina coi gradi di comando, “sputace sopra”».
Se Grasso in fondo lo si può capire, meno comprensibili risultano loro, «i combattenti e reduci della sinistra», gli esuli dal Pd e i profughi del ciclone renziano che, «quando finalmente si fanno una casa tutta loro e possono darsi un leader di sinistra, schietto, vanno a pescare il presidente del Senato». Non la Boldrini, presidente della Camera, «che almeno è un’icona della sinistra e una custode del politicamente corretto, del tardo-femminismo e dell’antifascismo sacro». Macché, scelgono Grasso, «che con la sinistra c’entra poco o nulla».
Sempre secondo Veneziani, la sinistra aveva due possibilità: poteva scegliere un leader che rappresentasse la sua tradizione e la sua identità, magari «uno che indossa con dignità il Novecento, comunismo incluso», oppure uno che fosse «la traduzione italiana di Tsipras o degli Indignados spagnoli, una specie di postsinistra protestataria del terzo millennio». E invece, chi ti vanno a pescare? «Un Grasso che non incarna né l’una né l’altra, che non è carne né pesce, ma colesterolo allo stato grezzo. Grasso superfluo». Come spiegare questa scelta suicida? E’ l’ennesima conferma (in casa propria) di quel che sostengono gli avversari della sinistra stessa, ossia «l’incapacità di partorire una leadership chiara e distinta di sinistra». Il museo delle cere firmato Bersani e D’Alema, poi, sottolinea una volta di più il tramonto di antiche dicotomie: destra e sinistra hanno sottoscritto insieme il rigore europeo, imposto dall’oligarchia internazionale al potere. L’altra casella – vedi alla voce “democrazia progressista” – resta ancora vacante, lontana anni luce dal “grasso superflio” di Lividi e Uguali.
A sinistra, «l’odio unisce più dell’affinità, il fratricidio vince sempre sulla fratellanza». Marcello Veneziani ribattezza “Lividi e Uguali” i profughi del Pd, alleatisi con vendoliani e civatiani non per vincere, ma solo per far perdere il “nemico”. «La loro priorità – scrive Veneziani sul “Tempo” – non era chiamare a raccolta la sinistra, ma danneggiare Renzi». E allora «hanno pensato che nuocesse di più al fiorentino un leader sferico e mobile, privo di identità politica e capace di suonare il piffero per l’elettore qualunque, pescando così nel target renziano». In questo, D’Alema e Bersani «sono rimasti fieramente, ferocemente di sinistra», cioè settari e frazionisti fino all’autolesionismo. Veneziani definisce “Liberi e Uguali” un mix tra «sinistra movimentista, briciole di Rifondazione, lasciti del vecchio Pci e giovani sfigati di tristi speranze, più gloriose reliquie della Seconda Repubblica, accomunati dal disprezzo per il Vanesio Fiorentino». In fuga da un “corpo estraneo” come Renzi, «che subivano e odiavano», chi chiamano come leader? «Un altro corpo estraneo, un Papa straniero, un magistrato e uomo dell’establishment, il presidente del Senato Grasso. Uno che a giudicare dal curriculum e dalle oscillazioni, avrebbe potuto tranquillamente militare con Renzi, con Berlusconi e con chiunque altro».
Grasso, secondo Venziani, ha accettato il ruolo «perché la vanità è l’ultima a morire, e si gonfia, s’illumina d’incenso». Ma si può capire, aggiunge: «Un anno fa temeva di essere abolito insieme al Senato, e ora gli offrono di guidare un cartello intero con una visibilità assai forte. E appartenendo alla genia degli Ego-magistrati, da Di Pietro a Ingroia, da De Magistris a Emiliano, assumere un ruolo di vetrina coi gradi di comando, “sputace sopra”». Se Grasso in fondo lo si può capire, meno comprensibili risultano loro, «i combattenti e reduci della sinistra», gli esuli dal Pd e i profughi del ciclone renziano che, «quando finalmente si fanno una casa tutta loro e possono darsi un leader di sinistra, schietto, vanno a pescare il presidente del Senato». Non la Boldrini, presidente della Camera, «che almeno è un’icona della sinistra e una custode del politicamente corretto, del tardo-femminismo e dell’antifascismo sacro». Macché, scelgono Grasso, «che con la sinistra c’entra poco o nulla».
