La Porcata (Parte Seconda)
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La Porcata (Parte Seconda)
Legge elettorale, Cicchitto: “Un terzo dei parlamentari con liste bloccate”
Il capogruppo alla Camera del Pdl 'confessa': "I partiti hanno fatto un pessimo uso delle liste bloccate, ma senza di esse una serie di parlamentari di alto livello non sarebbero entrati o non entrerebbero più in Parlamento". E sulla legge elettorale Buttiglione attacca: "E' pronta da prima dell'estate, ma nella pantomima del bipolarismo non si può dire"
di Fabio Amato | 26 agosto 2012
Nella prossima legislatura i big dei partiti torneranno tutti a sedere comodamente sugli scranni del Parlamento. Esattamente come è successo con il Porcellum, così accadrà con la nuova legge elettorale, quale che sia. A dirlo, per una volta, non sono i retroscena di palazzo, ma direttamente il capogruppo alla Camera del Pdl, Fabrizio Cicchitto, in una intervista pubblicata sul Mattino: “Un terzo dei parlamentari va scelto dai partiti con i listini bloccati – spiega Cicchitto – certo, delle liste bloccate i partiti hanno fatto pessimo uso, ma senza di essi una serie di parlamentari di alto livello non sarebbero entrati o non entrerebbero più in Parlamento. Serve equilibrio, non demagogia”.
Giù il velo dell’ipocrisia, Cicchitto ‘confessa’: c’è una intera oligarchia politica che non può permettersi di rimanere a casa solo perché gli elettori non la vogliono più vedere. E pazienza se questo permetterà di mettere in Parlamento le Minetti di turno. Per il resto, il capogruppo del Pdl si mostra “cauto” sull’accordo per la legge elettorale. “Il filo del dialogo non si è mai interrotto ma su alcuni punti qualificanti esistono più opzioni: se il premio andrà al primo partito, come chiediamo noi del Pdl, o alla coalizione, come vuole il Pd, e di che entità sarà, se del 10% o del 15%. Poi, preferenze o collegi oppure una soluzione intermedia tra queste due ipotesi”.
Proprio questi sembrano essere, allo stato, i nodi della trattativa tra i partiti. Un filo, stando alle parole del Pd Enrico Letta, sempre sul punto di interrompersi ma tenuto insieme dal duro lavoro di mediazione: “Se non si cambia la legge elettorale ora – ha dichiarato il vice di Bersani – il prossimo Parlamento sarebbe l’agonia della Seconda Repubblica. Invece, il prossimo Parlamento deve essere l’inizio della Terza Repubblica. E questo può avvenire solo con un Parlamento eletto dai cittadini”.
Dopo l’ottimismo della scorsa settimana – “l’accordo è vicino, a breve l’annuncio” – il numero due del Pd torna a dubitare per invocare la responsabilità del trio ABC: ”Serve la buona volontà dei partiti maggiori a seguire l’appello di Napolitano. Lo ha detto con forza in questi mesi, richiamando il tema dell’interesse generale. La nuova legge elettorale è per il bene del Paese e serve a recuperare credibilità politica. Ci siamo vicini, ma ognuno deve fare la sua parte”.
A gelare la retorica di Letta di fronte ai microfoni di Tgcom 24, è però intervenuto un altro ex democristiano, l’ex ministro dei Beni Culturali Rocco Buttiglione. Ieri compagno di partito, poi nemico, oggi e domani quasi sicuramente alleato dello stesso Partito democratico, Buttiglione ha buttato acqua sul sacro fuoco della responsabilità politica che da mesi viene continuamente invocato ogni volta che si parla della transizione dal Porcellum a una nuova legge.
L’accordo sulla legge elettorale – ha svelato Buttiglione – “è pronto da prima dell’estate”, ma non si dice perché in Italia “è ancora in piedi la pantomima del bipolarismo, un sistema per cui gli accordi non si fanno o, se si fanno, bisogna disprezzarli o attaccarli con odio. Una mentalità malata da cui bisogna uscire”. In un’intervista al Mattino, il presidente dell’Udc ha descritto nei dettagli – molti dei quali a dire il vero noti da giorni – i contorni dell’accordo: “Il sistema elettorale sarà di base proporzionale – spiega Buttiglione – con uno sbarramento nazionale al 5% e all’8% in tre circoscrizioni, premio al primo partito, un terzo di liste bloccate e due terzi di preferenze o collegi”.
Buttiglione ha anche escluso l’ipotesi di elezioni anticipate, “a meno che non venga sconfitta in Europa la linea Monti-Draghi-Hollande-Merkel”. Quanto alla grande coalizione, “molto dipende dal sistema elettorale. Se passa quello di cui abbiamo parlato, che favorisce le aggregazioni ma non le impone, a meno che non vinca nettamente un’alleanza di centrodestra o una di centrosinistra, vorrà dire che è il popolo sovrano a volerla”, dichiara. “Molti che nel loro cuore la vogliono, nel Pd come nel Pdl, ma a parole la negano, sanno che è la sola soluzione possibile. Solo con il Porcellum o con un Super-Porcellum si potrebbe evitarla”.
Con questo sistema, quindi, l’unico nodo resta quello dell’entità del premio da assegnare al primo partito. Il Pd, al momento confortato dai sondaggi che lo vedono attorno al 25-27%, in vantaggio netto sul Pdl, spinge per ottenere un premio del 15% (o più) che garantirebbe controllo su una eventuale coalizione con Udc e Sel e la speranza di avere una maggioranza. Il Pdl vorrebbe mantenerlo più basso, tra il dieci e il 12%, rendendo in questo modo indispensabile un continuo accordarsi delle forze politiche. Con buona pace dei proclami di Alfano - “Silvio vuole vincere e governare” – buoni per dare una idea di competizione.
