ITALIA-EMERGENZA LAVORO
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ITALIA-EMERGENZA LAVORO
Monotonia del posto fisso?
In Sicilia il 41,3% dei giovani è disoccupato .
“I governi la smettano con le battute e affrontino i problemi reali”.
I giovani della CGIL rispondono alle frasi di Mario Monti, del viceministro Martone, del ministro Cancellieri e del governatore Raffaele Lombardo .
24/02/2012
Monotonia del posto fisso?
“In Sicilia il 41,3% dei giovani è disoccupato e in Italia 8 nuovi contratti su 10 sono precari”.
Se a 28 anni non sei laureato sei uno sfigato?
“Le borse di studio finanziate in Sicilia sono insufficienti rispetto agli aventi diritto per merito e per reddito e il 40% degli studenti universitari è costretto a lavorare per potersi pagare gli studi”.
Gli italiani vogliono lavorare accanto a mamma e papà?
“Nel 2010 ben 135mila giovani, di cui 18mila laureti, sono andati via dal Mezzogiorno”.
Uno stipendio da 15mila euro appena decente?
“In Sicilia ogni anno 17mila giovani svolgono stage gratuiti”.
Così i giovani della CGIL Sicilia rispondono alle frasi di Mario Monti, del viceministro Martone, del ministro Cancellieri e del governatore Raffaele Lombardo, che tante polemiche hanno suscitato in queste settimane.
E lo fanno con manifesti e volantini che ritraggono questi esponenti del governo nazionale e regionale assieme alle ormai famose frasi, aggiungendo le risposte dei giovani del sindacato e un interrogativo: che si tratti de “I nuovi mostri?”.
“'Monotonia' significa per noi giovani dover continuamente essere alla ricerca di un lavoro e sentirsi dire 'Le faremo sapere' o rinnovare i contratti precari stipulati per lavori che spesso sono stabili”.
E' quanto si legge su uno dei manifesti, e ancora:
“noi giovani siamo 'sfigati' perchè a differenza dei nostri coetanei europei non abbiamo un sistema di diritto allo studio adeguato e degli ammortizzatori sociali che consentano la continuità di reddito”.
Infine,
“chi di noi non vuole lavorare all'estero ma rimane nel paese che ama è costretto a rimanere
'vicino a mamma e papà' perchè la precarietà non paga gli affitti altissimi delle nostre città”.
Un'iniziativa, quella promossa dai giovani della CGIL Sicilia, che si inserisce nella campagna nazionale
'Giovani NON+ Disposti a tutto'
e che come spiegato dai promotori punta a sottolineare che
“in una fase difficile come quella che stiamo vivendo le semplificazioni e le fughe in avanti di esponenti del governo, che non tengono conto delle reali condizioni dei giovani del mezzogiorno, suonano offensive”.
“Il reale e drammatico tema della precarietà e della disoccupazione nel nostro paese
- spiegano i giovani CGIL Sicilia –
deve essere affrontato con misure efficaci e non con battute”.
Con provvedimenti, proseguono, che
“devono in primo luogo sancire la riduzione delle 46 tipologie contrattuali esistenti”,
dare
“regole chiare per contrastare gli abusi e aumentare il costo del lavoro flessibile, estendere gli ammortizzatori sociali per garantire la continuità di reddito e dei diritti di maternità, paternità, previdenza”.
Concludono.
http://www.cgil.it/dettagliodocumento.aspx?ID=18505
In Sicilia il 41,3% dei giovani è disoccupato .
“I governi la smettano con le battute e affrontino i problemi reali”.
I giovani della CGIL rispondono alle frasi di Mario Monti, del viceministro Martone, del ministro Cancellieri e del governatore Raffaele Lombardo .
24/02/2012
Monotonia del posto fisso?
“In Sicilia il 41,3% dei giovani è disoccupato e in Italia 8 nuovi contratti su 10 sono precari”.
Se a 28 anni non sei laureato sei uno sfigato?
“Le borse di studio finanziate in Sicilia sono insufficienti rispetto agli aventi diritto per merito e per reddito e il 40% degli studenti universitari è costretto a lavorare per potersi pagare gli studi”.
Gli italiani vogliono lavorare accanto a mamma e papà?
“Nel 2010 ben 135mila giovani, di cui 18mila laureti, sono andati via dal Mezzogiorno”.
Uno stipendio da 15mila euro appena decente?
“In Sicilia ogni anno 17mila giovani svolgono stage gratuiti”.
Così i giovani della CGIL Sicilia rispondono alle frasi di Mario Monti, del viceministro Martone, del ministro Cancellieri e del governatore Raffaele Lombardo, che tante polemiche hanno suscitato in queste settimane.
E lo fanno con manifesti e volantini che ritraggono questi esponenti del governo nazionale e regionale assieme alle ormai famose frasi, aggiungendo le risposte dei giovani del sindacato e un interrogativo: che si tratti de “I nuovi mostri?”.
“'Monotonia' significa per noi giovani dover continuamente essere alla ricerca di un lavoro e sentirsi dire 'Le faremo sapere' o rinnovare i contratti precari stipulati per lavori che spesso sono stabili”.
E' quanto si legge su uno dei manifesti, e ancora:
“noi giovani siamo 'sfigati' perchè a differenza dei nostri coetanei europei non abbiamo un sistema di diritto allo studio adeguato e degli ammortizzatori sociali che consentano la continuità di reddito”.
Infine,
“chi di noi non vuole lavorare all'estero ma rimane nel paese che ama è costretto a rimanere
'vicino a mamma e papà' perchè la precarietà non paga gli affitti altissimi delle nostre città”.
Un'iniziativa, quella promossa dai giovani della CGIL Sicilia, che si inserisce nella campagna nazionale
'Giovani NON+ Disposti a tutto'
e che come spiegato dai promotori punta a sottolineare che
“in una fase difficile come quella che stiamo vivendo le semplificazioni e le fughe in avanti di esponenti del governo, che non tengono conto delle reali condizioni dei giovani del mezzogiorno, suonano offensive”.
“Il reale e drammatico tema della precarietà e della disoccupazione nel nostro paese
- spiegano i giovani CGIL Sicilia –
deve essere affrontato con misure efficaci e non con battute”.
Con provvedimenti, proseguono, che
“devono in primo luogo sancire la riduzione delle 46 tipologie contrattuali esistenti”,
dare
“regole chiare per contrastare gli abusi e aumentare il costo del lavoro flessibile, estendere gli ammortizzatori sociali per garantire la continuità di reddito e dei diritti di maternità, paternità, previdenza”.
Concludono.
http://www.cgil.it/dettagliodocumento.aspx?ID=18505
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Re: ITALIA-EMERGENZA LAVORO
Edilizia un settore stremato dalla crisi.
Il 3 marzo sindacati in piazza a Roma.
Circa 300mila posti di lavoro persi,
decine di imprese in crisi ogni giorno e il 30% di investimenti in meno,
dall'inizio della crisi ad oggi, nel settore edile.
Numeri che spaventano e che sono il segno della crisi profonda che sta attraversando il settore delle costruzioni.
