La crisi dell'Europa

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soloo42001
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Re: La crisi dell'Europa

Messaggio da soloo42001 »

camillobenso ha scritto:
iospero ha scritto:IlFattoQuotidiano.it / BLOG / di Caterina Soffici
ZONAEURO
Brexit, un voto populista che danneggia solo il popolo

Questo voto non è solo contro Bruxelles ma contro le élite. E’ la rabbia che viene dalla pancia delle gente. E’ la rabbia della parte debole della società contro quella forte. Ma il risultato sarà proprio l’opposto di quello che si voleva.

Il voto è chiarissimo. Ha votato Leave la ex classe operaia. Hanno votato Leave le aree più depresse del Paese, il Nord Est specialmente e le ex città industrializzate che non lo sono più, come Portsmouth o Southampton. La mappa geografica che porterà la Gran Bretagna fuori dall’Unione Europa non lascia dubbi. Le grandi città (Manchester, Leeds, Liverpool) hanno votato per rimanere, insieme a Londra, il più grande bacino di voti pro Ue insieme alla Scozia. Ma questi voti non sono bastati al Remain, perché anche nella cosmopolita Londra, la città degli immigrati, nelle periferie il voto euroscettico è stato più alto del previsto.

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Perché? Perché nelle periferie non vivono più solo gli immigrati di ultima generazione ma anche la working class britannica, forzata a lasciare il centro della città vandalizzato e conquistato dai nuovi ricchi e dalla speculazione internazionale, che compra interi isolati e costruisce nuove case destinate agli investimenti di russi, cinesi e dei soldi da ogni parte del mondo. Case vuote, sfitte, carissime, che gli inglesi guardano con sempre più odio.

Così è stato un voto di rabbia. Ma chi ha votato si è fatto affascinare dalle chimere di personaggi come Nigel Farage, che hanno sventolato svariati specchietti per le allodole. A cominciare dallo spauracchio dell’immigrazione dall’Ue, quando la percentuale più alta dell’immigrazione l’anno scorso non è stata dall’Europa.

Stamani Farage inneggiava a un fantomatico “Independence Day”, ma già metteva le mani avanti sui famosi 350 milioni di sterline a settimana che la Gran Bretagna pompava a Bruxelles invece che nel Servizio Sanitario Nazionale. Uno dei suoi cavalli di battaglia, lo slogan stampato a lettere cubitali sul bus con cui ha girato il Regno Unito, alla prova dei fatti è una balla colossale.

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E una balla colossale è anche questo radioso futuro fuori dall’Ue che i fautori del Leave hanno promesso alla gente. Da stamattina alle 6, quando il risultato è stato certo, la Gran Bretagna è diventata una Piccola Bretagna. Ha votato Leave chi è ai margini della società e pensava di non aver niente da perdere. E si è sbagliato di grosso. Il risultato è che si è aperta una crisi di governo, la sterlina è già andata a picco (rendendo ogni inglese un po’ più povero), la Gran Bretagna che aveva una economia in crescita e il tasso di disoccupazione metà della media europea si appresta a entrare in un periodo di instabilità e di probabile recessione economica che non colpirà le odiate élite ma proprio il popolo.

Perché nel mondo globalizzato i soldi di muovono. E le élite spostano i soldi premendo un tasto di computer. Mentre gli operai di East Lindsay, che per il 70,7 per cento hanno votato Leave, non potranno spostarsi. Rimarranno lì, intrappolati nelle loro umide case, in un paese più povero, più isolato e la ricchezza si concentrerà ancora di più nella City degli Hedge Fund, dell’alta e spericolata finanza che ha votato in massa per il Leave, perché così potrà operare ancora più spericolatamente fuori dalle regole imposte dalla Bce e votare delle leggi che permetteranno ai grandi capitali di aggirare le normative fiscali con sempre più sofisticati sistemi di elusione (leggasi evasione fiscale legalizzata).

Ancora una volta sarà la festa di pochi e la disgrazia di molti. Ma sentiremo tutto il giorno e i giorni a venire lo strombazzare dei populisti (Farage, Le Pen, Salvini e compagnia urlante) che grideranno vittoria in nome di un popolo che invece viene gabbato e bastonato. La Piccola Bretagna, perché così dovremo chiamarla da ora in poi, diventerà un cittadella finanziaria sul modello di Singapore, Hong Kong. O peggio ancora come la Svizzera, dove il visto di ingresso verrà concesso a punti e ci sarà posto solo per un’immigrazione razzista, in base al conto in banca. Per i ricchi le porte saranno sempre aperte. A farne le spese sarà solo il popolo che ha votato pensando di danneggiare le élite.

In questo disastro c’è comunque una nota positiva. Vedere la democrazia al lavoro è sempre un bello spettacolo. Il popolo britannico ha votato e il premier Cameron, che sul Remain aveva messo la faccia, si è dimesso. Nonostante non lo avesse promesso prima del referendum e nonostante gli 84 parlamentari conservatori euroscettici gli avessero rinnovato la fiducia. Così funziona la democrazia. Violenta a volte, ma sempre grandiosa.



Questo voto non è solo contro Bruxelles ma contro le élite. E’ la rabbia che viene dalla pancia delle gente. E’ la rabbia della parte debole della società contro quella forte. Ma il risultato sarà proprio l’opposto di quello che si voleva.

Caterina Soffici



Quindi, la parte della società debole britannica, cosa avrebbe dovuto fare???

Accettare le imposizioni dell’elite forte di Bruxelles, che prende ordini dalla massoneria finanziaria, dalle lobby, dalla finanza, dalla malavita, come sostiene Gustavo Zagrebelsky????

Avrebbero dovuto accettare passivamente il Transatlantic Trade and Investment Partnership, TTIP, in cui è stato dedicato un 3D nel forum???

Accettare vagonate di carne trattata con ormoni, Ogm, e pesticidi, solo per far ingrassare i conti delle company a stelle e strisce????

Trasformare la scuola pubblica in privata???

Trasformare la sanità da pubblica in privata???

Cancellare il Welfare, che è costato anni di lotte sociali solo per aderire al neoliberismo a stelle e strisce???

Cosa avrebbero dovuto fare dici.
Prima di tutto capire e riconoscere che il Liberismo viene proprio da casa loro.
Non da Bruxelles.

Dopodiche' gli inglesi sono quelli che per primi non volevano altro che uno spazio di libero scambio.
Hanno per primi affossato il sogno UE.
Dagli anni 80 con la Tatcher e i should "nou nou nou".

Meglio perderli a questo punto.
Il problema e' oggi la Germania.
Non vedono altro che I loro interessi.

Soloo42001
soloo42001
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Re: La crisi dell'Europa

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camillobenso ha scritto:
iospero ha scritto:IlFattoQuotidiano.it / BLOG / di Caterina Soffici
ZONAEURO
Brexit, un voto populista che danneggia solo il popolo

Questo voto non è solo contro Bruxelles ma contro le élite. E’ la rabbia che viene dalla pancia delle gente. E’ la rabbia della parte debole della società contro quella forte. Ma il risultato sarà proprio l’opposto di quello che si voleva.

