UncleTom ha scritto:PEGGIO DI COSI' SI MUORE
18 dic 2016 13:21
1. FAIDE, CORRENTI, SABOTAGGI: IL MOVIMENTO 5 STELLE HA SALVATO RAGGI PER SALVARE DI MAIO, CHE GRILLO HA SCELTO COME CANDIDATO PREMIER. MA LE LOTTE SONO APPENA INIZIATE
2. MENTRE LAPIDANO LA SINDACA, BEPPE SE NE TORNA A GENOVA, DI BATTISTA È ECLISSATO. CON LA CLASSICA TECNICA, LE FAZIONI SCARICANO TUTTO SU UN CAPRO ESPIATORIO
3. DI MAIO È COSI' INDEBOLITO CHE ORA SI PUÒ ALZARE UN DEPUTATO TRA TANTI, GIUSEPPE BRESCIA, E CHIAMARLO 'PICCOLO STRATEGA'. LA LOMBARDI, VINCITRICE DELLA GUERRA CONTRO MARRA, HA LE ZAVORRE DE VITO E FERRARA. TAVERNA E VIGNAROLI ERANO DIETRO LA MURARO
4. BECCHI, L’EX IDEOLOGO DEL MOVIMENTO: GRILLO NON È RICONOSCIUTO COME L' AUTORITÀ E IL LEADER DEL MOVIMENTO. LO ERA GIANROBERTO CASALEGGIO, AL FIGLIO MANCA CARISMA
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1. FAIDE E CORRENTI, ALLEANZA PRECARIA CONTRO RAGGI E LA CORDATA DI MAIO
Jacopo Iacoboni per ‘La Stampa’
Mentre lapidano Virginia Raggi - con l' Ama paralizzata e il suo direttore generale dimissionario, l' Atac semicommissariata, il bilancio di Roma da approvare e un buco da approfondire - Beppe Grillo se ne torna a Genova, Luigi Di Maio si defila, Alessandro Di Battista è eclissato. Con la classica tecnica in uso nel Movimento, le correnti - disparate, in lotta e cattive - si sono provvisoriamente unite nella loro specialità: scaricare tutto su un capro espiatorio. E dire che a novembre Grillo chiese a tutti i consiglieri capitolini cosa ne pensassero di Marra: risposero tutti, nessuno escluso, che era ok.
Di Maio, ormai in minoranza nel gruppo parlamentare, ieri suggeriva la linea «aspettiamo, stiamo fermi, passerà».
Stavolta non può reggere, neanche all' interno. Il fronte opposto è troppo vasto e trasversale, ma chi ha la capacità politica di chiedere il conto, sia al vicepresidente della Camera sia, notizia, a Davide Casaleggio, che hanno difeso fino all' indifendibile la Raggi, è solo Roberta Lombardi; che definì Raffaele Marra «un virus che infetta il Movimento».
Lombardi ha due pretoriani non proprio inattaccabili (Marcello De Vito presentò Raffaele Marra a Frongia, che da ieri alle sette di sera non è più vicesindaco: si è dimesso, la Raggi ha respinto le dimissioni ma resta solo come assessore; e Paolo Ferrara, il consigliere di Ostia, dove il M5S è pieno di ombre), ma è donna di temperamento e, sua dote, sa essere cattiva. L' altro che può dire «ve l' avevo detto» è Roberto Fico, politicamente l' opposto di Di Maio, ma un temporeggiatore.
Fico aveva provato a dire qualcosa a Grillo per tempo, anche sui leaderismi di Di Maio, ma Grillo gli rispose «vengo a Roma, ci chiudiamo tu, Luigi e io in una stanza e risolviamo tutto». La Stampa raccontò la rivolta, e Fico negò tutto, anziché rivendicare quel suo ruolo di alternativa a un M5S scalato e permeabile ai poteri e alla destra.
Di Maio è talmente indebolito che adesso si può alzare un deputato tra tanti, Giuseppe Brescia, e chiamarlo su Facebook «piccolo stratega»: «Chi ha difeso questa linea scellerata (della Raggi, nda) dovrebbe smetterla di giocare al "piccolo stratega" perché evidentemente non ne è in grado e arreca solo danno al Movimento».
