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Re: Top News
notevole quest'intervista !
oggi arriva l'ennesimo appello di giampaolino ( puvirazzu ormai non ne può più di ripetere sempre le stesse cose )
ROMA - L'aumento della pressione fiscale provoca «impulsi recessivi» sull'economia reale allontanando gli obiettivi di gettito e provocando un «rischio di avvitamento». È quanto afferma il presidente di coordinamento delle sezioni riunite della Corte dei Conti Luigi Mazzillo secondo cui «va disinnescato il circolo vizioso». «Anche se in diminuzione, l'evasione fiscale resta una piaga pesante per il sistema tributario e per l'economia del nostro Paese» per il quale siamo ai primissimi posti nella graduatoria internazionale». Lo rileva la Corte dei conti nel Rapporto 2012 sul coordinamento della finanza pubblica, riportando stime dell'Agenzia delle entrate secondo i quali nel 2007-2009 l'evasione Iva (29,3%) e Irap (19,4%) ha causato un vuoto di gettito di oltre 46 miliardi l'anno.
La lotta all'evasione. Puntare sulla lotta all'evasione, elusione ed erosione fiscale per il riequilibrio del sistema di prelievo. È la sollecitazione che giunge dal Presidente della Corte dei Conti, Luigi Giampaolino. «Sostanzialmente esauriti i margini finora offerti dalle entrate volontarie, a cominciare da quelle per giochi, e dall'efficientamento dell'attività di riscossione, si rafforzano, pertanto, le ragioni -argomenta Giampaolino nel Rapporto 2012 sul coordinamento della finanza publica - per puntare sulla soluzione dell'ampliamento della base imponibile, assegnando alla lotta all'evasione ed all'elusione e al ridimensionamento dell'erosione il compito di assicurare margini consistenti per un riequilibrio del sistema di prelievi al fine poter almeno in parte conciliare rigore, equità e crescita».
Martedì 05 Giugno 2012 - 11:55
le tre E evasione, elusione ed erosione , da contrapporre alle inutili tre I ( del berluska ) inglese informatica e impresa
potrebbe essere uno slogan facile per un programma politico , un refrain da tramutare in un utile tormentone.
oggi arriva l'ennesimo appello di giampaolino ( puvirazzu ormai non ne può più di ripetere sempre le stesse cose )
ROMA - L'aumento della pressione fiscale provoca «impulsi recessivi» sull'economia reale allontanando gli obiettivi di gettito e provocando un «rischio di avvitamento». È quanto afferma il presidente di coordinamento delle sezioni riunite della Corte dei Conti Luigi Mazzillo secondo cui «va disinnescato il circolo vizioso». «Anche se in diminuzione, l'evasione fiscale resta una piaga pesante per il sistema tributario e per l'economia del nostro Paese» per il quale siamo ai primissimi posti nella graduatoria internazionale». Lo rileva la Corte dei conti nel Rapporto 2012 sul coordinamento della finanza pubblica, riportando stime dell'Agenzia delle entrate secondo i quali nel 2007-2009 l'evasione Iva (29,3%) e Irap (19,4%) ha causato un vuoto di gettito di oltre 46 miliardi l'anno.
La lotta all'evasione. Puntare sulla lotta all'evasione, elusione ed erosione fiscale per il riequilibrio del sistema di prelievo. È la sollecitazione che giunge dal Presidente della Corte dei Conti, Luigi Giampaolino. «Sostanzialmente esauriti i margini finora offerti dalle entrate volontarie, a cominciare da quelle per giochi, e dall'efficientamento dell'attività di riscossione, si rafforzano, pertanto, le ragioni -argomenta Giampaolino nel Rapporto 2012 sul coordinamento della finanza publica - per puntare sulla soluzione dell'ampliamento della base imponibile, assegnando alla lotta all'evasione ed all'elusione e al ridimensionamento dell'erosione il compito di assicurare margini consistenti per un riequilibrio del sistema di prelievi al fine poter almeno in parte conciliare rigore, equità e crescita».
Martedì 05 Giugno 2012 - 11:55
le tre E evasione, elusione ed erosione , da contrapporre alle inutili tre I ( del berluska ) inglese informatica e impresa
potrebbe essere uno slogan facile per un programma politico , un refrain da tramutare in un utile tormentone.
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Re: Top News
Il mondo alla rovescia.
Guardie e ladri,.....che confusione.....
AL NIGUARDA
Furto a Maurizia Paradiso, arrestato poliziotto
L'attrice, mentre attendeva una visita, è stata avvicinata dall'agente, che le ha sottratto l'agenda con contanti e assegni
http://milano.corriere.it/milano/notizi ... 8827.shtml
Guardie e ladri,.....che confusione.....
AL NIGUARDA
Furto a Maurizia Paradiso, arrestato poliziotto
L'attrice, mentre attendeva una visita, è stata avvicinata dall'agente, che le ha sottratto l'agenda con contanti e assegni
http://milano.corriere.it/milano/notizi ... 8827.shtml
Re: Top News
SENATO
Il Pdl e il voto segreto salvano De Gregorio dagli arresti domiciliari
Ufficialmente solo il partito di Alfano era contrario alla richiesta dei magistrati. Ma, nello scrutinio segreto, la sorpresa. La giunta delle elezioni aveva invece dato il via libera. Il senatore del Pdl è indagato a Napoli nell'inchiesta sui fondi pubblici all'Avanti in cui è coinvolto anche Valter Lavitola. Lusi: "Escludo un accordo politico"
L'aula del Senato ha detto no alla richiesta di arresti domiciliari per il senatore Sergio De Gregorio, indagato nell'inchiesta sui fondi pubblici all'Avanti in cui è coinvolto anche Valter Lavitola 1. A votare contro sono stati in 169, a dire sì 109, 16 gli astenuti. Ufficialmente, l'unico gruppo a dichiarare di essere contrario all'arresto di De Gregorio era stato il Pdl. Ma alla fine i 'franchi tiratori', nella libertà di coscienza e nel segreto dell'urna, sono stati decisivi per le sorti del senatore pidiellino.
La Giunta delle elezioni e immunità di Palazzo Madama, il 9 maggio, aveva invece dato il via libera alla richiesta di arresti domiciliari avanzata dalla procura di Napoli, ma l'ultima parola spettava appunto all'aula. Gli unici a votare contro l'arresto erano stati, allora, i senatori del Pdl. A favore tutti gli altri gruppi.
De Gregorio ringrazia. "Ringrazio i colleghi del mio gruppo e altri che non conosco: non mi aspettavo un sostegno così forte. Evidentemente i colleghi hanno compreso l'inutile sofferenza cui sarei andato incontro", ha detto De Gregorio, dopo il voto. "Ho notato un voto forte e deciso, una presa di coscienza del fatto che gli arresti non devono essere comminati senza motivo". A chi gli riferisce delle voci di un accordo che avrebbe fatto passare la sua libertà in cambio dell'arresto per l'ex senatore della Margherita Luigi Lusi 2, De Gregorio ha replicato: "Non baratto la mia libertà con la privazione della sua. Casomai mi farei arrestare subito" e ha annunciato che voterà contro l'arresto di Lusi, sottolineando di non volersi ricandidare, per potersi dedicare alla vicenda giudiziaria e per favorire il ricambio generazionale di cui il Pdl ha bisogno.
Lusi: "Escludo un accordo politico". "Escludo l'ipotesi di un accordo politico che ha portato al 'no' all'arresto di De Gregorio. E' una questione di coscienza, come è giusto che sia", ha detto l'ex tesoriere dell'ex Margherita Lusi, rispondendo ai giornalisti a Palazzo Madama, subito dopo il voto.