Uno tra i settori che maggiormente stanno pagando in termini occupazionali,
sociali ed economici la recessione economica del Paese, aggravata dal dilagare dell'illegalità, dell'irregolarità e dalla mancanza di risorse.
E' per lanciare un grido di allarme e puntare i riflettori sulla difficile situazione in cui versa l'edilizia in Italia che le categorie sindacali del settore,
FILLEA CGIL, FILCA CISL e FENEAL UIL hanno costituito una piattaforma unitaria,
che verrà presentata il 3 marzo prossimo con una grande manifestazione nazionale a Roma.
segue al link:
http://www.cgil.it/dettagliodocumento.aspx?ID=18502
Il 3 marzo sindacati in piazza a Roma.
Circa 300mila posti di lavoro persi,
decine di imprese in crisi ogni giorno e il 30% di investimenti in meno,
dall'inizio della crisi ad oggi, nel settore edile.
Numeri che spaventano e che sono il segno della crisi profonda che sta attraversando il settore delle costruzioni.
Uno tra i settori che maggiormente stanno pagando in termini occupazionali,
sociali ed economici la recessione economica del Paese, aggravata dal dilagare dell'illegalità, dell'irregolarità e dalla mancanza di risorse.
E' per lanciare un grido di allarme e puntare i riflettori sulla difficile situazione in cui versa l'edilizia in Italia che le categorie sindacali del settore,
FILLEA CGIL, FILCA CISL e FENEAL UIL hanno costituito una piattaforma unitaria,
che verrà presentata il 3 marzo prossimo con una grande manifestazione nazionale a Roma.
segue al link:
http://www.cgil.it/dettagliodocumento.aspx?ID=18502
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Re: ITALIA-EMERGENZA LAVORO
Bollettino di crisi mese di Febbraio 2012
27 febbraio - Coca Cola, annunciati 52 esuberi a Empoli.
27 febbraio – Dek Genova, operai da dicembre 2011 senza stipendio. Oggi sciopero e presidio.
26 febbraio – E.On Fiume Santo (Sardegna), annunciati 24 licenziamenti e riduzione di risorse.
26 febbraio – Denso di San Salvo, arriva la Cassa integrazione a rotazione.
25 febbraio – Sclavo Diagnostic, annuncia chiusura reparto batteriologia. Il 25% dei lavoratori a rischio mobilità.
25 febbraio – Invatec/Medtronic Brescia, accordo azienda-sindacati su contratti di solidarietà.
24 febbraio – Ritel, mancano acquirenti è rischio fallimento.
24 febbraio – Novem di Bagnatica, mobilità per 129 lavoratori.
23 febbraio – FILCTEM CGIL Viterbo, il 28 febbraio a Roma per denunciare la crisi del distretto Ceramico di Civita Castellana.
23 febbraio – Sigma Tau, firmata ipotesi di accordo per stabilimento Pomezia.
23 febbraio – Sacaim (Venezia), 70 lavoratori senza stipendio da dicembre.
23 febbraio – Sixty, annunciati 183 esuberi.
22 febbraio – Omsa di Faenza, ritirata procedura di mobilità, altri 6 mesi di CIGD.
22 febbraio – Prelios Credit Servicing Spa, in arrivo 22 licenziamenti a Palermo.
22 febbraio – Pansac, si cercano acquirenti per salvare l'azienda, 735 lavoratori in CIG straordinaria.
22 febbraio - Zuccherificio Molise, a rischio produzione e occupazione.
22 febbraio – Sirti, possibili mille esuberi sul territorio nazionale.
22 febbraio – Librerie.Coop, CIG straordinaria a rotazione per 170 addetti in tutta Italia.
21 febbraio – Polymer/Basell, stretta finale per la vendita delle aree.
21 febbraio – Natuzzi di Santeramo, chiede Cassa integrazione a zero ore per 1.300 lavoratori.
21 febbraio – RCM/Ex Rapanelli di Bevagna, 36 lavoratori in Cassa integrazione ordinaria.
21 febbraio – Raggio di Sole/Cargill annuncia chiusura in Basilicata.
21 febbraio – Invatec di Roncadelle, aperto tavolo permanente al Ministero. A rischio 300 lavoratori.
20 febbraio – Alla Wings di Prato circa 40 lavoratori a rischio.
18 febbraio – Sindacato chiede a regione Lombardia un tavolo permanente per crisi settore ICT.
17 febbraio – Amia, a Palermo 600 addetti rischiano la CIG.
17 febbraio – Polistampa Snc, licenziamento collettivo per 6 lavoratori.
17 febbraio – Estrusione Italia, a rischio 91 lavoratori a Sezze Scalo.
16 febbraio – Natuzzi, in Puglia taglia mille posti. La crisi del mobile imbottito.
16 febbraio – Richard Ginori non paga stipendio, lavoratori in sciopero a Sesto Fiorentino.
16 febbraio – Chiude OCV Italia, 128 licenziamenti a Vado Ligure.
16 febbraio – Mercedes Benz Roma, a rischio 188 lavoratori.
16 febbraio – Riviera Scar di Napoli licenzia 88 operai.
15 febbraio – Sirti, niente più stabilizzazioni per i giovani lavoratori.
15 febbraio – Novaol, 35 lavoratori in CIG a Livorno.
14 febbraio – Tecnofrigo, a Castel maggiore 11 dipendenti in mobilità volontaria.
14 febbraio – Faber, annunciati 130 tagli a Fabriano.
14 febbraio – Pansac, ufficializzata procedura di amministrazione straordinaria.
13 febbraio – Ditec di Quarto d'Altino (VE) delocalizza in Cina e Repubblica Ceca, 90 esuberi.
10 febbraio – Alcatel Lucent, 490 tecnici di Vimercate a rischio.
07 febbraio - Boero, 55 lavoratori in mobilità a Genova e Alessandria
I dettagli delle singole crisi al link:
http://www.cgil.it/dettagliodocumento.aspx?ID=18439
27 febbraio - Coca Cola, annunciati 52 esuberi a Empoli.
27 febbraio – Dek Genova, operai da dicembre 2011 senza stipendio. Oggi sciopero e presidio.
26 febbraio – E.On Fiume Santo (Sardegna), annunciati 24 licenziamenti e riduzione di risorse.
26 febbraio – Denso di San Salvo, arriva la Cassa integrazione a rotazione.
25 febbraio – Sclavo Diagnostic, annuncia chiusura reparto batteriologia. Il 25% dei lavoratori a rischio mobilità.
25 febbraio – Invatec/Medtronic Brescia, accordo azienda-sindacati su contratti di solidarietà.
24 febbraio – Ritel, mancano acquirenti è rischio fallimento.
24 febbraio – Novem di Bagnatica, mobilità per 129 lavoratori.
23 febbraio – FILCTEM CGIL Viterbo, il 28 febbraio a Roma per denunciare la crisi del distretto Ceramico di Civita Castellana.
23 febbraio – Sigma Tau, firmata ipotesi di accordo per stabilimento Pomezia.
23 febbraio – Sacaim (Venezia), 70 lavoratori senza stipendio da dicembre.
23 febbraio – Sixty, annunciati 183 esuberi.
22 febbraio – Omsa di Faenza, ritirata procedura di mobilità, altri 6 mesi di CIGD.
