Tav - No Tav
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Re: Tav.Manifestante precipita da traliccio, è grave
Lettera a Monti da oltre 300 docenti NO TAV
Al Presidente del Consiglio dei Ministri
On. Prof. Mario Monti
Palazzo Chigi
ROMA
Oggetto:
Appello per un ripensamento del progetto di nuova linea ferroviaria Torino – Lione, Progetto Prioritario TEN-T N° 6, sulla base di evidenze economiche, ambientali e sociali.
Onorevole Presidente,
ci rivolgiamo a Lei e al Governo da Lei presieduto, nella convinzione di trovare un ascolto attento e privo di pregiudizi a quanto intendiamo esporLe sulla base della nostra esperienza e competenza professionale ed accademica. Il problema della nuova linea ferroviaria ad alta velocità/alta capacità Torino-Lione rappresenta per noi, ricercatori, docenti e professionisti, una questione di metodo e di merito sulla quale non è più possibile soprassedere, nell’interesse del Paese. Ciò è tanto più vero nella presente difficile congiuntura economica che il suo Governo è chiamato ad affrontare.
Sentiamo come nostro dovere riaffermare – e nel seguito di questa lettera, argomentare – che il progetto1 della nuova linea ferroviaria Torino-Lione, inspiegabilmente definito “strategico”, non si giustifica dal punto di vista della domanda di trasporto merci e passeggeri, non presenta prospettive di convenienza economica né per il territorio attraversato né per i territori limitrofi né per il Paese, non garantisce in alcun modo il ritorno alle casse pubbliche degli ingenti capitali investiti (anche per la mancanza di un qualsivoglia piano finanziario), è passibile di generare ingenti danni ambientali diretti e indiretti, e infine è tale da generare un notevole impatto sociale sulle aree attraversate, sia per la prevista durata dei lavori, sia per il pesante stravolgimento della vita delle comunità locali e dei territori coinvolti.
Diminuita domanda di trasporto merci e passeggeri
Nel decennio tra il 2000 e il 2009, prima della crisi, il traffico complessivo di merci dei tunnel autostradali del Fréjus e del Monte Bianco è crollato del 31%.
Nel 2009 ha raggiunto il valore di 18 milioni di tonnellate di merci trasportate, come 22 anni prima.
Nello stesso periodo si è dimezzato anche il traffico merci sulla ferrovia del Fréjus, anziché raddoppiare come ipotizzato nel 2000 nella Dichiarazione di Modane sottoscritta dai Governi italiano e francese.
La nuova linea ferroviaria Torino-Lione, tra l’altro, non sarebbe nemmeno ad Alta Velocità per passeggeri perché, essendo quasi interamente in galleria, la velocità massima di esercizio sarà di 220 km/h, con tratti a 160 e 120 km/h, come risulta dalla VIA presentata dalle Ferrovie Italiane.
Per effetto del transito di treni passeggeri e merci, l’effettiva capacità della nuova linea ferroviaria Torino-Lione sarebbe praticamente identica a quella della linea storica, attualmente sottoutilizzata nonostante il suo ammodernamento terminato un anno fa e per il quale sono stati investiti da Italia e Francia circa 400 milioni di euro.
Assenza di vantaggi economici per il Paese
Per quanto attiene gli aspetti finanziari, ci sembra particolarmente importante sottolineare l’assenza di un effettivo ritorno del capitale investito. In particolare:
1. Non sono noti piani finanziari di sorta
Sono emerse recentemente ipotesi di una realizzazione del progetto per fasi, che richiedono nuove analisi tecniche, economiche e progettuali.
Inoltre l’assenza di un piano finanziario dell’opera, in un periodo di estrema scarsità di risorse pubbliche, rende ancora più incerto il quadro decisionale in cui si colloca, con gravi rischi di “stop and go”.
2. Il ritorno finanziario appare trascurabile, anche con scenari molto ottimistici.
Le analisi finanziarie preliminari sembrano coerenti con gli elevati costi e il modesto traffico, cioè il grado di copertura delle spese in conto capitale è probabilmente vicino a zero.
Il risultato dell’analisi costi-benefici effettuata dai promotori, e molto contestata, colloca comunque l’opera tra i progetti marginali.
3. Ci sono opere con ritorni certamente più elevati: occorre valutare le priorità
Risolvere i fenomeni di congestione estrema del traffico nelle aree metropolitane così come riabilitare e conservare il sistema ferroviario “storico” sono alternative da affrontare con urgenza, ricche di potenzialità innovativa, economicamente, ambientalmente e socialmente redditizie.
4. Il ruolo anticiclico di questo tipo di progetti sembra trascurabile.
Le grandi opere civili presentano un’elevatissima intensità di capitale, e tempi di realizzazione molto lunghi.
Altre forme di spesa pubblica presenterebbero moltiplicatori molto più significativi.
5. Ci sono legittimi dubbi funzionali, e quindi economici, sul concetto di corridoio.
I corridoi europei sono tracciati semi-rettilinei, con forti significati simbolici, ma privi di supporti funzionali.
Lungo tali corridoi vi possono essere tratte congestionate alternate a tratte con modesti traffici. Prevedere una continuità di investimenti per ragioni geometriche può dar luogo ad un uso molto inefficiente di risorse pubbliche, oggi drammaticamente scarse.
Bilancio energetico-ambientale nettamente negativo
Esiste una vasta letteratura scientifica nazionale e internazionale, da cui si desume chiaramente che i costi energetici e il relativo contributo all’effetto serra da parte dell’alta velocità sono enormemente acuiti dal consumo per la costruzione e l’operatività delle infrastrutture
(binari, viadotti, gallerie)
nonché dai più elevati consumi elettrici per l’operatività dei treni, non adeguatamente compensati da flussi di traffico sottratti ad altre modalità.
