La crisi dell'Europa

E' il luogo della libera circolazione delle idee "a ruota libera"
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camillobenso
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Re: La crisi dell'Europa

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SE TANTO MI DA' TANTO



Primo Rajoy, poi socialisti e Podemos
Il Pp del premier Rajoy si aggiudica il 28.71% dei voti e 122 seggi. È la fine del governo monocolore: seguono i socialisti con 91 e Podemos con 69. Ciudadanos ha 40 deputati
di Marta Serafini e Redazione Online

http://www.corriere.it/esteri/15_dicemb ... 6df5.shtml
camillobenso
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Re: La crisi dell'Europa

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SE TANTO MI DA' TANTO



Nel post franchismo è la prima volta che in Espana si verifica una situazione come questa.

Il PPI è costretto ad una coalizione forzata con i socialisti.

Altre soluzioni(numeriche) al momento non sono possibili.

Ma gli spagnoli che hanno votato convinti le 4 formazioni sono preparati alla novità di una coalizione?

Io penso di no.

Sarà già difficile nelle trattative per formare un nuovo governo. Figuriamoci poi quanto si entra nel merito di governare prendendo le singole decisioni.

Quelli del PPI non gradiranno i compromessi imposti dai socialisti. Altrettanto a parti invertite.

Di conseguenza subiranno un ulteriore logoramento e conseguente perdita di voti a favore di Podemos e Ciuadadanos.

Quanto tempo ci vorrà che possano formare coalizioni tra simili???

Nel frattempo, come si sta verificando in tutta Europa, inizia anche in Spagna il processo di allontanamento dalla democrazia.
camillobenso
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Re: La crisi dell'Europa

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SE TANTO MI DA' TANTO


Spagna, vince Rajoy ma non ha la maggioranza
Bienvenidos a Italia: Paese scopre ingovernabilità


Dopo 40 anni fine del bipartitismo. Crollo di popolari e socialisti. Podemos è 3°. Iglesias: ‘Cambia tutto’
Il premier: ‘Cercherò di formare governo’. Ma serve un miracolo. Re Felipe nel ruolo inedito di mediatore
Mondo

A Madrid è stata la notte delle elezioni (cronaca e risultati) è stata la notte delle calcolatrici: 163 seggi se popolari e Ciudadanos vanno a nozze, 159 se Podemos strizza l’occhio al Psoe. La somma è comunque sotto i 176 seggi necessari per la maggioranza. Per la prima volta dunque risuona la parola “ingovernabilità” e per la prima volta gli spagnoli sono andati a dormire senza capire se un premier ci sarà o si dovrà tornare alle urne. La partita è in mano al re Felipe VI. Così El Paìs titola: “Bienvenidos a Italia” di S. Ragusa
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/12 ... a/2321656/
camillobenso
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Re: La crisi dell'Europa

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Spagna, Podemos invoca “compromesso storico”
“Intesa se Psoe accetta referendum Catalogna”


Via alle trattative per la formazione del governo. Iglesias prende l’iniziativa: “Ora processo di transizione” Socialisti: “No a investitura di Rajoy”. Ma non sciolgono le riserve su una possibile coalizione alternativa
Mondo

All’indomani delle politiche vinte dal Partito Popolare, primo con il 28% ma non in grado di guidare da solo il Paese, prendono il via le trattative per la formazione della maggioranza. Il Partito Socialista di Pedro Sanchez annuncia di volersi opporre all’investitura a capo del governo del premier uscente Mariano Rajoy. Da parte sua, Podemos apre al “compromesso storico” e prende l’iniziativa di formare una coalizione di sinistra con il Psoe: “Sì all’intesa con i socialisti se accettano il referendum in Catalogna”, la proposta di Pablo Iglesias

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Elezioni Spagna, via a trattative. Podemos: “Serve compromesso storico. Intesa con Psoe se accetta referendum in Catalogna”
Mondo

All'indomani delle elezioni politiche vinte dal Partito Popolare, primo con il 28% ma non in grado di guidare da solo il Paese, si lavora alla formazione della maggioranza. Di fronte ai partiti si staglia un panorama che, tramontato il tradizionale bipartitismo, gli analisti assimilano a quello italiano. I socialisti dicono no al PP, ma non sciolgono le riserve sulla creazione di una coalizione alternativa. Intanto Iglesias prende l'iniziativa: "Serve un processo di transizione"
di F. Q. | 21 dicembre 2015
Commenti (201)



Il Partito Socialista annuncia di volersi opporre all’investitura a capo del governo di Mariano Rajoy. Da parte sua, Podemos apre al “compromesso storico” e prende l’iniziativa di formare una coalizione di sinistra: “Sì all’intesa con i socialisti se accettano il referendum in Catalogna“. All’indomani delle elezioni politiche vinte dal Partito Popolare, primo con il 28% ma non in grado di guidare da solo il Paese, prendono il via le trattative per la formazione della maggioranza. Di fronte ai partiti si staglia un panorama politico che, tramontato il tradizionale bipartitismo iberico, gli analisti assimilano a quello italiano.