Il voto è chiarissimo. Ha votato Leave la ex classe operaia. Hanno votato Leave le aree più depresse del Paese, il Nord Est specialmente e le ex città industrializzate che non lo sono più, come Portsmouth o Southampton. La mappa geografica che porterà la Gran Bretagna fuori dall’Unione Europa non lascia dubbi. Le grandi città (Manchester, Leeds, Liverpool) hanno votato per rimanere, insieme a Londra, il più grande bacino di voti pro Ue insieme alla Scozia. Ma questi voti non sono bastati al Remain, perché anche nella cosmopolita Londra, la città degli immigrati, nelle periferie il voto euroscettico è stato più alto del previsto.

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Perché? Perché nelle periferie non vivono più solo gli immigrati di ultima generazione ma anche la working class britannica, forzata a lasciare il centro della città vandalizzato e conquistato dai nuovi ricchi e dalla speculazione internazionale, che compra interi isolati e costruisce nuove case destinate agli investimenti di russi, cinesi e dei soldi da ogni parte del mondo. Case vuote, sfitte, carissime, che gli inglesi guardano con sempre più odio.

Così è stato un voto di rabbia. Ma chi ha votato si è fatto affascinare dalle chimere di personaggi come Nigel Farage, che hanno sventolato svariati specchietti per le allodole. A cominciare dallo spauracchio dell’immigrazione dall’Ue, quando la percentuale più alta dell’immigrazione l’anno scorso non è stata dall’Europa.

Stamani Farage inneggiava a un fantomatico “Independence Day”, ma già metteva le mani avanti sui famosi 350 milioni di sterline a settimana che la Gran Bretagna pompava a Bruxelles invece che nel Servizio Sanitario Nazionale. Uno dei suoi cavalli di battaglia, lo slogan stampato a lettere cubitali sul bus con cui ha girato il Regno Unito, alla prova dei fatti è una balla colossale.

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E una balla colossale è anche questo radioso futuro fuori dall’Ue che i fautori del Leave hanno promesso alla gente. Da stamattina alle 6, quando il risultato è stato certo, la Gran Bretagna è diventata una Piccola Bretagna. Ha votato Leave chi è ai margini della società e pensava di non aver niente da perdere. E si è sbagliato di grosso. Il risultato è che si è aperta una crisi di governo, la sterlina è già andata a picco (rendendo ogni inglese un po’ più povero), la Gran Bretagna che aveva una economia in crescita e il tasso di disoccupazione metà della media europea si appresta a entrare in un periodo di instabilità e di probabile recessione economica che non colpirà le odiate élite ma proprio il popolo.

Perché nel mondo globalizzato i soldi di muovono. E le élite spostano i soldi premendo un tasto di computer. Mentre gli operai di East Lindsay, che per il 70,7 per cento hanno votato Leave, non potranno spostarsi. Rimarranno lì, intrappolati nelle loro umide case, in un paese più povero, più isolato e la ricchezza si concentrerà ancora di più nella City degli Hedge Fund, dell’alta e spericolata finanza che ha votato in massa per il Leave, perché così potrà operare ancora più spericolatamente fuori dalle regole imposte dalla Bce e votare delle leggi che permetteranno ai grandi capitali di aggirare le normative fiscali con sempre più sofisticati sistemi di elusione (leggasi evasione fiscale legalizzata).

Ancora una volta sarà la festa di pochi e la disgrazia di molti. Ma sentiremo tutto il giorno e i giorni a venire lo strombazzare dei populisti (Farage, Le Pen, Salvini e compagnia urlante) che grideranno vittoria in nome di un popolo che invece viene gabbato e bastonato. La Piccola Bretagna, perché così dovremo chiamarla da ora in poi, diventerà un cittadella finanziaria sul modello di Singapore, Hong Kong. O peggio ancora come la Svizzera, dove il visto di ingresso verrà concesso a punti e ci sarà posto solo per un’immigrazione razzista, in base al conto in banca. Per i ricchi le porte saranno sempre aperte. A farne le spese sarà solo il popolo che ha votato pensando di danneggiare le élite.

In questo disastro c’è comunque una nota positiva. Vedere la democrazia al lavoro è sempre un bello spettacolo. Il popolo britannico ha votato e il premier Cameron, che sul Remain aveva messo la faccia, si è dimesso. Nonostante non lo avesse promesso prima del referendum e nonostante gli 84 parlamentari conservatori euroscettici gli avessero rinnovato la fiducia. Così funziona la democrazia. Violenta a volte, ma sempre grandiosa.



Questo voto non è solo contro Bruxelles ma contro le élite. E’ la rabbia che viene dalla pancia delle gente. E’ la rabbia della parte debole della società contro quella forte. Ma il risultato sarà proprio l’opposto di quello che si voleva.

Caterina Soffici



Quindi, la parte della società debole britannica, cosa avrebbe dovuto fare???

Accettare le imposizioni dell’elite forte di Bruxelles, che prende ordini dalla massoneria finanziaria, dalle lobby, dalla finanza, dalla malavita, come sostiene Gustavo Zagrebelsky????

Avrebbero dovuto accettare passivamente il Transatlantic Trade and Investment Partnership, TTIP, in cui è stato dedicato un 3D nel forum???

Accettare vagonate di carne trattata con ormoni, Ogm, e pesticidi, solo per far ingrassare i conti delle company a stelle e strisce????

Trasformare la scuola pubblica in privata???

Trasformare la sanità da pubblica in privata???

Cancellare il Welfare, che è costato anni di lotte sociali solo per aderire al neoliberismo a stelle e strisce???

Cosa avrebbero dovuto fare dici.
Prima di tutto capire e riconoscere che il Liberismo viene proprio da casa loro.
Non da Bruxelles.

Dopodiche' gli inglesi sono quelli che per primi non volevano altro che uno spazio di libero scambio.
Hanno per primi affossato il sogno UE.
Dagli anni 80 con la Tatcher e i should "nou nou nou".

Meglio perderli a questo punto.
Il problema e' oggi la Germania.
Non vedono altro che I loro interessi.

Soloo42001
camillobenso
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Re: La crisi dell'Europa

Messaggio da camillobenso »

Cosa avrebbero dovuto fare dici.
Prima di tutto capire e riconoscere che il Liberismo viene proprio da casa loro.
Non da Bruxelles.

Dopodiche' gli inglesi sono quelli che per primi non volevano altro che uno spazio di libero scambio.
Hanno per primi affossato il sogno UE.
Dagli anni 80 con la Tatcher e i should "nou nou nou".

Meglio perderli a questo punto.
Il problema e' oggi la Germania.
Non vedono altro che I loro interessi.