22 febbraio – Prelios Credit Servicing Spa, in arrivo 22 licenziamenti a Palermo.
22 febbraio – Pansac, si cercano acquirenti per salvare l'azienda, 735 lavoratori in CIG straordinaria.
22 febbraio - Zuccherificio Molise, a rischio produzione e occupazione.
22 febbraio – Sirti, possibili mille esuberi sul territorio nazionale.
22 febbraio – Librerie.Coop, CIG straordinaria a rotazione per 170 addetti in tutta Italia.
21 febbraio – Polymer/Basell, stretta finale per la vendita delle aree.
21 febbraio – Natuzzi di Santeramo, chiede Cassa integrazione a zero ore per 1.300 lavoratori.
21 febbraio – RCM/Ex Rapanelli di Bevagna, 36 lavoratori in Cassa integrazione ordinaria.
21 febbraio – Raggio di Sole/Cargill annuncia chiusura in Basilicata.
21 febbraio – Invatec di Roncadelle, aperto tavolo permanente al Ministero. A rischio 300 lavoratori.
20 febbraio – Alla Wings di Prato circa 40 lavoratori a rischio.
18 febbraio – Sindacato chiede a regione Lombardia un tavolo permanente per crisi settore ICT.
17 febbraio – Amia, a Palermo 600 addetti rischiano la CIG.
17 febbraio – Polistampa Snc, licenziamento collettivo per 6 lavoratori.
17 febbraio – Estrusione Italia, a rischio 91 lavoratori a Sezze Scalo.
16 febbraio – Natuzzi, in Puglia taglia mille posti. La crisi del mobile imbottito.
16 febbraio – Richard Ginori non paga stipendio, lavoratori in sciopero a Sesto Fiorentino.
16 febbraio – Chiude OCV Italia, 128 licenziamenti a Vado Ligure.
16 febbraio – Mercedes Benz Roma, a rischio 188 lavoratori.
16 febbraio – Riviera Scar di Napoli licenzia 88 operai.
15 febbraio – Sirti, niente più stabilizzazioni per i giovani lavoratori.
15 febbraio – Novaol, 35 lavoratori in CIG a Livorno.
14 febbraio – Tecnofrigo, a Castel maggiore 11 dipendenti in mobilità volontaria.
14 febbraio – Faber, annunciati 130 tagli a Fabriano.
14 febbraio – Pansac, ufficializzata procedura di amministrazione straordinaria.
13 febbraio – Ditec di Quarto d'Altino (VE) delocalizza in Cina e Repubblica Ceca, 90 esuberi.
10 febbraio – Alcatel Lucent, 490 tecnici di Vimercate a rischio.
07 febbraio - Boero, 55 lavoratori in mobilità a Genova e Alessandria
I dettagli delle singole crisi al link:
http://www.cgil.it/dettagliodocumento.aspx?ID=18439
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Re: ITALIA-EMERGENZA LAVORO
Lombardia:
la crisi nei territori e le situazioni più significative .
A cura del Dipartimento Politiche Contrattuali della CGIL Lombardia - aggiornamento al 20 gennaio 2012
i dettagli al link:
http://www.cgil.it/dettagliodocumento.aspx?ID=18517
------------------------------------------------------
GENNAIO 2012 I DATI DELLA CRISI:
IN LOMBARDIA AUMENTANO CASSA E I LICENZIAMENTI
A cura del Dipartimento Politiche Contrattuali
della CGIL Lombardia
I dati Inps sulla cassa di gennaio 2012, pur se disomogenei territorialmente,
confermano complessivamente una crescita di circa il 5% sul gennaio 2011.
Cala la cassa in deroga (-31%), resta stabile la cassa straordinaria, mentre sale del 30% quella ordinaria.
I dati di gennaio-febbraio sui licenziamenti dell’osservatorio regionale segnalano un preoccupante aumento del 24%;
sono lo specchio della profondità della crisi e della sua trasformazione:
siamo ancora in difficoltà in conseguenza di una crisi strutturale che incide in profondità sul tessuto produttivo e occupazionale della Lombardia.
Le previsioni di una mancata crescita del Pil anche nel 2012 preoccupano, e i problemi di struttura rimangono gli stessi.
i dettagli al link:
http://www.cgil.it/Archivio/SettoriProd ... io2012.pdf
la crisi nei territori e le situazioni più significative .
A cura del Dipartimento Politiche Contrattuali della CGIL Lombardia - aggiornamento al 20 gennaio 2012
i dettagli al link:
http://www.cgil.it/dettagliodocumento.aspx?ID=18517
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GENNAIO 2012 I DATI DELLA CRISI:
IN LOMBARDIA AUMENTANO CASSA E I LICENZIAMENTI
A cura del Dipartimento Politiche Contrattuali
della CGIL Lombardia
I dati Inps sulla cassa di gennaio 2012, pur se disomogenei territorialmente,
confermano complessivamente una crescita di circa il 5% sul gennaio 2011.
Cala la cassa in deroga (-31%), resta stabile la cassa straordinaria, mentre sale del 30% quella ordinaria.
I dati di gennaio-febbraio sui licenziamenti dell’osservatorio regionale segnalano un preoccupante aumento del 24%;
sono lo specchio della profondità della crisi e della sua trasformazione:
siamo ancora in difficoltà in conseguenza di una crisi strutturale che incide in profondità sul tessuto produttivo e occupazionale della Lombardia.
Le previsioni di una mancata crescita del Pil anche nel 2012 preoccupano, e i problemi di struttura rimangono gli stessi.
i dettagli al link:
http://www.cgil.it/Archivio/SettoriProd ... io2012.pdf
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Re: ITALIA-EMERGENZA LAVORO
Sondaggio Politico-Elettorale
Giovani e Lavoro
Pubblicato il 27/2/2012.
Autore:
Termometro Politico
Committente/ Acquirente:
La Stampa
al link i dati:
http://www.sondaggipoliticoelettorali.i ... aggio=5237
--------------------------------------------------------
I risultati del sondaggio Giovani e Lavoro in collaborazione con La Stampa
Pubblicato il 14 febbraio 2012 da Gianluca Borrelli
Che cosa viene fuori da questi dati?
Una immagine un po diversa da quanto personalmente mi aspettassi. Innanzitutto non è vero (a meno che i rispondenti non abbiano mentito, ma che senso avrebbe in un sondaggio online completamente anonimo?) che i giovani italiani vogliono a tutti i costi stare vicini ai genitori, solo il 14% complessivo ammette questo.
Non è una percentuale piccolissima ed è comunque di più della percentuale di tutti i giovani “inattivi” negli altri paesi, il che vuol dire che pure se si accontentassero tutti quelli che vogliono andare via o sono disposti a farlo se trovassero lavoro (cosa comunque difficile) resterebbe comunque una percentuale di immobilità maggiore che in altri paesi europei. Quindi magari non sono così “mammoni” come si pensa (almeno nelle intenzioni) ma lo sono certamente di più di quelli di altri paesi europei, eppure non sembra essere questo il principale problema. Quelli che accetterebbero qualsiasi cosa purché il posto sia fisso sono già di più ed arrivano quasi al 24%, mentre quasi il doppio invece dice di non importarsene del posto fisso ma quello che conta è fare qualcosa che gli piaccia e dia soddisfazioni personali, il che ci dice che le frasi di Monti sono condivise da moltissimi giovani che non fanno del posto fisso un tabù come si potrebbe pensare. E ora veniamo alle note dolenti: se una gran parte andrebbe via pur di lavorare e accrescere la propria professionalità perché non lo fanno? Per quello che è forse il vero problema del “familismo”. I giovani non vogliono stare vicini alla famiglia per questioni di affetto o nella propria città di origine per comodità, o per lo meno non solo per quello.
