La crisi dell'Europa

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camillobenso
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Re: La crisi dell'Europa

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LIBRE news

Ex sindaco di Londra: ricchi parassiti, felici di restare nell’Ue
Scritto il 10/6/16 • nella Categoria: idee


Alla conferenza del partito Tory dell’anno scorso ho attirato l’attenzione su di una statistica preoccupante sul modo in cui sta cambiando la nostra società. È la proporzione tra lo stipendio medio dei top manager del Ftse100 e quello del suo dipendente medio – ribadisco, medio – in azienda. Questa proporzione sembra in fase di esplosione a un ritmo straordinario, inspiegabile e francamente sospetto. Platone diceva che nessuno dovrebbe guadagnare più di cinque volte di chiunque altro. Be’, Platone si sarebbe stupito dalla crescita della disuguaglianza aziendale odierna. Nel 1980 la proporzione era 1 a 25. Nel 1998 era salita a 47. Dopo 10 anni di Tony Blair e Peter Mandelson – e del loro atteggiamento “intensamente rilassato” nei confronti degli “schifosamente ricchi” – i massimi dirigenti delle grandi aziende britanniche guadagnavano 120 volte la retribuzione media dei dipendenti di basso livello. Lo scorso anno la proporzione è arrivata a 130.Quest’anno – stappando una bottiglia di champagne – i pezzi grossi hanno sfondato la barriera magica di 150. Il Ceo medio del Ftse100 si porta a casa 150 volte lo stipendio del suo dipendente medio – e in alcuni casi molto di più. Non usiamo mezzi termini: queste persone guadagnano così tanti più soldi degli altri nella stessa società, che volano su jet privati e costruiscono piscine sotterranee, mentre molti dei loro dipendenti non possono nemmeno permettersi di acquistare alcun tipo di casa. C’è un signore là fuori che guadagna 810 volte la media dei suoi dipendenti. Cosa sta succedendo? È solo avidità, o favori reciproci dei comitati di remunerazione? Non c’è dubbio che ci racconteranno, come sempre, che questi sono “i prezzi di mercato”. Ma ho notato un’altra cosa di questi uomini del Ftse100 (e ho paura che siano quasi sempre uomini): che sono sempre felicissimi di sfilare per Downing Street e dichiarare la loro eterna devozione verso l’Ue. Firmano entusiasticamente lettere ai giornali, spiegando come sia fondamentale che restiamo nell’Ue. Credono che l’Ue faccia bene al loro business.Ma come, esattamente? Il mercato unico è un microcosmo di bassa crescita. E’ cronicamente affetto da un elevato tasso di disoccupazione. I paesi dell’Ue sono gli ultimi della fila in quanto a crescita tra i paesi dell’Ocse; ed è incredibile che ci siano 27 paesi extracomunitari che hanno goduto di una crescita più veloce delle esportazioni di merci verso l’Ue della Gran Bretagna, a partire dall’avvio del mercato unico nel 1992, mentre 20 Paesi hanno fatto meglio di noi nell’esportazione di servizi. Far parte dell’Ue non è poi così conveniente per le aziende britanniche. Perciò che cosa piace dell’Ue a questi pezzi grossi? Sostanzialmente due cose. A loro piace l’immigrazione incontrollata, perché aiuta a mantenere bassi i salari dei lavori meno qualificati, e quindi aiuta a controllare i costi, e quindi ad assicurarsi che vi sia ancora più grasso da spartirsi per quelli che comandano. Un rifornimento costante di solerti lavoratori immigrati significa non doversi preoccupare più di tanto delle competenze o delle aspirazioni o della fiducia in sé stessi dei giovani che crescono nel loro paese.E in quanto clienti di Learjets e frequentatori di salotti esclusivi, essi non sono solitamente esposti alle tipiche pressioni causate dall’immigrazione su larga scala, come quelle sull’intrattenimento, sulla scuola o sugli alloggi. Ma poi c’è una ragione ancor più sottile – il fatto che l’intero sistema di regole Ue è così lontano dai cittadini e opaco che i pezzi grossi possono volgerlo a loro vantaggio, al fine di mantenere le loro posizioni oligarchiche e, tenendo lontana la competizione, spingere la propria busta paga ancora più in alto. Nel loro ottimo libro “Perché le Nazioni falliscono”, Daron Acemoglu e James A. Robinson spiegano come istituzioni politiche trasparenti siano essenziali per l’innovazione e la crescita economica. Distinguono tra le società “inclusive”, dove le persone si sentono coinvolte nelle loro democrazie ed economie, e società “esclusive”, dove il sistema è sempre più manipolato da una élite per proprio esclusivo vantaggio. L’Ue sta cominciando ad assumere alcune caratteristiche delle società “esclusive”. E’ dominata da un gruppo di pochi politici internazionali, lobbisti e affaristi.Queste persone si conoscono a vicenda. Essendo parti di grandi aziende, possono permettersi di assumere qualcuno per seguire le complesse regole che vengono da Bruxelles. Possono fissare appuntamenti coi responsabili delle Commissioni. Possono perfino incontrarli alle conferenze o agli eventi – il più famoso di questi è Davos. In questo senso, hanno un immenso vantaggio rispetto alla maggioranza delle aziende del paese. La maggior parte delle aziende (e in effetti la maggior parte degli inglesi) non hanno alcuna idea di chi lavori per la Commissione, o di come mettersi in contatto con queste persone, e non saprebbero distinguere i loro euro-parlamentari da dei marziani. Solo il 6% delle aziende britanniche in realtà esportano in Ue, e ciò nonostante il 100% di esse deve sottostare al 100% delle leggi Ue, che si tratti di aziende piccole o grandi – un peso normativo che costa circa 600 milioni di sterline alla settimana.La scorsa settimana ho visitato la Reid Steel, un’azienda britannica di successo a Christchurch, nel Dorset. Esportano acciaio per costruire ponti in Sudan, alberghi alle Mauritius, hangar di aerei in Mongolia. L’unica cosa che li frena, dicono, sono le regole Ue – generate attraverso un incomprensibile processo che coinvolge i lobbisti di grosso calibro, le grosse multinazionali e i governi di paesi stranieri. Non vedono l’ora di uscire dall’Ue, e hanno ragione. Pensano che le altre nazioni Ue stringerebbero rapidamente nuovi trattati commerciali. E che le aziende britanniche, liberate dalle catene europee, finirebbero per esportare in Europa di più anziché meno di quanto facciano ora.Naturalmente, i pezzi grossi del Ftse100 firmeranno per poter rimanere in Ue: a livello personale stanno diventando sempre più ricchi – sfruttando manodopera immigrata per le loro aziende e manipolando le regole Ue a vantaggio dei grandi attori, gli unici a poterle comprendere – mentre i meno fortunati hanno invece visto una diminuzione in termini reali delle loro retribuzioni. Questa è una delle ragioni per le quali la Ue ha una bassa innovazione, bassa produttività e bassa crescita. Se volete sostenere gli imprenditori, i faticatori, gli innovatori, i lavoratori, le imprese dinamiche e fiorenti dell’Inghilterra – allora votate per uscire dalla Ue il 23 giugno, e date a questi parassiti il calcio nel sedere che si meritano.