Non è pertanto in alcun modo ipotizzabile un minor contributo all’effetto serra, neanche rispetto al traffico autostradale di merci e passeggeri.
Le affermazioni in tal senso sono basate sui soli consumi operativi (trascurando le infrastrutture) e su assunzioni di traffico crescente (prive di fondamento, a parte alcune tratte e orari di particolare importanza).
Risorse sottratte al benessere del Paese
Molto spesso in passato è stato sostenuto che alcuni grandi progetti tecnologici erano altamente remunerativi e assolutamente sicuri;
la realtà ha purtroppo dimostrato il contrario.
Gli investimenti per grandi opere non giustificate da una effettiva domanda, lungi dal creare occupazione e crescita, sottraggono capitali e risorse all’innovazione tecnologica, alla competitività delle piccole e medie imprese che sostengono il tessuto economico nazionale, alla creazione di nuove opportunità lavorative e alla diminuzione del carico fiscale.
La nuova linea ferroviaria Torino-Lione, con un costo totale del tunnel transfrontaliero di base e tratte nazionali, previsto intorno ai 20 miliardi di euro
(e una prevedibile lievitazione fino a 30 miliardi e forse anche di più, per l’inevitabile adeguamento dei prezzi già avvenuto negli altri tratti di Alta Velocità realizzati),
penalizzerebbe l’economia italiana con un contributo al debito pubblico dello stesso ordine all’entità della stessa manovra economica che il Suo Governo ha messo in atto per fronteggiare la grave crisi economica e finanziaria che il Paese attraversa.
è legittimo domandarsi come e a quali condizioni potranno essere reperite le ingenti risorse necessarie a questa faraonica opera, e quale sarà il ruolo del capitale pubblico.
Alcune stime fanno pensare che grandi opere come TAV e ponte sullo stretto di Messina in realtà nascondano ingenti rischi per il rapporto debito/PIL del nostro Paese,
costituendo sacche di debito nascosto, la cui copertura viene attribuita a capitale privato, di fatto garantito dall’intervento pubblico.
Sostenibilità e democrazia
La sostenibilità dell’economia e della vita sociale non si limita unicamente al patrimonio naturale che diamo in eredità alle generazioni future, ma coinvolge anche le conquiste economiche e le istituzioni sociali, l’espressione democratica della volontà dei cittadini e la risoluzione pacifica dei conflitti.
In questo senso, l’applicazione di misure di sorveglianza di tipo militare dei cantieri della nuova linea ferroviaria Torino-Lione ci sembra un’anomalia che Le chiediamo vivamente di rimuovere al più presto, anche per dimostrare all’Unione Europea la capacità dell’Italia di instaurare un vero dialogo con i cittadini, basato su valutazioni trasparenti e documentabili, così come previsto dalla Convenzione di Århus2.
Per queste ragioni, Le chiediamo rispettosamente di rimettere in discussione in modo trasparente ed oggettivo le necessità dell’opera.
Non ci sembra privo di fondamento affermare che l’attuale congiuntura economica e finanziaria giustifichi ampiamente un eventuale ripensamento e consentirebbe al Paese di uscire con dignità da un progetto inutile, costoso e non privo di importanti conseguenze ambientali, anche per evitare di iniziare a realizzare un’opera che potrebbe essere completata solo assorbendo ingenti risorse da altri settori prioritari per la vita del Paese
Con viva cordialità e rispettosa attesa,
Sergio Ulgiati, Università Parthenope, Napoli
Ivan Cicconi, Esperto di infrastrutture e appalti pubblici
Luca Mercalli, Società Meteorologica Italiana
Marco Ponti, Politecnico di Milano
Riferimenti bibliografici: cfr. www.lalica.net
http://milanoinmovimento.com/news-strea ... nti-no-tav
Re: Tav.Manifestante precipita da traliccio, è grave
Buongiorno Mario , visto che il ragazzo è fuori pericolo si potrebbe modificare il titolo
stamattina su omnibus ennesima giostra : tav-no tav.
non potendo intervenire su cose decise e dibattute da 20 anni a questa parte il governo pensa al futuro .
Sei mesi di consultazioni sui progetti
Cambiano le regole per le Grandi opere. Il governo adotta
il modello francese che punta alla «democrazia partecipativa»
ROMA - Per costruire una grande opera dovrà essere effettuata una consultazione preventiva con tutti i soggetti interessati. Il governo Monti decide di cambiare le regole in materia di lavori pubblici e studia un provvedimento simile a quello introdotto in Francia nel 1995 che, assicurano gli esperti, ha ridotto dell'80 per cento la conflittualità riguardo alla realizzazione di progetti che hanno un impatto ambientale. Il piano è in fase avanzata, già entro la fine del mese potrebbe arrivare il testo del disegno di legge da sottoporre all'esame del Parlamento.
Il via libera definitivo è arrivato durante la riunione convocata due giorni fa a Palazzo Chigi per affrontare l'emergenza delle contestazioni del movimento No Tav. E i componenti dell'esecutivo si sono trovati d'accordo sulla necessità di accelerare i tempi perché, come ha sottolineato il ministro dell'Interno Anna Maria Cancellieri «prima si fa, meno tensioni di piazza si rischia di generare». Era stato il responsabile dello Sviluppo economico Corrado Passera, qualche settimana dopo la sua nomina a ministro, ad avviare la procedura per arrivare a una modifica dell'attuale normativa. La pratica era stata affidata al presidente dell'Osservatorio della Torino-Lione Mario Virano che in questi mesi ha effettuato numerose audizioni e due settimane fa ha incontrato i sindaci di tutta Italia proprio per illustrare il programma e ottenere suggerimenti. La sua relazione è nella fase della stesura finale, poi spetterà ai tecnici ministeriali mettere a punto l'articolato.
