quo vadis PD ????

E' il luogo della libera circolazione delle idee "a ruota libera"
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Amadeus

Re: quo vadis PD ????

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mariok ha scritto:Sono iniziate le grandi manovre per il dopo-Bersani?

La rassegnazione con la quale i big hanno rinunciato "spontaneamente" a cariche prestigiose, mi puzza.

Vuoi vedere che sono convinti che la vera partita non si gioca adesso, ma dopo il fallimento di Bersani ed attraverso un congresso a suon di "pacchetti" di tessere?
Anche io ho questa sensazione.
ma le tessere che valgono se già hanno perso 3,5 ml voti e se ritornano a candidarsi i "big" ne perdono 7 ?
confidano in una campagna elettorale più aggressiva e "de sinistra" ?
:roll: :roll:
Maucat
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Re: quo vadis PD ????

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Ma siamo così sicuri che il dopo-Bersani sia così imminente?
mariok

Re: quo vadis PD ????

Messaggio da mariok »

Maucat ha scritto:Ma siamo così sicuri che il dopo-Bersani sia così imminente?
Certamente no. Ma scommetto che sono in molti a pensarlo nel PD.
camillobenso
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Re: quo vadis PD ????

Messaggio da camillobenso »

GIUGNO, NO VOTO: RENZI METTE SOTTO SCACCO BERSANI

Il Rottam-attore pensa ad un governo istituzionale per tagliare fuori Culatello e trova sponde nella vecchia guardia del Pd e nei Giovani Turchi (più Civati) che non vogliono tornare alle urne con Bersani candidato premier – Con Renzi in campo il centrosinistra al 44%…




Claudio Cerasa per "il Foglio"

Sul sentiero accidentato che il Pd comincerà a percorrere partendo dalle consultazioni al Quirinale e arrivando fino al traguardo dell'incarico che Giorgio Napolitano potrebbe affidare a Pier Luigi Bersani entro la fine della settimana, c'è un'ombra sospetta, a forma di pugnale, che il segretario osserva da qualche ora con un pizzico di preoccupazione. Il pugnale in questione è quello che Matteo Renzi, nonostante la promessa di non voler colpire alle spalle il leader del Pd, ha cominciato ad affilare qualche giorno fa, quando, subito dopo il successo ottenuto da Bersani nella partita delle presidenze delle Camere, improvvisamente il sindaco ha capito che il piano B del leader del centrosinistra prevede una variabile a cui il Rottamatore non aveva dato peso ma che nelle ultime ore ha preso corpo nel Pd.

Variabile così sintetizzabile: se non si riesce a far partire un governo e si va alle elezioni, anche a giugno, puntando su una campagna elettorale costruita all'insegna dell'irresponsabilità dei grillini e rivendicando la squadra di ministri che il segretario intende portare in Parlamento, alle urne il centrosinistra dovrà ripresentarsi ancora con lo stesso candidato, ovvero Bersani.

Intuito il pericolo - Renzi non vuole votare a giugno, troppo presto, troppo poco tempo per le primarie - i rottamatori hanno corretto la loro linea e pur di evitare il rischio che si vada al voto in tempi rapidi hanno cominciato a usare (come un pugnale) alcune parole suonate sospette alle orecchie dei bersaniani. Due su tutte: "Governo istituzionale". Parole che tradotte significano: se Bersani non dovesse essere in grado di fare un governo noi seguiremo le indicazioni di Napolitano e in nome della stabilità diremo no alle elezioni e saremo pronti a tutto, anche a governare con il Pdl.

"Dobbiamo essere realistici - dice al Foglio Alfredo Bazoli, deputato renziano, nipote del presidente di Intesa Sanpaolo - e credo che nessuno possa augurarsi l'immediato ritorno alle urne. Il paese lo vivrebbe come il segno di un fallimento della politica, consegnando maggiore forza ai sentimenti di fastidio e insoddisfazione nei confronti dei partiti. Quindi se Bersani non dovesse farcela è ovvio che non sarà quella del voto la strada da seguire".

La strada da seguire, secondo i renziani, non sarebbe dunque quella di riportare il paese alle elezioni "sfruttando" il gesto di "irresponsabilità" dei grillini ma sarebbe invece quella di prendere tempo, di far rifiatare il paese, di dar vita a un governo di scopo e di non accelerare più del dovuto la seconda discesa in campo del sindaco di Firenze.

