Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzione?
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
........FOTTERE, FOTTERE, FOTTERE..............PERENNEMENTE FOTTERE.........
Dalla prima pagina de "la Repubblica":
"No ai razzisti, spaccano il paese"
Minniti: "Chi giustifica Traini minaccia la democrazia". Annullata manifestazione dell'Anpi a Macerata
Berlusconi show: via libera alla costruzione di case senza licenza. Salvini lo boccia: basta edifici abusivi
^^^^^^^
Dal Corriere della Sera:
Verso il voto Renzi ironizza, il M5S attacca
Berlusconi e Salvini
al duello sul condono
MA LE ITALICHE GENTI SI RENDONO CONTO PER CHI VANNO A VOTARE??????
SOLO E SEMPRE INTER-MILAN,...JUVE-TORO, ...LAZIO-ROMA, ....AL BAR DELLO SPORT?????????????????????????
Dalla prima pagina de "la Repubblica":
"No ai razzisti, spaccano il paese"
Minniti: "Chi giustifica Traini minaccia la democrazia". Annullata manifestazione dell'Anpi a Macerata
Berlusconi show: via libera alla costruzione di case senza licenza. Salvini lo boccia: basta edifici abusivi
^^^^^^^
Dal Corriere della Sera:
Verso il voto Renzi ironizza, il M5S attacca
Berlusconi e Salvini
al duello sul condono
MA LE ITALICHE GENTI SI RENDONO CONTO PER CHI VANNO A VOTARE??????
SOLO E SEMPRE INTER-MILAN,...JUVE-TORO, ...LAZIO-ROMA, ....AL BAR DELLO SPORT?????????????????????????
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
IlFattoQuotidiano.it / Politica
Corteo Macerata: Anpi rinuncia e Forza Nuova no. Polemica per il divieto a tutti, ma il Viminale insiste
Dopo la tentata strage di sabato scorso e le accuse delle destre sulle politiche migratorie, il ministro dell'Interno dispone il divieto di manifestare. Lettera di Liberi e uguali: “Ma fascismo e antifascismo non sono paragonabili”
di F. Q. | 8 febbraio 2018
1
48
Più informazioni su: Macerata, Marco Minniti
Anpi e Arci hanno annullato tutto, Forza Nuova non ci pensa nemmeno. E’ polemica sul divieto generalizzato di manifestare in piazza a Macerata dopo la tentata strage di Luca Traini sabato scorso. Ma il ministro dell’Interno Marco Minniti insiste: “Se le forze politiche si rifiuteranno di rinviare le manifestazioni, ci penserà il Viminale a vietarle”, ha detto in un colloquio riportato da Repubblica. E, tra le altre cose, ha anche giustificato le politiche migratorie del suo ministero dichiarando: “Ho fermato gli sbarchi perché avevo previsto Trani”.
La scelta e le parole del ministro hanno provocato numerose reazioni, in un clima molto teso di campagna elettorale. Liberi e uguali ha deciso di scrivere una lettera al governo: “Fascismo e antifascismo non sono paragonabili”, hanno scritto gli esponenti Pippo Civati, Nicola Fratoianni e Roberto Speranza. “La scelta che avete fatto di vietare la possibilità di manifestare sabato prossimo a Macerata è sbagliata e pericolosa”, hanno scritto. “Quello che è successo a Macerata ha un nome preciso: si tratta di un atto di terrorismo. Una tentata strage, le cui ragioni hanno una matrice precisa: fascismo e razzismo. Non il gesto di un folle, di un pazzo, di un criminale isolato. Qualcosa di molto più grave. Quando dalle parole si passa alle pistole succede qualcosa che non possiamo ignorare. E di fronte a cui occorre reagire”. Per questo Leu chiede un intervento dell’esecutivo: “In tutta Europa, per fortuna, la risposta al terrorismo ha mobilitato un dispositivo largo, composito, determinato. Oggi, qui, occorre una risposta che abbia le stesse caratteristiche. E devo dirvi che troviamo sbagliate e ingiustificate le parole di chi, come il sindaco di Macerata, chiede di evitare le manifestazioni in nome di un silenzio rispettoso della città, e delle sue ferite”. Secondo Leu quindi, “non tutte le manifestazioni sono uguali”: “In questi giorni prima Casa Pound e poi Forza Nuova che annuncia di voler farsi carico delle spese legali di Traini (immaginate cosa sarebbe successo ad una organizzazione che in un qualsiasi posto d’Europa colpito dagli attentati avesse annunciato una simile volontà) manifestano a Macerata. Fascismo e Antifascismo non sono in nessun modo paragonabili. Né possiamo accettare che in nome di una malintesa responsabilità torni la teoria degli opposti estremismi. Il rischio, altrimenti, è quello di spianare la strada al ritorno delle peggiori culture che abbiamo conosciuto. Per tutte queste ragioni manifestare non è mai un errore. Per questo chiediamo che l’annunciato divieto a manifestare non venga messo in atto. Perché manifestare l’antifascismo, celebrare la nostra religione civile, la nostra Costituzione è sempre giusto. E necessario”.
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La situazione è sempre più tesa, anche perché non tutti hanno intenzione di rinunciare alle manifestazioni. Centri sociali ed esponenti di forze a sinistra hanno annunciato che non fermeranno il corteo sabato. “Divieto è inaccettabile. L’equiparazione fascismo e antifascismo, razzismo e antirazzismo è inaccettabile”, hanno annunciato ad esempio le realtà di Movimento delle Marche, vicino ai centri sociali. “Per questo ribadiamo con fermezza che andremo comunque in piazza per ripristinare l’agibilità democratica e riaffermare quanto sarà scritto nello striscione di apertura del corteo ‘Movimenti contro ogni fascismo ogni razzismo’. Invitiamo tutte e tutti a non farsi intimidire dal clima creato ad arte dal ministero dell’Interno ed a raggiungere Macerata per una grande manifestazione popolare. Non è il tempo di stare a casa. Non basta esprimersi sui social. Sono in gioco le nostre libertà fondamentali”.
Corteo Macerata: Anpi rinuncia e Forza Nuova no. Polemica per il divieto a tutti, ma il Viminale insiste
Dopo la tentata strage di sabato scorso e le accuse delle destre sulle politiche migratorie, il ministro dell'Interno dispone il divieto di manifestare. Lettera di Liberi e uguali: “Ma fascismo e antifascismo non sono paragonabili”
di F. Q. | 8 febbraio 2018
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Più informazioni su: Macerata, Marco Minniti
Anpi e Arci hanno annullato tutto, Forza Nuova non ci pensa nemmeno. E’ polemica sul divieto generalizzato di manifestare in piazza a Macerata dopo la tentata strage di Luca Traini sabato scorso. Ma il ministro dell’Interno Marco Minniti insiste: “Se le forze politiche si rifiuteranno di rinviare le manifestazioni, ci penserà il Viminale a vietarle”, ha detto in un colloquio riportato da Repubblica. E, tra le altre cose, ha anche giustificato le politiche migratorie del suo ministero dichiarando: “Ho fermato gli sbarchi perché avevo previsto Trani”.
La scelta e le parole del ministro hanno provocato numerose reazioni, in un clima molto teso di campagna elettorale. Liberi e uguali ha deciso di scrivere una lettera al governo: “Fascismo e antifascismo non sono paragonabili”, hanno scritto gli esponenti Pippo Civati, Nicola Fratoianni e Roberto Speranza. “La scelta che avete fatto di vietare la possibilità di manifestare sabato prossimo a Macerata è sbagliata e pericolosa”, hanno scritto. “Quello che è successo a Macerata ha un nome preciso: si tratta di un atto di terrorismo. Una tentata strage, le cui ragioni hanno una matrice precisa: fascismo e razzismo. Non il gesto di un folle, di un pazzo, di un criminale isolato. Qualcosa di molto più grave. Quando dalle parole si passa alle pistole succede qualcosa che non possiamo ignorare. E di fronte a cui occorre reagire”. Per questo Leu chiede un intervento dell’esecutivo: “In tutta Europa, per fortuna, la risposta al terrorismo ha mobilitato un dispositivo largo, composito, determinato. Oggi, qui, occorre una risposta che abbia le stesse caratteristiche. E devo dirvi che troviamo sbagliate e ingiustificate le parole di chi, come il sindaco di Macerata, chiede di evitare le manifestazioni in nome di un silenzio rispettoso della città, e delle sue ferite”. Secondo Leu quindi, “non tutte le manifestazioni sono uguali”: “In questi giorni prima Casa Pound e poi Forza Nuova che annuncia di voler farsi carico delle spese legali di Traini (immaginate cosa sarebbe successo ad una organizzazione che in un qualsiasi posto d’Europa colpito dagli attentati avesse annunciato una simile volontà) manifestano a Macerata. Fascismo e Antifascismo non sono in nessun modo paragonabili. Né possiamo accettare che in nome di una malintesa responsabilità torni la teoria degli opposti estremismi. Il rischio, altrimenti, è quello di spianare la strada al ritorno delle peggiori culture che abbiamo conosciuto. Per tutte queste ragioni manifestare non è mai un errore. Per questo chiediamo che l’annunciato divieto a manifestare non venga messo in atto. Perché manifestare l’antifascismo, celebrare la nostra religione civile, la nostra Costituzione è sempre giusto. E necessario”.
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La situazione è sempre più tesa, anche perché non tutti hanno intenzione di rinunciare alle manifestazioni. Centri sociali ed esponenti di forze a sinistra hanno annunciato che non fermeranno il corteo sabato. “Divieto è inaccettabile. L’equiparazione fascismo e antifascismo, razzismo e antirazzismo è inaccettabile”, hanno annunciato ad esempio le realtà di Movimento delle Marche, vicino ai centri sociali. “Per questo ribadiamo con fermezza che andremo comunque in piazza per ripristinare l’agibilità democratica e riaffermare quanto sarà scritto nello striscione di apertura del corteo ‘Movimenti contro ogni fascismo ogni razzismo’. Invitiamo tutte e tutti a non farsi intimidire dal clima creato ad arte dal ministero dell’Interno ed a raggiungere Macerata per una grande manifestazione popolare. Non è il tempo di stare a casa. Non basta esprimersi sui social. Sono in gioco le nostre libertà fondamentali”.
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
.......VERSO LE ELEZIONI....
PER LA SERIE: PER QUALCHE VOTO IN PIU'
Ci si improvvisa imprenditori dell'odio
Dal vice Bufaliere di oggi, prima pagina in bella evidenza:
Mantenuto per delinquere
La bella vita in hotel
dell'assassino nigeriano
Awelima Lucky, uno dei tre fermati per il massacro di Pamela, abitava da 16 mesi a spese nostre un albergo a quattro stelle
Da buoni cattolici perchè non chiedono la riativazione dei forni crematori???????
E' evidente l'anomalia, ma non erano in Parlamento nelle passate legislature??????
Perchè non si sono fatti avanti per una soluzione decente del problema a livello umano????????????????????
Quando non si hanno argomenti a causa di un fallimento precedente, ci si attacca a questo.
Molto probabilmente, Salvini & soci alla mattina vanno in chiesa a pregare che gli immigratiti arrivino a dismisura.
Altrimenti non avrebbero argomenti seri per la campagna elettorale, peggiore di sempre nella storia repubblicana.
PER LA SERIE: PER QUALCHE VOTO IN PIU'
Ci si improvvisa imprenditori dell'odio
Dal vice Bufaliere di oggi, prima pagina in bella evidenza:
Mantenuto per delinquere
La bella vita in hotel
dell'assassino nigeriano
Awelima Lucky, uno dei tre fermati per il massacro di Pamela, abitava da 16 mesi a spese nostre un albergo a quattro stelle
Da buoni cattolici perchè non chiedono la riativazione dei forni crematori???????
E' evidente l'anomalia, ma non erano in Parlamento nelle passate legislature??????
Perchè non si sono fatti avanti per una soluzione decente del problema a livello umano????????????????????
Quando non si hanno argomenti a causa di un fallimento precedente, ci si attacca a questo.
Molto probabilmente, Salvini & soci alla mattina vanno in chiesa a pregare che gli immigratiti arrivino a dismisura.
Altrimenti non avrebbero argomenti seri per la campagna elettorale, peggiore di sempre nella storia repubblicana.
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
....IL BUFALIERE E IL VICE BUFALIERE HANNO MESSO IL SILENZIATORE......
L'autore non ha la regolamentare "pelle" nera.
Per di più è di origini ariane.
