MOVIMENTO 5 STELLE
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Re: MOVIMENTO 5 STELLE
Ciao paolo11
tutto vero purtroppo !!!
Resta il fatto che un movimento democratico non può continuare con un vertice autoproclamato.
Per adesso forza M5S, spero che cresca democraticamente.
tutto vero purtroppo !!!
Resta il fatto che un movimento democratico non può continuare con un vertice autoproclamato.
Per adesso forza M5S, spero che cresca democraticamente.
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Re: MOVIMENTO 5 STELLE
Può essere che mi sia perso qualche cosa nella lettura dell'articolo ma non vedo che meriti ha V. Raggi in questo. E non credo che l'assessore Muraro sia una perseguitata dalla magistratura.
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Re: MOVIMENTO 5 STELLE
IlFattoQuotidiano.it / Politica
M5s, al Parlamento Ue no dei liberal-democratici all’ingresso dei Cinquestelle. Grillo: “L’establishment è contro di noi”
Politica
L'annuncio del leader dell'Alde: "Restano differenze fondamentali". Il Movimento: "Danno enorme". Il gruppo all'Europarlamento stupefatto. I liberali francesi esultano: "Scampato pericolo". I renziani: "Hanno perso la faccia"
di F. Q. | 9 gennaio 2017
commenti (1024)
2,4 mila
Più informazioni su: Movimento 5 Stelle
“Non ci sono sufficienti garanzie di portare avanti un’agenda comune per riformare l’Europa. Non c’è abbastanza terreno comune”. Con queste parole, il capogruppo dell’Alde, Guy Verhofstadt, ha annunciato la rinuncia all’alleanza in Europarlamento con il M5S, che qualche ora prima aveva ratificato con il voto online l’uscita dal gruppo Efdd e l’ingresso nell’Alde. Per i grillini, quindi, un progetto finito male prima ancora di iniziare. “Rimangono differenze fondamentali sulle questioni europee chiave” ha detto l’ex premier belga, che tuttavia ha sottolineato come “nelle questioni degli interessi condivisi, come l’ambiente, la trasparenza e la democrazia diretta, il gruppo Alde ed il Movimento 5 Stelle continueranno a lavorare strettamente insieme”. Al netto degli spiragli lasciati dal leader di Alde, la conseguenza per il M5s è solo una: a Bruxelles finirà nel gruppo dei non iscritti. “Un danno enorme” lo ha definito Piernicola Pedicini, eurodeputato che prima dell’uscita del M5s dal gruppo degli euroscettici
00:38
video: http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/01 ... i/3305381/
Incassato il niet da Verhofstadt, dal Movimento si sono affrettati a spiegare che a sancire il mancato ingresso nel terzo gruppo più grande dell’Europarlamento è stato”l’establishment”. “Tutte le forze possibili si sono mosse contro di noi – si legge in una nota del M5s Europa – Abbiamo fatto tremare il sistema come mai prima”. La delegazione del M5s, conclude la nota, continuerà la sua attività per creare un gruppo politico autonomo per la prossima legislatura europea: “Il Direct Democracy Movement“. Di certo, nel gruppo parlamentare di Strasburgo lo stato d’animo più diffuso è la sorpresa, per non dire lo shock, perché credevano che all’interno dell’Alde la quadra fosse già stata trovata. A Bruxelles gli europarlamentari M5s hanno visto Davide Casaleggio, mentre Beppe Grillo era in collegamento. Nel frattempo, la base del partito è spaccata in merito al post che, pubblicato sul blog del leader M5S, ha annunciato il no di Alde all’ingresso pentastellato.
Fuori dalla galassia Cinquestelle, invece, tra i primi a reagire sono alcuni parlamentari renziani. “Vi giuro che non siamo su scherzi a parte – ha scritto Alessia Morani – In fondo Grillo rimane un comico. #ridicoli #lecomiche”. “Grillo ha esagerato ed ha perso la faccia – ha dichiarato Andrea Marcucci – Disinvoltura ed avventurismo del M5S sono stati respinti dall’Alde. Ora i liberali ed europeisti torneranno ad essere impresentabili”. “In Europa non li vuole nessuno” ha aggiunto Emanuele Fiano. Per Pierferdinando Casini “il fallito accordo tra Alde e M5S fa cadere nel ridicolo l’iniziativa di Grillo finalizzata solo a garantire posti e prebende ai suoi parlamentari”. Maurizio Gasparri ha attaccato: “Grillo impone al gregge scelte per soldi e prende porte in faccia. La tragedia di un uomo ridicolo e incapace #chiamateildottore”.
“La decisione del gruppo Alde è negativa: scampato il pericolo 5 Stelle” ha scritto su Twitter l’eurodeputata francese dell’Alde, Sylvie Goulard, candidata dal partito francese Mouvement démocrate guidato dal centrista François Bayrou. Per tutta la giornata soprattutto i francesi del gruppo avevano continuato a criticare -a mezzo di agenzia di stampa – la decisione di un’intesa tra Verhofstadt e i parlamentari M5s. Questo probabilmente ha spinto l’ex premier belga a tornare sui suoi passi.
M5s, al Parlamento Ue no dei liberal-democratici all’ingresso dei Cinquestelle. Grillo: “L’establishment è contro di noi”
Politica
L'annuncio del leader dell'Alde: "Restano differenze fondamentali". Il Movimento: "Danno enorme". Il gruppo all'Europarlamento stupefatto. I liberali francesi esultano: "Scampato pericolo". I renziani: "Hanno perso la faccia"
di F. Q. | 9 gennaio 2017
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Più informazioni su: Movimento 5 Stelle
“Non ci sono sufficienti garanzie di portare avanti un’agenda comune per riformare l’Europa. Non c’è abbastanza terreno comune”. Con queste parole, il capogruppo dell’Alde, Guy Verhofstadt, ha annunciato la rinuncia all’alleanza in Europarlamento con il M5S, che qualche ora prima aveva ratificato con il voto online l’uscita dal gruppo Efdd e l’ingresso nell’Alde. Per i grillini, quindi, un progetto finito male prima ancora di iniziare. “Rimangono differenze fondamentali sulle questioni europee chiave” ha detto l’ex premier belga, che tuttavia ha sottolineato come “nelle questioni degli interessi condivisi, come l’ambiente, la trasparenza e la democrazia diretta, il gruppo Alde ed il Movimento 5 Stelle continueranno a lavorare strettamente insieme”. Al netto degli spiragli lasciati dal leader di Alde, la conseguenza per il M5s è solo una: a Bruxelles finirà nel gruppo dei non iscritti. “Un danno enorme” lo ha definito Piernicola Pedicini, eurodeputato che prima dell’uscita del M5s dal gruppo degli euroscettici
00:38
video: http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/01 ... i/3305381/
Incassato il niet da Verhofstadt, dal Movimento si sono affrettati a spiegare che a sancire il mancato ingresso nel terzo gruppo più grande dell’Europarlamento è stato”l’establishment”. “Tutte le forze possibili si sono mosse contro di noi – si legge in una nota del M5s Europa – Abbiamo fatto tremare il sistema come mai prima”. La delegazione del M5s, conclude la nota, continuerà la sua attività per creare un gruppo politico autonomo per la prossima legislatura europea: “Il Direct Democracy Movement“. Di certo, nel gruppo parlamentare di Strasburgo lo stato d’animo più diffuso è la sorpresa, per non dire lo shock, perché credevano che all’interno dell’Alde la quadra fosse già stata trovata. A Bruxelles gli europarlamentari M5s hanno visto Davide Casaleggio, mentre Beppe Grillo era in collegamento. Nel frattempo, la base del partito è spaccata in merito al post che, pubblicato sul blog del leader M5S, ha annunciato il no di Alde all’ingresso pentastellato.
Fuori dalla galassia Cinquestelle, invece, tra i primi a reagire sono alcuni parlamentari renziani. “Vi giuro che non siamo su scherzi a parte – ha scritto Alessia Morani – In fondo Grillo rimane un comico. #ridicoli #lecomiche”. “Grillo ha esagerato ed ha perso la faccia – ha dichiarato Andrea Marcucci – Disinvoltura ed avventurismo del M5S sono stati respinti dall’Alde. Ora i liberali ed europeisti torneranno ad essere impresentabili”. “In Europa non li vuole nessuno” ha aggiunto Emanuele Fiano. Per Pierferdinando Casini “il fallito accordo tra Alde e M5S fa cadere nel ridicolo l’iniziativa di Grillo finalizzata solo a garantire posti e prebende ai suoi parlamentari”. Maurizio Gasparri ha attaccato: “Grillo impone al gregge scelte per soldi e prende porte in faccia. La tragedia di un uomo ridicolo e incapace #chiamateildottore”.
“La decisione del gruppo Alde è negativa: scampato il pericolo 5 Stelle” ha scritto su Twitter l’eurodeputata francese dell’Alde, Sylvie Goulard, candidata dal partito francese Mouvement démocrate guidato dal centrista François Bayrou. Per tutta la giornata soprattutto i francesi del gruppo avevano continuato a criticare -a mezzo di agenzia di stampa – la decisione di un’intesa tra Verhofstadt e i parlamentari M5s. Questo probabilmente ha spinto l’ex premier belga a tornare sui suoi passi.
