Prima libertà, la libertà dal bisogno
-
- Messaggi: 1188
- Iscritto il: 21/02/2012, 22:55
Re: Prima libertà, la libertà dal bisogno
Interessante!
Un ulteriore punto di vista.
Ma... come è difficile giudicare, una cosa è certa non esistono modelli perfetti.
Libertà è: essere affrancati dai bisogni primari, avere libertà di pensiero e di espressione.
...la libertà piena è solo nelle utopie?
Un ulteriore punto di vista.
Ma... come è difficile giudicare, una cosa è certa non esistono modelli perfetti.
Libertà è: essere affrancati dai bisogni primari, avere libertà di pensiero e di espressione.
...la libertà piena è solo nelle utopie?
Re: Prima libertà, la libertà dal bisogno
Corrisponde a ciò che ho sentito sugli ex regimi comunisti dell'est. Ed era gente sincera, non fanatica né nostalgica.
Eppure tutti coloro che ne sono usciti, collettivamente o individualmente, a tornare indietro non ci pensano nemmeno.
Un motivo ci sarà, anche se non so onestamente quale sia.
Eppure tutti coloro che ne sono usciti, collettivamente o individualmente, a tornare indietro non ci pensano nemmeno.
Un motivo ci sarà, anche se non so onestamente quale sia.
-
- Messaggi: 17353
- Iscritto il: 06/04/2012, 20:00
Re: Prima libertà, la libertà dal bisogno
Ho letto domenica mattina quest’articolo e due cose attirano subito l’attenzione. La prima è che puoi non pensarla come Nando Dalla Chiesa, cosa normalissima, ma una cosa è innegabile, la sua onestà intellettuale.
Merce rara di questi tempi.
E allora quando scrive lo leggi volentieri, anche se a volte potresti non condividere.
La seconda è il peso dei limiti del tempo che siamo costretti a vivere.
A Londra e in altre parti dell’Europa, Dyanorys assapora quella libertà che per noi è normale, precisando che a Cuba tornerà quando cambieranno le cose.
Per contro Cuba, vive di una possibilità di assistenza che il mondo Occidentale con tutte le sue libertà non concepisce.
Il prezzo da pagare è comunque alto in tutti i due casi. Qui si vedono i profondi limiti umani che non sono in grado di saper produrre qualcosa di diverso e di migliore senza limitare la libertà.
Negli Usa solo quest’anno Obama è riuscito ad imporre un’assistenza sanitaria differente. Siamo nel 2012.
C’è da chiedersi, per contro, se anche Fidel e gli uomini del regime alla fine del mese vanno in una specie di supermercato per ricevere tutte le cose di cui hanno bisogno per vivere. Il pane, lo zucchero, l’olio, il latte, le uova, il pollo, i fagioli, il riso, il pesce, la farina, i crackers, qualche volta le patate, il caffè
In Unione sovietica e Paesi satellitari non era così.
Gli uomini del regime hanno sempre goduto dei privilegi che tutte le caste del mondo, dalla notte dei tempi, hanno sempre preteso, con una scusa o con un’altra.
Gli uomini del regime avevano la dacia e nel mondo del lavoro spesso vivevano ammucchiati in una stanza.
Gli Occidentali hanno perso quella solidarietà che a Cuba permane.
L’uomo è la bestia di sempre prigioniero dei suoi egoismi.
Merce rara di questi tempi.
E allora quando scrive lo leggi volentieri, anche se a volte potresti non condividere.
La seconda è il peso dei limiti del tempo che siamo costretti a vivere.
A Londra e in altre parti dell’Europa, Dyanorys assapora quella libertà che per noi è normale, precisando che a Cuba tornerà quando cambieranno le cose.
Per contro Cuba, vive di una possibilità di assistenza che il mondo Occidentale con tutte le sue libertà non concepisce.
Il prezzo da pagare è comunque alto in tutti i due casi. Qui si vedono i profondi limiti umani che non sono in grado di saper produrre qualcosa di diverso e di migliore senza limitare la libertà.
