Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la SX?

E' il luogo della libera circolazione delle idee "a ruota libera"
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cielo 70
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la

Messaggio da cielo 70 »

Mi pare come quelli che dicono che la contrapposizione è fra apertura e chiusura. Logicamente nella prima c'è la mondializzazione e il capitalismo senza regole.
UncleTom
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la

Messaggio da UncleTom »

error
aaaa42
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la

Messaggio da aaaa42 »

caro zione prima di parlare dei grandi progetti, progetti epocali che noi assemblearisti virtuali della corazzata potionkin
abbiamo nelle nostre menti, in nome del socialismo scientifico e del comunismo spirituale dobbiamo prima parlare dei nostri cadaveri che abbiamo nei nostri armadi.

noi sinistra discendiamo dagli ebrei e da una famiglia imperiale.
e da li che nascono le nostre contraddizioni e le nostre crisi materialistiche esistenziali.
carletto marx era ebreo ricco figlio di papa , studente boheme .
il carletto a 23 anni chi ti va a sposare ?
la rampolla della famiglia imperiale una imperatrice che trattava Bismark come squattero.
e cosa disse carletto del fratello della consorte imperiale. e talmente stupido ed ignorante che lo faranno ministro.
tre giorni dopo il fratellino divenne ministro.
il socialismo nacque da una costola, gli ebrei e l altra costola dalla famiglia imperiale tedesca.

con queste premesse il socialismo non puo che essere contraddizione.
e il filosofo marx libero le contraddizioni con la dialettica hegeliana capovolta, il socialismo naque dal filosofo hegel impiccato a
piazzale loreto a milano con la testa giu e i piedi in alto la dialettica capovolta ossia il materialismo storico.

il socialismo naque dal cadavere di hegel ora nel nostro armadio.

il socialismo e la storia dei cadaveri nei nostri armadi.
il suicidio di eleonor marx tradita nello spirito da un uomo squallido e li cadavere nei nostri armadi.

i traditori del socialismo da parte di bernestein e di una parte della socialdemocrazia tedesca, questi cadaveri, da cadaveri hanno partorito figli cadaveri i vari holland blair shulze. questi cadaveri non sono nei nostri armadi ma nei cimiteri.

nei nostri armadi c e il cadavere di vladimiro lenin assassinato da stalin dopo la lettera al congresso.
nei nostri armadi c e Trosky assasinato da stalin, grande socialista libertario e purtroppo grande conformista comunista nemico della politica economica della nep.
nei nostri armadi c e il cadavere di BUCHARIN, l erede di LENIN con lui gli stati uniti d america sarebbero diventati il piu grande paese socialista dell internazionale futura umanita. il saggio di bucharin innefficienza economica organnnizata. una follia pura un saggio sulla gestione delle risorse umane in epoca stalinista. una opera storica scritta nel momento peggiore, inevitabile la fucilazione da parte di stalin.
nei nostri armadi c e il cadavere di Antonio GRAMSCI un comunista poststaliniano
culturalmente fondatore del comunismo umanista.
lasciato morire in carcere da un patto tra togliatti e mussolini sulla dolcemorte.
gramsci libero avrebbe fatto una fine peggiore di Trosky.

vedi zione il nostro futuro congresso oversea congress real time dell internazionale 2 e mezzo sulla corrazzata Potiomkin a largo di odessa
dovra vivere dentro i nostri armadi con i nostri cadaveri.
ma se uno solo dei nostri cadaveri dovesse rinascere allora noi veniamo da lontano e andiamo lontano, l unico cosa impossibile per noi e prendere il caffe la mattina.
UncleTom
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la

Messaggio da UncleTom »

…….DEMOCRISTIANI DE FATTO…….ORA ET SEMPER…




SEMBRA CHE UN DEMOCRISTIANO NATURALE COME ENRICO LETTA RIFIUTI QUESTO PD DI DESTRA TARGATO PINOCCHIO MUSSOLONI.

INVECE UN TRAVESTITO DA SINISTRA COME VELTRONI LO VOTA ANCORA.

CON PERSONAGGETTI DI QUESTO STAMPO LA SINISTRA NON POTEVA CHE FARE LA FINE CHE HA FATTO.






2 giu 2017 13:29
IL SILURO DI VELTRONI A RENZI: “COL PROPORZIONALE E’ UN RITORNO AGLI ANNI ’80"


- POI AFFONDA LA PROSPETTIVA DI UN GOVERNISSIMO PD-FORZA ITALIA: "RISCHIA DI ALIMENTARE LA PROTESTA"

– "LETTA POTREBBE NON VOTARE IL PD? IO LO FARO’ COMUNQUE…"
UncleTom
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la

Messaggio da UncleTom »

INTERVISTA
"Benvenuti nell’epoca 
del fascismo sociale"
Il neoliberismo ha sdoganato la legge del più forte. E così siamo tornati alla giungla. La critica del grande sociologo Boaventura de Sousa Santos
DI GIULIANO BATTISTON
05 giugno 2017
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«Fascismo sociale». Boaventura de Sousa Santos non usa mezzi termini. La fase storica che stiamo attraversando è segnata dalla coesistenza tra regimi politicamente democratici e socialmente fascisti.