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Re: MOVIMENTO 5 STELLE
l'stablihment a livello europeo crea esclusione.l'Italia ha comunque bisogno di un moderno partito liberale di massa che si inserisca fra la destra e la sinistra anche se rimango di sinistra.La dottrina liberale non demonizza l'elitè ma permette a tutti di diventare elitè attraverso uguali nastri di partenza e secondo Loche bisogna stare ai patti altrimenti si è inaffidabili.L'ingresso dei pentastelle nell'alde avrebbe permesso di temperare gli eccessi di quegli scemi dei liberisti e ai pentastelle di avere più dimestichezza e meno difficoltà con le regole della democrazia
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Re: MOVIMENTO 5 STELLE
Stelle sulla strategia
AGI
di Simona Zappulla
Un'ora fa
Roma - "Ma che strategia è questa?". I malumori non si placano tra i 5 Stelle dopo l'accordo saltato con i liberali dell'Alde in Europa. Un vero schiaffo per M5S che aveva votato, con il 78,5% - in un giorno e mezzo tra polemiche, anche dure,
da parte del web - a favore del passaggio dall'Efdd di Nigel Farage all'Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l'Europa presieduta dal belga Guy Verhofstadt. E anche sul web c'è chi attacca: "Ma l'accordo c'era o no? Non accettiamo più accordi a parole perché per evitare incomprensioni anche tra gli iscritti non possiamo essere chiamati a votare su cose che non esistevano".
Il post di Grillo: "tutti contro di noi"
Dopo il ripensamento di Verhofstadt, la posizione ufficiale degli eurodeputati 5 Stelle - tra l'altro, alcuni di loro, avevano espresso perplessità per la gestione della vicenda non essendo stati informati della votazione sul blog - viene affidata al blog di Grillo ed è molto netta: "L'establishment ha deciso di fermare l'ingresso del Movimento 5 Stelle nel terzo gruppo più grande del Parlamento Europeo. Questa posizione ci avrebbe consentito di rendere molto più efficace la realizzazione del nostro programma. Tutte le forze possibili si sono mosse contro di noi. Abbiamo fatto tremare il sistema come mai prima. Grazie a tutti coloro che ci hanno supportato e sono stati al nostro fianco".
E poi, l'annuncio che la delegazione del Movimento 5 Stelle nel Parlamento Europeo "continuerà la sua attività per creare un gruppo politico autonomo per la prossima legislatura europea: il DDM (Direct Democracy Movement)". Anche se adesso sara' costretta a stare nei 'Non Iscritti' e quindi a perdere una serie di opportunita' fondamentali per incidere nelle decisioni in sede europea: i 5 Stelle non avranno piu' diritto di parola durante le sessioni plenarie del Parlamento, non potranno essere rappresentati all'interno della Conferenza dei Presidenti ne' avere la possibilita' di seguire l'iter legislativo come autori di regolamenti europei; non potranno ottenere fondi da spendere sul territorio, per le numerose attivita' d'informazione e formazione, rivolte ai cittadini italiani ed europei. Come aveva scritto il blog di Grillo al momento della votazione, stare nei 'Non iscritti' "significa occupare una poltrona con le mani legate: significa non poter lavorare".
I malumori nel Movimento per il metodo
I malumori nel mondo 5 Stelle nascono, secondo quanto si apprende, non dal fatto che a decidere siano Beppe Grillo, che è il garante del Movimento, e Davide Casaleggio, ma soprattutto per il metodo seguito. Una scelta cosi' importante da votare, viene spiegato in ambienti M5S, non può essere comunicata via mail la domenica mattina, senza avere il tempo di informarsi su dinamiche così complesse. E poi non si 'bypassano' gli eletti in questo modo". Perché, è il ragionamento, così si rischia di perdere la fiducia degli elettori. Nonostante i dubbi e le perplessità, però, tra i parlamentari 5 Stelle c'è anche chi se la prende con "la stampa e il sistema perché raccontano le cose nel modo sbagliato" e, spiega un deputato, "hanno parlato di un cambio di rotta che invece non c'era".
La "scelta tecnica"
La deputata 5 Stelle, Laura Castelli, prima che fosse ufficiale il ripensamento dell'Alde, aveva spiegato ai cronisti che si trattava soltanto di una "scelta tecnica dovuta a come è strutturato il Parlamento europeo. Non si può fare diversamente. Perché in questo momento? Perché il gruppo in cui eravamo" guidato da Nigel Farage "sta facendo altro: si sta mettendo a lavorare per uscire dall'Europa". In ogni caso, aveva ribadito la deputata 5 Stelle, l'impegno per M5S era di portare avanti le sue battaglie facendo parte di un altro gruppo. Cosa che ora non potra' fare dovendo ripiegare sui 'Non iscritti'. Anche il web, come al solito, si divide tra chi insulta senza mezzi termini: "Beppe , ma che stai a di'? L'establiscement? Hai provato a fare il furbo e t'hanno sgamato". O chi attacca: "Grillo fatti da parte, hai fatto una grande figura di m.... Il nuovo garante deve essere votato. Le votazioni sempre certificate...". E chi invece osserva: "C'e' andata bene..." o sprona ad andare avanti: "Questa di ALDE e' come la democrazia del Pd. Va bene se scodinzoli con loro, se esigi la vera democrazia, allora sei populista. Affankulist a loro. Forza Beppe, possiamo farcela benissimo anche senza padroni". Ma c'e' anche chi dice di aver votato per confluire nei 'Non iscritti' per non tradire gli ideali 5 Stelle: "Sono uno dei 2296 iscritti al M5S che ha votato per confluire nei 'Non iscritti', e adesso che le carte si sono scoperte sono fiero di aver votato in questo modo. Meglio confluire nei 'Non iscritti' dove non contiamo niente, che tradire i nostri ideali entrando nel gruppo ALDE che e' completamente in antitesi con gli ideali del M5S. Ultimamente il M5S ha smarrito se stesso, dobbiamo ritornare ad essere quello che siamo sempre stati anche se questo dovesse costarci dei voti. Se non ritroviamo noi stessi e i nostri ideali finiremo per dissolverci lentamente". (AGI)
AGI
di Simona Zappulla
Un'ora fa
Roma - "Ma che strategia è questa?". I malumori non si placano tra i 5 Stelle dopo l'accordo saltato con i liberali dell'Alde in Europa. Un vero schiaffo per M5S che aveva votato, con il 78,5% - in un giorno e mezzo tra polemiche, anche dure,
da parte del web - a favore del passaggio dall'Efdd di Nigel Farage all'Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l'Europa presieduta dal belga Guy Verhofstadt. E anche sul web c'è chi attacca: "Ma l'accordo c'era o no? Non accettiamo più accordi a parole perché per evitare incomprensioni anche tra gli iscritti non possiamo essere chiamati a votare su cose che non esistevano".
Il post di Grillo: "tutti contro di noi"
Dopo il ripensamento di Verhofstadt, la posizione ufficiale degli eurodeputati 5 Stelle - tra l'altro, alcuni di loro, avevano espresso perplessità per la gestione della vicenda non essendo stati informati della votazione sul blog - viene affidata al blog di Grillo ed è molto netta: "L'establishment ha deciso di fermare l'ingresso del Movimento 5 Stelle nel terzo gruppo più grande del Parlamento Europeo. Questa posizione ci avrebbe consentito di rendere molto più efficace la realizzazione del nostro programma. Tutte le forze possibili si sono mosse contro di noi. Abbiamo fatto tremare il sistema come mai prima. Grazie a tutti coloro che ci hanno supportato e sono stati al nostro fianco".
E poi, l'annuncio che la delegazione del Movimento 5 Stelle nel Parlamento Europeo "continuerà la sua attività per creare un gruppo politico autonomo per la prossima legislatura europea: il DDM (Direct Democracy Movement)". Anche se adesso sara' costretta a stare nei 'Non Iscritti' e quindi a perdere una serie di opportunita' fondamentali per incidere nelle decisioni in sede europea: i 5 Stelle non avranno piu' diritto di parola durante le sessioni plenarie del Parlamento, non potranno essere rappresentati all'interno della Conferenza dei Presidenti ne' avere la possibilita' di seguire l'iter legislativo come autori di regolamenti europei; non potranno ottenere fondi da spendere sul territorio, per le numerose attivita' d'informazione e formazione, rivolte ai cittadini italiani ed europei. Come aveva scritto il blog di Grillo al momento della votazione, stare nei 'Non iscritti' "significa occupare una poltrona con le mani legate: significa non poter lavorare".
I malumori nel Movimento per il metodo
I malumori nel mondo 5 Stelle nascono, secondo quanto si apprende, non dal fatto che a decidere siano Beppe Grillo, che è il garante del Movimento, e Davide Casaleggio, ma soprattutto per il metodo seguito. Una scelta cosi' importante da votare, viene spiegato in ambienti M5S, non può essere comunicata via mail la domenica mattina, senza avere il tempo di informarsi su dinamiche così complesse. E poi non si 'bypassano' gli eletti in questo modo". Perché, è il ragionamento, così si rischia di perdere la fiducia degli elettori. Nonostante i dubbi e le perplessità, però, tra i parlamentari 5 Stelle c'è anche chi se la prende con "la stampa e il sistema perché raccontano le cose nel modo sbagliato" e, spiega un deputato, "hanno parlato di un cambio di rotta che invece non c'era".