Negli Usa solo quest’anno Obama è riuscito ad imporre un’assistenza sanitaria differente. Siamo nel 2012.
C’è da chiedersi, per contro, se anche Fidel e gli uomini del regime alla fine del mese vanno in una specie di supermercato per ricevere tutte le cose di cui hanno bisogno per vivere. Il pane, lo zucchero, l’olio, il latte, le uova, il pollo, i fagioli, il riso, il pesce, la farina, i crackers, qualche volta le patate, il caffè
In Unione sovietica e Paesi satellitari non era così.
Gli uomini del regime hanno sempre goduto dei privilegi che tutte le caste del mondo, dalla notte dei tempi, hanno sempre preteso, con una scusa o con un’altra.
Gli uomini del regime avevano la dacia e nel mondo del lavoro spesso vivevano ammucchiati in una stanza.
Gli Occidentali hanno perso quella solidarietà che a Cuba permane.
L’uomo è la bestia di sempre prigioniero dei suoi egoismi.
Re: Prima libertà, la libertà dal bisogno
Sicuramente difetto di molte letture sulle teorie del modello auspicato da Giorgio, però il fatto che venga garantito il minimo indispensabile per sopravvivere non significa molto se poi le persone non possono progredire nel loro percorso sia mentale che materiale.
l'uomo per primo ha bisogno di cibarsi , vestirsi , cercare di non tirare le cuoia per un banale battere .... cristallino, non ci piove, ma la tazza di riso non ha fermato il giovane davanti ai carri armati in piazza tien an men , non ha detto : mah pe oggi sto a casa che c'ho pure da magnà.
Ci sono stati modi di gestire il potere , le nazioni, che hanno tenuto conto di certe esigenze di base e altri che se ne sono strafregati, questo sì, ma come ha detto lo Zio è stato più per il comodo dei dirigenti che per una visione di giustizia ed equità ( tenemoli boni! )
nessuno vuole tornare indietro ( io ogni tanto incontro un vecchietto che rimpiange Pinochet ) perchè la libertà di poter uscire e andare dire al bar che fidel castro è uno sciagurato batte ogni altra libertà .....grazie a dio.
liberarsi dai bisogni ipertrofici del capitalismo è un'operazione culturale di immane portata , stamattina potrei andare nella gremitissima spiaggia libera e con un megafono illustrare alla folla ferragostana quale sia l'impatto ambientale di queste giornate di mare o convincerli che tutto sommato è meglio qui che a Porto Cervo o alle Maldive.... o meglio ancora convincerli che era meglio stare a casa a mangiare meglio, spendere meno, guardare comodamente un film o concedersi un buon libro e una comoda pennica post prandiale.
la democrazia liberale ha fallito perchè non ha fatto progredire il popolo attraverso la conoscenza ( il consumo si è sostituito al progresso spirituale alienando il desiderio) e avvitandosi sul suo narcisismo ha pensato di essere immortale e ora non sa suicidarsi.
Tutti i "modelli " sono a fine corsa, forse ci aspetta qualcosa che ancora non abbiamo visto.
l'uomo per primo ha bisogno di cibarsi , vestirsi , cercare di non tirare le cuoia per un banale battere .... cristallino, non ci piove, ma la tazza di riso non ha fermato il giovane davanti ai carri armati in piazza tien an men , non ha detto : mah pe oggi sto a casa che c'ho pure da magnà.
Ci sono stati modi di gestire il potere , le nazioni, che hanno tenuto conto di certe esigenze di base e altri che se ne sono strafregati, questo sì, ma come ha detto lo Zio è stato più per il comodo dei dirigenti che per una visione di giustizia ed equità ( tenemoli boni! )
nessuno vuole tornare indietro ( io ogni tanto incontro un vecchietto che rimpiange Pinochet ) perchè la libertà di poter uscire e andare dire al bar che fidel castro è uno sciagurato batte ogni altra libertà .....grazie a dio.
