Uscire dall'Euro: sì o no.
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- Iscritto il: 21/02/2012, 22:29
Re: Uscire dall'Euro: sì o no.
Beh, per i prezzi basta che lo stato li decida. In pratica, fine della liberalizzazione e della concorrenza su certi beni essenziali.
Ma, al di là di questo.
Qua diciamo sempre che stiamo andando verso il disastro. Allora, se non usciamo dall'euro, quale altra soluzione possiamo usare?
Ma, al di là di questo.
Qua diciamo sempre che stiamo andando verso il disastro. Allora, se non usciamo dall'euro, quale altra soluzione possiamo usare?
"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
Robert Harris, "Archangel"
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Re: Uscire dall'Euro: sì o no.
Quoto Maucat e gli altri.
Aggiungo che il modo (secondo me sbagliato) di affrontare la questione euro-europa è un altro elemento che caratterizza negativamente la sinistra (o quel che resta di essa in Italia).
L'oscillazione eterna euro sì - euro no, la rivendicazione di una ridicola sovranità nazionale, le impedisce di prendere saldamente in mano l'iniziativa, lanciando una grande battaglia per la conquista di istituzioni democratiche europee, le uniche in grado di contrapporsi allo strapotere delle banche e della finanza.
L'equazione: Ue = Bce = banche, anche se rispecchia la realtà attuale così com'è, cioè quella di una vera integrazione politica incompiuta, è un tragico errore strategico, che condanna la sinistra ad una ancora maggiore marginalità ed irrilevanza.
Aggiungo che il modo (secondo me sbagliato) di affrontare la questione euro-europa è un altro elemento che caratterizza negativamente la sinistra (o quel che resta di essa in Italia).
L'oscillazione eterna euro sì - euro no, la rivendicazione di una ridicola sovranità nazionale, le impedisce di prendere saldamente in mano l'iniziativa, lanciando una grande battaglia per la conquista di istituzioni democratiche europee, le uniche in grado di contrapporsi allo strapotere delle banche e della finanza.
L'equazione: Ue = Bce = banche, anche se rispecchia la realtà attuale così com'è, cioè quella di una vera integrazione politica incompiuta, è un tragico errore strategico, che condanna la sinistra ad una ancora maggiore marginalità ed irrilevanza.
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Re: Uscire dall'Euro: sì o no.
No, é prioritario costruire l'Europa!peanuts ha scritto:
Uscire dall'Euro: sì o no.
Ma gli altri una idea ce l'hanno?
Si può e si deve discutere sul come, questo si.
un saluto
Re: Uscire dall'Euro: sì o no.
sottoscrivo maucat e shiloh .
mi ricordo che quando andai a Istanbul ( saranno passati 10 anni) per un caffè pagavamo in milioni di lire turche penso che per il pieno di benzina , oggi, bisognerebbe stampare banconote in miliardi di lire italiane.
mi ricordo che quando andai a Istanbul ( saranno passati 10 anni) per un caffè pagavamo in milioni di lire turche penso che per il pieno di benzina , oggi, bisognerebbe stampare banconote in miliardi di lire italiane.
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Re: Uscire dall'Euro: sì o no.
Eh... quell'equazione o è una realtà o un erroremariok ha scritto:Quoto Maucat e gli altri.
Aggiungo che il modo (secondo me sbagliato) di affrontare la questione euro-europa è un altro elemento che caratterizza negativamente la sinistra (o quel che resta di essa in Italia).
L'oscillazione eterna euro sì - euro no, la rivendicazione di una ridicola sovranità nazionale, le impedisce di prendere saldamente in mano l'iniziativa, lanciando una grande battaglia per la conquista di istituzioni democratiche europee, le uniche in grado di contrapporsi allo strapotere delle banche e della finanza.
L'equazione: Ue = Bce = banche, anche se rispecchia la realtà attuale così com'è, cioè quella di una vera integrazione politica incompiuta, è un tragico errore strategico, che condanna la sinistra ad una ancora maggiore marginalità ed irrilevanza.