La "scelta tecnica"
La deputata 5 Stelle, Laura Castelli, prima che fosse ufficiale il ripensamento dell'Alde, aveva spiegato ai cronisti che si trattava soltanto di una "scelta tecnica dovuta a come è strutturato il Parlamento europeo. Non si può fare diversamente. Perché in questo momento? Perché il gruppo in cui eravamo" guidato da Nigel Farage "sta facendo altro: si sta mettendo a lavorare per uscire dall'Europa". In ogni caso, aveva ribadito la deputata 5 Stelle, l'impegno per M5S era di portare avanti le sue battaglie facendo parte di un altro gruppo. Cosa che ora non potra' fare dovendo ripiegare sui 'Non iscritti'. Anche il web, come al solito, si divide tra chi insulta senza mezzi termini: "Beppe , ma che stai a di'? L'establiscement? Hai provato a fare il furbo e t'hanno sgamato". O chi attacca: "Grillo fatti da parte, hai fatto una grande figura di m.... Il nuovo garante deve essere votato. Le votazioni sempre certificate...". E chi invece osserva: "C'e' andata bene..." o sprona ad andare avanti: "Questa di ALDE e' come la democrazia del Pd. Va bene se scodinzoli con loro, se esigi la vera democrazia, allora sei populista. Affankulist a loro. Forza Beppe, possiamo farcela benissimo anche senza padroni". Ma c'e' anche chi dice di aver votato per confluire nei 'Non iscritti' per non tradire gli ideali 5 Stelle: "Sono uno dei 2296 iscritti al M5S che ha votato per confluire nei 'Non iscritti', e adesso che le carte si sono scoperte sono fiero di aver votato in questo modo. Meglio confluire nei 'Non iscritti' dove non contiamo niente, che tradire i nostri ideali entrando nel gruppo ALDE che e' completamente in antitesi con gli ideali del M5S. Ultimamente il M5S ha smarrito se stesso, dobbiamo ritornare ad essere quello che siamo sempre stati anche se questo dovesse costarci dei voti. Se non ritroviamo noi stessi e i nostri ideali finiremo per dissolverci lentamente". (AGI)
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Re: MOVIMENTO 5 STELLE
da repubblica.it
Ue, dopo il no dei liberali marcia indietro M5s: torna con Farage ma ora il britannico detta le condizioni
Telefonata tra il leader M5s e il leader euroscettico di Ukip, trattative degli eurodeputati grillini con i colleghi inglesi per tornare a formare il gruppo insieme dopo le porte chiuse dei liberali che si sono opposti all'alleanza già pre-siglata dallo stesso Grillo ai primi di gennaio. "Ma chi ha sbagliato paghi" impone Farage e rischia David Borrelli, co-presidente dell'Efdd e fedelissimo della Casaleggio associati, tessitore dell'accordo respinto
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da IlFattoQuotidiano.it / BLOG / di Monica Frassoni
M5S e il no dei liberali-democratici in Ue, ma quale establishment?
E così, dopo i Verdi, anche i Liberali hanno respinto l’adesione del Movimento Cinque stelle al loro Gruppo al Parlamento europeo.
Sarebbe un errore pensare che queste decisioni siano state prese in modo superficiale o per partito preso. Almeno per quanto riguarda i Verdi, i quali hanno seguito un metodo diverso da quello di Guy Verhofstadt, organizzando senza clamore una discussione interna e un voto prima di iniziare a definire i termini concreti di un possibile accordo di adesione al gruppo dei Verdi-alleanza Libera europea dei deputati del M5Stelle.
Siamo sempre stati interessati a un dialogo con il Movimento. Al Parlamento europeo si lavora insieme su molte cose importanti: dal cambiamento climatico, alla tutela dell’ambiente, dall’energia alla battaglia contro la grande coalizione PSE-PPE – che soffoca l’azione del Parlamento a favore di un’Europa diversa -, fino a quella contro l’elusione e l’evasione fiscale; nonostante il gruppo con Farage e le posizioni del fondatore sull’immigrazione, anche su diritti civili e rifugiati ci sono state molte convergenze con gli eletti 5 Stelle a Bruxelles.
Nei Verdi, il dibattito interno è stato acceso e non sono mancate voci favorevoli all’inizio di conversazioni più concrete. Ma un gruppo politico non è un autobus, dal quale si sale e si scende a volontà. Per gli eurodeputati Verdi, i motivi per i quali, dopo una discussione circostanziata, è stata rifiutata la proposta di aprire un negoziato con il M5S sono sostanzialmente tre.
Il primo è la fondamentale ambiguità (per usare un eufemismo) del Movimento rispetto alla costruzione europea; i Verdi, pur con accenti diversi, sono profondamente europeisti e rifiutano ogni tentazione nazionalista o di delegittimazione delle istituzioni europee. Il nazionalismo è guerra. Senza Commissione, Parlamento e Corte di Giustizia, senza leggi e regole sovranazionali, restano solo i rapporti di forza fra gli Stati.
L’Unione europea ha limiti politici e istituzionali contro i quali ci siamo sempre battuti con coerenza, spesso in solitudine, da molto prima che nascesse il M5S. Ma non crediamo che ristabilire le frontiere, fomentare la divisione e l’ostilità fra le persone e i popoli, chiacchierare di una presunta riconquistata sovranità, perdere tempo a sognare il ritorno alla lira, ci faccia avanzare. Anzi. Saranno proprio quelli che oggi soffrono di più a causa delle folli politiche di austerità a essere le prime vittime della fine del sogno europeo.
Non sono belle parole. Per battere i cambiamenti climatici, fermare gli evasori piccoli e grandi, chiudere i paradisi fiscali, battere le forze della finanza predatrice, promuovere la partecipazione e il coinvolgimento dei cittadini, preparare la grande trasformazione ecologica, avviare un’economia diversa – temi che Grillo e i suoi da sempre sostengono – c’è assoluto bisogno di una struttura sovranazionale che funzioni, e non di chiudersi in piccole patrie irrilevanti nel grande gioco mondiale. Su questo tema, il Movimento è ambiguo, dà un colpo al cerchio – cercando di rubare voti ai leghisti – e uno alla botte – cercando l’accordo con Verhofstadt a Bruxelles.
Ci sono poi le posizioni sempre più estreme di Grillo e di alcuni importanti esponenti del Movimento sul tema dell’immigrazione e delle politiche di accoglienza: chi non ha diritto di asilo fuori subito: un’inaccettabile semplificazione e una dimostrazione di un cinico opportunismo che gioca con la vita delle persone senza tenere in conto della realtà concreta di un fenomeno difficile e strutturale, che può essere gestito solo evitando di fomentare paura e risentimento.
Infine, c’è la mancanza di democrazia interna e di autonomia degli eletti del M5S e la strana relazione con un’impresa privata, la Casaleggio Associati: elementi che appaiono agli occhi dei Verdi europei come l’espressione di una cultura politica autoritaria, in totale contrasto con la dichiarata ambizione di favorire partecipazione e trasparenza.
Sul blog di Grillo, si dice che le ragioni di questo rifiuto sono determinate dal timore di fronte a uno stravolgimento degli equilibri interni dei Verdi europei. In realtà, il Gruppo è già abbastanza “vario”, dato che accoglie, oltre ai Pirati, degli esponenti dei partiti regionalisti di alcuni paesi, dalla Scozia alla Catalogna; non abbiamo mai avuto paura della diversità. Direi piuttosto che c’erano perplessità di fronte a un metodo di battaglia politica che fa dell’attacco sistematico, anche personale, e del repentino cambio di fronte una pratica comune, cosa che rende il M5S un imprevedibile compagno di viaggio.
Molti pensano ancora che l’Europa sia solo un posto per grigi burocrati e che la politica sia un’altra cosa. Invece si sbagliano. Nella vicenda di indubbio interesse della collocazione del Movimento 5 stelle nell’Europarlamento, le questioni che si sono poste sono importanti e squisitamente politiche. Dopo una brutta giornata, Grillo e i suoi hanno già cominciato a battere la gran cassa dell’unico partito anti-establishment per giustificare la loro disavventura europea. Sicuramente riusciranno a convincere una parte importante della base, che continuerà a riversare male parole su tutti noi. Sia. Ma la discussione sul ruolo del M5S in Europa non finisce qui. Se non altro perché, per il consenso di cui gode, è rilevante per tutti il fatto che scelga di cedere alla tentazione euroscettica e leghisteggiante, o invece venga a rafforzare il fronte della riforma democratica dell’Unione, accettando magari anche di rimettere in discussione alcuni dei suoi metodi e contenuti. Sta al M5S scegliere da che parte stare in questo momento cruciale della nostra storia comune di italiani ed europei.
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Sarebbe ora che il M5S si liberasse dalle catene della Casaleggio
Ue, dopo il no dei liberali marcia indietro M5s: torna con Farage ma ora il britannico detta le condizioni
Telefonata tra il leader M5s e il leader euroscettico di Ukip, trattative degli eurodeputati grillini con i colleghi inglesi per tornare a formare il gruppo insieme dopo le porte chiuse dei liberali che si sono opposti all'alleanza già pre-siglata dallo stesso Grillo ai primi di gennaio. "Ma chi ha sbagliato paghi" impone Farage e rischia David Borrelli, co-presidente dell'Efdd e fedelissimo della Casaleggio associati, tessitore dell'accordo respinto
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da IlFattoQuotidiano.it / BLOG / di Monica Frassoni
M5S e il no dei liberali-democratici in Ue, ma quale establishment?
E così, dopo i Verdi, anche i Liberali hanno respinto l’adesione del Movimento Cinque stelle al loro Gruppo al Parlamento europeo.
Sarebbe un errore pensare che queste decisioni siano state prese in modo superficiale o per partito preso. Almeno per quanto riguarda i Verdi, i quali hanno seguito un metodo diverso da quello di Guy Verhofstadt, organizzando senza clamore una discussione interna e un voto prima di iniziare a definire i termini concreti di un possibile accordo di adesione al gruppo dei Verdi-alleanza Libera europea dei deputati del M5Stelle.
Siamo sempre stati interessati a un dialogo con il Movimento. Al Parlamento europeo si lavora insieme su molte cose importanti: dal cambiamento climatico, alla tutela dell’ambiente, dall’energia alla battaglia contro la grande coalizione PSE-PPE – che soffoca l’azione del Parlamento a favore di un’Europa diversa -, fino a quella contro l’elusione e l’evasione fiscale; nonostante il gruppo con Farage e le posizioni del fondatore sull’immigrazione, anche su diritti civili e rifugiati ci sono state molte convergenze con gli eletti 5 Stelle a Bruxelles.