(Boris Johnson, “L’Ue, uno strumento dei forti per sfruttare i deboli”, appello agli inglesi pubblicato su Facebook il 16 maggio 2016. Parlamentare inglese eletto tra i conservatori, Johnson è l’ex sindaco di Londra).
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Re: La crisi dell'Europa

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Sprofondano le Borse europee: giù Piazza Affari, crollano i bancari
Il timore della Brexit spaventa tutte le piazze europee



Franco Grilli - Ven, 10/06/2016 - 18:49
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Venerdì nero per la Borsa, con tutte le principali piazze europee schiacciate dall'incertezza del referendum sulla Brexit, previsto per il 23 giugno, a cui si aggiungono le prossime elezioni spagnole, e le riunioni di Fed e Bank of Japan previste per la settimana prossima.


Sprofonda soprattutto Piazza Affari che chiude con il Ftse Mib che perde il 3,62% a 17.120 punti, mentre l'All Share lascia sul terreno il 3,38%. A trascinare al ribasso la Borsa sono soprattutto i titoli bancari, sospesi tutti più volte nel corso della giornata. La Borsa di Milano ha registrato il calo più forte d’Europa, con Madrid a -3,1%, Francoforte a -2,5% e Parigi a -2,2%. La piazza meno debole è stata Londra, che ha perso "solo" l’1,85%.
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Re: La crisi dell'Europa

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ULTIMA ORA•
BREXIT, PER L'INDEPENDENT GLI EUROSCETTICI SONO AVANTI DI 10 PUNTI
camillobenso
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Re: La crisi dell'Europa

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Brexit, l’ossessione di stampa e social britannici. La maggioranza dei media è favorevole all’uscita dall’Europa
Mondo
Il dato è il frutto di una ricerca del Reuters Institute for the Study of Journalism che ha considerato oltre mille articoli. Ogni quotidiano in media propone anche 10 articoli al giorno sul tema: 45% favorevoli all'uscita dall'Ue, 27% sostengono la permanenza. Il 69% dà voce ai conservatori (sia quelli europeisti che quelli euroscettici), mentre i laburisti trovano posto nel 14% dei casi. E i giovani snobbano il referendum
di Daniele Guido Gessa | 10 giugno 2016
COMMENTI (110)


Che i referendum siano un’ossessione solamente in Italia è tutto da provare. Di certo, anche nel Regno Unito, la prossima consultazione sull’appartenenza all’Unione europea sta diventando un tormentone costante. Con una cifra caratteristica: la stampa britannica è tendenzialmente favorevole alla Brexit e la quasi maggioranza degli articoli sul tema propugna l’uscita del Regno Unito dal recinto comunitario con il referendum del prossimo 23 giugno. Il dato, che è il frutto di una ricerca, arriva dal Reuters Institute for the Study of Journalism, un istituto con sede a Oxford e che ha appunto avuto origine dalla principale agenzia di notizie al mondo. Studiando gli articoli pubblicati nei mesi di marzo e aprile, l’ente di ricerca ha mostrato come il 45% di essi fosse in favore della Brexit, contro il 27% in favore della permanenza e i restanti (il 28%) perlopiù dai toni e dai contenuti neutrali. Un corpo di oltre mille articoli, così, ha mostrato quello che chiunque conosca la realtà britannica può in questi giorni testimoniare: il discorso del “Leave“, dell’uscita, fa molta più presa sulla gente e sugli opinion maker. Si tratta di un discorso più forte e più pregno e di sicuro molto più coinvolgente.


L’analisi del Reuterst Institute, inoltre, ha confermato la tradizionale spaccatura fra stampa di “sinistra” e stampa di “destra“. Assolutamente favorevoli alla Brexit risultano essere titoli come il Daily Mail, il Sun di Rupert Murdoch e il Daily Telegraph. E i primi due, entrambi tabloid, sono i quotidiani più letti nel Regno Unito, sia nella versione online che in quella cartacea, con il sito del Daily Mail che è uno dei siti informativi più visitati al mondo e con il cartaceo del Sun che in certi giorni vende anche un milione e mezzo di copie. Numeri assolutamente fantascientifici per altre realtà europee, e per esempio per l’Italia. Sul fronte opposto, assolutamente europeisti risultano il Guardian, l’Independent e il Daily Mirror, mentre il Times, che è sempre di Murdoch e che è un po’ il “cavallo di razza” della stampa britannica, si mantiene neutrale.