Del resto, i numeri – che i partiti conoscono a memoria – dicono che con l’attuale grado di sfiducia nei confronti della classe politica, con il nuovo sistema “alla greca” formare una maggioranza in parlamento sarebbe impresa ardua. Il Pd – dicono gli ultimi dati dell’Istituito Cattaneo pubblicati dalla Stampa – ci riuscirebbe solo con una alleanza con Sel e Udc. Solo in questo modo si garantirebbe una quarantina di seggi di vantaggio sull’opposizione. Ma questo renderebbe indispensabile una pace permanente tra centro e sinistra che al momento non si vede. Il centrodestra, di contro, ha tutto da guadagnare da un premio più basso – con buona pace della governabilità – che agirebbe da richiamo della sirena per riportare l’Udc verso il centrodestra. Di certo, numeri alla mano, nessun partito potrà cavarsela da solo.
Il capogruppo alla Camera del Pdl 'confessa': "I partiti hanno fatto un pessimo uso delle liste bloccate, ma senza di esse una serie di parlamentari di alto livello non sarebbero entrati o non entrerebbero più in Parlamento". E sulla legge elettorale Buttiglione attacca: "E' pronta da prima dell'estate, ma nella pantomima del bipolarismo non si può dire"
di Fabio Amato | 26 agosto 2012
Nella prossima legislatura i big dei partiti torneranno tutti a sedere comodamente sugli scranni del Parlamento. Esattamente come è successo con il Porcellum, così accadrà con la nuova legge elettorale, quale che sia. A dirlo, per una volta, non sono i retroscena di palazzo, ma direttamente il capogruppo alla Camera del Pdl, Fabrizio Cicchitto, in una intervista pubblicata sul Mattino: “Un terzo dei parlamentari va scelto dai partiti con i listini bloccati – spiega Cicchitto – certo, delle liste bloccate i partiti hanno fatto pessimo uso, ma senza di essi una serie di parlamentari di alto livello non sarebbero entrati o non entrerebbero più in Parlamento. Serve equilibrio, non demagogia”.
Giù il velo dell’ipocrisia, Cicchitto ‘confessa’: c’è una intera oligarchia politica che non può permettersi di rimanere a casa solo perché gli elettori non la vogliono più vedere. E pazienza se questo permetterà di mettere in Parlamento le Minetti di turno. Per il resto, il capogruppo del Pdl si mostra “cauto” sull’accordo per la legge elettorale. “Il filo del dialogo non si è mai interrotto ma su alcuni punti qualificanti esistono più opzioni: se il premio andrà al primo partito, come chiediamo noi del Pdl, o alla coalizione, come vuole il Pd, e di che entità sarà, se del 10% o del 15%. Poi, preferenze o collegi oppure una soluzione intermedia tra queste due ipotesi”.
Proprio questi sembrano essere, allo stato, i nodi della trattativa tra i partiti. Un filo, stando alle parole del Pd Enrico Letta, sempre sul punto di interrompersi ma tenuto insieme dal duro lavoro di mediazione: “Se non si cambia la legge elettorale ora – ha dichiarato il vice di Bersani – il prossimo Parlamento sarebbe l’agonia della Seconda Repubblica. Invece, il prossimo Parlamento deve essere l’inizio della Terza Repubblica. E questo può avvenire solo con un Parlamento eletto dai cittadini”.
Dopo l’ottimismo della scorsa settimana – “l’accordo è vicino, a breve l’annuncio” – il numero due del Pd torna a dubitare per invocare la responsabilità del trio ABC: ”Serve la buona volontà dei partiti maggiori a seguire l’appello di Napolitano. Lo ha detto con forza in questi mesi, richiamando il tema dell’interesse generale. La nuova legge elettorale è per il bene del Paese e serve a recuperare credibilità politica. Ci siamo vicini, ma ognuno deve fare la sua parte”.
A gelare la retorica di Letta di fronte ai microfoni di Tgcom 24, è però intervenuto un altro ex democristiano, l’ex ministro dei Beni Culturali Rocco Buttiglione. Ieri compagno di partito, poi nemico, oggi e domani quasi sicuramente alleato dello stesso Partito democratico, Buttiglione ha buttato acqua sul sacro fuoco della responsabilità politica che da mesi viene continuamente invocato ogni volta che si parla della transizione dal Porcellum a una nuova legge.
L’accordo sulla legge elettorale – ha svelato Buttiglione – “è pronto da prima dell’estate”, ma non si dice perché in Italia “è ancora in piedi la pantomima del bipolarismo, un sistema per cui gli accordi non si fanno o, se si fanno, bisogna disprezzarli o attaccarli con odio. Una mentalità malata da cui bisogna uscire”. In un’intervista al Mattino, il presidente dell’Udc ha descritto nei dettagli – molti dei quali a dire il vero noti da giorni – i contorni dell’accordo: “Il sistema elettorale sarà di base proporzionale – spiega Buttiglione – con uno sbarramento nazionale al 5% e all’8% in tre circoscrizioni, premio al primo partito, un terzo di liste bloccate e due terzi di preferenze o collegi”.
Buttiglione ha anche escluso l’ipotesi di elezioni anticipate, “a meno che non venga sconfitta in Europa la linea Monti-Draghi-Hollande-Merkel”. Quanto alla grande coalizione, “molto dipende dal sistema elettorale. Se passa quello di cui abbiamo parlato, che favorisce le aggregazioni ma non le impone, a meno che non vinca nettamente un’alleanza di centrodestra o una di centrosinistra, vorrà dire che è il popolo sovrano a volerla”, dichiara. “Molti che nel loro cuore la vogliono, nel Pd come nel Pdl, ma a parole la negano, sanno che è la sola soluzione possibile. Solo con il Porcellum o con un Super-Porcellum si potrebbe evitarla”.