Per il sociologo portoghese, direttore del Center for Social Studies dell’università di Coimbra, tra i padri-fondatori del Forum sociale mondiale, intellettuale di riferimento del movimento altermondialista, la democrazia è in crisi, e la socialdemocrazia europea a rischio, perché sta venendo meno il contratto sociale, sostituito dal «ritorno dello stato di natura». Per salvare l’uno e l’altra, sostiene nel suo ultimo libro, “La Difícil democracia”, «la sinistra deve imparare dal Sud del mondo». 
E seguire due strategie: «Polarizzare le contraddizioni tra oppressi e oppressori» e «depolarizzare quelle 
tra gli oppressi». Lo abbiamo incontrato nel suo studio all’università di Coimbra.

Nel suo ultimo libro lei sostiene che la democrazia abbia perso quella tensione produttiva con il capitalismo che, almeno in Europa, ha dato vita a una forma particolare di contratto sociale, la socialdemocrazia. Perché è in crisi?
«Perché viviamo una tensione di fondo tra il costituzionalismo nazionale, 
dove sono state iscritte le regole democratiche, e il costituzionalismo globale, intrinsecamente anti-democratico, fatto di capitale finanziario, multinazionali, accordi di libero commercio, e mosso soltanto da avidità, accumulazione e profitto, un profitto cercato sempre più non nell’economia produttiva, ma nella finanza. In Europa la tensione tra democrazia e capitalismo sta scomparendo perché in sostanza scompare la democrazia, svuotata 
dei suoi contenuti. Dopo la seconda guerra mondiale abbiamo provato a costruire una democrazia liberale corretta in nome della sovranità popolare, con la redistribuzione della ricchezza, l’inclusione sociale, i diritti economici e sociali, non solo civili 
e politici. La socialdemocrazia era 
una via democratica al socialismo, alternativa alla via rivoluzionaria. 
Oggi è minacciata perché nessuno - neanche le forze progressiste - ha preso sul serio i Trattati dell’Unione europea, espressione del neoliberismo che punta a distruggere la socialdemocrazia dall’alto al basso, evitando di passare per i contesti nazionali, caratterizzati da partiti socialisti e progressisti organizzati, Costituzioni forti, movimenti sindacali».

Lei ha parlato della «fine del contratto sociale», a causa di due tendenze opposte ma complementari, il pre e il post-contrattualismo, che si traducono nel «predominio strutturale dei fenomeni di esclusione»: il fascismo sociale. Di cosa si tratta?
«È la coesistenza tra regimi politici formalmente democratici e relazioni sociali sostanzialmente fasciste. 
In Europa, con la fine della guerra, abbiamo pensato che il fascismo fosse un particolare regime politico, 
e che fossimo ormai pienamente democratici. Ma dietro al fascismo ci sono delle specifiche relazioni sociali, quelle che le popolazioni coloniali hanno vissuto quando erano alla mercé dei padroni, degli amministratori coloniali, della filantropia delle chiese. Vivevano ciò che definisco come un’esclusione abissale, che li rendeva non del tutto umani, privi di diritti, alla mercé degli altri. Oggi assistiamo a una doppia dinamica simile: da una parte fasce 
di popolazione sempre più ampie sono escluse sin dall’inizio dal contratto sociale, non hanno speranza di potervi entrare a far parte - è il pre-contrattualismo, la contrazione della società civile - dall’altra si allarga 
la “società civile incivile”, composta da tutte quelle persone che vengono sbattute fuori dalla società civile, 
nella giungla sociale (il post-contrattualismo), nello stato di natura, in condizioni simili a quelle vissute dalle popolazioni coloniali».

Qui c’è traccia di una sua convinzione profonda: l’idea che il capitalismo si accompagni sempre a due altre forme di sfruttamento e dominio, il colonialismo e il patriarcato...
«È così. È un’illusione ritenere che il colonialismo sia finito. Oggi non passa più per l’occupazione militare, ma per xenofobia, razzismo, discriminazione, esclusione sociale, saccheggio delle risorse naturali. Ci siamo illusi - anche a causa di Marx - che con l’evoluzione delle società moderne il contratto sociale avrebbe eliminato lo stato di natura originario, progressivamente abbandonato. Ci siamo scordati, invece, che una volta creato il contratto sociale abbiamo creato anche lo stato di natura. Non era visibile, perché vigeva nelle colonie, ma non è mai sparito. E oggi 
torna nelle nostre società, dove 
la tensione tra i due principi della regolamentazione e dell’emancipazione sociale viene sostituita con quella tra violenza 
e appropriazione, che pensavamo riservata alle colonie».