Il modello è quello del Débat Public, procedura in vigore in Francia grazie alla legge Barnier, che da 17 anni garantisce la cosiddetta «democrazia partecipativa». Al momento di avviare l'iter per la costruzione di un'opera pubblica, «il promotore deve presentare uno studio di fattibilità che tenga conto di tutti i fattori relativi alla realizzazione visto che presentano forti sfide socioeconomiche oppure hanno un impatto significativo sull'ambiente e sull'assetto del territorio». Oltre a questi fattori, si devono indicare i costi, i tempi, le conseguenze sull'occupazione e sull'economia del luogo scelto. A quel punto spetta a una sorta di Autorità di controllo - in Francia è una Commissione nazionale - convocare tutte le parti che possono avere un interesse e dunque i sindaci, gli abitanti dell'area, le associazioni ambientaliste e chiunque altro sia in grado di fornire elementi positivi o negativi. Ci sono sei mesi di tempo per effettuare le consultazioni, poi deve essere resa pubblica la valutazione finale indicando ogni parere espresso nel corso dell'istruttoria.
La parola torna così al promotore che non è obbligato ad accettare i suggerimenti, ma ha la consapevolezza - qualora decida di non tenerne conto - che in caso di conflittualità o contestazioni non avrà alcuna tutela o collaborazione da parte delle istituzioni, visto che aveva ricevuto una sorta di avviso preventivo. È prevista anche la rinuncia, se si ritiene che il progetto sia troppo complicato da portare a termine. Ma gli analisti assicurano che l'esperienza francese dimostra come in realtà si decida sempre di seguire le indicazioni ottenute dall'Autorità di controllo, proprio per avere la strada spianata al momento di dare il via ai lavori.
Durante la riunione di due giorni fa il ministro Passera ha illustrato questa procedura, evidenziando come il progetto iniziale sulla Tav sia stato modificato più volte il progetto e specificando che molti problemi - soprattutto con i cittadini e gli amministratori locali - sarebbero stati evitati se le consultazioni fossero avvenute prima dell'approvazione. Una linea sposata in pieno dal premier Mario Monti, che ha ricevuto il consenso dei ministri e in particolare della responsabile del Viminale. Del resto è stata proprio lei, in questi ultimi giorni, a sollecitare l'avvio di una nuova trattativa con i sindaci della Val di Susa per concedere privilegi a chi si schiererà a favore della Torino-Lione. In Italia esiste infatti una normativa che prevede la «partecipazione del pubblico» ma in realtà si riduce ad un annuncio a pagamento da pubblicare su due giornali per annunciare il progetto che nessuno legge e soprattutto che nessuno è in grado di far modificare visto che non esiste alcun organismo specifico al quale rivolgersi per contestarne la validità.
Fiorenza Sarzanini
4 marzo 2012 | 9:43
© RIPRODUZIONE RISERVATA
stamattina su omnibus ennesima giostra : tav-no tav.
non potendo intervenire su cose decise e dibattute da 20 anni a questa parte il governo pensa al futuro .
Sei mesi di consultazioni sui progetti
Cambiano le regole per le Grandi opere. Il governo adotta
il modello francese che punta alla «democrazia partecipativa»
ROMA - Per costruire una grande opera dovrà essere effettuata una consultazione preventiva con tutti i soggetti interessati. Il governo Monti decide di cambiare le regole in materia di lavori pubblici e studia un provvedimento simile a quello introdotto in Francia nel 1995 che, assicurano gli esperti, ha ridotto dell'80 per cento la conflittualità riguardo alla realizzazione di progetti che hanno un impatto ambientale. Il piano è in fase avanzata, già entro la fine del mese potrebbe arrivare il testo del disegno di legge da sottoporre all'esame del Parlamento.
Il via libera definitivo è arrivato durante la riunione convocata due giorni fa a Palazzo Chigi per affrontare l'emergenza delle contestazioni del movimento No Tav. E i componenti dell'esecutivo si sono trovati d'accordo sulla necessità di accelerare i tempi perché, come ha sottolineato il ministro dell'Interno Anna Maria Cancellieri «prima si fa, meno tensioni di piazza si rischia di generare». Era stato il responsabile dello Sviluppo economico Corrado Passera, qualche settimana dopo la sua nomina a ministro, ad avviare la procedura per arrivare a una modifica dell'attuale normativa. La pratica era stata affidata al presidente dell'Osservatorio della Torino-Lione Mario Virano che in questi mesi ha effettuato numerose audizioni e due settimane fa ha incontrato i sindaci di tutta Italia proprio per illustrare il programma e ottenere suggerimenti. La sua relazione è nella fase della stesura finale, poi spetterà ai tecnici ministeriali mettere a punto l'articolato.
Il modello è quello del Débat Public, procedura in vigore in Francia grazie alla legge Barnier, che da 17 anni garantisce la cosiddetta «democrazia partecipativa». Al momento di avviare l'iter per la costruzione di un'opera pubblica, «il promotore deve presentare uno studio di fattibilità che tenga conto di tutti i fattori relativi alla realizzazione visto che presentano forti sfide socioeconomiche oppure hanno un impatto significativo sull'ambiente e sull'assetto del territorio». Oltre a questi fattori, si devono indicare i costi, i tempi, le conseguenze sull'occupazione e sull'economia del luogo scelto. A quel punto spetta a una sorta di Autorità di controllo - in Francia è una Commissione nazionale - convocare tutte le parti che possono avere un interesse e dunque i sindaci, gli abitanti dell'area, le associazioni ambientaliste e chiunque altro sia in grado di fornire elementi positivi o negativi. Ci sono sei mesi di tempo per effettuare le consultazioni, poi deve essere resa pubblica la valutazione finale indicando ogni parere espresso nel corso dell'istruttoria.