Sempre secondo Veneziani, la sinistra aveva due possibilità: poteva scegliere un leader che rappresentasse la sua tradizione e la sua identità, magari «uno che indossa con dignità il Novecento, comunismo incluso», oppure uno che fosse «la traduzione italiana di Tsipras o degli Indignados spagnoli, una specie di postsinistra protestataria del terzo millennio». E invece, chi ti vanno a pescare? «Un Grasso che non incarna né l’una né l’altra, che non è carne né pesce, ma colesterolo allo stato grezzo. Grasso superfluo». Come spiegare questa scelta suicida? E’ l’ennesima conferma (in casa propria) di quel che sostengono gli avversari della sinistra stessa, ossia «l’incapacità di partorire una leadership chiara e distinta di sinistra». Il museo delle cere firmato Bersani e D’Alema, poi, sottolinea una volta di più il tramonto di antiche dicotomie: destra e sinistra hanno sottoscritto insieme il rigore europeo, imposto dall’oligarchia internazionale al potere. L’altra casella – vedi alla voce “democrazia progressista” – resta ancora vacante, lontana anni luce dal “grasso superflio” di Lividi e Uguali.
Marcello Veneziani
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Marcello Veneziani (Bisceglie, 17 febbraio 1955) è un giornalista e saggista italiano.
Biografia[modifica | modifica wikitesto]
Laureato in filosofia all'Università degli Studi di Bari Aldo Moro, inizia la carriera di giornalista nel 1979 nella redazione barese del quotidiano Il Tempo. Giornalista professionista dal 1982, dopo il praticantato a Il Giornale d'Italia – il quotidiano romano diretto dal deputato democristiano Luigi D'Amato – assume nel 1981, all'età di 26 anni, la direzione del gruppo editoriale Ciarrapico-Volpe-La Fenice, incarico che mantiene fino al 1987.[1]
Ritenuto uno degli intellettuali di destra più rappresentativi, Veneziani ha significativamente tentato di rivalutare, in diverse pubblicazioni, l'operato del pensatore tradizionalista Julius Evola.[2]
MALGRADO ABBIA PASSATO I ’60, MARCELLO VENEZIANI NON SI E’ ANCORA ACCORTO, O FA FINTA DI NON ESSERSI ACCORTO, CHE PINOCCHIO MUSSOLONI E’ DI DESTRA, CON LA MISSION DI DISTRUGGERE LA SINISTRA.
LAVORARE SI FA FATICA, E NON FA PER PINOCCHIO MUSSOLONI
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Grasso, secondo Venziani, ha accettato il ruolo «perché la vanità è l’ultima a morire, e si gonfia, s’illumina d’incenso». Ma si può capire, aggiunge: «Un anno fa temeva di essere abolito insieme al Senato, e ora gli offrono di guidare un cartello intero con una visibilità assai forte. E appartenendo alla genia degli Ego-magistrati, da Di Pietro a Ingroia, da De Magistris a Emiliano, assumere un ruolo di vetrina coi gradi di comando, “sputace sopra”».
Se Grasso in fondo lo si può capire, meno comprensibili risultano loro, «i combattenti e reduci della sinistra», gli esuli dal Pd e i profughi del ciclone renziano che, «quando finalmente si fanno una casa tutta loro e possono darsi un leader di sinistra, schietto, vanno a pescare il presidente del Senato». Non la Boldrini, presidente della Camera, «che almeno è un’icona della sinistra e una custode del politicamente corretto, del tardo-femminismo e dell’antifascismo sacro». Macché, scelgono Grasso, «che con la sinistra c’entra poco o nulla».
Sempre secondo Veneziani, la sinistra aveva due possibilità: poteva scegliere un leader che rappresentasse la sua tradizione e la sua identità, magari «uno che indossa con dignità il Novecento, comunismo incluso», oppure uno che fosse «la traduzione italiana di Tsipras o degli Indignados spagnoli, una specie di postsinistra protestataria del terzo millennio». E invece, chi ti vanno a pescare? «Un Grasso che non incarna né l’una né l’altra, che non è carne né pesce, ma colesterolo allo stato grezzo. Grasso superfluo». Come spiegare questa scelta suicida? E’ l’ennesima conferma (in casa propria) di quel che sostengono gli avversari della sinistra stessa, ossia «l’incapacità di partorire una leadership chiara e distinta di sinistra». Il museo delle cere firmato Bersani e D’Alema, poi, sottolinea una volta di più il tramonto di antiche dicotomie: destra e sinistra hanno sottoscritto insieme il rigore europeo, imposto dall’oligarchia internazionale al potere. L’altra casella – vedi alla voce “democrazia progressista” – resta ancora vacante, lontana anni luce dal “grasso superflio” di Lividi e Uguali.