Con questo sistema, quindi, l’unico nodo resta quello dell’entità del premio da assegnare al primo partito. Il Pd, al momento confortato dai sondaggi che lo vedono attorno al 25-27%, in vantaggio netto sul Pdl, spinge per ottenere un premio del 15% (o più) che garantirebbe controllo su una eventuale coalizione con Udc e Sel e la speranza di avere una maggioranza. Il Pdl vorrebbe mantenerlo più basso, tra il dieci e il 12%, rendendo in questo modo indispensabile un continuo accordarsi delle forze politiche. Con buona pace dei proclami di Alfano - “Silvio vuole vincere e governare” – buoni per dare una idea di competizione.
Del resto, i numeri – che i partiti conoscono a memoria – dicono che con l’attuale grado di sfiducia nei confronti della classe politica, con il nuovo sistema “alla greca” formare una maggioranza in parlamento sarebbe impresa ardua. Il Pd – dicono gli ultimi dati dell’Istituito Cattaneo pubblicati dalla Stampa – ci riuscirebbe solo con una alleanza con Sel e Udc. Solo in questo modo si garantirebbe una quarantina di seggi di vantaggio sull’opposizione. Ma questo renderebbe indispensabile una pace permanente tra centro e sinistra che al momento non si vede. Il centrodestra, di contro, ha tutto da guadagnare da un premio più basso – con buona pace della governabilità – che agirebbe da richiamo della sirena per riportare l’Udc verso il centrodestra. Di certo, numeri alla mano, nessun partito potrà cavarsela da solo.
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«Non si discute per aver ragione, ma per capire» (Peanuts)
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Re: La Porcata (Parte Seconda)
Riflessioni:
1) Ma Bersani ha pensato cosa farebbe se il M5S diveta il primo partito con eventuale "premio"?
2) Ma i cittadini italiani non hanno "bocciato" il referendum che proponeva il premio di maggioranza al singolo partito?
1) Ma Bersani ha pensato cosa farebbe se il M5S diveta il primo partito con eventuale "premio"?
2) Ma i cittadini italiani non hanno "bocciato" il referendum che proponeva il premio di maggioranza al singolo partito?
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Re: La Porcata (Parte Seconda)
1) se vince il M5S Bersani è meglio che chieda asilo politico in Vaticano insieme a Casini...
2) si e penso che se la "casta" insisterà sulla "porcata 2" se ne ricorderanno bene quando andranno alle urne...
2) si e penso che se la "casta" insisterà sulla "porcata 2" se ne ricorderanno bene quando andranno alle urne...
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Re: La Porcata (Parte Seconda)
Ma questi credono di essere i padroni D'Italia?
I cittadini vogliono per prima cosa il programma dei partiti, e le alleanze.(sempre prima)Dopo si va a votare.
Lo vogliono capire o NO:
Ciao
Paolo11
I cittadini vogliono per prima cosa il programma dei partiti, e le alleanze.(sempre prima)Dopo si va a votare.
Lo vogliono capire o NO:
Ciao
Paolo11
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Re: La Porcata (Parte Seconda)
"Parlamentari di alto livello"?
Voi? chicchettone, tafano, eccetera, alto livello?
Sì, PUTTANE di alto livello...
Voi? chicchettone, tafano, eccetera, alto livello?
Sì, PUTTANE di alto livello...
"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
Robert Harris, "Archangel"
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Re: La Porcata (Parte Seconda)
Gori: “Sulla legge elettorale Cicchitto è stato più sincero del Pd”
video
http://www.google.it/webhp?source=search_app
“No a liste bloccate e nemmeno a deroghe sui limiti di mandato”. È l’opinione dell’imprenditore Giorgio Gori, che rinnova il suo impegno al fianco di Matteo Renzi per le primarie del Centrosinistra, e attacca: “Dichiarando che i listini servono a garantire alcune candidature, Cicchitto almeno è stato sincero. Altri fanno lo stesso ma non lo dicono”. L’accusa di Gori, ospite di VeDrò, il forum organizzato da Enrico Letta in provincia di Trento, è ovviamente rivolta al Partito Democratico, al quale Gori consiglia di dimenticare quella che secondo lui è la parte più dannosa del Porcellum, e di eliminare dallo statuto la possibilità di derogare al limite di tre mandati, più che superato da molti dirigenti democratici di Franz Baraggino
28 agosto 2012
video
http://www.google.it/webhp?source=search_app
“No a liste bloccate e nemmeno a deroghe sui limiti di mandato”. È l’opinione dell’imprenditore Giorgio Gori, che rinnova il suo impegno al fianco di Matteo Renzi per le primarie del Centrosinistra, e attacca: “Dichiarando che i listini servono a garantire alcune candidature, Cicchitto almeno è stato sincero. Altri fanno lo stesso ma non lo dicono”. L’accusa di Gori, ospite di VeDrò, il forum organizzato da Enrico Letta in provincia di Trento, è ovviamente rivolta al Partito Democratico, al quale Gori consiglia di dimenticare quella che secondo lui è la parte più dannosa del Porcellum, e di eliminare dallo statuto la possibilità di derogare al limite di tre mandati, più che superato da molti dirigenti democratici di Franz Baraggino
28 agosto 2012
Re: La Porcata (Parte Seconda)
La legge elettorale a scatola chiusa
23 agosto 2012 in News da Antonio Ricci
Ci continuano a ripetere che il Porcellum va cambiato perchè il cittadino deve poter scegliere i suoi rappresentanti. Logica conseguenza: andrebbero cancellate le famigerate liste bloccate.
Bene, ricapitoliamo allora i capi saldi della legge elettorale su cui i partiti della strana maggioranza avrebbero trovato un accordo. Il sistema elettorale sarà di base proporzionale con uno sbarramento nazionale fissato al 5% e una clausola detta “salva Lega” che prevede uno sbarramento all’8 per cento in almeno tre circoscrizioni regionali.
