di Redazione Il Fatto Quotidiano | 31 maggio 2013
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Cosa accade? I contribuenti potranno indicare i partiti ai quali destinare il proprio 2 per mille: fin qui niente di strano. Oppure dichiarare di voler devolvere quella quota allo Stato. Ma se qualcuno non traccerà nessuna “x” sulla propria dichiarazione dei redditi si formerà un nuovo gruzzolo che sarà ripartito in modo proporzionale secondo le indicazione dei cittadini. Quindi chi non vuol dare neanche un euro ai partiti sulla dichiarazione dei redditi ha solo una scelta: fare un segno per destinare il 2 per mille allo Stato.
Proprio come accade con l’otto per mille alla Chiesa, infatti, il due per mille non espressamente destinato alle forze politiche sarà comunque distribuito ai partiti, entro una certa quota, in modo proporzionale rispetto alle somme stanziate in via esplicita.
Da capire di quanto denaro si tratta. Se il calcolo va effettuato sul totale dell’imposta sulle persone fisiche (viene chiamata Ire), basti sapere nel 2011 il totale del gettito è stato di 411 miliardi (dati del Tesoro). Il 2 per mille di 400 miliardi fa 800 milioni che – per ribadire – andrebbero divisi tra le donazioni volontarie ai partiti, il mantenimento della quota in direzione dell’erario ma anche in quella “riserva” che sarebbe poi divisa in proporzione tra partiti e Stato.
Il disegno di legge allo stesso tempo prevede l’abolizione del finanziamento dei partiti che sarà graduale e spalmata nell’arco di 3 anni: il finanziamento sarà ridotto al 60% il primo anno, al 50% il secondo anno e al 40% al terzo anno, per poi essere abolito del tutto. Saranno cancellati i rimborsi elettorali, come previsto, ma saranno attivate erogazioni volontarie con detrazioni del 52% per gli importi fra i 50 e i 5mila euro e del 26% per tutti gli altri fino a un massimo di 20mila, ma anche la destinazione volontaria del 2 per mille e la concessione gratuita di spazi (anche tv) e servizi. Il disegno di legge infatti “comprende inoltre nuove disposizioni in materia di comunicazione politica fuori dalla campagna elettorale” come si legge nella nota di Palazzo Chigi. In sostanza i partiti “avranno diritto ad accedere a spazi Tv messi a disposizione a titolo gratuito” dalla Rai. Gli spot “della durata massima di un minuto” serviranno a “rappresentare alla cittadinanza i propri indirizzi politici”. Altro aspetto all’esame del governo quello relativo all’Agenzia del demanio che dovrà attivarsi per garantire a partiti e movimenti locali idonei all’attività politica nei capoluoghi di provincia. Nel testo è inoltre prevista la possibilità di “scaricare” è la quota associativa ai partiti e l’iscrizione a scuole corsi di formazione politica. Non è previsto niente, invece, per regolare il funzionamento delle fondazioni politiche.