Come se ne viene fuori ?
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Re: Come se ne viene fuori ?
Ed io pago ...
Ma l'Italia non ripudia la guerra????
da http://www.lettera43.it
Ricerca? Meglio un F35
Le spese militari equivalgono ai tagli della spending review.
di Gelsomino Del Guercio
Nel calderone della Difesa, i tagli annunciati dal ministro Giampaolo Di Paola (spesa ridotta di 1,1 miliardi di euro in tre anni: 100 milioni nel 2012, 700 nel 2013 e di 500 nel 2014) scalfiscono appena un pozzo senza fondo dove si sarebbe potuto attingere per evitare che sanità, giustizia, ricerca e pubblica amministrazione diventassero le vittime sacrificali della spending review.
I numeri delle spese relative agli armamenti farebbero pensare a uno Stato pronto ad affrontare una guerra di dimensioni globali. Nel 2011, la spesa bellica ha raggiunto la cifra di 20 miliardi di euro circa (secondo lo studio dell’Istituto di ricerche internazionali Archivio Disarmo).
ATTIVI 71 PROGRAMMI DI ARMAMENTO.
L’Italia è attualmente impegnata in 71 programmi di armamento e riconfigurazione di sistemi d’arma che costano, da qui al 2026, oltre 3,5 miliardi di euro l'anno.
Cifra che non comprende i programmi più onerosi, come il tanto discusso acquisto dei velivoli Joint Strike Fighter (F35), ora ridotti da 131 a 90 unità, per un costo superiore ai 10 miliardi di euro e Forza Nec, un programma relativo alla costituzione di quattro brigate (12 mila uomini) digitalizzate - con uomini dotati di visori e sensori altamente sofisticati - dal costo preventivato di 12 miliardi. Totale 25,5 miliardi di euro circa.
TAGLI ALLA DIFESA IRRISORI.
Questi due ultimi «investimenti», insomma, pesano nei bilanci dello Stato quasi quanto l'intero ammontare che si prevede di risparmiare con l'intera spending review nell'arco temporale 2012-2014 (26 miliardi di euro). E, in generale, le cifre relative agli armamenti mostrano come i tagli del governo Berlusconi prima e del governo Monti poi siano, tutto sommato, irrisori.
Fregate, sommergibili per un importo equivalente ai tagli alla Sanità
Per dare un'idea, basta pensare che i finanziamenti per la realizzazione di sei fregate classe Fremm (costo dell'investimento 3 miliardi di mila euro), di due sommergibili di nuova generazione U-212A e del relativo supporto logistico (costo 915 milioni di euro), e l'acquisizione di un blocco di velivoli per il pattugliamento marittimo, in sostituzione agli Atlantic (360 milioni di euro), è poco inferiore agli interi tagli alla sanità: 4,7 miliardi di euro, ripartiti in 900 milioni nel 2012, 1,8 miliardi nel 2013 e 2 miliardi nel 2014.
500 bombe per F35 per un importo equivalente al costi di 7 mila posti letto
Ma non è finita. Se l'Italia avesse rinunciato ad acquistare 500 bombe di piccolo diametro modello Sdb da montare sui tanto discussi caccia F35, oggi si sarebbero salvati 7 mila posti letto negli ospedali italiani tranciati dalla spending review a partire dal 2013 (che lievitano a oltre 15 mila se si considerano anche quelli che verrebbero meno nelle strutture sanitarie private accreditate).
Il valore degli ordigni, acquistati nel triennio 2008-2011, ammonta a 84 milioni di euro mentre il taglio dei posti letto costa 70 milioni di euro tra il 2013 (20 milioni) e il 2014 (50 milioni).
Rinunciando poi ai 'fondi-stampella' per gli armamenti, erogati dal ministero dello Sviluppo economico (circa 1 miliardo di euro nel 2011), si sarebbe evitata la sola sforbiciata sui dispositivi medici (protesi, valvole cardiache, pace-maker) stimata in 400 milioni nel 2013 e 500 milioni nel 2014.
Elicotteri e Predator preferiti agli enti locali
Cambiando settore, la spesa per l'acquisto di 100 nuovi elicotteri militari Nh-90 (costo complessivo 4 miliardi di euro) e di otto nuovi velivoli senza pilota Predator (costo 1,3 miliardi di euro) valgono quasi quanto l'intero pacchetto di risorse destinate agli enti locali e divorate dalla spending review (1,7 miliardi entro il 2013 per le Regioni; 2,5 miliardi per i Comuni; 1,5 miliardi per le Province). Un mancato gettito che potrebbe portare sul lastrico numerose istituzioni già alle prese con ampi buchi di bilancio.
Spese militari quotidiane meglio di Infn e Cnr
La spending review prevede tagli a 12 istituti facenti capo al Miur.
I tagli alla ricerca, che hanno messo in ginocchio tra gli altri, l’Istituto nazionale di fisica nucleare (con -57 milioni di fondi nel triennio 2012-2014), il Cnr (-38 milioni), l'Agenzia spaziale italiana (-6 milioni), sono di poco superiori alla somma che si spende ogni giorno in Italia per compensare le spese militari: 80 milioni di euro. Oltre 600 generali, 2 mila e 700 colonnelli, 13 mila ufficiali, quasi 26 mila sottoufficiali e ben 70 generali di corpo d'armata, rappresentano una massa sterminata di dirigenti con ricchi stipendi. Ecco perché l'annuncio del 10% di tagli al personale delle forze armate (18mila unità su 180mila) può apparire significativo, ma in realtà è poca cosa.
Poi basterebbe dimezzare le spese per le missioni in Libano (1 milione al giorno) e in Afghanistan (2 milioni al giorno) per raggranellare in poco più di due mesi i 105 milioni di euro che equivalgono ai tagli di tribunali e uffici dei giudici di pace.
Carcerati sacrificati per i sindacati dei militari
Infine, il calo per la spesa penitenziaria (-3,5 milioni per la fornitura del vestiario), in un contesto sociale in cui le carceri già versano nell'emergenza, vale molto meno dell'estensione dei diritti sindacali ai militari.
Le ingenti spese per il funzionamento degli organismi della rappresentanza dei militari pesano ai contribuenti oltre 5,2 milioni di euro all’anno solo per le indennità di missione corrisposte al personale che fa parte dei Consigli.
Mercoledì, 11 Luglio 2012
Ma l'Italia non ripudia la guerra????
da http://www.lettera43.it
Ricerca? Meglio un F35
Le spese militari equivalgono ai tagli della spending review.
di Gelsomino Del Guercio
Nel calderone della Difesa, i tagli annunciati dal ministro Giampaolo Di Paola (spesa ridotta di 1,1 miliardi di euro in tre anni: 100 milioni nel 2012, 700 nel 2013 e di 500 nel 2014) scalfiscono appena un pozzo senza fondo dove si sarebbe potuto attingere per evitare che sanità, giustizia, ricerca e pubblica amministrazione diventassero le vittime sacrificali della spending review.
I numeri delle spese relative agli armamenti farebbero pensare a uno Stato pronto ad affrontare una guerra di dimensioni globali. Nel 2011, la spesa bellica ha raggiunto la cifra di 20 miliardi di euro circa (secondo lo studio dell’Istituto di ricerche internazionali Archivio Disarmo).
ATTIVI 71 PROGRAMMI DI ARMAMENTO.
L’Italia è attualmente impegnata in 71 programmi di armamento e riconfigurazione di sistemi d’arma che costano, da qui al 2026, oltre 3,5 miliardi di euro l'anno.
Cifra che non comprende i programmi più onerosi, come il tanto discusso acquisto dei velivoli Joint Strike Fighter (F35), ora ridotti da 131 a 90 unità, per un costo superiore ai 10 miliardi di euro e Forza Nec, un programma relativo alla costituzione di quattro brigate (12 mila uomini) digitalizzate - con uomini dotati di visori e sensori altamente sofisticati - dal costo preventivato di 12 miliardi. Totale 25,5 miliardi di euro circa.
TAGLI ALLA DIFESA IRRISORI.
Questi due ultimi «investimenti», insomma, pesano nei bilanci dello Stato quasi quanto l'intero ammontare che si prevede di risparmiare con l'intera spending review nell'arco temporale 2012-2014 (26 miliardi di euro). E, in generale, le cifre relative agli armamenti mostrano come i tagli del governo Berlusconi prima e del governo Monti poi siano, tutto sommato, irrisori.