Altre indagini, inoltre, nelle ultime settimane hanno mostrato come quella della Brexit stia diventando una vera e propria ossessione per la stampa del Regno Unito. Ogni quotidiano in media propone anche dieci articoli al giorno sul tema, con le versioni online che ormai hanno inaugurato anche dei rulli ad aggiornamento continuo sul tema. Così come avviene per i grandi eventi, peccato che alla consultazione referendaria manchino ancora due settimane. Un dibattito nel quale, rivela la stampa britannica senza vergognarsene, il 69% degli articoli dà voce ai conservatori (sia quelli europeisti che quelli euroscettici), mentre i laburisti trovano posto solamente nel 14% dei casi. Lo studio del Reuters Institute, portato avanti con l’ente Prime Research, andrà avanti fino al 21 giugno e verrà pubblicato nella sua interezza nel mese di settembre, quando il Regno Unito potrebbe già essere fuori dall’Ue. Ma il tema, chiaramente, è fortissimo anche sui social network. Nella giornata di mercoledì 8 giugno, la pagina Facebook di Vote Leave, il comitato dei pro-Brexit, “piaceva” a 464mila persone circa, mentre quella di Britain Stronger in Europe, gli europeisti, era seguita da 461mila persone. Entrambe le pagine aggiornano in continuazione i propri contenuti ed è da immaginare che la lotta sarà sempre più serrata nei prossimi giorni e fino al referendum. Social network quindi sempre più importanti nella battaglia sull’Ue. Tant’è che sempre più spesso il premier David Cameron (anti-Brexit) e l’ex sindaco di Londra Boris Johnson (che è a favore) usano Twitter come prima piattaforma per il lancio delle loro dichiarazioni. Ancora prima che i loro portavoce ufficiali dicano qualcosa.

Nella lotta sulla stampa e sui social media ci sono però anche altre questioni. Diversi analisti e commentatori hanno sottolineato come il tema del referendum sia assolutamente snobbato dai più giovani, quelli che forse potrebbero votare a favore dell’Europa e rilanciare le sorti di un referendum al momento sbilanciato a favore degli euroscettici. Secondo molti opinion maker, né Cameron né Johnson e i suoi sono riusciti a coinvolgere i giovani, un qualcosa che forse potrebbe avere serie ripercussioni sull’esito del voto. Infine, quanto scritto da Alex Spence, noto giornalista esperto di questioni mediatiche: il dibattito sulla Brexit mette in scena solamente persone della media e dell’alta borghesia, bianche e di sesso maschile. Pochissime le donne che compaiono in questo discorso, così come le minoranze etniche e religiose sono tenute da parte. Una situazione abbastanza diversa da quella dell’Italia, dove pure il tema del referendum costituzionale di ottobre sta diventando quasi un’ossessione, ma dove il peso delle donne in politica si fa assolutamente sentire. E basta solamente citare il ruolo e il peso del ministro Maria Elena Boschi in tutta la vicenda.
camillobenso
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Re: La crisi dell'Europa

Messaggio da camillobenso »

11 GIU 2016 11:40
NON RESTA CHE LA PAURA

- BREXIT: PER L''INDEPENDENT' GLI EUROSCETTICI SONO AVANTI DI 10 PUNTI. E ALLORA AVANTI COL 'PROJECT FEAR': INSTILLARE IL TERRORE IN CASO DI USCITA. SCHAEUBLE: ''SE LASCIATE L'UE, LASCIATE PURE IL MERCATO COMUNE'', DOVE CI SONO NORVEGIA E SVIZZERA - SOROS: ''ALLA FINE VINCERÀ IL 'REMAIN'''


Il fronte ''Leave'' minaccia l' invasione di milioni di immigrati che porteranno via tutto ai cittadini britannici se resteranno nell'UE. Il fronte del sì all' Europa minaccia una grande depressione di proporzioni disastrose, se la lasceranno. Scenari esagerati, naturalmente. Ma il futuro, e i sondaggi, sono totalmente incerti...




11 GIU 2016 11:40
NON RESTA CHE LA PAURA - BREXIT: PER L''INDEPENDENT' GLI EUROSCETTICI SONO AVANTI DI 10 PUNTI. E ALLORA AVANTI COL 'PROJECT FEAR': INSTILLARE IL TERRORE IN CASO DI USCITA. SCHAEUBLE: ''SE LASCIATE L'UE, LASCIATE PURE IL MERCATO COMUNE'', DOVE CI SONO NORVEGIA E SVIZZERA - SOROS: ''ALLA FINE VINCERÀ IL 'REMAIN'''

Il fronte ''Leave'' minaccia l' invasione di milioni di immigrati che porteranno via tutto ai cittadini britannici se resteranno nell'UE. Il fronte del sì all' Europa minaccia una grande depressione di proporzioni disastrose, se la lasceranno. Scenari esagerati, naturalmente. Ma il futuro, e i sondaggi, sono totalmente incerti...

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1.BREXIT: PER L'INDEPENDENT EUROSCETTICI 10 PUNTI AVANTI
BREXIT
BREXIT
(ANSA) - Balzo in avanti degli anti-Ue in un sondaggio sulla Brexit dell'istituto Orb per l'Independent. Secondo la rilevazione, gli euroscettici sono al 55%, con un distacco di dieci punti sui pro Ue, al 45%. Come sottolinea il sito del giornale, si tratta di uno dei margini di vantaggio più ampi per la campagna 'Leave' registrati di recente. Secondo la media fra i sondaggi del Financial Times, i pro Ue sono comunque ancora in vantaggio, al 45%, contro il 43% degli euroscettici.


2.TESTA A TESTA A LONDRA SOROS: "MA ALLA FINE VINCERÀ IL SÌ ALLA UE"
Enrico Franceschini per ''la Repubblica''

Entrambe le parti lo chiamano "Project Fear": il tentativo di instillare paura tra gli elettori e convincerli a votare per o contro Brexit, per o contro l' uscita della Gran Bretagna dall' Unione Europea. Il fronte del no all' Europa minaccia l' invasione di milioni di immigrati che porteranno via tutto ai cittadini britannici, posti di lavoro, assistenza sanitaria gratuita, sicurezza, se il Regno Unito rimane nella Ue.
david cameron brexit
DAVID CAMERON BREXIT

Il fronte del sì all' Europa minaccia una grande depressione di proporzioni disastrose, se il Regno Unito esce dalla Ue. Il Financial Times giudica esagerati entrambi gli scenari, ma non c' è da meravigliarsi se, dopo settimane di campagna referendaria centrata sullo spavento delle masse, i primi a prendersi paura siano i mercati finanziari, con le Borse di tutta Europa in calo. Non ancora un terremoto, ma un campanello d' allarme.

