Perché la sinistra si divide sempre?

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Rom
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Iscritto il: 29/01/2015, 12:46

Re: Perché la sinistra si divide sempre?

Messaggio da Rom »

pancho ha scritto: Se avessi letto la ns. mission avresti fin dall'inizio qual'erano i ns. obiettivi e a chi ci rivolgevamo.
...
Certo una discussione fra di noi fa piu' che bene e pure una pacca sulle spalle.
Pero' noi abbiamo deciso di andar oltre e capire quali erano i difetti e i nei(intesi come bellezza) della sinistra e per far questo occorre che il dibattito/confronto avvenga anche con chi non la pensa come noi. Lucameni ne e' l'esempio e vorrei che su questo dicesse qualcosa poiche punti in comune ci possono essere per battaglie assieme.
Luca, da come ho imparato a conoscerlo, è una persona della quale chiunque desiderebbe essere vicino di casa o compagno di viaggio - come del resto è Flavio, a patto che ci sia abbastanza spazio per tutt'e due sul sedile... E probabilmente lo stesso vale per la gran parte di noi, se non altro per il solo fatto che abbiamo una fondamentale visione comune della vita e dell'umanità: è questo che io attribuisco come significato all'essere "di sinistra", come appartenenza antropologica.

Però, caro Pancho, la lettura della mission non basta. Non dice tutto.
Quando infatti si pone la questione della "forma partito", non si tratta della sua mission, ma di come questa mission si traduce in organizzazione e in comportamnti concreti: è, appunto, la forma assunta dal contenuto, ammesso che la forma non sia essa stessa un contenuto, o non lo condizioni in modo determinante.
Io, per esempio, ho da sempre avuto l'idea che un partito sia innanzi tutto costituito da chi lo sostiene e da chi si riconosce nella sua identità, più che dai quadri e dai suoi dirigenti. Questo era, perme, il PCI, qando ne facevo parte, fortemente critico verso il cominternismo e verso una parte della sua nomenklatura.
E ho sempre pensato che la politica s'identifichi con la società, prima che con i partiti che operano sul palcoscenico politico-istituzionale: società significa cultura, in senso stretto e in senso gramsciano, cioè storico-antropologico.
Questa mia "visione" non la contrappongo a quella più "politicante" che possono avere altri, ma credo che si possa e si debba affiancare con quella di altri. Ognuno dà il proprio contributo, le diverse visioni si integrano, anche quando (forse soprattutto quando) entrano in collisione o quando offrono letture della medesima realtà vista da angolazioni differenti.
Quindi, per me, occuparmi di politica non è affatto in contraddizione o in alternativa all'occuparmi di letteratura o di cinema, di arte o di cronaca, o di psicologia, di ambiente, di costume.
E credo anche alla capacità di conservare quella "leggerezza" di cui parla Lucfig, e non penso che ciò rappresenti un ostacolo alla mission.
C'è tuttavia un fattore che considero non contrattabile: il rispetto umano, meglio ancora il calore umano - che non è un fattore comportamentale, ma un atteggiamento innanzi tutto interiore, un sentimento. Non ho mai creduto a chi si professa di sinistra e non ha calore umano.
Eravamo giovani, eravamo arroganti, eravamo ridicoli, eravamo eccessivi, eravamo avventati. Eravamo bandiere rosse. E avevamo ragione.
pancho
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Re: Perché la sinistra si divide sempre?

Messaggio da pancho »

Rom ha scritto:
pancho ha scritto: Se avessi letto la ns. mission avresti fin dall'inizio qual'erano i ns. obiettivi e a chi ci rivolgevamo.
...
Certo una discussione fra di noi fa piu' che bene e pure una pacca sulle spalle.
Pero' noi abbiamo deciso di andar oltre e capire quali erano i difetti e i nei(intesi come bellezza) della sinistra e per far questo occorre che il dibattito/confronto avvenga anche con chi non la pensa come noi. Lucameni ne e' l'esempio e vorrei che su questo dicesse qualcosa poiche punti in comune ci possono essere per battaglie assieme.
Luca, da come ho imparato a conoscerlo, è una persona della quale chiunque desiderebbe essere vicino di casa o compagno di viaggio - come del resto è Flavio, a patto che ci sia abbastanza spazio per tutt'e due sul sedile... E probabilmente lo stesso vale per la gran parte di noi, se non altro per il solo fatto che abbiamo una fondamentale visione comune della vita e dell'umanità: è questo che io attribuisco come significato all'essere "di sinistra", come appartenenza antropologica.