Accettare la richiesta di un referendum sull’indipendenza della Catalogna o per il Psoe sarà impossibile ricevere un ipotetico appoggio di Podemos per l’investitura del leader Pedro Sanchez a premier. Pablo Iglesias prende l’iniziativa e inizia a pressare i socialisti. Parlando dal suo quartier generale nel Teatro Goya di Madrid, il leader dei viola ha invitato a un “processo di transizione che porti a un compromesso storico“. Conditio sine qua non, la consultazione popolare sull’indipendenza della Catalogna. “Non c’è dubbio che il referendum sia indispensabile per costruire un nuovo progetto storico e un nuovo progetto comune”.


Iglesias, scrive El Mundo, ha intenzione di avviare una serie di colloqui con tutte le forze politiche del Congresso perché sia attuata una riforma della Costituzione in 5 punti: legge elettorale proporzionale, ‘blindarè i diritti sociali, l’indipendenza della giustizia, la fine delle ‘porte girevoli’ fra politica e grandi imprese.

Per sottolineare il potere contrattuale del partito il leader dei post-indignados, che hanno fatto irruzione in parlamento ieri con 69 seggi su 350 diventando la terza forza politica del paese dopo Pp e Psoe, ha messo l’accento sul calo dei socialisti: il Psoe, ha detto Iglesias, ha perso sei milioni di voti rispetto al suo migliore risultato, nel 2008 con José Luis Zapatero, e che il Pp ha registrato il peggiore risultato dal 1989. Iglesias ha anche affermato che Podemos è pronto ad affrontare elezioni anticipate se la situazione politica rimarrà bloccata. “Se si torna a votare, ha affermato, possiamo essere molto ottimisti“.

Negli stessi minuti, i socialisti chiudevano la porta al partito Popolare. L’annuncio è arrivato dal segretario all’organizzazione, Cesar Luena: il Psoe secondo alle politiche, non appoggerà l’investitura a capo del governo del premier uscente Rajoy. Il leader socialista, Pedro Sanchez, ha annunciato di volersi ricandidare come segretario generale nel Congresso che si terrà tra febbraio e marzo 2016. La comunicazione è arrivata durante la riunione esecutiva del partito, convocata per analizzare il risultato del voto. A tal proposito, Sanchez ha convocato per sabato prossimo il Comitato federale, l’organo di partito in grado di decidere la politica di eventuali alleanze in vista della formazione del governo. Al momento, i socialisti non hanno ancora sciolto le riserve sulla creazione di una coalizione alternativa al partito popolare.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/12 ... y/2322835/
camillobenso
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Re: La crisi dell'Europa

Messaggio da camillobenso »

PODEMOS O CE RISEMOS????


Potete ingannare tutti per qualche tempo e qualcuno per sempre, ma non potete ingannare tutti per sempre

Abraham Lincoln



Spagna, “Podemos? Impossibile non tradire le origini”. Gli anti-casta alla prova delle istituzioni
Mondo

Andrés Villena Oliver, sociologo e tra i rappresentanti di riferimento del movimento "15 de mayo" (da cui è nato il partito di Pablo Iglesias), difende le scelte di "mediazione" e parla di "successo elettorale" dopo il voto del 20 dicembre: "Sì ai compromessi ma a rigide condizioni. Quella del leader è una strategia per entrare nel sistema. La nostra è un'esperienza unica. In Italia? Il M5s non ha saputo dare un'alternativa politica"
di Martina Castigliani | 22 dicembre 2015
Commenti (528)


“Se Podemos vuole davvero cambiare le cose, è impossibile che non tradisca i principi originari degli Indignados.



I compromessi di Pablo Iglesias?