liberarsi dai bisogni ipertrofici del capitalismo è un'operazione culturale di immane portata , stamattina potrei andare nella gremitissima spiaggia libera e con un megafono illustrare alla folla ferragostana quale sia l'impatto ambientale di queste giornate di mare o convincerli che tutto sommato è meglio qui che a Porto Cervo o alle Maldive.... o meglio ancora convincerli che era meglio stare a casa a mangiare meglio, spendere meno, guardare comodamente un film o concedersi un buon libro e una comoda pennica post prandiale.
la democrazia liberale ha fallito perchè non ha fatto progredire il popolo attraverso la conoscenza ( il consumo si è sostituito al progresso spirituale alienando il desiderio) e avvitandosi sul suo narcisismo ha pensato di essere immortale e ora non sa suicidarsi.
Tutti i "modelli " sono a fine corsa, forse ci aspetta qualcosa che ancora non abbiamo visto.
Re: Prima libertà, la libertà dal bisogno
A volte ho l'impressione di soffrire di presbiopia. Guardiamo lontano alla ricerca di risposte all'ansia di libertà e di giustizia che vediamo calpestate e non ci accorgiamo che gran parte, se non tutte, queste risposte le abbiamo sotto gli occhi.
Basta leggere la nostra costituzione, ma leggerla tutta ed approfonditamente, non prenderne qua e là qualche slogan, per renderci conto che i nostri padri, evidentemente grazie alle esperienze drammatiche che avevano vissuto, ci avevano indicato la strada.
Dopo le tragedie della prima metà del '900, ripetere gli stessi errori senza far tesoro del patrimonio ricevuto in eredità dei padri costituenti, sarebbe diabolico.
Sono d'accordo che l'alternativa al sistema economico imperante si chiama socialismo, ma dobbiamo andare oltre.
Abbiamo imparato che la lotta di classe non viene eliminata da un regime; essa probabilmente non finisce mai ed è stata solo soffocata dalle dittature di destra ma anche di sinistra.
In cosa si differenziavano le oligarchie del partito nel regime sovietico, dalle caste di ieri e di oggi? Proprio qui da noi ne vediamo un esempio sotto i nostri occhi. Se non vogliamo guardare le cose attraverso la lente del pregiudizio, dobbiamo riconoscere che le vessazioni che stiamo subendo ci provengono non solo dallo strapotere del capitalismo (ed a Taranto ne stiamo vedendo un esempio lampante), ma anche da una casta politica che è ad esso intimamente legata, ma non è la stessa cosa, ha una sua capacità di sopravvivenza ed evoluzione anche in un contesto economico diverso.
Non ci credo che basti eliminare la proprietà privata dei mezzi di produzione (a partire dalla finanza) per avere una classe politica diversa e migliore, che anzi con l'acquisizione statale del potere economico avrebbe spazi maggiori per sviluppare la sua famelica inclinazione all'accaparramento ed al privilegio.
La lotta di classe va invece istituzionalizzata, sottoponendola a regole che garantiscono l'equilibrio tra i contendenti, grazie alla consapevolezza che conviene a tutti esercitare il diritto alla lotta in un quadro di garanzie e di contrappesi costituzionali: a quelli che momentaneamente sono più deboli, ma anche a quelli che sono momentaneamente più forti.
Quali siano i principi, gli strumenti ed i meccanismi per far questo, ce li abbiamo in massima parte già dentro la nostra costituzione.
Il problema di oggi è che essa non solo non è attuata, ma calpestata ed attaccata. Ed è sulla sua fifesa e la sua attuazione che occorre prioritariamente battersi.
Basta leggere la nostra costituzione, ma leggerla tutta ed approfonditamente, non prenderne qua e là qualche slogan, per renderci conto che i nostri padri, evidentemente grazie alle esperienze drammatiche che avevano vissuto, ci avevano indicato la strada.
Dopo le tragedie della prima metà del '900, ripetere gli stessi errori senza far tesoro del patrimonio ricevuto in eredità dei padri costituenti, sarebbe diabolico.