Dalla domanda sull’istruzione viene fuori infatti che oltre il 90% considera la formazione e lo studio qualcosa di fondamentale, ma solo il 18% dice di avere tutti gli strumenti e ben il 43,5% lamenta l’inefficienza del sistema scolastico/universitario (forse anche oltre i demeriti del nostro sistema mi verrebbe da dire). Insomma la ragione sembra essere che questi non si sentono adeguati, forse sono timidi, insicuri, certi che la formazione che hanno ricevuto valga poco, con una bassa propensione al rischio (quelli che rinucerebbero esplicitamente alla rete di protezione dell’articolo 18 sono poco più del 30%), con un basso spirito di avventura (solo il 27,6% andrebbe via in ogni caso) e con basso spirito di sacrificio (solo 13% ha scelto la risposta che includeva questa parola) e pure piuttosto confusi (basti guardare l’altissimo numero di “non so” in alcune domande).
Insomma il quadro di insieme ci consegna dei giovani che per buona parte sembrano vagare per il campo cercando di capire dove è il pallone e correndo (chi più chi meno) all’impazzata, con un po’ di paura di farsi male o di stancarsi troppo, ma soprattutto traspare in buona parte di loro una certa dose di sfiducia forse soprattutto in se stessi. In conclusione il vero problema non è l’attaccamento ai genitori se non per una percentuale comunque superiore alla media europea ma comunque non decisiva, ma piuttosto che buona parte di loro sembra essere stata tenuta finora sotto una campana di vetro o non è stata adeguatamente preparata ad affrontare la vita e ora che serve che loro facciano i gol che i vecchi non riescono più a fare vagano per il campo smarriti e senza una meta chiara.
http://www.termometropolitico.it/i-risu ... la-stampa/
Giovani e Lavoro
Pubblicato il 27/2/2012.
Autore:
Termometro Politico
Committente/ Acquirente:
La Stampa
al link i dati:
http://www.sondaggipoliticoelettorali.i ... aggio=5237
--------------------------------------------------------
I risultati del sondaggio Giovani e Lavoro in collaborazione con La Stampa
Pubblicato il 14 febbraio 2012 da Gianluca Borrelli
Che cosa viene fuori da questi dati?
Una immagine un po diversa da quanto personalmente mi aspettassi. Innanzitutto non è vero (a meno che i rispondenti non abbiano mentito, ma che senso avrebbe in un sondaggio online completamente anonimo?) che i giovani italiani vogliono a tutti i costi stare vicini ai genitori, solo il 14% complessivo ammette questo.
Non è una percentuale piccolissima ed è comunque di più della percentuale di tutti i giovani “inattivi” negli altri paesi, il che vuol dire che pure se si accontentassero tutti quelli che vogliono andare via o sono disposti a farlo se trovassero lavoro (cosa comunque difficile) resterebbe comunque una percentuale di immobilità maggiore che in altri paesi europei. Quindi magari non sono così “mammoni” come si pensa (almeno nelle intenzioni) ma lo sono certamente di più di quelli di altri paesi europei, eppure non sembra essere questo il principale problema. Quelli che accetterebbero qualsiasi cosa purché il posto sia fisso sono già di più ed arrivano quasi al 24%, mentre quasi il doppio invece dice di non importarsene del posto fisso ma quello che conta è fare qualcosa che gli piaccia e dia soddisfazioni personali, il che ci dice che le frasi di Monti sono condivise da moltissimi giovani che non fanno del posto fisso un tabù come si potrebbe pensare. E ora veniamo alle note dolenti: se una gran parte andrebbe via pur di lavorare e accrescere la propria professionalità perché non lo fanno? Per quello che è forse il vero problema del “familismo”. I giovani non vogliono stare vicini alla famiglia per questioni di affetto o nella propria città di origine per comodità, o per lo meno non solo per quello.
Dalla domanda sull’istruzione viene fuori infatti che oltre il 90% considera la formazione e lo studio qualcosa di fondamentale, ma solo il 18% dice di avere tutti gli strumenti e ben il 43,5% lamenta l’inefficienza del sistema scolastico/universitario (forse anche oltre i demeriti del nostro sistema mi verrebbe da dire). Insomma la ragione sembra essere che questi non si sentono adeguati, forse sono timidi, insicuri, certi che la formazione che hanno ricevuto valga poco, con una bassa propensione al rischio (quelli che rinucerebbero esplicitamente alla rete di protezione dell’articolo 18 sono poco più del 30%), con un basso spirito di avventura (solo il 27,6% andrebbe via in ogni caso) e con basso spirito di sacrificio (solo 13% ha scelto la risposta che includeva questa parola) e pure piuttosto confusi (basti guardare l’altissimo numero di “non so” in alcune domande).
Insomma il quadro di insieme ci consegna dei giovani che per buona parte sembrano vagare per il campo cercando di capire dove è il pallone e correndo (chi più chi meno) all’impazzata, con un po’ di paura di farsi male o di stancarsi troppo, ma soprattutto traspare in buona parte di loro una certa dose di sfiducia forse soprattutto in se stessi. In conclusione il vero problema non è l’attaccamento ai genitori se non per una percentuale comunque superiore alla media europea ma comunque non decisiva, ma piuttosto che buona parte di loro sembra essere stata tenuta finora sotto una campana di vetro o non è stata adeguatamente preparata ad affrontare la vita e ora che serve che loro facciano i gol che i vecchi non riescono più a fare vagano per il campo smarriti e senza una meta chiara.
http://www.termometropolitico.it/i-risu ... la-stampa/
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Re: ITALIA-EMERGENZA LAVORO
ILO: "Uscire dalla crisi con il lavoro,
la contrattazione e le politiche industriali"
Parla Raymond Torres, direttore dell'Institute for Labour Studies dell'Ilo, a Roma per presentare a imprese e sindacati il rapporto sulle tendenze globali dell'occupazione.
ROMA –
“Se non verranno adottate misure concrete nei prossimi mesi, si rischia una forte recessione del mercato del lavoro in Europa.
Quando le persone perdono il posto – e ci sono già molti disoccupati di lunga durata – si diffonde lo scoraggiamento e crescono le tensioni sociali, in Europa come in altre parti del mondo.
E le conseguenze sono imprevedibili”.
Raymond Torres è il direttore dell'Institute for Labour Studies dell'Ilo, agenzia Onu del lavoro.
Ieri era Roma per illustrare alle parti sociali il nuovo rapporto sulle tendenze globali dell'occupazione, da poco pubblicato.