Strategia per entrare nelle istituzioni”. Il sociologo Andrés Villena Oliver è stato uno dei leader del “15 de Mayo” (15-M), il movimento di “indignati” che nel 2011 ha riempito le piazze della Spagna per chiedere più partecipazione e che ha poi ispirato la nascita del partito guidato da Iglesias. Era nelle strade con i primi attivisti di quel fenomeno che nel voto di domenica 20 dicembre ha spezzato l’asse del bipartitismo tradizionale. Oggi Villena insegna all’università di Siviglia e, pur restando voce critica da dentro, difende la dirigenza di Podemos: “Le mediazioni ci saranno, ma solo a rigide condizioni”. Parlare della necessità di un “compromesso storico”, andare in televisione e pulire il linguaggio dai riferimenti di sinistra per conquistare l’elettorato di centro, secondo il sociologo, non è da “traditori”: “I principi originari da soli non bastano e se si rispettano al 100 per cento non si riesce a fare niente di concreto. L’unico modo per evitare il tradimento è quello di avere un ‘Podemos’ forte in parlamento e contemporaneamente la rinascita del movimento nelle piazze. La democrazia non si fa solo in Aula”. Villena nel 2011 è stato invitato all’Unesco a Parigi a parlare, da dentro le istituzioni, di una realtà politica che rispetta le regole ma che chiede la rivoluzione. Oggi che ha visto le varie evoluzioni del fenomeno, parla comunque di successo: “E’ vero, i cittadini scegliendo Rajoy hanno votato ancora per la stabilità, ma in ogni caso non avremmo mai pensato di poter aspirare a superare la soglia dei 40 deputati. E’ l’inizio di un processo”. Che, appunto, se non si fosse “sporcato” sarebbe rimasto legato all’utopia. Secondo Villena quello che è successo in Spagna è qualcosa di unico e difficile da comparare ad altre esperienze europee: “E’ più pragmatico rispetto alla Grecia dove abbiamo visto le difficoltà dopo le buone intenzioni. E sicuramente è diverso dall’Italia. Il Movimento 5 Stelle non ha offerto un’alternativa politica”.leaderidignados_interna


Podemos può festeggiare dopo i risultati elettorali?

E’ la terza forza in Parlamento: possiamo dire che è stata la sorpresa delle elezioni in Spagna. 69 deputati è un risultato inaspettato. La miglior performance di un partito di estrema sinistra, quello comunista, è stata nel 1993. Ma non ebbe il tempo e la forza di essere una minaccia per il sistema tradizionale. Quest’anno alcune previsioni parlavano di circa 40 deputati per Podemos. Io credo che alla fine molti di quelli che sostenevano il voto anti-austerity abbiano optato per il voto utile per i socialisti ed è finita comunque con una differenza del 2 per cento tra i due partiti. Una sorpresa.

Ma non è riuscito a scalzare i socialisti.

Nella politica spagnola i partiti tradizionali nati nell’epoca post dittatura dominano la scena e da quando sono al potere hanno promosso politiche per la ripresa economica. Hanno una grande base di consenso ed è difficile che perdano voti: i loro elettori sono fortemente fidelizzati e anche questa volta hanno dato priorità alla stabilità. Il fatto che ci sia una nuova forze elettorale che in meno di 45 anni ha scelto una terza opzione è un fenomeno rilevante. E’ il segno che i giovani cercano nuovi attori politici per cambiare il sistema.

Lei era tra i leader degli Indignados, che fine ha fatto quell’esperienza politica? C’entra ancora con Podemos?
A ottobre 2011 sono stato invitato dall’Unesco a Parigi per parlare della mia esperienza nel movimento “15 de mayo”: venivo da tre mesi di attivismo nelle piazze della Spagna. In quel periodo in tanti ci dicevano “basta protestare per tutto, fate un partito”. Lì ho cercato di parlare delle mie idee rispettando la tradizione delle istituzioni per cambiare le cose dall’interno. Podemos cerca di fare lo stesso: non è 100 per cento il partito degli Indignados ed è legato a una élite di professori che ne forma la dirigenza, ma è l’inizio di un processo a suo modo rivoluzionario. Se non lo accettiamo restiamo vincolati alle utopie.


Iglesias ha detto che serve un “compromesso storico”. E’ una proposta da Indignados?
Pablo Iglesias non ha sottomesso lo spirito degli Indignados, ma ha capito che in un qualche modo doveva partecipare al sistema tradizionale. Ora sta guidando il gruppo verso la nascita di un tradizionale partito socialdemocratico, non liberale come quello di Blair. Sarà un partito critico, ma capace di partecipare in toto al gioco politico. All’inizio c’è stata delusione perché il movimento è stato assorbito da questa formazione. Poi però nella pratica siamo stati smentiti: a Madrid c’è una coalizione di governo tra Podemos e diversi movimenti che sta riducendo il debito senza toccare le spese del welfare. E’ un buon esperimento a cui guardare. Quando entri nell’agone elettorale, devi cercare di attirare i voti del centro: così le idee degli inizi sono state sapientemente “moderate” in modo da sembrare più responsabili. E’ un tentativo di diventare qualcosa di molto simile rispetto a quello che si sta combattendo.