Nei Verdi, il dibattito interno è stato acceso e non sono mancate voci favorevoli all’inizio di conversazioni più concrete. Ma un gruppo politico non è un autobus, dal quale si sale e si scende a volontà. Per gli eurodeputati Verdi, i motivi per i quali, dopo una discussione circostanziata, è stata rifiutata la proposta di aprire un negoziato con il M5S sono sostanzialmente tre.
Il primo è la fondamentale ambiguità (per usare un eufemismo) del Movimento rispetto alla costruzione europea; i Verdi, pur con accenti diversi, sono profondamente europeisti e rifiutano ogni tentazione nazionalista o di delegittimazione delle istituzioni europee. Il nazionalismo è guerra. Senza Commissione, Parlamento e Corte di Giustizia, senza leggi e regole sovranazionali, restano solo i rapporti di forza fra gli Stati.
L’Unione europea ha limiti politici e istituzionali contro i quali ci siamo sempre battuti con coerenza, spesso in solitudine, da molto prima che nascesse il M5S. Ma non crediamo che ristabilire le frontiere, fomentare la divisione e l’ostilità fra le persone e i popoli, chiacchierare di una presunta riconquistata sovranità, perdere tempo a sognare il ritorno alla lira, ci faccia avanzare. Anzi. Saranno proprio quelli che oggi soffrono di più a causa delle folli politiche di austerità a essere le prime vittime della fine del sogno europeo.
Non sono belle parole. Per battere i cambiamenti climatici, fermare gli evasori piccoli e grandi, chiudere i paradisi fiscali, battere le forze della finanza predatrice, promuovere la partecipazione e il coinvolgimento dei cittadini, preparare la grande trasformazione ecologica, avviare un’economia diversa – temi che Grillo e i suoi da sempre sostengono – c’è assoluto bisogno di una struttura sovranazionale che funzioni, e non di chiudersi in piccole patrie irrilevanti nel grande gioco mondiale. Su questo tema, il Movimento è ambiguo, dà un colpo al cerchio – cercando di rubare voti ai leghisti – e uno alla botte – cercando l’accordo con Verhofstadt a Bruxelles.
Ci sono poi le posizioni sempre più estreme di Grillo e di alcuni importanti esponenti del Movimento sul tema dell’immigrazione e delle politiche di accoglienza: chi non ha diritto di asilo fuori subito: un’inaccettabile semplificazione e una dimostrazione di un cinico opportunismo che gioca con la vita delle persone senza tenere in conto della realtà concreta di un fenomeno difficile e strutturale, che può essere gestito solo evitando di fomentare paura e risentimento.
Infine, c’è la mancanza di democrazia interna e di autonomia degli eletti del M5S e la strana relazione con un’impresa privata, la Casaleggio Associati: elementi che appaiono agli occhi dei Verdi europei come l’espressione di una cultura politica autoritaria, in totale contrasto con la dichiarata ambizione di favorire partecipazione e trasparenza.
Sul blog di Grillo, si dice che le ragioni di questo rifiuto sono determinate dal timore di fronte a uno stravolgimento degli equilibri interni dei Verdi europei. In realtà, il Gruppo è già abbastanza “vario”, dato che accoglie, oltre ai Pirati, degli esponenti dei partiti regionalisti di alcuni paesi, dalla Scozia alla Catalogna; non abbiamo mai avuto paura della diversità. Direi piuttosto che c’erano perplessità di fronte a un metodo di battaglia politica che fa dell’attacco sistematico, anche personale, e del repentino cambio di fronte una pratica comune, cosa che rende il M5S un imprevedibile compagno di viaggio.
Molti pensano ancora che l’Europa sia solo un posto per grigi burocrati e che la politica sia un’altra cosa. Invece si sbagliano. Nella vicenda di indubbio interesse della collocazione del Movimento 5 stelle nell’Europarlamento, le questioni che si sono poste sono importanti e squisitamente politiche. Dopo una brutta giornata, Grillo e i suoi hanno già cominciato a battere la gran cassa dell’unico partito anti-establishment per giustificare la loro disavventura europea. Sicuramente riusciranno a convincere una parte importante della base, che continuerà a riversare male parole su tutti noi. Sia. Ma la discussione sul ruolo del M5S in Europa non finisce qui. Se non altro perché, per il consenso di cui gode, è rilevante per tutti il fatto che scelga di cedere alla tentazione euroscettica e leghisteggiante, o invece venga a rafforzare il fronte della riforma democratica dell’Unione, accettando magari anche di rimettere in discussione alcuni dei suoi metodi e contenuti. Sta al M5S scegliere da che parte stare in questo momento cruciale della nostra storia comune di italiani ed europei.
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Sarebbe ora che il M5S si liberasse dalle catene della Casaleggio
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Re: MOVIMENTO 5 STELLE
iospero ha scritto:da repubblica.it
Ue, dopo il no dei liberali marcia indietro M5s: torna con Farage ma ora il britannico detta le condizioni
Telefonata tra il leader M5s e il leader euroscettico di Ukip, trattative degli eurodeputati grillini con i colleghi inglesi per tornare a formare il gruppo insieme dopo le porte chiuse dei liberali che si sono opposti all'alleanza già pre-siglata dallo stesso Grillo ai primi di gennaio. "Ma chi ha sbagliato paghi" impone Farage e rischia David Borrelli, co-presidente dell'Efdd e fedelissimo della Casaleggio associati, tessitore dell'accordo respinto
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da IlFattoQuotidiano.it / BLOG / di Monica Frassoni
M5S e il no dei liberali-democratici in Ue, ma quale establishment?
E così, dopo i Verdi, anche i Liberali hanno respinto l’adesione del Movimento Cinque stelle al loro Gruppo al Parlamento europeo.
Sarebbe un errore pensare che queste decisioni siano state prese in modo superficiale o per partito preso. Almeno per quanto riguarda i Verdi, i quali hanno seguito un metodo diverso da quello di Guy Verhofstadt, organizzando senza clamore una discussione interna e un voto prima di iniziare a definire i termini concreti di un possibile accordo di adesione al gruppo dei Verdi-alleanza Libera europea dei deputati del M5Stelle.
Siamo sempre stati interessati a un dialogo con il Movimento. Al Parlamento europeo si lavora insieme su molte cose importanti: dal cambiamento climatico, alla tutela dell’ambiente, dall’energia alla battaglia contro la grande coalizione PSE-PPE – che soffoca l’azione del Parlamento a favore di un’Europa diversa -, fino a quella contro l’elusione e l’evasione fiscale; nonostante il gruppo con Farage e le posizioni del fondatore sull’immigrazione, anche su diritti civili e rifugiati ci sono state molte convergenze con gli eletti 5 Stelle a Bruxelles.
Nei Verdi, il dibattito interno è stato acceso e non sono mancate voci favorevoli all’inizio di conversazioni più concrete. Ma un gruppo politico non è un autobus, dal quale si sale e si scende a volontà. Per gli eurodeputati Verdi, i motivi per i quali, dopo una discussione circostanziata, è stata rifiutata la proposta di aprire un negoziato con il M5S sono sostanzialmente tre.
Il primo è la fondamentale ambiguità (per usare un eufemismo) del Movimento rispetto alla costruzione europea; i Verdi, pur con accenti diversi, sono profondamente europeisti e rifiutano ogni tentazione nazionalista o di delegittimazione delle istituzioni europee. Il nazionalismo è guerra. Senza Commissione, Parlamento e Corte di Giustizia, senza leggi e regole sovranazionali, restano solo i rapporti di forza fra gli Stati.
L’Unione europea ha limiti politici e istituzionali contro i quali ci siamo sempre battuti con coerenza, spesso in solitudine, da molto prima che nascesse il M5S. Ma non crediamo che ristabilire le frontiere, fomentare la divisione e l’ostilità fra le persone e i popoli, chiacchierare di una presunta riconquistata sovranità, perdere tempo a sognare il ritorno alla lira, ci faccia avanzare. Anzi. Saranno proprio quelli che oggi soffrono di più a causa delle folli politiche di austerità a essere le prime vittime della fine del sogno europeo.
Non sono belle parole. Per battere i cambiamenti climatici, fermare gli evasori piccoli e grandi, chiudere i paradisi fiscali, battere le forze della finanza predatrice, promuovere la partecipazione e il coinvolgimento dei cittadini, preparare la grande trasformazione ecologica, avviare un’economia diversa – temi che Grillo e i suoi da sempre sostengono – c’è assoluto bisogno di una struttura sovranazionale che funzioni, e non di chiudersi in piccole patrie irrilevanti nel grande gioco mondiale. Su questo tema, il Movimento è ambiguo, dà un colpo al cerchio – cercando di rubare voti ai leghisti – e uno alla botte – cercando l’accordo con Verhofstadt a Bruxelles.
Ci sono poi le posizioni sempre più estreme di Grillo e di alcuni importanti esponenti del Movimento sul tema dell’immigrazione e delle politiche di accoglienza: chi non ha diritto di asilo fuori subito: un’inaccettabile semplificazione e una dimostrazione di un cinico opportunismo che gioca con la vita delle persone senza tenere in conto della realtà concreta di un fenomeno difficile e strutturale, che può essere gestito solo evitando di fomentare paura e risentimento.
Infine, c’è la mancanza di democrazia interna e di autonomia degli eletti del M5S e la strana relazione con un’impresa privata, la Casaleggio Associati: elementi che appaiono agli occhi dei Verdi europei come l’espressione di una cultura politica autoritaria, in totale contrasto con la dichiarata ambizione di favorire partecipazione e trasparenza.
Sul blog di Grillo, si dice che le ragioni di questo rifiuto sono determinate dal timore di fronte a uno stravolgimento degli equilibri interni dei Verdi europei. In realtà, il Gruppo è già abbastanza “vario”, dato che accoglie, oltre ai Pirati, degli esponenti dei partiti regionalisti di alcuni paesi, dalla Scozia alla Catalogna; non abbiamo mai avuto paura della diversità. Direi piuttosto che c’erano perplessità di fronte a un metodo di battaglia politica che fa dell’attacco sistematico, anche personale, e del repentino cambio di fronte una pratica comune, cosa che rende il M5S un imprevedibile compagno di viaggio.