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- Iscritto il: 19/04/2012, 12:04
Re: Uscire dall'Euro: sì o no.
Dovresti statalizzare quasi tutto... e dove li trovi i soldi?peanuts ha scritto:Beh, per i prezzi basta che lo stato li decida. In pratica, fine della liberalizzazione e della concorrenza su certi beni essenziali.
Ma, al di là di questo.
Qua diciamo sempre che stiamo andando verso il disastro. Allora, se non usciamo dall'euro, quale altra soluzione possiamo usare?
Verso il disastro ci stiamo andando perchè dopo il 1999 non abbiamo proseguito nell'accelerazione del progetto USE prestando così il fianco alla speculazione anglo-americana che non ha creduto ia propri occhi di poter fare soldi così facili e continuare a stampare Dollari e Sterline dal nulla e poterli ancora dare in giro per il Mondo in cambio di materie prime e manufatti... In questo buona parte della colpa la ha la Germania...
Uscirne ora... accelerare in direzione USE far capire al Mondo che nessun attacco speculativo potrà fermare il processo di unificazione e stampare se necessario quanto la FED o la BoE o la BoJ almeno finchè i paesi del BRIC accetteranno i nostri pezzi di carta...
Certo si deve anche dare una regolata ai conti ma non con la mannaia e senza distruggere il tessuto sociale europeo creato dopo il 1945, in pratica passare dal Capitalismo/consumismo degli ultimi vent'anni a un misto di Capitalismo e Socialismo che tanto bene funzionava in europa fino a metà anni '80...
Ripensare anche la globalizzazione perchè non ha senso produrre a 15.000 km di distanza beni che poi devi vendere quì arricchendo solo le elite nostrane e dei BRIC lasciando le masse sempre con un tozzo di pane...
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Re: Uscire dall'Euro: sì o no.
Pro & contro - 1
Che l’uomo sia ancora una bestia malgrado oggi possa comunicare tranquillamente con il resto del pianeta come e quando vuole tramite il telefono cellulare, che possa vedere le immagini di quanto accade dall’altra parte del mondo in tempo reale, che possa recarsi da Milano a Roma in meno di un’ora, dopo che il sogno di Icaro si è avverato, non significa che abbia eliminato i suoi difetti primordiali, di cui in parte, la dottrina morale cattolica, ha così individuato
Superbia (desiderio irrefrenabile di essere superiori, fino al disprezzo di ordini, leggi, rispetto altrui).
Avarizia (desiderio irrefrenabile dei beni temporali).
Lussuria (desiderio irrefrenabile del piacere sessuale fine a se stesso).
Invidia (tristezza per il bene altrui, percepito come male proprio).
Gola (meglio conosciuta come ingordigia, abbandono ed esagerazione nei piaceri della tavola, e non solo).
Ira (irrefrenabile desiderio di vendicare violentemente un torto subito).
Accidia (torpore malinconico, inerzia nel vivere e nel compiere opere di bene).
anche se i cattolici, a partire dalle stanze dell’Oltretevere sono i primi a non riuscire a liberarsene.
Per oltre 3.000 anni, la terra del vecchio continente si è abbeverata del sangue dei suoi figli. E proprio perché l’uomo è una bestia se ci sono volute le due guerre mondiali dello scorso secolo per fargli dire: “Basta guerre in Europa.”
Sono state le volontà di Konrad Adenauer, Alcide De Gasperi, Robert Schuman a gettare le basi per l’Europa unita.
Ma tutto comincia molto prima nell’isola di Ventotene, dove il regime fascista aveva mandato al confino Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi.