E questo non si chiama “tradimento”?
E’ impossibile non tradire le origini. Se si vogliono davvero cambiare le cose, bisogna confrontarsi con le istituzioni, rendersi conto che ad esempio si dovrà andare in tv o rispettare i vincoli europei.


I principi originari da soli non bastano e se si rispettano al 100 per cento non si riesce a fare niente di concreto. L’unico modo per evitare il tradimento dei principi degli Indignados è quello di avere un Podemos forte in parlamento e la rinascita del movimento nelle piazze. Significa creare una rete nella società civile, dalle associazioni ai sindacati. Se lasci tutto al partito, allora ti tradirà. Ma la popolazione di sinistra in Spagna deve capire che la democrazia non è solo in Parlamento: è sul lavoro, nel proprio quartiere, in chiesa. E non puoi aspettarti che i dirigenti facciano tutto.

Come si può mediare senza “snaturarsi”?

Accettando i compromessi solo al prezzo di alcune condizioni. Podemos ha moderato il discorso per entrare nelle istituzioni, ma ora apparirà molto rigido. Ad esempio ai socialisti ha già detto che prima di qualsiasi alleanza dovranno accettare che si faccia il referendum per l’indipendenza della Catalogna, una delle promesse elettorali.

Perché è stato ritenuto necessario cambiare il discorso politico?

Podemos ha dovuto far fronte a molti attacchi. Iglesias è furbo ed è un buon stratega: ha deciso di cambiare il discorso per poter entrare nel sistema. Io sono sempre stato molto critico, ma credo che sia l’unico modo per partecipare. Non so cosa farebbe se fosse al potere. Lo abbiamo visto in Grecia: c’erano le migliori intenzioni, ma non si sono realizzate. La buona notizia per gli elettori critici è che un nuovo sistema di check and balance entrerà in Parlamento e che i conservatori dovranno far fronte a rigidi criteri di trasparenza.

Molti accusano il partito di essere già diventato moderato.

Iglesias e i suoi hanno guadagnato molto consenso grazie alle ultime apparizioni in televisione, ma per farlo hanno dovuto comportarsi come attori. Non sarei preoccupato dell’immagine “moderata”: faceva parte del gioco per la campagna elettorale. Alla fine ci sarà un mix tra lo spirito tradizionale e le idee degli Indignados. Il risultato è una combinazione tra nuova e vecchia politica. Io non direi che è stato tradito lo spirito degli inizi: è impossibile entrare nel sistema e comportarsi come un movimento.

Podemos è ancora di sinistra?
I dirigenti hanno fatto un grosso sforzo per non presentarsi come tali, anche se tutti vengono da una militanza nel partito comunista tradizionale. Hanno visto che quell’esperienza non ha funzionato e quindi hanno cambiato il linguaggio per dire le stesse cose. Usano un nuovo modo di parlare “populista”: non dicono “sinistra” o “destra”, ma che c’è una “maggioranza” sfruttata da una “minoranza”. Molti di loro vengono dal mondo accademico: è come se fosse un esperimento sociologico. Ci mostrano come il discorso comunista può governare il Paese.

E’ un’esperienza unica in Europa?
In Spagna abbiamo visto un elettorato giovane che vota per partiti che cambiano il sistema e un elettorato “vecchio” che resta ancorato a quelli tradizionali. Per ora non credo ci sarà contaminazione in altre zone d’Europa. In Italia, almeno stando a quello che vediamo da qui, il Movimento 5 Stelle non ha saputo offrire un’alternativa politica. E’ vero che Podemos ha reso il suo discorso più moderato, ma aveva un’alternativa da offrire e i principi erano chiari. Per questo può fare compromessi senza snaturarsi. Non è perfetto, ma niente è perfetto in politica. Come del resto nella vita.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/12 ... i/2324107/
camillobenso
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Re: La crisi dell'Europa

Messaggio da camillobenso »

LA VOX POPULI


Dei 648 commenti sinora pervenuti, questo basta e avanza.




iosono • un'ora fa

Propio vero l'l'esperienza non insegna niente, chi pensa da un partito radicale di fare un partito socialdemocratico è un illuso.
L'esperienza recente della Grecia, lìesperienza del PCI in Italia trasformatosi in PD o meglio in ex DC dovrebbe insegnare qualcosa, se si pensa di pottenere qualcosa con questo sistema significa che nessuno ha capito chi abbiamo davanti, La Finanza che ormai comanda al di la di chi viene eletto, ti strangola subito e ti evita di parlare e anche di respirare, ti ricatta fimo ha farti crollare. L'europa è ormai terra persa per i lavoratori e per coloro che vogliono cambiare, perciò la lotta è dura, se non si vuole affrontarla è meglio abbandonare la partita, tutto lavoro inutile.
L'unica cosa che ti danno sono posti, poltrone e quattrini ad personam.