Forse è significativo che a calare meno delle altre sia la Borsa di Londra, l' epicentro del potenziale sconquasso, comunque vada a finire il voto del 23 giugno: conoscendo i propri politici, può darsi che gli inglesi prendano con cautela le previsioni catastrofiche.

brexit 5
BREXIT 5
Non a caso, i sondaggi sono praticamente invariati da un paio di settimane: il "poll of polls", summa di tutti i sondaggi, compilato dal quotidiano della City, fornisce come ultimo dato un 45 a 43% a favore del restare nella Ue che di fatto equivale (con il margine di errore dei rilevamenti statistici) a un pareggio. Altrettanto degno di nota potrebbe essere il fatto che la sterlina, dopo essere scesa al livello più basso degli ultimi 7 anni, ha recuperato terreno e tiene.

Come notato da un investitore di peso, il finanziere Geoge Soros, in un email inviata al Wall Street Journal: «Se la Gran Bretagna se ne va, potrebbe essere l' inizio di un esodo generale e la disintegrazione dell' Unione diventerebbe praticamente inevitabile», osserva il magnate di origine ungherese, concordando sostanzialmente con il monito lanciato dal ministro del Tesoro tedesco Schaeuble nell' intervista pubblicata ieri da Der Spiegel.

george soros
GEORGE SOROS
Parole, quelle di Schaeuble, che hanno contribuito al nervosismo delle Borse, non solo per la previsione di un effetto a catena nel caso di uscita britannica dalla Ue, ma pure per l' avvertimento - quest' ultimo rivolto evidentemente a Londra - che la Gran Bretagna non può sperare di uscire dalla Ue e «restare nel mercato unico europeo».

Tuttavia Soros esprime ottimismo sull' esito della consultazione referendaria, sostenendo che la relativa forza espressa dalla sterlina negli ultimi giorni sia un segnale che Brexit non accadrà: «Sono fiducioso che più ci avviciniamo al voto, più si rafforzerà il fronte del sì alla Ue. Non sempre la penso come i mercati, ma questa volta sì».

Tale fiducia potrebbe crescere se gli elettori dessero ascolto al cervello anziché al cuore, o peggio ancora alla pancia, nei dodici giorni che mancano al voto. Un invito rivolto da Tory Rudd, ministra dell' Energia nel governo conservatore di David Cameron, al suo compagno di partito, ma in questa circostanza ostinato avversario, Boris Johnson, nel dibattito televisivo di due sere fa sul referendum.

wolfgang schaeuble schauble 4
WOLFGANG SCHAEUBLE SCHAUBLE 4
«L' unico numero che ti interessa», ha detto la ministra interrompendo la litania di cifre poco credibili citate dall' ex-sindaco di Londra per affermare che sarebbe un vantaggio uscire dall' Europa, "è il numero 10": riferimento alla scoperta ambizione di Johnson di subentrare come primo ministro al posto di Cameron al 10 di Downing Street, quali che siano i costi di Brexit per il paese, per l' Europa e per i mercati.





11 GIU 2016 11:40
NON RESTA CHE LA PAURA - BREXIT: PER L''INDEPENDENT' GLI EUROSCETTICI SONO AVANTI DI 10 PUNTI. E ALLORA AVANTI COL 'PROJECT FEAR': INSTILLARE IL TERRORE IN CASO DI USCITA. SCHAEUBLE: ''SE LASCIATE L'UE, LASCIATE PURE IL MERCATO COMUNE'', DOVE CI SONO NORVEGIA E SVIZZERA - SOROS: ''ALLA FINE VINCERÀ IL 'REMAIN'''

Il fronte ''Leave'' minaccia l' invasione di milioni di immigrati che porteranno via tutto ai cittadini britannici se resteranno nell'UE. Il fronte del sì all' Europa minaccia una grande depressione di proporzioni disastrose, se la lasceranno. Scenari esagerati, naturalmente. Ma il futuro, e i sondaggi, sono totalmente incerti...


1.BREXIT: PER L'INDEPENDENT EUROSCETTICI 10 PUNTI AVANTI

2.TESTA A TESTA A LONDRA SOROS: "MA ALLA FINE VINCERÀ IL SÌ ALLA UE"
Enrico Franceschini per ''la Repubblica'
3.BERLINO AVVERTE, CON BREXIT GB FUORI DAL MERCATO UNICO
Emanuele Riccardi per l'ANSA

http://www.dagospia.com/rubrica-3/polit ... 126547.htm
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Re: La crisi dell'Europa

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11 GIU 2016 11:40
NON RESTA CHE LA PAURA

- BREXIT: PER L''INDEPENDENT' GLI EUROSCETTICI SONO AVANTI DI 10 PUNTI. E ALLORA AVANTI COL 'PROJECT FEAR': INSTILLARE IL TERRORE IN CASO DI USCITA. SCHAEUBLE: ''SE LASCIATE L'UE, LASCIATE PURE IL MERCATO COMUNE'', DOVE CI SONO NORVEGIA E SVIZZERA - SOROS: ''ALLA FINE VINCERÀ IL 'REMAIN'''


Il fronte ''Leave'' minaccia l' invasione di milioni di immigrati che porteranno via tutto ai cittadini britannici se resteranno nell'UE. Il fronte del sì all' Europa minaccia una grande depressione di proporzioni disastrose, se la lasceranno. Scenari esagerati, naturalmente. Ma il futuro, e i sondaggi, sono totalmente incerti...