Veniamo alla scelta dei parlamentari: il sistema di elezione avverrà con un mix di collegi uninominali e listini bloccati.
I rapporti tra i due canali di elezione non sono, però, ancora stati definiti con precisione. Comunque, poco meno della metà dei parlamentari sarà scelto come nel Porcellum: con liste bloccate, che adesso si chiameranno listini corti. Ovvero, i partiti potranno ancora nominare direttamente circa 200 deputati e 100 senatori.
L’altra metà dei parlamentari sarà scelto con collegi uninominali ma, attenzione, con un sistema di attribuzione dei seggi su base proporzionale. Si dice: c’è il collegio, la gente vota il candidato. Non è vero: i voti di ogni collegio verrano poi raggruppati per circoscrizione (quando grande, ancora non si sa) e i seggi assegnati proporzionalmente ai candidati che hanno preso la percentuale più alta nei singoli collegi. Insomma, non è affatto detto che chi prende più voti in un collegio venga eletto, né che chi ne prende meno sia escluso.
Per di più, questo sistema, già in uso per le elezioni provinciali (da cui il nomignolo di Provincellum), lascia ampi margini di accordi sottobanco ai leader dei partiti, soprattutto al Sud, dove ancora esistono i pacchetti di voti: mettimi un candidato scarso in quel collegio così eleggo il tizio che mi piace e io farò lo stesso con uno tuo.
Conclusione: i parlamentari saranno ancora scelti dai partiti e non dai cittadini.
Non è certo finita qui.
Il premio di maggioranza si trasforma nel premio al partito che prende più voti, e si dovrebbe aggirare tra il 15% e il 12%. Quindi si torna automaticamente a votare il partito a scatola chiusa e non la coalizione che vincendo governerebbe il nostro paese. Il cittadino vota e non sa come verrà utilizzato il suo voto, si dovrebbe cioè fidare dei partiti in un momento in cui meno del 5% degli elettori ne ha fiducia.
Si finge quindi di ignorare un piccolo dettaglio: molti elettori scelgono un partito anche in base alle alleanze che questo farà. La conclusione è che il governo verrà scelto dalle segreterie romane dopo il voto e non dai cittadini.
Una riforma elettorale che pare fatta apposta per tirare la volata all’astensionismo e al movimento di Grillo.
Ci preme a questo punto sottolineare una questione assai importante: come, all’interno dei partiti e in particolare del partito democratico, saranno scelti i candidati da mettere nei listini corti bloccati e da far correre nei collegi uninominali. Ovviamente nessuna rassicurazione è venuta da parte del nostro segretario a proposito di una scelta attraverso le primarie.
Ci mancherebbe: a quel punto verrebbe meno il voto a scatola chiusa.
http://www.prossimaitalia.it/news/3469/ ... la-chiusa/
23 agosto 2012 in News da Antonio Ricci
Ci continuano a ripetere che il Porcellum va cambiato perchè il cittadino deve poter scegliere i suoi rappresentanti. Logica conseguenza: andrebbero cancellate le famigerate liste bloccate.
Bene, ricapitoliamo allora i capi saldi della legge elettorale su cui i partiti della strana maggioranza avrebbero trovato un accordo. Il sistema elettorale sarà di base proporzionale con uno sbarramento nazionale fissato al 5% e una clausola detta “salva Lega” che prevede uno sbarramento all’8 per cento in almeno tre circoscrizioni regionali.
Veniamo alla scelta dei parlamentari: il sistema di elezione avverrà con un mix di collegi uninominali e listini bloccati.
I rapporti tra i due canali di elezione non sono, però, ancora stati definiti con precisione. Comunque, poco meno della metà dei parlamentari sarà scelto come nel Porcellum: con liste bloccate, che adesso si chiameranno listini corti. Ovvero, i partiti potranno ancora nominare direttamente circa 200 deputati e 100 senatori.
L’altra metà dei parlamentari sarà scelto con collegi uninominali ma, attenzione, con un sistema di attribuzione dei seggi su base proporzionale. Si dice: c’è il collegio, la gente vota il candidato. Non è vero: i voti di ogni collegio verrano poi raggruppati per circoscrizione (quando grande, ancora non si sa) e i seggi assegnati proporzionalmente ai candidati che hanno preso la percentuale più alta nei singoli collegi. Insomma, non è affatto detto che chi prende più voti in un collegio venga eletto, né che chi ne prende meno sia escluso.
Per di più, questo sistema, già in uso per le elezioni provinciali (da cui il nomignolo di Provincellum), lascia ampi margini di accordi sottobanco ai leader dei partiti, soprattutto al Sud, dove ancora esistono i pacchetti di voti: mettimi un candidato scarso in quel collegio così eleggo il tizio che mi piace e io farò lo stesso con uno tuo.
Conclusione: i parlamentari saranno ancora scelti dai partiti e non dai cittadini.
Non è certo finita qui.
Il premio di maggioranza si trasforma nel premio al partito che prende più voti, e si dovrebbe aggirare tra il 15% e il 12%. Quindi si torna automaticamente a votare il partito a scatola chiusa e non la coalizione che vincendo governerebbe il nostro paese. Il cittadino vota e non sa come verrà utilizzato il suo voto, si dovrebbe cioè fidare dei partiti in un momento in cui meno del 5% degli elettori ne ha fiducia.
Si finge quindi di ignorare un piccolo dettaglio: molti elettori scelgono un partito anche in base alle alleanze che questo farà. La conclusione è che il governo verrà scelto dalle segreterie romane dopo il voto e non dai cittadini.
Una riforma elettorale che pare fatta apposta per tirare la volata all’astensionismo e al movimento di Grillo.