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pancho
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Re: La crisi dell'Europa

Messaggio da pancho »

camillobenso ha scritto:LA VOX POPULI

Dei 648 commenti sinora pervenuti, questo basta e avanza.

iosono • un'ora fa

Propio vero l'l'esperienza non insegna niente, chi pensa da un partito radicale di fare un partito socialdemocratico è un illuso.
L'esperienza recente della Grecia, lìesperienza del PCI in Italia trasformatosi in PD o meglio in ex DC dovrebbe insegnare qualcosa, se si pensa di pottenere qualcosa con questo sistema significa che nessuno ha capito chi abbiamo davanti, La Finanza che ormai comanda al di la di chi viene eletto, ti strangola subito e ti evita di parlare e anche di respirare, ti ricatta fimo ha farti crollare. L'europa è ormai terra persa per i lavoratori e per coloro che vogliono cambiare, perciò la lotta è dura, se non si vuole affrontarla è meglio abbandonare la partita, tutto lavoro inutile.
L'unica cosa che ti danno sono posti, poltrone e quattrini ad personam.
E' proprio questo il centro del problema. La madre di tutte le battaglie e' proprio questa.

In un sistema ultra capitalistico ed iper liberista o lo accetti in toto o non lo accetti in toto.

Se lo accetti deve renderti conto che i governi, come le banche visto che ora ne parliamo, son quelli che determinano le politiche.

La storia passata come quella recente ce lo insegna.

Ora le elezioni in Spagna stanno delineando alcuni problemi e sia chiaro che non sono solo quelli della difficolta di fare un governo ma piuttosto quello in cui si indica un inizio di cambiamento che veramente potrebbe succedere in questo Paese. E cosa e' successo in questo momento?

Il crollo parziale delle borse con l'intenzione di orientare l'elettorato verso una grossa coalizione rispetto ad un probabile governo PSOE Podemos e altri a sinistra.

Da noi in questa situazione incerta delle banche molti vorrebbero cavalcare il malcontento in un modo alquando solito e direi un po ipocrita.

Se accetti un sistema lo devi accettare e quindi anche le banche usano il loro potere per fare profitti.

Noi quando accettiamo di ricevere dai ns. risparmi depositati, ci siamo mai chiesti il perché di questi interessi maggiori rispetto ai normali c/c ?

Ci siamo mai chiesti dove vengono investiti nel frattempo i ns. depositi?

Se questi servono per sfruttare minorenni o altre nefandezze del genere?

NO!!! non ce lo chiediamo perché anche a noi fa comodo questo ma poi......subito richiedere indietro i ns. soldi se qualcuno ha fatto il bischero.

Possibile che nessuno sapesse e se qualcuno ci e' cascato non poteva prima chiedere consiglio a qualche figlio o a chi ne sapeva di piu' ?

E' giusto che ora costoro siano risarciti dallo stato e quindi da tutti noi?

E gli interessi che si son presi in questi anni (7-8%) dove sono andati a finire?

Un'inchiesta sulle informazioni bancarie e la loro funzione qualche tempo fa e' stata fatta (non mi ricordo più da chi) e ha classificato l'Italia al penultimo posto. Dopo di noi solo la Columbia.

E allora come la mettiamo?

Ora per avere il rimborso dallo stato son tutti diventati degli esperti nell'arte bancaria ma allora dove stava tutta questa esperienza prima di acquistare delle azioni?

Ora spetta all a magistratura verificare se c'e' stato dolo nei riguardi di alcuni e se c'e' stato qualcuno dovra' pagare.

Ma non lo stato altrimenti dovremmo farci carico di tutto.

Anche di questi che sono stati fregati dal loro investitore che se li ha mangiati o trasferiti altrove in un suo conto. Perche no?

Perché non devono essere anche costoro risarciti allo stesso modo? Le banche non sono pubbliche !!

E poi, la Cirio, la Parmalat e tutti quelli che si son visti sfumare i loro risparmi in azioni in società che poi sono fallite?

Qui la discussione si farebbe molto lunga e vedo che sto' andanto O.T.

Ritorniamo quindi al solito tema che qualche tempo fa avevo posto e non e' stato abbastanza approfondito. http://forumisti.mondoforum.com/viewtop ... omico#p163

Cosa possiamo fare o avremmo potuto fare noi di diverso in questo sistema?