IlFattoQuotidiano.it / Archivio
Roma, donna di 75 anni violentata in strada. Arrestato un 31enne
La vittima è una clochard di origini tedesche. I carabinieri hanno arrestato poco dopo il presunto responsabile: un cittadino senegalesei. Lei stava dormendo sotto ai portici quando è stata aggredita. Le sue urla hanno attirato l’attenzione di due turisti di passaggio e di una pattuglia
dei carabinieri della stazione Piazza Dante
di F. Q. | 13 febbraio 2018
1
Più informazioni su: Roma, Violenza Sessuale
Una donna di 75 anni è stata violentata ieri sera, intorno alle 21.30, sotto i portici di piazza Vittorio all’Esquilino, rione multietnico al centro di Roma. La vittima è una clochard di origini tedesche. I carabinieri hanno arrestato poco dopo il presunto responsabile. Si tratta di un cittadino senegalese di 31 anni. La vittima stava dormendo sotto ai portici quando è avvenuta la violenza. Le sue urla hanno attirato l’attenzione di due turisti di passaggio e di una pattuglia dei carabinieri della stazione Piazza Dante. I militari hanno inseguito e fermato il cittadino senegalese, senza fissa dimora e con precedenti per droga, mentre tentava di scappare.
La donna è stata soccorsa dai carabinieri e visitata al pronto soccorso dell’ospedale San Giovanni. L’uomo, accusato di violenza sessuale, è stato portato nel carcere a Regina Coeli. “Mi stavo addormentando, quando qualcuno è arrivato alle mie spalle e ha abusato di me” ha raccontato la donna. La vittima, vedendo una coppia di turisti passare sotto ai portici, ha teso loro un braccio per chiedere aiuto. I due stranieri hanno notato un uomo accanto a lei che ha tentato la fuga ma è stato bloccato dopo un breve inseguimento.
Il Comune di Roma ha fatto sapere che la donna “è stata presa in carico dalla Sala Operativa Sociale (Sos) e inserita nel circuito di accoglienza capitolino per assicurarle supporto sociale, legale e psicologico e per garantirle cure specialistiche. Il coinvolgimento dell’ambasciata tedesca, con il tramite di una mediatrice, ha favorito il dialogo con la donna. Anche in precedenza la Sos le aveva proposto l’accoglienza, ma lei aveva preferito declinare l’offerta”.
di F. Q. | 13 febbraio 2018
L'autore non ha la regolamentare "pelle" nera.
Per di più è di origini ariane.
IlFattoQuotidiano.it / Archivio
Roma, donna di 75 anni violentata in strada. Arrestato un 31enne
La vittima è una clochard di origini tedesche. I carabinieri hanno arrestato poco dopo il presunto responsabile: un cittadino senegalesei. Lei stava dormendo sotto ai portici quando è stata aggredita. Le sue urla hanno attirato l’attenzione di due turisti di passaggio e di una pattuglia
dei carabinieri della stazione Piazza Dante
di F. Q. | 13 febbraio 2018
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Più informazioni su: Roma, Violenza Sessuale
Una donna di 75 anni è stata violentata ieri sera, intorno alle 21.30, sotto i portici di piazza Vittorio all’Esquilino, rione multietnico al centro di Roma. La vittima è una clochard di origini tedesche. I carabinieri hanno arrestato poco dopo il presunto responsabile. Si tratta di un cittadino senegalese di 31 anni. La vittima stava dormendo sotto ai portici quando è avvenuta la violenza. Le sue urla hanno attirato l’attenzione di due turisti di passaggio e di una pattuglia dei carabinieri della stazione Piazza Dante. I militari hanno inseguito e fermato il cittadino senegalese, senza fissa dimora e con precedenti per droga, mentre tentava di scappare.
La donna è stata soccorsa dai carabinieri e visitata al pronto soccorso dell’ospedale San Giovanni. L’uomo, accusato di violenza sessuale, è stato portato nel carcere a Regina Coeli. “Mi stavo addormentando, quando qualcuno è arrivato alle mie spalle e ha abusato di me” ha raccontato la donna. La vittima, vedendo una coppia di turisti passare sotto ai portici, ha teso loro un braccio per chiedere aiuto. I due stranieri hanno notato un uomo accanto a lei che ha tentato la fuga ma è stato bloccato dopo un breve inseguimento.
Il Comune di Roma ha fatto sapere che la donna “è stata presa in carico dalla Sala Operativa Sociale (Sos) e inserita nel circuito di accoglienza capitolino per assicurarle supporto sociale, legale e psicologico e per garantirle cure specialistiche. Il coinvolgimento dell’ambasciata tedesca, con il tramite di una mediatrice, ha favorito il dialogo con la donna. Anche in precedenza la Sos le aveva proposto l’accoglienza, ma lei aveva preferito declinare l’offerta”.
di F. Q. | 13 febbraio 2018
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
20 mar 2018 13:24
“LA NOSTRA CIVILTA’ E’ IN PERICOLO” - L’ATTACCO DI ORIANA FALLACI ALLA CHIESA, GIUDICATA IPOCRITA SUL RUOLO DELL’ISLAM: “DI COSA AVETE BISOGNO PER AMMETTERE CHE SIAMO IN GUERRA? COSA SERVE PER CAPIRE CHE BISOGNA DIFENDERCI? SBARCANO SULLE NOSTRE COSTE E A POCO A POCO SECONDO UNA STRATEGIA BEN PENSATA, CI INVADONO. SI SOSTITUISCONO A NOI. E VOI NON DITE UNA PAROLA CONTRO DI LORO…”
Estratto del libro “La vita è una guerra ripetuta ogni giorno” di Oriana Fallaci pubblicato da il Giornale
ORIANA FALLACI - LA VITA E UNA GUERRA RIPETUTA OGNI GIORNO
ORIANA FALLACI - LA VITA E UNA GUERRA RIPETUTA OGNI GIORNO
Egregi Signori degli Stati e dei governi della Chiesa. Che cosa volete di più, di cos' altro avete bisogno per ammettere ciò che sapete benissimo ma che per paura, ipocrisia, o convenienza non volete ammettere, vale a dire che siamo in guerra: una guerra che ci è stata dichiarata da loro. Non da noi.
Che continua in tutte le possibili forme cioè col sangue, gli assassinii, gli incendi delle ambasciate (a quando quelli delle chiese) e con le minacce e con le parole e con le persecuzioni come quelle che ad esempio subisco io, con le decapitazioni reali o rappresentate.
ORIANA FALLACI
ORIANA FALLACI
Che cosa volete di più? Di cos' altro avete bisogno per svegliarvi e capire che bisogna difenderci? Che cosa volete di più, di cos' altro avete bisogno per capire che la nostra libertà è in pericolo, che la nostra civiltà è in pericolo, che la Democrazia è inerme è imbelle è suicida. Che cosa volete di più, di cos' altro avete bisogno per uscire dall' inerzia anzi dalla servitù nella quale vi siete arroccati per proteggere i vostri stessi assalitori, i vostri stessi invasori, i vostri stessi nemici.
Don Andrea della diocesi di Roma, anni sessanta, ucciso a colpi di pistola da un ragazzino dentro la chiesa mentre era in preghiera in una città che si chiama Trebisonda. È andato cinque anni fa in Turchia a fare il missionario.
ORIANA FALLACI ALEKOS PANAGULIS
ORIANA FALLACI ALEKOS PANAGULIS
Cosa altro volete? Nelle strade di Damasco a orde cantano: «Allah è grande». A orde giurano che difenderanno il profeta col sangue. A orde ripetono che vogliono la guerra santa. Generalizzata. E non sono due o tre kamikaze, sono centinaia e centinaia di manifestanti che voi chiamate «Islam moderato». Non sono una minuscola minoranza, una contenuta setta di assassini da «non-vanno-confusi-coi-terroristi-di-Al-Qaida-perché-il-popolo-mussulmano-è-buono-e-pacifico».
Sono coloro che poi sbarcano sulle nostre coste e a poco a poco secondo una strategia ben pensata, ben concepita e ben condotta ci invadono. Si sostituiscono a noi. E voi non dite una parola contro di loro. Cianciate le solite ambigue e vili condannucce. Condannate gli autori di tre o quattro legittime e note vignette.
ORIANA FALLACI
ORIANA FALLACI
In Pakistan quella plebaglia sta montando. A Islamabad gli ambasciatori di Francia, Germania, Spagna, Olanda, Italia, Svizzera, Norvegia, Ungheria, Repubblica Ceca, sono stati convocati per essere messi sotto accusa dalle vignette «blasfeme». Il direttore del settimanale Shinan è stato arrestato ad Amman per aver pubblicato quelle vignette. A Parigi (a Parigi!!) il direttore di France Soir è stato licenziato (licenziato!!!) per la stessa ragione...
A Beirut hanno bruciato l' ambasciata danese bruciando le bandiere e dopo nel quartiere maronita dove hanno preso a sassate la chiesa e saccheggiato i negozi. In Internet si incita a sterminare i danesi.
Ma avete tutti perduto la testa? E con la testa avete tutti perduto non soltanto la dignità ma il senso stesso della sopravvivenza. Non è più lecito neanche difendersi, cercar di sopravvivere.
Ma non lo capite che ora bruciano le ambasciate e domani bruceranno le chiese e dopodomani bruceranno le nostre case. Proprio perché con la vostra inerzia e i vostri compromessi, la vostra paura, e in nome di un amore che non si capisce cosa sia questo amore, prendete le loro parti, giustificate la loro violenza fisica e intellettuale e morale? Non abbiamo dunque neanche la libertà di pubblicare una innocua vignetta che li giudica con l' arma innocua dell' ironia? Non abbiamo dunque più il diritto di ridere e di sorridere?
ORIANA FALLACI
ORIANA FALLACI
Che cosa significa Libertà quando la libertà si deve fermare a non offendere una certa categoria, in questo caso la categoria degli araldi di una religione?
È dunque lecito consentire l' istigazione all' omicidio di un cittadino (come nel mio caso) raffigurando questo cittadino decapitato ma non è lecito rappresentare il Signor Profeta con un disegnino dove appare per quello che è cioè ridicolo? Dov' è la vostra Democrazia?
Dov' è il vostro rispetto della Libertà?
Dov' è la vostra Ragione? Dov' è la vostra Intelligenza? Siete Uomini, siete Donne o siete Cose? Cioè servi, schiavi, cani fedeli voi che li proteggete, voi che non li condannate, voi che guardate con presunto distacco e obiettività le ambasciate che oggi bruciano, e che domani guarderete nel medesimo modo le chiese che bruciano, le nostre case che bruciano, siete i primi colpevoli.
ORIANA FALLACI
ORIANA FALLACI
Perché loro combattono e voi no. Loro si battono per una idea infame per il nuovo nazismo e voi non vi battete per nulla. Siete degli esseri vuoti senza anima e senza cervello che pur di sopravvivere siete pronti a sacrificare il futuro, anzi la vita dei vostri figli, dei vostri Paesi, della vostra civiltà.
Io non vi seguirò su questa strada. Finché io avrò fiato io continuerò ad avversare voi quanto avverso loro. Sono molto ferita, molto delusa, molto straziata dalle condanne ambigue o larvate che sono state espresse dai Numi, da coloro che dovrebbero essere i guardiani della nostra Libertà e della nostra Civiltà. Tutti hanno condannato quelle vignette. Tutti.
Dal dipartimento di Stato americano alle più alte autorità del Vaticano.
Dai capi di Stato e di governo occidentali come Blair e Chirac e... e...e... al vescovo luterano della stessa città dove ora bruciano le ambasciate: Copenaghen. Da esponenti della sinistra a esponenti della destra come il signor Gianfranco Fini che travolto dall' audacia ha dichiarato: «Siamo su una polveriera». (Signor Fini a Torino quando i soldati francesi invasero la Cittadella, Pietro Micca la fece saltare in aria quella polveriera ed ebbe le palle di morire con loro).
ORIANA FALLACI
ORIANA FALLACI
Ma da una indagine frettolosamente fatta dal quotidiano Repubblica risulta che in Italia soltanto il 24 per cento degli interrogati si è schierata con loro. Il 76 per cento la pensa come me. Quel 76 per cento è tutto composto di cretini, di rozzi, di illiberali, di scriteriati? Dov' è la Democrazia alla quale vi appellate tanto se non tenete conto della stragrande maggioranza della popolazione che la pensa come me e che non vi rispetta? Vale soltanto per i voti che riuscite a carpire nelle bugiarde elezioni della vostra bugiarda Democrazia il potere della maggioranza?