Voto a scrutinio segreto. Il voto è stato a scrutinio segreto, su richiesta del Pdl. Contrari Pd e Idv. Una questione che ha scatenato una polemica: "Perché lo scrutinio deve essere coperto dal segreto?" ha chiesto Anna Finocchiaro, capogruppo del Partito democratico, intervenendo in aula. Gaetano Quagliariello, del Pdl: "Se ci fosse stata libertà di coscienza, non sarebbe servito il voto segreto. Ma ogni gruppo ha dato delle indicazioni e quindi è giusto che ci sia un voto segreto perché deve esserci assoluta libertà, senza l'obbligo di seguire le indicazioni del proprio partito".
Le reazioni. "Chi ha votato contro l'arresto del senatore De Gregorio coprendosi con il voto segreto ha assunto su di sè la responsabilità di contribuire, proprio in questo momento, a screditare e umiliare il parlamento e la politica", ha commentato Anna Finocchiaro, presidente del gruppo del Pd al Senato. "Il voto della giunta a favore dell'autorizzazione all'arresto del senatore De Gregorio è stato capovolto oggi dall'aula a scrutinio segreto. Con il che, secondo me, si è presa una decisione ingiusta e si è dato un contributo a gonfiare ancora di più il fiume in piena della protesta", ha affermato il presidente della giunta per le autorizzazioni di Palazzo Madama Marco Follini. Oggi è stata scritta "una brutta pagina dal Senato per come è stata rappresentata l'opinione dei gruppi in Aula sulla richiesta di arresti a De Gregorio e poi per come, nel segreto dell'urna si sono espressi i senatori", ha detto il senatore del Pd Francesco Sanna che ha avuto il compito di motivare in aula il verdetto della Giunta a favore della richiesta di arresti domiciliari. "Del resto - osserva Sanna - tutti avevano riconosciuto che nelle carte dei pm non c'è fumus persecutionis ma si vede che come relatore sono stato poco convincente...".
(06 giugno 2012)
http://www.repubblica.it/politica/2012/ ... /?ref=fbpr
Il Pdl e il voto segreto salvano De Gregorio dagli arresti domiciliari
Ufficialmente solo il partito di Alfano era contrario alla richiesta dei magistrati. Ma, nello scrutinio segreto, la sorpresa. La giunta delle elezioni aveva invece dato il via libera. Il senatore del Pdl è indagato a Napoli nell'inchiesta sui fondi pubblici all'Avanti in cui è coinvolto anche Valter Lavitola. Lusi: "Escludo un accordo politico"
L'aula del Senato ha detto no alla richiesta di arresti domiciliari per il senatore Sergio De Gregorio, indagato nell'inchiesta sui fondi pubblici all'Avanti in cui è coinvolto anche Valter Lavitola 1. A votare contro sono stati in 169, a dire sì 109, 16 gli astenuti. Ufficialmente, l'unico gruppo a dichiarare di essere contrario all'arresto di De Gregorio era stato il Pdl. Ma alla fine i 'franchi tiratori', nella libertà di coscienza e nel segreto dell'urna, sono stati decisivi per le sorti del senatore pidiellino.
La Giunta delle elezioni e immunità di Palazzo Madama, il 9 maggio, aveva invece dato il via libera alla richiesta di arresti domiciliari avanzata dalla procura di Napoli, ma l'ultima parola spettava appunto all'aula. Gli unici a votare contro l'arresto erano stati, allora, i senatori del Pdl. A favore tutti gli altri gruppi.
De Gregorio ringrazia. "Ringrazio i colleghi del mio gruppo e altri che non conosco: non mi aspettavo un sostegno così forte. Evidentemente i colleghi hanno compreso l'inutile sofferenza cui sarei andato incontro", ha detto De Gregorio, dopo il voto. "Ho notato un voto forte e deciso, una presa di coscienza del fatto che gli arresti non devono essere comminati senza motivo". A chi gli riferisce delle voci di un accordo che avrebbe fatto passare la sua libertà in cambio dell'arresto per l'ex senatore della Margherita Luigi Lusi 2, De Gregorio ha replicato: "Non baratto la mia libertà con la privazione della sua. Casomai mi farei arrestare subito" e ha annunciato che voterà contro l'arresto di Lusi, sottolineando di non volersi ricandidare, per potersi dedicare alla vicenda giudiziaria e per favorire il ricambio generazionale di cui il Pdl ha bisogno.
Lusi: "Escludo un accordo politico". "Escludo l'ipotesi di un accordo politico che ha portato al 'no' all'arresto di De Gregorio. E' una questione di coscienza, come è giusto che sia", ha detto l'ex tesoriere dell'ex Margherita Lusi, rispondendo ai giornalisti a Palazzo Madama, subito dopo il voto.
Voto a scrutinio segreto. Il voto è stato a scrutinio segreto, su richiesta del Pdl. Contrari Pd e Idv. Una questione che ha scatenato una polemica: "Perché lo scrutinio deve essere coperto dal segreto?" ha chiesto Anna Finocchiaro, capogruppo del Partito democratico, intervenendo in aula. Gaetano Quagliariello, del Pdl: "Se ci fosse stata libertà di coscienza, non sarebbe servito il voto segreto. Ma ogni gruppo ha dato delle indicazioni e quindi è giusto che ci sia un voto segreto perché deve esserci assoluta libertà, senza l'obbligo di seguire le indicazioni del proprio partito".
Le reazioni. "Chi ha votato contro l'arresto del senatore De Gregorio coprendosi con il voto segreto ha assunto su di sè la responsabilità di contribuire, proprio in questo momento, a screditare e umiliare il parlamento e la politica", ha commentato Anna Finocchiaro, presidente del gruppo del Pd al Senato. "Il voto della giunta a favore dell'autorizzazione all'arresto del senatore De Gregorio è stato capovolto oggi dall'aula a scrutinio segreto. Con il che, secondo me, si è presa una decisione ingiusta e si è dato un contributo a gonfiare ancora di più il fiume in piena della protesta", ha affermato il presidente della giunta per le autorizzazioni di Palazzo Madama Marco Follini. Oggi è stata scritta "una brutta pagina dal Senato per come è stata rappresentata l'opinione dei gruppi in Aula sulla richiesta di arresti a De Gregorio e poi per come, nel segreto dell'urna si sono espressi i senatori", ha detto il senatore del Pd Francesco Sanna che ha avuto il compito di motivare in aula il verdetto della Giunta a favore della richiesta di arresti domiciliari. "Del resto - osserva Sanna - tutti avevano riconosciuto che nelle carte dei pm non c'è fumus persecutionis ma si vede che come relatore sono stato poco convincente...".
(06 giugno 2012)
http://www.repubblica.it/politica/2012/ ... /?ref=fbpr
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Re: Top News
Day after day
La fabbrica del caos
Le sorprese della politica italiana..
Massimo Cacciari a Linea notte, nei primi minuti del nuovo giorno, esprime parere negativo sul Partito dei carini. Troppo tardi, per entrare in gioco. L’ex sindaco di Venezia era dato in viaggio verso Luca e Giulia Sofia. La bocciatura fa intendere che non abbia mai comprato il biglietto del treno.
I dati a nostra disposizione sul reale contenuto del Partito dei carini sono due, un 3,5 % e un 8 %.
Massimo Cacciari si è forse spaventato per questi risultati dopo qualche anno di tira e molla da parte del presidente della Ferrari.
Alessandro Campi dichiara che si aspettava la domanda della Berlinguer: Come sta Zazà, o meglio, come sta Fini e il suo Flit
<<Male,.. grazie. Fini ha accusato il colpo della lotta con Berlusconi, e oggi non va tanto bene>>.
Infatti viaggia intorno a un 3,5 %.
Dai Tg di prima serata arriva la notizia di una attacco di Schifani al Pdl.
Nuova leadership
Schifani la dice tutta e invita Berlusconi a non giocare con il caos
Il presidente del Senato vuole che si riconoscano gli errori e sostiene una linea di responsabilità. No grillismi
Caro Direttore, se la crisi non fosse così aggressiva e lacerante, se la confusione delle idee non fosse così dispersiva e inconcludente, continuerei a stare rigorosamente entro i confini di quella terzietà che la carica istituzionale mi impone. Ma sarebbe come rinchiudersi tra le quattro mura del Palazzo e non sentire le voci, allarmate e dolenti, che arrivano da una Italia sempre più stremata dalle difficoltà economiche e sempre più segnata dalla affannosa ricerca di una soluzione che ancora non si intravede.