Sono d'accordo che l'alternativa al sistema economico imperante si chiama socialismo, ma dobbiamo andare oltre.
Abbiamo imparato che la lotta di classe non viene eliminata da un regime; essa probabilmente non finisce mai ed è stata solo soffocata dalle dittature di destra ma anche di sinistra.
In cosa si differenziavano le oligarchie del partito nel regime sovietico, dalle caste di ieri e di oggi? Proprio qui da noi ne vediamo un esempio sotto i nostri occhi. Se non vogliamo guardare le cose attraverso la lente del pregiudizio, dobbiamo riconoscere che le vessazioni che stiamo subendo ci provengono non solo dallo strapotere del capitalismo (ed a Taranto ne stiamo vedendo un esempio lampante), ma anche da una casta politica che è ad esso intimamente legata, ma non è la stessa cosa, ha una sua capacità di sopravvivenza ed evoluzione anche in un contesto economico diverso.
Non ci credo che basti eliminare la proprietà privata dei mezzi di produzione (a partire dalla finanza) per avere una classe politica diversa e migliore, che anzi con l'acquisizione statale del potere economico avrebbe spazi maggiori per sviluppare la sua famelica inclinazione all'accaparramento ed al privilegio.
La lotta di classe va invece istituzionalizzata, sottoponendola a regole che garantiscono l'equilibrio tra i contendenti, grazie alla consapevolezza che conviene a tutti esercitare il diritto alla lotta in un quadro di garanzie e di contrappesi costituzionali: a quelli che momentaneamente sono più deboli, ma anche a quelli che sono momentaneamente più forti.
Quali siano i principi, gli strumenti ed i meccanismi per far questo, ce li abbiamo in massima parte già dentro la nostra costituzione.
Il problema di oggi è che essa non solo non è attuata, ma calpestata ed attaccata. Ed è sulla sua fifesa e la sua attuazione che occorre prioritariamente battersi.
Io sono d'accordo: il punto di partenza è questo.Marco Travaglio ha scritto:Dobbiamo prepararci a difenderne tanti, di magistrati aggrediti e isolati dal potere. I 100 mila che in quattro giorni han firmato l’appello del Fatto per i pm siciliani si tengano pronti: presto dovremo richiamarli a raccolta per altre battaglie in difesa della Giustizia, nella speranza che nasca un Partito della Costituzione che contrasti questo schifo.
-
- Messaggi: 1188
- Iscritto il: 21/02/2012, 22:55
Re: Prima libertà, la libertà dal bisogno
Dopo le tragedie della prima metà del '900, ripetere gli stessi errori senza far tesoro del patrimonio ricevuto in eredità dei padri costituenti, sarebbe diabolico.
Se è vero come e vero che la nostra è la più bella costituzione del mondo adoperiamoci tutti affinchè sia attuata, senza compromessi!
Questa sarebbe la vera rivoluzione, la questione risolutiva.
Se è vero come e vero che la nostra è la più bella costituzione del mondo adoperiamoci tutti affinchè sia attuata, senza compromessi!
Questa sarebbe la vera rivoluzione, la questione risolutiva.
Re: Prima libertà, la libertà dal bisogno
Via le mani delle regioni dalla sanità, ormai ridotta a bankomat delle corruzioni locali. Occorre prendere atto che le riforme di questi anni sono state un disastro, proseguire su questa strada è diabolico.
