La mappa del disagio cioè lo spread sociale
16 luglio 2012
C’e un attento osservatorio sulla crisi e che accompagna ogni giorno le vittime della crisi.
È uno spread sociale e non finanziario.
È gestito dall’Inca-Cgil, uno dei «patronati» sindacali.
La sua crescente attività è stata riportata in un «bilancio sociale» che misura, appunto, quanto è avvenuto negli ultimi mesi.
Un dato salta agli occhi, l’ingresso, negli ultimi tre anni, accanto ai pensionandi, di molti giovani con contratti precari.
Osserva Morena Piccinini, presidente dell’Inca, che in un solo anno, tra il 2010 e il 2011 si è registrato un aumento di richieste al patronato di oltre il 48%.
Un salto enorme.
È cambiata anche la qualità delle richieste di tutela.
«Aumenta, infatti, in modo drammatico, la domanda di prestazioni legate alle condizioni di povertà, per anziani ma soprattutto per giovani e famiglie precipitate nello stato di indigenza».
Aumentano i bisogni ma calano le possibilità reali di welfare per effetto dei «tagli».
La cosiddetta riforma del lavoro e quella sulle pensioni non hanno certo alleviato il disagio crescente.
Basti pensare agli anziani «che devono fare i conti con le nuove norme in materia pensionistica, costretti anche a subire le conseguenze delle numerose crisi aziendali e che non sanno come far fronte all’inasprimento dei requisiti di accesso al diritto a pensione:
non c’è lavoro, mentre si allunga per tutti la prospettiva del pensionamento».
Mentre sui giovani il «bilancio sociale» denuncia un fenomeno nuovo:
gli «scoraggiati» aumentati nell’ultimo anno e mezzo.
Sono tra i 15 e i 29 anni, non lavorano e non frequentano alcun corso di istruzione o formazione:
nel 2010 erano oltre 2,1 milioni, 134mila in più rispetto al 2009 (+6,8%).
Le nuove leggi non danno risposte positive ma la Cgil non si da per vinta.
La partita non è chiusa.
Anche perché se lo spread sociale è alle stelle anche quello legato ai mercati non consegue risultati soddisfacenti.
Questo significa che la corsa al rigore, pagata dai deboli e dai «produttori», non ferma il precipitarsi nel cosiddetto «baratro».
E allora bisogna dibattere non tanto di demagogico «macello sociale» quanto di una politica che punendo il lavoro e la spinta produttiva spezza le speranze di ridare all’Italia e all’Europa un futuro diverso.
Ponendo mano ad una alternativa, con misure e proposte che del resto, affiorano da più parti.
È questo il capitolo da approfondire e qui si poteva esperimentare un nuovo tipo di «concertazione» intesa come scambio di proposte.
Ricordando che il sindacato o perlomeno la Cgil ( ma anche la Cisl carnitiana) non ha mai santificato la concertazione (anzi spesso, venne aspramente criticata).
Essa venne adottata in particolari circostanze, come negli anni 90, quando lo scambio fu tra scala mobile e un complesso nuovo modello contrattuale.
Oggi non c’è nulla da scambiare, se non appunto idee, proposte, misure utili a uscire davvero dalla crisi.
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