In questo momento, in questi giorni, nelle case italiane e francesi e inglesi e tedesche e spagnole, nelle case (europee, nelle case occidentali la gente sta pensando quello che penso io. Sta dicendo quello che dico io.
islamici londra
islamici londra
Aggiunta a margine dell' Autrice, N.d.R.) dove si ascoltano le notizie, dove ci si sente dire che la satira non può toccare le religioni, che è proibito perfino ritrarre il muso del «Profeta», un «Profeta» che nonostante le guerre, le stragi e gli omicidi di ogni tipo ungete con la qualifica di Sant' uomo, un cammelliere barbaro e assassino che voleva soltanto la distruzione di tutti coloro che non accettavano di essere sottomessi dalla sua soldataglia. L' autore di un libro che sembra scritto da Satana e che voi osate trattare con lo stesso rispetto con cui vanno trattati i Dieci Comandamenti e gli Evangeli.
ISLAM E FINANZA
ANDATE SU DAGOSPIA PER LEGGERE IL RESTO.
LA SOLITA BANDA CRIMINALE IN AZIONE
“LA NOSTRA CIVILTA’ E’ IN PERICOLO” - L’ATTACCO DI ORIANA FALLACI ALLA CHIESA, GIUDICATA IPOCRITA SUL RUOLO DELL’ISLAM: “DI COSA AVETE BISOGNO PER AMMETTERE CHE SIAMO IN GUERRA? COSA SERVE PER CAPIRE CHE BISOGNA DIFENDERCI? SBARCANO SULLE NOSTRE COSTE E A POCO A POCO SECONDO UNA STRATEGIA BEN PENSATA, CI INVADONO. SI SOSTITUISCONO A NOI. E VOI NON DITE UNA PAROLA CONTRO DI LORO…”
Estratto del libro “La vita è una guerra ripetuta ogni giorno” di Oriana Fallaci pubblicato da il Giornale
ORIANA FALLACI - LA VITA E UNA GUERRA RIPETUTA OGNI GIORNO
ORIANA FALLACI - LA VITA E UNA GUERRA RIPETUTA OGNI GIORNO
Egregi Signori degli Stati e dei governi della Chiesa. Che cosa volete di più, di cos' altro avete bisogno per ammettere ciò che sapete benissimo ma che per paura, ipocrisia, o convenienza non volete ammettere, vale a dire che siamo in guerra: una guerra che ci è stata dichiarata da loro. Non da noi.
Che continua in tutte le possibili forme cioè col sangue, gli assassinii, gli incendi delle ambasciate (a quando quelli delle chiese) e con le minacce e con le parole e con le persecuzioni come quelle che ad esempio subisco io, con le decapitazioni reali o rappresentate.
ORIANA FALLACI
ORIANA FALLACI
Che cosa volete di più? Di cos' altro avete bisogno per svegliarvi e capire che bisogna difenderci? Che cosa volete di più, di cos' altro avete bisogno per capire che la nostra libertà è in pericolo, che la nostra civiltà è in pericolo, che la Democrazia è inerme è imbelle è suicida. Che cosa volete di più, di cos' altro avete bisogno per uscire dall' inerzia anzi dalla servitù nella quale vi siete arroccati per proteggere i vostri stessi assalitori, i vostri stessi invasori, i vostri stessi nemici.
Don Andrea della diocesi di Roma, anni sessanta, ucciso a colpi di pistola da un ragazzino dentro la chiesa mentre era in preghiera in una città che si chiama Trebisonda. È andato cinque anni fa in Turchia a fare il missionario.
ORIANA FALLACI ALEKOS PANAGULIS
ORIANA FALLACI ALEKOS PANAGULIS
Cosa altro volete? Nelle strade di Damasco a orde cantano: «Allah è grande». A orde giurano che difenderanno il profeta col sangue. A orde ripetono che vogliono la guerra santa. Generalizzata. E non sono due o tre kamikaze, sono centinaia e centinaia di manifestanti che voi chiamate «Islam moderato». Non sono una minuscola minoranza, una contenuta setta di assassini da «non-vanno-confusi-coi-terroristi-di-Al-Qaida-perché-il-popolo-mussulmano-è-buono-e-pacifico».
Sono coloro che poi sbarcano sulle nostre coste e a poco a poco secondo una strategia ben pensata, ben concepita e ben condotta ci invadono. Si sostituiscono a noi. E voi non dite una parola contro di loro. Cianciate le solite ambigue e vili condannucce. Condannate gli autori di tre o quattro legittime e note vignette.
ORIANA FALLACI
ORIANA FALLACI
In Pakistan quella plebaglia sta montando. A Islamabad gli ambasciatori di Francia, Germania, Spagna, Olanda, Italia, Svizzera, Norvegia, Ungheria, Repubblica Ceca, sono stati convocati per essere messi sotto accusa dalle vignette «blasfeme». Il direttore del settimanale Shinan è stato arrestato ad Amman per aver pubblicato quelle vignette. A Parigi (a Parigi!!) il direttore di France Soir è stato licenziato (licenziato!!!) per la stessa ragione...
A Beirut hanno bruciato l' ambasciata danese bruciando le bandiere e dopo nel quartiere maronita dove hanno preso a sassate la chiesa e saccheggiato i negozi. In Internet si incita a sterminare i danesi.
Ma avete tutti perduto la testa? E con la testa avete tutti perduto non soltanto la dignità ma il senso stesso della sopravvivenza. Non è più lecito neanche difendersi, cercar di sopravvivere.
Ma non lo capite che ora bruciano le ambasciate e domani bruceranno le chiese e dopodomani bruceranno le nostre case. Proprio perché con la vostra inerzia e i vostri compromessi, la vostra paura, e in nome di un amore che non si capisce cosa sia questo amore, prendete le loro parti, giustificate la loro violenza fisica e intellettuale e morale? Non abbiamo dunque neanche la libertà di pubblicare una innocua vignetta che li giudica con l' arma innocua dell' ironia? Non abbiamo dunque più il diritto di ridere e di sorridere?
ORIANA FALLACI
ORIANA FALLACI
Che cosa significa Libertà quando la libertà si deve fermare a non offendere una certa categoria, in questo caso la categoria degli araldi di una religione?
È dunque lecito consentire l' istigazione all' omicidio di un cittadino (come nel mio caso) raffigurando questo cittadino decapitato ma non è lecito rappresentare il Signor Profeta con un disegnino dove appare per quello che è cioè ridicolo? Dov' è la vostra Democrazia?
Dov' è il vostro rispetto della Libertà?
Dov' è la vostra Ragione? Dov' è la vostra Intelligenza? Siete Uomini, siete Donne o siete Cose? Cioè servi, schiavi, cani fedeli voi che li proteggete, voi che non li condannate, voi che guardate con presunto distacco e obiettività le ambasciate che oggi bruciano, e che domani guarderete nel medesimo modo le chiese che bruciano, le nostre case che bruciano, siete i primi colpevoli.
ORIANA FALLACI
ORIANA FALLACI
Perché loro combattono e voi no. Loro si battono per una idea infame per il nuovo nazismo e voi non vi battete per nulla. Siete degli esseri vuoti senza anima e senza cervello che pur di sopravvivere siete pronti a sacrificare il futuro, anzi la vita dei vostri figli, dei vostri Paesi, della vostra civiltà.
Io non vi seguirò su questa strada. Finché io avrò fiato io continuerò ad avversare voi quanto avverso loro. Sono molto ferita, molto delusa, molto straziata dalle condanne ambigue o larvate che sono state espresse dai Numi, da coloro che dovrebbero essere i guardiani della nostra Libertà e della nostra Civiltà. Tutti hanno condannato quelle vignette. Tutti.
Dal dipartimento di Stato americano alle più alte autorità del Vaticano.
Dai capi di Stato e di governo occidentali come Blair e Chirac e... e...e... al vescovo luterano della stessa città dove ora bruciano le ambasciate: Copenaghen. Da esponenti della sinistra a esponenti della destra come il signor Gianfranco Fini che travolto dall' audacia ha dichiarato: «Siamo su una polveriera». (Signor Fini a Torino quando i soldati francesi invasero la Cittadella, Pietro Micca la fece saltare in aria quella polveriera ed ebbe le palle di morire con loro).
ORIANA FALLACI
ORIANA FALLACI
Ma da una indagine frettolosamente fatta dal quotidiano Repubblica risulta che in Italia soltanto il 24 per cento degli interrogati si è schierata con loro. Il 76 per cento la pensa come me. Quel 76 per cento è tutto composto di cretini, di rozzi, di illiberali, di scriteriati? Dov' è la Democrazia alla quale vi appellate tanto se non tenete conto della stragrande maggioranza della popolazione che la pensa come me e che non vi rispetta? Vale soltanto per i voti che riuscite a carpire nelle bugiarde elezioni della vostra bugiarda Democrazia il potere della maggioranza?
In questo momento, in questi giorni, nelle case italiane e francesi e inglesi e tedesche e spagnole, nelle case (europee, nelle case occidentali la gente sta pensando quello che penso io. Sta dicendo quello che dico io.
islamici londra
islamici londra
Aggiunta a margine dell' Autrice, N.d.R.) dove si ascoltano le notizie, dove ci si sente dire che la satira non può toccare le religioni, che è proibito perfino ritrarre il muso del «Profeta», un «Profeta» che nonostante le guerre, le stragi e gli omicidi di ogni tipo ungete con la qualifica di Sant' uomo, un cammelliere barbaro e assassino che voleva soltanto la distruzione di tutti coloro che non accettavano di essere sottomessi dalla sua soldataglia. L' autore di un libro che sembra scritto da Satana e che voi osate trattare con lo stesso rispetto con cui vanno trattati i Dieci Comandamenti e gli Evangeli.
ISLAM E FINANZA
ANDATE SU DAGOSPIA PER LEGGERE IL RESTO.
LA SOLITA BANDA CRIMINALE IN AZIONE
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
DA:
RENZU
SCONI
14. Aiutiamoli a casa loro
Il 7 luglio 2017, la pagina Facebook ufficiale del Partito democratico pubblica un'anticipazione dell'attesissimo (da Renzi) Avanti, il nuovo libro del segretario, che sin dal titolo omaggia l'altro suo maestro Craxi.
Quel post, con consueta goffaggine, viene poi cancellato, perché ha scatenato troppe polemiche.
Ovviamente lo hanno già tutti letto, commentato e salvato.
Il danno è fatto.
Cosa diceva quell'anticipazione ? Questo.
<<Vorrei che ci liberassimo da una sorta di senso di colpa.
Noi non abbiamo il dovere morale di accoglierli, ripetiamocelo.
Noi abbiamon il dovere morale di accogliere in Italia tutte le persone che stanno peggio.
Se ciò avvenisse sarebbe un disastro etico, politico, sociale, e alla fine anche economico.>>.
Poi con caratteri ancora più grandi:
<<Noi non abbiamo il dovere morale di accoglierli, ripetiamocelo.
Ma abbiamo il dovere morale di aiutarli.
E di aiutarli davvero a casa loro>>.
Firmato: Matteo Renzi.
Le polemiche divampano.
Sembra, a tutti gli effetti un post scritto da Matteo Salvini.
Pippo Civati consiglia ironicamente agli elettori di <<diffidare dalle imitazioni>>, perché anche l'altro si chiama Matteo>>.
Pochi giorni dopo il ministro Minniti prenderà una serie di decisioni che piaceranno più al centrodestra che al centrosinistra.
La confusione è tale che accade anche questo: non pochi esponenti del Pd, per esempio Fiano e Genny Migliore, vanno in tivù a sostenere il governo e dunque Minniti.
Poi però, contemporaneamente vanno in piazza per unirsi alla protesta di quella parte della sinistra che vede in Minniti una sorte di nuovo Cossiga.
Una schizofrenia politica non indifferente.
La cancellazione del post denota insicurezza, pressapochismo e pavidità da parte del Partito democratico.
Renzi, che anche sul tema dei migranti ha compiuto un centinaio di giravolte, prova a mettere la classica toppa peggiore del buco.
Ecco la sua ennesima supercazzola su Facebook: <<Ho fatto una scommessa affascinante : parlare di cose serie sui social.
Non rincorrere i “mi piace”, ma affrontare temi difficili, delicati.
E discuterne
Non va di moda lo, lo so.
Ma è giusto così, secondo me.
Perchè penso di avere qualcosa da dire e molto da imparare, e questo mi piace.