1.BREXIT: PER L'INDEPENDENT EUROSCETTICI 10 PUNTI AVANTI

2.TESTA A TESTA A LONDRA SOROS: "MA ALLA FINE VINCERÀ IL SÌ ALLA UE"
Enrico Franceschini per ''la Repubblica'
3.BERLINO AVVERTE, CON BREXIT GB FUORI DAL MERCATO UNICO
Emanuele Riccardi per l'ANSA

http://www.dagospia.com/rubrica-3/polit ... 126547.htm
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Re: La crisi dell'Europa

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???????????????????????????????????????????




Il piano di sicurezza non ferma gli hooligans
A Marsiglia nuovi scontri tra inglesi e polizia

Secondo giorno di incidenti nella città che ospiterà Inghilterra-Russia. L’imponente servizio d’ordine non è bastato a contenere la furia dei tifosi d’Oltremanica, russi e francesi: un uomo in fin di vita - video e foto
hooligans 990
Europei di Calcio Francia 2016
Lanci di bottiglie, sassaiole, scontri fra tifoserie: hooligan inglesi, ultras russi e anche francesi. E i turisti costretti ad allontanarsi in fretta per non rimanere coinvolti. Tutto come 18 anni fa, quando durante i mondiali di Francia ’98, sempre a Marsiglia, alla vigilia di Inghilterra-Tunisia i teppisti inglesi misero la città a ferro e fuoco, facendo decine di feriti. Ora secondo giorno consecutivo di scontri, nonostante
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Re: La crisi dell'Europa

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-----------VERO O FALSO?????-----------




11 GIU 2016 16:00
1. LEGGETE QUELLO CHE DICE FARAGE: TRA DUE SETTIMANE POTREBBE ESSERE LUI IL PADRONE DEL REGNO UNITO, IN CASO DI BREXIT: ''GRILLO E IO DISTRUGGEREMO L'UNIONE EUROPEA''


2. ''CI SEGUIRANNO GLI ALTRI DEL NORD. PRIMA LA DANIMARCA; POI OLANDA, SVEZIA, AUSTRIA''


3. IL CAPO DELL'UKIP, CHE ALLE EUROPEE HA PRESO IL 27%: ''L'EURO HA AMMAZZATO I PAESI DEL SUD, E SI È RIVELATO QUELLO CHE ERA: L'ARMA DELL'EGEMONIA TEDESCA. LA GRECIA È ORMAI TERZO MONDO. LA SPAGNA SALVATA DAL DENARO PUBBLICO. L'ITALIA È QUELLA MESSA PEGGIO''


4. ''GRILLO VINCERÀ A ROMA E TORINO. È STRAORDINARIO. UN PATRIOTA. DALLA POLITICA NON HA PRESO UN PENNY. CASALEGGIO UN GENIO VISIONARIO''. ''BORGHEZIO? TROPPO PURE PER ME''


5. LA VERA STORIA D'EUROPA? ''ROVINATA DAGLI ITALIANI: CIAMPI E PRODI CHE VI PORTANO NELL'EURO. PRODI CHE FA ENTRARE I PAESI DELL'EST. E POI IL GOVERNO FANTOCCIO DI MONTI''


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Aldo Cazzullo per il ''Corriere della Sera''

Aldo Cazzullo per il ''Corriere della Sera''
CASALEGGIO FARAGE

Ecco la vera storia d' Europa secondo Nigel Farage: «Il Paese-chiave, l' anello debole della catena che imprigiona i popoli del continente, è l' Italia.

Fine anni 90: Prodi e Ciampi portano Roma nell' euro. Io tengo il mio primo discorso a Strasburgo e dico: "L' euro è fatto per il Nord Europa, non per i Paesi mediterranei: li getterà in rovina".

2004: Prodi porta in Europa i Paesi ex comunisti, che non sono ancora diventati vere democrazie; e oggi la seconda lingua di Londra è il polacco.

2008: Berlusconi viene eletto in libere elezioni e prende le distanze da Bruxelles e da Berlino. 2011: un colpo di Stato destituisce Berlusconi e lo rimpiazza con un governo fantoccio, affidato a un uomo della Goldman Sachs».


Mario Monti è stato commissario europeo…
«Appunto. E al governo ha fatto quello che la Merkel gli ha detto di fare. Ricordo quando arrivò a Strasburgo: tutti si alzarono ad applaudire, come se fosse entrato il messia. Io rimasi seduto. Mi dicevo: l' Italia è un grande Paese, non può farsi trattare come una colonia tedesca. Infatti alle elezioni del 2013 Grillo è il primo partito. 2015: referendum in Grecia; il popolo vota no all' Europa, ma Tsipras si piega. Il 2016 è l' anno della svolta. Viviamo un momento cruciale della storia».


Cioè?
«Grillo e io distruggeremo la vecchia Unione Europea. Il 19 giugno i 5 Stelle eleggono il sindaco della capitale e cambiano l' Italia. Il 23 giugno la Gran Bretagna esce dall' Unione e cambia l' Europa. Avremo un effetto domino. Dopo di noi gli altri Paesi del Nord se ne andranno uno dopo l' altro. Per prima la Danimarca; poi l' Olanda, la Svezia, l' Austria. Questo referendum è l' evento più importante dal 1957: l' Ue sta per crollare. Disintegrata in tanti pezzi».

Più che Grillo, Nigel Farage ricorda il primo Bossi, solo più elegante - o forse più eccentrico - in abito blu e cravatta con gli arabeschi.

Ha il gusto della ricostruzione storica e del retroscena. 52 anni, gran fumatore.

I giornali inglesi scrivono che non beve da dieci giorni perché è molto concentrato sui dibattiti; ma prima del question time con la «Bbc» si versa un bicchiere di vino rosso, mentre risponde alle domande del «Corriere».

Siamo nel Kent, dove ha casa.

La tv pubblica è convocata a Folkestone, dove sbuca il Canale sotto la Manica.

È un luogo simbolico: la porta dell' Inghilterra, a dieci chilometri dalle scogliere di Dover che da secoli la proteggono dagli invasori.