A dispetto delle critiche che rivolge alla «democrazia di bassa intensità», compatibile con il fascismo sociale, lei sostiene che la democrazia debba restare un orizzonte utopico, «un’utopia concreta e realistica». 
Ma può ancora essere uno strumento di emancipazione?
«Il Ventesimo secolo è cominciato con la rivoluzione e il riformismo, due modelli di trasformazione sociale diversi ma entrambi legittimi, che hanno diviso la sinistra. Con la caduta del muro di Berlino sono collassati sia il comunismo sia la socialdemocrazia, e il neoliberismo ne ha approfittato per sostenere che non ci sono alternative. Non è così. Non abbiamo bisogno di alternative, ma di un modo alternativo di pensare alle alternative. 
Per farlo possiamo seguire due criteri: da una parte ripensare profondamente le nostre categorie occidentali, archiviando per esempio il binomio riforma-rivoluzione e l’idea che la democrazia sia alternativa alla rivoluzione, perché oggi se vogliamo salvare la democrazia e il contratto sociale dalle forze antidemocratiche 
e oligarchiche dobbiamo essere rivoluzionari; e dall’altra compiere un atto di umiltà, andando al Sud globale per imparare dal Sud. In particolare, l’Europa dovrebbe andare a scuola 
dal resto del mondo, da studente».

L’Europa cosa imparerebbe, 
se sviluppasse una «epistemologia del Sud»?
«Che non esistono soltanto due forme di democrazia, quella rappresentativa e, al meglio, quella partecipativa, ma una demodiversità: modi diversi di deliberare, decidere, discutere. E che l’economia capitalistica va ripensata. Non per eliminarla, ma perché le società sono plurali a livello economico: esistono economie contadine, socialiste, indigene, popolari, cooperative... Con la mia epistemologia del Sud suggerisco 
due altre coordinate, per l’Europa e la sinistra: polarizzare le contraddizioni tra oppressi e oppressori, per evitare che gli oppressi votino e si identifichino con gli oppressori, come nel caso di Trump, e depolarizzare le differenze tra gli oppressi, tra donne, rifugiati, contadini, lavoratori, immigrati. A causa della tradizione di dogmatismo e settarismo della sinistra è un’operazione difficile. Ma è possibile, come dimostra l’attuale governo progressista del Portogallo».
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http://espresso.repubblica.it/internazi ... e-1.303106
UncleTom
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la

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MARCIA FUNEBRE DI CHOPIN - ARRANGIAMENTO PER BANDA


Pubblicato il 09 mar 2015
MARCIA FUNEBRE DI CHOPIN - ARRANGIATA DA MUSICA PER BANDA
La marcia funebre piu' famosa al mondo... quella di Chopin Op 35. Una versione che puo' essere eseguita con facilita' tanto dai piccoli gruppi che dalle bande più grandi. Indicatissima per la processione del..........la sinistra.




https://www.youtube.com/watch?v=HQ3rugn79V8
UncleTom
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la

Messaggio da UncleTom »

UncleTom ha scritto:MARCIA FUNEBRE DI CHOPIN - ARRANGIAMENTO PER BANDA


Pubblicato il 09 mar 2015
MARCIA FUNEBRE DI CHOPIN - ARRANGIATA DA MUSICA PER BANDA
La marcia funebre piu' famosa al mondo... quella di Chopin Op 35. Una versione che puo' essere eseguita con facilita' tanto dai piccoli gruppi che dalle bande più grandi. Indicatissima per la processione del..........la sinistra.




https://www.youtube.com/watch?v=HQ3rugn79V8




I diari segreti di Trentin: da Lama a Occhetto, le critiche ai leader



Giovedì 15 giugno, alle 11, A Montecitorio si terrà la presentazione del libro a cura di Iginio Ariemma ,
Milano, 8 giugno 2017 - 00:04

Trentin, escono i diari segreti Critiche ai leader della sinistra: da Luciano Lama a Fausto Bertinotti

«Nella Cgil è in corso una guerra tra bande. Basse manovre da Lama...Quello di Bertinotti è un movimentismo senza obiettivi. Ha una meschina ambizione di protagonismo»

di Marco Cianca

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Il dolore di Bruno Trentin. Inaspettato e sconvolgente. «Avverto un’immensa fatica fisica e intellettuale, affettiva, tanto che mi pare a momenti di dovermi gettare ai margini di un sentiero e di morire, così, per esaurimento, per incapacità di esprimermi, per disamore per la vita e la lotta, e semplicemente perché non ho più voglia di battermi e di farmi capire», scrive a metà agosto del 1992. Sono passati quindici giorni da quel venerdì 31 luglio che ha segnato il momento più tribolato della sua vita da sindacalista.