E mi piace provare ad essere migliore>>.
Un po' Fonzie, un po' Giovanna d'Arco, un po' Conte Mascetti.
Un vero eroe postmoderno.
Qualche settimana dopo, nella sua imperdibile “Enews 485”, sorta di salmo laico renziano aq uso e consumo dei fedeli, Renzi fa una delloe poche cose in cui eccelle: si autoincensa.
Nello specifico, si accredita meriti imprecisati sulla questione migratoria.
Leggiamolo con la consueta attenzione:
<<Migliora il clima sulla questione migratoria: la strategia complessiva dell'Aiutarli davvero a casa
loro inizia a dare qualche frutto>>.
Gli risponde Alessandro Gilioli de L'Espresso che stimo molto, dalla sua pagi9na Facebook:
“ vedete gli equivoci a volte?
Io non avevo mica capito che 'aiutarli a casa loro' voleva dire armare e addestrare la polizia nigeriana perché circondasse i pozzi d'acqua e quindi costringesse i migranti a passare per i percorsi
del deserto senz'acqua.
Non avevo mica capito che aiutarli a casa loro fosse rinchiuderli negli hangar gestiti dai clan dove no possono entrare né medici né Ngo.
Non avevo capito che aiutarli a caswa loro fosse intrappolare per sempre i somali come schiavi, che
a casa non possono tornare sennò li fucilano per diserzione quindi resteranno per sempre carne da macello in Libia.
Non avevo capito che aiutarli a casa loro fosse riconvertire il businnes delle cosche libiche, quelle che prima gestivano i passaggi in mare e oggi prendono soldi da noi per tenere prigionieri i subsahariani.
Capita, a volte.
Che con le stesse parole, s'intendano cose diverse.
RENZU
SCONI
14. Aiutiamoli a casa loro
Il 7 luglio 2017, la pagina Facebook ufficiale del Partito democratico pubblica un'anticipazione dell'attesissimo (da Renzi) Avanti, il nuovo libro del segretario, che sin dal titolo omaggia l'altro suo maestro Craxi.
Quel post, con consueta goffaggine, viene poi cancellato, perché ha scatenato troppe polemiche.
Ovviamente lo hanno già tutti letto, commentato e salvato.
Il danno è fatto.
Cosa diceva quell'anticipazione ? Questo.
<<Vorrei che ci liberassimo da una sorta di senso di colpa.
Noi non abbiamo il dovere morale di accoglierli, ripetiamocelo.
Noi abbiamon il dovere morale di accogliere in Italia tutte le persone che stanno peggio.
Se ciò avvenisse sarebbe un disastro etico, politico, sociale, e alla fine anche economico.>>.
Poi con caratteri ancora più grandi:
<<Noi non abbiamo il dovere morale di accoglierli, ripetiamocelo.
Ma abbiamo il dovere morale di aiutarli.
E di aiutarli davvero a casa loro>>.
Firmato: Matteo Renzi.
Le polemiche divampano.
Sembra, a tutti gli effetti un post scritto da Matteo Salvini.
Pippo Civati consiglia ironicamente agli elettori di <<diffidare dalle imitazioni>>, perché anche l'altro si chiama Matteo>>.
Pochi giorni dopo il ministro Minniti prenderà una serie di decisioni che piaceranno più al centrodestra che al centrosinistra.
La confusione è tale che accade anche questo: non pochi esponenti del Pd, per esempio Fiano e Genny Migliore, vanno in tivù a sostenere il governo e dunque Minniti.
Poi però, contemporaneamente vanno in piazza per unirsi alla protesta di quella parte della sinistra che vede in Minniti una sorte di nuovo Cossiga.
Una schizofrenia politica non indifferente.
La cancellazione del post denota insicurezza, pressapochismo e pavidità da parte del Partito democratico.
Renzi, che anche sul tema dei migranti ha compiuto un centinaio di giravolte, prova a mettere la classica toppa peggiore del buco.
Ecco la sua ennesima supercazzola su Facebook: <<Ho fatto una scommessa affascinante : parlare di cose serie sui social.
Non rincorrere i “mi piace”, ma affrontare temi difficili, delicati.
E discuterne
Non va di moda lo, lo so.
Ma è giusto così, secondo me.
Perchè penso di avere qualcosa da dire e molto da imparare, e questo mi piace.
E mi piace provare ad essere migliore>>.
Un po' Fonzie, un po' Giovanna d'Arco, un po' Conte Mascetti.
Un vero eroe postmoderno.
Qualche settimana dopo, nella sua imperdibile “Enews 485”, sorta di salmo laico renziano aq uso e consumo dei fedeli, Renzi fa una delloe poche cose in cui eccelle: si autoincensa.
Nello specifico, si accredita meriti imprecisati sulla questione migratoria.
Leggiamolo con la consueta attenzione:
<<Migliora il clima sulla questione migratoria: la strategia complessiva dell'Aiutarli davvero a casa
loro inizia a dare qualche frutto>>.
Gli risponde Alessandro Gilioli de L'Espresso che stimo molto, dalla sua pagi9na Facebook:
“ vedete gli equivoci a volte?
Io non avevo mica capito che 'aiutarli a casa loro' voleva dire armare e addestrare la polizia nigeriana perché circondasse i pozzi d'acqua e quindi costringesse i migranti a passare per i percorsi
del deserto senz'acqua.
Non avevo mica capito che aiutarli a casa loro fosse rinchiuderli negli hangar gestiti dai clan dove no possono entrare né medici né Ngo.
Non avevo capito che aiutarli a caswa loro fosse intrappolare per sempre i somali come schiavi, che
a casa non possono tornare sennò li fucilano per diserzione quindi resteranno per sempre carne da macello in Libia.
Non avevo capito che aiutarli a casa loro fosse riconvertire il businnes delle cosche libiche, quelle che prima gestivano i passaggi in mare e oggi prendono soldi da noi per tenere prigionieri i subsahariani.
Capita, a volte.
Che con le stesse parole, s'intendano cose diverse.
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
L'Espresso
Home > Inchieste > Migranti, ecco i casi di accoglienza...
Uomini e no
Migranti, ecco i casi di accoglienza che funzionano. E che ora si sentono a rischio
Piccole strutture, diffuse sul territorio, dove si creano legami e si combattono stereotipi. È un modello che esiste anche in Italia. Ma non sono ascoltati. Mentre le strutture del "business", che andrebbero solo chiuse, vengono cavalcate per le campagne d'odio
di Francesca Sironi
20 giugno 2018
Migranti, ecco i casi di accoglienza che funzionano. E che ora si sentono a rischio
Centro Sprar a Chianche, nel Beneventano, gestito col supporto della Caritas
C’è la politica che grida, e quella che risponde. La politica che insulta, minaccia. E quella che prova a risolvere, che accoglie, che ha a cuore la coesione sociale. Oggi in Italia sono ospitati circa 170 mila richiedenti asilo. Vivono in strutture temporanee, coordinate dalle prefetture, o in centri ordinari che rientrano nel sistema Sprar dei Comuni. Per entrambi i rami, il ruolo del ministero dell’Interno è centrale. Ma con un titolare del ministero sempre più demagogico nelle scelte che prende e sostiene, senza opposizioni nel resto del governo, l’infrastruttura dell’accoglienza si trova ora sbalzata su una nuova frontiera.
«Lo avvertiamo. Il discorso d’odio è più facile. Chi era contro i progetti si sente autorizzato a parlare più forte», riflette Matteo Vairo, operatore in una cascina della rete di Don Gallo che si trova in provincia di Alessandria, dove abitano 18 profughi: «Con il Comune abbiamo un rapporto ottimo, i ragazzi fanno spesso i volontari, organizziamo eventi. Gesti ostili non ne abbiamo mai vissuti. Ma siamo preoccupati». In provincia di Brescia sono già accaduti anche i gesti, invece: molotov contro un albergo che avrebbe dovuto ospitare dei migranti; attacchi istituzionali a chi si occupa di integrazione.
Uomini e no: la copertina manifesto de L'Espresso
{}
[x]
«Il periodo elettorale è stato difficilissimo. Sono stato invitato ad alcuni dibattiti: quando mostravo la busta paga, spiegavo come lavoriamo, esponendo numeri e conti in modo trasparente, non volevano ascoltare. Ci urlavano “ladri” e basta. Alcune tv hanno trasmesso attacchi contro i profughi ogni settimana. Loro sentivano quello. Alla fine abbiamo preferito rimanere sottotono», racconta Carlo Cominelli, responsabile di K-Pax, una cooperativa che si occupa di rifugiati nell’alta Lombardia, con risultati d’inclusione eccellenti: «Assurdamente, le cose stavano cominciando ad andare meglio, ultimamente: riusciamo a dare più prospettive di occupazione, su impieghi da panettieri, tornitori, o in fonderia. E i controlli voluti dall’ex ministro Minniti nei centri straordinari stavano portando, almeno qui nel Bresciano, alla chiusura delle strutture improvvisate, migliorando gli standard. Ora, invece, siamo di nuovo in attesa».
========================================================================================================
vedi anche:
ESPRESSOMUNAFO-20180618161536924-jpg
"Braccianti e rider con le loro paghe da fame sono la nuova classe operaia. E devono unirsi"
"Nella piana di Gioia Tauro chi è fortunato può guadagnare 100 euro al mese. Ma anche chi fa consegne in città spesso guadagna quanto un bracciante". Parla il sindacalista Aboubakar Soumahoro
==========================================================================================================
Liviana Marelli rappresenta il coordinamento nazionale delle comunità per minori, italiani e stranieri. «La nostra paura», racconta: «è che venga distrutta la parte eccellente di quanto abbiamo costruito a fatica fin qui. Ovvero il modello dell’accoglienza diffusa, in piccoli numeri, da cui provare a impostare legami di vicinanza. Che aiutano tutti ad andare oltre gli stereotipi. Temiamo si torni ai grossi centri, che creano più conflitti e dolore, solo per avere un maggiore controllo. Le strutture disoneste, quelle del “business”, vanno semplicemente chiuse, non cavalcate, come sta accadendo». È nell’abbandono, nelle ipocrisie sui flussi, nelle incertezze burocratiche, nelle strutture aperte di corsa per un’emergenza che non è più tale, spiegano, che nasce il degrado.
Mentre a dare forza a chi si occupa seriamente d’accoglienza sono quelle buone pratiche. La verità dell’esperienza, sul territorio, dove i legami sono possibili, in segno spesso opposto rispetto alla paura macinata dai leader. «Ciò che interessa ai prefetti come ai sindaci, di destra o di sinistra, ai cittadini come alle forze sociali, a tutti, è in fondo solo che le cose funzionino. Ma funzionano soltanto quando i servizi ci sono, e vengono gestiti bene», aggiunge Oliviero Forti della Caritas: «Penso a un esempio: in provincia di Benevento supportiamo una rete di Comuni che grazie ai richiedenti asilo può tenere aperte le scuole, fermando lo spopolamento, dando lavoro ai residenti, trattenendo i giovani. Non dico sia semplice, o ovunque ugualmente positivo il risultato, ma c’è un intero paese che sa cosa significa integrazione». Che non lo dice forse abbastanza.
Un'altra immagine delle attività...
Un'altra immagine delle attività Sprar di successo nel Beneventano
Attaccare queste esperienze significa allora non solo non risolvere un problema. Ma crearne. Aumentare il rischio di faglie, e conflitti. Nel contratto di governo alla voce “immigrazione” sono dedicate tre pagine in cui si insiste soltanto sui rimpatri, sui controlli, sulla creazione di hub regionali in cui si avverte l’ombra dei vecchi Centri d’espulsione, sul togliere “i servizi ai privati” e alzare frontiere. «Mentre dovremmo ricominciare a parlare d’integrazione, e non solo di sbarchi», riflette Mohammed Saady, referente nazionale sui migranti della Cisl. «È il momento di farci sentire», gli fa eco da Scicli, in Sicilia, Giovanna Scifo, mentre corre da appuntamento all’altro nell’hub per minori di cui è coordinatrice, un progetto della chiesa Valdese intitolato “Mediterranean Hope”, speranza mediterranea, una speranza sempre più sotto attacco: «Noi almeno abbiamo la federazione valdese, che sostiene l’attività sia economicamente - contiamo solo sull’8 per mille, per portare avanti il centro - sia socialmente e sul piano politico nazionale. Ma la sinistra invece dov’è? Io ho 57 anni, sono di sinistra, sono qui per l’urgenza dell’impegno etico e morale che mi muove nei confronti del prossimo. Chi ci rappresenta?».
