Re: Il partito di Barca
Inviato: 12/04/2013, 20:11
mariok ha scritto:Dopo aver dato una scorsa ai sette capitoli in cui si parla del partito nuovo e del suo rapporto con il "buon governo" (lettura impegnativa che mi riservo di approfondire), sono saltato all'Addendum, in cui sono elencati i "convincimenti comuni a un partito di sinistra".
Penso infatti che per costruire una casa, si debba partire dalle fondamenta e quindi i "convincimenti comuni" alla base di un partito di sinistra sono il necessario punto di partenza.
Pur tenendo conto dell'avvertenza che non si tratta di "un insieme anche solo incompiuto e preliminare di principi", ci sono alcune forti perplessità in particolare su un paio di punti fondamentali.
Il primo punto è quello riguardante il mercato e le condizioni dello sviluppo, là dove si afferma:
"Mercato aperto, libera iniziativa privata e concorrenza costituiscono condizione per lo sviluppo. Lo Stato deve impegnarsi a produrre i beni pubblici che sono necessari al funzionamento del mercato (prima di tutto la salvaguardia della proprietà, una giustizia efficiente e la tutela della concorrenza, tanto più forte quanto maggiori sono gli ostacoli all’entrata) e tutti quei beni per i quali il controllo privato delle risorse è insufficiente o relativamente inefficiente. Appropriate politiche devono promuovere la piena occupazione del lavoro e il contrasto da fluttuazioni economiche"
Non mi piace dare patenti di "liberismo" a nessuno, tanto meno a Barca, ma mi sembra obbiettivamente una visione riduttiva dei compiti dello Stato, che non tiene conto della crisi che ha investito in questi anni il sistema capitalistico e la sua finanziarizzazione.
Così come mi sembra insufficiente ritenere che basti la tutela normativa di "liberi sindacati (Cost. art. 39) e altre forme organizzative, come la partecipazione dei lavoratori alla gestione delle aziende per "promuovere le condizioni che rendano effettivo il diritto al lavoro (Cost. art.4) con particolare attenzione alle donne".
Altro punto che mi pare non condivisibile è quello relativo all'Europa. Appare insufficiente e semplicistico liquidare la profonda crisi del progetto europeo, che richiede una forte iniziativa politica per la conquista di istituzioni democratiche rappresentative da porre alla testa dell'Unione, unica via per sconfiggere lo strapotere delle banche, in una sorta di presa di distanza espresso dal punto 3:
"Le “limitazioni di sovranità” (Cost. art. 11) connesse al progresso del progetto di Unione Europea, necessario per la pace e la giustizia del continente, devono accrescersi a misura della crescita dei diritti e dei doveri che l’Unione Europea garantisce ai cittadini italiani e di ogni Stato membro in quanto cittadini europei"
Sono ovviamente impressioni "a caldo" conseguenti ad una lettura necessariamente frettolosa.
Mi sembra che sia gia' consolidato che il controllo dei privati sulle risorse non e' piu' sufficiente. Lo Stato deve essere parte integrante di questo processo vitale per un paese democratico...e tutti quei beni per i quali il controllo privato delle risorse è insufficiente o relativamente inefficiente.
Questo lo dicevano gia molti decenni fa noi che veniamo da lontano....come la partecipazione dei lavoratori alla gestione delle aziende per "promuovere le condizioni che rendano effettivo il diritto al lavoro (Cost. art.4) con particolare attenzione alle donne
E' forse sbagliato voler far parte della gestione delle aziende? Mai come ora gli operai dimostrano di partecipare alla crisi assieme ai loro datori di lavoro e questi ultimi penso se ne siano accorti questa volta.
Sono cambiati gli operari o i datori di lavoro?
Questa e' una delle tante domande che dobbiamo ora porci con piu' serieta' rispetto al passato.
Io penso che ci siano state delle incomprensioni da ambo le parti, (cmq non tutte le realta sono uguali)comprensioni che ora debbono trovare un punto di aggregazione(sopratutto nelle piccole e media aziende), poiche' e' venuto il momento(probabilmente la situazione attuale lo ha messo piu' in evidenza) in cui i problemi di questa crisi hanno investito sia il datore di lavoro che lo stesso operaio.
La crisi li ha uniti e per entrambi ci saranno da fare ulteriori riflessioni sul come condurre le aziende. Non dovra' piu' essere come prima e questo se lo debbono mettere in mente entrambi.
Questo non vuol dire mettere allo stesso livello datore di lavoro e dipendente ma farli partecipare allo scelte dell'azienda. Il come lo dobbiamo decidere passo dopo passo.
Che male sarebbe se chi lavora fosse anche partecipe alla conduzione di tali strutture industriali e fosse preso con piu' considerazione quando propone delle innovazioni sul suo posto di lavoro. Olivetti docet?
Per gli altri punti, mi riservo di rileggere con piu' attenzione i quesiti posti da Barca e poi daro' il mio parere anche su questi.
un salutone da Juan