Soloo42001




Ha scritto Davanzati su Micromega, poi riportato nel sito di LIBRE:

Ridurre i costi della politica e accelerare i tempi di decisione. Sono i due obiettivi agitati da Renzi in vista del referendum sulla “rottamazione” della Costituzione, ma in realtà – ricorda Guglielmo Forges Davanzati – sono la traduzione perfetta dei diktat enunciati nel 2013 da un colosso finanziario come la Jp Morgan, che condanna l’impronta ancora “socialista” della nostra Carta, laddove lascia allo Stato anche funzioni di programmazione economica. Da Renzi, solo propaganda. Tagliare i costi della politica? «Non si capisce per quale ragione non farlo – in modo estremamente più semplice – attraverso l’attuazione delle numerosissime proposte di riduzione degli stipendi e degli emolumenti di chi ci rappresenta». I futuri senatori non saranno più pagati in qualità di membri del Senato? Vero, però «le medesime indennità le percepiranno dalle istituzioni da cui sono espressi». Costi, peraltro, «assolutamente marginali rispetto ai costi che i cittadini italiani (in particolare, i lavoratori dipendenti e le piccole imprese) sostengono per una tassazione che serve solo in misura marginale a pagare il ceto politico».

L’attuale super-tassazione, continua Davanzati in una riflessione su “Micromega”, «serve semmai a generare avanzi di bilancio», prescritti dall’euro-politica Ue (pareggio di bilancio) che, di questo passo, “amazza” lo Stato impedendogli di investire e, di conseguenza, stronca l’economia privata, aziende e famiglie.

Omissis

La Costituzione che si intende ridisegnare è «finalizzata a rendere l’economia italiana più attrattiva per gli investitori esteri», in coerenza con la logica della globalizzazione, che però «è in radicale contrasto con la tutela dei diritti, in particolare dei diritti sociali».



Monti e Letta sono due esponenti dei poteri forti. Monti ha iniziato a fare la sua parte con la Legge Fornero.

Con Letta si ha l’impressione che fosse restio ad applicare le direttive della JP Morgan.

Quindi ecco che compare il nuovo avventuriero, Mussoloni da Rignano, che per soddisfare la sua sete di protagonismo non esita a fottere 60 milioni di italiani.

Appena arrivato, toglie l’articolo 18 e subito dopo vola a Berlino per portare il trofeo alla zia Merkellona, una delle rappresentati dei poteri forti d’Oltre Atlantico.

Poi, punta tutto sul dictat del 2013 della JP Morgan. Cambiare la Costituzione e renderla accettabile ai suoi padroni d’Oltre Atlantico.

La sua mission è questa. Come per Monti è stata la Fornero.

Bruxsselles è in mano all’elite dei poteri forti.

Non è un caso che sta andando avanti da mesi il TTIP.

Un trattato che serve solo alle multinazionali dell’Oltre Atlantico.


La Thatcher, che tu accennavi, come signora e regina del libero scambio è un prodotto dei poteri forti dell’epoca.

massoneria e circoli segreti - Disinformazione.it
www.disinformazione.it/circolo%20pinay.htm
Fra le altre cose esso rivendica il merito di aver pilotato l'elezione di Margaret Thatcher in UK. Il decennio degli anni '70 è stato un bel periodo caratterizzato da ...
http://www.disinformazione.it/circolo%20pinay.htm



Ha scritto Marcello Foa:

Un voto che costringerà l’Unione Europea a gettare la maschera di fronte a un’Europa diversa, autentica, che molti pensavano defunta e che invece è forte e vitale, quella dei popoli. Alla faccia delle élite.
camillobenso
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Re: La crisi dell'Europa

Messaggio da camillobenso »

Brexit, Juncker: “Non sarà un divorzio consensuale. Non si rafforzerà asse Parigi-Roma-Madrid a danno di Berlino”
Zonaeuro
Il presidente della Commissione europea ha ribadito che i negoziati per l'uscita del Regno Unito devono essere avviati "immediatamente": "Non capisco perché il governo britannico abbia bisogno di attendere fino a ottobre. I populismi? Presto dimostreremo che Londra stava meglio dentro l'Unione". Riunione dei ministri degli Esteri a Berlino. Gentiloni: "Serve politica comune su immigrazione". In Inghilterra Tory e Labour spaccati
di F. Q. | 25 giugno 2016
COMMENTI (322)

“Berlino rafforzerà il proprio ruolo dopo questo divorzio non consensuale”. “L’asse Parigi-Roma-Madrid non trarrà nessun vantaggio”. “Il fronte populista sparso negli altri stati membri non la spunterà”. Il giorno dopo il terremoto provocato dalla vittoria del “Brexit” al referendum inglese, l’Europa analizza i possibili scenari e prepara le contromisure per gestire l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea, che – come sottolineato a caldo dai vertici delle istituzioni comunitari – deve avvenire nel più breve tempo possibile.

Juncker: “Divorzio immediato”
Lo ha ribadito ancora oggi il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, in un’intervista alla tv pubblica tedesca Ard, nella quale ha sottolineato che quello tra l’Ue e Londra “non sarà un divorzio consensuale, ma non è stata neppure una grande storia d’amore”. Juncker ha chiesto che vengano subito avviati i negoziati per arrivare al definitivo “Leave”. E si è rivolto provocatoriamente (senza però citarlo) al premier inglese David Cameron che ha annunciato di volersi dimettersi a ottobre: “Non capisco perché il governo britannico abbia bisogno di attendere fino al mese di ottobre per decidere se inviare la lettera di divorzio a Bruxelles. Gradirei averla immediatamente”.



“Berlino rafforzerà il suo incarico”
In un’intervista al quotidiano tedesco Bild, il presidente della Commissione europea ha ipotizzato le varie strade che si aprono davanti all’Europa. Di sicuro, è convinto, la Brexit non rafforzerà il potere dell’asse Parigi-Roma-Madrid a danno di Berlino. Anzi, nel nuovo scenario di una Europa senza Regno Unito alla Germania spetterà probabilmente “un incarico ancora più importante”. Quello che Juncker teme di più è che adesso, con un precedente così “ingombrante”, si crei un effetto domino in tutto il continente, con altri Stati pronti a indire consultazioni per chiedere ai cittadini se vogliono o meno restare nell’Ue. Un’ipotesi non così remota. Visto che subito dopo l’esito del referendum inglese, i leader del fronte antieuropeo hanno annunciato di voler promuovere iniziative analoghe a quella che nel 2014 Cameron “concesse” in chiave anti-Farage: vedi Marine Le Pen in Francia, Matteo Salvini in Italia e Geert Wilders in Olanda. Per questo non si può escludere che “i populisti non si lascino scappare alcuna opportunità di diffondere la loro rumorosa politica antieuropea”, ha detto Juncker, convinto però la “molestia” del populismo euroscettico non avrà molto futuro, perché “presto” si dimostrerà che “il Regno Unito stava meglio dentro l’Ue, a livello economico, sociale e di politica estera”.

