La fine dei partiti - 1
Il ciclo della seconda Repubblica si sta chiudendo. Lentamente ma si sta chiudendo. Dal punto di vista storico possiamo già dire senza ombra di dubbio che è stato il ventennio di Silvio Berlusconi e del berlusconismo. Cosa spinge ancora oggi l’ex cavaliere a battersi inutilmente a quasi 78 anni, lo sa solo lui.
Le sue aziende i 7.140 miliardi di vecchie lire di debiti del ’92 non li hanno più. Una serie di leggi ad personam gli ha evitato guai seri con la magistratura. Con l’unica condanna assegnata in vent’anni gli fanno scontare una pena risibile. Ha si altri processi in corso, ma sembra che il sistema politico giudiziario si accontenti dalla sua fuoriuscita dalla politica.
Susanna Turco ha scritto per L’Espresso lo svuotamento progressivo di FI.
FORZA ITALIA
Silvio Berlusconi, di "Fedele" gli è rimasto solo Confalonieri
Con i vecchi amici falcidiati da condanne e inchieste è tutto un "mi dispiace per Marcello", "mi dispiace per Claudio". L'ex Cavaliere tra valzer degli addii e nuovo cerchio magico. Che non si sa quanto durerà
DI SASANNA TURCO
16 maggio 2014
In pratica, a farlabreve, c’è ormai soloConfalonieri. Fedele, appunto. Del famoso gruppo di jogging e pantaloncini bianchi,delle crociere sul Barbarossa e dellefoto ai battesimi, degli amici del tempo dell’età dell’oro come pure dei sodali dell’età dell’argento, del bronzo e del ferro, per il resto, vicino al Cavaliere non c’è rimasto sostanzialmente nessuno. Stupisce un po’ farci i conti adesso, mentre Berlusconi è alle prese con la campagna elettorale e l’ennesima (la più difficile) scommessa di resurrezione, nell’era di Cesano Boscone, a suon di Francesca Pascale, Maria Rosaria Rossi, Giovanni Toti e basso continuo dell’abbaiar di Dudù
Fuori dalla nuova linfa del cerchio magico, pare di stare a un funerale. E’ tutto un, più o meno accorato, “mi dispiace per Claudio”, “mi dispiace per Marcello”, “mi dispiace per Sandro”. Una sorta di valzer degli addii: per tradimento, per sopravvenute inchieste o condanne, per non ricandidature, nuovi rancori, semplice consunzione
L’impero in decadenza, poi, fa il resto. Chi maligna nei corridoi dei Palazzi, sostiene del resto di aver individuato già il prossimo papabile, addirittura nel volto di Denis Verdini, e chissà se poi è solo il gusto del paradosso che da voce alle chiacchiere. Comunque, l’ultimo di cui rimbalza la notizia – riportata dalla Stampa – è Cesare Previti: un processo lungo di allontanamento, in verità. Divenuto palpabile, sei mesi fa, con il passaggio – quasi invisibile ma di peso – dell’avvocato e parlamentare Gianfranco Sammarco, cognato di Previti, al gruppo di Alfano. Ma cominciato nel 2007, all’epoca delle condanne definitive per Imi-Sir e Lodo Mondadori, quando l’avvocato ed ex ministro della Difesa, percorrendo con sette anni d’anticipo una sorte analoga a quella di Berlusconi, prima lasciò il Parlamento – dimettendosi subito prima che la Camera votasse la sua decadenza – poi scontò la pena tra domiciliari e servizi sociali. Un precursore, s’è scoperto adesso, che pure nell’ombra in qualche modo vicino al Cavaliere era rimasto. Come un’abitudine, una voce al telefono, una cerchia di poteri e relazioni che non si rompe mai. “La politica? E’come un vecchio amore”, diceva del resto Previti in un’intervista di qualche tempo fa. Il suo nome, infatti, anche adesso torna, citato, nelle intercettazioni relative all’inchiesta sull’Expo. Sempre in quelle intercettazioni compare Gianni Letta: anche lui, di fatto sparito dalle cronache di Palazzo Grazioli. Quando serve sta dalla parte del Cavaliere, ci mancherebbe: come quando si è trattato di accompagnarlo al Nazareno, o a Palazzo Chigi a incontrare Renzi. Altrimenti, però, è come pulviscolare. Dopo essere sgusciato indenne nella fase difficilissima in cui gli toccava triangolare tra Berlusconi, Alfano e il nipote premier, Letta zio è tornato alla sua vocazione originaria, quella di gran cerimoniere della Repubblica, tra giurie, commemorazioni e impalpabile ubiquità.
Degli altri, la cronaca è nota. Il braccio destro del tempo che fu Marcello Dell’Utri in Libano dopo la mancata ricandidatura decisa un anno e mezzo fa con relativa e spettacolare polemica con Angelino Alfano (si diedero reciprocamente del “povero disgraziato”), Claudio Scajola falciato dall’inchiesta sull’Expo subito dopo la mancata candidatura alle europee. Paolo Bonaiuti, storico portavoce, traslocato armi bagagli e coda polemica nell’Ncd, non senza l’abbraccio finale e la richiesta (del Cav) di ripensarci. Marinella, la segretaria di una vita, fuori anche lei. Sandro Bondi, ritiratosi a vita privata in stile intellettuale corrucciato ma non senza lividi. Pure il fedele maggiordomo Alfredo, del resto, pare abbia aperto un ristorante.
Insomma non c’è più nessuno ma quello che stupisce, alla fine, è il guizzo spietato dell’ex Cavaliere. Perché in effetti in vent’anni di Forza Italia, dai tempi di Gianni Pilo, Vittorio Dotti, Giuliano Urbani, Carlo Scognamiglio, Alfredo Biondi giusto per dirne qualcuno, la lista dei divorzi e degli addii è lunga quanto quella di chi è andato a comporre le prime file del partito. In un modo o nell’altro, si sono persi per strada tutti. Lui no, e li ha lasciati andare: in nome alla fine di un rinnovamento continuo e necessario, persino pre-politico, si direbbe alla Dorian Gray. Che poi, negli ultimi mesi, sia dipeso dalle trame e dai voleri del famoso cerchio magico, è circostanza in fondo occasionale. Gli si dia il tempo necessario e sufficiente, e l’ex Cavaliere potrebbe finire per far fuori anche quello.
© Riproduzione riservata16 maggio 2014
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