Ci preme a questo punto sottolineare una questione assai importante: come, all’interno dei partiti e in particolare del partito democratico, saranno scelti i candidati da mettere nei listini corti bloccati e da far correre nei collegi uninominali. Ovviamente nessuna rassicurazione è venuta da parte del nostro segretario a proposito di una scelta attraverso le primarie.
Ci mancherebbe: a quel punto verrebbe meno il voto a scatola chiusa.
http://www.prossimaitalia.it/news/3469/ ... la-chiusa/
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Re: La Porcata (Parte Seconda)
Nuova legge elettorale, l’ultimo bluff della casta
Ad oggi in commissione Affari Costituzionali giacciono ben 44 diverse proposte di modifica del mitico Porcellum. La volontà politica latita e da destra e da sinistra molti spingono per tornare alle urne con l'attuale sistema di voto
di Sonia Oranges
| 6 settembre 2012 Commenti (369)
Il feuillieton politico dell’estate è finito. Dopo mesi di discussioni e di chiacchiere, della nuova legge elettorale, quella che aveva chiesto il capo dello Stato Giorgio Napolitano a più riprese, seguito a ruota dal presidente del Senato Renato Schifani, e proprio ieri dal presidente del consiglio Mario Monti, non c’è traccia. Ci sono, in commissione Affari Costituzionali, ben 44 diverse proposte di modifica del mitico Porcellum, ma niente che possa somigliare minimamente ad una sintesi. Dunque, come se nulla fosse successo. Di nuovo al punto di partenza. Ieri, alla riapertura dei giochi politici, quando i rappresentanti dei partiti a Palazzo Madama si sono riuniti nel comitato ristretto per decidere del testo illustrato del Pdl Lucio Malan e dal Pd Enzo Bianco, la montagna non ha partorito neppure il topolino. La nuova legge elettorale non c’è e non ci sarà neppure tra un po’. La volontà politica latita e forse serpeggia tra i partiti anche una pazza idea: ma se si tornasse a votare con il Porcellum? Chissà.
Intanto, il quadro appare nebuloso. E neanche poco. I punti di divergenza sono sostanzialmente due: le preferenze richieste dal centrodestra contro i collegi uninominali voluti dal centrosinistra, e il premio di maggioranza che il Pdl vorrebbe dato al partito e il Pd alla coalizione vincente. Così, se da un lato Malan ha provato a spiegare che “non è opportuno incoraggiare coalizioni fittizie”, riferendosi in primo luogo alla supposta coalizione di centrosinistra spaccata sin dalla scelta se appoggiare o meno il governo tecnico, dall’altro lo stesso presidente della commissione Affari costituzionali Carlo Vizzini si domandava come, tecnicamente, il premio (che lui preferisce chiamare “di governabilità”) possa garantire stabilità se assegnato al primo partito scelto dagli italiani.
Si discute del sesso degli angeli, insomma, in assenza di uno straccio di accordo che segnali la reale volontà politica di arrivare a una nuova legge elettorale. Così si ripiega sulla classica melina. “Noi non sappiamo cosa vuole il Pdl”, contestava ieri la capogruppo democrat Anna Finocchiaro. “E’ evidente che in questa settimana c’è stato un dibattito molto acceso nel Pd, che è in difficoltà nel suo interno”, le rispondeva il vicepresidente pidiellino Gaetano Quagliariello. Ma entrambi sanno di non avere i numeri per scagliare la biblica prima pietra. Di certo non il Pdl che ieri è arrivato alla riunione assolutamente impreparato. E spaccato al suo interno sulla questione delle preferenze che nessuno vuole, tranne che la frangia più riottosa e antimontiana. “Il Pd sappia che in Parlamento c’è chi si batterà fino all’ultimo per introdurre nella nuova legge elettorale il sistema del voto di preferenza, che garantisce agli italiani la libertà di decidere direttamente da chi farsi rappresentare”, dichiaravano ieri in una nota Giorgia Meloni, Renato Brunetta, Guido Crosetto, Pino Galati, Viviana Beccalossi e Fabio Rampelli.
Un fronte che, come al solito, avrebbe dovuto essere ricondotto a più miti consigli dal Cavaliere, in una riunione convocata a Palazzo Grazioli e poi rimandata perché Berlusconi doveva essere interrogato dai magistrati palermitani. Così, ubi maior minor cessat, in assenza di indicazioni dall’alto i senatori pidiellini nel comitato ristretto non sapevano che pesci pigliare, facendo così il gioco del Pd che si guarda bene dal proporre una qualsiasi trattativa che possa sbloccare lo stallo. Nel partito, d’altra parte, c’è chi vorrebbe andare a votare il prima possibile per archiviare l’esperienza tecnica, come c’è invece chi vorrebbe lunga vita al governo Monti, o almeno alla sua agenda. E dunque la fine naturale della legislatura. Che, in fin dei conti, farebbe comodo anche a Berlusconi, la cui macchina elettorale fatica a ingranare ma che, al contempo, non scioglierà la prognosi della propria candidatura senza avere la certezza su quale sarà il sistema elettorale con cui si andrà a votare.
Tutti argomenti di un certo peso, che nulla però hanno a che fare con l’auspicata (da tutti, almeno a chiacchiere) stabilità del prossimo esecutivo, essendo più affini alla tutela del potere da parte di chi ne è ancora il titolare, commentava ieri con amarezza un senatore di lungo corso. E, alla fine, Vizzini ha battuto il pugno sul tavolo, trattando i senatori alla stregua di alunni indisciplinati: “Se nella prossima settimana non ci saranno novità, dopo aver informato il presidente Schifani, proporrò di tornare in commissione perché l’unica sede dove si può continuare questo dibattito è la sede plenaria dove si discute ma alla fine si vota anche”.