Fregate, sommergibili per un importo equivalente ai tagli alla Sanità
Per dare un'idea, basta pensare che i finanziamenti per la realizzazione di sei fregate classe Fremm (costo dell'investimento 3 miliardi di mila euro), di due sommergibili di nuova generazione U-212A e del relativo supporto logistico (costo 915 milioni di euro), e l'acquisizione di un blocco di velivoli per il pattugliamento marittimo, in sostituzione agli Atlantic (360 milioni di euro), è poco inferiore agli interi tagli alla sanità: 4,7 miliardi di euro, ripartiti in 900 milioni nel 2012, 1,8 miliardi nel 2013 e 2 miliardi nel 2014.
500 bombe per F35 per un importo equivalente al costi di 7 mila posti letto
Ma non è finita. Se l'Italia avesse rinunciato ad acquistare 500 bombe di piccolo diametro modello Sdb da montare sui tanto discussi caccia F35, oggi si sarebbero salvati 7 mila posti letto negli ospedali italiani tranciati dalla spending review a partire dal 2013 (che lievitano a oltre 15 mila se si considerano anche quelli che verrebbero meno nelle strutture sanitarie private accreditate).
Il valore degli ordigni, acquistati nel triennio 2008-2011, ammonta a 84 milioni di euro mentre il taglio dei posti letto costa 70 milioni di euro tra il 2013 (20 milioni) e il 2014 (50 milioni).
Rinunciando poi ai 'fondi-stampella' per gli armamenti, erogati dal ministero dello Sviluppo economico (circa 1 miliardo di euro nel 2011), si sarebbe evitata la sola sforbiciata sui dispositivi medici (protesi, valvole cardiache, pace-maker) stimata in 400 milioni nel 2013 e 500 milioni nel 2014.
Elicotteri e Predator preferiti agli enti locali
Cambiando settore, la spesa per l'acquisto di 100 nuovi elicotteri militari Nh-90 (costo complessivo 4 miliardi di euro) e di otto nuovi velivoli senza pilota Predator (costo 1,3 miliardi di euro) valgono quasi quanto l'intero pacchetto di risorse destinate agli enti locali e divorate dalla spending review (1,7 miliardi entro il 2013 per le Regioni; 2,5 miliardi per i Comuni; 1,5 miliardi per le Province). Un mancato gettito che potrebbe portare sul lastrico numerose istituzioni già alle prese con ampi buchi di bilancio.
Spese militari quotidiane meglio di Infn e Cnr
La spending review prevede tagli a 12 istituti facenti capo al Miur.
I tagli alla ricerca, che hanno messo in ginocchio tra gli altri, l’Istituto nazionale di fisica nucleare (con -57 milioni di fondi nel triennio 2012-2014), il Cnr (-38 milioni), l'Agenzia spaziale italiana (-6 milioni), sono di poco superiori alla somma che si spende ogni giorno in Italia per compensare le spese militari: 80 milioni di euro. Oltre 600 generali, 2 mila e 700 colonnelli, 13 mila ufficiali, quasi 26 mila sottoufficiali e ben 70 generali di corpo d'armata, rappresentano una massa sterminata di dirigenti con ricchi stipendi. Ecco perché l'annuncio del 10% di tagli al personale delle forze armate (18mila unità su 180mila) può apparire significativo, ma in realtà è poca cosa.
Poi basterebbe dimezzare le spese per le missioni in Libano (1 milione al giorno) e in Afghanistan (2 milioni al giorno) per raggranellare in poco più di due mesi i 105 milioni di euro che equivalgono ai tagli di tribunali e uffici dei giudici di pace.
Carcerati sacrificati per i sindacati dei militari
Infine, il calo per la spesa penitenziaria (-3,5 milioni per la fornitura del vestiario), in un contesto sociale in cui le carceri già versano nell'emergenza, vale molto meno dell'estensione dei diritti sindacali ai militari.
Le ingenti spese per il funzionamento degli organismi della rappresentanza dei militari pesano ai contribuenti oltre 5,2 milioni di euro all’anno solo per le indennità di missione corrisposte al personale che fa parte dei Consigli.
Mercoledì, 11 Luglio 2012
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«Non si discute per aver ragione, ma per capire» (Peanuts)
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Re: Come se ne viene fuori ?
Da : La terza guerra mondiale? Chi comanda Obama o Wall Street? Di Elido Fazi.
Pagina 7
Spero almeno che abbiate parlato di finanza, e non magari di armi (chi scrive si rivolge ipoteticamente a Obama riferendosi alla visita di Monti-ndt). Ma se avete affrontato questo argomento, ti dico brevemente cosa pensano molti cittadini italiani sul tema, a destra come a sinistra, ritengo siano molto uniti.
L’acquisto degli oltre cento caccia bombardieri F-35, che costerà all’italia 15 miliardi di euro, per aderire a un programma militare che sembra essere il più costoso della storia ( ma di cui praticamente non sappiamo nulla), ci lascia stupefatti.
Ogni velivolo costerà 120 milioni di euro e, come ha ben detto il luminare dell’oncologia, l’italiano Umberto Veronesi, con il prezzo di ogni caccia potremmo costruire 185 asili o scuole.
Ti posso garantire, vivendo in questo paese-spero ancora un paese democratico- che noi abbiamo più bisogno di scuole che di bombardieri.
Cosa farci noi con i caccia? Monti propone sacrifici ai pensionati per comprare , con i soldi risparmiati aerei da guerra? Non ti sembra una cosa assurda?
Pagina 8
Tra l’altro, a rendere ingiustificabile una spesa del genere per il nostro paese non sono soltanto le ragioni della morale e del buon senso, ma anche la nostra Costituzione, la quale all’articolo 11 dichiara che k’Italia <<ripudia la guerra>>, se non come strumento di difesa.
Gli italiani sono un popolo pacifico. Il nostro pensiero sulla guerra è che essa rappresenti una delle peggiori barbarie che ancora funestano il mondo. E non aspettiamo altro che venga presto dimenticata come una pessima abitudine del passato, più esecrabile della schiavitù o di ogni altra maledizione caduta sulla testa dell’umanità. Tu che hai ricevuto il premio Nobel per la pace e queste cose, sono sicuro, le condividerai, sia razionalmente che con il cuore.
A cui aggiungo di personale dopo la lettera dei quindici fasulli del P-ier-D al Corriere, tra cui i cattolici, che è opportuno che i falsi cristiani non si presentino più in politica e che ritornino nelle catacombe o si facciano mangiare dai leoni.
Nelle loro richieste per il mantenimento del programma Monti nella prossima legislatura non esiste nessun accenno ad almeno la sospensione dell’ordine dei 120 caccia da destinarsi in tempi meno pesanti.
Questi non possono essere cattolici, neppure Monti che si fa vedere ad andare a messa alla domenica può essere definito un cattolico, se non riesce a vedere queste cose. Ma che Dio pregano? Satana?
Dove trova un insegnamento del Cristo che indica che bisogna sacrificare gli umani, che i cattolici falsamente chiamano fratelli, per il mercato delle armi?
Pagina 7
Spero almeno che abbiate parlato di finanza, e non magari di armi (chi scrive si rivolge ipoteticamente a Obama riferendosi alla visita di Monti-ndt). Ma se avete affrontato questo argomento, ti dico brevemente cosa pensano molti cittadini italiani sul tema, a destra come a sinistra, ritengo siano molto uniti.
L’acquisto degli oltre cento caccia bombardieri F-35, che costerà all’italia 15 miliardi di euro, per aderire a un programma militare che sembra essere il più costoso della storia ( ma di cui praticamente non sappiamo nulla), ci lascia stupefatti.
Ogni velivolo costerà 120 milioni di euro e, come ha ben detto il luminare dell’oncologia, l’italiano Umberto Veronesi, con il prezzo di ogni caccia potremmo costruire 185 asili o scuole.
Ti posso garantire, vivendo in questo paese-spero ancora un paese democratico- che noi abbiamo più bisogno di scuole che di bombardieri.
Cosa farci noi con i caccia? Monti propone sacrifici ai pensionati per comprare , con i soldi risparmiati aerei da guerra? Non ti sembra una cosa assurda?