La paura del fallimento

La firma di un’intesa nella quale non credeva, spinto dal timore che il fallimento della trattativa con il governo avrebbe avuto «effetti incalcolabili sulla situazione finanziaria del Paese». Aveva firmato, per «salvare la Cgil», e si era dimesso. «Che cosa sarebbe successo rifiutando l’accordo, con tutte le sue nefandezze? Nel mezzo di una catastrofe finanziaria, a chi sarebbe stata attribuita la svalutazione della lira?», annota. «Un inferno dentro di me», e intorno «tanti opportunismi». «Miseria di Amato», «miseria di Del Turco», «miseria degli altri sindacati», «miseria delle reazioni elettoralistiche di gran parte del Pds».

Il pubblico e il privato
Pubblico e privato Senso di solitudine, incomprensione, sofferta alterità ma anche gioia di vivere, voglia di scrivere, di leggere, di andare in montagna: questi sentimenti permeano le cinquecento pagine dei diari, dal 1988 al 1994, che l’Ediesse sta mandando in libreria. Riflessioni culturali e politiche si alternano ai giudizi sulle persone e alle notazioni di vita quotidiana, la coltivazione di fiori ad Amelia, le suggestioni alpine a San Candido, le passeggiate, le scalate, i tanti, tantissimi libri, i viaggi, l’amore per Marcelle Padovani, chiamata affettuosamente Marie. È lei a spiegare che la decisione di pubblicare i diari non è stata facile, «testi nudi e crudi, molto passionali ed unilaterali» ma che servono a «far capire meglio la figura, la personalità e l’importanza di Trentin».

L’inquieta giovinezza

Iginio Ariemma, che da tempo svolge un intenso lavoro di scoperta e divulgazione di testi che riguardano l’ex segretario della Cgil, ha curato questa sorprendente pubblicazione. Sette anni che sconvolsero l’Italia e il mondo (la caduta del muro di Berlino, il disfacimento dei regimi comunisti, il cambio di nome del Pci, Tangentopoli, i bagliori di guerra in Kuwait e Iraq, la caduta di Craxi, l’ascesa di Berlusconi) visti con occhi attenti, impietosi e anche profetici. Nato in Francia nel 1926, figlio di Silvio, professore universitario che aveva scelto di andare in esilio per non sottostare al fascismo, uno dei fondatori di Giustizia e Libertà, Bruno fu subito ribelle. Il padre organizzava la resistenza ma avrebbe voluto che il figlio continuasse gli studi. Lui s’incise sulla coscia destra una croce di Lorena come omaggio al generale De Gaulle e a France Libre, formò una piccola banda e fu arrestato dalla polizia francese passando in guardina il sedicesimo compleanno così come il diciassettesimo lo trascorse in una cella italiana, dopo il ritorno in Patria con la famiglia nel ’43.

La frase su Robespierre
La guerra partigiana, il Partito d’Azione, la laurea, l’ufficio studi della Cgil chiamato da Vittorio Foa, nel ’50 l’iscrizione al Pci, i metalmeccanici, l’autunno caldo, i vertici della confederazione. E poi segretario generale, dall’88 al ’94, appunto. Eccolo Bruno Trentin, crogiuolo d’idee, di rigore, di sensibilità e di esperienze, un eretico della sinistra, un libertario in mezzo a una folla di «ometti». È indicativa una frase su Robespierre: «Lo sento lontano culturalmente e anche psicologicamente e nello stesso tempo vicino umanamente quando lo riscopro così solo, così tormentato, così coerente (e incerto) nella sua ansia di vivere in accordo con la sua morale e le sue speranze». E Trentin, con una ghigliottina etica, politica e umana taglia tante teste. Giudizi sprezzanti, definizioni impietose, conclamata estraneità.

La lista nera
Un elenco che farà sobbalzare. Guido Carli, Ciriaco De Mita, Bettino Craxi, Giuliano Amato, Paolo Cirino Pomicino, Napoleone Colajanni, Gianni De Michelis, Lucio Colletti, i dirigenti della Confindustria, Pierre Carniti, Franco Marini, Sergio D’Antoni, Giuliano Cazzola. Disprezzo per gli «intellettuali a pagamento» e «i vecchi saccenti senza vergogna e senza il minimo residuo di morale politica ed intellettuale». A proposito della Cgil: «Guerra per bande», «basse manovre di Lama e compagni prima dell’ultimo congresso», «tragico tramonto», «metastasi inestricabile», «miserabile scenario». Quando nell’88 parte la contestazione ad Antonio Pizzinato, evidenzia «un attacco torbido e cinico» ma rimarca «una reazione debole, patetica e astiosa» da parte dell’allora segretario.