Secondo l'economista le politiche di austerity imposte dai governi europei finora hanno penalizzato l'occupazione e hanno frenato la domanda interna.
Per uscire dalla crisi, è necessario creare nuovo lavoro, sostenere i salari già ridotti da anni di compressione e consentire la contrattazione collettiva, fattore di stabilità economica e sociale.
Inoltre, va garantito l'accesso al credito delle piccole imprese e va ricercata una politica industriale orientata al futuro dell'economia europea.
A quattro anni dall'inizio della crisi la disoccupazione non accenna a diminuire, nonostante i segnali di ripresa. A che cosa è dovuto il protrarsi di questa situazione e quali sono le possibili soluzioni al momento?
"La risposta politica degli ultimi 18 mesi è stata tutta focalizzata sull'austerità ma senza la crescita. Questa combinazione è alla base della recessione in molti paesi e dell'aumento della disoccupazione. Per uscirne, le economie avanzate e in particolare quelle europee devono sì ridurre il deficit fiscale ma senza che questo intacchi la spesa pubblica per creare nuovo lavoro con politiche attive e strumenti di sostegno al reddito.
Le misure di austerità da sole non riescono a ottenere una riduzione significativa del deficit sul Pil, come dimostra l'esempio della Spagna, che ha scelto questa politica di rigore ed ha avuto solo un piccolo abbassamento, dal 9,5 del 2010 al 8,5 per cento dell'anno dopo. Inoltre, in questi paesi è estremamente importante evitare la riduzione dei salari, assicurarsi che questi crescano di pari passo con la produttività.
Nelle economie emergenti, invece, va incoraggiata la domanda interna, sia attraverso i salari sia con migliori condizioni di lavoro.
L'economia cinese, ad esempio, finora è dipesa dalle esportazioni e in una fase di calo solo una spinta alla domanda interna può sostenere la crescita".
Come si dovrebbe agire in concreto per riattivare il mercato del lavoro in Europa?
"Le politiche attive del lavoro attuali non sono sufficienti.
I disoccupati devono poter contare su servizi dell'impiego più efficaci, che offrano percorsi di riqualificazione professionale alle persone non formate adeguatamente per rientrare nel mercato. Questi strumenti hanno il vantaggio di costare poco, rispetto ai sussidi o alle riduzioni fiscali, e di ristabilire una certa coesione sociale.
La questione delle politiche attive è legata all'utilizzo dei fondi strutturali europei, che finora non è stato strategico.
Oggi ci vuole una visione nuova, più ampia, specialmente per i lavoratori più giovani.
Penso a una strategia paneuropea per l'occupazione giovanile con il supporto dei fondi strutturali e l'uso massiccio di risorse nei paesi che vivono le condizioni più difficili.
L'altro versante su cui agire è quello dei contratti.
Ci sono troppe forme di lavoro non regolari, troppi contratti a tempo, contratti interinali e persino rapporti di lavoro non dichiarati.
Tutto questo crea un naturale senso di precarietà ma perpetua anche quella situazione di bassa produttività delle figure meno specializzate.
Abbiamo diversi esempi, anche in Europa, di come si possa evitare questa moltiplicazione di contratti precari, attraverso il dialogo sociale e gli accordi tra sindacati e imprese".
Lei ha messo spesso in evidenza il rapporto sbilanciato tra salari, in calo, e produttività, in aumento, negli ultimi anni. Cosa ha prodotto questo squilibrio e come invertire la tendenza?
"Tra le cause c'è sicuramente l'applicazione difforme dei diritti fondamentali del lavoro, a partire dalla libertà di associazione e dalla contrattazione collettiva.
Le relazioni industriali si sono molto indebolite, perché sempre meno persone hanno contratti regolari e possono permettersi di negoziare su salari e condizioni di lavoro.
L'istituto della contrattazione, se ben congegnato, è molto utile come meccanismo di ripresa, perché ha una funzione di stabilizzatore economico automatico che agisce sul mercato del lavoro e dunque non richiede spesa pubblica aggiuntiva.
L'altro aspetto da considerare è legato alla politica di moderazione salariale perseguita per anni, con lo scopo di favorire gli investimenti.
Il risultato è che sono cresciuti i profitti, i dividendi, ma non gli investimenti.
Questo ha favorito solo il consumo da parte dei redditi più alti, il famoso “uno per cento” contestato nelle manifestazioni statunitensi, ma si tratta di un consumo che non genera investimenti produttivi.
Riportare equilibrio tra salari e produttività, oltre che economicamente valido, è una questione innanzitutto di buon senso".
E dal lato delle imprese, della crescita, che suggerimenti si sente di dare?
"Un elemento essenziale per la crescita è la politica industriale, un tema su cui c'è stata poca attenzione per molto tempo.
Ovviamente non si può tornare alle politiche degli anni '70 o '80 ma bisogna trovare strumenti efficaci, come il credito alle piccole imprese.
Dopo quattro anni di crisi ci sono ancora molte aziende che non hanno accesso adeguato al credito ed è impensabile intravedere una possibilità di ripresa in una situazione simile.
Anche in questo caso non mancano le buone pratiche, come i sistemi di garanzia e di mediazione o la creazione di banche pubbliche di investimento.
Le nuove politiche industriali, inoltre, non possono prescindere dagli investimenti sull'ambiente e sulla tecnologia, sui progetti necessari ad affrontare il cambiamento climatico ma anche a creare nuove opportunità di impresa e nuovi posti di lavoro.
Tutto ciò andrebbe fatto partendo da una nuova visione dell'industria europea".
(29 febbraio 2012) © Riproduzione riservata
http://www.repubblica.it/economia/2012/ ... ef=HREC1-6
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Re: ITALIA-EMERGENZA LAVORO
Edili, 30mila in corteo a Roma
Camusso: «Riforma fiscale ora»
CAMUSSO: RISORSE PER AMMORTIZZATORI DAI PATRIMONI
Le risorse per gli ammortizzatori sociali, che il governo ha annunciato di stare cercando, «si potrebbero reperire ad esempio dai patrimoni». Lo dice il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, in piazza insieme ai leader di Cisl e Uil per la manifestazione nazionale degli edili in corso stamattina a Roma. A proposito del reperimento delle risorse, Camusso ha osservato che «siamo passati da situazione in cui il governo diceva che non ci dovevano essere risorse a quella in cui le sta cercando e quindi lo valutiamo positivamente. All'incontro - ha concluso - valuteremo la proposta». «Vogliamo la riforma fiscale, non quando verrà, ora». Sottolineato il leader della Cgil dal palco della manifestazione nazionale dei lavoratori edili. «Una delle condizioni della crescita è la riduzione delle tasse sul lavoro dipendente e sulle imprese. Vorremmo che almeno per una volta si partisse dai lavoratori».