"Io - dice ancora Bazoli - spero che Bersani abbia in mano le carte che gli consentano di chiudere felicemente il suo tentativo, ma è chiaro che in caso contrario bisognerà affidarsi alla sensibilità politica e alla saggezza di Napolitano per traghettare il paese in questa fase difficile.

Andare al voto senza fare sostanzialmente nulla, né provvedimenti economici urgenti, né nuova legge elettorale, né minime riforme istituzionali non mi pare una proposta assennata e anche se nelle attuali condizioni non mi pare praticabile un governo politico o di larghe intese con il Pdl, e tantomeno con un sostegno esterno della Lega, bisogna riconoscere che gli spazi e la fantasia della politica possono aiutare a individuare il percorso giusto per fare nascere un governo di transizione, aperto in questo caso a chi ci sta, in grado di fare le cose urgenti e necessarie anche in un orizzonte temporale limitato: dando così il senso di una classe politica consapevole della condizione del paese e all'altezza del proprio compito".

Dunque, sottointeso, a determinate condizioni, e in nome dell'unità nazionale, sarebbe inevitabile mettersi insieme anche con il centrodestra per "traghettare" il paese con calma verso nuove elezioni. Bersani, in realtà, sa che ad accarezzare il pugnale dietro le sue spalle non è il solo Renzi ma, a guardar bene, sono tutte le varie anime del Pd che per diverse ragioni da giorni sono all'opera sia per evitare che il segretario faccia precipitare il paese alle elezioni sia per scongiurare che in caso di voto anticipato sia ancora l'attuale segretario il candidato premier.

Nel primo caso è la vecchia guardia del partito che, triangolando con Napolitano, si sta dando da fare per creare le condizioni per dar vita a un robusto governo istituzionale, qualora il tentativo di Bersani non dovesse andare a buon fine. Nel secondo caso sono invece i giovani della gauche del Pd (giovani turchi e civatiani) che pur concordando con il segretario sull'idea di preferire le urne al governo istituzionale non condividono invece l'idea di avere ancora Bersani come candidato premier.


GIORGIO NAPOLITANO
Il leader del Pd, naturalmente, sa che la strada è stretta e che il percorso per la premiership è sempre più complicato (e ieri, nonostante Maroni abbia ripetuto che "un governo ci vuole" la notizia che Pdl e Lega parteciperanno insieme alle consultazioni ha indebolito l'opzione fiducia-tecnica della Lega al governo Bersani). E probabilmente sarà anche per questo che nel Pd c'è chi sta già iniziando a mettere le mani avanti e ragionando su una nuova variante al piano di Bersani.

Finora, il piano è sempre stato quello dei due colpi in canna: o governo Bersani o elezioni. La novità è che tra le proposte che il segretario porterà al Quirinale ce ne sarà anche un'altra. Una via di mezzo, un terzo colpo in canna: o un governo guidato da Bersani o un governo guidato da una personalità che potrebbe sparigliare sullo schema di Pietro Grasso al Senato. Uno schema che ha funzionato talmente bene, pensano nel Pd, che il nome sul quale si potrebbe puntare in caso di insuccesso di Bersani sarebbe ancora quello dell'ex capo dell'Antimafia.


Ieri, poco prima che Roberto Speranza e Luigi Zanda venissero scelti come nuovi capigruppo del Pd alla Camera e al Senato, la voce è arrivata anche a Firenze a Matteo Renzi, al quale hanno persino raccontato che il segretario sarebbe intenzionato a proporre durante le consultazioni il nome di Grasso prima ancora che quello dello stesso Bersani (ipotesi alla quale in pochi nel Pd credono seriamente).

Alla notizia il sindaco ha reagito senza scomporsi. E, forte anche di un clamoroso sondaggio commissionato dal Pd alla Swg di Roberto Weber (che dà un centrosinistra guidato da Renzi al 44 per cento, con Grillo al 30, e un centrosinistra guidato da Bersani al 29, con Grillo al 40), ha fatto un ragionamento di questo tipo: "Un governo di qualsiasi genere che allontani di qualche mese la data delle elezioni per me andrebbe benone. Io non voglio andare a votare a giugno ma se dovesse capitare nessuna tragedia: io sarò in campo lo stesso e sono certo che se le cose dovessero andare così non sarò l'unico all'interno del Pd a chiedere a Bersani di fare definitivamente un passo indietro". Il sentiero per Bersani resta dunque molto accidentato. E chissà allora se nei prossimi giorni il pugnalone di Renzi sarà l'unico che si avvicinerà minaccioso al corpo ammaccato del segretario del Pd.
Maucat
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Re: quo vadis PD ????