Il 20 giugno, ricorda, sarà la festa del rifugiato. In questo clima istituzionale di conflitto, di crisi umane e diplomatiche come quanto accaduto all’Aquarius, «bisognerebbe ritrovare l’impegno sociale. Su Facebook siamo sommersi d’odio anche noi. A Scicli tutti sanno che lavoriamo per il bene». Tiziana Bianchini, che ogni sera cerca di sottrarre vittime di tratta dalla schiavitù sessuale, con Coop lotta, a Sesto San Giovanni, è convinta della stessa necessità: «Bisogna raccontare la realtà. Le esperienze positive come le difficoltà. Non solo le polemiche ideologiche. Noi che seguiamo le persone fra medici, avvocati, norme, quotidianità, non sempre possiamo dedicarci come servirebbe al lavoro culturale, che è invece necessario». Per dare una risposta all’odio che parta dalla verità possibile dell’accoglienza. Che affronti le riforme necessarie in Italia, e in Europa, nella gestione dei flussi, delle destinazioni, dei servizi, partendo però dalla realtà. E non dagli slogan.
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accoglienza
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Uomini e no
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Piccole strutture, diffuse sul territorio, dove si creano legami e si combattono stereotipi. È un modello che esiste anche in Italia. Ma non sono ascoltati. Mentre le strutture del "business", che andrebbero solo chiuse, vengono cavalcate per le campagne d'odio
di Francesca Sironi
20 giugno 2018
Migranti, ecco i casi di accoglienza che funzionano. E che ora si sentono a rischio
Centro Sprar a Chianche, nel Beneventano, gestito col supporto della Caritas
C’è la politica che grida, e quella che risponde. La politica che insulta, minaccia. E quella che prova a risolvere, che accoglie, che ha a cuore la coesione sociale. Oggi in Italia sono ospitati circa 170 mila richiedenti asilo. Vivono in strutture temporanee, coordinate dalle prefetture, o in centri ordinari che rientrano nel sistema Sprar dei Comuni. Per entrambi i rami, il ruolo del ministero dell’Interno è centrale. Ma con un titolare del ministero sempre più demagogico nelle scelte che prende e sostiene, senza opposizioni nel resto del governo, l’infrastruttura dell’accoglienza si trova ora sbalzata su una nuova frontiera.
«Lo avvertiamo. Il discorso d’odio è più facile. Chi era contro i progetti si sente autorizzato a parlare più forte», riflette Matteo Vairo, operatore in una cascina della rete di Don Gallo che si trova in provincia di Alessandria, dove abitano 18 profughi: «Con il Comune abbiamo un rapporto ottimo, i ragazzi fanno spesso i volontari, organizziamo eventi. Gesti ostili non ne abbiamo mai vissuti. Ma siamo preoccupati». In provincia di Brescia sono già accaduti anche i gesti, invece: molotov contro un albergo che avrebbe dovuto ospitare dei migranti; attacchi istituzionali a chi si occupa di integrazione.
Uomini e no: la copertina manifesto de L'Espresso
{}
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«Il periodo elettorale è stato difficilissimo. Sono stato invitato ad alcuni dibattiti: quando mostravo la busta paga, spiegavo come lavoriamo, esponendo numeri e conti in modo trasparente, non volevano ascoltare. Ci urlavano “ladri” e basta. Alcune tv hanno trasmesso attacchi contro i profughi ogni settimana. Loro sentivano quello. Alla fine abbiamo preferito rimanere sottotono», racconta Carlo Cominelli, responsabile di K-Pax, una cooperativa che si occupa di rifugiati nell’alta Lombardia, con risultati d’inclusione eccellenti: «Assurdamente, le cose stavano cominciando ad andare meglio, ultimamente: riusciamo a dare più prospettive di occupazione, su impieghi da panettieri, tornitori, o in fonderia. E i controlli voluti dall’ex ministro Minniti nei centri straordinari stavano portando, almeno qui nel Bresciano, alla chiusura delle strutture improvvisate, migliorando gli standard. Ora, invece, siamo di nuovo in attesa».
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vedi anche:
ESPRESSOMUNAFO-20180618161536924-jpg
"Braccianti e rider con le loro paghe da fame sono la nuova classe operaia. E devono unirsi"
"Nella piana di Gioia Tauro chi è fortunato può guadagnare 100 euro al mese. Ma anche chi fa consegne in città spesso guadagna quanto un bracciante". Parla il sindacalista Aboubakar Soumahoro
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Liviana Marelli rappresenta il coordinamento nazionale delle comunità per minori, italiani e stranieri. «La nostra paura», racconta: «è che venga distrutta la parte eccellente di quanto abbiamo costruito a fatica fin qui. Ovvero il modello dell’accoglienza diffusa, in piccoli numeri, da cui provare a impostare legami di vicinanza. Che aiutano tutti ad andare oltre gli stereotipi. Temiamo si torni ai grossi centri, che creano più conflitti e dolore, solo per avere un maggiore controllo. Le strutture disoneste, quelle del “business”, vanno semplicemente chiuse, non cavalcate, come sta accadendo». È nell’abbandono, nelle ipocrisie sui flussi, nelle incertezze burocratiche, nelle strutture aperte di corsa per un’emergenza che non è più tale, spiegano, che nasce il degrado.
Mentre a dare forza a chi si occupa seriamente d’accoglienza sono quelle buone pratiche. La verità dell’esperienza, sul territorio, dove i legami sono possibili, in segno spesso opposto rispetto alla paura macinata dai leader. «Ciò che interessa ai prefetti come ai sindaci, di destra o di sinistra, ai cittadini come alle forze sociali, a tutti, è in fondo solo che le cose funzionino. Ma funzionano soltanto quando i servizi ci sono, e vengono gestiti bene», aggiunge Oliviero Forti della Caritas: «Penso a un esempio: in provincia di Benevento supportiamo una rete di Comuni che grazie ai richiedenti asilo può tenere aperte le scuole, fermando lo spopolamento, dando lavoro ai residenti, trattenendo i giovani. Non dico sia semplice, o ovunque ugualmente positivo il risultato, ma c’è un intero paese che sa cosa significa integrazione». Che non lo dice forse abbastanza.
Un'altra immagine delle attività...
Un'altra immagine delle attività Sprar di successo nel Beneventano
Attaccare queste esperienze significa allora non solo non risolvere un problema. Ma crearne. Aumentare il rischio di faglie, e conflitti. Nel contratto di governo alla voce “immigrazione” sono dedicate tre pagine in cui si insiste soltanto sui rimpatri, sui controlli, sulla creazione di hub regionali in cui si avverte l’ombra dei vecchi Centri d’espulsione, sul togliere “i servizi ai privati” e alzare frontiere. «Mentre dovremmo ricominciare a parlare d’integrazione, e non solo di sbarchi», riflette Mohammed Saady, referente nazionale sui migranti della Cisl. «È il momento di farci sentire», gli fa eco da Scicli, in Sicilia, Giovanna Scifo, mentre corre da appuntamento all’altro nell’hub per minori di cui è coordinatrice, un progetto della chiesa Valdese intitolato “Mediterranean Hope”, speranza mediterranea, una speranza sempre più sotto attacco: «Noi almeno abbiamo la federazione valdese, che sostiene l’attività sia economicamente - contiamo solo sull’8 per mille, per portare avanti il centro - sia socialmente e sul piano politico nazionale. Ma la sinistra invece dov’è? Io ho 57 anni, sono di sinistra, sono qui per l’urgenza dell’impegno etico e morale che mi muove nei confronti del prossimo. Chi ci rappresenta?».
Il 20 giugno, ricorda, sarà la festa del rifugiato. In questo clima istituzionale di conflitto, di crisi umane e diplomatiche come quanto accaduto all’Aquarius, «bisognerebbe ritrovare l’impegno sociale. Su Facebook siamo sommersi d’odio anche noi. A Scicli tutti sanno che lavoriamo per il bene». Tiziana Bianchini, che ogni sera cerca di sottrarre vittime di tratta dalla schiavitù sessuale, con Coop lotta, a Sesto San Giovanni, è convinta della stessa necessità: «Bisogna raccontare la realtà. Le esperienze positive come le difficoltà. Non solo le polemiche ideologiche. Noi che seguiamo le persone fra medici, avvocati, norme, quotidianità, non sempre possiamo dedicarci come servirebbe al lavoro culturale, che è invece necessario». Per dare una risposta all’odio che parta dalla verità possibile dell’accoglienza. Che affronti le riforme necessarie in Italia, e in Europa, nella gestione dei flussi, delle destinazioni, dei servizi, partendo però dalla realtà. E non dagli slogan.
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
Ue
Migranti, questo week end l'Europa si gioca il suo futuro a Bruxelles
Una riunione informale prima del vertice del 28 giugno per cercare un accordo tra i vari paesi in tema di immigrazione. Ma tra hotspot, frontiere, rimpatri e finanziamenti, le posizioni dei protagonisti sono lontanissime. E l'Italia appare isolata
di Federica Bianchi
22 giugno 2018
Forse la frase più significativa di questi tempi dilaniati da nazionalismi risorgenti l'ha detta il ministro francese dell'economia Bruno Le Maire qualche giorno fa: «L'Europa è in uno stato di decomposizione perché i suoi Paesi provano a trovare soluzioni nazionali a problemi che possono solo avere soluzioni europee».
In questo clima il vertice del 28 giugno a Bruxelles del Consiglio europeo, l'organo decisionale dell'Unione europea, è diventato data chiave. Sul tavolo di lavoro due saranno i temi caldi: la riforma dell'euro e quella degli strumenti di gestione dell'immigrazione. Tra i due, per una volta, è il secondo che ha l'attenzione incondizionata dei 28 leader. E questo nonostante l'emergenza migranti in realtà non ci sia: il numero degli sbarchi sulle coste italiane è sceso dal 2016 al 2017 del 77 per cento. Si è però trasformato da fenomeno occasionale a situazione strutturale destinata a durare nel tempo.
Ed è per questo che negli ultimi giorni a Bruxelles non si parla d'altro, tanto che, per assicurare una decisione, il braccio destro di Claude Junker, Martin Selmayer, ha convocato una riunione informale domenica 24 a Bruxelles per trovare un accordo sui movimenti primari e secondari tra i Paesi interessati.
Gli animi non potrebbero essere più esasperati e l'Italia più isolata: i Paesi di Visegrad che il ministro degli Interni, Matteo Salvini, considera alleati, in realtà lo sono soltanto sul rafforzamento dei confini esterni dell'Unione. Ma si rifiutano categoricamente di accettare la loro quota di rifugiati e chiedono all'Italia di riprendersi quelli che si sono spostati. Angela Merkel, minacciata dal suo alleato e ministro degli Interni Horst Seehofer di far cadere il governo se non impone la chiusura dei confini interni, cerca il dialogo con Roma. Ma il problema rimane la mancata riforma del Trattato di Dublino e la non volontà del Consiglio europeo (formato dai 27 capi di Stato) di votare sulla riforma a maggioranza qualificata (possibile) e non all'unanimità.
In questo stallo il blocco di Visegrad (Ungheria, Polonia, Slovacchia e Repubblica Ceca), con l'appoggio di Austria e Olanda, sta inasprendo le posizioni. «Germania e Olanda non si rendono conto che non può esistere un'Unione senza trasferimenti finanziari e condivisione dei problemi», s'infervora a cena Philippe Lambert, presidente del gruppo parlamentare dei Verdi.
L'Italia non può permettersi di cedere: una posizione che potrebbe unire e non dividere la politica italiana, come ha suggerito in un tweet venerdì mattina Graziano del Rio: «Giuseppe Conte convinca l'Europa a rendere obbligatorie le quote, pena la perdita dei finanziamenti». D'altra parte è da ben cinque presidenze europee (due anni e mezzo) che la riforma è argomento pressante ma regolarmente ignorato.
«Non esiste una soluzione sull'immigrazione in Europa che non passi per la riforma del Trattato di Dublino approvata dal parlamento europeo», continua a ripetere da Bruxelles l'eurodeputata Elly Schlein: «Dunque mi aspetto che il governo italiano la metta al centro delle sue richieste e priorità».
Ma la posizione dell'Italia mostra ancora delle incertezze. È quella recentemente espressa insieme a Cipro, Grecia, Malta e Spagna, nettamente favorevole a un sistema che ripartisca tra gli stati membri il numero di immigrati da vagliare in base al diritto o meno di asilo o è quella a cui ammicca Salvini quando dice di essere d'accordo con Ungheria e Austria sul rafforzamento dei confini e sul respingimento duro di ogni migrante?