Susanna Camusso dal corteo degli edili dichiara: «Il settore delle costruzioni è sempre stato il classico settore anticiclico. Per questo, se non riparte questo settore non è vero che riparte la crescita. Per questo siamo in piazza oggi a chiedere che si riparta con gli investimenti e che ci sia attenzione a questo sistema». Il segretario generale della Cigl aggiunge: «Questo è un sistema che può anche determinare una diversa qualità dello sviluppo perché come si costruisce ha molto a che fare con questioni come il risparmio energetico e la scelta dei materiali. Quindi elementi di innovazione possono partire da questo settore». Il segretario della Cigl ricorda che il governo «continua in una politica fatta di rigore monetario e politiche di bilancio e non di politiche per la crescita. Chi pensa che da situazione crisi come questa si possa uscire senza uno sforzo pubblico che orienti e determini gli investimenti dice una cosa che non è vera. Ma - sottolinea - non vediamo né nelle liberalizzazioni né nel mercato del lavoro la partenza della fase due. Sono cose necessarie ma - ha concluso - non quello che mette in moto paese».
CORTEO CON CASCHI GIALLI, BANDIERE E BARA PER MORTI SUL LAVORO
Caschi gialli, bandiere, i simboli dei tre sindacati confederali e anche una bara per ricordare il dramma dei morti sul lavoro. È partito il corteo dei lavoratori edili di Cgil, Cisl e Uil che dalla Bocca della Verità arriverà nelle vicinanze dell'Arco di Costantino, presso il Colosseo. Lungo il percorso migliaia di caschi blu e gialli. Obiettivo della protesta è ottenere interventi a favore delle costruzioni in crisi. Ma è anche una protesta contro le morti bianche che affliggono chi lavora nel settore.
È la prima di tre manifestazioni oggi a Roma: nel pomeriggio sfilano i No-Tav contro la costruzione della linea ferroviaria ad Alta velocità Torino-Lione e la Destra di Francesco Storace contro il governo Monti.
La manifestazione indetta da Feneal Uil, Filca Cisl e Fillea Cgil chiede «un tavolo di crisi sulle drammatiche condizioni del settore», ma anche per avere «più sicurezza nei cantieri». “In piazza per costruire il futuro” vuole lanciare «la piattaforma rivendicativa da presentare al governo, per affrontare uno stato che l'intera filiera non viveva dall'immediato dopoguerra».
Sono arrivati a Roma con 150 pullman e più di 1.000 treni, sfilano con caschetti rossi, gialli e blu i lavoratori delle costruzioni impiegati nelle oltre 700 mila aziende italiane. La piattaforma delle rivendicazioni prevede la modifica del sistema pensionistico, il rafforzamento degli ammortizzatori sociali, trasparenza e regolarità del mercato del lavoro, blocco selettivo del Patto di stabilità. Gli edili chiedono al governo «un nuovo modello di sviluppo, basato su equità e giustizia sociale». Preoccupazione primaria dei tre sindacati è «l'aumento delle disoccupazione, intrecciato all'aumento del lavoro nero e del caporalato», perché «se le banche non investono e i privati neanche, chi investe alla fine è la criminalità organizzata».
I manifestanti sfilano anche con un 'carro funebre' con una 'bara' per richiamare l'attenzione sui tragici numeri dei morti sul lavoro. Con un pensiero al 26enne deceduto l'altro giorno per un incidente in un cantiere della metro C proprio a Roma. Oltre ai leader di Feneal, Filca e Fillea, Antonio Correale, Domenico Pesenti e Walter Schiavella, durante il comizio finale prenderanno la parola dal palco, dopo alcune testimonianze di lavoratori delle aziende in crisi, anche i segretari generali confederali Luigi Angeletti, Raffaele Bonanni e Susanna Camusso.
http://www.unita.it/economia/edili-in-c ... e-1.387804
Camusso: «Riforma fiscale ora»
CAMUSSO: RISORSE PER AMMORTIZZATORI DAI PATRIMONI
Le risorse per gli ammortizzatori sociali, che il governo ha annunciato di stare cercando, «si potrebbero reperire ad esempio dai patrimoni». Lo dice il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, in piazza insieme ai leader di Cisl e Uil per la manifestazione nazionale degli edili in corso stamattina a Roma. A proposito del reperimento delle risorse, Camusso ha osservato che «siamo passati da situazione in cui il governo diceva che non ci dovevano essere risorse a quella in cui le sta cercando e quindi lo valutiamo positivamente. All'incontro - ha concluso - valuteremo la proposta». «Vogliamo la riforma fiscale, non quando verrà, ora». Sottolineato il leader della Cgil dal palco della manifestazione nazionale dei lavoratori edili. «Una delle condizioni della crescita è la riduzione delle tasse sul lavoro dipendente e sulle imprese. Vorremmo che almeno per una volta si partisse dai lavoratori».
Susanna Camusso dal corteo degli edili dichiara: «Il settore delle costruzioni è sempre stato il classico settore anticiclico. Per questo, se non riparte questo settore non è vero che riparte la crescita. Per questo siamo in piazza oggi a chiedere che si riparta con gli investimenti e che ci sia attenzione a questo sistema». Il segretario generale della Cigl aggiunge: «Questo è un sistema che può anche determinare una diversa qualità dello sviluppo perché come si costruisce ha molto a che fare con questioni come il risparmio energetico e la scelta dei materiali. Quindi elementi di innovazione possono partire da questo settore». Il segretario della Cigl ricorda che il governo «continua in una politica fatta di rigore monetario e politiche di bilancio e non di politiche per la crescita. Chi pensa che da situazione crisi come questa si possa uscire senza uno sforzo pubblico che orienti e determini gli investimenti dice una cosa che non è vera. Ma - sottolinea - non vediamo né nelle liberalizzazioni né nel mercato del lavoro la partenza della fase due. Sono cose necessarie ma - ha concluso - non quello che mette in moto paese».
CORTEO CON CASCHI GIALLI, BANDIERE E BARA PER MORTI SUL LAVORO
Caschi gialli, bandiere, i simboli dei tre sindacati confederali e anche una bara per ricordare il dramma dei morti sul lavoro. È partito il corteo dei lavoratori edili di Cgil, Cisl e Uil che dalla Bocca della Verità arriverà nelle vicinanze dell'Arco di Costantino, presso il Colosseo. Lungo il percorso migliaia di caschi blu e gialli. Obiettivo della protesta è ottenere interventi a favore delle costruzioni in crisi. Ma è anche una protesta contro le morti bianche che affliggono chi lavora nel settore.
È la prima di tre manifestazioni oggi a Roma: nel pomeriggio sfilano i No-Tav contro la costruzione della linea ferroviaria ad Alta velocità Torino-Lione e la Destra di Francesco Storace contro il governo Monti.
La manifestazione indetta da Feneal Uil, Filca Cisl e Fillea Cgil chiede «un tavolo di crisi sulle drammatiche condizioni del settore», ma anche per avere «più sicurezza nei cantieri». “In piazza per costruire il futuro” vuole lanciare «la piattaforma rivendicativa da presentare al governo, per affrontare uno stato che l'intera filiera non viveva dall'immediato dopoguerra».
Sono arrivati a Roma con 150 pullman e più di 1.000 treni, sfilano con caschetti rossi, gialli e blu i lavoratori delle costruzioni impiegati nelle oltre 700 mila aziende italiane. La piattaforma delle rivendicazioni prevede la modifica del sistema pensionistico, il rafforzamento degli ammortizzatori sociali, trasparenza e regolarità del mercato del lavoro, blocco selettivo del Patto di stabilità. Gli edili chiedono al governo «un nuovo modello di sviluppo, basato su equità e giustizia sociale». Preoccupazione primaria dei tre sindacati è «l'aumento delle disoccupazione, intrecciato all'aumento del lavoro nero e del caporalato», perché «se le banche non investono e i privati neanche, chi investe alla fine è la criminalità organizzata».