Messaggio da Maucat »

Ma siete così sicuri che il 10% dell'elettorato cambierebbe partito per cui votare solo per la bella faccina di Renzi? Ma chi mette in giro queste assurdità?
shiloh
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Re: quo vadis PD ????

Messaggio da shiloh »


Claudio Cerasa per "il Foglio"
e continuiamo pure a dar credito ai cazzari....
camillobenso
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Re: quo vadis PD ????

Messaggio da camillobenso »

In Israele, a Gerusalemme, ci sta il Muro del Pianto.


Immagine


Da noi, a Roma dovrebbero erigere il muro del grugno.

Ci sarebbe la coda 24 ore su 24, 365 giorni all’anno,…altro che a Gerusalemme.

Questa volta a sbattercelo il grugno tocca al giovane Pippo Civati che ha dichiarato:

Però Speranza è un altro segnale del cambiamento voluto da Bersani?

«È un rinnovamento garantito, molto pilotato. Nell’idea della democrazia che ho io, le proposte si discutono in modo aperto e generale. Comunque, mi auguro che Speranza faccia suo questo metodo».


In primis non distingue tra democrazia e oligarchia. In questi 68 anni di storia Repubblicana nei partiti non ce mai stata democrazia. Invece “oligarchia”, siempre. Negli ultimi 20 anni poi è stato tutto un fiorire di partiti personali, un passetto in la oltre l’oligarchia, il tutto e sulla scia della mummia cinese strabollita.

Si sbaglia chi pensa che nel Pds, Ds, Comidad de la Buena Muerte, non ci fosse un padrone. C’era e c’è, ma se ne sta nascosto dietro le quinte, nel retrobottega.

E poi non si comprende perché abbia abboccato così facilmente sulla mossa del gattopardo alle primarie.

Un merlo d’”oro per Pippozzo come il Tapiro che consegna il mio concittadino Valerio Staffelli???

Pensava che gli eletti con le primarie contassero veramente qualcosa?

Eppure avrà pur sentito parlare di schiaccia bottoni.

Appunto,…….i nuovi eletti servono a quello, a gettare fumo negli occhi al merlame italiano, che credono nella collegialità delle discussioni.

Le decisioni le prendono solo quelli del gruppo oligarchico ristretto. Loro sono solo dei trasduttori. Remunerati bene così tengono la bocca chiusa,……. ma sempre trasduttori di una volontà superiore.


****

Repubblica 20.3.13

Civati: non mi è piaciuto il metodo di designazione, gli eletti delle primarie non sono stati coinvolti”
“Roberto è bravo, però ho scelto scheda bianca perché questo è un rinnovamento pilotato”