Perché le due posizioni non hanno uguale effetto su di noi. Se passerà la linea “ungherese” l'Italia si ritroverà ad essere il campo profughi d'Europa. «Strano che sia ciò che vuole Salvini perché è contro gli interessi italiani», riflette preoccupato una fonte diplomatica di un Paese del Sud Europa: «Ma non è che vuole usare l'immigrazione per mettere fine all'Unione?»
Il dubbio circola. E così, siccome le possibilità di raggiungere una decisione finale su Dublino in pochi giorni sono scarse, il presidente del Consiglio, Donald Tusk sta cercando una soluzione cuscinetto confezionata per attenuare la retorica nazionalista mentre i capi di Stato lavorano a soluzioni più complesse che includeranno anche un certo grado di redistribuzione dei migranti.
L'accordo che pare più probabile è quello sul rafforzamento dei confini europei tramite lo stanziamento di maggiori risorse per la Guardia costiera europea (che salva vite in mare, aiuta la gestione dei 5 hotspot italiani ed esegue tutti i rimpatri subsahariani su richiesta dei Paesi membri - sono stati 25mila da novembre) e la costruzione di centri di smistamento sulle coste africane.
Su questi ultimi è bene capirsi. L'Unione europea non ha alcuna autorità su Paesi terzi come Tunisia, Marocco o Albania e dunque la decisione di predisporre dei centri dove vagliare i migranti non spetta a Angela Merkel o Emmanuel Macron. Il modello su cui invece si sta riflettendo, con l'intenzione di ampliarne capacità e competenze, è quello adottato in Libia e in Niger dall'Agenzia dei Rifugiati delle Nazioni Unite in collaborazione con l'Organizzazione internazionale dei migranti e il supporto economico dell'Unione europea. Si tratta di punti di riposta rapida in cui vengono accolti i migranti, ai quali poi è proposto o un rimpatrio volontario e assistito economicamente e psicologicamente oppure, se in possesso dei requisiti, un canale diretto per l'ingresso in Europa.
Ma affinché Paesi considerati “politicamente fragili” come la Tunisia decidano di ospitare iniziative simili e addirittura si offrano di collaborare alla presa in carico di una parte dei migranti illegali occorre che il progetto sia per loro attraente, sottolinea Nathalie Tocci, consigliera dell'Alto rappresentante Federica Mogherini. L'Europa dovrebbe mettere a disposizione due incentivi: canali di entrata legale (dunque un certo numero di visti) e rapporti commerciali convenienti. Difficile altrimenti che, pur con l'assistenza delle Nazioni Unite, un Paese volontariamente accetti di diventare campo profughi d'Europa al posto dell'Italia.
E poi c'è la questione rimpatri, su cui al Commissione è sensibilmente in ritardo a causa, anche, della riottosità africana. Sui 17 accordi siglati dall'Unione europea con Paesi terzi solo 5 sono in Africa e tra questi, che la Commissione vuole mantenere segreti su esplicita richiesta dei Paesi in questione, non c'è nessun paese del Maghreb e tantomeno la Nigeria, principale Paese di partenza.
Il dialogo in Europa non si è ancora spinto così lontano ma se l'approvazione degli hotspot e il rafforzamento di Frontex sanciranno anche l'inizio di un lavoro di distribuzione delle responsabilità sulla questione migranti tra Europa e Africa allora diventerà sempre più difficile per alcuni riottosi continuare a rifiutarsi di fare la propria parte.
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22 giugno 2018
Migranti, questo week end l'Europa si gioca il suo futuro a Bruxelles
Una riunione informale prima del vertice del 28 giugno per cercare un accordo tra i vari paesi in tema di immigrazione. Ma tra hotspot, frontiere, rimpatri e finanziamenti, le posizioni dei protagonisti sono lontanissime. E l'Italia appare isolata
di Federica Bianchi
22 giugno 2018
Forse la frase più significativa di questi tempi dilaniati da nazionalismi risorgenti l'ha detta il ministro francese dell'economia Bruno Le Maire qualche giorno fa: «L'Europa è in uno stato di decomposizione perché i suoi Paesi provano a trovare soluzioni nazionali a problemi che possono solo avere soluzioni europee».
In questo clima il vertice del 28 giugno a Bruxelles del Consiglio europeo, l'organo decisionale dell'Unione europea, è diventato data chiave. Sul tavolo di lavoro due saranno i temi caldi: la riforma dell'euro e quella degli strumenti di gestione dell'immigrazione. Tra i due, per una volta, è il secondo che ha l'attenzione incondizionata dei 28 leader. E questo nonostante l'emergenza migranti in realtà non ci sia: il numero degli sbarchi sulle coste italiane è sceso dal 2016 al 2017 del 77 per cento. Si è però trasformato da fenomeno occasionale a situazione strutturale destinata a durare nel tempo.
Ed è per questo che negli ultimi giorni a Bruxelles non si parla d'altro, tanto che, per assicurare una decisione, il braccio destro di Claude Junker, Martin Selmayer, ha convocato una riunione informale domenica 24 a Bruxelles per trovare un accordo sui movimenti primari e secondari tra i Paesi interessati.
Gli animi non potrebbero essere più esasperati e l'Italia più isolata: i Paesi di Visegrad che il ministro degli Interni, Matteo Salvini, considera alleati, in realtà lo sono soltanto sul rafforzamento dei confini esterni dell'Unione. Ma si rifiutano categoricamente di accettare la loro quota di rifugiati e chiedono all'Italia di riprendersi quelli che si sono spostati. Angela Merkel, minacciata dal suo alleato e ministro degli Interni Horst Seehofer di far cadere il governo se non impone la chiusura dei confini interni, cerca il dialogo con Roma. Ma il problema rimane la mancata riforma del Trattato di Dublino e la non volontà del Consiglio europeo (formato dai 27 capi di Stato) di votare sulla riforma a maggioranza qualificata (possibile) e non all'unanimità.
In questo stallo il blocco di Visegrad (Ungheria, Polonia, Slovacchia e Repubblica Ceca), con l'appoggio di Austria e Olanda, sta inasprendo le posizioni. «Germania e Olanda non si rendono conto che non può esistere un'Unione senza trasferimenti finanziari e condivisione dei problemi», s'infervora a cena Philippe Lambert, presidente del gruppo parlamentare dei Verdi.
L'Italia non può permettersi di cedere: una posizione che potrebbe unire e non dividere la politica italiana, come ha suggerito in un tweet venerdì mattina Graziano del Rio: «Giuseppe Conte convinca l'Europa a rendere obbligatorie le quote, pena la perdita dei finanziamenti». D'altra parte è da ben cinque presidenze europee (due anni e mezzo) che la riforma è argomento pressante ma regolarmente ignorato.
«Non esiste una soluzione sull'immigrazione in Europa che non passi per la riforma del Trattato di Dublino approvata dal parlamento europeo», continua a ripetere da Bruxelles l'eurodeputata Elly Schlein: «Dunque mi aspetto che il governo italiano la metta al centro delle sue richieste e priorità».
Ma la posizione dell'Italia mostra ancora delle incertezze. È quella recentemente espressa insieme a Cipro, Grecia, Malta e Spagna, nettamente favorevole a un sistema che ripartisca tra gli stati membri il numero di immigrati da vagliare in base al diritto o meno di asilo o è quella a cui ammicca Salvini quando dice di essere d'accordo con Ungheria e Austria sul rafforzamento dei confini e sul respingimento duro di ogni migrante?
Perché le due posizioni non hanno uguale effetto su di noi. Se passerà la linea “ungherese” l'Italia si ritroverà ad essere il campo profughi d'Europa. «Strano che sia ciò che vuole Salvini perché è contro gli interessi italiani», riflette preoccupato una fonte diplomatica di un Paese del Sud Europa: «Ma non è che vuole usare l'immigrazione per mettere fine all'Unione?»
Il dubbio circola. E così, siccome le possibilità di raggiungere una decisione finale su Dublino in pochi giorni sono scarse, il presidente del Consiglio, Donald Tusk sta cercando una soluzione cuscinetto confezionata per attenuare la retorica nazionalista mentre i capi di Stato lavorano a soluzioni più complesse che includeranno anche un certo grado di redistribuzione dei migranti.
L'accordo che pare più probabile è quello sul rafforzamento dei confini europei tramite lo stanziamento di maggiori risorse per la Guardia costiera europea (che salva vite in mare, aiuta la gestione dei 5 hotspot italiani ed esegue tutti i rimpatri subsahariani su richiesta dei Paesi membri - sono stati 25mila da novembre) e la costruzione di centri di smistamento sulle coste africane.
Su questi ultimi è bene capirsi. L'Unione europea non ha alcuna autorità su Paesi terzi come Tunisia, Marocco o Albania e dunque la decisione di predisporre dei centri dove vagliare i migranti non spetta a Angela Merkel o Emmanuel Macron. Il modello su cui invece si sta riflettendo, con l'intenzione di ampliarne capacità e competenze, è quello adottato in Libia e in Niger dall'Agenzia dei Rifugiati delle Nazioni Unite in collaborazione con l'Organizzazione internazionale dei migranti e il supporto economico dell'Unione europea. Si tratta di punti di riposta rapida in cui vengono accolti i migranti, ai quali poi è proposto o un rimpatrio volontario e assistito economicamente e psicologicamente oppure, se in possesso dei requisiti, un canale diretto per l'ingresso in Europa.
Ma affinché Paesi considerati “politicamente fragili” come la Tunisia decidano di ospitare iniziative simili e addirittura si offrano di collaborare alla presa in carico di una parte dei migranti illegali occorre che il progetto sia per loro attraente, sottolinea Nathalie Tocci, consigliera dell'Alto rappresentante Federica Mogherini. L'Europa dovrebbe mettere a disposizione due incentivi: canali di entrata legale (dunque un certo numero di visti) e rapporti commerciali convenienti. Difficile altrimenti che, pur con l'assistenza delle Nazioni Unite, un Paese volontariamente accetti di diventare campo profughi d'Europa al posto dell'Italia.
E poi c'è la questione rimpatri, su cui al Commissione è sensibilmente in ritardo a causa, anche, della riottosità africana. Sui 17 accordi siglati dall'Unione europea con Paesi terzi solo 5 sono in Africa e tra questi, che la Commissione vuole mantenere segreti su esplicita richiesta dei Paesi in questione, non c'è nessun paese del Maghreb e tantomeno la Nigeria, principale Paese di partenza.
Il dialogo in Europa non si è ancora spinto così lontano ma se l'approvazione degli hotspot e il rafforzamento di Frontex sanciranno anche l'inizio di un lavoro di distribuzione delle responsabilità sulla questione migranti tra Europa e Africa allora diventerà sempre più difficile per alcuni riottosi continuare a rifiutarsi di fare la propria parte.
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
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E il boss di 'ndrangheta ordinò al bambino: «Ora uccidi quell'infame di tua madre»
La drammatica storia vera del piccolo Rocco, che avrebbe dovuto ammazzare la mamma su ordine del padre. La racconta il libro "Rinnega tuo padre", viaggio tra le storie dei minorenni allontanati dal tribunale dalle famiglie appartenenti ai clan. Documenti e interviste raccolte dal giornalista dell'Espresso Giovanni Tizian
di Giovanni Tizian - foto di Pietro Masturzo
18 giugno 2018
E il boss di 'ndrangheta ordinò al bambino: «Ora uccidi quell'infame di tua madre»
«La devi ammazzare. Due colpi nella faccia di quell’infame di tua mamma e chiudiamo ’sta tragedia una volta per tutte. Devi farlo tu. Con l’età che c’hai non andrai in galera». Il padre fissava il piccolo Rocco, da lui si aspettava la stessa determinazione nel tenere lo sguardo alto. Non rimase deluso.
Erano uno di fronte all’altro nella campagna stretta tra l’Aspromonte e il mar Ionio. Seduti su poltroncine di plastica sotto un albero di arance in fiore, protetti da un lungo arbusto di gelsomino, che segnava il confine della tenuta. L’intenso e dolce profumo di gelsomino strideva con il cinico progetto di morte che don Nicola aveva appena consegnato nelle mani del suo erede.