Il desiderio di scappare
La voglia di fuga: «Ho maturato la mia intenzione di lasciare, non posso assistere a questo scempio e continuare a fare il mediatore e l’anima bella». Ma poi è lui a essere designato e «comincia la nuova storia della mia piccola vita». Si sente circondato: «tristi figuri», «satrapi», «ceto burocratico di intermediazione», «avventurieri da strapazzo». Riaffiora, carsica, «la voglia tremenda di mollare tutto» e il desiderio di gridare: «Non sono uno di questi». Nel partito vede «anime morte che si incrociano senza comunicare». La decisione annunciata da Occhetto di cambiare il nome del Pci è ammantata di «improvvisazione e povertà culturale». Alle critiche, «il segretario reagisce con la ciclotimia di sempre alternando depressione e psicosi del tradimento con minacce e tentativi di prepotenza». Più avanti gli attribuirà «un affanno camaleontico».

Il ricambio non gradito
D’Alema «appare più lucido ed equilibrato di altri» ma «i progetti non lo interessano se non sono la giustificazione di un agire politico», «ricorda in caricatura il personaggio di Elikon nel Caligola di Camus». Nel ’94, senza accennare al duello tra lo stesso D’Alema e Walter Veltroni, guarda con tormentato distacco «alla penosa vicenda e al modo isterico, personalistico e selvaggio con il quale si è svolto il ricambio nella segreteria, con il patetico ma irresponsabile comportamento di Occhetto».

I rapporti con le sinistre
E l’altra sinistra? «Un’armata Brancaleone piena di cinismo e di vittimismo». A Bertinotti affibbia prima «un movimentismo senza obiettivi, disperatamente parolaio», poi «una meschina ambizione di protagonismo a qualsiasi costo», disceso nel «suo personale inferno di degradazione morale», «triste guitto», «ospite giulivo del Maurizio Costanzo show». A proposito di Rossana Rossanda annota «una risposta delirante e ignorante» e «penosi balbettii indignati». Parole di fuoco contro «i giovani rottami» del manifesto, «estremisti estetizzanti». A tutto questo variegato mondo «tra delirio estremista, gioco mondano e la lirica dannunziana» muove l’accusa di «disonestà intellettuale» e di «narcisismo laido e egocentrismo scatenato».

L’incomprensione personale
Doloroso il rapporto con Pietro Ingrao, con «la retorica della pace e del catastrofismo cosmico», con «il suo rifugio in una sorta di profetismo didascalico che lo porta a rimuovere ogni vero confronto con il presente». Un’incomprensione che lo farà piangere. Nausea e disperazione. Denuncia «il machiavellismo volgare», «le ideologie rinsecchite» che diventano «gli orpelli delle più spregiudicate avventure personali e delle più invereconde forme di lotta politica», «le idee come grimaldelli» per la conquista del potere, «schieramenti senza programma». Malinconia, senso di stanchezza e di precarietà: «È come se gridassi e non uscisse un suono». Ma anche amicizie, affinità elettive e parole di elogio per figure, ad esempio, come Ciampi e Baffi, o per il sindacalista Eraldo Crea.

La socializzazione dei saperi
E nel tormento dell’incomunicabilità e della diversità, a prevalere è il desiderio di elaborare un progetto, di indicare una via d’uscita. Superare il determinismo marxista e ripartire dalla rivoluzione francese «che non è ancora conclusa», dalla battaglia per i diritti, dalla società civile, da forme di autogoverno, dalla dignità e creatività del lavoro. Rifiuto di ogni statolatria e di soluzioni calate dall’alto, comprese tutte le strategie redistributive della sinistra che non vanno al nocciolo del problema e diventano l’alibi per governare. Contro la civiltà manageriale bisogna battersi per la socializzazione dei saperi e dei poteri.
L’utopia del quotidiano
«Trasformare, qui ed ora, questo mondo nel quale viviamo e combattiamo». L’utopia del quotidiano, la chiama. La matrice è quella azionista ma la dicotomia tra giustizia e libertà, l’ircocervo di Benedetto Croce, Trentin la scioglie senza esitazione: la libertà viene prima. Nei diari c’è in incubazione «La città del lavoro». È morto il 23 agosto 2007. I conti con la sua eredità intellettuale sono ancora tutti da fare.
8 giugno 2017 | 00:04
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http://roma.corriere.it/notizie/cronaca ... d9e7.shtml
iospero
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la

Messaggio da iospero »

Ipr Marketing, il sondaggio horror: la sinistra unita può arrivare al 16%

Con Saviano laeder, Rodotà e Bersani.
I risultati del sondaggio

Secondo Ipr, il M5S resta sempre in testa alla classifica con un rotondo 30%. Segue sempre più a distanza il Pd a trazione renziana, fermo al 26%. Terze a pari merito, come segnalato da mesi da tutte le rilevazioni, Forza Italia e Lega con il 12% ciascuno. A sorpresa, strapperebbero l’ingresso in parlamento anche i Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni con il ‘minimo sindacale’ del 5%. Fuori, come da pronostico, gli alfaniani con il 3%, ma anche Mdp (4%) e Sinistra Italiana di Nicola Fratoianni (2%).