Siamo all’eutanasia del diritto alla salute e nessuno dice niente
di Ivan Cavicchi | 18 agosto 2012
In sanità, prima della “spending review” appena approvata dal Parlamento, la situazione dei cittadini era già disastrosa. I dati resi pubblici dai principali e più autorevoli centri di ricerca (Istat, Censis, Ceis, Osserva salute, ecc) inequivocabilmente ci dicevano 6 cose:
1) è in atto da anni una crescente espropriazione del diritto alla salute;
2) è in atto da anni una forte privatizzazione del sistema pubblico (milioni di persone per avere quello di cui hanno diritto sono costrette a pagare di tasca propria, chi non può se lo “prende” proverbialmente in quel posto”);
3) le politiche di governance e di governament nate da ben tre riforme sanitarie e da una modifica della Costituzione (titolo quinto) tutte di centrosinistra, (aziendalizzazione, titolarità delle Regioni, federalismo), si sono rivelate inadeguate nei confronti dei cambiamenti sociali e dei condizionamenti economici del nostro tempo;
4) da anni la qualità dell’assistenza e il gradimento dei cittadini anche nelle Regioni definite “virtuose” sta calando a vista d’occhio;
5) a partire dal 2001 tutti i famigerati “patti” tra governo e Regioni sulla sanità, dico tutti, sono falliti, esasperando il conflitto ormai cronico tra diritti e risorse;
6) gli operatori della sanità, cioè la principale risorsa che garantisce la qualità delle cure lavorano ormai in condizioni proibitive e sono a dir poco esasperati.
Poi, con Monti, arriva il colpo di grazia della spending review, cioè di altri tagli lineari che sottraggono da subito al fondo per la sanità quasi 7 mld ma per raddoppiare da qui al 2015. Sono le Regioni, non io, a dire che non ce la si fa e che il rischio è di sfasciare tutto. Insomma ci siamo messi nella condizione giusta per cancellare l’art 32 della Costituzione quello che riconosce il diritto alla salute come fondamentale per la persona.
Tutto ciò avviene senza che nessuno, dico nessuno, si sia ingegnato, pur a “saldi invariati” o quasi, a mettere in campo qualcosa di diverso dall’ammazza-sanità. La cosa mi amareggia, e non poco, ma non mi stupisce. Le insufficienze delle politiche che fino ad ora hanno governato la sanità, hanno da tempo destabilizzato alle fondamenta il sistema pubblico. Senza una palingenesi degli uomini e del pensiero, è difficile difendere e salvare l’art 32. Hai voglia a parlare di “limite quale possibilità”. Non è con questa classe dirigente che si possono fare questi discorsi. Per costoro i “limiti” devono limitare e basta e se ad essere limitato deve essere l’art 32 che lo si limiti e poche storie.
Mi colpisce tuttavia che il dramma che si sta consumando passi sotto silenzio, nei media, soprattutto televisivi, anche in quelli più sensibili e attenti, nei sindacati dell’art 18, nella sinistra e nel mondo intellettuale laico e cattolico, quello che sulla qualità, inviolabilità e indisponibilità della vita litiga tutti i giorni senza accorgersi che il malthusianesimo è tornato.
Il dramma è presto detto: i tagli lineari, più i ritardi e gli errori di questi anni, più la crisi e la recessione, più l’assenza di un pensiero riformatore, tutti insieme è come se staccassero la spina all’art 32, ormai in coma da anni, mettendo in atto forme di eutanasia finanziaria contro milioni di malati, povera gente, cittadini, soggetti deboli. Ciò pone a tutti noi un gigantesco problema bioetico. Morbilità e mortalità, abbandono sociale, cresceranno soprattutto in quella popolazione di plurisvantaggiati che già da tempo, dice l’Istat, rinunciano alle cure per problemi economici. I tagli lineari, come l’Ilva di Taranto, fanno male alla salute.