I manifestanti sfilano anche con un 'carro funebre' con una 'bara' per richiamare l'attenzione sui tragici numeri dei morti sul lavoro. Con un pensiero al 26enne deceduto l'altro giorno per un incidente in un cantiere della metro C proprio a Roma. Oltre ai leader di Feneal, Filca e Fillea, Antonio Correale, Domenico Pesenti e Walter Schiavella, durante il comizio finale prenderanno la parola dal palco, dopo alcune testimonianze di lavoratori delle aziende in crisi, anche i segretari generali confederali Luigi Angeletti, Raffaele Bonanni e Susanna Camusso.
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Re: ITALIA-EMERGENZA LAVORO
L’Italia è ferma da 20 anni si torni all’economia mista»
Di Rinaldo Gianola
26 gennaio 2012
Giuseppe Berta, storico dell’industria, già responsabile dell’Archivio Fiat, docente all’Università Bocconi, interviene nella discussione aperta dall’Unità sulla crisi del capitalismo concentrandosi sulle difficoltà del nostro sistema, sui ritardi anche culturali delle imprese, sulla carenza di leadership e sul ruolo dello Stato e della politica.
“omissis…
siamo di fronte alla progressiva scomparsa delle grandi imprese in Italia, quelle che una volta stabilivano le regole, indicavano le linee di sviluppo, facevano pesare i loro interessi e le loro fabbriche.
Il capitalismo industriale ha abdicato o è scappato, bisogna distinguere i casi, ma non esiste più come lo abbiamo conosciuto.
Saranno contenti gli amici di Mediobanca guidati dal dottor Coltorti che da tempo studiano questo fenomeno.
È un cambiamento epocale che ci impone alcune domande. Con questa architettura industriale il Paese regge?
Con imprese brillanti ma fragili ce la possiamo fare?.
Il problema è che non ci sono quelle grandi.
E bisogna stare attenti quando si parla di dinamismo.
Sto terminando una ricerca per conto delle Camere di commercio di Milano e Torino sulle modifiche del tessuto economico sull’asse delle due capitali dell’industrializzazione del Paese.
Uno dei dati che emerge è che la dimensione delle imprese è sempre più piccola, c’è una polverizzazione del tessuto economico.
Ma il fenomeno non è un sintomo di una nuova stagione di sviluppo.
I nuovi imprenditori sono oggi ex operai o impiegati che sono stati licenziati e che non trovano un altro posto e quindi s’inventano l’aziendina.
Dobbiamo far crescere le medie imprese, dobbiamo farle diventare protagoniste assolute sui mercati.
Dobbiamo riprendere il comando in qualche settore.
È necessario che Mapei, Brembo, Zegna, Carbonato e gli altri diventino più forti, che facciano il lavoro di innovazione, investimento, ricerca, anche di confronto con la politica e il governo che una volta svolgevano le grandi imprese.
Omissis…
Prendiamo un’impresa eccellente come la Ferrero.
Ha sei miliardi di euro di ricavi.
Ci sembrano tanti se guardiamo ad Alba,
ma non sono nulla se li confrontiamo con i 93 miliardi di Nestlè.
Ferrero avrebbe potuto conquistare la britannica Cadbury oppure prendersi Parmalat.
Ma non lo ha fatto, ci hanno pensato altri concorrenti internazionali.
Ferrero è grande, forte, ma fino a quando potrà resistere?
Oggi in Italia arriva un investitore russo e si compra la Gancia,
una piccola azienda ma con una lunga storia, senza opposizioni.
Non riusciamo a difendere nulla.
…omissis…
È assurdo perdere un primato come quello che avevamo nella moda o nell’agroalimentare.
C’è poco da essere ottimisti.
Negli ultimi vent’anni abbiamo perso la Montedison, l’Olivetti, c’è stato un ridimensionamento della Pirelli.
E la tendenza generale del nostro capitalismo industriale è quella di diventare più piccolo.
Così non andiamo lontano.
Dobbiamo ripensare il nostro modello economico.
L’Italia è cresciuta, si è sviluppata, quando si è affidata a quella formula mista di interventi dello Stato e di mobilitazione di energie private.
Così siamo diventati un grande paese industriale.
Il matrimonio pubblico-privato, con tutti i suoi difetti e patologie, ha segnato le migliori stagioni della nostra economia.
…omissis…
Gli anni 90 hanno visto la crisi dei grandi gruppi industriali, la fine di quell’economia mista che aveva caratterizzato il dopoguerra, il crollo della classe politica della Prima Repubblica.
Mani pulite denunciò i gravi fenomeni di commistione tra politica e impresa, la degenerazione dei rapporti tra pubblico e privato.
Non si poteva andare avanti così.
Ma da storico mi pongo il problema di capire come mai da vent’anni questo Paese non cresce più, perde posizioni, non produce nuovi leader imprenditoriali di livello mondiale.
In tutto il mondo si discute dell’intervento pubblico.
Omissis…
Lo Stato ha salvato banche, assicurazioni e anche Wall Street in questi anni.
Il premio Nobel Paul Krugman, sul suo blog, sta dicendo che il debito pubblico non
è un vincolo terribile, che si deve pensare anche al patrimonio, alle attività che ogni Paese indebitato possiede.
La questione dell’intervento pubblico è centrale.
Personaggi come Valletta, Olivetti e Mattei avevano ben chiara la loro missione imprenditoriale e quali interessi tutelare, ma nessuno di loro si è mai sognato di sminuire il ruolo della politica e di fare a meno dello Stato.
Ezio Vanoni propugnava la cooperazione virtuosa tra lo Stato e le forze private dell’impresa.
Segue al link:
http://www.unita.it/italia/l-italia-e-f ... a-1.375655
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Re: ITALIA-EMERGENZA LAVORO
Tranquilli, baby fornero si annoia ancor di più. Ne ha due, di lavori.
"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
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Re: ITALIA-EMERGENZA LAVORO
Turbo-liberisti senza benzina
Di Nicola Cacace 26 gennaio 2012
Nel dibattito sulla crisi emergono con chiarezza i due principali fattori che l’hanno determinata, gli eccessi della finanza che hanno drogato un’economia basata su consumi e debiti, un calo della domanda da grandi diseguaglianze.
La svolta della crisi è datata anni 80, con la vittoria della filosofia iperliberista avviata da Reagan e Thatcher.
Tra i primi a denunciare i pericoli del nuovo corso va ricordato uno studioso non di sinistra, Edward Luttwak, che nel suo Turbo-Capitalism (1998) avvertiva:
«Lo chiamano libero mercato ma io lo definisco turbo capitalismo perché del tutto diverso dal capitalismo controllato che ha prosperato sino agli anni Ottanta…
Ciò che i profeti del turbocapitalismo predicano è che l’impresa privata sia completamente liberata da regolamentazioni governative, senza intromissioni da parte dei sindacati e senza precisare nulla sulla distribuzione della ricchezza. Permettere al turbo capitalismo di avanzare senza ostacoli significa disintegrare la società in piccole élite di vincitori e masse di perdenti ».