La parola torna così al promotore che non è obbligato ad accettare i suggerimenti, ma ha la consapevolezza - qualora decida di non tenerne conto - che in caso di conflittualità o contestazioni non avrà alcuna tutela o collaborazione da parte delle istituzioni, visto che aveva ricevuto una sorta di avviso preventivo. È prevista anche la rinuncia, se si ritiene che il progetto sia troppo complicato da portare a termine. Ma gli analisti assicurano che l'esperienza francese dimostra come in realtà si decida sempre di seguire le indicazioni ottenute dall'Autorità di controllo, proprio per avere la strada spianata al momento di dare il via ai lavori.
Durante la riunione di due giorni fa il ministro Passera ha illustrato questa procedura, evidenziando come il progetto iniziale sulla Tav sia stato modificato più volte il progetto e specificando che molti problemi - soprattutto con i cittadini e gli amministratori locali - sarebbero stati evitati se le consultazioni fossero avvenute prima dell'approvazione. Una linea sposata in pieno dal premier Mario Monti, che ha ricevuto il consenso dei ministri e in particolare della responsabile del Viminale. Del resto è stata proprio lei, in questi ultimi giorni, a sollecitare l'avvio di una nuova trattativa con i sindaci della Val di Susa per concedere privilegi a chi si schiererà a favore della Torino-Lione. In Italia esiste infatti una normativa che prevede la «partecipazione del pubblico» ma in realtà si riduce ad un annuncio a pagamento da pubblicare su due giornali per annunciare il progetto che nessuno legge e soprattutto che nessuno è in grado di far modificare visto che non esiste alcun organismo specifico al quale rivolgersi per contestarne la validità.
Fiorenza Sarzanini
4 marzo 2012 | 9:43
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Re: Tav - No Tav
maroni mandava la celere a massacrare la gente, la ministra attuale pure
E il PD ancora li appoggia, BASTA!
E il PD ancora li appoggia, BASTA!
"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
Robert Harris, "Archangel"
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Re: Tav - No Tav
Il paese è in recessione, non si sà quanti anni ci voglia per ritornare a crescere buttiamo via dei soldi che servirebbero per fare molte cose urgenti in questo paese.
Ospedali fatisceti,carceri eccc......Si sono cose piu urgenti da fare.Monti sei solamente uguale a quelli che ti hanno preceduto,non ascolti i cittadini.
Sei stato messo li per fare quello che ti dicono i partiti?O ascolti pure la popolazione.I partiti che ti sostengono sono Obsoleti.
Ciao
Paolo11
Ospedali fatisceti,carceri eccc......Si sono cose piu urgenti da fare.Monti sei solamente uguale a quelli che ti hanno preceduto,non ascolti i cittadini.
Sei stato messo li per fare quello che ti dicono i partiti?O ascolti pure la popolazione.I partiti che ti sostengono sono Obsoleti.
Ciao
Paolo11
Re: Tav - No Tav
L'EDITORIALE
Una strana gioventù
che odia la velocità
di EUGENIO SCALFARI
Ieri è stato il sabato dei No-Tav in Valle e fuori Valle, a Roma e a Milano, a Mantova, ad Imperia, a Pisa, ad Alessandria, a Pesaro, ad Avellino e in molti altri luoghi urbani e universitari. Gli studenti sono infatti molto impegnati e la Tav - cioè l'Alta Velocità - è diventata l'obiettivo su cui puntare i fucili della polemica, la sfida alla politica e al governo, alle banche e al capitale, all'Europa dei tecnocrati e ai "media" servi dei padroni.
Però i cortei di ieri erano colorati e anche festosi. Qua e là qualche incidente e qualche occupazione stradale ma per fortuna nulla di grave.
Resta pur sempre il problema di come sbloccare la situazione nella Valle. L'idea d'una moratoria (Di Pietro) è bizzarra: i lavori sono in ritardo di sei anni e tutte le indagini geologiche, economiche, ambientali, impiantistiche che dovevano esser fatte sono state fatte; le modifiche al tracciato per venire incontro ad alcune richieste dei sindaci e delle popolazioni che rappresentano, sono state effettuate.
L'idea avanzata da Adriano Sofri d'una consultazione para-referendaria solleverebbe una quantità di questioni molto più spinose di quelle che in teoria dovrebbe risolvere. Anzitutto: chi dovrebbe votare in quella consultazione? I residenti nella Valle o anche le popolazioni servite dalla linea ferroviaria direttamente e indirettamente? E quali sono quelle popolazioni? Torino? Alessandria? Genova? Modena? Il Nordest?
O addirittura tutta l'Italia
se si sta discutendo d'un interesse generale che confligge con alcuni interessi particolari? Per questo c'è un Parlamento e un governo. Il referendum non è previsto né prevedibile, specie quando c'è di mezzo una direttiva europea ed un accordo internazionale tra Italia e Francia.
Infine, una consultazione para-referendiaria creerebbe un precedente che sarebbe certamente invocato per ogni opera pubblica. Capisco le buone intenzioni di Sofri, ma in questo modo si sfascerebbe definitivamente l'amministrazione di un Paese che è già molto sfasciata.