Riunione dei ministri degli Esteri a Berlino. Gentiloni: “Politica comune su immigrazione”
Intanto questa mattina a Berlino è stata convocata la riunione dei ministri degli Esteri dei sei Paesi fondatori dell’Unione europea (Italia, Germania, Francia, Olanda, Lussemburgo e Belgio) convocato ieri mattina dal ministro degli Esteri tedesco, Frank-Walter Steinmeier. Al’incontro partecipano Paolo Gentiloni per l’Italia, Jean-Marc Ayrault per la Francia, Bert Koenders per l’Olanda, Didier Reynders per il Belgio e Jean Asselborn per il Lussemburgo. Secondo il capo della Farnesina “una delle risposte che gli europei aspettano per dare una prospettiva al futuro dell’Europa riguarda la capacità di avere politiche comuni sull’immigrazione”. “L’Italia si aspetta che nel Consiglio Ue della prossima settimana si prendano decisioni rivelanti” in merito, ha aggiunto. Per il tedesco Frank-Walter Steinmeier sono invece “il lavoro e la crescita” le principali risposte che l’Europa dovrà dare per evitare una grande crisi dopo la Brexit, aggiungendo che “il processo per l’uscita della Gran Bretagna dall’Ue, secondo l’articolo 50 del trattato di Lisbona, deve essere avviato il più presto possibile, per poterci poi concentrare sul futuro dell’Europa”. Stedda linea dettata dal ministro francese Ayrault: “I negoziati devono iniziare immediatamente”.

Questa sera il primo ministro Matteo Renzi volerà a Parigi per una cena, “un incontro informale”, con il presidente francese Francois Hollande, che durante un faccia a faccia con il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-Moon, di aver “profondamente deplorato il voto britannico”, pur “rispettandolo perché questa è la democrazia”. Il summit più atteso è però quello di martedì a margine del Consiglio europeo tra i 27 stati membri, nel quale verranno prese le prime vere contromisure.

Cameron: “Preferisco lasciare ora, non voglio farmi il mazzo per sei mesi”. Ma poi prende tempo
Non solo in Europa, come era prevedibile, l’esito del referendum ha provocato un forte choc sul fronte politico interno inglese. Il premier conservatore Cameron – prima di annunciare le dimissioni di ottobre in diretta televisiva – avrebbe detto ai suoi: “Perché mi devo fare il mazzo? Preferisco dimettermi ora invece di lavorare sulla Brexit per sei mesi e poi regalarla già pronta a un mio avversario”. Parole forti, colorite da un’espressione volgare che, secondo i media britannici, rivelano lo stato d’animo del premier nelle ore successive alla batosta sulla Brexit. Intanto il Times ha riportato la notizia di una fronda interna al partito conservatore per evitare che Boris Johnson diventi il leader e primo ministro. “La trovo un’ipotesi da escludere nella maniera più assoluta”, ha dichiarato una fonte Tory al quotidiano. Un partito spaccato.

Labour spaccato, pronta mozione di sfiducia contro Corbyn
Situazione analoga a quella che sta vivendo il Labour Party, accusato di non aver condotto una campagna referendaria convincente a favore del “Remain”, tanto che, mappe alla mano, anche le storiche roccaforti rosse del Regno Unito – tradizionalmente europeiste – hanno votato contro Bruxelles. Il leader dei laburisti britannici Jeremy Corbyn ha tenuto discorso sul “futuro del Labour e su quale strada dovrà prendere il partito”: “Il referendum sulla Brexit ha rivelato che la Gran Bretagna è molto divisa. Dobbiamo imparare una lezione da quello che è successo negli ultimi giorni”, ha aggiunto durante il suo discorso da Londra. Le critiche al leader laburista britannico – contro il quale si prepara una mozione di sfiducia interna – intanto non si placano: questa mattina è stata la volta del deputato Frank Field, secondo il quale il leader del suo partito dovrebbe approfittare dell’occasione del suo intervento pubblico per annunciare la propria rinuncia. Ma Corbyn ieri ha messo in chiaro che non intende lasciare: “No, vado avanti”, ha dichiarato a Channel 4 News. “Voglio perorare la causa dell’unità, di ciò che il Labour può offrire alla Gran Bretagna, di alloggi decenti, di buoni e sicuri posti di lavoro, dello scambio commerciale con l’Europa e con altre parti del mondo”.

Blair: “E’ stato troppo tiepido riguardo alla permanenza”
Anche l’ex primo ministro Tony Blair non ha risparmiato critiche a Corbyn accusando in un intervento sul New York Times di essere stato troppo “tiepido”: “I sostenitori laburisti non hanno ricevuto un chiaro messaggio dal proprio partito, il cui leader, Jeremy Corbyn, è stato tiepido quanto alla permanenza nell’Unione. Sono stati attratti dalla promessa della campagna per il ‘Leave’ secondo cui la Brexit avrebbe potuto mettere fine ai problemi di immigrazione percepiti nel paese. Preoccupati per i loro redditi e i tagli alla spesa pubblica, gli elettori laburisti hanno visto il voto come un’occasione per far passare una protesta anti-governativa”.
camillobenso
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Re: La crisi dell'Europa

Messaggio da camillobenso »

PER LA MIA GENERAZIONE E' DIFFICILE PENSARE CHE LA DESTRA SI ESPRIMA IN QUESTO MODO:




25 GIU 2016 10:34
1. CIAO CIAO MERKEL, NON STIAMO PIÙ AI TUOI ORDINI. ADDIO ALL’EUROPA DEL QUARTO REICH

2. “L'UNIONE MONETARIA NON È STATA PROGETTATA PER FARE TUTTI CONTENTI: È STATA PROGETTATA PER FAR CONTENTA LA GERMANIA”, DICEVA IL PREMIO NOBEL PAUL KRUGMAN. NEL 2011 PRODI, CHE FIRMO' IL PATTO UE, AMMISE: ''GRAZIE ALL'EURO LA GERMANIA È PIÙ POTENTE"

3. L’UE È STATA COSTRUITA VOLUTAMENTE COSÌ PER IMPORRE SCELTE IMPOPOLARI CHE NESSUN PARLAMENTO ELETTO DAI CITTADINI POTREBBE MAI APPROVARE. PER QUESTO VENGONO SPOGLIATI GLI STATI DI DENARI E DI POTERI, DI CAPACITÀ DECISIONALE E DI POSSIBILITÀ DI INTERVENTO, DI INDUSTRIE E DI MONETA, MESSI IN GINOCCHIO, INCATENATI AL FISCAL COMPACT, COSTRETTI A OBBEDIRE AGLI ORDINI CHE ARRIVANO DA BERLINO VIA BRUXELLES




Mario Giordano per Liberoquotidiano.it


Ciao ciao Merkel. Noi non ci stiamo più. Non stiamo più ai tuoi ordini, non stiamo più ai tuoi piedi, non accettiamo di essere ridotti a servi del Quarto Reich in salsa di Bruxelles. L' urlo che si leva dalle urne inglesi risuona ovunque nell' Europa dei popoli che non hanno mai accettato l' Anschluss mascherata, il dominio germanico travestito da Juncker, il tallone della Wermacht finanziaria che si nasconde dietro le grisaglie e le direttive Ue. Schiavi di Berlino Iddio non ci creò. E per questo ancora una volta guardiamo con speranza alla vittoria inglese, proprio come ai tempi degli eroi della Raf. E Radio Londra torna a essere la voce della libertà.