ROMA — Civati, lei è scettico sull’elezione del neo capogruppo del Pd, Roberto Speranza?
«Sulla persona assolutamente no, perché Roberto è una figura dialogante, giovane e di talento. Non lo discuto affatto. Però non mi è piaciuto il metodo. Dal mio punto di vista pesa che nelle indicazioni per gli incarichi parlamentari, non ci sia nessun eletto con le primarie. Se sono così importanti da qualche parte dovremo cominciare a farlo vedere. Ci sono una buona percentuale di parlamentari liberi, neofiti che vogliono essere maggiormente coinvolti».
Ha votato scheda bianca?
«Sì».
Però Speranza è un altro segnale del cambiamento voluto da Bersani?
«È un rinnovamento garantito, molto pilotato. Nell’idea della democrazia che ho io, le proposte si discutono in modo aperto e generale. Comunque, mi auguro che Speranza faccia suo questo metodo».
Il segretario del Pd ha dichiarato spesso che “farà girare la ruota”. Ma evidentemente pensa a un ricambio con persone di sua fiducia?
«Invece che Speranza dovrebbe chiamarsi “Fiducia”».
Lei ritiene non ci sia rinnovamento nel Pd?
«No, infatti la mia non è un’opposizione, ma uno sprone a lavorare in modo diverso. Il rinnovamento si è imposto, ma confrontiamoci su come lo vogliamo fare questo rinnovamento».
Perché il voto segreto? Era necessario?
«Niente affatto. D’altra parte non era in discussione l’elezione di Speranza, peraltro unico candidato. Si poteva fare una discussione e ci sarebbero stati semplicemente dei “distinguo”. Io avrei fatto quello che poi ho deciso, il mio voto palese sarebbe stato uguale».
Tuttavia 84 deputati non hanno votato Speranza. Un bel po’ di malumori?
«Ma ci sono stati 200 voti favorevoli nella convinzione che siamo in un passaggio delicato. Non accenderei polemiche: bene un capogruppo giovane e ci sta anche la manifestazione di dissenso. La preoccupazione più grande ora è per le prossime mosse che spettano al centrosinistra; è per quello che succederà dopo le consultazioni del presidente Napolitano. In questa fase così difficile credo che tutti, inclusi i renziani, saranno collaborativi con Speranza e con Bersani».
Il rinnovamento deve essere il criterio-guida anche per il Quirinale?
«Sulla candidatura per il Colle sono diventati tutti esperti nelle ultime ore. Non mi aggiungo agli esperti, ci vuole un po’ di modestia. Prima del resto c’è il passaggio per il premier, per il governo e poi si affronterà l’elezione del capo dello Stato».
Il vento grillino soffia anche nei partiti?
«Un processo è avviato. Vorrei che il Pd valorizzasse da subito tutti quelli che hanno voglia di dare un contributo nuovo, di esperienze diverse. Ho mandato una lettera aperta ai parlamentari, perché si lavori subito a proposte di legge che precisino e diano concretezza ai famosi otto punti di programma di Bersani. Va aperta una discussione anche nelle città: avere fatto le primarie equivale all’elezione in un collegio uninominale. Sui rimborsi elettorali ad esempio, c’è una proposta di Walter Tocci che punta ad abolire il rimborso automatico e sostituirlo con la contribuzione dell’uno per mille volontaria. Discutiamone».
camillobenso
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Re: quo vadis PD ????

Messaggio da camillobenso »

LA BELLA POLITICA - CULATELLO NON MOLLA POLTRONE E I “GIOVANI TURCHI” TORNANO A CANOSSA DA RENZI
Orfini, Orlando e Fassina mollano Bersani pur di restare avvitati alle poltrone in Parlamento (la prossima volta sarà un bagno di sangue) - Orlando furioso per la mancata nomina a capogruppo - Orfini, il peggiore: “Non può essere Pierluigi il candidato premier…”


Giovanna Casasio per "la Repubblica"

«Da quattro giorni non apro bocca, nessun commento di politica nazionale neppure su Facebook, mi sembra il modo più serio per lasciare passare questa fase qua...». Matteo Renzi è straordinariamente cauto: adda' passa' ‘a nuttata. Ma nel Pd appeso alla riuscita del tentativo Bersani di guidare il governo, si respira aria di fronda. Già si pensa al "dopo": il partito è diviso tra chi vuole al più presto un passo indietro del segretario per un "governo del presidente" e chi è disposto a seguirlo fino all'epilogo delle elezioni anticipate, a patto che non sia lui a guidare la prossima partita per la premiership.

Soprattutto temono che la voglia di Bersani di andare fino in fondo possa "impiccare" il partito e penalizzarlo per la prossima sfida elettorale. «Un processo è finito, Pier Luigi si prepari a cedere il passo», hanno deciso i "giovani turchi" capitanati da Orfini, Orlando, Fassina dopo colloqui e riunioni.

Atmosfera plumbea nel Pd, altro che primo giorno di primavera. Una situazione che apre la
strada al congresso e al cambio della guardia alla guida del partito. Walter Veltroni, il più convinto sostenitore di un "governo del presidente", in un colloquio si è sfogato: «Era evidente che con Grillo andava a finire così...».