Il capo dell' Ukip - primo partito alle Europee con il 27%, ora in campagna per Brexit - è qui per assicurare che fermerà le invasioni prossime venture: «L' Europa del Sud sta aprendo la porta ai terroristi. È un rischio che non ci possiamo permettere».


Farage, la Gran Bretagna è fuori da Schengen, ci sono i controlli.
«Eppure ogni anno arrivano quasi mezzo milione di immigrati: troppi. Di questo passo nel 2040 saremo 80 milioni».


E sarebbe colpa degli immigrati italiani?

«I ragazzi italiani che lavorano nella City come nei ristoranti sono meravigliosi. Non ho nulla contro di loro. Ma non reggiamo più: la sanità pubblica sta saltando, i nostri giovani non trovano casa e lavoro. Londra non è più una città inglese. Gli italiani in gamba potranno continuare a venire; ma con le nostre regole, non con quelle di Bruxelles».


Sicuro che Brexit vinca?
«Penso di sì. In ogni caso, questo referendum non possiamo perderlo. Se anche il Remain prevalesse 52 a 48, Cameron dovrà comunque dimettersi. I conservatori sono irrimediabilmente spaccati».


Qualcuno verrà con lei?
«Credo proprio di sì. Ci sarà un big-bang della politica inglese: nulla sarà più come prima.
Ma posso dirle la verità? Questo è un dettaglio. La partita è infinitamente più importante. È una battaglia culturale. La stessa che combatte Grillo in Italia».


Cosa pensa di lui?
«Un uomo straordinario. Totale disinteresse personale, amore autentico per la sua gente. Un patriota. Dalla politica non ha preso un penny, ha solo dato: tutto, anche se stesso. Insieme stiamo combattendo la guerra di indipendenza dei nostri Paesi. Purtroppo Beppe ha perso Gianroberto Casaleggio».


Conosceva anche Casaleggio?

«Un genio. Antevedeva le cose prima degli altri».


E Salvini?

«Sono stato nel gruppo della Lega a Strasburgo. Non ho mai avuto problemi, tranne che con Borghezio. Io non sono un tipo politicamente corretto. Però Borghezio è troppo pure per me».


E di Renzi cosa pensa?

«L' ho incontrato. È convinto di essere il Blair italiano; ma dovrebbe almeno parlare correntemente l' inglese. Si agita. Però resta subalterno alla Merkel. Non è l' uomo giusto».


Il Pd resta il primo partito.

«Ancora per poco. Come avevo previsto, l' euro sta distruggendo l' economia dei Paesi mediterranei, che hanno bisogno di una moneta debole per esportare di più e svalutare il debito pubblico. La Grecia sta diventando una nazione del terzo mondo. La Spagna è stata salvata dal denaro dell' Europa. L' Italia è quella messa peggio. L' economia ristagna, i giovani non trovano lavoro e infatti vengono qui, alcune grandi banche traballano; ma siete troppo grossi per fallire. L' euro si è rivelato quello che era: l' arma dell' egemonia tedesca».


Ma perché lei ce l' ha tanto con la Germania?

«Non è così: pensi che mia moglie è tedesca. L' unificazione di Bismarck ha portato tre guerre: quella franco-prussiana e i due conflitti mondiali. Ora la Germania è uno Stato pacifico: non la biasimo. Fa i suoi interessi. Che però non sono i nostri; tanto meno i vostri».


Rimpiange l' Europa divisa e in guerra?

«Schuman e Monnet dicevano che l' Europa unita avrebbe fermato tutte le guerre. Si sbagliavano. Ricorda il mattatoio dell' ex Jugoslavia?».



L' ha evocato anche il premier Cameron, paventando nuove Srebrenica.
«Allora perché non si è fatto l' esercito europeo? Lei vede qualcuno qui in Inghilterra sventolare la bandiera europea? Conosce qualcuno che ami l' Unione? Io amo l' Europa. Ma detesto la burocrazia, l' oppressione. In Europa non c' è il capitalismo; c' è il corporativismo. Le piccole imprese ne sono schiacciate».


La Brexit potrebbe danneggiare la vostra economia.

«Dicevano pure che sarebbe stato un disastro tenersi la sterlina e non entrare nell' euro; invece è stata la nostra salvezza. Non c' è un solo dato economico contro il Leave , contro l' addio. La loro unica arma è la paura: dicono in sostanza che il cielo ci cadrà sulla testa. Ma gli unici che hanno qualcosa da perdere sono le classi dominanti. Le famiglie come i Cameron».


Cosa pensa di Johnson, l' ex sindaco di Londra che ora fa campagna per Brexit?
«Boris è tremendous : formidabile. Tra pochi mesi potrebbe essere primo ministro».

Marine Le Pen?
«Una donna forte. Migliore del padre. Ha cercato di rinnovare il partito, in parte c' è riuscita. Sta facendo un ottimo lavoro».


Donald Trump?
«La politica americana è molto diversa dalla nostra. Ma non voterei Hillary neppure per un milione di dollari».


Putin?

«Non mi piace, non mi dispiace. Sono neutrale. Osservo che Putin ha restituito alla Russia forza economica e forza militare. L' Europa non ha né l' una né l' altra».


Ma fuori dall' Ue rischiate di diventare una Little England, come dice Cameron: un' Inghilterra piccola piccola.

«Al contrario. L' Europa è in declino. Noi resteremo una piattaforma globale; e senza le pastoie burocratiche saremo più liberi di attirare capitali e investimenti».
GRILLO CASALEGGIO IMOLA


Obama non la pensa così.

«Obama ci ha dato una mano. Noi siamo la Gran Bretagna e non ci facciamo intimidire da nessuno. Nessuno può dirci cosa fare e cosa non fare. La risposta degli inglesi a Obama è stata: "Go to hell", va all' inferno».