A sinistra, «l’odio unisce più dell’affinità, il fratricidio vince sempre sulla fratellanza». Marcello Veneziani ribattezza “Lividi e Uguali” i profughi del Pd, alleatisi con vendoliani e civatiani non per vincere, ma solo per far perdere il “nemico”. «La loro priorità – scrive Veneziani sul “Tempo” – non era chiamare a raccolta la sinistra, ma danneggiare Renzi». E allora «hanno pensato che nuocesse di più al fiorentino un leader sferico e mobile, privo di identità politica e capace di suonare il piffero per l’elettore qualunque, pescando così nel target renziano». In questo, D’Alema e Bersani «sono rimasti fieramente, ferocemente di sinistra», cioè settari e frazionisti fino all’autolesionismo. Veneziani definisce “Liberi e Uguali” un mix tra «sinistra movimentista, briciole di Rifondazione, lasciti del vecchio Pci e giovani sfigati di tristi speranze, più gloriose reliquie della Seconda Repubblica, accomunati dal disprezzo per il Vanesio Fiorentino». In fuga da un “corpo estraneo” come Renzi, «che subivano e odiavano», chi chiamano come leader? «Un altro corpo estraneo, un Papa straniero, un magistrato e uomo dell’establishment, il presidente del Senato Grasso. Uno che a giudicare dal curriculum e dalle oscillazioni, avrebbe potuto tranquillamente militare con Renzi, con Berlusconi e con chiunque altro».
Grasso, secondo Venziani, ha accettato il ruolo «perché la vanità è l’ultima a morire, e si gonfia, s’illumina d’incenso». Ma si può capire, aggiunge: «Un anno fa temeva di essere abolito insieme al Senato, e ora gli offrono di guidare un cartello intero con una visibilità assai forte. E appartenendo alla genia degli Ego-magistrati, da Di Pietro a Ingroia, da De Magistris a Emiliano, assumere un ruolo di vetrina coi gradi di comando, “sputace sopra”». Se Grasso in fondo lo si può capire, meno comprensibili risultano loro, «i combattenti e reduci della sinistra», gli esuli dal Pd e i profughi del ciclone renziano che, «quando finalmente si fanno una casa tutta loro e possono darsi un leader di sinistra, schietto, vanno a pescare il presidente del Senato». Non la Boldrini, presidente della Camera, «che almeno è un’icona della sinistra e una custode del politicamente corretto, del tardo-femminismo e dell’antifascismo sacro». Macché, scelgono Grasso, «che con la sinistra c’entra poco o nulla».
Sempre secondo Veneziani, la sinistra aveva due possibilità: poteva scegliere un leader che rappresentasse la sua tradizione e la sua identità, magari «uno che indossa con dignità il Novecento, comunismo incluso», oppure uno che fosse «la traduzione italiana di Tsipras o degli Indignados spagnoli, una specie di postsinistra protestataria del terzo millennio». E invece, chi ti vanno a pescare? «Un Grasso che non incarna né l’una né l’altra, che non è carne né pesce, ma colesterolo allo stato grezzo. Grasso superfluo». Come spiegare questa scelta suicida? E’ l’ennesima conferma (in casa propria) di quel che sostengono gli avversari della sinistra stessa, ossia «l’incapacità di partorire una leadership chiara e distinta di sinistra». Il museo delle cere firmato Bersani e D’Alema, poi, sottolinea una volta di più il tramonto di antiche dicotomie: destra e sinistra hanno sottoscritto insieme il rigore europeo, imposto dall’oligarchia internazionale al potere. L’altra casella – vedi alla voce “democrazia progressista” – resta ancora vacante, lontana anni luce dal “grasso superflio” di Lividi e Uguali.
Marcello Veneziani
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Marcello Veneziani (Bisceglie, 17 febbraio 1955) è un giornalista e saggista italiano.
Biografia[modifica | modifica wikitesto]
Laureato in filosofia all'Università degli Studi di Bari Aldo Moro, inizia la carriera di giornalista nel 1979 nella redazione barese del quotidiano Il Tempo. Giornalista professionista dal 1982, dopo il praticantato a Il Giornale d'Italia – il quotidiano romano diretto dal deputato democristiano Luigi D'Amato – assume nel 1981, all'età di 26 anni, la direzione del gruppo editoriale Ciarrapico-Volpe-La Fenice, incarico che mantiene fino al 1987.[1]
Ritenuto uno degli intellettuali di destra più rappresentativi, Veneziani ha significativamente tentato di rivalutare, in diverse pubblicazioni, l'operato del pensatore tradizionalista Julius Evola.[2]
MALGRADO ABBIA PASSATO I ’60, MARCELLO VENEZIANI NON SI E’ ANCORA ACCORTO, O FA FINTA DI NON ESSERSI ACCORTO, CHE PINOCCHIO MUSSOLONI E’ DI DESTRA, CON LA MISSION DI DISTRUGGERE LA SINISTRA.