Fino a qui nessuna novità di rilievo.
La situazione cambia radicalmente in caso di battesimo di una lista unica di sinistra. Partendo da una base certa del 4%, la Sinistra unita, secondo le persone intervistate, potrebbe attestarsi al 10% con Bersani leader, salirebbe al 13% sotto la guida del costituzionalista Stefano Rodotà e balzerebbe fino al 16% con Roberto Saviano. Risultati meno stupefacenti ottengono gli altri 9 nomi di potenziali leader testati. Giuliano Pisapia, Maurizio Landini, Laura Boldrini, Susanna Camusso e Massimo D’Alema riuscirebbero a portare la sinistra appena sopra la soglia (5-6%). Mentre Roberto Speranza, Nicola Fratoianni, Pippo Civati e Nichi Vendola sarebbero protagonisti di sicuro fallimento.

Saviano e Rodotà, scrive Noto, sono le due personalità che riuscirebbero a drenare più consensi in uscita dal M5S. Da notare, infatti, che l’85% dei potenziali elettori della Sinistra unita ha votato No al referendum costituzionale del 4 dicembre 2016. Inoltre, alle ultime elezioni politiche del 2013, il 45% di loro aveva votato Pd, il 35% M5S e il 18% Sel. Il 62% del ‘nuovo popolo della Sinistra’ si dice favorevole ad una alleanza post voto con i grillini, mentre solo il 25% preferirebbe i renziani. I ‘temi identitari’ indicati dagli intervistati, infine, sono lavoro, onestà, lotta ai privilegi, ambiente, immigrazione e commissione sulle banche.
cielo 70
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la

Messaggio da cielo 70 »

Si faccia questa lista.
UncleTom
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la

Messaggio da UncleTom »

» Politica
giovedì 08/06/2017



Sondaggi, la lista unica di sinistra fa 16%

https://st.ilfattoquotidiano.it/wp-cont ... 90x749.jpg


Senza nessuna maggioranza Con i dati attuali M5S sarebbe primo partito con il 30%, seguito da Pd (26%), Forza Italia (12%), Lega Nord (12%) e Fdi (5%). Non basterebbe quindi sommare solo due gruppi parlamentari (a meno che non siano M5S e Pd) per ottenere una maggioranza in Parlamento. M5S, infatti, con 216 voti, abbisognerebbe di altri 100 eletti per avere i numeri in aula. Al Pd ne mancherebbero 121. A Forza Italia 225. Alla Lega 228. Mdp e Si sarebbero sotto soglia
Lo scrittore e il professore Sono Roberto Saviano e Stefano Rodotà a guidare le preferenze di chi vorrebbe votare una lista unica di sinistra. Più tiepidi i possibili elettori nei confronti di Vendola, Speranza, Fratoianni e Civati. Tra i “politici di professione” la sorpresa è Pier Luigi Bersani, terzo sul podio con il 42% dei consensi
Il referendum “fondativo” L’88% di chi approva una lista unica di sinistra ha votato “No” al referendum del 4 dicembre scorso. Alle scorse Politiche ha per lo più votato Pd (45%), M5S (32%) e Sel (18%), e non vedrebbe male, in prima istanza, una alleanza con i grillini (62%). Più tiepidi verso il Pd (25%)
A chi sottrae preferenze – Una candidatura di Saviano porterebbe M5S al 24% e il Pd al 23%. Simile situazione per Rodotà che pescherebbe sempre nel bacino di Pd e M5S, portando il primo al 25% e il secondo al 24%. Bersani, col suo 10%, prenderebbe più voti dal Pd di cui è stato segretario (lo porterebbe al 23%) e meno a M5S (lasciandolo al 29%)
D’Alema sulla soglia – Una lista unica guidata da Massimo D’Alema sarebbe sopra il 5% e porterebbe a Montecitorio 37 eletti. Non raggiungerebbero invece il 5% Vendola, Speranza, Fratoianni e Civati. Camusso, Pisapia, Landini e Boldrini eleggerebbero 44 deputati. Bersani 71
Quota 316 troppo lontana – Anche il miglior successo della lista unica (il 16% di Saviano), non la porterebbe al governo con una singola alleanza (con Pd o M5S). Le due liste si fermerebbero a 269 eletti. Un patto a tre li porterebbe a una maggioranza di 429, ma Pd e M5S arriverebbero già assieme a 320
Vecchie e nuove parole d’ordine – Il “lavoro” è da sempre la parola caratterizzante della sinistra storica. Ma l’elettore della sinistra unita vorrebbe anche onestà e lotta ai privilegi, maggior attenzione all’ambiente e all’immigrazione e anche una commissione d’inchiesta sulle banche (A seguire nella gallery i possibili candidati)




di Antonio noto | 8 giugno 2017




| (1)