Mi stupisce in particolare la posizione degli studenti, ostile all'Alta Velocità. I treni stanno accrescendo le loro "performance" in tutto il mondo. Sono palesemente in gara con i trasporti aerei. Le linee "dorsali" consentono la costruzione di nuove reti che sviluppino i trasporti locali e "pendolari". Cinquant'anni fa un meccanismo analogo e un'analoga rete furono creati per i trasporti su gomma. Ricordo che la sinistra italiana pose il problema dell'altissimo livello di inquinamento creato dal trasporto su gomma. Il problema fu discusso fin dagli inizi degli anni Cinquanta dello scorso secolo; lo sostenevano uomini come Riccardo Lombardi, Antonio Giolitti, La Malfa, Natoli, ma furono sconfitti: l'alleanza tra l'Eni e la Fiat puntava sul trasporto su gomma e fu quella la scelta. Ma oggi la tecnologia consente di riproporre il treno e gli ecologisti dovrebbero essere in festa ai cortei favorevoli all'Alta Velocità. E i giovani insieme a loro.
Perché sono contrari? Ho letto che tra i più contrari ci sono gli studenti dell'Università della Calabria. Sono di origini calabresi e conosco bene quei territori. Le amministrazioni locali non avevano mai raggiunto un livello di degrado organizzativo e morale come adesso. I giovani dell'Università della Calabria ne avrebbero di problemi da affrontare. Invece si mobilitano contro l'Alta Velocità. Ma che senso ha? Lo "sfasciume pendulo" calabrese segnalato da Giustino Fortunato 150 anni fa continua a far precipitare le montagne fangose nei torrenti e nel mare sottostante. Cristo si era fermato a Eboli, ma nel frattempo la 'Ndrangheta ha fatto man bassa su tutti i territori di quelle zone.
Si teme che le organizzazioni mafiose si aggiudichino le commesse per la costruzione delle reti Tav. Questo sì, è un problema assai grave che va affrontato; non per impedire le opere ma per farle con tutti i crismi di legalità. Se il movimento e i sindaci della Valle si mobilitassero per garantire questi obiettivi; se gli studenti, i giovani, i lavoratori, lottassero per consimili risultati in tutto il Paese: questa sì, sarebbe una battaglia che potrebbe rappresentare un salto in avanti di tutta la società italiana e l'inno per quei cortei è già bello e pronto: "When the Saints / go marching in / I want to be in that number". Coraggio, studenti del Duemila. I vostri padri e i vostri nonni avrebbero voluto qualche cosa di simile, ma rimasero a mezza strada e le loro speranze furono riassorbite dagli interessi delle "lobby". Oggi si può tentare una spallata a quegli interessi, ma bisogna stare dalla parte giusta, non da quella sbagliata.
* * *
Le riflessioni fin qui fatte ci portano a riconsiderare (l'ho già fatto più volte nelle scorse settimane) la politica di Monti e il tema del "dopo Monti" che col passare dei mesi si pone con crescente attualità.
Il governo ha compiuto da poco i suoi cento giorni. Ha fatto qualche errore di percorso (chi non ne fa?) sostanzialmente veniale. In qualche punto ha dovuto tener conto della maggioranza che lo sostiene e degli interessi che i vari partiti rappresentano. Ma nel complesso la sua azione si è svolta nella giusta direzione e con la massima velocità.
I dati economici e finanziari parlano da soli e il loro linguaggio è talmente univoco che non vale la pena di sottoporli di nuovo all'attenzione dei lettori.
Nei prossimi giorni entrerà nel concreto la riforma del mercato del lavoro. Ci sono ancora molti punti da decidere tra le parti, ma la sensazione è che un accordo si stia profilando anche se la sua messa in opera avverrà per fasi successive. La sostanza della riforma è che l'accordo copra tutti i vari aspetti del sociale e proceda in modo bilanciato, senza abbandonare vecchie tutele se non quando le nuove saranno pronte e le relative coperture finanziarie disponibili.
Ci vorranno anni perché la riforma possa dirsi compiuta e i suoi obiettivi raggiunti: l'eliminazione del precariato, la flessibilità in entrata e in uscita, il mantenimento della giusta causa per tutti i lavoratori, lo sfoltimento delle diverse tipologie contrattuali, le tutele estese a tutti indipendentemente dal contratto e dalle dimensioni dell'azienda, i processi di formazione.
Ma soprattutto ci vorrà la crescita del sistema e della sua produttività che richiede interventi del governo e impegno degli imprenditori e dei lavoratori. C'è un grosso equivoco ancora da chiarire su questo punto: la responsabilità degli imprenditori per quanto riguarda la produttività è nettamente superiore a quella dei lavoratori. Sarà molto opportuno che questo elemento del problema sia sottolineato e rappresenti un impegno concreto delle associazioni imprenditoriali.
A questo punto si pone la questione del "dopo Monti". Il presidente del Consiglio - al quale l'ironia non fa certo difetto - ha detto qualche giorno fa che "se farà bene, alla scadenza della legislatura la sua presenza non sarà più necessaria né richiesta; se farà male invece gli si chiederà di restare". Ma c'è una terza ipotesi: che abbia fatto bene ma che il lavoro sia ancora incompiuto. Questa è una parte del tema che chiamiamo "il dopo Monti". Ma c'è un'altra parte non meno importante (anzi di più): la discontinuità che il governo Monti ha prodotto e non perché interamente composto da tecnici ma per le modalità che hanno determinato la sua nascita. Questo è il vero tema del "dopo Monti".