E oggi, quando tutti parlano di crescita oltre al rigore,
dobbiamo ripensare una crescita ispirata alla qualità più che alla quantità, perché
«crescere diversamente significa tentare di creare nuove condizioni ispirate a nuovi valori, in cui l’acquisizione quantitativa non esaurisce l’intera esperienza umana»
(Mauro Magatti).
Per uscire dalla teoria, faccio alcuni casi concreti:
l’eguaglianza, la produttività, la centralità del valore lavoro, i tempi di lavoro e di vita, le delocalizzazioni.
C’è evidenza statistica che l’eguaglianza è anche fattore di crescita.
I sei Paesi europei a minor diseguaglianza, Germania, Olanda e i quattro Paesi scandinavi, sono i Paesi europei a più alto Pil procapite.
Da anni la produttività in Italia non cresce (al pari del Pil), rispetto al 2 per cento l’anno medio di crescita in Europa.
Come dimostrato anche dai ricalcoli Istat sull’export, la produttività cresce quando la qualità migliora.
E più qualità si ottiene con più formazione da lavoro stabile, più istruzione, ricerca e sviluppo e soprattutto con misure di politica economica che stimolino l’innovazione.
Nel periodo della ricostruzione post-bellica il valore è stato riconosciuto nell’obiettivo ricostruzione e nella centralità del lavoro.
Chi non ricorda il Piano del lavoro Cgil di Di Vittorio?
A partire dagli anni 80 il consumo e l’arricchimento individuale hanno dominato, e ciò è dimostrato anche dai diversi andamenti dei tempi di lavoro e di vita.
Mentre prima la settimana lavorativa si era accorciata da 48 a 40 ore, successivamente il trend si è invertito, gli orari sono aumentati.
Grazie (purtroppo) alla defiscalizzazione degli straordinari oggi in Europa l’Italia è, con la Grecia, il paese col tasso di occupazione più basso e gli orari più lunghi.
A differenza di Germania ed Olanda - orari più corti e occupazione massima - che,
giocando su riduzioni di orario e contratti di solidarietà, hanno aumentato l’occupazione anche in presenza di Pil negativo.
Le delocalizzazioni non sono sempre da condannare, la
«distruzione creatrice»
è necessaria in periodi di veloci cambiamenti.
Sono però da condannare le delocalizzazioni decise non per perdite di bilancio ma per puro obiettivo di massimizzazione dei profitti, come hanno fatto Omsa e molte altre imprese.
Un capitalismo moderno è anche quello dove le imprese tengono conto degli interessi di tutti gli stakeholder.
Perciò il nuovo modello di sviluppo deve puntare sulla qualità, non solo dei prodotti e dei servizi ma anche delle imprese e favorire quelle che,
al pari delle cooperative,
sono attente agli interessi intergenerazionali di tutti i fattori,
lavoratori,
azionisti,
territorio,
ambiente.
http://www.unita.it/italia/turbo-liberi ... a-1.375650
Di Nicola Cacace 26 gennaio 2012
Nel dibattito sulla crisi emergono con chiarezza i due principali fattori che l’hanno determinata, gli eccessi della finanza che hanno drogato un’economia basata su consumi e debiti, un calo della domanda da grandi diseguaglianze.
La svolta della crisi è datata anni 80, con la vittoria della filosofia iperliberista avviata da Reagan e Thatcher.
Tra i primi a denunciare i pericoli del nuovo corso va ricordato uno studioso non di sinistra, Edward Luttwak, che nel suo Turbo-Capitalism (1998) avvertiva:
«Lo chiamano libero mercato ma io lo definisco turbo capitalismo perché del tutto diverso dal capitalismo controllato che ha prosperato sino agli anni Ottanta…
Ciò che i profeti del turbocapitalismo predicano è che l’impresa privata sia completamente liberata da regolamentazioni governative, senza intromissioni da parte dei sindacati e senza precisare nulla sulla distribuzione della ricchezza. Permettere al turbo capitalismo di avanzare senza ostacoli significa disintegrare la società in piccole élite di vincitori e masse di perdenti ».
E oggi, quando tutti parlano di crescita oltre al rigore,
dobbiamo ripensare una crescita ispirata alla qualità più che alla quantità, perché
«crescere diversamente significa tentare di creare nuove condizioni ispirate a nuovi valori, in cui l’acquisizione quantitativa non esaurisce l’intera esperienza umana»
(Mauro Magatti).
Per uscire dalla teoria, faccio alcuni casi concreti:
l’eguaglianza, la produttività, la centralità del valore lavoro, i tempi di lavoro e di vita, le delocalizzazioni.
C’è evidenza statistica che l’eguaglianza è anche fattore di crescita.
I sei Paesi europei a minor diseguaglianza, Germania, Olanda e i quattro Paesi scandinavi, sono i Paesi europei a più alto Pil procapite.
Da anni la produttività in Italia non cresce (al pari del Pil), rispetto al 2 per cento l’anno medio di crescita in Europa.
Come dimostrato anche dai ricalcoli Istat sull’export, la produttività cresce quando la qualità migliora.
E più qualità si ottiene con più formazione da lavoro stabile, più istruzione, ricerca e sviluppo e soprattutto con misure di politica economica che stimolino l’innovazione.
Nel periodo della ricostruzione post-bellica il valore è stato riconosciuto nell’obiettivo ricostruzione e nella centralità del lavoro.
Chi non ricorda il Piano del lavoro Cgil di Di Vittorio?
A partire dagli anni 80 il consumo e l’arricchimento individuale hanno dominato, e ciò è dimostrato anche dai diversi andamenti dei tempi di lavoro e di vita.
Mentre prima la settimana lavorativa si era accorciata da 48 a 40 ore, successivamente il trend si è invertito, gli orari sono aumentati.
Grazie (purtroppo) alla defiscalizzazione degli straordinari oggi in Europa l’Italia è, con la Grecia, il paese col tasso di occupazione più basso e gli orari più lunghi.
A differenza di Germania ed Olanda - orari più corti e occupazione massima - che,
giocando su riduzioni di orario e contratti di solidarietà, hanno aumentato l’occupazione anche in presenza di Pil negativo.
Le delocalizzazioni non sono sempre da condannare, la
«distruzione creatrice»
è necessaria in periodi di veloci cambiamenti.
Sono però da condannare le delocalizzazioni decise non per perdite di bilancio ma per puro obiettivo di massimizzazione dei profitti, come hanno fatto Omsa e molte altre imprese.
Un capitalismo moderno è anche quello dove le imprese tengono conto degli interessi di tutti gli stakeholder.
Perciò il nuovo modello di sviluppo deve puntare sulla qualità, non solo dei prodotti e dei servizi ma anche delle imprese e favorire quelle che,
al pari delle cooperative,
sono attente agli interessi intergenerazionali di tutti i fattori,
lavoratori,
azionisti,
territorio,
ambiente.
http://www.unita.it/italia/turbo-liberi ... a-1.375650
Chi c’è in linea
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