Facile a dirsi, ma più difficile a realizzarsi, visto che in commissione sono depositati 44 disegni di legge di riforma elettorale. Da quale si comincia? Si fa una riffa? Estrazione a sorte? L’idea di Vizzini è quella di ripartire dal testo di Malan e Bianco: “Certo, su alcuni punti c’è accordo e su altri no, e ci vorrebbe davvero un accordo politico”. Anche perché si rischia il bis delle riforme costituzionali: il pareggio nel voto, in cui nessuno vince. Ma su un punto Vizzini è fermo: “Qui serve un compromesso alto. Non vorrei che gli elettori pensassero che qui si cincischia perché in fondo il Porcellum sta bene a tutti. Anche perché io ho firmato il referendum per abolire questa legge elettorale, e sulla riforma ci sto mettendo la faccia”. Ma, si sa, l’elettore ha sempre ragione.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/09 ... ta/343795/
Ad oggi in commissione Affari Costituzionali giacciono ben 44 diverse proposte di modifica del mitico Porcellum. La volontà politica latita e da destra e da sinistra molti spingono per tornare alle urne con l'attuale sistema di voto
di Sonia Oranges
| 6 settembre 2012 Commenti (369)
Il feuillieton politico dell’estate è finito. Dopo mesi di discussioni e di chiacchiere, della nuova legge elettorale, quella che aveva chiesto il capo dello Stato Giorgio Napolitano a più riprese, seguito a ruota dal presidente del Senato Renato Schifani, e proprio ieri dal presidente del consiglio Mario Monti, non c’è traccia. Ci sono, in commissione Affari Costituzionali, ben 44 diverse proposte di modifica del mitico Porcellum, ma niente che possa somigliare minimamente ad una sintesi. Dunque, come se nulla fosse successo. Di nuovo al punto di partenza. Ieri, alla riapertura dei giochi politici, quando i rappresentanti dei partiti a Palazzo Madama si sono riuniti nel comitato ristretto per decidere del testo illustrato del Pdl Lucio Malan e dal Pd Enzo Bianco, la montagna non ha partorito neppure il topolino. La nuova legge elettorale non c’è e non ci sarà neppure tra un po’. La volontà politica latita e forse serpeggia tra i partiti anche una pazza idea: ma se si tornasse a votare con il Porcellum? Chissà.
Intanto, il quadro appare nebuloso. E neanche poco. I punti di divergenza sono sostanzialmente due: le preferenze richieste dal centrodestra contro i collegi uninominali voluti dal centrosinistra, e il premio di maggioranza che il Pdl vorrebbe dato al partito e il Pd alla coalizione vincente. Così, se da un lato Malan ha provato a spiegare che “non è opportuno incoraggiare coalizioni fittizie”, riferendosi in primo luogo alla supposta coalizione di centrosinistra spaccata sin dalla scelta se appoggiare o meno il governo tecnico, dall’altro lo stesso presidente della commissione Affari costituzionali Carlo Vizzini si domandava come, tecnicamente, il premio (che lui preferisce chiamare “di governabilità”) possa garantire stabilità se assegnato al primo partito scelto dagli italiani.
Si discute del sesso degli angeli, insomma, in assenza di uno straccio di accordo che segnali la reale volontà politica di arrivare a una nuova legge elettorale. Così si ripiega sulla classica melina. “Noi non sappiamo cosa vuole il Pdl”, contestava ieri la capogruppo democrat Anna Finocchiaro. “E’ evidente che in questa settimana c’è stato un dibattito molto acceso nel Pd, che è in difficoltà nel suo interno”, le rispondeva il vicepresidente pidiellino Gaetano Quagliariello. Ma entrambi sanno di non avere i numeri per scagliare la biblica prima pietra. Di certo non il Pdl che ieri è arrivato alla riunione assolutamente impreparato. E spaccato al suo interno sulla questione delle preferenze che nessuno vuole, tranne che la frangia più riottosa e antimontiana. “Il Pd sappia che in Parlamento c’è chi si batterà fino all’ultimo per introdurre nella nuova legge elettorale il sistema del voto di preferenza, che garantisce agli italiani la libertà di decidere direttamente da chi farsi rappresentare”, dichiaravano ieri in una nota Giorgia Meloni, Renato Brunetta, Guido Crosetto, Pino Galati, Viviana Beccalossi e Fabio Rampelli.
Un fronte che, come al solito, avrebbe dovuto essere ricondotto a più miti consigli dal Cavaliere, in una riunione convocata a Palazzo Grazioli e poi rimandata perché Berlusconi doveva essere interrogato dai magistrati palermitani. Così, ubi maior minor cessat, in assenza di indicazioni dall’alto i senatori pidiellini nel comitato ristretto non sapevano che pesci pigliare, facendo così il gioco del Pd che si guarda bene dal proporre una qualsiasi trattativa che possa sbloccare lo stallo. Nel partito, d’altra parte, c’è chi vorrebbe andare a votare il prima possibile per archiviare l’esperienza tecnica, come c’è invece chi vorrebbe lunga vita al governo Monti, o almeno alla sua agenda. E dunque la fine naturale della legislatura. Che, in fin dei conti, farebbe comodo anche a Berlusconi, la cui macchina elettorale fatica a ingranare ma che, al contempo, non scioglierà la prognosi della propria candidatura senza avere la certezza su quale sarà il sistema elettorale con cui si andrà a votare.
Tutti argomenti di un certo peso, che nulla però hanno a che fare con l’auspicata (da tutti, almeno a chiacchiere) stabilità del prossimo esecutivo, essendo più affini alla tutela del potere da parte di chi ne è ancora il titolare, commentava ieri con amarezza un senatore di lungo corso. E, alla fine, Vizzini ha battuto il pugno sul tavolo, trattando i senatori alla stregua di alunni indisciplinati: “Se nella prossima settimana non ci saranno novità, dopo aver informato il presidente Schifani, proporrò di tornare in commissione perché l’unica sede dove si può continuare questo dibattito è la sede plenaria dove si discute ma alla fine si vota anche”.