Al racconto shock e inedito è dedicato il primo capitolo del libro appena pubblicato da Laterza dal titolo "Rinnega tuo padre" . Il piccolo Rocco è nato nel 2004, alcuni anni dopo l’ingresso di Nicola nella ’ndrina del paese. Rocco, tuttavia, non è il suo vero nome e sul paese possiamo dire poco. Non per omettere qualcosa, ma solo per tutelare il ragazzo, che oggi vive in una località protetta. Lontano da quel padre che voleva diventasse un killer, battezzato col sangue della madre come nelle più classiche delle tragedie greche. L’inizio di una carriera. Per diventare magari un giorno capomafia.
Rocco non vede più suo padre da oltre un anno. Vive con la mamma e la sorella fuori dalla Calabria. È uno degli ultimi ragazzi allontanati per decreto del Tribunale dal genitore ’ndranghetista. Il termine tecnico della procedura è “decadenza della responsabilità genitoriale”. Finora il presidente del Tribunale, Roberto Di Bella, ha firmato quasi 50 decreti di questo tipo. La decisione di intervenire non è indiscriminata. Si fonda su notizie provenienti da indagini della magistratura da cui emerge il degrado educativo di cui sono vittime questi ragazzi. Degrado educativo inteso come trasmissione di valori mafiosi e perciò trattato alla pari di un maltrattamento fisico. Per comprendere fino in fondo cosa si intenda per trasmissione della cultura ’ndranghetista e come questa venga inculcata nella mente di adolescenti indifesi, è necessario leggere gli atti che sono alla base delle decisioni del Tribunale.
Nelle pagine di Rinnega tuo padre, infatti, troviamo i tratti di una pedagogia parallela, l’educazione di un figlio al crimine. Il più piccolo degli “allontanati” nel 2016 aveva 12 anni. Per Rocco e altri ragazzini come lui, figli di latitanti, di boss, di soldati semplici, il destino familiare aveva riservato un posto nell’organizzazione. La ’ndrangheta, però, non aveva fatto i conti con un giudice altrettanto determinato e coraggioso. Il magistrato che ormai da cinque anni offre una via d’uscita all’obbligatorietà della pena. E che ha cambiato il corso degli eventi. Dimostrando come il destino non sia immutabile.
Rocco aveva impugnato per la prima volta la pistola a 12 anni. Gracile com’era, non era stato facile per lui premere il grilletto e resistere al rinculo. Suo padre aveva improvvisato un poligono artigianale nella campagna del nonno. Su un tavolo piazzato tra due alberi aveva sistemato alcuni barattoli di latta. Rocco aveva preso la mira con l’aiuto del papà. Poi in un attimo il colpo era partito e la tensione che aveva fatto tremare quelle gambe incerte di bambino si era sciolta. La seconda volta aveva sparato con il fucile del nonno. La terza di nuovo con la pistola. In un mese aveva ormai acquisito la sicurezza di un pistolero esperto. Agli occhi di suo padre stava diventando finalmente un uomo. Passavano gli inverni e le estati, e Rocco era pieno di ammirazione per quel padre autoritario e violento.
Rocco respirava ’ndrangheta e piombo. Chissà quale ruolo gli sarebbe toccato. Di certo, un giudice ha impedito che Rocco diventasse un killer bambino. Ha impedito che la vita di sua madre diventasse lo scalpo da portare in dono al capotribù in segno di riconoscenza. L’iniziazione, dopo la quale non è più possibile tornare indietro, non si è ultimata. Ancora qualche anno e avrebbe giurato fedeltà a san Michele Arcangelo con il sangue.
La madre aveva paura, per se stessa e per il figlio. Ecco un passaggio della sua testimonianza contenuta in Rinnega tuo padre: «Io non riesco più a controllare la pericolosità di mio figlio, che è manipolato dal padre e dal nonno, persone pregiudicate e molto pericolose. Dopo la denuncia, il mio ex marito mi ha fatto sapere, tramite mio figlio, che mi brucerà viva. Ho paura [...] mio figlio è abituato a usare armi, che gli dà il padre, e temo possa utilizzarle per commettere gravi reati contro noi familiari e sé stesso».
Il dramma di una famiglia, devastata dal senso distorto dell'onore.
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Giovanni Tizian
'ndrangheta
mafia
© Riproduzione riservata
E il boss di 'ndrangheta ordinò al bambino: «Ora uccidi quell'infame di tua madre»
La drammatica storia vera del piccolo Rocco, che avrebbe dovuto ammazzare la mamma su ordine del padre. La racconta il libro "Rinnega tuo padre", viaggio tra le storie dei minorenni allontanati dal tribunale dalle famiglie appartenenti ai clan. Documenti e interviste raccolte dal giornalista dell'Espresso Giovanni Tizian
di Giovanni Tizian - foto di Pietro Masturzo
18 giugno 2018
E il boss di 'ndrangheta ordinò al bambino: «Ora uccidi quell'infame di tua madre»
«La devi ammazzare. Due colpi nella faccia di quell’infame di tua mamma e chiudiamo ’sta tragedia una volta per tutte. Devi farlo tu. Con l’età che c’hai non andrai in galera». Il padre fissava il piccolo Rocco, da lui si aspettava la stessa determinazione nel tenere lo sguardo alto. Non rimase deluso.
Erano uno di fronte all’altro nella campagna stretta tra l’Aspromonte e il mar Ionio. Seduti su poltroncine di plastica sotto un albero di arance in fiore, protetti da un lungo arbusto di gelsomino, che segnava il confine della tenuta. L’intenso e dolce profumo di gelsomino strideva con il cinico progetto di morte che don Nicola aveva appena consegnato nelle mani del suo erede.
Al racconto shock e inedito è dedicato il primo capitolo del libro appena pubblicato da Laterza dal titolo "Rinnega tuo padre" . Il piccolo Rocco è nato nel 2004, alcuni anni dopo l’ingresso di Nicola nella ’ndrina del paese. Rocco, tuttavia, non è il suo vero nome e sul paese possiamo dire poco. Non per omettere qualcosa, ma solo per tutelare il ragazzo, che oggi vive in una località protetta. Lontano da quel padre che voleva diventasse un killer, battezzato col sangue della madre come nelle più classiche delle tragedie greche. L’inizio di una carriera. Per diventare magari un giorno capomafia.
Rocco non vede più suo padre da oltre un anno. Vive con la mamma e la sorella fuori dalla Calabria. È uno degli ultimi ragazzi allontanati per decreto del Tribunale dal genitore ’ndranghetista. Il termine tecnico della procedura è “decadenza della responsabilità genitoriale”. Finora il presidente del Tribunale, Roberto Di Bella, ha firmato quasi 50 decreti di questo tipo. La decisione di intervenire non è indiscriminata. Si fonda su notizie provenienti da indagini della magistratura da cui emerge il degrado educativo di cui sono vittime questi ragazzi. Degrado educativo inteso come trasmissione di valori mafiosi e perciò trattato alla pari di un maltrattamento fisico. Per comprendere fino in fondo cosa si intenda per trasmissione della cultura ’ndranghetista e come questa venga inculcata nella mente di adolescenti indifesi, è necessario leggere gli atti che sono alla base delle decisioni del Tribunale.
Nelle pagine di Rinnega tuo padre, infatti, troviamo i tratti di una pedagogia parallela, l’educazione di un figlio al crimine. Il più piccolo degli “allontanati” nel 2016 aveva 12 anni. Per Rocco e altri ragazzini come lui, figli di latitanti, di boss, di soldati semplici, il destino familiare aveva riservato un posto nell’organizzazione. La ’ndrangheta, però, non aveva fatto i conti con un giudice altrettanto determinato e coraggioso. Il magistrato che ormai da cinque anni offre una via d’uscita all’obbligatorietà della pena. E che ha cambiato il corso degli eventi. Dimostrando come il destino non sia immutabile.
Rocco aveva impugnato per la prima volta la pistola a 12 anni. Gracile com’era, non era stato facile per lui premere il grilletto e resistere al rinculo. Suo padre aveva improvvisato un poligono artigianale nella campagna del nonno. Su un tavolo piazzato tra due alberi aveva sistemato alcuni barattoli di latta. Rocco aveva preso la mira con l’aiuto del papà. Poi in un attimo il colpo era partito e la tensione che aveva fatto tremare quelle gambe incerte di bambino si era sciolta. La seconda volta aveva sparato con il fucile del nonno. La terza di nuovo con la pistola. In un mese aveva ormai acquisito la sicurezza di un pistolero esperto. Agli occhi di suo padre stava diventando finalmente un uomo. Passavano gli inverni e le estati, e Rocco era pieno di ammirazione per quel padre autoritario e violento.
Rocco respirava ’ndrangheta e piombo. Chissà quale ruolo gli sarebbe toccato. Di certo, un giudice ha impedito che Rocco diventasse un killer bambino. Ha impedito che la vita di sua madre diventasse lo scalpo da portare in dono al capotribù in segno di riconoscenza. L’iniziazione, dopo la quale non è più possibile tornare indietro, non si è ultimata. Ancora qualche anno e avrebbe giurato fedeltà a san Michele Arcangelo con il sangue.
La madre aveva paura, per se stessa e per il figlio. Ecco un passaggio della sua testimonianza contenuta in Rinnega tuo padre: «Io non riesco più a controllare la pericolosità di mio figlio, che è manipolato dal padre e dal nonno, persone pregiudicate e molto pericolose. Dopo la denuncia, il mio ex marito mi ha fatto sapere, tramite mio figlio, che mi brucerà viva. Ho paura [...] mio figlio è abituato a usare armi, che gli dà il padre, e temo possa utilizzarle per commettere gravi reati contro noi familiari e sé stesso».
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
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Magaldi: i falsi amici dei migranti che hanno piegato l’Italia
Scritto il 10/7/18 • nella Categoria: idee Condividi Tweet
Se ci sarà la possibilità che possa finire, un giorno, la tragedia dell’immigrazione nel Mediterraneo, lo si dovrà a Matteo Salvini – non certo ai finti progressisti che oggi lo contestano in modo violento e squadristico, pretendendo che ad accogliere i migranti sia la sola Italia, cioè il paese che il sedicente centrosinistra ha ridotto in bolletta, piegandosi ai signori europei del rigore e dello spread. Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt e battistrada del cantiere politico per il “partito che serve all’Italia” (tavola rotonda a Roma il 14 luglio), difende a spada tratta il neo-ministro dell’interno. Tutte le polemiche pretestuose contro Salvini, premette Magaldi a “Colors Radio”, finiscono per portare acqua al suo mulino. «Se si è intellettualmente onesti, non si possono attribuire a Salvini aggettivi come xenofobo, razzista o fascistoide. Cos’ha fatto, Salvini? Quale sarebbe la sua grave colpa? Ha semplicemente costretto l’Europa a farsi carico, finalmente, di un problema che è europeo, prima che italiano». Tra parentesi: cos’hanno fatto, i governi precedenti, per il benessere dei derelitti, dei torturati e degli oppressi del continente africano? Assolutamente nulla: «Non c’è stata nessuna preoccupazione per la condizione di vita di queste persone, nemmeno quando dimoravano nel loro paese prima di essere costrette a fuggire». Diritti umani, questi sconosciuti: i finti progressisti vorrebbero che se ne facesse carico il solo Salvini, dopo che loro hanno ignorato per decenni il dramma dell’Africa?
Campioni mondiali di ipocrisia, i buonisti nostrani. Magaldi li definisce progressisti “sedicenti, finti, fasulli”. Se hai davvero a cuore i diritti umani – insiste – dovresti preoccuparti di farli rispettare innanzitutto nei paesi d’origine dei migranti. E invece, Gioele Magaldinessuno di quelli che oggi fanno la morale a Salvini ha mai lanciato «neppure una proposta politica, in sede nazionale ed europea, per un Piano Marshall risolutivo delle problematiche gravissime in cui versano parecchi popoli e Stati». Piuttosto s’è detto “fateli entrare, li accogliamo tutti in Italia”. Ammette Magaldi: Piacerebbe anche a me, la formula “accogliamoli tutti”, perché vorrebbe dire che l’Italia sarebbe in salute. Ma sarebbe un’altra Italia, impegnata a «fare piena occupazione, tutelando la dignità dei salari e delle pensioni, e quindi delle persone», cioè un paese «senza precarietà né disoccupazione, con un grande piano di opere pubbliche per rigenerare le infrastrutture». Allora la musica cambierebbe: «In quel caso sarebbe la benvenuta, la nuova manodopera da ogni paese, per essere inserita nel tessuto sociale italiano. Allora sì che tutti ne sarebbero contenti. Invece – sottolinea Magadi – siamo in un paese dove ci è stato raccontato da decenni che abbiamo “vissuto al di sopra delle nostre possibilità” e campato “sulle spalle delle future generazioni”». E’ per questo, ci viene ripetuto a reti unificate, che si applicano politiche di feroce austerità e «bisogna stare entro i parametri paranoidi offerti da quattro tecnocrati fasulli che lavorano per conto terzi nelle sedicenti istituzioni europee».