Tutto qui.


un salutone
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cielo 70
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Re: La crisi dell'Europa

Messaggio da cielo 70 »

camillobenso ha scritto:SE TANTO MI DA' TANTO



Nel post franchismo è la prima volta che in Espana si verifica una situazione come questa.

Il PPI è costretto ad una coalizione forzata con i socialisti.

Altre soluzioni(numeriche) al momento non sono possibili.

Ma gli spagnoli che hanno votato convinti le 4 formazioni sono preparati alla novità di una coalizione?

Io penso di no.

Sarà già difficile nelle trattative per formare un nuovo governo. Figuriamoci poi quanto si entra nel merito di governare prendendo le singole decisioni.

Quelli del PPI non gradiranno i compromessi imposti dai socialisti. Altrettanto a parti invertite.

Di conseguenza subiranno un ulteriore logoramento e conseguente perdita di voti a favore di Podemos e Ciuadadanos.

Quanto tempo ci vorrà che possano formare coalizioni tra simili???

Nel frattempo, come si sta verificando in tutta Europa, inizia anche in Spagna il processo di allontanamento dalla democrazia.
I socialisti spagnoli hanno sempre accettato il liberismo economico e per questa ragione anche lì sono aumentati la sinistra radicale e l'estrema destra che, anche se propone la distruzione della democrazia, quanto meno è contro la mondializzazione e riscuote dei consensi anche fra gli operai. Sarebbe ora che la sinistra riprendesse a occuparsi dei temi più vicini a quelli per le quali è sorta e contrastasse la direzione in cui l'economia mondiale sta andando.
pancho
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Re: La crisi dell'Europa

Messaggio da pancho »

cielo 70 ha scritto:
camillobenso ha scritto:SE TANTO MI DA' TANTO

Nel post franchismo è la prima volta che in Espana si verifica una situazione come questa.

Il PPI è costretto ad una coalizione forzata con i socialisti.

Altre soluzioni(numeriche) al momento non sono possibili.

Ma gli spagnoli che hanno votato convinti le 4 formazioni sono preparati alla novità di una coalizione?

Io penso di no.

Sarà già difficile nelle trattative per formare un nuovo governo. Figuriamoci poi quanto si entra nel merito di governare prendendo le singole decisioni.

Quelli del PPI non gradiranno i compromessi imposti dai socialisti. Altrettanto a parti invertite.

Di conseguenza subiranno un ulteriore logoramento e conseguente perdita di voti a favore di Podemos e Ciuadadanos.

Quanto tempo ci vorrà che possano formare coalizioni tra simili???

Nel frattempo, come si sta verificando in tutta Europa, inizia anche in Spagna il processo di allontanamento dalla democrazia.
I socialisti spagnoli hanno sempre accettato il liberismo economico e per questa ragione anche lì sono aumentati la sinistra radicale e l'estrema destra che, anche se propone la distruzione della democrazia, quanto meno è contro la mondializzazione e riscuote dei consensi anche fra gli operai. Sarebbe ora che la sinistra riprendesse a occuparsi dei temi più vicini a quelli per le quali è sorta e contrastasse la direzione in cui l'economia mondiale sta andando.
Caro Amico Cielo, siamo in un momento politico difficile e molto confusionario.
Da quando hanno, secondo la mia umile opinione, buttato in pattumiera le ideologie, costoro sapevano che saremmo andati incontro ad un marasma politico e che il concetto di sinistra sarebbe immediatamente venuto meno. Sarebbe caduto tutto oltre al muro

Venuto meno anche per il semplice fatto che la politica in questi frangenti stava degenerando e i partiiti diventati macchine di potere e di clientela,(docet Berlinguer)

Terreno fertile questo per qualsiasi movimento di protesta.
Purtroppo questi potrebbero essere pericolosi se cavalcati da un qualsiasi burattinaio del momento ma anche se non fossero esposti a questo pericolo esisterebbe il problema della inesperienza politica. Che sarebbe comunque il male minore se dovessimo guardarci attorno

Ora in questo mondo in cui non ci riconosciamo più nei ns. iniziali ideali di sinistra purtroppo, io, non possiamo ne tifare per l'uno ne per l'altro poiche non sono in grado di capire come la pensano veramente e se potremmo ancora una volta inciampare magari anche su dei sassolini .

Siamo in una fase politica molto incerta e purtroppo a noi spetta dare il contributo non individuando le sigle ma sui programmi e saremmo inoltre costretti anche a votare chi più si avvicina ai ns. ideali poiche il sistema elettorale ce lo impone se non vogliamo astenerci dal voto.