LAVORARE SI FA FATICA, E NON FA PER PINOCCHIO MUSSOLONI
ULTERIORE DIMOSTRAZIONE
SE L'HA RIMESSO HA INTENZIONE DI FARMI PASSARE PER UNO CHE DICHIARA IL FALSO
QUESTA INDICAZIONE PROPRENDE PER L'INTERNO DEL FORUM
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Re: LIBERI E UGUALI
caro erede di camillo benso conte di cavour
l articolo di veneziani cosa rappresenta ?
la nostra discussione su liberi e belli e su jo son pazzo e troppo importante per il futuro del popolo
per perdersi su stupidaggini alla veneziani.
grazie
l articolo di veneziani cosa rappresenta ?
la nostra discussione su liberi e belli e su jo son pazzo e troppo importante per il futuro del popolo
per perdersi su stupidaggini alla veneziani.
grazie
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Re: LIBERI E UGUALI
NEL bLOG DI FRANCESCA FORNARIO su IL FR.Q. del 4/12
c'era scritto :
.".. vogliono dare vita a una lista popolare che metta al centro la lotta alle politiche liberiste che hanno impoverito il 99 per cento a vantaggio dell’uno per cento. Hanno abbozzato un programma e si riuniranno ancora a Roma domenica 17, in un luogo da definire, perché le adesioni sono già migliaia e alla prima assemblea, convocata quando era saltata quella del Brancaccio, avevano riempito il Teatro Italia. Hanno aderito Rifondazione, l’Altra Europa, i consiglieri comunali e gli iscritti che in diverse città si sono autosospesi da Sinistra Italiana in polemica con la decisione del partito interrompere il percorso del Brancaccio. Hanno aderito l’Usb, il Partito comunista italiano, i No Tav, decine di collettivi universitari, i centri sociali, vecchi e giovani che non si erano mai visti e che non sapevano di lottare dalla stessa parte, per le stesse cose ."
Non si è saputo più niente ? sarebbe interessante questa lista , specie se in coalizione con "Liberi e Uguali", per fare da pungolo.
c'era scritto :
.".. vogliono dare vita a una lista popolare che metta al centro la lotta alle politiche liberiste che hanno impoverito il 99 per cento a vantaggio dell’uno per cento. Hanno abbozzato un programma e si riuniranno ancora a Roma domenica 17, in un luogo da definire, perché le adesioni sono già migliaia e alla prima assemblea, convocata quando era saltata quella del Brancaccio, avevano riempito il Teatro Italia. Hanno aderito Rifondazione, l’Altra Europa, i consiglieri comunali e gli iscritti che in diverse città si sono autosospesi da Sinistra Italiana in polemica con la decisione del partito interrompere il percorso del Brancaccio. Hanno aderito l’Usb, il Partito comunista italiano, i No Tav, decine di collettivi universitari, i centri sociali, vecchi e giovani che non si erano mai visti e che non sapevano di lottare dalla stessa parte, per le stesse cose ."
Non si è saputo più niente ? sarebbe interessante questa lista , specie se in coalizione con "Liberi e Uguali", per fare da pungolo.
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Re: LIBERI E UGUALI
Francesca Fornario ha commentato il tuo post.
Francesca Fornario
11 dicembre alle ore 13:09
Sono tantissime, guarda su Ex OPG Occupato - Je so' pazzo
NOVARA ACCETTA LA SFIDA!
#accettalasfida #poterealpopolo
Venerdi 15 dicembre - ore 18.00
Presso la sede di quartiere di S. Agabio, via Andrea falcone 9, Novara.
Dal 18 novembre, da quella gigantesca riunione al Teatro Italia a Roma, è nato un movimento popolare che intende presentarsi alle elezioni del marzo 2018.
Un movimento senza soldi e grandi nomi, senza media compiacenti e sponsor economici, fatto di gente comune, di giovani e lavoratori, di disoccupati e pensionati, di associazioni, comitati territoriali e ambientali, sindacati di di lotta, militanti di base.
Un movimento che vuole irrompere sul teatrino elettorale per far vedere soggetti, storie, valori e temi di cui in quest'Italia risentita e cattiva, depressa e impoverita, non si parla più.