Purtroppo viviamo tempi inesorabili, che non consentono più né comodi silenzi né strumentali arroccamenti. Se ne è reso conto, per primo, il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che con grande equilibrio e sensibilità costituzionale, si è fatto carico di una responsabilità straordinaria ed ha chiamato Mario Monti alla guida del Paese. Una scelta certamente non facile. Forse addirittura un azzardo, però quello che ha fatto il Capo dello Stato andava fatto. […]
La situazione è, per certi versi, drammatica. Il governo tecnico presieduto dal professor Monti ha cercato di fare quel che ha potuto. Ha lavorato con abnegazione e ogni sua decisione è stata improntata alla massima onestà intellettuale. Ora però bisogna andare oltre ed evitare che i sacrifici fatti dagli italiani vengano inghiottiti dalla recessione e da altre devastanti speculazioni sull’euro. […]
Mi chiedo: che ne sarà dell’Italia, tra sei mesi e tra un anno? La domanda, mi dispiace dirlo, è persino angosciosa. Lo scenario politico, più che verso la compattezza, tende verso una confusa e rissosa disgregazione. E i partiti che, piaccia o no, restano pur sempre i pilastri di ogni democrazia, vivono una fase acuta di smarrimento. Soprattutto i partiti tradizionali, a cominciare dal mio, il Pdl, dove il grado di incertezza è diventato così alto da penalizzare gli slanci più sinceri, le passioni più genuine, le storie più belle, le energie più costruttive, i suoi uomini migliori. Si può restare insensibili di fronte al lento sfilacciamento di un partito che è stato, e resta, l’architrave dell’Italia moderata e liberale? Io non me la sento di girare lo sguardo dall’altro lato. E non me la sento nemmeno di trincerarmi tra le rassicuranti pareti di palazzo Madama. La condizione dolorosa in cui versa il Pdl richiede che mi assuma anch’io le mie responsabilità, senza finzioni e senza sudditanze. […]
Credo dunque di potere rivendicare a pieno titolo il diritto di chiedere a Berlusconi e all’intera classe dirigente del Pdl un’operazione verità. Perché senza una riflessione seria, senza un’autocritica profonda sarà difficile per tutti, vecchie e nuove generazioni, restituire al Pdl autorevolezza, fierezza e combattività. Vanno dette tutte le verità, anche spiacevoli, che riguardano il passato: va detto, per esempio, che l’ultimo governo, prima che arrivasse Monti, non è stato scalzato da chissà quali forze oscure, ma da una mancanza di coesione che non ha consentito alla maggioranza di varare le riforme tenacemente volute dai nostri partner europei; va detto che la nostra credibilità all’estero precipitava di giorno in giorno perché Berlusconi sosteneva una linea e il ministro Tremonti l’esatto contrario; e va detto anche che la rottura con Gianfranco Fini segnò un punto di debolezza della coalizione e che la campagna condotta dai giornali di area sulla casa di Montecarlo ha finito per trasformare un contrasto politico in una frattura irreversibile.
Ma l’operazione verità deve riguardare soprattutto il nostro presente e il nostro futuro. Il nostro elettorato è visibilmente frastornato. Un giorno il Pdl approva l’Imu e il giorno dopo irrompe sulla scena una parte del Pdl, certamente la più chiassosa, che minaccia di scendere in piazza contro l’Imu. Un giorno il Pdl approva i decreti, anche i più duri, di Monti e il giorno dopo la parte più colorita e populista del Pdl propone addirittura lo sciopero fiscale. Un giorno si ascoltano in televisione le più convinte dichiarazioni di Berlusconi a sostegno di Monti e il giorno dopo, anche e soprattutto sui giornali che si professano berlusconiani, si leggono titoli improntati al grillismo più avventato. Come meravigliarsi poi se la gente, soprattutto la nostra gente, non va a votare?
Il nostro elettorato è salito sull’aventino dell’astensionismo perché non capisce più che cosa vogliamo, perché non vede più nel Pdl né la coerenza né l’affidabilità. Coerenza e affidabilità che non vedono più nemmeno i nostri potenziali alleati, i cui comportamenti cominciano a spingersi oltre l’indicibile. Si pensi ai veti posti dal leader dell’Udc nei confronti di Berlusconi. Sono inaccettabili, non c’è dubbio, ma esigono una risposta politica. Non possiamo continuare, come nel deserto dei tartari, ad aspettare Casini mentre Casini, stando così le cose, non perde occasione per dirci che non vuole venire.
Capisco che, per dare una risposta, occorre sapere che cosa dire. Occorre, insomma, una linea politica che ci dica quantomeno se è strategicamente preferibile contrastare Grillo con un grillismo d'imitazione o se non sia invece il caso di attestarsi su una linea di responsabilità che eviti al Paese di precipitare nel dissesto di bilancio e alla politica di trascinarci in una ingovernabilità simile a quella che si è determinata in Grecia con la frantumazione dei partiti. Sono convinto, se mi è consentita una sottilineatura, che il grillismo ci porterebbe dritti all’isolamento e che la conseguente incapacità di riaggregare il blocco moderato sarebbe un danno enorme per la politica e, più in generale, per la democrazia di questa amatissima Italia. Da qui la mia richiesta di una urgente e ineludibile operazione verità.
La farà Berlusconi? Ci conto. E sono certo che stavolta il nostro Presidente non si rivelerà prigioniero della propria, incommensurabile generosità. Una generosità talmente connaturata alla sua personalità che spesso gli impedisce di emarginare gli amici che sbagliano o di allontanare quelli che remano contro o lo portano fuori strada. Oggi però c’è in gioco non solo il futuro del Pdl ma anche il futuro del Paese. […]
La segreteria di Angelino Alfano ha segnato una svolta e ha dimostrato sul campo di sapere fare politica, di sapere incalzare Monti. Sono convinto che, se sarà in grado di guadagnarsi l’autonomia necessaria, avrà tutte le carte in regola per rilanciare il Pdl, per riannodare i fili spezzati tra partito e società civile, e per cercare tra i giovani, e soprattutto tra quei giovani che hanno una storia politica legata al territorio, le risorse necessarie per formare una nuova classe dirigente.
Non abbiamo altra scelta. Chiedere un’operazione verità penso che sia ormai un dovere di tutti quelli che hanno creduto e ancora credono in questo partito. A partire da Alfano. Per quanto mi riguarda credo semplicemente di avere fatto, con questa lettera, nient'altro che il mio dovere.
Renato Schifani, presidente del Senato
© - FOGLIO QUOTIDIANO
*****
La destra è nel caos,….ma se Atene piange…Sparta non ride.
Testo di: Dove sta Zazà,…….canzone napoletana di un tempo che non c’è più
http://angolotesti.leonardo.it/P/testi_ ... 32964.html
La fabbrica del caos
Le sorprese della politica italiana..
Massimo Cacciari a Linea notte, nei primi minuti del nuovo giorno, esprime parere negativo sul Partito dei carini. Troppo tardi, per entrare in gioco. L’ex sindaco di Venezia era dato in viaggio verso Luca e Giulia Sofia. La bocciatura fa intendere che non abbia mai comprato il biglietto del treno.
I dati a nostra disposizione sul reale contenuto del Partito dei carini sono due, un 3,5 % e un 8 %.
Massimo Cacciari si è forse spaventato per questi risultati dopo qualche anno di tira e molla da parte del presidente della Ferrari.
Alessandro Campi dichiara che si aspettava la domanda della Berlinguer: Come sta Zazà, o meglio, come sta Fini e il suo Flit
<<Male,.. grazie. Fini ha accusato il colpo della lotta con Berlusconi, e oggi non va tanto bene>>.
Infatti viaggia intorno a un 3,5 %.