Pagina 8
Tra l’altro, a rendere ingiustificabile una spesa del genere per il nostro paese non sono soltanto le ragioni della morale e del buon senso, ma anche la nostra Costituzione, la quale all’articolo 11 dichiara che k’Italia <<ripudia la guerra>>, se non come strumento di difesa.
Gli italiani sono un popolo pacifico. Il nostro pensiero sulla guerra è che essa rappresenti una delle peggiori barbarie che ancora funestano il mondo. E non aspettiamo altro che venga presto dimenticata come una pessima abitudine del passato, più esecrabile della schiavitù o di ogni altra maledizione caduta sulla testa dell’umanità. Tu che hai ricevuto il premio Nobel per la pace e queste cose, sono sicuro, le condividerai, sia razionalmente che con il cuore.
A cui aggiungo di personale dopo la lettera dei quindici fasulli del P-ier-D al Corriere, tra cui i cattolici, che è opportuno che i falsi cristiani non si presentino più in politica e che ritornino nelle catacombe o si facciano mangiare dai leoni.
Nelle loro richieste per il mantenimento del programma Monti nella prossima legislatura non esiste nessun accenno ad almeno la sospensione dell’ordine dei 120 caccia da destinarsi in tempi meno pesanti.
Questi non possono essere cattolici, neppure Monti che si fa vedere ad andare a messa alla domenica può essere definito un cattolico, se non riesce a vedere queste cose. Ma che Dio pregano? Satana?
Dove trova un insegnamento del Cristo che indica che bisogna sacrificare gli umani, che i cattolici falsamente chiamano fratelli, per il mercato delle armi?
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- Iscritto il: 21/02/2012, 22:55
Re: Come se ne viene fuori ?
A cui aggiungo di personale dopo la lettera dei quindici fasulli del P-ier-D al Corriere, tra cui i cattolici, che è opportuno che i falsi cristiani non si presentino più in politica e che ritornino nelle catacombe o si facciano mangiare dai leoni.
Quelli che si facevano mangiare dai leoni erano cristiani autentici,
questi non ce li freghi,
poi... sarebbero sarebbero indigesti anche ai leoni!
Re: Come se ne viene fuori ?
DERIVATI/ Gli Usa cercano di far chiarezza. L'esperto: il vero nodo riguarda le banche
INT. James Charles Livermore mercoledì 11 luglio 2012
GLI USA CERCANO DI FAR CHIAREZZA SUI DERIVATI La Commodity Futures Trading Commission (CFTC), l'autorità americana di vigilanza sui mercati derivati, ha approvato insieme alla Securities and Exchange Commission (la Consob americana) un importante documento che mira a fare maggiore chiarezza nel mercato dei cosiddetti “swap”, vale a dire un particolare tipo di derivati che fino a oggi sono stati trattati solamente su mercati Otc (over-the-counter), cioè non soggetti ad alcuna regolamentazione. Il testo ha l’obiettivo di stabilire quando i tassi d'interesse, i crediti, le azioni e altri tipi di derivati sono considerati "swap", ovvero dei derivati che si basano sullo scambio di flussi di cassa o di pagamenti per ridurre eventuali rischi finanziari. Il progetto è stato approvato nell’ambito della legge di revisione del sistema finanziario ratificata nel 2010 dal presidente Obama, il Dodd-Frank Act e, come ha fatto sapere Gary Gensler, presidente della Cftc, ora “ci sarà più trasparenza, minori rischi per gli americani, più controlli e per la prima volta si farà luce sul mercato degli swap”.
Per capire l’importanza di quanto avvenuto e chiarire ogni dubbio, IlSussidiario.net ha contattato James Charles Livermore, operatore finanziario internazionale: «L’autorità di vigilanza americana, una commissione federale che dipende dal governo degli Stati Uniti, in collaborazione con la SEC ha dato una definizione di operazione su derivati. Le vere novità sono quindi essenzialmente due: la prima è rappresentata proprio dal fatto che un organo federale e uno indipendente abbiano collaborato, per la prima volta dai tempi della crisi del ’29, in una operazione del genere», mentre la seconda riguarda ovviamente i contenuti: «Per la prima volta dalla grande deregolamentazione dei mercati finanziari - continua a spiegare Livermore - si mette mano alle operazioni su derivati. L’atto recentemente approvato vuole definire cos’è un’operazione in derivati con l’obiettivo di regolamentare con precisione tutto ciò che finisce all’interno di questa stessa definizione. Il vantaggio è quindi molto ampio perché, nonostante venga coinvolta solo la parte riguardante gli swap, stiamo comunque parlando di svariate centinaia di miliardi che di colpo entrano nei radar della vigilanza bancaria».
Secondo Livermore, la conseguenza più forte di tale operazione è però un’altra: «Comincia a essere messo in atto il Dodd-Frank Act, la riforma che vorrebbe ripristinare un ordine all’interno dei mercati finanziari ispirandosi in chiave attuale al vecchio Glass-Steagall Act, recepito in Italia come la Legge Bancaria del 1936. Si tratta dunque di una serie di leggi diffusa sia in Europa che negli Stati Uniti e che sulla scia della crisi del ’29 separano le banche commerciali da quelle d’investimento. In poche parole vengono separati gli istituti presso cui i cittadini aprono un conto dove mettere i risparmi da quelli che invece fanno operazioni più complesse e rischiose e che quindi sono di conseguenza anche a rischio default».
Quanto approvato in America presenta però anche dei rischi, in particolare due: «Il primo - spiega Livermore - riguarda un eventuale smottamento politico, vista la forte vicinanza dei politici americani al mondo della finanza. Fino a oggi erano state fatte solo vaghe dichiarazioni di facciata contro le banche, ma senza mai modificare nulla dell’impianto normativo, quindi un passo del genere potrebbe avere un certo impatto». Il secondo rischio, utilizzando una metafora, è quello di chiudere il recinto quando ormai è troppo tardi: «Vengono definiti gli swap, è vero, ma c’è una tale marea di derivati che è facile nascondere operazioni simili agli swap all’interno di altre operazioni che invece ancora non sono state regolamentate. In sostanza si rischia quindi di far rientrare dalla finestra tutto ciò che è stato già fatto uscire dalla porta».
L’America ha dunque fatto il primo passo vero una maggiore chiarezza, ma è possibile che altri Paesi facciano lo stesso? «E’ molto difficile che ciò accada - conclude Livermore - per il semplice fatto che gli Stati Uniti hanno sempre rifiutato di applicare le regole di Basilea, quelle che vengono invece applicate da tutte le banche europee. Per questo motivo trovare un accordo del genere al di fuori dell’America, allo stato dei fatti, è pressoché impossibile».
(Claudio Perlini)
ecco una cosa da fare , separare le banche di investimento da quelle commerciali . vuoi occuparti di finanza creativa ? ok, ma non puoi tenere in ostaggio i governi che si sentono in dovere di salvarti perchè tieni anche i soldi dei risparmiatori, se fallisci cavoli tuoi. e intanto , gradualmente, e a livello europeo , perchè i mercati sono internazionali , cominciare a mettere paletti sui derivati & co , limitando le banche che stanno beneficiando di sostegno economico governativo ....
INT. James Charles Livermore mercoledì 11 luglio 2012
GLI USA CERCANO DI FAR CHIAREZZA SUI DERIVATI La Commodity Futures Trading Commission (CFTC), l'autorità americana di vigilanza sui mercati derivati, ha approvato insieme alla Securities and Exchange Commission (la Consob americana) un importante documento che mira a fare maggiore chiarezza nel mercato dei cosiddetti “swap”, vale a dire un particolare tipo di derivati che fino a oggi sono stati trattati solamente su mercati Otc (over-the-counter), cioè non soggetti ad alcuna regolamentazione. Il testo ha l’obiettivo di stabilire quando i tassi d'interesse, i crediti, le azioni e altri tipi di derivati sono considerati "swap", ovvero dei derivati che si basano sullo scambio di flussi di cassa o di pagamenti per ridurre eventuali rischi finanziari. Il progetto è stato approvato nell’ambito della legge di revisione del sistema finanziario ratificata nel 2010 dal presidente Obama, il Dodd-Frank Act e, come ha fatto sapere Gary Gensler, presidente della Cftc, ora “ci sarà più trasparenza, minori rischi per gli americani, più controlli e per la prima volta si farà luce sul mercato degli swap”.