LA FOTO VIGNETTA DI DAGOSPIA, SULLE V2, E' DA VEDERE

http://www.dagospia.com/rubrica-3/polit ... 127520.htm


Il 23 giugno in Gran Bretagna è stata sconfitta l' Europa. O meglio: è stata sconfitta l' idea sbagliata di Europa, una costruzione sballata e volutamente falsata, un castello che doveva essere il luogo dei sogni e invece è diventata soltanto una prigione. Non solo per gli inglesi, ma ancor più di noi che a differenza loro dobbiamo pure sopportare il giogo più odioso della dittatura: l'euro.


«L' Unione monetaria non è stata progettata per fare tutti contenti: è stata progettata per far contenta la Germania», diceva il premio Nobel per l' economia Paul Krugman. E i leader italiani che siglarono quei patti scellerati lo sapevano benissimo: «Grazie all' euro la Germania è più potente e più forte», ha ammesso candidamente nel 2011 Romano Prodi. Ipotesi confermata, del resto, dal medesimo Helmut Kohl, il papà tedesco dell' Ue, che nella primavera 2013 ha confessato: «Ho agito da dittatore per portare l' euro».
Per fortuna, però, prima o poi i popoli liberi si ribellano ai dittatori. Il dubbio era già venuto, nel novembre 2011, a Le Monde: «L' Europa finirà come l' Unione Sovietica?», si chiedeva il quotidiano francese.
prodi dalema veltroni ciampi visco festeggiano l'ingresso nell'Euro


Allora sembrava un paragone impossibile. Oggi un po' di meno. Pensateci: nell' Ue il governo è un politburo di non eletti, proprio come l' Urss; nell' Ue il Parlamento è ridotto a sfogatoio, proprio come nell' Urss; nell' Ue si promette più equità e invece si aumentano le differenze, proprio come nell' Urss. «Per quasi 50 anni», ha detto un dissidente russo, lo scrittore Vladimir Bukovskij, «abbiamo vissuto un grande pericolo sotto l' Unione Sovietica.
Poi abbiamo visto la bestia contorcersi e morire sotto i nostri occhi. Ma invece di esserne felici siamo andati a creare un altro mostro, straordinariamente simile a quello appena seppellito». E per chi sgarra c' è poco spazio: «La Mosca bolscevica aveva l' Armata Rossa - dice ancora Bukovskij - qui si usa la finanza per sedare le rivolte».


Ma sì: l' Europa, proprio come l' Unione Sovietica, esiste in quanto antidemocratica. È stata costruita volutamente così per imporre scelte impopolari che nessun Parlamento eletto dai cittadini potrebbe mai approvare. Per scaricare su lavoratori e pensionati i costi delle crisi, salvando le banche e i salotti buoni della finanza. Per questo vengono spogliati gli Stati. Vengono spogliati di denari e di poteri, di capacità decisionale e di possibilità di intervento, di industrie e di moneta, di visione e di decisione. Vengono messi in ginocchio, incatenati al fiscal compact, costretti a obbedire agli ordini che arrivano da Berlino via Bruxelles. In questo modo qualsiasi austerity, qualsiasi taglio delle pensioni, qualsiasi legge Fornero, può essere approvata.


Questa è la nuova Unione Sovietica. O, se preferite, il Quarto Reich in salsa di Bruxelles. Questa è la costruzione antidemocratica e oppressiva che oggi il voto inglese fa vacillare. Un' Europa dove il popolo non è più sovrano, perché di sovrano c' è solo il debito. Un' Europa astratta, preoccupata della contabilità e non della vita reale, della lunghezza delle banane e non dei pensionati che muoiono di fame, della circonferenza dei piselli e non dei risparmiatori che si tolgono la vita. Vittima di un razzismo imperante che si chiama rating, dimentica dei suoi valori, della sua storia, della sua civiltà, pronta a cancellare le differenze dei popoli in nome di un asettico egualitarismo, pronta a calpestare le sue radici in nome di un tasso d' interesse voluto dalla Bundesbank. Pronta a massacrare i suoi figli. Proprio come il Quarto Reich. Proprio come l' Urss.


Può stare in piedi un mostro di questo genere? Per carità: il sogno europeo è bellissimo, ce l' abbiamo avuto tutti, siamo cresciuti disegnando i bambini italiani, tedeschi e francesi che si danno la mano, che fanno il girotondo perché si vogliono bene, ci hanno riempito la testa con la retorica del continente che garantisce la pace. Ma quella che abbiamo costruito non è l' Europa dei sogni e non è nemmeno l' Europa della pace: è una macchina infernale e a volte addirittura criminale, che affama, opprime, lacera e distrugge il futuro. E contro cui è giusto ribellarsi, come hanno fatto gli inglesi, in nome della vita e della libertà.


L' Europa finirà come l' Unione Sovietica? Forse Le Monde aveva azzeccato la domanda. Fino a qualche ora fa appariva impossibile, ma in fondo anche il crollo dell' Urss appariva impossibile finché non sono arrivati glasnost e perestrojka. Il voto della Gran Bretagna è la nostra glasnost, un abbozzo di perestrojka, un segnale di speranza per tutto il continente.


Perché, vedete, come scriveva il professor Alberto Bagnai nel Tramonto dell' euro, quattro anni fa: «Sono stanco di discutere di vantaggi e svantaggi della moneta unica. Se anche fuori dall' euro ci fosse un baratro economico, se anche l' uscita ci consegnasse, come pretendono certi strampalati disinformatori, alle sette piaghe d' Egitto, sarebbe comunque dovere morale e civile di ogni italiano opporsi al simbolo di un regime che ha fatto della crisi economica un metodo di governo, che ha eletto a propria bandiera la deliberata ed esplicita e rivendicata soppressione del dibattito democratico».
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Re: La crisi dell'Europa

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QUANDO SI PARLA DI MERCATI. CI SI RIFERISCE AI MERCATI FINANZIARI.

IL MERCATO FINANZIARIO E' COMPLETAMENTE MUTATO RISPETTO A 30 ANNI FA, QUANDO LE AZIENDE SI QUOTAVANO IN BORSA.

LA TRASFORMAZIONE HA VISTO PREVALENTEMENTE AFFERMARSI IL MERCATO DELLA SPECULAZIONE.

MONTAGNE DI SOLDI IMPRODUTTIVI, DESTINATI SOLO ALL'ARRICCHIMENTO PERSONALE.