Dai Tg di prima serata arriva la notizia di una attacco di Schifani al Pdl.
Nuova leadership
Schifani la dice tutta e invita Berlusconi a non giocare con il caos
Il presidente del Senato vuole che si riconoscano gli errori e sostiene una linea di responsabilità. No grillismi
Caro Direttore, se la crisi non fosse così aggressiva e lacerante, se la confusione delle idee non fosse così dispersiva e inconcludente, continuerei a stare rigorosamente entro i confini di quella terzietà che la carica istituzionale mi impone. Ma sarebbe come rinchiudersi tra le quattro mura del Palazzo e non sentire le voci, allarmate e dolenti, che arrivano da una Italia sempre più stremata dalle difficoltà economiche e sempre più segnata dalla affannosa ricerca di una soluzione che ancora non si intravede.
Purtroppo viviamo tempi inesorabili, che non consentono più né comodi silenzi né strumentali arroccamenti. Se ne è reso conto, per primo, il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che con grande equilibrio e sensibilità costituzionale, si è fatto carico di una responsabilità straordinaria ed ha chiamato Mario Monti alla guida del Paese. Una scelta certamente non facile. Forse addirittura un azzardo, però quello che ha fatto il Capo dello Stato andava fatto. […]
La situazione è, per certi versi, drammatica. Il governo tecnico presieduto dal professor Monti ha cercato di fare quel che ha potuto. Ha lavorato con abnegazione e ogni sua decisione è stata improntata alla massima onestà intellettuale. Ora però bisogna andare oltre ed evitare che i sacrifici fatti dagli italiani vengano inghiottiti dalla recessione e da altre devastanti speculazioni sull’euro. […]
Mi chiedo: che ne sarà dell’Italia, tra sei mesi e tra un anno? La domanda, mi dispiace dirlo, è persino angosciosa. Lo scenario politico, più che verso la compattezza, tende verso una confusa e rissosa disgregazione. E i partiti che, piaccia o no, restano pur sempre i pilastri di ogni democrazia, vivono una fase acuta di smarrimento. Soprattutto i partiti tradizionali, a cominciare dal mio, il Pdl, dove il grado di incertezza è diventato così alto da penalizzare gli slanci più sinceri, le passioni più genuine, le storie più belle, le energie più costruttive, i suoi uomini migliori. Si può restare insensibili di fronte al lento sfilacciamento di un partito che è stato, e resta, l’architrave dell’Italia moderata e liberale? Io non me la sento di girare lo sguardo dall’altro lato. E non me la sento nemmeno di trincerarmi tra le rassicuranti pareti di palazzo Madama. La condizione dolorosa in cui versa il Pdl richiede che mi assuma anch’io le mie responsabilità, senza finzioni e senza sudditanze. […]
Credo dunque di potere rivendicare a pieno titolo il diritto di chiedere a Berlusconi e all’intera classe dirigente del Pdl un’operazione verità. Perché senza una riflessione seria, senza un’autocritica profonda sarà difficile per tutti, vecchie e nuove generazioni, restituire al Pdl autorevolezza, fierezza e combattività. Vanno dette tutte le verità, anche spiacevoli, che riguardano il passato: va detto, per esempio, che l’ultimo governo, prima che arrivasse Monti, non è stato scalzato da chissà quali forze oscure, ma da una mancanza di coesione che non ha consentito alla maggioranza di varare le riforme tenacemente volute dai nostri partner europei; va detto che la nostra credibilità all’estero precipitava di giorno in giorno perché Berlusconi sosteneva una linea e il ministro Tremonti l’esatto contrario; e va detto anche che la rottura con Gianfranco Fini segnò un punto di debolezza della coalizione e che la campagna condotta dai giornali di area sulla casa di Montecarlo ha finito per trasformare un contrasto politico in una frattura irreversibile.
Ma l’operazione verità deve riguardare soprattutto il nostro presente e il nostro futuro. Il nostro elettorato è visibilmente frastornato. Un giorno il Pdl approva l’Imu e il giorno dopo irrompe sulla scena una parte del Pdl, certamente la più chiassosa, che minaccia di scendere in piazza contro l’Imu. Un giorno il Pdl approva i decreti, anche i più duri, di Monti e il giorno dopo la parte più colorita e populista del Pdl propone addirittura lo sciopero fiscale. Un giorno si ascoltano in televisione le più convinte dichiarazioni di Berlusconi a sostegno di Monti e il giorno dopo, anche e soprattutto sui giornali che si professano berlusconiani, si leggono titoli improntati al grillismo più avventato. Come meravigliarsi poi se la gente, soprattutto la nostra gente, non va a votare?
Il nostro elettorato è salito sull’aventino dell’astensionismo perché non capisce più che cosa vogliamo, perché non vede più nel Pdl né la coerenza né l’affidabilità. Coerenza e affidabilità che non vedono più nemmeno i nostri potenziali alleati, i cui comportamenti cominciano a spingersi oltre l’indicibile. Si pensi ai veti posti dal leader dell’Udc nei confronti di Berlusconi. Sono inaccettabili, non c’è dubbio, ma esigono una risposta politica. Non possiamo continuare, come nel deserto dei tartari, ad aspettare Casini mentre Casini, stando così le cose, non perde occasione per dirci che non vuole venire.
Capisco che, per dare una risposta, occorre sapere che cosa dire. Occorre, insomma, una linea politica che ci dica quantomeno se è strategicamente preferibile contrastare Grillo con un grillismo d'imitazione o se non sia invece il caso di attestarsi su una linea di responsabilità che eviti al Paese di precipitare nel dissesto di bilancio e alla politica di trascinarci in una ingovernabilità simile a quella che si è determinata in Grecia con la frantumazione dei partiti. Sono convinto, se mi è consentita una sottilineatura, che il grillismo ci porterebbe dritti all’isolamento e che la conseguente incapacità di riaggregare il blocco moderato sarebbe un danno enorme per la politica e, più in generale, per la democrazia di questa amatissima Italia. Da qui la mia richiesta di una urgente e ineludibile operazione verità.
La farà Berlusconi? Ci conto. E sono certo che stavolta il nostro Presidente non si rivelerà prigioniero della propria, incommensurabile generosità. Una generosità talmente connaturata alla sua personalità che spesso gli impedisce di emarginare gli amici che sbagliano o di allontanare quelli che remano contro o lo portano fuori strada. Oggi però c’è in gioco non solo il futuro del Pdl ma anche il futuro del Paese. […]
La segreteria di Angelino Alfano ha segnato una svolta e ha dimostrato sul campo di sapere fare politica, di sapere incalzare Monti. Sono convinto che, se sarà in grado di guadagnarsi l’autonomia necessaria, avrà tutte le carte in regola per rilanciare il Pdl, per riannodare i fili spezzati tra partito e società civile, e per cercare tra i giovani, e soprattutto tra quei giovani che hanno una storia politica legata al territorio, le risorse necessarie per formare una nuova classe dirigente.
Non abbiamo altra scelta. Chiedere un’operazione verità penso che sia ormai un dovere di tutti quelli che hanno creduto e ancora credono in questo partito. A partire da Alfano. Per quanto mi riguarda credo semplicemente di avere fatto, con questa lettera, nient'altro che il mio dovere.
Renato Schifani, presidente del Senato
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Testo di: Dove sta Zazà,…….canzone napoletana di un tempo che non c’è più
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Re: Top News
camillobenso ha scritto:
Day after day
La destra è nel caos,….ma se Atene piange…Sparta non ride.
mah...più che Sparta ( e relativi modi "spartani" ) da parte del Pd mi sembra di assistere agli "ozi di Capalbio",
pigramente spiaggiati al bagno "l'ultima spiaggia"
con l'Icarus che si vede in lontananza,
ancorato lì poco distante a "cala galera"
cena ad ansedonia ,sul tardi,nella villa del "dottor sottile".
poi falò sulla spiaggia del tombolo di feniglia a parlare di tutte le occasioni di governare che la sinistra ha buttato alle ortiche...
p.s.
oh raga,
i riferimenti in blu non sono invenzioni ma luoghi,cose o persone reali ,frequentati dalla " creme " in cashmire e baffetto del csx.