Il bipolarismo fa governare ma non e' democratico. Questo lo dobbiamo dire ad alta voce. E se nobn e' democratico, questo lo dobbiamo a noi.

Detto questo, come ho fatto presente allo Zione, io in questo determinato momento non me la sento di aderire ad alcun partito. Sono in standby e navigo a vista dando il mio consenso a chicchessia se questo incontra la mia persuasione.

Come ho detto sopra, questa situazione di confusione, viene da precise decisioni prese allora sulle quali tutti si son poi associati per non perdere la poltrone. Questi, caro Cielo, erano i ns. politici e come eravamo noi.

Come venirne fuori diventa problematico?
Su questo ho una mia precisa idea ed e' questa:2 legislazioni e poi torni al tuo lavoro precedente.
Il tuo contributo alla società lo ha dato e ora altri incarichi istituzionali non li potrai più avere.

Credo che questa sia una maniera per responsabilizzare la politica e dir loro che la politica non e' un mestiere ma un contributo che dobbiamo dare alla societa'.

Chi propone questo, avra' il mio prossimo voto poiche lo ritengo primario anche nei confronti di altri.
Da questo poi si potrà raggiungere più facilmente gli obiettivi


un salutone
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Re: La crisi dell'Europa

Messaggio da camillobenso »

Crollo dei bond, la Soluzione Finale di Schäuble per piegarci

Scritto il 02/1/16 • LIBRE nella Categoria: segnalazioni



Un piano tedesco per riformare l’Eurozona con un meccanismo automatico di ristrutturazione dei debiti sovrani. Obiettivo, impedire qualsiasi forma di condivisione dei rischi tra i paesi dell’Eurozona, confinando i costi dell’instabilità finanziaria e fiscale il più possibile all’interno dei paesi più deboli. Autore del piano, il “venerabile” Wolfgang Schaeuble, super-massone e cervello del governo Merkel. Berlino «sembra aver perso fiducia verso qualsiasi forma di governance centralizzata», scrive Carlo Bastasin sul “Sole 24 Ore”, e ora penserebbe solo a tutelare i tedeschi. Il piano è descritto in una lettera inviata a fine novembre dal ministro delle finanze al capo della Commissione Finanza e Bilancio del Parlamento tedesco. La lettera, non pubblicata, prescrive un meccanismo automatico di ristrutturazione del debito pubblico per qualsiasi paese europeo che richieda assistenza finanziaria. Una volta chiesto “l’aiuto” del Mes, o Esm, «i tempi di scadenza dei titoli pubblici saranno automaticamente prolungati, riducendo il valore di mercato di questi titoli e provocando gravi perdite a chi li detiene».
Il meccanismo, continua Bastasin nell’articolo, ripreso dal blog “Vox Populi”, trasformerebbe i titoli pubblici dell’Eurozona in asset finanziari rischiosi. «E questo è anche l’obiettivo di un’altra proposta del governo tedesco, che mira a eliminare l’eccezione normativa che permette alle banche di detenerli senza dover possedere riserve di capitale per coprire le eventuali perdite». Rendere più “rischiosi” i titoli sovrani incoraggerebbe banche e famiglie a evitare di sottoscriverli alla leggera. I governi avrebbero meno incentivi ad accumulare debito, e le banche eviterebbero a loro volta di investire in titoli pubblici. Dov’è il trucco? «Stabilire un meccanismo automatico per sanzionare le situazioni economiche problematiche che si vorrebbero evitare può, nei fatti, renderle ancora più probabili», spiega Bastasin. I titoli pubblici – abolita la moneta sovrana – tengono in piedi gli Stati dell’Eurozona. «Pertanto, una volta che i titoli sovrani nei paesi dell’Eurozona sono diventati più rischiosi, l’intero sistema finanziario potrebbe diventare più fragile, e questo potrebbe influenzare negativamente la crescita e la stabilità finanziaria».
Da ultimo, anziché imporre una sana disciplina ad alcuni paesi membri, il nuovo regime «potrebbe ampliare i differenziali di rendimento dei titoli di Stato e rendere impossibile la convergenza dei debiti, aumentando la probabilità di rottura dell’Eurozona». Il piano di Berlino, continua Bastasin, va in parallelo all’idea che il contenimento della crisi sia solo una questione che riguarda i paesi più colpiti. Si basa inoltre sull’assunzione che qualsiasi forma di condivisione del rischio fornisca ai governi gli incentivi sbagliati, producendo “moral hazard”. In realtà, «come la crisi ha dimostrato», la vulnerabilità finanziaria può essere «il risultato di problemi comuni», per cui «sanzionare i singoli paesi può generare un’instabilità che potrebbe degenerare in una nuova crisi».