Facile a dirsi, ma più difficile a realizzarsi, visto che in commissione sono depositati 44 disegni di legge di riforma elettorale. Da quale si comincia? Si fa una riffa? Estrazione a sorte? L’idea di Vizzini è quella di ripartire dal testo di Malan e Bianco: “Certo, su alcuni punti c’è accordo e su altri no, e ci vorrebbe davvero un accordo politico”. Anche perché si rischia il bis delle riforme costituzionali: il pareggio nel voto, in cui nessuno vince. Ma su un punto Vizzini è fermo: “Qui serve un compromesso alto. Non vorrei che gli elettori pensassero che qui si cincischia perché in fondo il Porcellum sta bene a tutti. Anche perché io ho firmato il referendum per abolire questa legge elettorale, e sulla riforma ci sto mettendo la faccia”. Ma, si sa, l’elettore ha sempre ragione.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/09 ... ta/343795/
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Re: La Porcata (Parte Seconda)
Ma quel genio assoluto che il mondo c'invidia Enrico Letta nipote, non aveva detto 15 giorni fa che la legge elettorale era cosa fatta?
Come la mette adesso che Renzi è in vantaggio su Bersani?
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Re: La Porcata (Parte Seconda)
LA PREMIATA SALUMERIA ABC
Legge elettorale, i sondaggi spingono il Pd a tenere il Porcellum. Casini: “No a Sel”
Secondo la Ipsos di Pagnoncelli i democratici viaggiano solo al 25%, con il Pdl al 21,9%. Ai primi di ottobre in Senato le 44 proposte di modifica. Il leader Udc insiste sulle preferenze e Bersani (che non le vuole, per evitare che il suo partito esploda) replica: "Stia attento a quel che pensa, noi non scherziamo"
di Sara Nicoli |
12 settembre 2012
Commenti (327)
Solo il “Porcellum” li salverà. E’ vero, mancano ancora (minimo) sei mesi alle elezioni, ma la rissa sulla nuova legge elettorale è continua e i sondaggi decretano inesorabili che senza alleanze nessuno sarà in grado di avere una maggioranza per governare. Men che meno il Pd. La Ipsos di Pagnoncelli ha gettato nel panico i piani alti del Nazareno: i Democratici, reduci dal festone di Reggio Emilia, viaggiano solo al 25%, con il Pdl al 21,9%. Dunque, a poco più di tre punti di distanza dai berluscones lacerati e in disarmo e con un leader latitante ormai da più di 80 giorni (e nessuna voglia di tornare da Malindi). Per Bersani è un pessimo segnale in vista di primarie che spaccheranno inevitabilmente il partito, mentre si avvicina l’appuntamento con l’aula del Senato, che dai primi di ottobre si trasformerà in una sorta di arena dove tutti i partiti si scanneranno per trovare una sintesi sulla 44 proposte di cambiamento della legge elettorale. Senza che un barlume di accordo possa illuminare il cammino.
Pier Ferdinando Casini, intanto, manda messaggi di fuoco a Bersani. Il Pd “non può chiederci nulla”, ha ammonito il leader Udc. “Vogliamo raggiungere una intesa, una soluzione concordata e venire incontro al Pd. Fra il nodo del premio di governabilità alla coalizione invece che al partito e il nodo preferenze, è chiaro che per me sono fondamentali le preferenze”. Proprio quello che Bersani non vuole, per evitare una conta dentro il Pd che potrebbe ribaltare gli equilibri molto facilmente. E’ opinione dei maggiorenti del partito che con le preferenze l’attuale classe dirigente piddina verrebbe azzerata. E da un elettorato chiamato ad esprimersi su urne ben più pesanti di quelle delle primarie.
Ma le parole di Casini sono state anche più dure, se possibile, sul fronte delle alleanze, con l’invito a non farne con Sel di Nichi Vendola “se vuole candidarsi al governo del Paese”: “Chi vuole governare questo Paese credibilmente non può avere niente a che fare con i contenuti e i protagonisti che ieri hanno depositato i referendum in Cassazione. Chi, dopo il governo Monti, in coerenza con l’Europa, vuole assumersi la responsabilità di guidare gli italiani – ha aggiunto – non può più avere niente a che fare con chi ha portato quei quesiti referendari in Cassazione il cui contenuto è antitetico al lavoro fatto fin qui” con il governo Monti. Parole, quelle su legge elettorale ed alleanze, che non sono piaciute a Bersani: “Sulla riforma della legge elettorale i centristi devono stare attenti a quello che pensano perchè il Paese va governato; noi non scherziamo”.