Molti pensano ancora che l’Europa sia solo un posto per grigi burocrati e che la politica sia un’altra cosa. Invece si sbagliano. Nella vicenda di indubbio interesse della collocazione del Movimento 5 stelle nell’Europarlamento, le questioni che si sono poste sono importanti e squisitamente politiche. Dopo una brutta giornata, Grillo e i suoi hanno già cominciato a battere la gran cassa dell’unico partito anti-establishment per giustificare la loro disavventura europea. Sicuramente riusciranno a convincere una parte importante della base, che continuerà a riversare male parole su tutti noi. Sia. Ma la discussione sul ruolo del M5S in Europa non finisce qui. Se non altro perché, per il consenso di cui gode, è rilevante per tutti il fatto che scelga di cedere alla tentazione euroscettica e leghisteggiante, o invece venga a rafforzare il fronte della riforma democratica dell’Unione, accettando magari anche di rimettere in discussione alcuni dei suoi metodi e contenuti. Sta al M5S scegliere da che parte stare in questo momento cruciale della nostra storia comune di italiani ed europei.
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Sarebbe ora che il M5S si liberasse dalle catene della Casaleggio
Sarebbe ora che il M5S si liberasse dalle catene della Casaleggio
Per quale motivo?
Qual'è il tuo punto di vista?
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Re: MOVIMENTO 5 STELLE
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Grillo sta suicidando i 5 Stelle. Chiedetevi: a chi conviene?
Scritto il 10/1/17 • nella Categoria: idee Condividi
Eh già, c’è chi decide di suicidarsi buttandosi giù da un ponte. E chi prendendo le decisioni sbagliate nel momento più sbagliato, dimostrando una miopia politica così clamorosa da chiedersi se sia davvero solo il frutto di un errore di valutazione o se invece non sia voluta, con estrema e raffinata perfidia, per distruggere il Movimento 5 Stelle. Mettiamo in fila gli elementi. Il M5S ha combattutto una battaglia durissima contro il sistema; il suo fondatore e vera mente politica, Gian Roberto Casaleggio, è stato oggetto di attacchi durissimi e personali, che lo hanno sfiancato nella salute, con un epilogo drammatico. Dopo la scomparsa di Casaleggio, il mondo ha iniziato a cambiare. Da tempo il Movimento 5 Stelle si era schierato all’Europarlamento con lo “scandaloso” Farage, considerato per anni poco più che un velleitario buffone. Ma Farage ha guidato la Gran Bretagna alla Brexit. Nel frattempo i pentastellati conquistano due grandi città italiane, Roma e Torino. Negli Stati Uniti vince contro ogni pronostico Trump, spostando il baricentro degli interessi degli Usa su posizioni molto più vicine a quelli di movimenti alternativi di protesta (sì, i cosiddetti “populisti”) come il M5S e la Lega di Salvini. Il 4 dicembre questi stessi partiti guidano la campagna referendaria che si risolve con un Ko clamoroso di Renzi.
Il mondo sembra volgere dalla loro parte. E infatti da Washington arrivano segnali incoraggianti. Notate bene: Nigel Farage, pur essendo britannico, è uno dei pochi politici di cui Trump si fida; è l’uomo che, sulle vicende europee, può sussurrare all’orecchio del presidente eletto. Un’occasione propizia per chi è sempre stato amico di Farage. Lo capiscono tutti. Proprio sabato 7 gennaio sul quotidiano “La Stampa” esce un retroscena molto interessante, intitolato “Dai migranti al terrorismo, Trump cerca un alleato in Italia per rilanciare l’alleanza con gli Usa”, in cui vengono riportate le indiscrezioni di due collaboratori presidenziali. I quali spiegano che «è chiaro che Trump sia contento del risultato referendario alla luce dei discorsi e delle dichiarazioni fatte in passato non solo sull’Italia ma anche in merito alla Brexit. Tutti i suoi consiglieri, a partire da Steve Bannon che è molto vicino alla politica europea, consideravano il “no” come un primo passo verso un processo di ricollocazione dell’Italia, una sorta di distacco, non nel senso di uscita dall’Unione Europea, ma di presa di distanza dagli schemi conformisti di un certa politica e di una certa Europa».
«Un passaggio verso la strada del popolarismo che privilegia l’economia reale, il lavoro, la realpolitik e l’allontanamento dall’ideologia conformista che sta decretando il fallimento del progetto europeo così com’è». Quei consulenti assicurano che Trump vuole «individuare il giusto interlocutore con cui l’amministrazione americana dovrà interloquire per rilanciare i rapporti con lo storico alleato». In un’Unione europea di cui non hanno fiducia, perlomeno non di quella che ha governato finora: «Alcune settimane fa ho incontrato Farage e abbiamo discusso della situazione in atto: quello che sta avvenendo in Europa è un processo storico, il baricentro si sta spostando dalla parte della gente, in Italia, in Francia e in Germania», afferma il generale Paul Vallely, secondo cui «il popolo sta prendendo coscienza della propria sovranità, di essere la spina dorsale di nazioni indipendenti che non devono per forza essere parte di un movimento globalista e globalizzante. E questa è un ottima cosa, per l’Italia ad esempio si è compiuto un passo nella direzione che favorisce la gente. Siamo contenti».
Secondo il veterano, allo stato attuale le nazioni europe non hanno l’obbligo di essere parte di una entità sovranazionale come la Ue che ha dimostrato – specie in alcuni specifici casi come l’Italia – di «esigere più di quanto offra». «Non mi sembra che Bruxelles abbia fatto molto per i popoli europei fuorché creare una burocrazia pesante comandata dai soliti noti. Sta emergendo una nuova visione dell’Europa e con questo passo ci saranno interessanti scenari di cooperazione con l’America di Trump». Musica per le orecchie innanzitutto di Salvini e della Meloni, che sono sempre stati su queste posizioni. Ma anche di Grillo, che in passato non ha esitato a sparare sulla Ue e sulla globalizzazione e ad allearsi con Farage. La strada sembra spalancata per un atteso e fino alla scora primavera insperato sdoganamento internazionale. E il Movimento 5 Stelle cosa fa? Anziché mettersi in scia e godersi il momento, cambia improvvisamente rotta proprio a Bruxelles. Abbandona lo Ukip per allearsi con l’Alleanza liberale del belga Verhofstadt, le cui idee sono antitetiche a quelle di Grillo e di Farage: pro Ue, pro globalizzazione; insomma un gruppo che affianca l’establishment che ha governato finora. Grillo, incredibilmente, scende dal carro del vincitore. E contraddice se stesso, la propria storia, la propria identità.
Lo fa anche nei modi peggiori: lanciando senza preavviso e senza dibattito una consultazione interna nel week-end dell’epifania. E ottenendo il risultato più ovvio: quello di spaccare il Movimento, di disamorare la base e molti sostenitori, di incrinare i rapporti con Farage e con Trump per abbracciare quell’establishment e quei poteri forti che ha sempre dichiarato di voler combattere. Harakiri. Un’ottima notizia per Salvini e la Meloni, che immagino, non mancheranno di ringraziare Grillo. Ma anche e forse soprattutto, per quell’establishment che da un decennio cerca il modo di spaccare il Movimento, senza mai riuscirci, almeno finchè era in vita Casaleggio. Sono passati pochi mesi ed è bastata una trattativa segreta a Bruxelles per raggiungere quell’obiettivo. Chissà se chi l’ha voluta e l’ha ideata ne è consapevole.
(Marcello Foa, “Grillo ha deciso di suicidarsi. Chiedetevi: a chi conviene?”, dal blog di Foa sul “Giornale” del 9 gennaio 2017).
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Grillo sta suicidando i 5 Stelle. Chiedetevi: a chi conviene?
Scritto il 10/1/17 • nella Categoria: idee Condividi
Eh già, c’è chi decide di suicidarsi buttandosi giù da un ponte. E chi prendendo le decisioni sbagliate nel momento più sbagliato, dimostrando una miopia politica così clamorosa da chiedersi se sia davvero solo il frutto di un errore di valutazione o se invece non sia voluta, con estrema e raffinata perfidia, per distruggere il Movimento 5 Stelle. Mettiamo in fila gli elementi. Il M5S ha combattutto una battaglia durissima contro il sistema; il suo fondatore e vera mente politica, Gian Roberto Casaleggio, è stato oggetto di attacchi durissimi e personali, che lo hanno sfiancato nella salute, con un epilogo drammatico. Dopo la scomparsa di Casaleggio, il mondo ha iniziato a cambiare. Da tempo il Movimento 5 Stelle si era schierato all’Europarlamento con lo “scandaloso” Farage, considerato per anni poco più che un velleitario buffone. Ma Farage ha guidato la Gran Bretagna alla Brexit. Nel frattempo i pentastellati conquistano due grandi città italiane, Roma e Torino. Negli Stati Uniti vince contro ogni pronostico Trump, spostando il baricentro degli interessi degli Usa su posizioni molto più vicine a quelli di movimenti alternativi di protesta (sì, i cosiddetti “populisti”) come il M5S e la Lega di Salvini. Il 4 dicembre questi stessi partiti guidano la campagna referendaria che si risolve con un Ko clamoroso di Renzi.