Se per “congiura dei pazzi” intendiamo non quella fiorentina del 400, ma quella contro l’art 32 ordita incoscientemente, dagli ignavi, dai cinici, dagli incompetenti, dagli intransigenti, sparsi tra istituzioni e partiti, abbiamo il dovere civile di denunciarla, di capirla, di sventarla e mettere in campo una contro-prospettiva. Monti è solo il carico da dodici e l’ultimo arrivato. Tra lui e il passato non ci sono grandi discontinuità ma solo un po più di pelo sullo stomaco. C’è da chiedersi cosa sia stato il riformismo sanitario di questi ultimi trent’anni e cosa debba essere quello del futuro.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/08 ... te/328022/
Siamo all’eutanasia del diritto alla salute e nessuno dice niente
di Ivan Cavicchi | 18 agosto 2012
In sanità, prima della “spending review” appena approvata dal Parlamento, la situazione dei cittadini era già disastrosa. I dati resi pubblici dai principali e più autorevoli centri di ricerca (Istat, Censis, Ceis, Osserva salute, ecc) inequivocabilmente ci dicevano 6 cose:
1) è in atto da anni una crescente espropriazione del diritto alla salute;
2) è in atto da anni una forte privatizzazione del sistema pubblico (milioni di persone per avere quello di cui hanno diritto sono costrette a pagare di tasca propria, chi non può se lo “prende” proverbialmente in quel posto”);
3) le politiche di governance e di governament nate da ben tre riforme sanitarie e da una modifica della Costituzione (titolo quinto) tutte di centrosinistra, (aziendalizzazione, titolarità delle Regioni, federalismo), si sono rivelate inadeguate nei confronti dei cambiamenti sociali e dei condizionamenti economici del nostro tempo;
4) da anni la qualità dell’assistenza e il gradimento dei cittadini anche nelle Regioni definite “virtuose” sta calando a vista d’occhio;
5) a partire dal 2001 tutti i famigerati “patti” tra governo e Regioni sulla sanità, dico tutti, sono falliti, esasperando il conflitto ormai cronico tra diritti e risorse;
6) gli operatori della sanità, cioè la principale risorsa che garantisce la qualità delle cure lavorano ormai in condizioni proibitive e sono a dir poco esasperati.
Poi, con Monti, arriva il colpo di grazia della spending review, cioè di altri tagli lineari che sottraggono da subito al fondo per la sanità quasi 7 mld ma per raddoppiare da qui al 2015. Sono le Regioni, non io, a dire che non ce la si fa e che il rischio è di sfasciare tutto. Insomma ci siamo messi nella condizione giusta per cancellare l’art 32 della Costituzione quello che riconosce il diritto alla salute come fondamentale per la persona.
Tutto ciò avviene senza che nessuno, dico nessuno, si sia ingegnato, pur a “saldi invariati” o quasi, a mettere in campo qualcosa di diverso dall’ammazza-sanità. La cosa mi amareggia, e non poco, ma non mi stupisce. Le insufficienze delle politiche che fino ad ora hanno governato la sanità, hanno da tempo destabilizzato alle fondamenta il sistema pubblico. Senza una palingenesi degli uomini e del pensiero, è difficile difendere e salvare l’art 32. Hai voglia a parlare di “limite quale possibilità”. Non è con questa classe dirigente che si possono fare questi discorsi. Per costoro i “limiti” devono limitare e basta e se ad essere limitato deve essere l’art 32 che lo si limiti e poche storie.
Mi colpisce tuttavia che il dramma che si sta consumando passi sotto silenzio, nei media, soprattutto televisivi, anche in quelli più sensibili e attenti, nei sindacati dell’art 18, nella sinistra e nel mondo intellettuale laico e cattolico, quello che sulla qualità, inviolabilità e indisponibilità della vita litiga tutti i giorni senza accorgersi che il malthusianesimo è tornato.
Il dramma è presto detto: i tagli lineari, più i ritardi e gli errori di questi anni, più la crisi e la recessione, più l’assenza di un pensiero riformatore, tutti insieme è come se staccassero la spina all’art 32, ormai in coma da anni, mettendo in atto forme di eutanasia finanziaria contro milioni di malati, povera gente, cittadini, soggetti deboli. Ciò pone a tutti noi un gigantesco problema bioetico. Morbilità e mortalità, abbandono sociale, cresceranno soprattutto in quella popolazione di plurisvantaggiati che già da tempo, dice l’Istat, rinunciano alle cure per problemi economici. I tagli lineari, come l’Ilva di Taranto, fanno male alla salute.