Insomma in molti, ad eccezione dei fedelissimi, temono che quello di Pierluigi sia una strada senza sbocco: se anche il leader del centrosinistra portasse la sua "missione impossibile" fino in fondo, sarebbe l'esecutivo più fragile della storia della seconda Repubblica. Walter Verini, ex braccio destro di Veltroni, rimarca: «Tutto il Pd, a partire da Bersani, sarà responsabile e pronto al passo indietro se, malauguratamente, il suo tentativo non andasse in porto».

Anche i più bersaniani, come Dario Ginefra ammettono tristemente: «Vada in fondo Pierluigi , però siamo consapevoli di essere alla fine di un percorso». Ci si prepara dunque al "dopo" nelle file democratiche. Roberto Speranza, il neo capogruppo, bersaniano di ferro, afferma in tv: «Renzi? È una risorsa straordinaria, è una delle figure su cui puntare per il futuro, è una delle risorse migliori in campo».

Di Renzi, del partito e di cosa accadrà nelle prossime ore discutono sia Enrico Letta che Dario Franceschini. E' evidente che quanto accade nella partita di governo ha un riflesso diretto sul Pd. In un vertice di Areadem, Franceschini spiega: «Non possiamo mollare Pierluigi, non è solo una questione di lealtà, è un ragionamento politico. Se sbatte Bersani, si sfracella anche il Pd, al contrario di quello che pensano i "giovani turchi". Il destino del segretario è in questo momento il destino del partito».

Non c'è una vice presidenza delle Camere per i "turchi". Matteo Orfini, nella riunione della corrente, ha rifiutato di fare il vice di Speranza. «Però mi piacerebbe - chiede al capogruppo e ai commessi d'aula - avere lo scranno numero 26 di Montecitorio, quello che fu di Togliatti». Neppure quello. Nella loro giornata nera, i "giovani turchi" ricevono mail di fuoco dalla comunità armena che chiede cambino nome per rispetto delle vittime del genocidio.

«Se il segretario propone di andare alle elezioni lo appoggiamo di sicuro - afferma Orfini . Però è chiaro e l'abbiamo detto subito, che non può essere Pierluigi il candidato premier, nessuno ha due chance di questo livello». Una fase è finita. Quella che sta per cominciare è tutta da scrivere e non esclude un asse giovani turchi-Renzi nel nome del rinnovamento generazionale. È possibile?

«Vedremo come si comporterà il "rottamatore" - ragiona Orfini -. L'offerta politica ormai si consuma in fretta, e se Matteo andasse alle primarie per la premiership con la stessa impostazione dell'autunno 2012 non vincerebbe. Noi allora gli contrapporremmo Boldrini o Barca».
Orlando - che era il capogruppo più accreditato fino all'altro giorno - condivide l'impostazione: «È evidente che noi siamo bersaniani fino in fondo perché non c'era altra strategia possibile, ma sappiamo che qualsiasi sia la conclusione della partita- ci sia un governo Bersani oppure no - la situazione è così fragile per cui occorre guardare al "dopo"».
C'è una classe dirigente da ricreare, un partito da far navigare. E il segretario lui stesso ha scommesso sulla "ruota che gira" . Fassina è per la verità più prudente: «Oggi mi concentro sul tentativo di Bersani, poi vediamo». Il renziano Matteo Richetti si limita a osservare: «Siamo in ballo, e balliamo, una cosa è il film con Bersani incaricato, altra se l'incarico va a un altro».
camillobenso
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Re: quo vadis PD ????

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La Stampa 22.3.13

Il Pd teme il flop, rischio implosione
Fronda anti-Bersani anche tra i “giovani turchi” pronti a sostenere Renzi se si andasse alle urne
Gentiloni: «Se ci chiede di bocciare un esecutivo del presidente, il partito si spacca sicuramente»
I fedelissimi del leader ammettono: «Siamo preoccupati, c’è stato qualche sfilacciamento»

di Carlo Bertini

«Pierluigi non andrà mai in Direzione a chiedere che il Pd mischi i suoi voti con quelli del Pdl in un qualsiasi governo, questo film non verrà mai proiettato su nessuno schermo», garantisce uno dei consiglieri più fidati del leader.

Il momento è grave, «le prossime 48 ore saranno cruciali», racconta uno dei segretari regionali di rito bersaniano che insieme ad una cinquantina di fedelissimi del leader, parlamentari e non, è stato convocato ieri mattina presto da Davide Zoggia in una saletta nei pressi della stazione Termini per un summit di corrente, mirato più che altro a serrare le fila intorno a Bersani.