Il mondo sembra volgere dalla loro parte. E infatti da Washington arrivano segnali incoraggianti. Notate bene: Nigel Farage, pur essendo britannico, è uno dei pochi politici di cui Trump si fida; è l’uomo che, sulle vicende europee, può sussurrare all’orecchio del presidente eletto. Un’occasione propizia per chi è sempre stato amico di Farage. Lo capiscono tutti. Proprio sabato 7 gennaio sul quotidiano “La Stampa” esce un retroscena molto interessante, intitolato “Dai migranti al terrorismo, Trump cerca un alleato in Italia per rilanciare l’alleanza con gli Usa”, in cui vengono riportate le indiscrezioni di due collaboratori presidenziali. I quali spiegano che «è chiaro che Trump sia contento del risultato referendario alla luce dei discorsi e delle dichiarazioni fatte in passato non solo sull’Italia ma anche in merito alla Brexit. Tutti i suoi consiglieri, a partire da Steve Bannon che è molto vicino alla politica europea, consideravano il “no” come un primo passo verso un processo di ricollocazione dell’Italia, una sorta di distacco, non nel senso di uscita dall’Unione Europea, ma di presa di distanza dagli schemi conformisti di un certa politica e di una certa Europa».
«Un passaggio verso la strada del popolarismo che privilegia l’economia reale, il lavoro, la realpolitik e l’allontanamento dall’ideologia conformista che sta decretando il fallimento del progetto europeo così com’è». Quei consulenti assicurano che Trump vuole «individuare il giusto interlocutore con cui l’amministrazione americana dovrà interloquire per rilanciare i rapporti con lo storico alleato». In un’Unione europea di cui non hanno fiducia, perlomeno non di quella che ha governato finora: «Alcune settimane fa ho incontrato Farage e abbiamo discusso della situazione in atto: quello che sta avvenendo in Europa è un processo storico, il baricentro si sta spostando dalla parte della gente, in Italia, in Francia e in Germania», afferma il generale Paul Vallely, secondo cui «il popolo sta prendendo coscienza della propria sovranità, di essere la spina dorsale di nazioni indipendenti che non devono per forza essere parte di un movimento globalista e globalizzante. E questa è un ottima cosa, per l’Italia ad esempio si è compiuto un passo nella direzione che favorisce la gente. Siamo contenti».
Secondo il veterano, allo stato attuale le nazioni europe non hanno l’obbligo di essere parte di una entità sovranazionale come la Ue che ha dimostrato – specie in alcuni specifici casi come l’Italia – di «esigere più di quanto offra». «Non mi sembra che Bruxelles abbia fatto molto per i popoli europei fuorché creare una burocrazia pesante comandata dai soliti noti. Sta emergendo una nuova visione dell’Europa e con questo passo ci saranno interessanti scenari di cooperazione con l’America di Trump». Musica per le orecchie innanzitutto di Salvini e della Meloni, che sono sempre stati su queste posizioni. Ma anche di Grillo, che in passato non ha esitato a sparare sulla Ue e sulla globalizzazione e ad allearsi con Farage. La strada sembra spalancata per un atteso e fino alla scora primavera insperato sdoganamento internazionale. E il Movimento 5 Stelle cosa fa? Anziché mettersi in scia e godersi il momento, cambia improvvisamente rotta proprio a Bruxelles. Abbandona lo Ukip per allearsi con l’Alleanza liberale del belga Verhofstadt, le cui idee sono antitetiche a quelle di Grillo e di Farage: pro Ue, pro globalizzazione; insomma un gruppo che affianca l’establishment che ha governato finora. Grillo, incredibilmente, scende dal carro del vincitore. E contraddice se stesso, la propria storia, la propria identità.
Lo fa anche nei modi peggiori: lanciando senza preavviso e senza dibattito una consultazione interna nel week-end dell’epifania. E ottenendo il risultato più ovvio: quello di spaccare il Movimento, di disamorare la base e molti sostenitori, di incrinare i rapporti con Farage e con Trump per abbracciare quell’establishment e quei poteri forti che ha sempre dichiarato di voler combattere. Harakiri. Un’ottima notizia per Salvini e la Meloni, che immagino, non mancheranno di ringraziare Grillo. Ma anche e forse soprattutto, per quell’establishment che da un decennio cerca il modo di spaccare il Movimento, senza mai riuscirci, almeno finchè era in vita Casaleggio. Sono passati pochi mesi ed è bastata una trattativa segreta a Bruxelles per raggiungere quell’obiettivo. Chissà se chi l’ha voluta e l’ha ideata ne è consapevole.
(Marcello Foa, “Grillo ha deciso di suicidarsi. Chiedetevi: a chi conviene?”, dal blog di Foa sul “Giornale” del 9 gennaio 2017).
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Re: MOVIMENTO 5 STELLE
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Il disastro del M5S, tra i fan dell’euro-rigore ‘a sua insaputa’
Scritto il 10/1/17 • nella Categoria: segnalazioni Condividi Tweet
Grande è il disordine sotto il cielo dei 5 stelle, ma la situazione è tutt’altro che eccellente.
Dopo un negoziato tenuto rigorosamente nascosto, è stato annunciato che i deputati del M5S sarebbero passati dal gruppo antieuropeista – con l’Ukip e Afd – al gruppo ultraeuropeista dei liberali.
In quattro e quattr’otto è stata organizzata una consultazione on line (con la partecipazione non oceanica di poco meno di un terzo degli iscritti) che ha approvato con il 78% la decisione.
Ma la cosa non è servita a molto, perché, neppure sei ore dopo, erano i liberali a rifiutare di ratificare l’accordo siglato il 6 gennaio dal capogruppo M5s Borrelli e dal capogruppo liberale Guy Verhofstadt e tutto è andato per aria.
Leggendo il testo del “contratto prematrimoniale” (reso pubblico da un redattore di “Radio Radicale” e consultabile sill’Hp) si capisce una cosa: che i 5 stelle, il 17 gennaio, avrebbero votato per Verhofstadt quale prossimo presidente del Parlamento Europeo ed in cambio sarebbero stati ammessi nel gruppo liberale, ottenendone la vice presidenza e, qualora fosse stato possibile, anche una vice presidenza dell’Assemblea di Strasburgo, oltre alla divisione dei fondi e del personale.
Una volta queste cose si chiamavano “mercato delle vacche” in perfetto stile Dc.
L’operazione è saltata, ma per la decisione dei liberali, mentre i 5 stelle hanno ricavato un disastro di immagine.
La cosa può sorprendere ma ha una sua logica e va inquadrata in un contesto di dichiarazioni, gesti, decisioni che dura da almeno sette mesi.
A maggio Luigi Di Maio fece un viaggio in giro per l’Europa, con l’evidente intento di tranquillizzare gli ambienti politici d’oltralpe su un’eventuale ascesa al governo del M5S e non mancarono ammiccamenti in tema d’euro (del tipo “non mi sento più tanto antieuropeista”).
La campagna per le amministrative, l’estate, i problemi della giunta Raggi, la campagna referendaria hanno gettato la sordina sul tema euro.
Nei primi di dicembre Di Battista lanciava, un po’ estemporaneamente, la proposta di un referendum sui nostri rapporti con la Ue, ma la cosa era lasciata cadere e nessuno prendeva le difese di “Dibba” di fronte alla gragnuola di insulti dei mass media e dei partiti che lo accusavano di non conoscere la Costituzione che vieta i referendum in materia di trattati (ma “Dibba” aveva detto altro e su questo abbiamo scritto).
Poi c’è stata una raffica di decisioni di Beppe Grillo apparentemente slegate fra loro: il salvataggio in extremis della Raggi dopo i casi Muraro e Marra, la dichiarazione sul rimpatrio immediato degli immigrati irregolari (come se sapessimo quale è il loro paese d’origine!), la svolta in materia di avvisi di garanzia, il discorso di fine anno.
Intendiamoci, tutti atti perfettamente leciti (anche se qualcuno discutibile, come quello sugli immigrati irregolari al solito accomunati ai terroristi) e qualcuno perfettamente condivisibile (come quello sull’avviso di garanzia), ma il senso politico complessivo è quello di dimostrare che il M5S è una forza responsabile, persino moderata, quando occorre, che può andare tranquillamente al governo senza provocare sconquassi.
Nel M5S c’è un processo di lenta trasformazione in forza di governo, che rimuove i suoi tratti di forza “antisistema”.
E il tentato passaggio all’Alde è stato lo sbocco naturale. Accreditarsi come forza moderata (adesso capiamo il senso del “né di destra né di sinistra”: perché forza “di centro”) e rimuovere l’immagine antieuropeista.
Per la verità, il regista dell’operazione, il capogruppo Borrelli (che si è guardato bene dal darne notizia ai suoi parlamentari, esattamente come ha fatto il suo interlocutore Verhofstadt) non ha mai nascosto il suo “europeismo” e il suo giudizio ostile ad ogni abbandono dell’euro, sino ad incassare l’apprezzamento di Mario Monti.
Dunque si pone il problema di definire, una volta per tutte, quale sia la posizione del M5S sull’euro, se c’è una revisione della posizione che era di Roberto Casaleggio (ed anche di Beppe Grillo per quel che ricordo), lo si dica apertamente, magari dopo una adeguata discussione seguita dal voto degli iscritti.
C'è poi un altro punto da chiarire: il nodo di eventuali accordi con altre forze politiche.
Non sono mai stato favorevole al “noi non ci alleiamo con nessuno” ed ho sempre detto che in politica gli accordi sono necessari, però che lo si dica e si fissino i criteri con cui li si può concludere.
Questa sciagurata vicenda fissa un precedente: dopo che stavi per fare addirittura un gruppo comune con una forza politica basato solo su una spartizione (con l’Ukip, almeno, c’era il comune terreno dell’opposizione alla Ue) come potrai declinare una proposta di accordo di altra forza politica in Italia, opponendo il solito “noi non facciamo accordi con nessuno”?
Quanto poi alla questione dei soldi, qualcuno dovrebbe spiegarmi perché in Italia il M5S rifiuta il finanziamento pubblico, mentre poi lo cerca affannosamente in Europa, al punto di includerlo fra le motivazioni di un accordo così singolare.