Se per “congiura dei pazzi” intendiamo non quella fiorentina del 400, ma quella contro l’art 32 ordita incoscientemente, dagli ignavi, dai cinici, dagli incompetenti, dagli intransigenti, sparsi tra istituzioni e partiti, abbiamo il dovere civile di denunciarla, di capirla, di sventarla e mettere in campo una contro-prospettiva. Monti è solo il carico da dodici e l’ultimo arrivato. Tra lui e il passato non ci sono grandi discontinuità ma solo un po più di pelo sullo stomaco. C’è da chiedersi cosa sia stato il riformismo sanitario di questi ultimi trent’anni e cosa debba essere quello del futuro.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/08 ... te/328022/
Re: Prima libertà, la libertà dal bisogno
Non c' è dubbio che nell'attuale scenario forse sia solo la Fiom a poter fungere da catalizzatore di una "vera lista civile" ispirata ai principi ed ai valori di un ampio fronte ("il Terzo Stato") che anela a "giustizia e libertà".Flores d'Arcais ha scritto:Di elettori disgustati (il PD) ne perderà comunque tanti. Che saranno molti di più se da qui alle elezioni nascerà una vera lista di società civile, propiziata dal catalizzatore Fiom. Di Pietro è nel pieno della sua vecchia contraddizione tra giusta “radicalità” delle prese di posizione nazionali e apparati locali che, troppe volte, definire dorotei è una carezza. Di Pietro stesso ha ventilato lo scioglimento dell’Idv, a vantaggio di una lista di società civile. E’ l’unica soluzione sensata. Ma sarà capace il Tonino nazionale di una così intelligente “mossa del cavallo”? ............... Non sarebbe il caso che il Terzo Stato che anela a “giustizia e libertà” esca dall’accidia, dalle illusioni residue sulle nomenklature di Casta, dalle piccinerie di bottega, e si decida a dar vita a un suo “partito d’azione”?
E quale mai potrebbe essere il programma politico di una tale forza se non la difesa, il recupero e l'attuazione della costituzione?
Penso che sia l'unica strada per ripartire, dopo i fallimenti della sinistra marxista "tradizionale".
E non credo che sarebbe un'ammucchiata di servi e padroni.
-
- Messaggi: 17353
- Iscritto il: 06/04/2012, 20:00
Re: Prima libertà, la libertà dal bisogno
In embrione si stanno formando due schieramenti, il primo quello legato al regime morente, l’equivalente della Repubblica di Salò, e il secondo quello di chi vuole un rinnovamento vero non fatto di chiacchiere.
La Fiom, fa parte del secondo schieramento e “The banana Republic”, del Gruppo La Pravdona, se ne preoccupa, tanto che oggi, per riempiere la pagina “POLITICA E GIUSTIZIA” si prodiga con un’articolo a pagina 16 di Vera Schiavazzi dal titolo:
La Fiom strizza l’occhio ai grillini
L’idea: fare una lista degli scontenti.
La Fiom con Landini ha firmato la petizione del Fatto Quotidiano, è dalla parte dei pm di Palermo e dalla parte del pm Todisco a Taranto per il caso Ilva.
Nella lista dei firmatari possiamo leggerci in prevalenza la vecchia sinistra mai doma. La giustizia, e quindi la democrazia e la libertà, sono da sempre valori fondanti della sinistra. A cui si deve aggiungere l’attaccamento alla Costituzione dei padri fondatori oltre alla questione morale di Berlinguer, mai archiviata. Ma ovviamente, valori di questa portata non possono essere un’esclusiva della sinistra e sarebbe assurdo pretenderlo.
E quindi, ecco la comunanza con Marco Travaglio che in tempi meno sospetti si era schierato a difesa della Fiom, quando la falsa sinistra del partito dei defunti inquinato dalle cariatidi democristiane, non ci pensava neppure di sostenere il sindacato di Landini. Oppure quella di Gustavo Zagrebelsky che non ha mai lasciato trasparire la sua preferenza politica, ma che credo non sia di sinistra.
E’ uno schieramento antimafia e contro la corruzione del tipo Ilva, ma non solo.
Landini ha rotto con Bersani ed è deluso profondamente da Vendola.