* * *
Per colmare quella discontinuità occorre una riforma seria dei partiti, del loro modo di funzionare e soprattutto del loro ruolo nella società. Spetta agli interessati riformarsi anche se non è facile che il malato sappia auto-curarsi. Questa comunque è la prova cui tutte le forze politiche, nessuna esclusa, sono chiamate e che incrocia la riforma della legge elettorale e le riforme istituzionali della "governance".
Ci sono poi le operazioni di schieramento. Berlusconi ha lanciato il "tutti per l'Italia" proponendo che sia Monti a guidare una coalizione basata su due pilastri: i moderati da un lato (con Casini e Fini sottobraccio a lui medesimo) e il Pd dall'altro.
Quest'operazione (l'ha scritto Massimo Giannini ed è l'esatta verità) è disperata: è il solo modo che resta a Berlusconi di garantire l'esistenza del suo partito e la propria. Ma proprio per questo, né Casini né Fini e tantomeno Bersani accetteranno quest'ipotesi. Anzi l'hanno già proclamato e quindi l'ipotesi è inesistente.
L'altra possibilità è un'alleanza (elettorale o post-elettorale) tra il Centro e la Sinistra riformista. Un Centro ovviamente rinforzato dall'implosione del Pdl e una Sinistra riformista che recuperi l'ampia fuga che l'ha assottigliata rispetto alle politiche del 2008.
Su questo tema si discute molto ma spesso con idee assai confuse. Se può essere utile l'esperienza d'un vecchio testimone della politica italiana, il mio parere è questo: il Partito democratico è cosa diversa sia dall'Ulivo sia - ancor più - dai partiti post-comunisti e post-democristiani che lo precedettero. Si può definire un "cappuccino", fatto di latte e di caffè. Questi due elementi possono essere diversamente dosati secondo le contingenze, ma nessuno dei due può essere eliminato perché - se lo fosse - il cappuccino non esisterebbe più e ci sarebbe soltanto il caffè da una parte e il latte dall'altra.
Ho usato un'immagine pedestre per esser chiaro e me ne scuso, ma la sostanza è quella.
Il Pd e il Centro possono allearsi per una legislatura costituente. Possono chiedere a Monti di presiedere il governo. Monti risponderà come crede, ma ove la risposta fosse positiva penso che il Parlamento riunito per eleggere il presidente della Repubblica dovrebbe votare per un nuovo settennato di Giorgio Napolitano. Lui e Monti ci stanno portando fuori dal tunnel. Se il lavoro si deve compiere nessuno meglio di quel tandem può farlo. Napolitano - lo conosco bene - dirà risolutamente di no, ma se il nuovo Parlamento decidesse in quel senso penso che dovrebbe arrendersi alla volontà dei rappresentanti del popolo sovrano.
(04 marzo 2012)
http://www.repubblica.it/politica/2012/ ... ef=HRER1-1
Una strana gioventù
che odia la velocità
di EUGENIO SCALFARI
Ieri è stato il sabato dei No-Tav in Valle e fuori Valle, a Roma e a Milano, a Mantova, ad Imperia, a Pisa, ad Alessandria, a Pesaro, ad Avellino e in molti altri luoghi urbani e universitari. Gli studenti sono infatti molto impegnati e la Tav - cioè l'Alta Velocità - è diventata l'obiettivo su cui puntare i fucili della polemica, la sfida alla politica e al governo, alle banche e al capitale, all'Europa dei tecnocrati e ai "media" servi dei padroni.
Però i cortei di ieri erano colorati e anche festosi. Qua e là qualche incidente e qualche occupazione stradale ma per fortuna nulla di grave.
Resta pur sempre il problema di come sbloccare la situazione nella Valle. L'idea d'una moratoria (Di Pietro) è bizzarra: i lavori sono in ritardo di sei anni e tutte le indagini geologiche, economiche, ambientali, impiantistiche che dovevano esser fatte sono state fatte; le modifiche al tracciato per venire incontro ad alcune richieste dei sindaci e delle popolazioni che rappresentano, sono state effettuate.
L'idea avanzata da Adriano Sofri d'una consultazione para-referendaria solleverebbe una quantità di questioni molto più spinose di quelle che in teoria dovrebbe risolvere. Anzitutto: chi dovrebbe votare in quella consultazione? I residenti nella Valle o anche le popolazioni servite dalla linea ferroviaria direttamente e indirettamente? E quali sono quelle popolazioni? Torino? Alessandria? Genova? Modena? Il Nordest?
O addirittura tutta l'Italia
se si sta discutendo d'un interesse generale che confligge con alcuni interessi particolari? Per questo c'è un Parlamento e un governo. Il referendum non è previsto né prevedibile, specie quando c'è di mezzo una direttiva europea ed un accordo internazionale tra Italia e Francia.
Infine, una consultazione para-referendiaria creerebbe un precedente che sarebbe certamente invocato per ogni opera pubblica. Capisco le buone intenzioni di Sofri, ma in questo modo si sfascerebbe definitivamente l'amministrazione di un Paese che è già molto sfasciata.
Mi stupisce in particolare la posizione degli studenti, ostile all'Alta Velocità. I treni stanno accrescendo le loro "performance" in tutto il mondo. Sono palesemente in gara con i trasporti aerei. Le linee "dorsali" consentono la costruzione di nuove reti che sviluppino i trasporti locali e "pendolari". Cinquant'anni fa un meccanismo analogo e un'analoga rete furono creati per i trasporti su gomma. Ricordo che la sinistra italiana pose il problema dell'altissimo livello di inquinamento creato dal trasporto su gomma. Il problema fu discusso fin dagli inizi degli anni Cinquanta dello scorso secolo; lo sostenevano uomini come Riccardo Lombardi, Antonio Giolitti, La Malfa, Natoli, ma furono sconfitti: l'alleanza tra l'Eni e la Fiat puntava sul trasporto su gomma e fu quella la scelta. Ma oggi la tecnologia consente di riproporre il treno e gli ecologisti dovrebbero essere in festa ai cortei favorevoli all'Alta Velocità. E i giovani insieme a loro.