Occhetto ne fu il pioniere...poi seguirono gli altri.
stiamo parlando della mia patria adottiva:
la maremma toscana...maledetti inquinatori.
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Re: Top News
mariok ha scritto:SENATO
Il Pdl e il voto segreto salvano De Gregorio dagli arresti domiciliari
http://www.repubblica.it/politica/2012/ ... /?ref=fbpr
che oscenità questo voto su de gregorio.
parlamento prezzolato e delegittimato:
andate a casa,anzi ad hammameth.
p.s.
D'Alema sconsiglia urne a ottobre...:
Votiamo !!!!!!!!!!!!
Re: Top News
stralcio della lettera inviata dal pds a" Il Foglio"
Caro Direttore,
se la crisi non fosse così aggressiva e lacerante, se la confusione delle idee non fosse così dispersiva e inconcludente, continuerei a stare rigorosamente entro i confini di quella terzietà che la carica istituzionale mi impone. Ma sarebbe come rinchiudersi tra le quattro mura del Palazzo e non sentire le voci, allarmate e dolenti, che arrivano da una Italia sempre più stremata dalle difficoltà economiche e sempre più segnata dalla affannosa ricerca di una soluzione che ancora non si intravede.
Purtroppo viviamo tempi inesorabili, che non consentono più né comodi silenzi né strumentali arroccamenti. Se ne è reso conto, per primo, il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che con grande equilibrio e sensibilità costituzionale, si è fatto carico di una responsabilità straordinaria ed ha chiamato Mario Monti alla guida del Paese. Una scelta certamente non facile. Forse addirittura un azzardo, però quello che ha fatto il Capo dello Stato andava fatto. […]
La situazione è, per certi versi, drammatica. Il governo tecnico presieduto dal professor Monti ha cercato di fare quel che ha potuto. Ha lavorato con abnegazione e ogni sua decisione è stata improntata alla massima onestà intellettuale. Ora però bisogna andare oltre ed evitare che i sacrifici fatti dagli italiani vengano inghiottiti dalla recessione e da altre devastanti speculazioni sull’euro. […]
Mi chiedo: che ne sarà dell’Italia, tra sei mesi e tra un anno? La domanda, mi dispiace dirlo, è persino angosciosa. Lo scenario politico, più che verso la compattezza, tende verso una confusa e rissosa disgregazione. E i partiti che, piaccia o no, restano pur sempre i pilastri di ogni democrazia, vivono una fase acuta di smarrimento. Soprattutto i partiti tradizionali, a cominciare dal mio, il Pdl, dove il grado di incertezza è diventato così alto da penalizzare gli slanci più sinceri, le passioni più genuine, le storie più belle, le energie più costruttive, i suoi uomini migliori. Si può restare insensibili di fronte al lento sfilacciamento di un partito che è stato, e resta, l’architrave dell’Italia moderata e liberale? Io non me la sento di girare lo sguardo dall’altro lato. E non me la sento nemmeno di trincerarmi tra le rassicuranti pareti di palazzo Madama. La condizione dolorosa in cui versa il Pdl richiede che mi assuma anch’io le mie responsabilità, senza finzioni e senza sudditanze. […]
Credo dunque di potere rivendicare a pieno titolo il diritto di chiedere a Berlusconi e all’intera classe dirigente del Pdl un’operazione verità. Perché senza una riflessione seria, senza un’autocritica profonda sarà difficile per tutti, vecchie e nuove generazioni, restituire al Pdl autorevolezza, fierezza e combattività. Vanno dette tutte le verità, anche spiacevoli, che riguardano il passato: va detto, per esempio, che l’ultimo governo, prima che arrivasse Monti, non è stato scalzato da chissà quali forze oscure, ma da una mancanza di coesione che non ha consentito alla maggioranza di varare le riforme tenacemente volute dai nostri partner europei; va detto che la nostra credibilità all’estero precipitava di giorno in giorno perché Berlusconi sosteneva una linea e il ministro Tremonti l’esatto contrario; e va detto anche che la rottura con Gianfranco Fini segnò un punto di debolezza della coalizione e che la campagna condotta dai giornali di area sulla casa di Montecarlo ha finito per trasformare un contrasto politico in una frattura irreversibile.
Ma l’operazione verità deve riguardare soprattutto il nostro presente e il nostro futuro. Il nostro elettorato è visibilmente frastornato. Un giorno il Pdl approva l’Imu e il giorno dopo irrompe sulla scena una parte del Pdl, certamente la più chiassosa, che minaccia di scendere in piazza contro l’Imu. Un giorno il Pdl approva i decreti, anche i più duri, di Monti e il giorno dopo la parte più colorita e populista del Pdl propone addirittura lo sciopero fiscale. Un giorno si ascoltano in televisione le più convinte dichiarazioni di Berlusconi a sostegno di Monti e il giorno dopo, anche e soprattutto sui giornali che si professano berlusconiani, si leggono titoli improntati al grillismo più avventato. Come meravigliarsi poi se la gente, soprattutto la nostra gente, non va a votare?
Il nostro elettorato è salito sull’aventino dell’astensionismo perché non capisce più che cosa vogliamo, perché non vede più nel Pdl né la coerenza né l’affidabilità. Coerenza e affidabilità che non vedono più nemmeno i nostri potenziali alleati, i cui comportamenti cominciano a spingersi oltre l’indicibile. Si pensi ai veti posti dal leader dell’Udc nei confronti di Berlusconi. Sono inaccettabili, non c’è dubbio, ma esigono una risposta politica. Non possiamo continuare, come nel deserto dei tartari, ad aspettare Casini mentre Casini, stando così le cose, non perde occasione per dirci che non vuole venire.
Capisco che, per dare una risposta, occorre sapere che cosa dire. Occorre, insomma, una linea politica che ci dica quantomeno se è strategicamente preferibile contrastare Grillo con un grillismo d'imitazione o se non sia invece il caso di attestarsi su una linea di responsabilità che eviti al Paese di precipitare nel dissesto di bilancio e alla politica di trascinarci in una ingovernabilità simile a quella che si è determinata in Grecia con la frantumazione dei partiti. Sono convinto, se mi è consentita una sottilineatura, che il grillismo ci porterebbe dritti all’isolamento e che la conseguente incapacità di riaggregare il blocco moderato sarebbe un danno enorme per la politica e, più in generale, per la democrazia di questa amatissima Italia. Da qui la mia richiesta di una urgente e ineludibile operazione verità.
La farà Berlusconi? Ci conto. E sono certo che stavolta il nostro Presidente non si rivelerà prigioniero della propria, incommensurabile generosità. Una generosità talmente connaturata alla sua personalità che spesso gli impedisce di emarginare gli amici che sbagliano o di allontanare quelli che remano contro o lo portano fuori strada. Oggi però c’è in gioco non solo il futuro del Pdl ma anche il futuro del Paese. […]
La segreteria di Angelino Alfano ha segnato una svolta e ha dimostrato sul campo di sapere fare politica, di sapere incalzare Monti. Sono convinto che, se sarà in grado di guadagnarsi l’autonomia necessaria, avrà tutte le carte in regola per rilanciare il Pdl, per riannodare i fili spezzati tra partito e società civile, e per cercare tra i giovani, e soprattutto tra quei giovani che hanno una storia politica legata al territorio, le risorse necessarie per formare una nuova classe dirigente.
Non abbiamo altra scelta. Chiedere un’operazione verità penso che sia ormai un dovere di tutti quelli che hanno creduto e ancora credono in questo partito. A partire da Alfano. Per quanto mi riguarda credo semplicemente di avere fatto, con questa lettera, nient'altro che il mio dovere.