Lo scenario che emerge dall’ultimo sondaggio sulle intenzioni di voto, datato 6 giugno 2017, vede il Movimento 5 Stelle accreditarsi come primo partito al 30% seguito dal Pd al 26%. A Forza Italia e Lega andrebbe un 12% ciascuno mentre un 5% sarebbe raccolto da Fratelli d’Italia. Rispetto all’offerta elettorale attuale, questi sarebbero gli unici partiti con seggi a Montecitorio. Meno del 5% raccoglierebbero i partiti restanti, e con la soglia di sbarramento non sarebbe attribuito a nessuno di questi alcun deputato alla Camera. Si tratta di Art.1. MDP cui andrebbe un 4%, AP che può attualmente contare su un 3% e Sinistra Italiana che raccoglierebbe il 2% dei consensi. Allo stato attuale, quindi, per le forze di sinistra considerate singolarmente, non esisterebbe la possibilità di ottenere un risultato elettorale tale da accreditare l’ingresso in Parlamento.



Il consenso a una lista unica di sinistra

Se i singoli partiti che si collocano alla sinistra del Pd, presi singolarmente, raccolgono quote di consenso inferiori al 5%, una lista unica di sinistra potrebbe invece vedere crescere molto il proprio valore elettorale. È infatti un 4% a dichiarare “certo” il proprio voto a una coalizione tra forze di sinistra. A questi, però, può essere aggiunto un ulteriore 12% che dichiara che potrebbe prendere in considerazione l’idea di votare per una formazione così composta. Il potenziale elettorale di una lista unica di sinistra pertanto arriva attualmente al 16%. Ma a quali condizioni questa propensione al voto potrebbe tradursi in effettivo consenso?



L’importanza del leader

Un elemento fondamentale a determinare l’identità e conseguentemente il consenso a una formazione politica è certamente la figura del suo leader. In questo caso sono stati testati 12 nomi, e nella rosa Roberto Saviano è risultato quello che ha raccolto la quota maggiore di fiducia sia tra gli elettori di una nuova ipotetica lista di sinistra sia tra tutti gli italiani (rispettivamente 78 e 60%). A lui segue Stefano Rodotà che ha ottenuto la fiducia del 58% di chi si schiera a favore di una neo coalizione di sinistra e del 40% degli italiani, mentre in terza posizione si è collocato Pier Luigi Bersani cui manifesta fiducia il 42% degli interessati a una nuova lista di sinistra e circa 1/3 degli italiani. Tra il 30 e il 40% di fiducia da parte degli interessati a una neo lista di sinistra si collocano poi gran parte dei nomi testati (Pisapia 39%, Landini 37%, Boldrini 35%, Camusso 35%, D’Alema 33%, Vendola 32%, Speranza 31%), mentre raggiungono risultati più bassi Fratoianni e Civati (28 e 22% del target).

La fiducia espressa nei confronti del leader, come emerge dal sondaggio, è risultato un fattore che ha pesato molto anche sulle intenzioni di voto manifestate dagli intervistati.

Il consenso a una lista unica di sinistra calcolato in relazione alla presenza dei diversi leader è arrivato a variare fino a 12 punti: raggiungerebbe infatti il 16% se questa neo formazione avesse alla guida Roberto Saviano, otterrebbe un 13% se guidata da Stefano Rodotà e un 10% con Pier Luigi Bersani; 6% con Pisapia, Landini, Boldrini e Camusso. Con D’Alema si assesterebbe sulla soglia del 5% mentre scenderebbe addirittura con leader come Vendola, Speranza, Fratoianni o Civati. Tutto ciò avrebbe ovviamente una ripercussione sul numero di seggi guadagnati in Parlamento: rappresentata da Saviano, infatti, questa lista di sinistra otterrebbe 109 seggi, con Rodotà 91, mentre guidata da Bersani potrebbe contare su 71 seggi. 44 sarebbero i seggi disponibili con a capo Pisapia, Landini, Boldrini o Camusso, mentre 37 con D’Alema. Con Vendola, Speranza, Fratoianni o Civati invece la lista potrebbe non conquistare seggi fermandosi al di sotto del 5%.

In sintesi, quindi, considerando nel complesso il livello di fiducia raccolto e la capacità di tramutarlo in consenso, Saviano e Rodotà risultano per una neo formazione di sinistra i leader più forti, quelli cioè che potrebbero essere strategicamente più “efficaci” nell’intercettare l’interesse e quindi la fiducia del target. Li segue a stretto giro Pier Luigi Bersani che, tra i politici, è il leader che ottiene il piazzamento migliore. In una posizione mediana invece si collocano più o meno alla pari Pisapia, Landini, Boldrini e Camusso, un po’ distaccato risulta D’Alema, mentre i meno “efficaci” rispetto all’attrarre il consenso del target risultano attualmente Vendola, Fratoanni e Civati.