Il quale proprio nel momento clou risulta per paradosso sempre più isolato nel suo partito. Perché in caso di fallimento del piano A, «se Bersani venisse mai a chiederci di non dare i voti del Pd ad un eventuale “governo del Presidente” il partito si spaccherebbe certo», prevede Paolo Gentiloni.


E non solo: se l’unica subordinata del segretario fosse quella di un approdo verso le urne - «piuttosto che governare col Pdl meglio il voto», dicono i suoi - di sicuro non sarebbe questa la soluzione preferita da una buona fetta del Pd.


La fronda trasversale, composta da «lealisti» pronti a mollare il segretario al suo destino, dai 50 renziani che scalpitano, dagli ex Ppi, ex dc e liberal vari, già affila le armi: e pur partendo da posizioni diverse, nel caso si andasse a votare, tutti ormai concordano che «non si andrebbe di certo con Bersani leader».

Bensì con Matteo Renzi, che a precise condizioni potrebbe contare anche del sostegno dei suoi storici nemici alle primarie, i «giovani turchi». «Si è vero, si potrebbe andare con Renzi candidato premier alle urne, ma in un’ottica di accordo con altre forze, Sel e Scelta Civica, per battere Grillo e Berlusconi e nel quadro di un accordo politico condiviso, in cui tutti pagheremmo un prezzo molto alto... », ammette Matteo Orfini insieme ad Andrea Orlando in un angolo del Transatlantico. Facendo capire che il sindaco di Firenze dovrebbe spostare di qualche grado a sinistra la sua linea politica in cambio di un superamento della pregiudiziale contro di lui di una buona fetta del partito.


«Ma se Renzi vuole lanciare un’opa ostile sul Pd, allora andiamo a contarci alle primarie e avrà di fronte un Barca o una Boldrini che sono pure più “nuovi” di lui», avvisano i due leader «turchi». E che le ultime vicende interne, come la nomina del capogruppo alla Camera, abbiano lasciato strascichi e peggiorato il clima intorno a Bersani, lo dimostra il fatto che lo stesso Orlando nei conversari privati, abbia manifestato tutto il suo disappunto per esser stato prima indicato come candidato a quel ruolo, poi scartato senza neanche essere avvisato.


«Certo qualche sfilacciamento c’è stato, è vero che siamo preoccupati», ammettono i bersaniani doc riuniti a conclave prima della salita del loro leader al Colle.
Dunque guardando in prospettiva, visto che pochi credono ad una legislatura che duri più di un anno, Renzi è sempre più sugli scudi e quelli che contano nel Pd valutano il sondaggio riservato Swg, secondo cui una coalizione con Sel e i montiani a guida Bersani è quotata al 29 per cento, ma se guidata dal «rottamatore» i consensi salirebbero al 44 per cento, pure lasciando fuori i vendoliani.


Insomma, due domande assillano in queste ore dirigenti e maggiorenti del Pd: se Bersani dovesse fallire, reggerà sulla linea del mai un governo col Pdl? E basta farsi un giro in un Transatlantico per capire che come minimo il Pd rischia di spaccarsi a metà se Bersani dovesse mai portare questo interrogativo al voto nei gruppi o in Direzione.


Tanto per fare due conti in un gruppo di 280 e passa deputati, anche se Franceschini dice no ad una coalizione per governare col Pdl, i suoi uomini sono divisi e sono una quarantina solo alla Camera; Letta ne ha una ventina, Fioroni e Veltroni ciascuno poco meno, la Bindi una decina e i renziani sono un’altra cinquantina. E anche loro, di fronte al bivio, entrerebbero in crisi, ma difficilmente darebbero una mano a Bersani «che con i suoi ci ha portato fin qui, il pasticcio lo hanno fatto loro... ».
camillobenso
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Re: quo vadis PD ????

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Pd, nella tregua armata irrompe Renzi “Ora è difficile non parlare a Berlusconi”

(Giovanna Casadio).
23/03/2013 di triskel182


Il sindaco di Firenze: tifo per Bersani, ma dopo 20 giorni ad aspettare Grillo la strada è strettissima.