Per capire l’importanza di quanto avvenuto e chiarire ogni dubbio, IlSussidiario.net ha contattato James Charles Livermore, operatore finanziario internazionale: «L’autorità di vigilanza americana, una commissione federale che dipende dal governo degli Stati Uniti, in collaborazione con la SEC ha dato una definizione di operazione su derivati. Le vere novità sono quindi essenzialmente due: la prima è rappresentata proprio dal fatto che un organo federale e uno indipendente abbiano collaborato, per la prima volta dai tempi della crisi del ’29, in una operazione del genere», mentre la seconda riguarda ovviamente i contenuti: «Per la prima volta dalla grande deregolamentazione dei mercati finanziari - continua a spiegare Livermore - si mette mano alle operazioni su derivati. L’atto recentemente approvato vuole definire cos’è un’operazione in derivati con l’obiettivo di regolamentare con precisione tutto ciò che finisce all’interno di questa stessa definizione. Il vantaggio è quindi molto ampio perché, nonostante venga coinvolta solo la parte riguardante gli swap, stiamo comunque parlando di svariate centinaia di miliardi che di colpo entrano nei radar della vigilanza bancaria».
Secondo Livermore, la conseguenza più forte di tale operazione è però un’altra: «Comincia a essere messo in atto il Dodd-Frank Act, la riforma che vorrebbe ripristinare un ordine all’interno dei mercati finanziari ispirandosi in chiave attuale al vecchio Glass-Steagall Act, recepito in Italia come la Legge Bancaria del 1936. Si tratta dunque di una serie di leggi diffusa sia in Europa che negli Stati Uniti e che sulla scia della crisi del ’29 separano le banche commerciali da quelle d’investimento. In poche parole vengono separati gli istituti presso cui i cittadini aprono un conto dove mettere i risparmi da quelli che invece fanno operazioni più complesse e rischiose e che quindi sono di conseguenza anche a rischio default».
Quanto approvato in America presenta però anche dei rischi, in particolare due: «Il primo - spiega Livermore - riguarda un eventuale smottamento politico, vista la forte vicinanza dei politici americani al mondo della finanza. Fino a oggi erano state fatte solo vaghe dichiarazioni di facciata contro le banche, ma senza mai modificare nulla dell’impianto normativo, quindi un passo del genere potrebbe avere un certo impatto». Il secondo rischio, utilizzando una metafora, è quello di chiudere il recinto quando ormai è troppo tardi: «Vengono definiti gli swap, è vero, ma c’è una tale marea di derivati che è facile nascondere operazioni simili agli swap all’interno di altre operazioni che invece ancora non sono state regolamentate. In sostanza si rischia quindi di far rientrare dalla finestra tutto ciò che è stato già fatto uscire dalla porta».
L’America ha dunque fatto il primo passo vero una maggiore chiarezza, ma è possibile che altri Paesi facciano lo stesso? «E’ molto difficile che ciò accada - conclude Livermore - per il semplice fatto che gli Stati Uniti hanno sempre rifiutato di applicare le regole di Basilea, quelle che vengono invece applicate da tutte le banche europee. Per questo motivo trovare un accordo del genere al di fuori dell’America, allo stato dei fatti, è pressoché impossibile».
(Claudio Perlini)
ecco una cosa da fare , separare le banche di investimento da quelle commerciali . vuoi occuparti di finanza creativa ? ok, ma non puoi tenere in ostaggio i governi che si sentono in dovere di salvarti perchè tieni anche i soldi dei risparmiatori, se fallisci cavoli tuoi. e intanto , gradualmente, e a livello europeo , perchè i mercati sono internazionali , cominciare a mettere paletti sui derivati & co , limitando le banche che stanno beneficiando di sostegno economico governativo ....
Re: Come se ne viene fuori ?
Sti fetenti ci hanno pure declassato .... il ritorno del caimano gli è caduto pesante .
Moody's declassa l'Italia: giù di due gradini
«Anche il clima politico è fonte di rischio»
Bond italiani da A3 a Baa2. L'agenzia: rischi contagio
da Spagna e Grecia. Oggi l'asta dei Btp
MILANO - Moody's declassa il debito sovrano italiano: titoli di stato giù di due gradini, nel giudizio dell'agenzia di rating, da A3 a Baa2. Appena due punti sopra il livello «junk», quello cioè dei titoli «spazzatura». È la seconda bocciatura in cinque mesi, dopo il taglio del rating a febbraio (che ha coinvolto, insieme all'Italia, anche Spagna e Grecia). Una doccia fredda per il governo italiano che sorprende i mercati, dopo che l'asta dei Bot a un anno di giovedì ha registrato risultati positivi e a poche ore dall'asta dei titoli a medio termine, in particolare dei Btp, di venerdì. È probabile che l'Italia vedrà crescere ancora i costi di finanziamento del proprio debito, spiega l'agenzia americana, che non esclude un ulteriore declassamento.
LA VALUTAZIONE - La fiducia nel mercato è fragile - è la valutazione di Moody's - per cause che hanno origine all'estero, in primis il rischio di contagio da Grecia e Spagna, e per temi squisitamente nostrani, come il clima politico che si va surriscaldando, generando instabilità, in vista delle scadenze elettorali. È diminuita la disponibilità degli investitori stranieri a comprare bond italiani. Moody's sottolinea il «deterioramento delle prospettive economiche nel breve termine»: disoccupazione in aumento e crescita debole. In particolare l'economia italiana deve fare i conti con una contrazione del 2% che renderebbe difficile per il Paese centrare gli obiettivi fiscali e di bilancio.
LA POLITICA - L'agenzia riconosce che le misure adottate dall'esecutivo guidato da Mario Monti sono state positive: «Un programma di riforme che ha davvero le potenzialità per migliorare notevolmente la crescita e le prospettive di bilancio». Ma l'outlook negativo dell'Italia risente «anche del clima politico», che «specialmente con l'avvicinarsi del voto della prossima primavera, è fonte di un aumento dei rischi». Per questo Moody's non esclude un ulteriore declassamento: «Il debito pubblico italiano potrebbe essere declassato ancora in caso di un ulteriore concreto deterioramento delle prospettive economiche del Paese o di difficoltà nel mettere in atto le riforme». Se dovesse riscontrare difficoltà a finanziare il proprio debito, l'Italia sarebbe «costretta a richiedere un aiuto esterno», da qui la prospettiva di un ulteriore taglio. Ma, dall'altra parte, il successo nel mettere in atto le riforme e le misure fiscali che diano forza alle prospettive di crescita può condurre a un outlook più stabile.
RISCHI DI CONTAGIO - Ma la pressione sull'Italia arriva anche dall'esterno. Dalla possibilità che la Grecia esca dall'euro e che la crisi delle banche spagnole possa peggiorare. Questo nonostante le misure discusse nei vertici di Bruxelles: a meno di una settimana dall'intesa sulla prima tranche di aiuti da 30 miliardi per gli istituti credito iberici; e in vista del vertice della riunione del 20 luglio, quando saranno definite ulteriormente le misure antispread.
I MERCATI - L'euro ha accusato il taglio deciso da Moody's: giù a 1.2195 dollari nei mercati nipponici.
Renato Benedetto
13 luglio 2012 | 5:24
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Moody's declassa l'Italia: giù di due gradini
«Anche il clima politico è fonte di rischio»
Bond italiani da A3 a Baa2. L'agenzia: rischi contagio
da Spagna e Grecia. Oggi l'asta dei Btp
MILANO - Moody's declassa il debito sovrano italiano: titoli di stato giù di due gradini, nel giudizio dell'agenzia di rating, da A3 a Baa2. Appena due punti sopra il livello «junk», quello cioè dei titoli «spazzatura». È la seconda bocciatura in cinque mesi, dopo il taglio del rating a febbraio (che ha coinvolto, insieme all'Italia, anche Spagna e Grecia). Una doccia fredda per il governo italiano che sorprende i mercati, dopo che l'asta dei Bot a un anno di giovedì ha registrato risultati positivi e a poche ore dall'asta dei titoli a medio termine, in particolare dei Btp, di venerdì. È probabile che l'Italia vedrà crescere ancora i costi di finanziamento del proprio debito, spiega l'agenzia americana, che non esclude un ulteriore declassamento.