Renato Schifani, presidente del Senato
al partito chiede operazione verità , ma che è pazzo? la verità è che il re è nudo ( folle, vecchio, rimbambito etc etc ) e la Biancofiore difficile possa tenere insieme le nullità del pdl ...intanto lui fa operazione maquillage, prende ulteriori distanze e si riposiziona
Caro Direttore,
se la crisi non fosse così aggressiva e lacerante, se la confusione delle idee non fosse così dispersiva e inconcludente, continuerei a stare rigorosamente entro i confini di quella terzietà che la carica istituzionale mi impone. Ma sarebbe come rinchiudersi tra le quattro mura del Palazzo e non sentire le voci, allarmate e dolenti, che arrivano da una Italia sempre più stremata dalle difficoltà economiche e sempre più segnata dalla affannosa ricerca di una soluzione che ancora non si intravede.
Purtroppo viviamo tempi inesorabili, che non consentono più né comodi silenzi né strumentali arroccamenti. Se ne è reso conto, per primo, il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che con grande equilibrio e sensibilità costituzionale, si è fatto carico di una responsabilità straordinaria ed ha chiamato Mario Monti alla guida del Paese. Una scelta certamente non facile. Forse addirittura un azzardo, però quello che ha fatto il Capo dello Stato andava fatto. […]
La situazione è, per certi versi, drammatica. Il governo tecnico presieduto dal professor Monti ha cercato di fare quel che ha potuto. Ha lavorato con abnegazione e ogni sua decisione è stata improntata alla massima onestà intellettuale. Ora però bisogna andare oltre ed evitare che i sacrifici fatti dagli italiani vengano inghiottiti dalla recessione e da altre devastanti speculazioni sull’euro. […]
Mi chiedo: che ne sarà dell’Italia, tra sei mesi e tra un anno? La domanda, mi dispiace dirlo, è persino angosciosa. Lo scenario politico, più che verso la compattezza, tende verso una confusa e rissosa disgregazione. E i partiti che, piaccia o no, restano pur sempre i pilastri di ogni democrazia, vivono una fase acuta di smarrimento. Soprattutto i partiti tradizionali, a cominciare dal mio, il Pdl, dove il grado di incertezza è diventato così alto da penalizzare gli slanci più sinceri, le passioni più genuine, le storie più belle, le energie più costruttive, i suoi uomini migliori. Si può restare insensibili di fronte al lento sfilacciamento di un partito che è stato, e resta, l’architrave dell’Italia moderata e liberale? Io non me la sento di girare lo sguardo dall’altro lato. E non me la sento nemmeno di trincerarmi tra le rassicuranti pareti di palazzo Madama. La condizione dolorosa in cui versa il Pdl richiede che mi assuma anch’io le mie responsabilità, senza finzioni e senza sudditanze. […]
Credo dunque di potere rivendicare a pieno titolo il diritto di chiedere a Berlusconi e all’intera classe dirigente del Pdl un’operazione verità. Perché senza una riflessione seria, senza un’autocritica profonda sarà difficile per tutti, vecchie e nuove generazioni, restituire al Pdl autorevolezza, fierezza e combattività. Vanno dette tutte le verità, anche spiacevoli, che riguardano il passato: va detto, per esempio, che l’ultimo governo, prima che arrivasse Monti, non è stato scalzato da chissà quali forze oscure, ma da una mancanza di coesione che non ha consentito alla maggioranza di varare le riforme tenacemente volute dai nostri partner europei; va detto che la nostra credibilità all’estero precipitava di giorno in giorno perché Berlusconi sosteneva una linea e il ministro Tremonti l’esatto contrario; e va detto anche che la rottura con Gianfranco Fini segnò un punto di debolezza della coalizione e che la campagna condotta dai giornali di area sulla casa di Montecarlo ha finito per trasformare un contrasto politico in una frattura irreversibile.
Ma l’operazione verità deve riguardare soprattutto il nostro presente e il nostro futuro. Il nostro elettorato è visibilmente frastornato. Un giorno il Pdl approva l’Imu e il giorno dopo irrompe sulla scena una parte del Pdl, certamente la più chiassosa, che minaccia di scendere in piazza contro l’Imu. Un giorno il Pdl approva i decreti, anche i più duri, di Monti e il giorno dopo la parte più colorita e populista del Pdl propone addirittura lo sciopero fiscale. Un giorno si ascoltano in televisione le più convinte dichiarazioni di Berlusconi a sostegno di Monti e il giorno dopo, anche e soprattutto sui giornali che si professano berlusconiani, si leggono titoli improntati al grillismo più avventato. Come meravigliarsi poi se la gente, soprattutto la nostra gente, non va a votare?
Il nostro elettorato è salito sull’aventino dell’astensionismo perché non capisce più che cosa vogliamo, perché non vede più nel Pdl né la coerenza né l’affidabilità. Coerenza e affidabilità che non vedono più nemmeno i nostri potenziali alleati, i cui comportamenti cominciano a spingersi oltre l’indicibile. Si pensi ai veti posti dal leader dell’Udc nei confronti di Berlusconi. Sono inaccettabili, non c’è dubbio, ma esigono una risposta politica. Non possiamo continuare, come nel deserto dei tartari, ad aspettare Casini mentre Casini, stando così le cose, non perde occasione per dirci che non vuole venire.
Capisco che, per dare una risposta, occorre sapere che cosa dire. Occorre, insomma, una linea politica che ci dica quantomeno se è strategicamente preferibile contrastare Grillo con un grillismo d'imitazione o se non sia invece il caso di attestarsi su una linea di responsabilità che eviti al Paese di precipitare nel dissesto di bilancio e alla politica di trascinarci in una ingovernabilità simile a quella che si è determinata in Grecia con la frantumazione dei partiti. Sono convinto, se mi è consentita una sottilineatura, che il grillismo ci porterebbe dritti all’isolamento e che la conseguente incapacità di riaggregare il blocco moderato sarebbe un danno enorme per la politica e, più in generale, per la democrazia di questa amatissima Italia. Da qui la mia richiesta di una urgente e ineludibile operazione verità.
La farà Berlusconi? Ci conto. E sono certo che stavolta il nostro Presidente non si rivelerà prigioniero della propria, incommensurabile generosità. Una generosità talmente connaturata alla sua personalità che spesso gli impedisce di emarginare gli amici che sbagliano o di allontanare quelli che remano contro o lo portano fuori strada. Oggi però c’è in gioco non solo il futuro del Pdl ma anche il futuro del Paese. […]
La segreteria di Angelino Alfano ha segnato una svolta e ha dimostrato sul campo di sapere fare politica, di sapere incalzare Monti. Sono convinto che, se sarà in grado di guadagnarsi l’autonomia necessaria, avrà tutte le carte in regola per rilanciare il Pdl, per riannodare i fili spezzati tra partito e società civile, e per cercare tra i giovani, e soprattutto tra quei giovani che hanno una storia politica legata al territorio, le risorse necessarie per formare una nuova classe dirigente.
Non abbiamo altra scelta. Chiedere un’operazione verità penso che sia ormai un dovere di tutti quelli che hanno creduto e ancora credono in questo partito. A partire da Alfano. Per quanto mi riguarda credo semplicemente di avere fatto, con questa lettera, nient'altro che il mio dovere.
Renato Schifani, presidente del Senato
al partito chiede operazione verità , ma che è pazzo? la verità è che il re è nudo ( folle, vecchio, rimbambito etc etc ) e la Biancofiore difficile possa tenere insieme le nullità del pdl ...intanto lui fa operazione maquillage, prende ulteriori distanze e si riposiziona
Re: Top News
Il vice-conte Max (nel 1999 presidente del consiglio) ha qualcosa da dire?