Il tutto poi con questo clima clandestino da loggia carbonara: altro che diretta streaming e trasparenza, qui si è firmato un accordo senza che ne sapessero nulla neanche i deputati del M5S e quelli liberali che avrebbero dovuto fare gruppo insieme: vi sembra normale?
C’è poi la questione di questa fregola governativa che ha preso il M5S.
Personalmente non capisco perché ci sia tanta fretta di cingere la corona governativa in un biennio (tanto durerà la prossima legislatura) durante il quale non si tratterà di una corona di alloro, quanto di una corona di spine: pensateci cari amici del M5S.
Infine: il disastro di immagine di questa storia è troppo evidente perché se ne debba dire, però voglio lasciarvi con un consiglio: Borrelli è un ottimo imprenditore, indiscutibilmente bravo; dopo questo brillante esito della sua strategia credo che non si possa provare ulteriormente l’azienda del suo talentuoso capo.
Non vi sembra il caso di restituirlo subito al lavoro che sa fare meglio?
(Aldo Giannuli, “M5S e Parlamento Europeo: ma che sta succedendo?”, dal blog di Giannuli del 9 gennaio 2017).
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Il disastro del M5S, tra i fan dell’euro-rigore ‘a sua insaputa’
Scritto il 10/1/17 • nella Categoria: segnalazioni Condividi Tweet
Grande è il disordine sotto il cielo dei 5 stelle, ma la situazione è tutt’altro che eccellente.
Dopo un negoziato tenuto rigorosamente nascosto, è stato annunciato che i deputati del M5S sarebbero passati dal gruppo antieuropeista – con l’Ukip e Afd – al gruppo ultraeuropeista dei liberali.
In quattro e quattr’otto è stata organizzata una consultazione on line (con la partecipazione non oceanica di poco meno di un terzo degli iscritti) che ha approvato con il 78% la decisione.
Ma la cosa non è servita a molto, perché, neppure sei ore dopo, erano i liberali a rifiutare di ratificare l’accordo siglato il 6 gennaio dal capogruppo M5s Borrelli e dal capogruppo liberale Guy Verhofstadt e tutto è andato per aria.
Leggendo il testo del “contratto prematrimoniale” (reso pubblico da un redattore di “Radio Radicale” e consultabile sill’Hp) si capisce una cosa: che i 5 stelle, il 17 gennaio, avrebbero votato per Verhofstadt quale prossimo presidente del Parlamento Europeo ed in cambio sarebbero stati ammessi nel gruppo liberale, ottenendone la vice presidenza e, qualora fosse stato possibile, anche una vice presidenza dell’Assemblea di Strasburgo, oltre alla divisione dei fondi e del personale.
Una volta queste cose si chiamavano “mercato delle vacche” in perfetto stile Dc.
L’operazione è saltata, ma per la decisione dei liberali, mentre i 5 stelle hanno ricavato un disastro di immagine.
La cosa può sorprendere ma ha una sua logica e va inquadrata in un contesto di dichiarazioni, gesti, decisioni che dura da almeno sette mesi.
A maggio Luigi Di Maio fece un viaggio in giro per l’Europa, con l’evidente intento di tranquillizzare gli ambienti politici d’oltralpe su un’eventuale ascesa al governo del M5S e non mancarono ammiccamenti in tema d’euro (del tipo “non mi sento più tanto antieuropeista”).
La campagna per le amministrative, l’estate, i problemi della giunta Raggi, la campagna referendaria hanno gettato la sordina sul tema euro.
Nei primi di dicembre Di Battista lanciava, un po’ estemporaneamente, la proposta di un referendum sui nostri rapporti con la Ue, ma la cosa era lasciata cadere e nessuno prendeva le difese di “Dibba” di fronte alla gragnuola di insulti dei mass media e dei partiti che lo accusavano di non conoscere la Costituzione che vieta i referendum in materia di trattati (ma “Dibba” aveva detto altro e su questo abbiamo scritto).
Poi c’è stata una raffica di decisioni di Beppe Grillo apparentemente slegate fra loro: il salvataggio in extremis della Raggi dopo i casi Muraro e Marra, la dichiarazione sul rimpatrio immediato degli immigrati irregolari (come se sapessimo quale è il loro paese d’origine!), la svolta in materia di avvisi di garanzia, il discorso di fine anno.
Intendiamoci, tutti atti perfettamente leciti (anche se qualcuno discutibile, come quello sugli immigrati irregolari al solito accomunati ai terroristi) e qualcuno perfettamente condivisibile (come quello sull’avviso di garanzia), ma il senso politico complessivo è quello di dimostrare che il M5S è una forza responsabile, persino moderata, quando occorre, che può andare tranquillamente al governo senza provocare sconquassi.
Nel M5S c’è un processo di lenta trasformazione in forza di governo, che rimuove i suoi tratti di forza “antisistema”.
E il tentato passaggio all’Alde è stato lo sbocco naturale. Accreditarsi come forza moderata (adesso capiamo il senso del “né di destra né di sinistra”: perché forza “di centro”) e rimuovere l’immagine antieuropeista.
Per la verità, il regista dell’operazione, il capogruppo Borrelli (che si è guardato bene dal darne notizia ai suoi parlamentari, esattamente come ha fatto il suo interlocutore Verhofstadt) non ha mai nascosto il suo “europeismo” e il suo giudizio ostile ad ogni abbandono dell’euro, sino ad incassare l’apprezzamento di Mario Monti.
Dunque si pone il problema di definire, una volta per tutte, quale sia la posizione del M5S sull’euro, se c’è una revisione della posizione che era di Roberto Casaleggio (ed anche di Beppe Grillo per quel che ricordo), lo si dica apertamente, magari dopo una adeguata discussione seguita dal voto degli iscritti.
C'è poi un altro punto da chiarire: il nodo di eventuali accordi con altre forze politiche.
Non sono mai stato favorevole al “noi non ci alleiamo con nessuno” ed ho sempre detto che in politica gli accordi sono necessari, però che lo si dica e si fissino i criteri con cui li si può concludere.
Questa sciagurata vicenda fissa un precedente: dopo che stavi per fare addirittura un gruppo comune con una forza politica basato solo su una spartizione (con l’Ukip, almeno, c’era il comune terreno dell’opposizione alla Ue) come potrai declinare una proposta di accordo di altra forza politica in Italia, opponendo il solito “noi non facciamo accordi con nessuno”?
Quanto poi alla questione dei soldi, qualcuno dovrebbe spiegarmi perché in Italia il M5S rifiuta il finanziamento pubblico, mentre poi lo cerca affannosamente in Europa, al punto di includerlo fra le motivazioni di un accordo così singolare.
Il tutto poi con questo clima clandestino da loggia carbonara: altro che diretta streaming e trasparenza, qui si è firmato un accordo senza che ne sapessero nulla neanche i deputati del M5S e quelli liberali che avrebbero dovuto fare gruppo insieme: vi sembra normale?
C’è poi la questione di questa fregola governativa che ha preso il M5S.
Personalmente non capisco perché ci sia tanta fretta di cingere la corona governativa in un biennio (tanto durerà la prossima legislatura) durante il quale non si tratterà di una corona di alloro, quanto di una corona di spine: pensateci cari amici del M5S.
Infine: il disastro di immagine di questa storia è troppo evidente perché se ne debba dire, però voglio lasciarvi con un consiglio: Borrelli è un ottimo imprenditore, indiscutibilmente bravo; dopo questo brillante esito della sua strategia credo che non si possa provare ulteriormente l’azienda del suo talentuoso capo.
Non vi sembra il caso di restituirlo subito al lavoro che sa fare meglio?
(Aldo Giannuli, “M5S e Parlamento Europeo: ma che sta succedendo?”, dal blog di Giannuli del 9 gennaio 2017).
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Re: MOVIMENTO 5 STELLE
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Grillo, Togliatti, l’Europa. E la marea degli elettori (grillini)
Scritto il 10/1/17 • nella Categoria: idee Condividi
C’è qualcosa di sinistro, in quello che sembra il suicidio programmato del Movimento 5 Stelle, dopo il boom elettorale del 2013 che aveva punito l’esanime Bersani e lo stra-rottamato Berlusconi, entrambi reduci dal catastrofico sostegno al governo Monti-Troika, con l’ultra-rigore dei tagli sanguinosi alla spesa, il massacro sociale, la legge Fornero, il pareggio di bilancio in Costituzione.
«Noi non siamo contro l’euro», chiarì Gianroberto Casaleggio intervistato da Travaglio alla vigilia delle europee 2014, come se si potesse stare all’opposizione del sistema in Italia ma non in Europa.
Non fidatevi dei 5 Stelle, ammonì ripetutamente Paolo Barnard, che ai neo-parlamentari pentastellati aveva invano offerto un Piano-B per l’Italia (recupero di sovranità finanziaria) attraverso il team internazionale di economisti democratici guidato da Warren Mosler.
Nemmeno tre anni dopo, si scopre che Grillo – dopo aver verbalmente “divorziato” dall’euro – ha manovrato segretamente al Parlamento Europeo per imbucare i 5 Stelle tra i massimi sostenitori dell’euro-establishment, per il giubilo dello stesso Monti.
State attenti a Luigi Di Maio, avvertì nei mesi scorsi l’avvocato e saggista Gianfranco Carpeoro, quando la stella di Renzi si stava chiaramente appannando: «Se cade il premier, il potere ha già scelto Di Maio come suo successore, con la benedizione degli Usa, delle cui sedi diplomatiche il leader grillino è assiduo frequentatore».
Da 5 Stelle a “stelle e strisce”, «attraverso i rapporti che legano Grillo a un personaggio come Michael Ledeen, che proviene da settori della massoneria reazionaria collegata all’intelligence».