Da Torino a Parma la Fiom dialoga profondamente con i grillini, perché una parte è formata dalla sinistra di base delusa (Per informazioni rivolgersi a paolino, paolo11, ex Pci, Pds, Ds, Pd, Idv e ora M5S).
Conclude così il suo articolo Vera Schiavazzi sull’incontro grillini - Fiom:
E se si trattasse invece di un soggetto nuovo, capace di raccogliere lo scontento dei precari, giovani, cassintegrati e apolidi?
Le prove sono in corso, e una andrà in scena a Torino il 10 settembre.
QUELLO CHE MANCA E' UN NUOVO CLN.
La Fiom, fa parte del secondo schieramento e “The banana Republic”, del Gruppo La Pravdona, se ne preoccupa, tanto che oggi, per riempiere la pagina “POLITICA E GIUSTIZIA” si prodiga con un’articolo a pagina 16 di Vera Schiavazzi dal titolo:
La Fiom strizza l’occhio ai grillini
L’idea: fare una lista degli scontenti.
La Fiom con Landini ha firmato la petizione del Fatto Quotidiano, è dalla parte dei pm di Palermo e dalla parte del pm Todisco a Taranto per il caso Ilva.
Nella lista dei firmatari possiamo leggerci in prevalenza la vecchia sinistra mai doma. La giustizia, e quindi la democrazia e la libertà, sono da sempre valori fondanti della sinistra. A cui si deve aggiungere l’attaccamento alla Costituzione dei padri fondatori oltre alla questione morale di Berlinguer, mai archiviata. Ma ovviamente, valori di questa portata non possono essere un’esclusiva della sinistra e sarebbe assurdo pretenderlo.
E quindi, ecco la comunanza con Marco Travaglio che in tempi meno sospetti si era schierato a difesa della Fiom, quando la falsa sinistra del partito dei defunti inquinato dalle cariatidi democristiane, non ci pensava neppure di sostenere il sindacato di Landini. Oppure quella di Gustavo Zagrebelsky che non ha mai lasciato trasparire la sua preferenza politica, ma che credo non sia di sinistra.
E’ uno schieramento antimafia e contro la corruzione del tipo Ilva, ma non solo.
Landini ha rotto con Bersani ed è deluso profondamente da Vendola.
Da Torino a Parma la Fiom dialoga profondamente con i grillini, perché una parte è formata dalla sinistra di base delusa (Per informazioni rivolgersi a paolino, paolo11, ex Pci, Pds, Ds, Pd, Idv e ora M5S).
Conclude così il suo articolo Vera Schiavazzi sull’incontro grillini - Fiom:
E se si trattasse invece di un soggetto nuovo, capace di raccogliere lo scontento dei precari, giovani, cassintegrati e apolidi?
Le prove sono in corso, e una andrà in scena a Torino il 10 settembre.
QUELLO CHE MANCA E' UN NUOVO CLN.
-
- Messaggi: 3688
- Iscritto il: 22/02/2012, 14:30
Re: Prima libertà, la libertà dal bisogno
..............giorgio ha scritto:Ecco l'artico di d'Arcai cui mi riferivo.
http://www.lavoronuovo.org/wp-content/u ... -Fatto.pdf
Di cui metto in evidenza una frase:
"Perché ri-formare vuol dire
anche radicale re-distribuzione
di ricchezze e poteri, altrimenti
è solo servilismo
verso gli interessi costituiti,
arti-riformismo del signorsì"
Caro giorgio.E da molto che dico in questo e altro forum che bisogna abolire le regioni autonome, con i loro privilegi.
Oppure diventino anche le altre regioni autonome.
Queste cose sono state fatte subito dopo il dopoguerra.Che oggi giorno con i problemi che abbiamo non possiamo piu concederci.
Qui nel veveto fanno referentun , per aldare co la regione Friuli Venezia giulia. Altri con il Trendino.
Diventando tutte le regioni autonome si risolve il problema del federalismo.
Ciao
Paolo11
Chi c’è in linea
Visitano il forum: Majestic-12 [Bot] e 2 ospiti