La comunicazione ufficiale, che nel M5S è il trait d' union tra gruppo parlamentare e la Casaleggio associati, non esiste più. I capi sono un' estensione di Di Maio, e Lombardi e Fico vogliono la loro testa. È con loro Paola Taverna, colei che mandò la mail in cui informava Di Maio dei guai giudiziari di Muraro («Io col cerino in mano non ci resto»); la mail che Di Maio «non avevo capito».
Però anche il giro-Taverna, l' ex mini direttorio romano, non è al riparo da tempeste. Fu Stefano Vignaroli, per capirci, a introdurre alla Raggi Paola Muraro, altra catastrofe per la sindaca; Vignaroli a tenere un canale con Manlio Cerroni, il «re dei monnezzari». Anche Vignaroli non si vede in giro da tempo.
Carla Ruocco è vicina all' ex assessore Marcello Minenna (che non ha gradito, eufemismo, come Di Maio, dopo avergli promesso radiose sorti future, l' abbia scaricato in un secondo), il quale a sua volta ha rapporto di stima con l' ex capo di gabinetto della Raggi, Carla Raineri. Ruocco agisce in queste ore in piena intesa con Fico.
È donna con un canale telefonico aperto con Grillo. E con Fico stanno i parlamentari piemontesi: persone legate agli ideali ormai andati del M5S, trasparenza, distanza dai poteri. Come i liguri. O quelli del Nord Est, di Federico D' Incà.
Una scheggia incontrollabile in questi giochi è rappresentata dalla corrente dei siciliani fatti fuori (per ora) dopo la storia delle firme false: Riccardo Nuti e Claudia Mannino. A ottobre alcuni di loro accusarono (la cosa uscì sulla Stampa) i vertici della comunicazione alla Camera di «lavorare per le Iene con i nostri soldi». Anche da Palermo, la storia delle firme false si potrebbe rivelare un boomerang per chi internamente l' ha cavalcata.
In questa guerra di tutti contro tutti, con alleanze precarissime solo in chiave anti-Di Maio e anti-Raggi, anche Davide Casaleggio è clamorosamente messo in discussione, privo com' è del carisma del padre. Si fida di poche persone (Max Bugani, David Borrelli, Carlo Martelli), con le quali però ha in mano il sistema informatico, specifiche dei codici e password, e può accendere o spegnere quando vuole la luce in questa stanza dove tutti menano le mani, intuendo che piantare la banderilla sulla schiena della Raggi può non bastare a salvare la baracca.
2. LA RAGGI S'INCOLLA ALLA POLTRONA
Paolo Becchi e Cesare Sacchetti per ‘Libero Quotidiano’
Ha da passà 'a nuttata, recita un adagio napoletano che potrebbe bene adattarsi ai tormenti del M5S di questi giorni. Ma la nottata per i pentastellati non sembra proprio passare, e le faide interne che lacerano il Movimento sembrano da un momento all' altro in grado di portare al redde rationem conclusivo tra le correnti che si azzuffano per la guida di M5S. L' incontro di venerdì ha visto da un lato Roberto Fico, Paola Taverna e Roberta Lombardi che chiedono la testa di Virginia Raggi per gli errori commessi fino ad ora e soprattutto per non aver rimosso Marra a suo tempo. Obiettivamente è difficile dar torto in questo caso alla vecchia guardia.
Dall' altro Beppe Grillo nelle vesti di mediatore e non di leader del movimento che, stando ad attendibili fonti interne, avrebbe deciso di difendere la Raggi fino alla fine e di non toglierle il simbolo. Roma è Roma, e il M5S non può permettersi di capitolare così presto. E poi dietro la Raggi c' è Di Maio. Mettendo in discussione il sindaco c' è il rischio di mettere in discussione anche il futuro candidato premier, già deciso da Grillo. Se dunque le prime indiscrezioni sembravano puntare verso un sacrificio della Raggi, pur di salvaguardare le concrete possibilità di vittoria del Movimento a livello nazionale, ora lo scenario è cambiato. Secondo fonti bene informate Grillo avrebbe voluto persino scrivere sul blog un post a sostegno del sindaco, poi per evitare reazioni incontrollate ha evitato di farlo.