Il leader Pd, dunque, è chiamato a una scelta di campo alla vigilia delle primarie, mentre non solo il suo partito viaggia su un misero 25%, ma il M5S – sempre sondaggio Ipsos – arriva al 17,9%, l’Idv al 7,5%, l’Udc al 6% e Sel 5,9%. Scomparsa, tra i partiti che hanno un peso, la Lega, data sotto lo sbarramento del 4%. Sulla base di questo schema, a Bersani converrebbe allearsi con Casini e andare a votare con l’attuale legge elettorale per garantirsi anche il cospicuo premio di maggioranza che consentirebbe di governare agevolmente senza fare i conti né con Di Pietro, né con Vendola. Ma le primarie sono alle porte. E quello che sarà dopo il Pd è ancora tutto da scoprire. Quello che si profila all’orizzonte della legge elettorale, comunque, sembra delinearsi abbastanza chiaramente: un piccolo “ritocco” al Porcellum per inserire le preferenze (che piacciono al centrodestra), lasciando invariato il premio di maggioranza (che piace al Pd). In questo modo si riuscirebbe anche ad arginare un minimo il partito di Grillo che, comunque, resterebbe la terza forza politica in Parlamento (se i numeri resteranno quelli di oggi). Un quadro, tuttavia, in continua evoluzione, anche perché mancano ancora alcuni attori in campo, a partire da Montezemolo che – giura Irene Tinagli, economista vicina al presidente della Ferrari – a novembre scenderà in campo con il suo soggetto politico, destinato (nelle intenzioni) a rubare voti al centro e a destra. Ma ancora più se scenderà in campo Montezemolo, l’opzione “salviamoci con il Porcellum” diventerà lo slogan dei partiti più grandi per tutelare, ancora per una legislatura, le loro rendite di posizione.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/09 ... el/350232/
Legge elettorale, i sondaggi spingono il Pd a tenere il Porcellum. Casini: “No a Sel”
Secondo la Ipsos di Pagnoncelli i democratici viaggiano solo al 25%, con il Pdl al 21,9%. Ai primi di ottobre in Senato le 44 proposte di modifica. Il leader Udc insiste sulle preferenze e Bersani (che non le vuole, per evitare che il suo partito esploda) replica: "Stia attento a quel che pensa, noi non scherziamo"
di Sara Nicoli |
12 settembre 2012
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Solo il “Porcellum” li salverà. E’ vero, mancano ancora (minimo) sei mesi alle elezioni, ma la rissa sulla nuova legge elettorale è continua e i sondaggi decretano inesorabili che senza alleanze nessuno sarà in grado di avere una maggioranza per governare. Men che meno il Pd. La Ipsos di Pagnoncelli ha gettato nel panico i piani alti del Nazareno: i Democratici, reduci dal festone di Reggio Emilia, viaggiano solo al 25%, con il Pdl al 21,9%. Dunque, a poco più di tre punti di distanza dai berluscones lacerati e in disarmo e con un leader latitante ormai da più di 80 giorni (e nessuna voglia di tornare da Malindi). Per Bersani è un pessimo segnale in vista di primarie che spaccheranno inevitabilmente il partito, mentre si avvicina l’appuntamento con l’aula del Senato, che dai primi di ottobre si trasformerà in una sorta di arena dove tutti i partiti si scanneranno per trovare una sintesi sulla 44 proposte di cambiamento della legge elettorale. Senza che un barlume di accordo possa illuminare il cammino.
Pier Ferdinando Casini, intanto, manda messaggi di fuoco a Bersani. Il Pd “non può chiederci nulla”, ha ammonito il leader Udc. “Vogliamo raggiungere una intesa, una soluzione concordata e venire incontro al Pd. Fra il nodo del premio di governabilità alla coalizione invece che al partito e il nodo preferenze, è chiaro che per me sono fondamentali le preferenze”. Proprio quello che Bersani non vuole, per evitare una conta dentro il Pd che potrebbe ribaltare gli equilibri molto facilmente. E’ opinione dei maggiorenti del partito che con le preferenze l’attuale classe dirigente piddina verrebbe azzerata. E da un elettorato chiamato ad esprimersi su urne ben più pesanti di quelle delle primarie.
Ma le parole di Casini sono state anche più dure, se possibile, sul fronte delle alleanze, con l’invito a non farne con Sel di Nichi Vendola “se vuole candidarsi al governo del Paese”: “Chi vuole governare questo Paese credibilmente non può avere niente a che fare con i contenuti e i protagonisti che ieri hanno depositato i referendum in Cassazione. Chi, dopo il governo Monti, in coerenza con l’Europa, vuole assumersi la responsabilità di guidare gli italiani – ha aggiunto – non può più avere niente a che fare con chi ha portato quei quesiti referendari in Cassazione il cui contenuto è antitetico al lavoro fatto fin qui” con il governo Monti. Parole, quelle su legge elettorale ed alleanze, che non sono piaciute a Bersani: “Sulla riforma della legge elettorale i centristi devono stare attenti a quello che pensano perchè il Paese va governato; noi non scherziamo”.
Il leader Pd, dunque, è chiamato a una scelta di campo alla vigilia delle primarie, mentre non solo il suo partito viaggia su un misero 25%, ma il M5S – sempre sondaggio Ipsos – arriva al 17,9%, l’Idv al 7,5%, l’Udc al 6% e Sel 5,9%. Scomparsa, tra i partiti che hanno un peso, la Lega, data sotto lo sbarramento del 4%. Sulla base di questo schema, a Bersani converrebbe allearsi con Casini e andare a votare con l’attuale legge elettorale per garantirsi anche il cospicuo premio di maggioranza che consentirebbe di governare agevolmente senza fare i conti né con Di Pietro, né con Vendola. Ma le primarie sono alle porte. E quello che sarà dopo il Pd è ancora tutto da scoprire. Quello che si profila all’orizzonte della legge elettorale, comunque, sembra delinearsi abbastanza chiaramente: un piccolo “ritocco” al Porcellum per inserire le preferenze (che piacciono al centrodestra), lasciando invariato il premio di maggioranza (che piace al Pd). In questo modo si riuscirebbe anche ad arginare un minimo il partito di Grillo che, comunque, resterebbe la terza forza politica in Parlamento (se i numeri resteranno quelli di oggi). Un quadro, tuttavia, in continua evoluzione, anche perché mancano ancora alcuni attori in campo, a partire da Montezemolo che – giura Irene Tinagli, economista vicina al presidente della Ferrari – a novembre scenderà in campo con il suo soggetto politico, destinato (nelle intenzioni) a rubare voti al centro e a destra. Ma ancora più se scenderà in campo Montezemolo, l’opzione “salviamoci con il Porcellum” diventerà lo slogan dei partiti più grandi per tutelare, ancora per una legislatura, le loro rendite di posizione.
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