Manifesto di Ventotene
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Il Manifesto di Ventotene - come viene chiamato il documento "Per un'Europa libera e unita. Progetto d'un manifesto" - è stato redatto da Altiero Spinelli eErnesto Rossi durante il periodo di confino negli anni '40. Esponenti presenti sull'isola di Ventotene e rappresentanti antifascisti confinati anche loro, contribuirono alle discussioni che portarono alla definizione del testo. Originariamente articolato in 4 capitoli, il Manifesto fu poi diffuso clandestinamente ciclostilato e infine pubblicato, sempre in clandestinità, da Eugenio Colorni che nel 1944 ne curò la redazione in 3 capitoli: il primo (La crisi della civiltà moderna) e il secondo (Compiti del dopoguerra. L'unità europea) interamente elaborati da Spinelli, come anche la seconda parte del terzo (Compiti del dopoguerra. La riforma della società), mentre la prima parte di quest'ultimo è stata definita da Rossi. Il Manifesto propugna ideali di unificazione dell'Europa in senso federale fondandosi sui concetti di pace e libertà kantiana e sulla teoria istituzionale del federalismo hamiltoniano.
Il valore del Manifesto di Ventotene risiede nel fatto di individuare con chiarezza che
la linea di divisione fra i partiti progressisti e partiti reazionari cade perciò ormai, non lungo la linea formale della maggiore o minore democrazia, del maggiore o minore socialismo da istituire, ma lungo la sostanziale nuovissima linea che separa coloro che concepiscono, come campo centrale della lotta quello antico, cioè la conquista e le forme del potere politico nazionale, e che faranno, sia pure involontariamente il gioco delle forze reazionarie, lasciando che la lava incandescente delle passioni popolari torni a solidificarsi nel vecchio stampo e che risorgano le vecchie assurdità, e quelli che vedranno come compito centrale la creazione di un solido stato internazionale, che indirizzeranno verso questo scopo le forze popolari e, anche conquistato il potere nazionale, lo adopereranno in primissima linea come strumento per realizzare l'unità internazionale.
In altri termini, gli estensori del Manifesto si resero conto che era necessario creare una forza politica esterna ai partiti tradizionali, inevitabilmente legati alla lotta politica nazionale, e quindi incapaci di rispondere efficacemente alle sfide della crescente internazionalizzazione. Questa forza politica nacque poco tempo dopo: il Movimento Federalista Europeo.
Non era facile in quegli anni cogliere l'importanza di questa nuova impostazione (che poneva nel campo della reazione anche i partiti più "di sinistra", nella misura in cui non riuscivano a porsi su un piano realmente sovrannazionale) e vi fu chi, come Sandro Pertini, ritirò la firma dal documento su istigazione del suo partito.
L'edizione del 1944 del Manifesto curata da Colorni (che ha scritto inoltre una densa e opportuna prefazione) prese il titolo di "Problemi della Federazione Europea" e reca le iniziali, appunto, A.S. e E.R. Il volume fu stampato dalla Società anonima poligrafica italiana e stampato dalle Edizioni del Movimento italiano per la Federazione europea. Al testo furono aggiunti due saggi di Altiero Spinelli: "Gli Stati Uniti d'Europa e le varie tendenze politiche" della seconda metà del 1942 e "Politica marxista e politica federalista" del 1942-1943.
Che l’uomo sia ancora una bestia malgrado oggi possa comunicare tranquillamente con il resto del pianeta come e quando vuole tramite il telefono cellulare, che possa vedere le immagini di quanto accade dall’altra parte del mondo in tempo reale, che possa recarsi da Milano a Roma in meno di un’ora, dopo che il sogno di Icaro si è avverato, non significa che abbia eliminato i suoi difetti primordiali, di cui in parte, la dottrina morale cattolica, ha così individuato
Superbia (desiderio irrefrenabile di essere superiori, fino al disprezzo di ordini, leggi, rispetto altrui).
Avarizia (desiderio irrefrenabile dei beni temporali).
Lussuria (desiderio irrefrenabile del piacere sessuale fine a se stesso).
Invidia (tristezza per il bene altrui, percepito come male proprio).
Gola (meglio conosciuta come ingordigia, abbandono ed esagerazione nei piaceri della tavola, e non solo).
Ira (irrefrenabile desiderio di vendicare violentemente un torto subito).