Molti sostenitori di Brexit ritengono che la sua radicalità spaventi gli indecisi. Lo sa?
«Io non sono un estremista. Né mi conviene esserlo. I voti dell' estrema sinistra e dell' estrema destra verranno comunque, ma non saranno decisivi. La battaglia si vince tra la gente comune. Non in Parlamento e neppure a Londra; nelle viscere di questa meravigliosa nazione. Sarà una formidabile sconfitta per l' establishment, le grande banche, le multinazionali, le élite».


Se lei non è estremista, cos' è?

«Un liberale classico. Credo nel mercato, ma credo anche nella comunità; e non mi piace quando i ricchi diventano troppo ricchi, e i poveri troppo poveri. Fino al 1992 ero con i conservatori. Me ne sono andato quando John Major firmò il trattato di Maastricht. Margaret Thatcher non l' avrebbe mai fatto».


Le piaceva?

«Non avremo mai più un leader così. Mi ha commosso che John Nott, il ministro della Difesa della guerra delle Falklands, abbia stracciato la tessera Tory per unirsi alla nostra causa».


È vero che lei è per legalizzare le droghe leggere?

«Sì. Personalmente sono favorevole».


Lei ha parlato molto di Italia. La conosce?

«Per sette anni ci sono venuto regolarmente, per affari. Mi occupavo di metalli. Giravo le città industriali del Nord e quelle portuali. Il vostro modo di fare business è un po' particolare ( Farage sorride ), ma le città sono bellissime. Trieste è meravigliosa. E anche Genova: la città di Beppe».


La regina dirà qualcosa?
«No. Siamo una monarchia costituzionale da oltre tre secoli. La regina non dirà nulla».


Lo sa che distruggendo l' Europa lei distruggerebbe quello che fu un sogno di generazioni?
«Un incubo, piuttosto. Io sono un guerriero dell' indipendenza del Regno Unito. Quando lo dicevo, ancora pochi anni fa mi prendevano per matto. È stato un viaggio lungo e difficile; ma adesso ci siamo. Mancano appena due settimane. Dobbiamo pensare l' impensabile. Il 23 giugno sarà il nostro Independence Day. E dopo il 23 giugno tutto diventa possibile».
E su quest' ultimo punto Nigel Farage ha ragione.


http://www.dagospia.com/rubrica-3/polit ... 126565.htm
camillobenso
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Iscritto il: 06/04/2012, 20:00

Re: La crisi dell'Europa

Messaggio da camillobenso »

QUEL CHIACCHERONE DI FARAGE, SU QUESTO PUNTO POTREBBE AVERE RAGIONE:

2. ''CI SEGUIRANNO GLI ALTRI DEL NORD. PRIMA LA DANIMARCA; POI OLANDA, SVEZIA, AUSTRIA''




Il partito della Brexit vola Cameron vuole abbatterlo

I sondaggi spaventano Londra: in vantaggio di 10 punti i No Bruxelles. Il premier contro Johnson


Erica Orsini - Dom, 12/06/2016 - 08:32
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Londra Gli ultimi sondaggi su Brexit stanno scatenando il panico a Downing Street. Sebbene ormai si sappia com'è difficile prevedere il voto degli elettori, i dati diffusi venerdì non potevano non allarmare i sostenitori di Remain dato che davano gli avversari di Leave in testa con uno scarto di ben 10 punti.


La sterlina ne ha subito risentito segnando una brusca discesa e il mercato non l'ha presa bene.

A questo punto, rivelava ieri il quotidiano Daily Telegraph, Cameron ha deciso di giocare duro lasciando ad altri le strategie beneducate. Così il nuovo approccio consisterebbe in una serie di attacchi personali a colui che meglio incarna il Brexit-pensiero, vale a dire l'ex sindaco conservatore Boris Johnson. Se nelle ultime settimane i cittadini decisi ad uscire dall'Europa sono aumentati è infatti sicuramente anche grazie agli interventi efficaci di Johnson che da sempre sa come utilizzare i media. Il primo ministro al contrario non è riuscito ad essere convincente nei dibattiti pubblici a cui ha preso parte e la campagna di Remain è stata frenata da alcuni passi falsi. Il fatto che, ad esempio, la Regina sia stata coinvolta nella disputa per aver inserito nella lista d'onore stilata in occasione dei suoi 90 anni due dozzine di supporters governativi non è piaciuto. La caotica posizione laburista sul referendum con decine di membri del partito a favore di Brexit e in aperta contrapposizione con il leader Jeremy Corbyn non ha certo aiutato. A questo punto molto meglio buttarla sul personale anche se per interposta persona, senza sporcarsi troppo le mani. Quindi sebbene Cameron abbia appena dichiarato di non voler trasformare la campagna referendaria in una battaglia tra Tories, questo è proprio quello che sta accadendo. Giovedì, durante un dibattito televisivo, il ministro per l'Energia Amber Rudd, ha lanciato un feroce attacco all'indirizzo dell'ex sindaco di Londra accusandolo di aver deciso di sostenere Brexit soltanto per motivi personali. «Johnson è l'anima del partito, ma non è lui che vorresti ti accompagnasse a casa alla fine della serata», ha detto la Rudd facendo infuriare gli euroscettici. Fonti vicine al governo, racconta il Telegraph, dicono che il suo attacco è stato orchestrato fin nei minimi dettagli da Downing Street e dal ministero del Tesoro. Venerdì, i sostenitori di Remain hanno anche diffuso un poster che raffigura Cameron, l'ex ministro Conservatore Gove e il leader dell'Ukip Farage mentre giocano a dadi. Sotto il manifesto si legge «Non lasciare che scommettano sul tuo futuro». A chi gli ha chiesto se si sentisse dispiaciuto per gli attacchi personali nei confronti di Boris Cameron ha risposto: «Anch'io ho partecipato a questi dibattiti e questo è il modo in cui funzionano le cose». Ha aggiunto però che intende ancora offrirgli un posto nell'esecutivo subito dopo il voto del 23 giugno. Sempre che quel posto Il biondo Boris lo voglia ancora accettare. Se c'è qualcosa di vero nelle accuse lanciategli dalla Rudd infatti, sono senza dubbio la sua ambizione e la sua eterna rivalità con Cameron. Il desiderio di diventare leader di partito non ha mai abbandonato Johnson e la sua decisione di sostenere Brexit è stata guardata con forte sospetto fin dall'inizio. A questo punto della partita nessuno può negare che questo referendum sia diventato anche uno scontro personale tra due grandi protagonisti della storia del partito conservatore, troppo ingombranti per convivere. E probabilmente, l'esito del voto è destinato a porre fine anche alla carriera di uno dei due.
iospero
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Iscritto il: 24/02/2012, 18:16