Perché sono contrari? Ho letto che tra i più contrari ci sono gli studenti dell'Università della Calabria. Sono di origini calabresi e conosco bene quei territori. Le amministrazioni locali non avevano mai raggiunto un livello di degrado organizzativo e morale come adesso. I giovani dell'Università della Calabria ne avrebbero di problemi da affrontare. Invece si mobilitano contro l'Alta Velocità. Ma che senso ha? Lo "sfasciume pendulo" calabrese segnalato da Giustino Fortunato 150 anni fa continua a far precipitare le montagne fangose nei torrenti e nel mare sottostante. Cristo si era fermato a Eboli, ma nel frattempo la 'Ndrangheta ha fatto man bassa su tutti i territori di quelle zone.
Si teme che le organizzazioni mafiose si aggiudichino le commesse per la costruzione delle reti Tav. Questo sì, è un problema assai grave che va affrontato; non per impedire le opere ma per farle con tutti i crismi di legalità. Se il movimento e i sindaci della Valle si mobilitassero per garantire questi obiettivi; se gli studenti, i giovani, i lavoratori, lottassero per consimili risultati in tutto il Paese: questa sì, sarebbe una battaglia che potrebbe rappresentare un salto in avanti di tutta la società italiana e l'inno per quei cortei è già bello e pronto: "When the Saints / go marching in / I want to be in that number". Coraggio, studenti del Duemila. I vostri padri e i vostri nonni avrebbero voluto qualche cosa di simile, ma rimasero a mezza strada e le loro speranze furono riassorbite dagli interessi delle "lobby". Oggi si può tentare una spallata a quegli interessi, ma bisogna stare dalla parte giusta, non da quella sbagliata.
* * *
Le riflessioni fin qui fatte ci portano a riconsiderare (l'ho già fatto più volte nelle scorse settimane) la politica di Monti e il tema del "dopo Monti" che col passare dei mesi si pone con crescente attualità.
Il governo ha compiuto da poco i suoi cento giorni. Ha fatto qualche errore di percorso (chi non ne fa?) sostanzialmente veniale. In qualche punto ha dovuto tener conto della maggioranza che lo sostiene e degli interessi che i vari partiti rappresentano. Ma nel complesso la sua azione si è svolta nella giusta direzione e con la massima velocità.
I dati economici e finanziari parlano da soli e il loro linguaggio è talmente univoco che non vale la pena di sottoporli di nuovo all'attenzione dei lettori.
Nei prossimi giorni entrerà nel concreto la riforma del mercato del lavoro. Ci sono ancora molti punti da decidere tra le parti, ma la sensazione è che un accordo si stia profilando anche se la sua messa in opera avverrà per fasi successive. La sostanza della riforma è che l'accordo copra tutti i vari aspetti del sociale e proceda in modo bilanciato, senza abbandonare vecchie tutele se non quando le nuove saranno pronte e le relative coperture finanziarie disponibili.
Ci vorranno anni perché la riforma possa dirsi compiuta e i suoi obiettivi raggiunti: l'eliminazione del precariato, la flessibilità in entrata e in uscita, il mantenimento della giusta causa per tutti i lavoratori, lo sfoltimento delle diverse tipologie contrattuali, le tutele estese a tutti indipendentemente dal contratto e dalle dimensioni dell'azienda, i processi di formazione.
Ma soprattutto ci vorrà la crescita del sistema e della sua produttività che richiede interventi del governo e impegno degli imprenditori e dei lavoratori. C'è un grosso equivoco ancora da chiarire su questo punto: la responsabilità degli imprenditori per quanto riguarda la produttività è nettamente superiore a quella dei lavoratori. Sarà molto opportuno che questo elemento del problema sia sottolineato e rappresenti un impegno concreto delle associazioni imprenditoriali.
A questo punto si pone la questione del "dopo Monti". Il presidente del Consiglio - al quale l'ironia non fa certo difetto - ha detto qualche giorno fa che "se farà bene, alla scadenza della legislatura la sua presenza non sarà più necessaria né richiesta; se farà male invece gli si chiederà di restare". Ma c'è una terza ipotesi: che abbia fatto bene ma che il lavoro sia ancora incompiuto. Questa è una parte del tema che chiamiamo "il dopo Monti". Ma c'è un'altra parte non meno importante (anzi di più): la discontinuità che il governo Monti ha prodotto e non perché interamente composto da tecnici ma per le modalità che hanno determinato la sua nascita. Questo è il vero tema del "dopo Monti".
* * *
Per colmare quella discontinuità occorre una riforma seria dei partiti, del loro modo di funzionare e soprattutto del loro ruolo nella società. Spetta agli interessati riformarsi anche se non è facile che il malato sappia auto-curarsi. Questa comunque è la prova cui tutte le forze politiche, nessuna esclusa, sono chiamate e che incrocia la riforma della legge elettorale e le riforme istituzionali della "governance".
Ci sono poi le operazioni di schieramento. Berlusconi ha lanciato il "tutti per l'Italia" proponendo che sia Monti a guidare una coalizione basata su due pilastri: i moderati da un lato (con Casini e Fini sottobraccio a lui medesimo) e il Pd dall'altro.