LE POCHE AZIENDE PRODUTTIVE ITALIANE, RARAMENTE CERCANO UN POLMONE PER SOPRAVVIVERE ATTRAVERSO LA SPECULAZIONE DI MERCATO.

ALTRIMENTI, COME FECERO MOLTI 30 ANNI FA, CHIUSERO LE AZIENDE E SI DEDICARONO INTERAMENTE ALLA SPECULAZIONE.

PER AVERE UN IDEA DELLA SPECULAZIONE, CHE IN SOSTANZA EQUIVALE AL GIOCO D'AZZARDO, VEDERE QUALCHE POST PIU' SOPRA CON LE SPEIGAZIONI DI WIKIPEDIA.



L'analisi di Paolo Fior

Brexit, per i mercati sarà un’estate bollente. E il conto del divorzio lo pagheranno i Paesi deboli come l’Italia
Economia

I tempi per recidere i legami tra Gran Bretagna e Ue saranno lunghi e nei prossimi mesi dominerà l'incertezza. I cui effetti si stanno già scaricando sulle banche e si ripercuoteranno poi anche sull'economia reale. L’indebolimento dell’euro, che dovrebbe giocare a favore del nostro export, sembra riflettere invece le attese di un rallentamento della crescita già flebile
24 giugno 2016
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Ora che come si suol dire “il dado è tratto”, l’opzione più indolore per Europa e Gran Bretagna è quella di recidere il più in fretta possibile ogni legame negoziando a tempo record nuovi accordi. Purtroppo però le opzioni migliori non sono quasi mai praticabili: i tempi saranno inevitabilmente lunghi anche perché nel Regno Unito (per quanto?) si è aperta una crisi politica che terrà in scacco il Paese per tutta l’estate e forse anche oltre, perché non si tratta solo di sostituire il primo ministro ma di avere idee molto chiare sulla direzione da prendere ora che hanno deciso di abbandonare l’Unione Europea. E su questo non sembra che le idee siano molto chiare. La Brexit ha poi (ri)aperto ferite profonde, con la Scozia che non ha affatto condiviso la decisione di uscire dalla Ue (come del resto l’Irlanda del Nord e Gibilterra) e che sembra intenzionata a rivendicare nuovamente la sua indipendenza. Spinte centrifughe che non si limitano naturalmente all’arcipelago britannico.

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La vittoria della Brexit ha infatti dato nuova forza ai movimenti antieuropeisti dell’Europa continentale, mettendo ulteriormente a nudo se ce ne fosse ancora bisogno la fragilità e i limiti politici della costruzione europea. Tutto questo si traduce in un’unica parola, che ai mercati non piace per niente e agli speculatori piace invece moltissimo: incertezza. Il venerdì nero, purtroppo, non è che un antipasto e il conto di qui ai prossimi mesi rischia di essere molto salato non solo per gli investitori. Già nei prossimi giorni i mercati potrebbero rimbalzare dai minimi toccati venerdì, ma quando le due maggiori banche italiane (per non parlare delle altre) perdono quasi un quarto della loro capitalizzazione in una sola seduta e la Borsa italiana chiude in calo di oltre il 12%, non si può pensare a un infortunio passeggero dettato dall’emotività e destinato a rimanere privo di effetti sul resto dell’economia.

Il crollo delle borse dell’Europa meridionale (anche Madrid e Atene hanno chiuso malissimo, molto peggio di Londra, Parigi e Francoforte) segnala ancora una volta come la Brexit abbia nuovamente fatto scattare le scommesse contro l’euro che si scaricano soprattutto sulle borse e sui titoli bancari che non godono direttamente della “rete di protezione” stesa dalla Bce e dalle altre istituzioni finanziarie. Il sistema è certamente più forte rispetto allo scoppio della crisi finanziaria del 2008 e il coordinamento tra istituzioni finanziarie e banche centrali ha contribuito (e contribuirà nel prossimo futuro) a limitare gli effetti delle turbolenze finanziarie soprattutto dal punto di vista del rischio sistemico, ma a lungo andare la pressione sulle banche rischia di essere insostenibile e – nonostante tutta la liquidità pompata nel sistema dalla Bce – finirà con il riflettersi sull’economia reale.

Si pensi in un contesto del genere cosa significa per un istituto come Unicredit non aver ancora individuato un sostituto dell’amministratore delegato dimissionario Federico Ghizzoni: a incertezza si somma incertezza per una banca che potrebbe essere chiamata presto a varare un aumento di capitale con un titolo che rischia di sfondare al ribasso quota 2 euro (venerdì ha chiuso a 2,07 euro). Tutto ciò rischia di avere riflessi molto profondi e molto negativi sulla nostra poco florida e dinamica economia a dispetto della liquidità che l’Eurotower immette nel sistema (giusto in pieno venerdì nero ha distribuito 400 miliardi alle banche sotto forma di prestiti di lungo termine a tassi sottozero).

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E l’indebolimento dell’euro, che teoricamente dovrebbe giocare a favore della Ue e del nostro export, sembra riflettere invece le attese di un indebolimento complessivo dell’economia, la cui ripresa in questa prima metà dell’anno è parsa molto flebile. L’incertezza sulle sorti dell’euro e dell’Unione avranno inoltre l’effetto di frenare ulteriormente gli investimenti, soprattutto nei Paesi più deboli come l’Italia e la Spagna e anche questo nei mesi a venire si farà sentire sull’economia, così come la probabile frenata dei consumi. Da qualunque parte la si voglia guardare, la situazione appare pessima e poco conta se a subire le conseguenze più pesanti di questo divorzio sarà con ogni probabilità Londra, la cui industria dei servizi finanziari così come il suo status di maggiore piazza finanziaria europea rischia di subire un pesante ridimensionamento già in questa primissima fase (molte banche e istituzioni finanziarie potrebbero avviare a breve il trasferimento di gran parte delle attività in Irlanda e nell’Europa continentale, perché da Londra diverrebbe impossibile vendere prodotti finanziari in ottemperanza alle direttive comunitarie).

Il prezzo del divorzio lo pagheremo da subito anche noi. L’estate si preannuncia davvero calda, con il termometro dei mercati pronto a oscillare violentemente al minimo segnale (questo fine settimana ad esempio si rivota in Spagna, dove da sei mesi non c’è un governo). E da settembre si inizierà a ballare anche al ritmo del nostro referendum costituzionale e poi a quello delle presidenziali americane. E’ evidente che tutto ciò non potrà avere riflessi positivi sulla crescita e parte del conto potrebbe arrivare già con la prossima legge di Stabilità. Resta da capire se tutto questo ci insegnerà qualcosa o se invece, a dispetto dell’evidenza, da noi come in Francia e nei Paesi Bassi si rafforzerà ulteriormente il coro di quelli che vogliono “l’exit” per vedere l’effetto che fa.


http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/06 ... a/2858466/
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Re: La crisi dell'Europa

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PERCHE' FINO ADESSO COSA ABBIAMO SUBITO????