LA VALUTAZIONE - La fiducia nel mercato è fragile - è la valutazione di Moody's - per cause che hanno origine all'estero, in primis il rischio di contagio da Grecia e Spagna, e per temi squisitamente nostrani, come il clima politico che si va surriscaldando, generando instabilità, in vista delle scadenze elettorali. È diminuita la disponibilità degli investitori stranieri a comprare bond italiani. Moody's sottolinea il «deterioramento delle prospettive economiche nel breve termine»: disoccupazione in aumento e crescita debole. In particolare l'economia italiana deve fare i conti con una contrazione del 2% che renderebbe difficile per il Paese centrare gli obiettivi fiscali e di bilancio.
LA POLITICA - L'agenzia riconosce che le misure adottate dall'esecutivo guidato da Mario Monti sono state positive: «Un programma di riforme che ha davvero le potenzialità per migliorare notevolmente la crescita e le prospettive di bilancio». Ma l'outlook negativo dell'Italia risente «anche del clima politico», che «specialmente con l'avvicinarsi del voto della prossima primavera, è fonte di un aumento dei rischi». Per questo Moody's non esclude un ulteriore declassamento: «Il debito pubblico italiano potrebbe essere declassato ancora in caso di un ulteriore concreto deterioramento delle prospettive economiche del Paese o di difficoltà nel mettere in atto le riforme». Se dovesse riscontrare difficoltà a finanziare il proprio debito, l'Italia sarebbe «costretta a richiedere un aiuto esterno», da qui la prospettiva di un ulteriore taglio. Ma, dall'altra parte, il successo nel mettere in atto le riforme e le misure fiscali che diano forza alle prospettive di crescita può condurre a un outlook più stabile.
RISCHI DI CONTAGIO - Ma la pressione sull'Italia arriva anche dall'esterno. Dalla possibilità che la Grecia esca dall'euro e che la crisi delle banche spagnole possa peggiorare. Questo nonostante le misure discusse nei vertici di Bruxelles: a meno di una settimana dall'intesa sulla prima tranche di aiuti da 30 miliardi per gli istituti credito iberici; e in vista del vertice della riunione del 20 luglio, quando saranno definite ulteriormente le misure antispread.
I MERCATI - L'euro ha accusato il taglio deciso da Moody's: giù a 1.2195 dollari nei mercati nipponici.
Renato Benedetto
13 luglio 2012 | 5:24
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Re: Come se ne viene fuori ?
Day after day
Se tutto va bene,..siamo rovinati……..
Da Wikipedia
Moody's Corporation è una società con base a New York che esegue ricerche finanziarie ed analisi sulle attività di imprese commerciali e statali.
L'azienda realizza un omonimo rating per le attività che analizza. Un indice che ne misura la capacità di restituire i crediti ricevuti in base ad una scala standardizzata e suddivisa tra debiti contratti a medio termine e a lungo termine
Standard and Poor's Corporation (S&P) è una società con base negli Stati Uniti che realizza ricerche finanziarie e analisi su titoli azionari e obbligazioni, fra le prime tre agenzie di rating (valutazione) al mondo insieme a Moody's e Fitch Ratings.
Fitch Ratings, Inc./Ltd., è un'agenzia internazionale di valutazione del credito e rating (valutazione), con due quartier generali, a New York City e a Londra.
Tutta questa concentrazione di agenzie di rating negli Usa, è poco credibile. Che siano solo loro a dare le pagelle mondiali non è accettabile anche perché molte volte i loro interventi sono sospetti.
Lo scandaloso comportamento delle Agenzie di Rating "Moody's", "Standard & Poor's" e "Fitch"
http://www.youtube.com/watch?v=Wtnt4Y0Md5U
Ma al di là delle considerazioni sulle agenzie di rating dell’oltre Atlantico, lo spettacolo esibito dalla classe politica è così indecente, ma così indecente che anche qualsiasi scassatissima agenzia del pianeta non potrebbe che fare diversamente.
……..Oggi ci si prepara ad autunno pieno di incognite. La crisi è destinata a peggiorare. <<Non c’è il credito e non ci sono gli ordini, le aziende stanno chiudendo>> diceva ieri un importante esponente di Confindustria.
Questo è quanto riportato ieri a pagina 3 di La Repubblica.
Da quanto tempo stiamo dicendo queste cose prima sul vecchio forum ed ora su questo?
Basta sentire la classe politica esibirsi nei contenitori dedicati, soprattutto quelli quotidiani di Omnibus ed Agorà. Sono di uno squallore assoluto e di una protervia infinita.
Non so se l’uscita del tamarro di Hardcore abbia fatto in tempo ad incidere sulle valutazioni di Moody’s, resta però il fatto inconfutabile che rispetto a cinque mesi fa, quando è stata fatta l’ultima stima su di noi il tamarro è sempre stato presente anche se ha alternato periodi di lungo silenzio ad esternazioni da ricovero urgente in clinica privata.
Leggendo la cronaca di ieri del quotidiano romano in un servizio relativo al tamarro, non si riusciva a distinguere se La Repubblica si è specializzata in pettegolezzi di infima categoria, oppure, quello che riportava Francesco Bei, era la relazione di una commissione psichiatrica incaricata di accertare le condizioni di salute mentale del tamarro e dei suoi seguaci.
Essere fuori di testa può capitare a tutti, ma ci vuole una certa riservatezza, non è che le scemenze possano diventare “dottrina” come sembra e spiattellarle su tutti i giornali.
Ma il problema in questo momento non è il tamarro e le sue deviazioni mentali da mancato corazziere.
Il problema sono gli altri.
In questi quasi venti anni, se il tamarro ha potuto fare in lungo e in largo quello che ha fatto, è perché si è trovato a gareggiare con il nulla, e di conseguenza, una nullità come lui ha potuto prevalere sulle altre.
Incapace della ordinaria comunicazione fino al punto di far venire il latte alle ginocchia, ma abilissimo nelle comunicazione della materia che possiede, l’economia, Romano Prodi, per due volte ha battuto regolarmente il tamarro, campione mondiale della comunicazione.
Quando si sono presentate le due sverze, er sor Cicoria e Uolter, sono stati regolarmente battuti.
Bersani ha dichiarato più volte da segretario del Partito defunto: <<Fare il segretario ai tempi di Berlusconi non è facile per nessuno…>
E qui uno si accorge delle dimensioni dell’opposizione e perché il Paese è regolarmente allo sfascio.
Forse il Capo dello Stato aveva dei vincoli istituzionali per intervenire mentre il tamarro portava la mandria sull’orlo del precipizio, ma un segretario politico del maggiore partito di opposizione aveva l’obbligo morale di condurre una durissima battaglia contro il tamarro a palazzo Chigi, anche portando la gente nelle strade a tempo indefinito.
Basta rileggersi le cronache degli ultimi due anni per rendersi conto della drammaticità della situazione:<<Ci dicono sempre che va tutto….. bene>> dichiarava con un sorrisetto di scherno PG Bersani. Tutto qui?
Oggi una vastissima categoria di IMPRESENTABILI briga per il ticket di transito per la terza Repubblica.
Il Bel Paese è cloroformizzato dalle varie imbecillità, ma chi vive fuori d’Italia certamente no, e vede normalmente lo stupidario quotidiano, associato al banditismo, che la classe politica con i megafoni associati propina ogni giorno al merlame tricolore.
Moody’s o non Moody’s, il problema sta dentro lo stivalone.
Titola IFQ:
Moody's declassa i titoli di Stato italiani
"Le prossime elezioni fonte di rischio"
Non è un segreto per nessuno. Chi investe vuole almeno riportare a casa i suoi soldi.
Stamani il termometro dello spread ha toccato quota 485, non ci si deve meravigliare.
Se tutto va bene,..siamo rovinati……..
Da Wikipedia
Moody's Corporation è una società con base a New York che esegue ricerche finanziarie ed analisi sulle attività di imprese commerciali e statali.
L'azienda realizza un omonimo rating per le attività che analizza. Un indice che ne misura la capacità di restituire i crediti ricevuti in base ad una scala standardizzata e suddivisa tra debiti contratti a medio termine e a lungo termine
Standard and Poor's Corporation (S&P) è una società con base negli Stati Uniti che realizza ricerche finanziarie e analisi su titoli azionari e obbligazioni, fra le prime tre agenzie di rating (valutazione) al mondo insieme a Moody's e Fitch Ratings.
Fitch Ratings, Inc./Ltd., è un'agenzia internazionale di valutazione del credito e rating (valutazione), con due quartier generali, a New York City e a Londra.