Re: La crisi dell'Europa

Messaggio da iospero »

Fmi, l’istituto internazionale si converte e condanna il neoliberismo

L’ultima conversione in materia di teoria economica viene dal Fmi che, nella sua ultima pubblicazione Neoliberismo: sopravvalutato?, fa una diagnosi piuttosto estesa degli effetti delle politiche economiche neoliberiste praticate in Europa e nel mondo negli ultimi 30 anni. Ad essere messi in discussione oggi sono gli effetti e soprattutto l’efficacia di questa impostazione economica, di fronte ad un crescente aumento delle diseguaglianze sociali e alla persistente stagnazione della crescita. Il paradigma neoliberista della nuova macroeconomia classica trovò ampio spazio accademico nella seconda metà degli anni 70, quando Milton Friedman fondò la celebre scuola di Chicago, la fucina del pensiero neoliberista, la risposta accademica al keynesismo che all’epoca era la dottrina economica di riferimento di molti accademici e dei governi dell’epoca. Ora, in questa sede, non interessa tanto affrontare il dibattito tra keynesismo e neoliberismo, quanto prendere atto degli inaspettati cambi di visione dell’istituzione che più ha abbracciato il paradigma neoliberista.

Non vengono rimessi in discussione tutti i capisaldi di questa scuola economica. Ad esempio, non vengono ridiscussi i dubbi vantaggi che le privatizzazioni avrebbero portato, di fronte soprattutto alle evidenze empiriche che dimostrano come i costi dei settori pubblici siano aumentati, e come l’efficienza dell’erogazione di questi sia rimasta invariata se non addirittura peggiorata. Gli economisti del Fondo mettono al centro della loro analisi due aspetti in particolare: il primo è il dogma della libera circolazione dei capitali, un tempo bastione incrollabile della teoria neoliberale, oggi rimesso in discussione per i suoi effetti deleteri tendenti a creare bolle del debito speculative, e di questi ne siamo stati testimoni diretti per averli sperimentati direttamente negli anni passati agli inizi della moneta unica; il secondo è rappresentato dalle politiche fiscali pro cicliche presentate proprio dall’ex capo economista del Fondo, Olivier Blanchard, come la panacea dei mali dell’alto debito pubblico degli stati dell’Eurozona.

Ora non si parla più dei benefici dell’austerità espansiva, la celebre (o famigerata) teoria di Alberto Alesina, ma di sunk cost, ovvero di costo irrecuperabile del debito. Il trade-off tra benefici e costi, in un’ottica di riduzione del debito pubblico, pesa decisamente di più su questi ultimi. Piuttosto che continuare a perseguire degli avanzi primari, si nota nell’analisi, è decisamente più conveniente cercare di ridurre il debito pubblico tramite politiche anticicliche espansive, spingendo verso l’alto la crescita economica. In pratica, tentare di ridurre il debito (ad esempio) dal 120% al 100% del Pil, non solo erode una parte importante della spesa pubblica produttiva, ma si rivela un boomerang dal momento che i benefici di queste politiche sono limitati, o meglio non ci sono proprio perché, come sperimentato nella crisi dei debiti sovrani dell’eurozona, questo tipo di politiche ha prodotto un aumento del debito e non viceversa.

In altre parole, il Fondo ci sta dicendo che tutto quello che abbiamo fatto nell’Eurozona negli ultimi 7 anni è stato completamente inutile, e ancor peggio dannoso. In realtà era stato detto anche da importanti economisti eterodossi italiani, ma il fatto che lo faccia l’istituzione un tempo più agguerrita nell’applicazione di queste politiche, fa un certo effetto. Mentre per quello che riguarda la liberalizzazione dei capitali non solo, come si accennava prima, l’economia domestica che riceve questi flussi incontrollati si espone a un consistente aumento del rischio di crack finanziari, ma si verificano molto spesso degli aumenti di diseguaglianza nella distribuzione del reddito in paesi che già di partenza soffrono di diseguaglianze piuttosto marcate. Come dimostra lo stesso studio presentato dal Fmi, su 150 afflussi di capitali verso 50 economie emergenti, nel 20% dei casi si è verificato un crack finanziario, un consistente calo della produzione e un inevitabile ampliamento della disuguaglianza sociale.

A questo punto, se persino il Fmi inizia a sollevare importanti riflessioni sull’efficacia e la validità del neoliberismo, ci si chiede se non sia veramente il caso di voltare pagina con l’esperienza storica del neoliberismo economico, che domina l’agenda di tutti i governi occidentali da troppi decenni. Secondo il Financial Times, piuttosto contrariato dalla nuova attitudine del Fondo, non è affatto giunto il momento di mettere in soffitta Friedman e bisogna pensare piuttosto ad aumentare la produttività. Eppure la produttività negli Stati Uniti è cresciuta dal 1973 al 2013 del 72%, mentre i salari nello stesso periodo solamente del 9%. E’ del tutto evidente che c’è uno squilibrio che può essere sanato solamente con una redistribuzione del profitto a vantaggio delle quote salari. Il Fondo quindi, molto furbescamente, tenta di smarcarsi da una situazione compromessa nella quale esso ha avuto un ruolo di primo piano, e ha intuito che la forbice tra le classi sociali oramai è troppo alta, quando le disuguaglianze prodotte dal neoliberismo economico sono insostenibili. Se non si cambia al più presto, il sistema economico andrà incontro ad un altro shock inevitabile.


da http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/06 ... o/2786037/
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