FREQUENZE TV
Europa 7, la Corte europea condanna l'Italia
"10 milioni di euro per le frequenze negate"
L'emittente televisiva, pur avendo ricevuto nel 1999 la concessione legale, non è stata mai in grado di trasmettere. Il contenzioso, durato 10 anni, si è concluso oggi con la sentenza di Strasburgo, che condanna l'Italia a pagare 10 milioni di euro di risarcimento alla società per danni materiali e morali. "Violazione del diritto alla libertà d'espressione" si legge nella sentenza
Lo leggo dopo
STRASBURGO - La Corte europea dei diritti umani ha condannato l'Italia per non avere concesso per 10 anni le frequenze all'emittente televisiva Europa 7 e ha riconosciuto alla società 10 milioni di euro di risarcimento per danni materiali e morali e 100 mila euro di spese legali, contro una richiesta di due miliardi di euro.
"Le autorità italiane non hanno rispettato l'obbligo prescritto dalla Convenzione europea dei diritti umani di mettere in atto un quadro legislativo e amministrativo per garantire l'effettivo pluralismo dei media" si legge nel pronunciamento. L'Italia è stata quindi condannata per aver violato il diritto alla libertà d'espressione e d'informazione (articolo 10 della Convenzione) e la tutela della proprietà (articolo 1 del protocollo 1).
Da Strasburgo hanno sottolineato come, avendo ottenuto la licenza nel 1999, Europa 7, potesse "ragionevolmente aspettarsi" di poter trasmettere entro massimo due anni. Ma non ha potuto farlo perché "le autorità hanno interferito con i suoi legittimi diritti, con la continua introduzione di leggi che hanno via via esteso il periodo in cui, le televisioni che già trasmettevano, potevano mantenere la titolarità di più frequenze".
La vicenda. Il contenzioso tra Europa 7 e l'Italia risale al 1999, quando il ''Centro Europa 7'', con sede a Roma, otteneva dalle autorità italiane la concessione a trasmettere attraverso tre frequenze, per la copertura dell'80% del territorio nazionale. Tuttavia l'emittente ebbe l'effettiva possibilità di iniziare a trasmettere solo nel 2009 e su una sola frequenza.
Secondo i ricorrenti, certe norme transitorie consentirono il prolungamento dell'uso di frequenze da parte di emittenti già esistenti. Quindi, per mancanza di attribuzione, Europa 7 non fu mai in grado di operare.
Per questa ragione, il legale rappresentante Francescantonio Di Stefano ha fatto ricorso al giudizio della Corte europea dei diritti umani, appellandosi agli articoli 10 (libertà di espressione e informazione) e 14 (interdizione della discriminazione) della Convenzione europea, sostenendo di aver subito un danno notevole al proprio diritto di comunicare, oltre che una discriminazione.
Il ricorso, inoltrato alla Corte europea dall'emittente televisiva il 16 luglio 2009, è stato comunicato alle autorità italiane nel successivo mese di novembre. Nell'udienza del 12 ottobre 2011 la Corte europea ha affidato il giudizio alla Grande Chambre.
Le reazioni. "La condanna all'Italia che arriva da Strasburgo sul caso Europa 7 è solo la conferma dei danni prodotti da Berlusconi e dal suo Governo. L'ex presidente del consiglio ha utilizzato a proprio uso e consumo le istituzioni, piegandole ai propri interessi e calpestando la democrazia e l'informazione", dichiara in una nota il leader dell'Italia dei Valori, Antonio Di Pietro.
(07 giugno 2012)
http://www.repubblica.it/economia/2012/ ... -36712597/
FREQUENZE TV
Europa 7, la Corte europea condanna l'Italia
"10 milioni di euro per le frequenze negate"
L'emittente televisiva, pur avendo ricevuto nel 1999 la concessione legale, non è stata mai in grado di trasmettere. Il contenzioso, durato 10 anni, si è concluso oggi con la sentenza di Strasburgo, che condanna l'Italia a pagare 10 milioni di euro di risarcimento alla società per danni materiali e morali. "Violazione del diritto alla libertà d'espressione" si legge nella sentenza
Lo leggo dopo
STRASBURGO - La Corte europea dei diritti umani ha condannato l'Italia per non avere concesso per 10 anni le frequenze all'emittente televisiva Europa 7 e ha riconosciuto alla società 10 milioni di euro di risarcimento per danni materiali e morali e 100 mila euro di spese legali, contro una richiesta di due miliardi di euro.
"Le autorità italiane non hanno rispettato l'obbligo prescritto dalla Convenzione europea dei diritti umani di mettere in atto un quadro legislativo e amministrativo per garantire l'effettivo pluralismo dei media" si legge nel pronunciamento. L'Italia è stata quindi condannata per aver violato il diritto alla libertà d'espressione e d'informazione (articolo 10 della Convenzione) e la tutela della proprietà (articolo 1 del protocollo 1).
Da Strasburgo hanno sottolineato come, avendo ottenuto la licenza nel 1999, Europa 7, potesse "ragionevolmente aspettarsi" di poter trasmettere entro massimo due anni. Ma non ha potuto farlo perché "le autorità hanno interferito con i suoi legittimi diritti, con la continua introduzione di leggi che hanno via via esteso il periodo in cui, le televisioni che già trasmettevano, potevano mantenere la titolarità di più frequenze".
La vicenda. Il contenzioso tra Europa 7 e l'Italia risale al 1999, quando il ''Centro Europa 7'', con sede a Roma, otteneva dalle autorità italiane la concessione a trasmettere attraverso tre frequenze, per la copertura dell'80% del territorio nazionale. Tuttavia l'emittente ebbe l'effettiva possibilità di iniziare a trasmettere solo nel 2009 e su una sola frequenza.
Secondo i ricorrenti, certe norme transitorie consentirono il prolungamento dell'uso di frequenze da parte di emittenti già esistenti. Quindi, per mancanza di attribuzione, Europa 7 non fu mai in grado di operare.
Per questa ragione, il legale rappresentante Francescantonio Di Stefano ha fatto ricorso al giudizio della Corte europea dei diritti umani, appellandosi agli articoli 10 (libertà di espressione e informazione) e 14 (interdizione della discriminazione) della Convenzione europea, sostenendo di aver subito un danno notevole al proprio diritto di comunicare, oltre che una discriminazione.
Il ricorso, inoltrato alla Corte europea dall'emittente televisiva il 16 luglio 2009, è stato comunicato alle autorità italiane nel successivo mese di novembre. Nell'udienza del 12 ottobre 2011 la Corte europea ha affidato il giudizio alla Grande Chambre.
Le reazioni. "La condanna all'Italia che arriva da Strasburgo sul caso Europa 7 è solo la conferma dei danni prodotti da Berlusconi e dal suo Governo. L'ex presidente del consiglio ha utilizzato a proprio uso e consumo le istituzioni, piegandole ai propri interessi e calpestando la democrazia e l'informazione", dichiara in una nota il leader dell'Italia dei Valori, Antonio Di Pietro.
(07 giugno 2012)
http://www.repubblica.it/economia/2012/ ... -36712597/
piccole prime donne crescono
Telese: addio «Fatto», fondo il mio giornale
«È cambiato tutto ma Travaglio vuole solo demolire. E Grillo è trattato come Gesù»
Luca Telese (LaPresse)
MILANO - La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato un titolo. Che a Luca Telese, però, è sembrato «un rutto: "Parmacotti". Campeggiava sulla prima pagina de il Fatto il giorno dopo la vittoria del grillino Pizzarotti. Io tornavo dalla Francia, dalla festa per Hollande. L'ho letto e ho detto basta».
Il giorno della rottura ufficiale con il suo (oramai ex) giornale, Luca Telese, 42 anni compiuti ad aprile, sembra frastornato. Ma non impaurito. Va via, dopo aver contribuito a fondarlo («esperienza indimenticabile»), dal quotidiano diretto da Antonio Padellaro. E lo fa per un motivo: «La mission di quel giornale si è esaurita. Non è passato dalla protesta alla proposta. Quando il governo Berlusconi è caduto, ci siamo chiesti: ora cosa dobbiamo cambiare? Travaglio ha detto: nulla. Io ho risposto: tutto. Ecco perché vado via. Perché non puoi continuare, a guerra finita, a mozzare le teste di cadaveri sul campo. Non puoi solo demolire. È il momento di costruire».