Il documento del governo tedesco dimostra una sfiducia fondamentale verso gli atteggiamenti fiscali degli altri governi. L’applicazione ripetuta delle “clausole di flessibilità” per sottrarre alcune spese con finalità specifiche dal conteggio del deficit sta facendo storcere il naso a Berlino. Secondo Bastasin, il governo tedesco «guarda con disprezzo la Commissione Europea, considerandola troppo esposta ai ricatti dei governi nazionali, con particolare preoccupazione per l’ascesa dei movimenti populisti e anti-europei». L’applicazione asimmetrica delle regole, le decisioni fuori luogo e al momento sbagliato, nonché «la tendenza ad applicare la “legge del creditore” anziché gli interessi comuni, nonché certe propensioni ideologiche», avrebbero fatto venir meno la fiducia verso le decisioni comuni. «I governi nazionali, ciascuno a suo modo, stanno passando da una timida propensione a condividere il rischio a una decisa volontà di decentralizzare qualsiasi rischio, come unica ed esclusiva modalità di gestione dell’unione monetaria».
Nel considerare la minaccia di una ristrutturazione del debito come politica efficace per imporre la disciplina, continua l’analista, Berlino chiede che i titoli di debito pubblico perdano la loro condizione di asset considerati privi di rischio. Quest’ultima “eccezione normativa” faceva in modo che le banche accumulassero titoli di debito sovrano nel loro bilancio senza la necessità di incrementare il proprio capitale. Nel documento inviato al Bundestag, il ministro delle finanze propone che l’Eurozona anticipi la regolamentazione internazionale nel riconoscere la specifica rischiosità dei titoli di debito sovrano. In pratica, lo Stato sarebbe definitivamente privato di sovranità e costretto a comportarsi come un’azienda, con i conti in attivo o almeno in pareggio, come vuole il dogma neoliberista che negli ultimi 40 anni ha lavorato incessantemente per demolire la finanza pubblica, lasciando i governi alla mercé dei “mercati”, senza più un soldo da impegnare in investimenti per famiglie, aziende e lavoro, sotto forma di spesa pubblica (deficit positivo, fondamentale per sostenere l’economia reale).
«Una volta che sia stato stabilito che i titoli pubblici sono a rischio come tutti gli altri», conclude Bastasin, «le banche saranno incoraggiate a ridurre l’ammontare di titoli di Stato che detengono, rompendo il circolo vizioso che ha caratterizzato la crisi, col finanziamento del debito pubblico che minacciava la stabilità bancaria e viceversa». Secondo il documento di Berlino, i paesi dell’Eurozona dovrebbero anche ridurre in modo permanente i loro livelli di debito pubblico sul Pil. «Per poterlo fare, Berlino vuole impedire che ciascun paese invochi clausole di flessibilità. In particolare, la richiesta italiana di flessibilità ha ottenuto un certo cedimento da parte della Commissione Europea durante i negoziati. La Francia non si pone nemmeno il problema di ottenere l’autorizzazione per le sue generose politiche fiscali. Nelle trattative coi primi ministri dell’Eurozona, il presidente della Commissione Europea Juncker è stato costretto a scegliere tra autorizzare i governi in carica ad ampliare i loro deficit per ogni sorta di ragioni oppure fomentare i movimenti populisti anti-europei che vogliono mandare all’aria l’intera unione monetaria».
Questa specifica “debolezza” nel coordinamento delle politiche fiscali a livello centralizzato «ha convinto le autorità tedesche a chiedere la decentralizzazione dei rischi e un controllo depoliticizzato». Il ruolo di sorveglianza della Commissione, dice il documento sottoscritto da Schaeuble, «non deve limitarsi a degli obiettivi politici». Per rendere il giudizio di Bruxelles “indipendente dalle convenienze politiche”, Berlino mira a separare la funzione di supervisione svolta dalla Commissione dal suo ruolo nell’orientare le scelte politiche. In alternativa, il controllo delle politiche fiscali potrebbe essere consegnato a una nuova istituzione tecnica e indipendente. «Se questi meccanismi dovessero ancora fallire nel tenere a freno il debito pubblico, allora la minaccia di un semplice meccanismo automatico di ristrutturazione del debito farà il trucco: i mercati diventeranno subito estremamente sensibili alla mancanza di disciplina fiscale, e puniranno ciò che i politici perdonano». E avremo dunque ancora più rigore e ancora più austerity: più tasse, meno lavoro (ma i conti in ordine, come vuole il “venerabile” Schaeuble).
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