Brexit, l’economista Giulio Sapelli: “Adesso subiremo il dominio senza cuore della Germania”
Zonaeuro

"La Germania prenderà sicuramente il comando sia internamente, cosa che ha già fatto, sia in politica estera, visto che la Francia è uno Stato in decadenza" dice il docente di Storia economica all’Università degli Studi di Milano al fattoquotidiano.it. "Il popolo non può votare su tematiche del genere, non ne ha le competenze. Stento a credere alla democrazia parlamentare, figuriamoci su quella diretta. Non si può fare un referendum sulla Brexit"
di Gianni Rosini | 25 giugno 2016
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“La Brexit ha ristabilito l’ordine naturale delle cose. La Gran Bretagna è un Paese transatlantico, non ha niente a che vedere con l’Europa”. Secondo il professor Giulio Sapelli, docente di Storia economica all’Università degli Studi di Milano, l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea apre scenari preoccupanti non tanto per la perdita di un membro tra i più importanti dell’Ue, ma per come, adesso, sarà gestito il ribilanciamento dei rapporti interni tra i Paesi membri. “Adesso – dice a Ilfattoquotidiano.it – subiremo il dominio senza cuore della Germania”.

Professore, quello di domenica può essere letto come un voto anti-austerity?
È esattamente il punto centrale della campagna elettorale in favore della Brexit. Abbiamo visto le conseguenze di questa politica: l’austerity ha strangolato la classe operaia e il ceto medio, risvegliando in loro sentimenti nazionalisti. Basta guardare i dati sul voto: la maggioranza dei favorevoli a un’uscita dall’Unione Europea vengono dalle città industriali e appartengono a ceti medio-bassi, quelli maggiormente colpiti dall’austerity che, in Europa, prende le sembianze della Germania e del governo di Angela Merkel.


La Gran Bretagna è comunque uno degli Stati meno colpiti dalle politiche imposte dalla Troika…
Perché secondo lei non hanno mai voluto l’Euro come moneta?
Sapevano che una moneta senza Stato, e l’Unione Europea al momento non sembra proprio averne le sembianze, è amministrata da tecnocrati, quelli che noi chiamiamo Troika. E comunque, questo voto non ha fatto altro che ristabilire il naturale ordine delle cose. Il Regno Unito è da sempre una nazione transatlantica, non ha niente a che vedere con l’Europa. L’abbiamo sempre voluto coinvolgere per la sua importanza storica e, soprattutto, economica: è la porta d’accesso alla finanza asiatica.

L’uscita di un membro così importante causerà però un ribilanciamento dei rapporti interni all’Ue?
Questa sarà la vera difficoltà da affrontare. La Germania prenderà sicuramente il comando sia internamente, cosa che ha già fatto, sia in politica estera, visto che la Francia è uno Stato in decadenza.

E allenterà la morsa dell’austerity?
Non assumeranno una leadership vera e propria, bensì prenderanno il comando, che è diverso. L’interesse nazionale continuerà a venire prima di quello dell’Unione. Continueranno con la loro politica dell’austerità che colpisce i lavoratori. Vi ricordate cosa hanno fatto alla Grecia? Vi ricordate le parole del Presidente della Commissione Europea, Jean-Claude Juncker? Disse che il voto greco non aveva importanza. Quello tedesco è un dominio senza cuore.


Questo voto ha gettato benzina sul fuoco del nazionalismo e dell’euroscetticismo interno all’Ue. Come si frena questa deriva che potrebbe portare a uno sgretolamento dell’Unione?
Per frenare i nazionalismi si devono riformare le istituzioni europee. In una situazione come quella attuale e con un risultato referendario del genere è normale che i nazionalismi risorgano. Per arginarli serve una ripresa delle forze socialiste che però devono prendere le distanze dal gruppo attuale, rappresentante della finanza internazionale. Stare in Europa così, effettivamente, non ha senso. Servono gli Stati socialisti d’Europa e la fine della politica di austerità. In un momento di difficoltà come questo dobbiamo giocare il carico se vogliamo salvare l’Unione Europea.

Come giudica la gestione del referendum da parte del premier britannico, David Cameron?
Ha gestito la situazione nel peggior modo possibile. Ha indetto un referendum così importante per fini elettorali, durante la campagna non si è mantenuto neutro ma si è apertamente schierato dalla parte del Remain ed è stato ripagato con la stessa moneta. È stato sconfitto da sé stesso.

Ma secondo lei è giusto indire un referendum su un tema così importante e complicato?
Assolutamente no. Il popolo non può votare su tematiche del genere, non ne ha le competenze. Stento a credere alla democrazia parlamentare, figuriamoci su quella diretta. Non si può fare un referendum sulla Brexit.

Twitter: @GianniRosini
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Re: La crisi dell'Europa

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Fazio ammette: "L'euro? Un fallimento"
L'ex governatore di Bankitalia vuota il sacco dopo dieci anni di silenzio
Antonio Signorini - Gio, 23/06/2016 - 08:33
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Roma - I numeri non mentono e quelli che Antonio Fazio, ex governatore della Banca d'Italia snocciola dopo dieci anni di silenzio dicono che il passaggio dalla libera all'euro non ha giovato all'Italia.

Le conclusioni non le tira direttamente, ma le fa dire a Joseph Stiglitz. «L'Euro è un'istituzione fallita».
Non ha deluso le aspettative Fazio. L'incontro organizzato dalla fondazione Formiche e dal team di comunicazione strategica Spin, coordinato da Andrea Camaiora, insieme a un pezzo di finanza bianca è stata l'occasione per togliersi alcuni sassolini dalle scarpe. Non sulle vicende personali, ma per dire che la prudenza ai tempi del passaggio alla moneta unica erano giusta.
Dopo dieci anni di silenzio a pochi giorni dagli 80 anni, si è presentato nella sala convegni del Centro studi americani con documenti, giornali e ha tenuto, in piedi una lezione di macroeconomia. Intanto per dire che la crisi non ha colpito tutti nello stesso modo. «Dal 2008 al 2015, il Pil degli Usa è cresciuto dell11%. Gli Stati uniti hanno puntato sul mercato il 23% del loro reddito nazionale. Li hanno recuperati quasi tutti». Il Regno unito che non sta nell'Euro ma nell'Ue «è cresciuto del 7%. La Germania che ha approfittato moltissimo della situazione del cambio ed è stata favorita, è cresciuta del 7%». Grecia, Irlanda, Italia, Portogallo e Spagna sono «sono diminuiti del 7%. Questa è la situazione». Stiglitz «ha detto che l'euro è una istituzione fallita. Questa persona è antipatica. L'unica cosa è che gli hanno dato un premio Nobel..».
Nel suo intervento c'è anche l'affondo contro la Germania. Paese che è stato favorito da una politica dei cambi. La bilancia commerciale di Berlino è perennemente positiva e gli effetti negativi si sentono in tutto il continente. «Dentro la stessa moneta non ci può essere un'area che è obbligata a restare in equilibrio» con i conti pubblici «e un'altra che ha un forte surplus» nella bilancia commerciale. L'effetto non può che essere la deflazione e la licenziamenti nei paesi dove la produttività è bassa, Italia in testa.
La ricetta sono appunto gli investimenti, fatti anche con quel surplus tedesco o con un una politica di bilancio europea che non sia «da bottegai».
Fazio si è concesso un fuori progra importante sulla vigilanza delle banche, passata da Bankitalia alla Bce. Quando «era esercitata dalla banche centrali sul territorio i risparmiatori non hanno perso soldi. La vigilanza sulle banche di oggi dà l'impressione di essere solo successiva. Negli anni Settanta e Ottanta, era innanzitutto preventiva».
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Re: La crisi dell'Europa