Tutta questa concentrazione di agenzie di rating negli Usa, è poco credibile. Che siano solo loro a dare le pagelle mondiali non è accettabile anche perché molte volte i loro interventi sono sospetti.
Lo scandaloso comportamento delle Agenzie di Rating "Moody's", "Standard & Poor's" e "Fitch"
http://www.youtube.com/watch?v=Wtnt4Y0Md5U
Ma al di là delle considerazioni sulle agenzie di rating dell’oltre Atlantico, lo spettacolo esibito dalla classe politica è così indecente, ma così indecente che anche qualsiasi scassatissima agenzia del pianeta non potrebbe che fare diversamente.
……..Oggi ci si prepara ad autunno pieno di incognite. La crisi è destinata a peggiorare. <<Non c’è il credito e non ci sono gli ordini, le aziende stanno chiudendo>> diceva ieri un importante esponente di Confindustria.
Questo è quanto riportato ieri a pagina 3 di La Repubblica.
Da quanto tempo stiamo dicendo queste cose prima sul vecchio forum ed ora su questo?
Basta sentire la classe politica esibirsi nei contenitori dedicati, soprattutto quelli quotidiani di Omnibus ed Agorà. Sono di uno squallore assoluto e di una protervia infinita.
Non so se l’uscita del tamarro di Hardcore abbia fatto in tempo ad incidere sulle valutazioni di Moody’s, resta però il fatto inconfutabile che rispetto a cinque mesi fa, quando è stata fatta l’ultima stima su di noi il tamarro è sempre stato presente anche se ha alternato periodi di lungo silenzio ad esternazioni da ricovero urgente in clinica privata.
Leggendo la cronaca di ieri del quotidiano romano in un servizio relativo al tamarro, non si riusciva a distinguere se La Repubblica si è specializzata in pettegolezzi di infima categoria, oppure, quello che riportava Francesco Bei, era la relazione di una commissione psichiatrica incaricata di accertare le condizioni di salute mentale del tamarro e dei suoi seguaci.
Essere fuori di testa può capitare a tutti, ma ci vuole una certa riservatezza, non è che le scemenze possano diventare “dottrina” come sembra e spiattellarle su tutti i giornali.
Ma il problema in questo momento non è il tamarro e le sue deviazioni mentali da mancato corazziere.
Il problema sono gli altri.
In questi quasi venti anni, se il tamarro ha potuto fare in lungo e in largo quello che ha fatto, è perché si è trovato a gareggiare con il nulla, e di conseguenza, una nullità come lui ha potuto prevalere sulle altre.
Incapace della ordinaria comunicazione fino al punto di far venire il latte alle ginocchia, ma abilissimo nelle comunicazione della materia che possiede, l’economia, Romano Prodi, per due volte ha battuto regolarmente il tamarro, campione mondiale della comunicazione.
Quando si sono presentate le due sverze, er sor Cicoria e Uolter, sono stati regolarmente battuti.
Bersani ha dichiarato più volte da segretario del Partito defunto: <<Fare il segretario ai tempi di Berlusconi non è facile per nessuno…>
E qui uno si accorge delle dimensioni dell’opposizione e perché il Paese è regolarmente allo sfascio.
Forse il Capo dello Stato aveva dei vincoli istituzionali per intervenire mentre il tamarro portava la mandria sull’orlo del precipizio, ma un segretario politico del maggiore partito di opposizione aveva l’obbligo morale di condurre una durissima battaglia contro il tamarro a palazzo Chigi, anche portando la gente nelle strade a tempo indefinito.
Basta rileggersi le cronache degli ultimi due anni per rendersi conto della drammaticità della situazione:<<Ci dicono sempre che va tutto….. bene>> dichiarava con un sorrisetto di scherno PG Bersani. Tutto qui?
Oggi una vastissima categoria di IMPRESENTABILI briga per il ticket di transito per la terza Repubblica.
Il Bel Paese è cloroformizzato dalle varie imbecillità, ma chi vive fuori d’Italia certamente no, e vede normalmente lo stupidario quotidiano, associato al banditismo, che la classe politica con i megafoni associati propina ogni giorno al merlame tricolore.
Moody’s o non Moody’s, il problema sta dentro lo stivalone.
Titola IFQ:
Moody's declassa i titoli di Stato italiani
"Le prossime elezioni fonte di rischio"
Non è un segreto per nessuno. Chi investe vuole almeno riportare a casa i suoi soldi.
Stamani il termometro dello spread ha toccato quota 485, non ci si deve meravigliare.
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Re: Come se ne viene fuori ?
Sottosegretario Martone a “In onda”
<<Con la spending review abbiamo evitato l’aumento dell’Iva>>
Ma che razza di Paese folle è mai questo?
In settimana Monti si è espresso con il solito ricattino: <<Ci mancano 4,2 miliardi per evitare l’aumento dell’Iva>>
Poi Monti nomina Grilli ministro dell’Economia.
Prima pagina de La Repubblica di stamani, titolo d’apertura:
Il governo rifà i conti. Grilli: ci mancano 6 miliardi.
**
All’interno, spudoratamente Repubblica titola:
L’ex premier terrorizza Bruxelles
“Il suo ritorno è un pericolo
Rovinerà tutto quello che ha fatto Monti”
Questo è un manicomio a cielo aperto.
Tamarro a parte, ci troviamo con:
La Frignero che non sa usare il pallottoliere e sbaglia i conti sugli esodati.
Monti, premier e titolare del ministero dell’Economia che non sa fare i conti e dice questa settimana <<Dobbiamo tagliare per 4,2 miliardi per evitare l’aumento dell’Iva>>
Arriva Grilli a guidare il dicastero dell’Economia e sostiene che i miliardi da reperire sono 6.
Poi Martone va in televisione e dichiara che con la spending review si sono risolti i problemi.
Ma chi è quel matto che viene a investire i suoi soldi in Italia? E’ certamente più matto di noi quando si sente sparare cifre a casaccio e non si sa fare i conti con il pallottoliere.
<<Con la spending review abbiamo evitato l’aumento dell’Iva>>
Ma che razza di Paese folle è mai questo?
In settimana Monti si è espresso con il solito ricattino: <<Ci mancano 4,2 miliardi per evitare l’aumento dell’Iva>>
Poi Monti nomina Grilli ministro dell’Economia.
Prima pagina de La Repubblica di stamani, titolo d’apertura:
Il governo rifà i conti. Grilli: ci mancano 6 miliardi.
**
All’interno, spudoratamente Repubblica titola:
L’ex premier terrorizza Bruxelles
“Il suo ritorno è un pericolo
Rovinerà tutto quello che ha fatto Monti”
Questo è un manicomio a cielo aperto.
Tamarro a parte, ci troviamo con:
La Frignero che non sa usare il pallottoliere e sbaglia i conti sugli esodati.
Monti, premier e titolare del ministero dell’Economia che non sa fare i conti e dice questa settimana <<Dobbiamo tagliare per 4,2 miliardi per evitare l’aumento dell’Iva>>
Arriva Grilli a guidare il dicastero dell’Economia e sostiene che i miliardi da reperire sono 6.
Poi Martone va in televisione e dichiara che con la spending review si sono risolti i problemi.
Ma chi è quel matto che viene a investire i suoi soldi in Italia? E’ certamente più matto di noi quando si sente sparare cifre a casaccio e non si sa fare i conti con il pallottoliere.
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Re: Come se ne viene fuori ?
Day after day
Dall'Oltretomba.
Non so se sia vero il dato riportato nei commenti all’intervento di Letta, su IFQ, che attribuisce il 90 % dei voti del fu Partito democratico (cristiano) a coloro che vanno in piazza agitando la bandierina rossa.
Fatto sta che non abbiamo mai avuto modo di avere stime sulla composizione elettorale del fu Pd.
Evidentemente Letta nipote ha voluto mettere le mani avanti sull’assemblea dei cari defunti che si tiene oggi.
Una cosa è certa, che da buon grillino dei defunti, Letta nipote ha fatto scegliere moltissimi che erano incerti se proseguire con il partito dei morti viventi.
Come è stato fatto osservare a Omnibus stamani, i mercati non hanno reagito all’annuncio di Moody’s, perché il dato era già scontato da mesi.
Non è un caso che lo spread continua ad essere alto.