Pensiamo che non sia più sufficiente il voto per delega, ma che sia invece indispensabile la presenza attiva delle persone che vivono e soffrono questa crisi, attraverso la mancanza del reddito o la mancanza della possibilità di accesso alle immani ricchezze disponibili a partire dei servizi, la casa e il benessere.
Il programma, non sarà una lista della spesa, quella che propinano gli altri da decenni, ma ci serve soprattutto per costruire coscienza fra le persone, e per coinvolgere sempre più soggetti, perché noi guardiamo oltre le elezioni, guardiamo a un processo di aggregazione a livello nazionale che ribalti i rapporti di forza fra quelli che oggi hanno il potere e la ricchezza e quelli che oggi come noi non hanno niente!
Per questo abbiamo scelto il quartiere più popolare e multi etnico della nostra città, S. Agabio, un quartiere che ha vissuto tutte le immigrazioni e le contraddizioni del modello capitalista.
Venerdi 15 dicembre, alle ore 18.00 assemblea di potere al popolo, presso la sede di quartiere di S. Agabio, via Andrea falcone 9, Novara.
Introdurrà Alberto dei Clash City Workers (http://www.clashcityworkers.org), collettivo di inchiesta e connessione delle lotte sul lavoro. Un collettivo nazionale che è attivo da anni anche a Napoli e che adesso sta portando avanti progetti di assistenza legale gratuita, corsi di autoformazione sindacale, campagne contro il lavoro nero attraverso la “Camera popolare del lavoro” del “Ex opg occupato - Je so’ pazzo
Vediamo un po' cosa maturerà ? e se sarà possibile fare una coalizione
Francesca Fornario
11 dicembre alle ore 13:09
Sono tantissime, guarda su Ex OPG Occupato - Je so' pazzo
NOVARA ACCETTA LA SFIDA!
#accettalasfida #poterealpopolo
Venerdi 15 dicembre - ore 18.00
Presso la sede di quartiere di S. Agabio, via Andrea falcone 9, Novara.
Dal 18 novembre, da quella gigantesca riunione al Teatro Italia a Roma, è nato un movimento popolare che intende presentarsi alle elezioni del marzo 2018.
Un movimento senza soldi e grandi nomi, senza media compiacenti e sponsor economici, fatto di gente comune, di giovani e lavoratori, di disoccupati e pensionati, di associazioni, comitati territoriali e ambientali, sindacati di di lotta, militanti di base.
Un movimento che vuole irrompere sul teatrino elettorale per far vedere soggetti, storie, valori e temi di cui in quest'Italia risentita e cattiva, depressa e impoverita, non si parla più.
Pensiamo che non sia più sufficiente il voto per delega, ma che sia invece indispensabile la presenza attiva delle persone che vivono e soffrono questa crisi, attraverso la mancanza del reddito o la mancanza della possibilità di accesso alle immani ricchezze disponibili a partire dei servizi, la casa e il benessere.
Il programma, non sarà una lista della spesa, quella che propinano gli altri da decenni, ma ci serve soprattutto per costruire coscienza fra le persone, e per coinvolgere sempre più soggetti, perché noi guardiamo oltre le elezioni, guardiamo a un processo di aggregazione a livello nazionale che ribalti i rapporti di forza fra quelli che oggi hanno il potere e la ricchezza e quelli che oggi come noi non hanno niente!
Per questo abbiamo scelto il quartiere più popolare e multi etnico della nostra città, S. Agabio, un quartiere che ha vissuto tutte le immigrazioni e le contraddizioni del modello capitalista.
Venerdi 15 dicembre, alle ore 18.00 assemblea di potere al popolo, presso la sede di quartiere di S. Agabio, via Andrea falcone 9, Novara.
Introdurrà Alberto dei Clash City Workers (http://www.clashcityworkers.org), collettivo di inchiesta e connessione delle lotte sul lavoro. Un collettivo nazionale che è attivo da anni anche a Napoli e che adesso sta portando avanti progetti di assistenza legale gratuita, corsi di autoformazione sindacale, campagne contro il lavoro nero attraverso la “Camera popolare del lavoro” del “Ex opg occupato - Je so’ pazzo
Vediamo un po' cosa maturerà ? e se sarà possibile fare una coalizione
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Re: LIBERI E UGUALI
SU Facebook : Ex OPG Occupato - Je so' pazzo - tutti gli eventi o assemblee
come vedi TUTT* è maschile e femminile.
come vedi TUTT* è maschile e femminile.
Chi c’è in linea
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