Quest'operazione (l'ha scritto Massimo Giannini ed è l'esatta verità) è disperata: è il solo modo che resta a Berlusconi di garantire l'esistenza del suo partito e la propria. Ma proprio per questo, né Casini né Fini e tantomeno Bersani accetteranno quest'ipotesi. Anzi l'hanno già proclamato e quindi l'ipotesi è inesistente.
L'altra possibilità è un'alleanza (elettorale o post-elettorale) tra il Centro e la Sinistra riformista. Un Centro ovviamente rinforzato dall'implosione del Pdl e una Sinistra riformista che recuperi l'ampia fuga che l'ha assottigliata rispetto alle politiche del 2008.
Su questo tema si discute molto ma spesso con idee assai confuse. Se può essere utile l'esperienza d'un vecchio testimone della politica italiana, il mio parere è questo: il Partito democratico è cosa diversa sia dall'Ulivo sia - ancor più - dai partiti post-comunisti e post-democristiani che lo precedettero. Si può definire un "cappuccino", fatto di latte e di caffè. Questi due elementi possono essere diversamente dosati secondo le contingenze, ma nessuno dei due può essere eliminato perché - se lo fosse - il cappuccino non esisterebbe più e ci sarebbe soltanto il caffè da una parte e il latte dall'altra.
Ho usato un'immagine pedestre per esser chiaro e me ne scuso, ma la sostanza è quella.
Il Pd e il Centro possono allearsi per una legislatura costituente. Possono chiedere a Monti di presiedere il governo. Monti risponderà come crede, ma ove la risposta fosse positiva penso che il Parlamento riunito per eleggere il presidente della Repubblica dovrebbe votare per un nuovo settennato di Giorgio Napolitano. Lui e Monti ci stanno portando fuori dal tunnel. Se il lavoro si deve compiere nessuno meglio di quel tandem può farlo. Napolitano - lo conosco bene - dirà risolutamente di no, ma se il nuovo Parlamento decidesse in quel senso penso che dovrebbe arrendersi alla volontà dei rappresentanti del popolo sovrano.
(04 marzo 2012)
http://www.repubblica.it/politica/2012/ ... ef=HRER1-1
Re: Tav - No Tav
Sono d'accordo con Scalfari .
in particolare :
Si teme che le organizzazioni mafiose si aggiudichino le commesse per la costruzione delle reti Tav. Questo sì, è un problema assai grave che va affrontato; non per impedire le opere ma per farle con tutti i crismi di legalità.
questo è l'unico motivo per cui i no TAV potrebbero ottenere uno stop temporaneo dell'opera .
Mi pare doveroso che siano fornite tutte le garanzie in tal senso , non solo ai valsusini ma a tutto il paese.
Monti dovrebbe fornire prima possibile l'analisi di costi , affidamenti, appalti etc e affidarne il controllo ( continuo) a qualche organismo europeo e a professionisti italiani super partes e di indubbia onestà.
in particolare :
Si teme che le organizzazioni mafiose si aggiudichino le commesse per la costruzione delle reti Tav. Questo sì, è un problema assai grave che va affrontato; non per impedire le opere ma per farle con tutti i crismi di legalità.
questo è l'unico motivo per cui i no TAV potrebbero ottenere uno stop temporaneo dell'opera .
Mi pare doveroso che siano fornite tutte le garanzie in tal senso , non solo ai valsusini ma a tutto il paese.
Monti dovrebbe fornire prima possibile l'analisi di costi , affidamenti, appalti etc e affidarne il controllo ( continuo) a qualche organismo europeo e a professionisti italiani super partes e di indubbia onestà.
Re: Tav - No Tav
Ciò però vale non solo per la TAV.
Una riforma degli appalti (e soprattutto del sistema dei subappalti) e della loro gestione, credo che sia una delle maggiori priorità.
Una riforma degli appalti (e soprattutto del sistema dei subappalti) e della loro gestione, credo che sia una delle maggiori priorità.
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Re: Tav - No Tav
Novità?
Cambiano le regole per le Grandi opere. Il governo adotta
il modello francese che punta alla «democrazia partecipativa»
corriere.it
se son rose fioriranno
Cambiano le regole per le Grandi opere. Il governo adotta
il modello francese che punta alla «democrazia partecipativa»
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se son rose fioriranno
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Re: Tav - No Tav
non mi tornava il fatto che si potesse bellamente scavare dentro una montagna di amianto,
mi sono documentato...e infatti:
---------------------------------------------------------------------
"...omissis...nel 1990 l'Amiantifera balangero dichiara fallimento.
con la legge n.257 del 1992 l'Italia vieta su tutto il territorio nazionale,
l'estrazione,
l'importazione,
l'esportazione,
la commercializzazione e la produzione di amianto o prodotti che ne contengano..omissis"
segue al link:
http://www.provincia.torino.gov.it/cult ... tifera.pdf
---------------------------------------------------------------------------------------------------------
per cui mi pare che anche lo Stato Italiano che da una parte vuole far scavare il tunnel della TAV,
dall'altra non si è accorto che ha vietato l'estrazione di materiali contenenti amianto.
che sbadati questi politici...
mi sono documentato...e infatti:
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"...omissis...nel 1990 l'Amiantifera balangero dichiara fallimento.
con la legge n.257 del 1992 l'Italia vieta su tutto il territorio nazionale,
l'estrazione,
l'importazione,
l'esportazione,
la commercializzazione e la produzione di amianto o prodotti che ne contengano..omissis"
segue al link:
http://www.provincia.torino.gov.it/cult ... tifera.pdf
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per cui mi pare che anche lo Stato Italiano che da una parte vuole far scavare il tunnel della TAV,
dall'altra non si è accorto che ha vietato l'estrazione di materiali contenenti amianto.
che sbadati questi politici...
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