A Roma, prima di sprofondare negli imbarazzi dell’immobile giunta Raggi, i 5 Stelle avevano rifiutato – dopo averla pubblicamente apprezzata – la proposta “rivoluzionaria” avanzata dall’economista Nino Galloni: fare della capitale un avamposto dimostrativo e strategico per la rinascita della sovranità italiana, devastata dall’élite globalista pro-euro con la complicità della vera super-casta, quella non colpita da Tangentopoli.
La candidatura di Galloni, propugnata dal massone progressista Gioele Magaldi, avrebbe rappresentato una sfida aperta ai registi della storica de-industrializzazione del paese, ormai sottomesso alla Germania, a sua volta ridotta a spietato guardiano di un’Europa programmaticamente in declino, da “smontare” dall’interno, scoraggiandone l’indipendenza e la proiezione economica verso la Russia.
Se Alexis Tsipras è stato demolito da Bruxelles e “Podemos” non fa più paura a nessuno, a inquietare i dominus Ue del dopo-Brexit è soprattutto Marine Le Pen.
In ogni modo – anche con le recenti missioni diplomatiche dello stesso Di Maio – i 5 Stelle hanno rimarcato la loro distanza sostanziale da qualsiasi prospettiva “eversiva”, rispetto all’ordoliberismo euro-teutonico fondato sulla mortificazione della spesa strategica, quindi sui tagli che producono solo crisi e disoccupazione.
Dai 5 Stelle, nessuna vera ricetta alternativa: solo la proposta di irrobustire gli ammortizzatori sociali con il “reddito di cittadinanza”, da finanziare solo con tagli “intelligenti” alla spesa, senza cioè intaccare sistema, basato sul principio – aberrante – del rigore “istituzionale” imposto dall’Ue.
Nel movimento-fenomeno creato in modo spettacolare da Grillo e gestito per via telematica, con consultazioni on-line ma senza congressi né contronti tra linee apertamente divergenti, le illusioni dell’“uno vale uno” hanno rivelato, in controluce, tutt’altra realtà: a suon di esplusioni e “scomuniche”, è emersa una versione 2.0 del “centralismo democratico” togliattiano, un nuovo unanimismo con in più una vocazione – leninista – a non rivelare mai, apertamente, il vero obiettivo strategico: la logica sembra quella dei continui sacrifici democratici, la perenne autocensura richiesta alla base, in nome del bene supremo e quasi fideistico, il Sol dell’Avvenire.
Finora, come riconosce anche il mainstream, il “format” 5 Stelle ha funzionato benissimo, se non altro come formidabile “gatekeeper” per drenare e canalizzare il dissenso, contenendolo nei binari della prassi democratica.
Ma a che prezzo? E a vantaggio di chi?
Se la lucidità del “popolo grillino” deve anche fatalmente fare i conti con la passione fisiologica che travolge ogni genuina tifoseria, laddove si pretende che le proprie pecche siano sempre deformate, ingigantite e strumentalizzate dal perfido nemico, diabolico per definizione, i soliti implacabili sondaggi (ovviamente gestiti dallo stesso mainstream) si divertono a rilevare un calo dei consensi, a partire dall’agonia romana per arrivare all’harakiri di Strasburgo.
L’inizio della fine?
Di fatto, quasi un elettore italiano su tre ha manifestato – votando 5 Stelle – la propria volontà di radere al suolo un sistema letteralmente marcio, chiedendo essenzialmente aria pulita.
Il calo della “pazienza” di molti elettori può segnalare il tramonto di una leadership solo in apparenza democratica, ma in realtà piuttosto “sovietica”?
E il disastro del Parlamento Europeo – con gli stessi liberali ultra-euro che, in extremis, sconfessano il patto segreto con Grillo – costringerà il “popolo” pentastellato a domandarsi, finalmente, che Europa vuole e come intende arrivarci, per mettere in sicurezza l’Italia, cestinando i comodi slogan tattici dei vari Di Battista contro le piccole caste e il piccolo malaffare delle banche?
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Grillo, Togliatti, l’Europa. E la marea degli elettori (grillini)
Scritto il 10/1/17 • nella Categoria: idee Condividi
C’è qualcosa di sinistro, in quello che sembra il suicidio programmato del Movimento 5 Stelle, dopo il boom elettorale del 2013 che aveva punito l’esanime Bersani e lo stra-rottamato Berlusconi, entrambi reduci dal catastrofico sostegno al governo Monti-Troika, con l’ultra-rigore dei tagli sanguinosi alla spesa, il massacro sociale, la legge Fornero, il pareggio di bilancio in Costituzione.
«Noi non siamo contro l’euro», chiarì Gianroberto Casaleggio intervistato da Travaglio alla vigilia delle europee 2014, come se si potesse stare all’opposizione del sistema in Italia ma non in Europa.
Non fidatevi dei 5 Stelle, ammonì ripetutamente Paolo Barnard, che ai neo-parlamentari pentastellati aveva invano offerto un Piano-B per l’Italia (recupero di sovranità finanziaria) attraverso il team internazionale di economisti democratici guidato da Warren Mosler.
Nemmeno tre anni dopo, si scopre che Grillo – dopo aver verbalmente “divorziato” dall’euro – ha manovrato segretamente al Parlamento Europeo per imbucare i 5 Stelle tra i massimi sostenitori dell’euro-establishment, per il giubilo dello stesso Monti.
State attenti a Luigi Di Maio, avvertì nei mesi scorsi l’avvocato e saggista Gianfranco Carpeoro, quando la stella di Renzi si stava chiaramente appannando: «Se cade il premier, il potere ha già scelto Di Maio come suo successore, con la benedizione degli Usa, delle cui sedi diplomatiche il leader grillino è assiduo frequentatore».
Da 5 Stelle a “stelle e strisce”, «attraverso i rapporti che legano Grillo a un personaggio come Michael Ledeen, che proviene da settori della massoneria reazionaria collegata all’intelligence».
A Roma, prima di sprofondare negli imbarazzi dell’immobile giunta Raggi, i 5 Stelle avevano rifiutato – dopo averla pubblicamente apprezzata – la proposta “rivoluzionaria” avanzata dall’economista Nino Galloni: fare della capitale un avamposto dimostrativo e strategico per la rinascita della sovranità italiana, devastata dall’élite globalista pro-euro con la complicità della vera super-casta, quella non colpita da Tangentopoli.
La candidatura di Galloni, propugnata dal massone progressista Gioele Magaldi, avrebbe rappresentato una sfida aperta ai registi della storica de-industrializzazione del paese, ormai sottomesso alla Germania, a sua volta ridotta a spietato guardiano di un’Europa programmaticamente in declino, da “smontare” dall’interno, scoraggiandone l’indipendenza e la proiezione economica verso la Russia.
Se Alexis Tsipras è stato demolito da Bruxelles e “Podemos” non fa più paura a nessuno, a inquietare i dominus Ue del dopo-Brexit è soprattutto Marine Le Pen.
In ogni modo – anche con le recenti missioni diplomatiche dello stesso Di Maio – i 5 Stelle hanno rimarcato la loro distanza sostanziale da qualsiasi prospettiva “eversiva”, rispetto all’ordoliberismo euro-teutonico fondato sulla mortificazione della spesa strategica, quindi sui tagli che producono solo crisi e disoccupazione.
Dai 5 Stelle, nessuna vera ricetta alternativa: solo la proposta di irrobustire gli ammortizzatori sociali con il “reddito di cittadinanza”, da finanziare solo con tagli “intelligenti” alla spesa, senza cioè intaccare sistema, basato sul principio – aberrante – del rigore “istituzionale” imposto dall’Ue.
Nel movimento-fenomeno creato in modo spettacolare da Grillo e gestito per via telematica, con consultazioni on-line ma senza congressi né contronti tra linee apertamente divergenti, le illusioni dell’“uno vale uno” hanno rivelato, in controluce, tutt’altra realtà: a suon di esplusioni e “scomuniche”, è emersa una versione 2.0 del “centralismo democratico” togliattiano, un nuovo unanimismo con in più una vocazione – leninista – a non rivelare mai, apertamente, il vero obiettivo strategico: la logica sembra quella dei continui sacrifici democratici, la perenne autocensura richiesta alla base, in nome del bene supremo e quasi fideistico, il Sol dell’Avvenire.
Finora, come riconosce anche il mainstream, il “format” 5 Stelle ha funzionato benissimo, se non altro come formidabile “gatekeeper” per drenare e canalizzare il dissenso, contenendolo nei binari della prassi democratica.
Ma a che prezzo? E a vantaggio di chi?
Se la lucidità del “popolo grillino” deve anche fatalmente fare i conti con la passione fisiologica che travolge ogni genuina tifoseria, laddove si pretende che le proprie pecche siano sempre deformate, ingigantite e strumentalizzate dal perfido nemico, diabolico per definizione, i soliti implacabili sondaggi (ovviamente gestiti dallo stesso mainstream) si divertono a rilevare un calo dei consensi, a partire dall’agonia romana per arrivare all’harakiri di Strasburgo.
L’inizio della fine?
Di fatto, quasi un elettore italiano su tre ha manifestato – votando 5 Stelle – la propria volontà di radere al suolo un sistema letteralmente marcio, chiedendo essenzialmente aria pulita.
Il calo della “pazienza” di molti elettori può segnalare il tramonto di una leadership solo in apparenza democratica, ma in realtà piuttosto “sovietica”?
E il disastro del Parlamento Europeo – con gli stessi liberali ultra-euro che, in extremis, sconfessano il patto segreto con Grillo – costringerà il “popolo” pentastellato a domandarsi, finalmente, che Europa vuole e come intende arrivarci, per mettere in sicurezza l’Italia, cestinando i comodi slogan tattici dei vari Di Battista contro le piccole caste e il piccolo malaffare delle banche?
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