Telese lascia il Fatto e fonda un nuovo quotidiano, che lui definisce «piccolo "centro studi" del cambiamento e della costruzione delle idee». Si chiamerà Pubblico : 20 pagine in edicola dal 18 settembre, a 1,50 euro («Il coraggio si paga, ma per questo chiediamo a tutti di abbonarsi»). Età media dei redattori: 35 anni. Con lui andranno una squadra di sette giornalisti del suo ex giornale, tra cui Federico Mello e Manolo Fucecchi. Ma anche Francesca Fornario ( l'Unità ), Tommaso Labate (già al Riformista ) e Stefania Podda ( Liberazione ). E poi firme come Ritanna Armeni, Corrado Formigli, Mario Adinolfi, Marco Berlinguer e Carlo Freccero. Ma «darei volentieri la rubrica del cuore alla mia ex collega di conduzione Luisella Costamagna». Tra gli azionisti, Lorenzo Mieli e Fiorella Mannoia. Oltre allo stesso Telese.
Un «divorzio» che ha fatto scalpore, frutto soprattutto di dissidi interni con Travaglio. Che Telese ammette tutti: «Diciamo che al Fatto eravamo divisi tra Bosnia-Erzegovina e Croazia. E che politicamente, a un certo punto, hanno preso il potere i croati. Così dopo il primo turno delle amministrative Beppe Grillo è diventato Gesù. Casaleggio un guru. Ma il povero Tavolazzi non lo si poteva intervistare... Troppo per me». Ci ha provato, dice, a cambiare la linea «nichilista-gesuitica» di Travaglio, «giovane vecchio che vive nei miti della sua infanzia. Due culture diverse avrebbero potuto convivere. Ma con Marco non si parla. In una discussione ha due reazioni: se è arrabbiato gira il collo a 37 gradi da un lato, tace e gli si gonfia una vena. Se non è d'accordo sorride. Non è interessato al dibattito democratico».
Tanti i punti di scontro tra i due. Telese ricorda «la destituzione di Roberto Corradi, ideatore dell'inserto satirico Il Misfatto ». E l'uscita dell'ex ad del Fatto Giorgio Poidomani, «un galantuomo costretto a dimettersi e che non collaborerà, purtroppo, con noi». In entrambi i casi «Marco ha applicato la tecnica del capo tribù. A Corradi ha preferito Disegni. Mentre nel nuovo cda ha messo suoi fiduciari. Come il produttore Carlo Degli Esposti. O la "musa" Cinzia Monteverdi. Ragazza simpatica, però da qui a farla diventare amministratore delegato... Diciamo che rientra tra i giovani cooptati». Ma come sarà Pubblico ? «Costruito sul modello di un garage della Silicon Valley. Voce ai giovani contro la casta dei 60enni. Cambiare l'agenda di sinistra. E finalmente non sarò più vittima dell'ossessione di Travaglio, e di tutti i mafiologi, del "papello" di Spatuzza. D'altronde Marco ammetteva: il 75% di quello che scrivete non mi interessa. Per dire, la frase di Stracquadanio sul "metodo Boffo" nasce da un'intervista al nemico che piace a Padellaro ma al quale Travaglio era contrario perché "a quelli non bisogna dare manco una riga". Ecco, nel nostro nuovo giornale si farà il contrario».
Angela Frenda
7 giugno 2012 | 10:02
© RIPRODUZIONE RISERVATA
«È cambiato tutto ma Travaglio vuole solo demolire. E Grillo è trattato come Gesù»
Luca Telese (LaPresse)
MILANO - La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato un titolo. Che a Luca Telese, però, è sembrato «un rutto: "Parmacotti". Campeggiava sulla prima pagina de il Fatto il giorno dopo la vittoria del grillino Pizzarotti. Io tornavo dalla Francia, dalla festa per Hollande. L'ho letto e ho detto basta».
Il giorno della rottura ufficiale con il suo (oramai ex) giornale, Luca Telese, 42 anni compiuti ad aprile, sembra frastornato. Ma non impaurito. Va via, dopo aver contribuito a fondarlo («esperienza indimenticabile»), dal quotidiano diretto da Antonio Padellaro. E lo fa per un motivo: «La mission di quel giornale si è esaurita. Non è passato dalla protesta alla proposta. Quando il governo Berlusconi è caduto, ci siamo chiesti: ora cosa dobbiamo cambiare? Travaglio ha detto: nulla. Io ho risposto: tutto. Ecco perché vado via. Perché non puoi continuare, a guerra finita, a mozzare le teste di cadaveri sul campo. Non puoi solo demolire. È il momento di costruire».
Telese lascia il Fatto e fonda un nuovo quotidiano, che lui definisce «piccolo "centro studi" del cambiamento e della costruzione delle idee». Si chiamerà Pubblico : 20 pagine in edicola dal 18 settembre, a 1,50 euro («Il coraggio si paga, ma per questo chiediamo a tutti di abbonarsi»). Età media dei redattori: 35 anni. Con lui andranno una squadra di sette giornalisti del suo ex giornale, tra cui Federico Mello e Manolo Fucecchi. Ma anche Francesca Fornario ( l'Unità ), Tommaso Labate (già al Riformista ) e Stefania Podda ( Liberazione ). E poi firme come Ritanna Armeni, Corrado Formigli, Mario Adinolfi, Marco Berlinguer e Carlo Freccero. Ma «darei volentieri la rubrica del cuore alla mia ex collega di conduzione Luisella Costamagna». Tra gli azionisti, Lorenzo Mieli e Fiorella Mannoia. Oltre allo stesso Telese.
Un «divorzio» che ha fatto scalpore, frutto soprattutto di dissidi interni con Travaglio. Che Telese ammette tutti: «Diciamo che al Fatto eravamo divisi tra Bosnia-Erzegovina e Croazia. E che politicamente, a un certo punto, hanno preso il potere i croati. Così dopo il primo turno delle amministrative Beppe Grillo è diventato Gesù. Casaleggio un guru. Ma il povero Tavolazzi non lo si poteva intervistare... Troppo per me». Ci ha provato, dice, a cambiare la linea «nichilista-gesuitica» di Travaglio, «giovane vecchio che vive nei miti della sua infanzia. Due culture diverse avrebbero potuto convivere. Ma con Marco non si parla. In una discussione ha due reazioni: se è arrabbiato gira il collo a 37 gradi da un lato, tace e gli si gonfia una vena. Se non è d'accordo sorride. Non è interessato al dibattito democratico».
Tanti i punti di scontro tra i due. Telese ricorda «la destituzione di Roberto Corradi, ideatore dell'inserto satirico Il Misfatto ». E l'uscita dell'ex ad del Fatto Giorgio Poidomani, «un galantuomo costretto a dimettersi e che non collaborerà, purtroppo, con noi». In entrambi i casi «Marco ha applicato la tecnica del capo tribù. A Corradi ha preferito Disegni. Mentre nel nuovo cda ha messo suoi fiduciari. Come il produttore Carlo Degli Esposti. O la "musa" Cinzia Monteverdi. Ragazza simpatica, però da qui a farla diventare amministratore delegato... Diciamo che rientra tra i giovani cooptati». Ma come sarà Pubblico ? «Costruito sul modello di un garage della Silicon Valley. Voce ai giovani contro la casta dei 60enni. Cambiare l'agenda di sinistra. E finalmente non sarò più vittima dell'ossessione di Travaglio, e di tutti i mafiologi, del "papello" di Spatuzza. D'altronde Marco ammetteva: il 75% di quello che scrivete non mi interessa. Per dire, la frase di Stracquadanio sul "metodo Boffo" nasce da un'intervista al nemico che piace a Padellaro ma al quale Travaglio era contrario perché "a quelli non bisogna dare manco una riga". Ecco, nel nostro nuovo giornale si farà il contrario».
Angela Frenda
7 giugno 2012 | 10:02
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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