Però, caro Pancho, la lettura della mission non basta. Non dice tutto.
Quando infatti si pone la questione della "forma partito", non si tratta della sua mission, ma di come questa mission si traduce in organizzazione e in comportamnti concreti: è, appunto, la forma assunta dal contenuto, ammesso che la forma non sia essa stessa un contenuto, o non lo condizioni in modo determinante.
Io, per esempio, ho da sempre avuto l'idea che un partito sia innanzi tutto costituito da chi lo sostiene e da chi si riconosce nella sua identità, più che dai quadri e dai suoi dirigenti. Questo era, perme, il PCI, qando ne facevo parte, fortemente critico verso il cominternismo e verso una parte della sua nomenklatura.
E ho sempre pensato che la politica s'identifichi con la società, prima che con i partiti che operano sul palcoscenico politico-istituzionale: società significa cultura, in senso stretto e in senso gramsciano, cioè storico-antropologico.
Questa mia "visione" non la contrappongo a quella più "politicante" che possono avere altri, ma credo che si possa e si debba affiancare con quella di altri. Ognuno dà il proprio contributo, le diverse visioni si integrano, anche quando (forse soprattutto quando) entrano in collisione o quando offrono letture della medesima realtà vista da angolazioni differenti.
Quindi, per me, occuparmi di politica non è affatto in contraddizione o in alternativa all'occuparmi di letteratura o di cinema, di arte o di cronaca, o di psicologia, di ambiente, di costume.
E credo anche alla capacità di conservare quella "leggerezza" di cui parla Lucfig, e non penso che ciò rappresenti un ostacolo alla mission.
C'è tuttavia un fattore che considero non contrattabile: il rispetto umano, meglio ancora il calore umano - che non è un fattore comportamentale, ma un atteggiamento innanzi tutto interiore, un sentimento. Non ho mai creduto a chi si professa di sinistra e non ha calore umano.
Concordo!
Ma allora di che stiamo parlando?
Perché allora tutte queste polemiche ?
Dove sta' l'inghippo?
Nella presunzione, nella mancanza di umiltà o nel modo di postare di qualcuno di noi?
Nell'incomprensione reciproca?
Nell'insofferenza nei riguardi di qualcuno?
Nel modo di porsi di qualcun altro?
Dove sta l'inghippo?

Mi verrebbe proprio da dire che se si fermiamo su queste continue diatribe che per'altro non interessano a chi ci legge e che rubano oramai troppo tempo ad altri temi di max importanza, qui c'e' poco di sinistra.
Fare continue alchimie su questo o quest'altro post o su questo o quest'altro utente diventa controproducente per un forum.
Le osservazioni sono piu che utili e se saranno ritenute utili avranno anche successo.
Insistere perche altri le debbano per forza ritenere utile, e' un modo sbagliato di confrontarsi.

Nel mio piccolo cerco di dare un contributo alla chiarezza consapevole che e' pur sempre un piccolissimo contributo il mio e non sempre puo essere considerato utile.

Se fossi sicuro delle mie certezze non avrei motivo di colloquiare e confrontarmi con altri. Tanto solo le mie sono sicure.

Tutto qui.


Un salutone
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
Rom
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Re: Perché la sinistra si divide sempre?

Messaggio da Rom »

pancho ha scritto: Ma allora di che stiamo parlando?
Perché allora tutte queste polemiche ?
Dove sta' l'inghippo?
Nella presunzione, nella mancanza di umiltà o nel modo di postare di qualcuno di noi?
Nell'incomprensione reciproca?
Nell'insofferenza nei riguardi di qualcuno?
Nel modo di porsi di qualcun altro?
Dove sta l'inghippo?
Mi verrebbe proprio da dire che se si fermiamo su queste continue diatribe che per'altro non interessano a chi ci legge e che rubano oramai troppo tempo ad altri temi di max importanza, qui c'e' poco di sinistra.
Parto dalla tua ultima frase.
Hai presente certi momenti dei dibattiti tra politici, quando uno di loro dice: "... però non credo che questo interessi gli italiani, che sono preoccupati del lavoro, di come arrivare a fine mese, etc"?
In genere succede quando il discorso tocca le riforme costituzionali, o la nascita del PD, o le origini dell'impero berlusconiano, o le istituzioni, la legge elettorale, i temi "tecnici" della politica o quelli che propongono inquietanti paralleli storici.
In realtà, chi segue la politica sa che tutto si tiene, e che c'è un legame tra tutti i suoi aspetti, così come avviene nel campo della medicina e in quello della scuola: l'esito di un intervento al cuore dipende anche da come viene effettuata la manutenzione delle sale operatorie o dalla cura verso "dettagli" secondari come i pasti o il letto di degenza - tra l'altro, in questi ultimi cinque anni ho fatto un'esperienza sanitaria densa di episodi diversi, e stavo per andarmene all'altro mondo, dopo un intervento delicatissimo effettuato perfettamente, a causa della gestione raffazzonata e incredibilmente deficitaria del decorso post-operatorio, quando il più sembrava fatto.
Per il resto, trasmetto gli atti al tavolo dove si è parlato di multi-tasking.