ROMA – Chi è ottimista (Fassina) e chi invece è pessimista (Gentiloni). Stefano Fassina è la “gauche” del Pd, a cui Bersani ha affidato il settore delicatissimo dell´Economia; Paolo Gentiloni è un renziano, mai tenero con il segretario. Ma entrambi nel giorno del pre-incarico, fanno quadrato attorno al leader del centrosinistra: «Speriamo che ce la faccia». Sono giorni in cui si scherza con il fuoco, per il paese innanzitutto ma anche per il Pd, uscito “vincitore a metà” (o “miglior perdente”) dalle elezioni. Proprio per questo nel partito dei Democratici è stata sancita una tregua armata.
Irrompe però Renzi, inviando a Bersani un “in bocca al lupo”: «Speriamo che Bersani ce la faccia nell´interesse del paese, io sono uno di quelli che tifa per lui». Salvo poi lanciare un “affondo”: «Certo la strada è stretta, stai 20 giorni a dire aspettiamo Grillo, e Grillo dice no, quindi la strada è ancora più stretta». In pratica, è stata una perdita di tempo. E ancora più pungente, il sindaco “rottamatore” scompagina le carte del centrosinistra: «È difficile dar torto a Berlusconi quando dice “deve parlare con noi”. Se Bersani vuole la maggioranza deve fare l´accordo con Grillo o con Berlusconi. Deciderà Bersani come fare. In Parlamento ci sono tre minoranze, è evidente che due delle minoranze si devono mettere insieme. No a soluzione pasticciate, bisoga inventarsi qualcosa di nuovo». Tuttavia, se c´è una cosa esclusa in questo momento è l´accrocchio Pd-Pdl. I Democratici hanno commissionato uno studio, da cui appare che se facessero un accordo con il partito di Berlusconi, perderebbero in un colpo solo 10 punti, arriverebbero cioè dal 25% di tre settimane fa al 15%. «Nessun accordo con il centrodestra: su questo siamo davvero d´accordo tutti – commenta Gentiloni – Dalla maggioranza ABC a quella BBC non si passa: è un film non proiettabile».
Si affilano i coltelli e si armano le truppe democratiche. Fra qualche giorno, quando si vedrà il risultato della missione del premier incaricato, quel che cova sotto la cenere esploderà. Nel centrosinistra c´è una doppia trincea: da un lato, i fan di un “governo del presidente” che per sua stessa natura dovrebbe imbarcare tutte le forze politiche che ci stanno fino a Pdl-Lega; dall´altro i bersaniani di stretta osservanza che preferirebbero un ritorno alle urne, se Bersani fallisse. Graziano Delrio, sindaco di Reggio Emilia, braccio destro di Renzi, in un´intervista ha detto: «Se Bersani non ce la facesse, e il presidente della Repubblica proponesse un governo istituzionale che faccia alcune cose anche con il Pdl, non mi vergognerei di questo… Il Pd non stia a guardarsi l´ombelico». Gentiloni osserva che «un governo a bassa intensità politica», voluto cioè dal capo dello Stato, potrebbe godere di una maggioranza ampia e senza preclusioni.
Dopo il niet dei grillini a Bersani e il niet di Bersani a Berlusconi, la strada del centrosinistra senza maggioranza al Senato è un´arrampicata. Enrico Letta, il vice segretario, sfogandosi alla fine dell´ennesima riunione, ha detto: «Do la possibilità di successo e quella di insuccesso entrambe al 50 per cento». Nichi Vendola ha puntato tutto su Bersani con cui condivide la scommessa di un governo di cambiamento: «Ha la saggezza e il coraggio necessari a dare al paese una bussola e una rotta», lo incoraggia. Gli spiragli di dialogo con la destra sono solo su una piattaforma di riforme dello Stato. «Se questa è una crisi di sistema, bisogna fare riforme di sistema», è fiducioso Daniele Marantelli, ufficiale di collegamento con la Lega, ruolo che in questa fase nega di svolgere. Fassina precisa: «Il coinvolgimento del Pdl sul terreno delle riforme è fisiologico ma per quanto riguardo il governo è incompatibile. La Lega? Conosce la cultura autonomista di Bersani. Comunque la strada di Pierluigi è stretta ma non impercorribile».

Da La Repubblica del 23/03/2013.
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