E sarà sempre peggio, perché Monti continua nella tradizione italiana dei Pinocchioni.
<<Siamo stati virtuosi e ci hanno punito>>
Siamo stati virtuosi un caXXo. Monti ha sbagliato la manovra e dall’estero continuano a ricordaglielo, come ha fatto la scorsa settima anche lo Washington Post.
Monti crede di essere il presidente del Consiglio dell’Arabia saudita, o di un altro Paese degli Emirati arabi che campa sul petrolio.
Noi non abbiamo niente e campiamo solo di trasformazione. E’ noto da almeno 140 anni che questo è un Paese di trasformazione.
Titolava ieri in prima pagina La Repubblica:
Confindustria: l’economia affonda.
E’ la scoperta dell’acqua calda perché con le scelte di Monti in un Paese in recessione non potevano che portare a questo risultato.
I mercati queste cose le sanno ed è per questo che non hanno fatto una piega al declassamento di Moody’s.
Oramai la frittata è fatta.
I partiti sono falliti non dal marzo scorso quando lo ha certificato il prof. Zagrebelsky, ma lo erano già da qualche anno.
Hanno cercato di salvare se stessi chiamando Monti a fare il lavoro sporco per loro,……altrimenti,…….porelli,……..perdevano consenso e POLTRONE & FORCHETTE.
Ma Monti è valido in un certo settore, bancario - finanziario, tanto che riesce tenere a testa nell’Ue, mentre il tamarro doveva sopperire con le barzellette, ma in economia vale molto poco.
Ha ragione Confindustria a dichiarare che l’economia affonda perché la durissima realtà è questa.
Un dato elementare su tutti:
gi.bo/pancho inizia il thread : ..... e quando le fabbriche chiuderanno ......
a questa data:
Inviato: gio nov 13, 2008 22:13 pm
Noi l’abbiamo sempre saputo e denunciato già da allora qual’era la situazione che oggi denuncia Confindustria.
Ma i pescecani di tutte le razze hanno continuato a nuotare ed arraffare tutto quanto possibile in questo mare imputridito.
Adesso non c’è più niente da fare………
Dall'Oltretomba.
Non so se sia vero il dato riportato nei commenti all’intervento di Letta, su IFQ, che attribuisce il 90 % dei voti del fu Partito democratico (cristiano) a coloro che vanno in piazza agitando la bandierina rossa.
Fatto sta che non abbiamo mai avuto modo di avere stime sulla composizione elettorale del fu Pd.
Evidentemente Letta nipote ha voluto mettere le mani avanti sull’assemblea dei cari defunti che si tiene oggi.
Una cosa è certa, che da buon grillino dei defunti, Letta nipote ha fatto scegliere moltissimi che erano incerti se proseguire con il partito dei morti viventi.
Come è stato fatto osservare a Omnibus stamani, i mercati non hanno reagito all’annuncio di Moody’s, perché il dato era già scontato da mesi.
Non è un caso che lo spread continua ad essere alto.
E sarà sempre peggio, perché Monti continua nella tradizione italiana dei Pinocchioni.
<<Siamo stati virtuosi e ci hanno punito>>
Siamo stati virtuosi un caXXo. Monti ha sbagliato la manovra e dall’estero continuano a ricordaglielo, come ha fatto la scorsa settima anche lo Washington Post.
Monti crede di essere il presidente del Consiglio dell’Arabia saudita, o di un altro Paese degli Emirati arabi che campa sul petrolio.
Noi non abbiamo niente e campiamo solo di trasformazione. E’ noto da almeno 140 anni che questo è un Paese di trasformazione.
Titolava ieri in prima pagina La Repubblica:
Confindustria: l’economia affonda.
E’ la scoperta dell’acqua calda perché con le scelte di Monti in un Paese in recessione non potevano che portare a questo risultato.
I mercati queste cose le sanno ed è per questo che non hanno fatto una piega al declassamento di Moody’s.
Oramai la frittata è fatta.
I partiti sono falliti non dal marzo scorso quando lo ha certificato il prof. Zagrebelsky, ma lo erano già da qualche anno.
Hanno cercato di salvare se stessi chiamando Monti a fare il lavoro sporco per loro,……altrimenti,…….porelli,……..perdevano consenso e POLTRONE & FORCHETTE.
Ma Monti è valido in un certo settore, bancario - finanziario, tanto che riesce tenere a testa nell’Ue, mentre il tamarro doveva sopperire con le barzellette, ma in economia vale molto poco.
Ha ragione Confindustria a dichiarare che l’economia affonda perché la durissima realtà è questa.
Un dato elementare su tutti:
gi.bo/pancho inizia il thread : ..... e quando le fabbriche chiuderanno ......
a questa data:
Inviato: gio nov 13, 2008 22:13 pm
Noi l’abbiamo sempre saputo e denunciato già da allora qual’era la situazione che oggi denuncia Confindustria.
Ma i pescecani di tutte le razze hanno continuato a nuotare ed arraffare tutto quanto possibile in questo mare imputridito.
Adesso non c’è più niente da fare………
Re: Come se ne viene fuori ?
Veramente paradossale. In un partito "normale", che per giunta si chiama "democratico", ti aspetteresti che le posizioni di Fassina, ben sintetizzate di seguito, si scontrassero in un congresso, attraverso primarie o altra forma di partecipazione della base, con quelle attualmente "prevalenti" di Letta, D'Alema, Veltroni e, di fatto, dello stesso Bersani.
Ed invece nulla di tutto questo. Al di là di qualche mugugno, definito dalla stampa di partito e non come dei "mal di pancia", tutto sembra procedere in una sostanziale unanimità.
Come spiegarsi tutto ciò, se non con l'esistenza di un patto di potere che tiene insieme questo partito?
ARTICOLO
Fassina: Un patto tra produttori per ridurre il debito pubblico
Lasciamo stare le agenzie di rating, figlie dell'ideologia liberista dell'autoregolazione dei mercati
di Stefano Fassina, pubblicato il 14 luglio 2012
E al loro destino di irrilevanza, cantano come sempre, quando il sole è già alto. Guardiamo, invece, ai fondamentali per capire quanto avviene nell`euro-zona e provare a cambiare rotta prima di colpire l`iceberg.
L`euro ha un "difetto congenito": è insostenibile date le divergenti dinamiche di competitività tra i Paesi membri e la condivisibile indisponibilità dei nord-europei alla transfer union. Per i suoi primi 10 anni di vita, il credito facile delle banche internazionali (tedesche incluse) ai Piigs ha finanziato i deficit delle loro bilance commerciali e trainato la crescita dell`ex-area del Marco. Siamo stati una private debt union, un`unione fondata sull`indebitamento delle famiglie (la Grecia è caso unico). Poi, nel 2008, la giostra si è fermata per lo sgonfiamento delle bolle immobiliari e finanziarie e la conseguente zavorra sulle banche. La diagnosi è condivisa a Berlino, Bruxelles e Francoforte.
Lo scontro culturale e politico, tra conservatori e progressisti, nell`euro-zona è sulla cura. La ricetta dei conservatori e di larga parte delle tecnostrutture comunitarie prevede, per ciascun Paese in deficit di bilancia commerciale, la "svalutazione interna": contrazione della domanda, attraverso politiche di bilancio soffocanti, per ridurre l`import; riduzione del costo del lavoro, attraverso l`ulteriore indebolimento del potere contrattuale dei lavoratori e delle lavoratrici, per aumentare l`export. È la linea imposta anche al governo italiano, raccomandata ancora due giorni fa nell`ultimo bollettino della Bce. A Francoforte e Berlino sono soddisfatti dei nostri interventi di finanza pubblica, ma delusi dall`incapacità del governo di indebolire i sindacati e quindi preoccupati per l`insufficiente riduzione delle retribuzioni. Per rimediare, dopo il tentativo a vuoto di smantellare l`art 18, si passa a delegittimare le rappresentanze di lavoratori e imprese.
Colpevoli, quest`ultime, per visione lungimirante del proprio interesse, non per generosità, di cercare un patto tra produttori, invece che procedere ad atti unilaterali stile Fabbrica Italia. Al di là delle conseguenze drammatiche sulle condizioni di lavoratori e lavoratrici, imprenditori piccoli, medi e grandi, giovani e meno giovani senza lavoro, la strada della svalutazione interna seguita nell`area euro non funziona.