Accidia (torpore malinconico, inerzia nel vivere e nel compiere opere di bene).
anche se i cattolici, a partire dalle stanze dell’Oltretevere sono i primi a non riuscire a liberarsene.
Per oltre 3.000 anni, la terra del vecchio continente si è abbeverata del sangue dei suoi figli. E proprio perché l’uomo è una bestia se ci sono volute le due guerre mondiali dello scorso secolo per fargli dire: “Basta guerre in Europa.”
Sono state le volontà di Konrad Adenauer, Alcide De Gasperi, Robert Schuman a gettare le basi per l’Europa unita.
Ma tutto comincia molto prima nell’isola di Ventotene, dove il regime fascista aveva mandato al confino Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi.
Manifesto di Ventotene
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Il Manifesto di Ventotene - come viene chiamato il documento "Per un'Europa libera e unita. Progetto d'un manifesto" - è stato redatto da Altiero Spinelli eErnesto Rossi durante il periodo di confino negli anni '40. Esponenti presenti sull'isola di Ventotene e rappresentanti antifascisti confinati anche loro, contribuirono alle discussioni che portarono alla definizione del testo. Originariamente articolato in 4 capitoli, il Manifesto fu poi diffuso clandestinamente ciclostilato e infine pubblicato, sempre in clandestinità, da Eugenio Colorni che nel 1944 ne curò la redazione in 3 capitoli: il primo (La crisi della civiltà moderna) e il secondo (Compiti del dopoguerra. L'unità europea) interamente elaborati da Spinelli, come anche la seconda parte del terzo (Compiti del dopoguerra. La riforma della società), mentre la prima parte di quest'ultimo è stata definita da Rossi. Il Manifesto propugna ideali di unificazione dell'Europa in senso federale fondandosi sui concetti di pace e libertà kantiana e sulla teoria istituzionale del federalismo hamiltoniano.
Il valore del Manifesto di Ventotene risiede nel fatto di individuare con chiarezza che
la linea di divisione fra i partiti progressisti e partiti reazionari cade perciò ormai, non lungo la linea formale della maggiore o minore democrazia, del maggiore o minore socialismo da istituire, ma lungo la sostanziale nuovissima linea che separa coloro che concepiscono, come campo centrale della lotta quello antico, cioè la conquista e le forme del potere politico nazionale, e che faranno, sia pure involontariamente il gioco delle forze reazionarie, lasciando che la lava incandescente delle passioni popolari torni a solidificarsi nel vecchio stampo e che risorgano le vecchie assurdità, e quelli che vedranno come compito centrale la creazione di un solido stato internazionale, che indirizzeranno verso questo scopo le forze popolari e, anche conquistato il potere nazionale, lo adopereranno in primissima linea come strumento per realizzare l'unità internazionale.
In altri termini, gli estensori del Manifesto si resero conto che era necessario creare una forza politica esterna ai partiti tradizionali, inevitabilmente legati alla lotta politica nazionale, e quindi incapaci di rispondere efficacemente alle sfide della crescente internazionalizzazione. Questa forza politica nacque poco tempo dopo: il Movimento Federalista Europeo.
Non era facile in quegli anni cogliere l'importanza di questa nuova impostazione (che poneva nel campo della reazione anche i partiti più "di sinistra", nella misura in cui non riuscivano a porsi su un piano realmente sovrannazionale) e vi fu chi, come Sandro Pertini, ritirò la firma dal documento su istigazione del suo partito.
L'edizione del 1944 del Manifesto curata da Colorni (che ha scritto inoltre una densa e opportuna prefazione) prese il titolo di "Problemi della Federazione Europea" e reca le iniziali, appunto, A.S. e E.R. Il volume fu stampato dalla Società anonima poligrafica italiana e stampato dalle Edizioni del Movimento italiano per la Federazione europea. Al testo furono aggiunti due saggi di Altiero Spinelli: "Gli Stati Uniti d'Europa e le varie tendenze politiche" della seconda metà del 1942 e "Politica marxista e politica federalista" del 1942-1943.