Ma il dato resta: Beppe non molla Virginia, e la Taverna e Lombardi sono infuriate per questa sua scelta.
E dietro di loro Fico con una parte consistente del Movimento. Che sia in corso un regolamento di conti interno è incontestabile. È stata proprio la stessa Lombardi a presentarsi in procura per denunciare Marra, ora arrestato per corruzione. Come la Lombardi sapesse delle presunte irregolarità commesse dal capo del personale del Campidoglio resta un punto interrogativo, ma evidentemente la zarina romana ha lavorato alacremente negli ultimi mesi proprio per venire a conoscenza di queste notizie di reato.
Dunque il sabotaggio interno è evidente. Ed è una storia che non è iniziata in questi giorni prenatalizi né nei giorni dell' estate scorsa, quando scrivemmo che a Roma il M5S aveva fallito ancora prima di iniziare. È una storia che parte dai primi mesi dell' anno, quando arrivò l' investitura di Gianroberto Casaleggio a Virginia Raggi come candidato prescelto per il Comune di Roma. Una donna, che lui riteneva facilmente controllabile e a cui comunque aveva fatto firmare un contratto che la vincolava nelle sue scelte, un contratto per la verità giuridicamente nullo.
Raggi però non è mai stata accettata dalla Lombardi che considera le faccende romane di sua diretta competenza. E Gianroberto ora non c' è più. Finché era in vita lui, il vero creatore del Movimento, uno che è riuscito a fare del Dibba un software perfetto, che riesce persino a controllare dall' alto dei cieli, i mille contrasti che dominavano il Movimento venivano sopiti con l' autorità del leader indiscusso, in grado di imporre la linea. Dopo la sua scomparsa ad aprile, è iniziata la resa dei conti e la scalata alla guida del M5S.
La stessa leadership di Di Maio è ora messa di nuovo in discussione dall' ala romana e da Roberto Fico, come accaduto pochi mesi fa quando il vicepresidente della Camera finì sulla graticola per la gaffe della email «non capita» di Paola Taverna. Ora se Grillo ha deciso di difendere la Raggi fino all' ultima stazione della via crucis, lo fa solo per salvare Di Maio, ma dovrà prepararsi ad un vero e proprio calvario poiché il peggio deve ancora arrivare.
Nei prossimi giorni sui giornali verranno pubblicate le intercettazioni di Marra e di Scarpellini, nelle quali ci sono elementi di prova decisivi contro i due, secondo i pm romani.
Inizierà una girandola mediatica che porterà quelle conversazioni su tutte le prime pagine dei giornali, e ad oggi non sappiamo se nei dialoghi di Marra possa saltare fuori qualcosa in grado di mettere ancora più in difficoltà Virginia Raggi. A quel punto diventerà sempre più complicato per Grillo resistere alle pressioni interne ma come farà a ritornare sui suoi passi dopo essersi schierato a difesa del sindaco? Nel frattempo gli "ortodossi" continueranno comunque a lavorare per affondare la Raggi, del tutto indifferenti al fatto che questo potrebbe portare alla spaccatura del M5S.
In questo caos una cosa pare evidente: Grillo non è riconosciuto come l' autorità e il leader del Movimento. Lo era Gianroberto Casaleggio, ma non lo è mai stato l' ex comico genovese. Tutto questo porta a credere che nei prossimi mesi non si potrà più dare nulla per scontato, perché la nave grillina senza nocchiero è allo sbando. Tutti vogliono andare al comando, ma nessuno vuole eseguire gli ordini.
Il vero nemico del M5S è il M5S stesso. Intanto la città di Roma è paralizzata e mentre i pentastellati pensano alla loro resa dei conti interna, le strade della Capitale restano devastate dalle buche e in diversi quartieri della città la spazzatura si accumula di nuovo. Trovandosi tra l' incudine e il martello Grillo ha scelto il martello: c' è il rischio che se lo sbatta nei coglioni e allora saran dolori.