Gli elettori di una lista unica di sinistra: aspettative e valori

A un’analisi delle preferenze espresse dai potenziali elettori di una lista di sinistra, emerge che a risultare più forti nell’attrarre il consenso sono soprattutto i leader connotati da un alto profilo etico e morale. In generale, poi, i non politici hanno vinto sui politici e in ogni caso tra i leader sono stati preferiti coloro che attraggono l’interesse di un target orientato più verso il Movimento 5 Stelle che verso la sinistra.

In questo quadro, il buon risultato ottenuto da Pier Luigi Bersani viene vissuto in maniera positiva per la sua capacità di essere una sorta di “connettore”, un punto mediano tra aspettative diverse. Il buon posizionamento che ottiene infatti, a ridosso di “superstar” come Roberto Saviano e Stefano Rodotà, esprime il contemperarsi delle diverse esigenze del multiforme “popolo della sinistra” interessato a una nuova formazione politica che possa rappresentare i diversi valori di quest’area. Il profilo morale che a Bersani viene riconosciuto si accompagna a un’identità politica percepita come di sinistra, non estrema, ma coerentemente e non conflittualmente difesa. Il valore del profilo etico e morale diventa ancora più forte nella scelta di Saviano e Rodotà. Questi due, infatti, sono quelli che riescono a sottrarre il maggiore numero dei voti al M5S, un partito che si basa prevalentemente sulle scelte etiche e morali nella politica. Pertanto il leader ideale di questo nuovo soggetto politico dovrà essere un mix tra un profilo altamente etico e morale (Saviano e Rodotà) con quello più specificatamente politico (Bersani e Pisapia). Ovviamente in questo segmento elettorale prevale leggermente l’etica sulla politica. È questa una delle maggiori differenze che si riscontra tra i bisogni dell’elettorato di sinistra e quelli dei votanti Pd.

Ma chi sono questi italiani interessati a votare per una lista di sinistra? In generale il profilo risulta vicino all’elettore classico della sinistra: uomini più che donne, con livello di istruzione superiore più che inferiore e residenti al centro e nel nord-ovest più che nel resto della penisola. Rispetto alle preferenze politiche, invece, emerge un profilo antagonista rispetto all’ortodossia di centrosinistra: l’85% ha votato No al referendum dello scorso dicembre e soprattutto, alle elezioni 2013, a votare per il Pd è stato un 45% del target, che nel resto dei casi si è diviso tra M5S (35%) e Sel (18%).

Questa doppia anima, un po’ tradizione di sinistra un po’ filo M5S emerge anche nel momento in cui dai suoi possibili elettori sono indicati i temi identitari per una neo formazione: così accanto al lavoro, citato dal 68%, compaiono l’onestà e la lotta ai privilegi ricordati dal 62%. Seguono ambiente, immigrazione e banche indicati rispettivamente dal 55, 53 e 51% temi che rispetto a quelli classici affrontati dalla sinistra comportano una sorta di “attualizzazione”, un aggiornamento dettato dai “tempi nuovi”.



Le alleanze

A conferma della attrazione esercitata sul target dal M5S, per l’assoluta maggioranza degli elettori di una lista unica a sinistra del Pd (il 62%) l’alleanza più “adatta” da perseguire sarebbe proprio quella con i grillini. Solo ¼ di questo elettorato infatti guarderebbe al Pd come al proprio alleato naturale, mentre un 9% considera la lista unica di sinistra una forza di opposizione “pura” ovvero non immagina alcun alleato cui dovrebbe rivolgersi. Rispetto a possibili alleanze con Berlusconi invece l’elettorato interessato a una lista unica di sinistra si esprime in maniera molto più netta e nell’88% dei casi ne dà un giudizio assolutamente negativo.



Scenari post voto

In conclusione, indipendentemente dal leader, al momento non sembrano esserci le condizioni di una alleanza della Lista di Sinistra con il Pd o con il M5S. Infatti, sia nel primo che nel secondo caso la totalità dei seggi dei due partiti si fermerebbe a 269 nell’ipotesi migliore per la Lista Unica, ovvero con Saviano leader.

Dai dati risulta invece ipotizzabile una alleanza a tre gambe tra M5S, Pd e Lista Unica. Con qualsiasi leader (tra quelli che portano il partito almeno al 5%) si supererebbe infatti abbondantemente in Parlamento la maggioranza dei 315 deputati e, in questo scenario, la lista unica potrebbe rivestire un ruolo importante, diventando “pietra angolare”, elemento di equilibrio nella costruzione di un’alleanza tra forze politiche che, nella percezione dell’elettorato, al momento non sembra vissuta negativamente: non è vista infatti come un’alleanza “innaturale” ma anzi sembra valutata coerente con uno spirito progressista che in varia forma rappresenta. Però gli stessi elettori, reali e potenziali, accendono un “alert”: la lista unica della sinistra ha un livello di attrazione molto variabile in relazione al leader. Il range varia dal 4 al 16%, dall’inferno al paradiso.

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