Re: Uscire dall'Euro: sì o no.
Ue = Bce = banche è una realtà perché manca l'Europa, quella politica.peanuts ha scritto:Eh... quell'equazione o è una realtà o un erroremariok ha scritto:Quoto Maucat e gli altri.
Aggiungo che il modo (secondo me sbagliato) di affrontare la questione euro-europa è un altro elemento che caratterizza negativamente la sinistra (o quel che resta di essa in Italia).
L'oscillazione eterna euro sì - euro no, la rivendicazione di una ridicola sovranità nazionale, le impedisce di prendere saldamente in mano l'iniziativa, lanciando una grande battaglia per la conquista di istituzioni democratiche europee, le uniche in grado di contrapporsi allo strapotere delle banche e della finanza.
L'equazione: Ue = Bce = banche, anche se rispecchia la realtà attuale così com'è, cioè quella di una vera integrazione politica incompiuta, è un tragico errore strategico, che condanna la sinistra ad una ancora maggiore marginalità ed irrilevanza.
L'errore è credere che quell'equazione sia immodificabile se non tornando indietro, agli stati nazionali, invece di andare avanti verso una vera federazione.
A me sembra semplice eppure pare che per la sinistra (quella attuale) sia difficilissimo capirlo.
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- Iscritto il: 21/02/2012, 22:29
Re: Uscire dall'Euro: sì o no.
Ma perché, con l'euro che ci abbiamo guadagnato?
Prima la Germania era forte, adesso pure.
Prima noi facevamo schifo, adesso pure.
Oh, Maucat, i soldi per cosa?
Noi non dobbiamo un euro a chi s'è fatto svendere pezzi di stato, noi DOBBIAMO RIPRENDERCI TUTTO SENZA NESSUNA CONDIZIONE.
Prima la Germania era forte, adesso pure.
Prima noi facevamo schifo, adesso pure.
Oh, Maucat, i soldi per cosa?
Noi non dobbiamo un euro a chi s'è fatto svendere pezzi di stato, noi DOBBIAMO RIPRENDERCI TUTTO SENZA NESSUNA CONDIZIONE.
"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
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Re: Uscire dall'Euro: sì o no.
Per esempio ci hai guadagnato i mutui e i prestiti a tassi molto più bassi degli anni 80/90, hai avuto sempre rispetto agli anni della Lira un'inflazione molto più bassa, lo Stato ha potuto finanziarsi a tassi molto più favorevoli e quindi evitare un default che ai tassi del 10/14% che erano normali fino al 1995/96 avremmo già avuto da parecchi anni con conseguenze disastrose...peanuts ha scritto:Ma perché, con l'euro che ci abbiamo guadagnato?
Prima la Germania era forte, adesso pure.
Prima noi facevamo schifo, adesso pure.
Oh, Maucat, i soldi per cosa?
Noi non dobbiamo un euro a chi s'è fatto svendere pezzi di stato, noi DOBBIAMO RIPRENDERCI TUTTO SENZA NESSUNA CONDIZIONE.
Se statalizzi senza soldi per rendere produttivi le imprese divenute statali queste diverranno un pozzo senza fondo e improduttive... inoltre come inizierai a statalizzare tutti gli imprenditori scapperanno via stranieri e soprattutto italiani...
Ovviamente se lo Stato avesse chiesto alle aziende tipo Fiat una partcipazione azionaria in cambio degli aiuti avrebbe almeno recuperato parte delle spese nel momento che la Fiat produceva utili e questa potrebbe essere una strada da percorrere io ti aiuto ma tu azienda mi dai un po' di azioni e quindi quando guadagni io recupero e se tu rivuoi le azioni me le paghi... così finiremmo di socializzare le perdite e privatizzare i guadagni...
Non è facile capirlo mentre il populismo dilaga ma dobbiamo riflettere e non farci guidare solo dalla pancia...
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