Gli spread elevati sono soltanto colpa degli avvoltoi della finanza? Non illudiamoci. Sono conseguenza di politiche di austerità auto-distruttive che ampliano le divergenze economiche tra i Paesi euro e rendono insostenibile sul piano economico, sociale e politico la moneta unica. In Italia, abbiamo raggiunto, tra impennate di tasse e tagli a servizi sociali fondamentali, un avanzo primario intorno al 4% del Pil (il doppio della Germania), innalzato brutalmente a livelli record l`età di pensionamento, scolpito l`equilibrio del bilancio pubblico in Costituzione, approvato al volo un Fiscal Compact impossibile.
In Grecia, il povero Papandreu ha realizzato un abbattimento del deficit senza precedenti storici e determinato sull`economia e sulle persone gli effetti di una grande guerra. Irlanda, Portogallo e Spagna continuano a tagliare welfare e retribuzioni. Eppure, tagli di spese, aumenti di imposte e regressione delle condizioni del lavoro non sono mai sufficienti a ridurre il debito pubblico. Perché?
Perché affossano l`economia reale. E, dati i legami economici e finanziari, spingono fuori asse anche i conti pubblici in Olanda e frenano la Germania in una inevitabile stagnazione.
A quanto deve arrivare la disoccupazione, in particolare giovanile e femminile, per prendere atto che il modello tedesco non è generalizzatile? Affinché qualcuno abbia un attivo di bilancia commerciale (la Germania), qualcun altro deve avere un passivo (i Piigs). È, per costruzione, un gioco a somma zero. Non può essere a somma positiva. Insistere sulla strada deflattiva della svalutazione interna per correggere gli squilibri macro-economici porta inesorabilmente alla fine della moneta unica.
È urgente cambiare rotta. Va realizzata subito una fiscal union e dato all`eurogruppo il potere di autorizzare la presentazione della legge di bilancio ai Parlamenti nazionali. Va allentata la morsa dell`austerità autolesionistica e attribuita al Fondo "Salva-Stati" licenza bancaria per svolgere funzioni di deterrenza credibili a garanzia dei debiti sovrani. Va sostenuta la domanda aggregata privata e pubblica attraverso la redistribuzione del reddito e gli investimenti innovativi finanziati da project bonds per ridurre le divaricazioni di competitività. Insomma, sul piano politico, nell`area euro e in Italia, è urgente che le forze progressiste prendano il timone e promuovano un Patto tra produttori, orientato a ridurre il debito pubblico attraverso lo sviluppo sostenibile.
Altrimenti, l`involuzione economica e democratica in corso è irreversibile.
Ed invece nulla di tutto questo. Al di là di qualche mugugno, definito dalla stampa di partito e non come dei "mal di pancia", tutto sembra procedere in una sostanziale unanimità.
Come spiegarsi tutto ciò, se non con l'esistenza di un patto di potere che tiene insieme questo partito?
ARTICOLO
Fassina: Un patto tra produttori per ridurre il debito pubblico
Lasciamo stare le agenzie di rating, figlie dell'ideologia liberista dell'autoregolazione dei mercati
di Stefano Fassina, pubblicato il 14 luglio 2012
E al loro destino di irrilevanza, cantano come sempre, quando il sole è già alto. Guardiamo, invece, ai fondamentali per capire quanto avviene nell`euro-zona e provare a cambiare rotta prima di colpire l`iceberg.
L`euro ha un "difetto congenito": è insostenibile date le divergenti dinamiche di competitività tra i Paesi membri e la condivisibile indisponibilità dei nord-europei alla transfer union. Per i suoi primi 10 anni di vita, il credito facile delle banche internazionali (tedesche incluse) ai Piigs ha finanziato i deficit delle loro bilance commerciali e trainato la crescita dell`ex-area del Marco. Siamo stati una private debt union, un`unione fondata sull`indebitamento delle famiglie (la Grecia è caso unico). Poi, nel 2008, la giostra si è fermata per lo sgonfiamento delle bolle immobiliari e finanziarie e la conseguente zavorra sulle banche. La diagnosi è condivisa a Berlino, Bruxelles e Francoforte.
Lo scontro culturale e politico, tra conservatori e progressisti, nell`euro-zona è sulla cura. La ricetta dei conservatori e di larga parte delle tecnostrutture comunitarie prevede, per ciascun Paese in deficit di bilancia commerciale, la "svalutazione interna": contrazione della domanda, attraverso politiche di bilancio soffocanti, per ridurre l`import; riduzione del costo del lavoro, attraverso l`ulteriore indebolimento del potere contrattuale dei lavoratori e delle lavoratrici, per aumentare l`export. È la linea imposta anche al governo italiano, raccomandata ancora due giorni fa nell`ultimo bollettino della Bce. A Francoforte e Berlino sono soddisfatti dei nostri interventi di finanza pubblica, ma delusi dall`incapacità del governo di indebolire i sindacati e quindi preoccupati per l`insufficiente riduzione delle retribuzioni. Per rimediare, dopo il tentativo a vuoto di smantellare l`art 18, si passa a delegittimare le rappresentanze di lavoratori e imprese.
Colpevoli, quest`ultime, per visione lungimirante del proprio interesse, non per generosità, di cercare un patto tra produttori, invece che procedere ad atti unilaterali stile Fabbrica Italia. Al di là delle conseguenze drammatiche sulle condizioni di lavoratori e lavoratrici, imprenditori piccoli, medi e grandi, giovani e meno giovani senza lavoro, la strada della svalutazione interna seguita nell`area euro non funziona.
Gli spread elevati sono soltanto colpa degli avvoltoi della finanza? Non illudiamoci. Sono conseguenza di politiche di austerità auto-distruttive che ampliano le divergenze economiche tra i Paesi euro e rendono insostenibile sul piano economico, sociale e politico la moneta unica. In Italia, abbiamo raggiunto, tra impennate di tasse e tagli a servizi sociali fondamentali, un avanzo primario intorno al 4% del Pil (il doppio della Germania), innalzato brutalmente a livelli record l`età di pensionamento, scolpito l`equilibrio del bilancio pubblico in Costituzione, approvato al volo un Fiscal Compact impossibile.
In Grecia, il povero Papandreu ha realizzato un abbattimento del deficit senza precedenti storici e determinato sull`economia e sulle persone gli effetti di una grande guerra. Irlanda, Portogallo e Spagna continuano a tagliare welfare e retribuzioni. Eppure, tagli di spese, aumenti di imposte e regressione delle condizioni del lavoro non sono mai sufficienti a ridurre il debito pubblico. Perché?
Perché affossano l`economia reale. E, dati i legami economici e finanziari, spingono fuori asse anche i conti pubblici in Olanda e frenano la Germania in una inevitabile stagnazione.
A quanto deve arrivare la disoccupazione, in particolare giovanile e femminile, per prendere atto che il modello tedesco non è generalizzatile? Affinché qualcuno abbia un attivo di bilancia commerciale (la Germania), qualcun altro deve avere un passivo (i Piigs). È, per costruzione, un gioco a somma zero. Non può essere a somma positiva. Insistere sulla strada deflattiva della svalutazione interna per correggere gli squilibri macro-economici porta inesorabilmente alla fine della moneta unica.
È urgente cambiare rotta. Va realizzata subito una fiscal union e dato all`eurogruppo il potere di autorizzare la presentazione della legge di bilancio ai Parlamenti nazionali. Va allentata la morsa dell`austerità autolesionistica e attribuita al Fondo "Salva-Stati" licenza bancaria per svolgere funzioni di deterrenza credibili a garanzia dei debiti sovrani. Va sostenuta la domanda aggregata privata e pubblica attraverso la redistribuzione del reddito e gli investimenti innovativi finanziati da project bonds per ridurre le divaricazioni di competitività. Insomma, sul piano politico, nell`area euro e in Italia, è urgente che le forze progressiste prendano il timone e promuovano un Patto tra produttori, orientato a ridurre il debito pubblico attraverso lo sviluppo sostenibile.
Altrimenti, l`involuzione economica e democratica in corso è irreversibile.
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Re: Come se ne viene fuori ?
Moody's declassa la politica italiana
Bocciatura per i timori del dopo Monti
Certo se si ripresenta Berlusconi non si riuscirà a fare un passo avanti.
Ma Fassina cosa aspetta a lasciare il PD ?
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