Dunque, sull'inghippo non so risponderti: non vedo inghippi.
Più o meno, lo stesso vale per le "diatribe": perché le chiami così? Perché ti sembrano inutili?
A me sembra utile qualunque scambio di idee e di opinioni fatto in prima persona, su qualunque argomento.
E poi, l'interesse di chi "legge": forse una discussione interessa soprattutto a chi scrive, non ti pare? - in un forom, che è fatto più di ogni altra cosa di gente che scrive.
D'altra parte, se ci sono degli attriti e vengono fuori dalla discussione, chi "legge" può trovare qualche motivo d'interesse non casuale, dato che ciò avviene sotto il titolo "perchè la sinistra si divide sempre?".
Nelle ultime esperienze di sezione che ho avuto (anni '90) ricordo che le divisioni più amare si creavano proprio sull'oggetto delle discussioni e dell'attenzione primaria: era una sezione di periferia, e c'era quello che s'incazzava, perché secondo lui era essenziale occuparsi degli "usi civici" del territorio, lasciando da parte "tutte 'ste pippe mentali sulle cazzate istituzionali", e dall'altra parte c'era chi voleva parlare di politica estera e di leggi incostituzionali, "invece di perdere tempo su cose che si possono risolvere in sede di circoscrizione". Io, per quello che mi riguardava, sapevo poco o nulla sugli usi civici, e sono stato spettatore silente per ore quando se ne parlava, consapevole che era un argomento pallosissimo, ma importante in quella sezione e in assoluto.
Quello che ho capito dalla vita di sezione è che tra gli usi civici e le questioni costituzionali c'è un vastissimo spazio che unisce i primi ai secondi, che si chiama politica, sia in senso tecnico, sia in senso storico: il fatto stesso che venti persone potessero riunirsi per parlare di usi civici, senza la presenza di un "capopalazzo" col fez in testa che annota nomi e cognomi, aveva già di per sè un gagliardo legame con la costituzione e con la storia. Così come l'effettiva utilità di una concertazione sugli usi civici si fondava sul ruolo di sindaco e assessori, sull'organizzazione del decentramnto, sulla burocrazia, sulle leggi nazionali e locali, sull'efficienza del parlamento e in qualche modo su tutto il cucuzzaro - rimaneva fuori, magari, la politica estera e la NATO, ma solo perché stavamo a Roma, dato che in Sardegna anche i problemi della viabilità di Selargius e la manutenzione delle strade hanno a che fare con le basi NATO e i trattati internazionali.
Tornando alla sezione di periferia, la divisione stava dunque nel fatto che uno parlava di "pippe mentali" e l'altro di "perdere tempo": la diversità del punto di vista e dell'attenzione era fisiologica e comprensibile, ma il casus belli era il disprezzo implicito nelle parole usate, quando andava al di là di ciò che è ampiamente tollerabile in una discussione effervescente. A nessuno piace sentirsi trattare come un ragazzino che si fa le "pippe mentali", o come un coglionazzo che fa "perdere tempo".
Sul piano più generale, il disprezzo va al di là della terminologia usata (anche se spesso la ricomprende) ma si manifesta soprattutto nel catalogare le idee diverse nel ruolo di "nemiche": nemiche di quei valori che dovrebbero essere comuni, quindi una delegittimazione assoluta. Il disprezzo peggiore, in politica.
Eravamo giovani, eravamo arroganti, eravamo ridicoli, eravamo eccessivi, eravamo avventati. Eravamo bandiere rosse. E avevamo ragione.
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