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Brexit, così i mercati han manipolato ​i sondaggi per incassare miliardi
Quando i mercati stavano "puntando sul remain", c'è chi nelle piazze finanziarie sapeva benissimo cosa sarebbe successo al Brexit. E ha spostato i soldi


Claudio Cartaldo - Sab, 25/06/2016 - 13:41
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Cè chi, in borsa, ha festeggiato per la vittoria del Brexit. Altro che crisi dei mercati, "paura" per l'uscita della Gran Bretagna dall'Ue via dicendo.


Quandoi mercati stavano "puntando sul remain", basandosi sui primi exitpoll, c'è chi nelle piazze finanziarie sapeva benissimo cosa sarebbe successo. Ovvero che la Brexit avrebbe vinto. E così hanno spostato i loro soldi in modo da guadagnare ancora di più.

"Sondaggi farlocchi per fare più soldi"
Non è vero, sostiene Italia Oggi, che i sondaggi siano affidabili. Dipende da chi li fa. Ma prevedere il risultato esatto di una consultazione politica o referendaria è possibile. Il quotidiano, infatti, insinua che exitpoll e rilevazioni sondaggistiche siano manipolate ad arte per permettere ai "grandi operatori finanziari" di sfruttare il panico e l'euforia nelle borse per fare ancora più soldi. In che modo?

Facile. I grandi operatori finanziari si sarebbero affidati a sondaggi adeguati (investendo molti soldi) e quindi da tempo erano al corrente del reale risultato finale del Brexit. Nello stesso momento godevano dell'euforia fatta scattare dai sondaggi (farlocchi) sulla vittoria del "remain". I piccoli e medi investitori, quindi, erano legati a questi sondaggi "erronei", mentre i grandi investitori già conoscevano il risultato finale. E così, scrive Italia Oggi, "spevano come arbitrare tra la pirotecnica degli annunci estemporanei e i trend opinionistici più autorevoli, per poter conseguire il loro massimo profitto".

Insomma, qualcuno che si è intascato tanti miliardi in borsa con la brexit c'è. Eccome se c'è.
camillobenso
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Re: La crisi dell'Europa

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Brexit, si moltiplicano le petizioni per ripetere il referendum
I sostenitori del remain non si arrendono e con due petizioni chiedono di ripetere il referendum che ha sancito l'uscita di Londra dall'Ue. E il boom di firme manda in tilt il sito web del Parlamento


Alessandra Benignetti - Sab, 25/06/2016 - 14:03
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Il sito web del parlamento britannico è andato in tilt per il sovraccarico di accessi da parte di oltre due milioni di utenti, entrati nel sito per firmare una petizione con cui si chiede di indire un secondo referendum sulla Brexit.


Petizione che nella serata di sabato ha raccolto, oltre due milioni di firme: venti volte il numero minimo di sottoscrizioni necessarie per chiedere che una petizione sia discussa in Parlamento.

Nella petizione parlamentare, presentata da un cittadino che si è identificato con il nome di William Oliver Healey, si chiede di ripetere il referendum sulla Brexit, perché l’esito, favorevole a lasciare l’Unione Europea, non sarebbe sufficientemente rappresentativo per via della bassa affluenza alle urne e di uno scarto inferiore ai 4 punti percentuali tra le due opzioni. I sostenitori del remain chiedono quindi ai deputati britannici "l'applicazione di una norma per cui, se il voto a favore di uscire o restare è al di sotto del 60%, con partecipazione minore del 75%, dovrebbe convocarsi un altro referendum". Firmata da più di due milioni di persone, sicuramente la petizione verrà presa in considerazione in un dibattito alla House of Commons. Ma sono “scarsissime”, secondo il Guardian, le possibilità che le richieste contenute nel testo possano essere soddisfatte. Sempre il quotidiano vicino ai laburisti riferisce che la maggior parte delle sottoscrizioni sono arrivate dalle maggiori città dell’Inghilterra e, per la stragrande maggioranza, da Londra. Sono stati soprattutto i londinesi infatti, in controtendenza rispetto al resto del Paese, a votare a favore del remain.

E sono più di 130.000 i londinesi che hanno sottoscritto un’altra petizione, spuntata sul sito web Change.org, indirizzata, stavolta, al sindaco della capitale, Sadiq Khan, in cui si chiede niente di meno che “l’indipendenza” di Londra dal Regno Unito, per mantenere la capitale britannica all’interno dell’Ue. “Londra”, c’è scritto nel testo di questa seconda petizione, “è una città internazionale e noi vogliamo restare nel cuore d'Europa”. “Ma dobbiamo affrontare il fatto che il resto del Paese non è d'accordo, così, invece di votare passivamente e aggressivamente gli uni contro gli altri ad ogni elezione, rendiamo il divorzio ufficiale" continua il testo, che in conclusione, vorrebbe acclamare Sadiq Khan come “presidente” della nuova Londra “indipendente” ed “europea”.

Intanto, mentre si moltiplicano le petizioni per chiedere un passo indietro sul voto di mercoledì, la stampa d’oltremanica, ha evidenziato come anche il discorso di uno dei leader della campagna a favore del leave, l’ex sindaco di Londra, Boris Johnson, sia stato piuttosto sottotono, come ad evidenziare un ripensamento rispetto al risultato. Un discorso dai toni “pacati e propositivi” secondo il quotidiano conservatore Telegraph, è stato interpretato invece, come “dismesso e rinunciatario” dal quotidiano progressista Guardian, che ha visto come una marcia indietro la frase "non c'è ragione di precipitarsi ad invocare l'articolo 50" del trattato costitutivo dell'Unione europea, pronunciata proprio dal leader dei conservatori anti-Ue.

La campagna di Johnson a favore della Brexit, secondo il Guardian, potrebbe essere stata dunque solo tattica, e secondo i commentatori del quotidiano, il politico conservatore si troverebbe dinanzi ad una “vittoria di Pirro”. Secondo il Telegraph invece, proprio Johnson, assieme al ministro della Giustizia, Michael Gove, sta tentando di assumere il controllo della leadership del partito conservatore, per formare il nuovo governo che sarà incaricato di negoziare le condizioni dell’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. Negoziati che l'Europa vuole avviare al più presto.
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