Questo è il contesto italiano di oggi: «Devi tirare la cinghia e stare attento ai numeri del bilancio, non puoi più fare spesa pubblica né gestire la tua moneta». La facoltà di spesa, ovviamente, permetterebbe di «risolvere crisi economiche importanti e dare nuova occupazione, ammodernare il paese e dare fiato all’economia». E in questa situazione catastrofica cosa si fa? «Si ammette una immigrazione che – in termini marxiani – fa aumentare l’offerta di manodopera poco qualificata». Marx l’avrebbe definito “esercito di riserva del capitale”, quello formato dagli immigrati, costretti a fare lavori sottocosto facendo quindi diminuire ulteriormente «la capacità di contrattazione dei lavoratori italiani, peraltro già sottopagati, precarizzati e sbattuti fuori dai posti di lavoro». E questo, aggiunge Magaldi, sarebbe il modo giusto di concepire un grande slancio umanitario a favore dell’umanità derelitta? E bravi finto-progressisti: non paghi di aver affossato l’Italia con l’euro-crisi, ora Thomas Sankaravorrebbero che il paese si accollasse – da solo – anche la disperazione degli africani, senza peraltro aver mai fatto niente di buono per l’Africa.
«A Salvini manca ancora la “pars construens” progressista», riconosce Magaldi, secondo cui «il Movimento Roosevelt la suggerirà alla Lega, ai 5 Stelle al governo gialloverde di Conte». La proposta? Un Piano Marshall per l’Africa e per il Medio Oriente, andando a risolvere i problemi alla fonte. «Ecco perché abbiamo immaginato nell’autunno a Milano un evento nel segno di Thomas Sankara». Il leader sovranista del Burkina Faso, assassinato nel 1987, sarà accostato a Carlo Rosselli, ideologo del socialismo liberale, e al premier svedese Olof Palme, promotore del più avanzato welfare progressista. Due europei e, non a caso, un centrafricano come Sankara: «Un grande statista africano – lo tratteggia Magaldi – le cui idee sono utili oggi, ancor più che ieri quando Sankara viveva, prima di essere brutalmente ucciso». Comunque, se Lega e 5 Stelle non hanno ancora dimostrato «uno slancio decisamente progressista» come quello dimostrato da Sankara – fautore di un’Africa libera, sovrana ed economicamente indipendente, non più sfruttata dall’Occidente post-coloniale – lo stesso governo Conte ha però fatto registrare un primo passo importante: costringere l’Unione Europea ad affrontare in modo serio, cioè collegiale, una tragedia come quella dell’emigrazione africana. Di fatto, Salvini ha detto: visto che questo dell’immigrazione è un problema europeo, Matteo Salvinisarà bene che il resto dell’Europa smetta di fingere che sia soltanto un guaio che ricade sulle spalle della sola Italia.
«Le altre nazioni fanno come credono – aggiunge Magadli – ma nessuno dà dei razzisti xenofobi ai governanti spagnoli e francesi che sparano sui migranti, alzano muri e prendono a calci la gente alle frontiere». Aggiunge Magaldi: «In sostanza, Salvini ha detto: bene, per far capire che l’Italia finalmente ha un governo degno di questo nome, noi chiudiamo i porti. Non accettiamo più di farci carico da soli di questo problema, lo dobbiamo condividere in sede europea». E questo, sottolinea Magaldi, non lo fai con le chiacchiere: lo fai con i fatti. Per esempio: chiudendo i porti. «Salvini ha mostrato i muscoli, e il risultato deve far riflettere i finti progressisti: proprio la chiusura dei porti italiani ha indotto a più miti consigli questi ipocrici governanti europei che poi gridano alla “deriva fascistoide e xenofoba dell’Italia”. Questi sono i fatti, il resto sono chiacchiere». La crociata contro Salvini? «Oggi non ha senso spacciare la falsa moneta per cui, se si viene dalla Lega o dall’area del sedicente centrodestra, si è comunque sempre sotto esame di presunto fascismo o presunta xenofobia, mentre se si viene dal centrosinistra si è pronti per la santificazione umanitaria», conclude Magaldi. Troppo comodo, anche perché «il cosiddetto centrosinistra e il cosiddetto centrodestra, negli ultimi 25 anni, hanno fatta a gara nel non occuparsi dei diritti umani – né degli italiani, né tantomeno degli immigrati, che spesso vivono in condizioni infelici, di illegalità e sfruttamento».
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Magaldi: i falsi amici dei migranti che hanno piegato l’Italia
Scritto il 10/7/18 • nella Categoria: idee Condividi Tweet
Se ci sarà la possibilità che possa finire, un giorno, la tragedia dell’immigrazione nel Mediterraneo, lo si dovrà a Matteo Salvini – non certo ai finti progressisti che oggi lo contestano in modo violento e squadristico, pretendendo che ad accogliere i migranti sia la sola Italia, cioè il paese che il sedicente centrosinistra ha ridotto in bolletta, piegandosi ai signori europei del rigore e dello spread. Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt e battistrada del cantiere politico per il “partito che serve all’Italia” (tavola rotonda a Roma il 14 luglio), difende a spada tratta il neo-ministro dell’interno. Tutte le polemiche pretestuose contro Salvini, premette Magaldi a “Colors Radio”, finiscono per portare acqua al suo mulino. «Se si è intellettualmente onesti, non si possono attribuire a Salvini aggettivi come xenofobo, razzista o fascistoide. Cos’ha fatto, Salvini? Quale sarebbe la sua grave colpa? Ha semplicemente costretto l’Europa a farsi carico, finalmente, di un problema che è europeo, prima che italiano». Tra parentesi: cos’hanno fatto, i governi precedenti, per il benessere dei derelitti, dei torturati e degli oppressi del continente africano? Assolutamente nulla: «Non c’è stata nessuna preoccupazione per la condizione di vita di queste persone, nemmeno quando dimoravano nel loro paese prima di essere costrette a fuggire». Diritti umani, questi sconosciuti: i finti progressisti vorrebbero che se ne facesse carico il solo Salvini, dopo che loro hanno ignorato per decenni il dramma dell’Africa?
Campioni mondiali di ipocrisia, i buonisti nostrani. Magaldi li definisce progressisti “sedicenti, finti, fasulli”. Se hai davvero a cuore i diritti umani – insiste – dovresti preoccuparti di farli rispettare innanzitutto nei paesi d’origine dei migranti. E invece, Gioele Magaldinessuno di quelli che oggi fanno la morale a Salvini ha mai lanciato «neppure una proposta politica, in sede nazionale ed europea, per un Piano Marshall risolutivo delle problematiche gravissime in cui versano parecchi popoli e Stati». Piuttosto s’è detto “fateli entrare, li accogliamo tutti in Italia”. Ammette Magaldi: Piacerebbe anche a me, la formula “accogliamoli tutti”, perché vorrebbe dire che l’Italia sarebbe in salute. Ma sarebbe un’altra Italia, impegnata a «fare piena occupazione, tutelando la dignità dei salari e delle pensioni, e quindi delle persone», cioè un paese «senza precarietà né disoccupazione, con un grande piano di opere pubbliche per rigenerare le infrastrutture». Allora la musica cambierebbe: «In quel caso sarebbe la benvenuta, la nuova manodopera da ogni paese, per essere inserita nel tessuto sociale italiano. Allora sì che tutti ne sarebbero contenti. Invece – sottolinea Magadi – siamo in un paese dove ci è stato raccontato da decenni che abbiamo “vissuto al di sopra delle nostre possibilità” e campato “sulle spalle delle future generazioni”». E’ per questo, ci viene ripetuto a reti unificate, che si applicano politiche di feroce austerità e «bisogna stare entro i parametri paranoidi offerti da quattro tecnocrati fasulli che lavorano per conto terzi nelle sedicenti istituzioni europee».
Questo è il contesto italiano di oggi: «Devi tirare la cinghia e stare attento ai numeri del bilancio, non puoi più fare spesa pubblica né gestire la tua moneta». La facoltà di spesa, ovviamente, permetterebbe di «risolvere crisi economiche importanti e dare nuova occupazione, ammodernare il paese e dare fiato all’economia». E in questa situazione catastrofica cosa si fa? «Si ammette una immigrazione che – in termini marxiani – fa aumentare l’offerta di manodopera poco qualificata». Marx l’avrebbe definito “esercito di riserva del capitale”, quello formato dagli immigrati, costretti a fare lavori sottocosto facendo quindi diminuire ulteriormente «la capacità di contrattazione dei lavoratori italiani, peraltro già sottopagati, precarizzati e sbattuti fuori dai posti di lavoro». E questo, aggiunge Magaldi, sarebbe il modo giusto di concepire un grande slancio umanitario a favore dell’umanità derelitta? E bravi finto-progressisti: non paghi di aver affossato l’Italia con l’euro-crisi, ora Thomas Sankaravorrebbero che il paese si accollasse – da solo – anche la disperazione degli africani, senza peraltro aver mai fatto niente di buono per l’Africa.
«A Salvini manca ancora la “pars construens” progressista», riconosce Magaldi, secondo cui «il Movimento Roosevelt la suggerirà alla Lega, ai 5 Stelle al governo gialloverde di Conte». La proposta? Un Piano Marshall per l’Africa e per il Medio Oriente, andando a risolvere i problemi alla fonte. «Ecco perché abbiamo immaginato nell’autunno a Milano un evento nel segno di Thomas Sankara». Il leader sovranista del Burkina Faso, assassinato nel 1987, sarà accostato a Carlo Rosselli, ideologo del socialismo liberale, e al premier svedese Olof Palme, promotore del più avanzato welfare progressista. Due europei e, non a caso, un centrafricano come Sankara: «Un grande statista africano – lo tratteggia Magaldi – le cui idee sono utili oggi, ancor più che ieri quando Sankara viveva, prima di essere brutalmente ucciso». Comunque, se Lega e 5 Stelle non hanno ancora dimostrato «uno slancio decisamente progressista» come quello dimostrato da Sankara – fautore di un’Africa libera, sovrana ed economicamente indipendente, non più sfruttata dall’Occidente post-coloniale – lo stesso governo Conte ha però fatto registrare un primo passo importante: costringere l’Unione Europea ad affrontare in modo serio, cioè collegiale, una tragedia come quella dell’emigrazione africana. Di fatto, Salvini ha detto: visto che questo dell’immigrazione è un problema europeo, Matteo Salvinisarà bene che il resto dell’Europa smetta di fingere che sia soltanto un guaio che ricade sulle spalle della sola Italia.
«Le altre nazioni fanno come credono – aggiunge Magadli – ma nessuno dà dei razzisti xenofobi ai governanti spagnoli e francesi che sparano sui migranti, alzano muri e prendono a calci la gente alle frontiere». Aggiunge Magaldi: «In sostanza, Salvini ha detto: bene, per far capire che l’Italia finalmente ha un governo degno di questo nome, noi chiudiamo i porti. Non accettiamo più di farci carico da soli di questo problema, lo dobbiamo condividere in sede europea». E questo, sottolinea Magaldi, non lo fai con le chiacchiere: lo fai con i fatti. Per esempio: chiudendo i porti. «Salvini ha mostrato i muscoli, e il risultato deve far riflettere i finti progressisti: proprio la chiusura dei porti italiani ha indotto a più miti consigli questi ipocrici governanti europei che poi gridano alla “deriva fascistoide e xenofoba dell’Italia”. Questi sono i fatti, il resto sono chiacchiere». La crociata contro Salvini? «Oggi non ha senso spacciare la falsa moneta per cui, se si viene dalla Lega o dall’area del sedicente centrodestra, si è comunque sempre sotto esame di presunto fascismo o presunta xenofobia, mentre se si viene dal centrosinistra si è pronti per la santificazione umanitaria», conclude Magaldi. Troppo comodo, anche perché «il cosiddetto centrosinistra e il cosiddetto centrodestra, negli ultimi 25 anni, hanno fatta a gara nel non occuparsi dei diritti umani – né degli italiani, né tantomeno degli immigrati, che spesso vivono in condizioni infelici, di illegalità e sfruttamento».
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