Cosa c'è dietro l'angolo
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Re: Cosa c'è dietro l'angolo
………… i dati finto-segreti dei sondaggi che la legge impedisce di pubblicare circolano liberamente nei corridoi degli studi televisivi in cui i leader politici si alternano a ritmo di inseguimento e con toni da urlatori.
Marcello Sorgi
E’ per questo che la Moretti ha invitato due giorni fa a “L’aria che tira” a votare indifferentemente Pd, Ncd, FI, e non per i buffoni???
Marcello Sorgi
E’ per questo che la Moretti ha invitato due giorni fa a “L’aria che tira” a votare indifferentemente Pd, Ncd, FI, e non per i buffoni???
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Re: Cosa c'è dietro l'angolo
Infatti la situazione da PD e M5S molto vicini entro l'errore statistico e quindi il sorpasso è possibile. FI è staccatissima mentre tuti gli altri galleggiano poco sopra o poco sotto la soglia dello sbarramento...
Questo è il motivo della fibrillazione...
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Re: Cosa c'è dietro l'angolo
Maucat ha scritto:Infatti la situazione da PD e M5S molto vicini entro l'errore statistico e quindi il sorpasso è possibile. FI è staccatissima mentre tuti gli altri galleggiano poco sopra o poco sotto la soglia dello sbarramento...
Questo è il motivo della fibrillazione...
Una fibrillazione generale se ieri ha spinto Berlusconi a dichiarare che Grillo è un assassino e un evasore. Ieri sera a Bersaglio mobile e stamani ad Agorà è entrato nei dettagli, in modo tale che i suoi si spaventino a sufficienza e arrestino l'emorragia verso il M5S. Voci stamani ad Agorà indicavano in un milione di voti sottratti da Grillo.
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Re: Cosa c'è dietro l'angolo
Secondo me le esternazioni dell'ex Cav otterranno l'effetto opposto (è il bue che dice cornuto all'asino...), la partita si giocherà sulla percentuale di votanti e su quanti ex PD voteranno Tsipras (come me) pur sapendo che forse non raggiungerà il quorum e quanti invece pur di dare una lezione a Renzi voteranno M5S (ne conosco diversi)...
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Re: Cosa c'è dietro l'angolo
Il voto dato a Tsipras è un voto di testimonianza.
Io lo voto a prescindere del fatto che raggiunga o meno il quorum.
Se lo raggiunge, tanto meglio ...ovvio.
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Re: Cosa c'è dietro l'angolo
il Fatto 21.5.14
La rabbia e la paura
di Antonio Padellaro
Beppe Grillo è andato da Bruno Vespa con un’apparente contraddizione. Come condottiero della protesta più scatenata e più ostile a tutto il resto della politica italiana: “O noi o loro”. Ma anche con la faccia del leader in grado di governare la “rabbia buona” e per dimostrare “alla gente di una certa età che ha un pregiudizio su di me” di non essere “né Hitler né Stalin”. È riuscito a tenere insieme incazzatura e senso di responsabilità? Diciamo subito che ha fatto il pieno di ascolti, ma che nei quattro milioni e duecentosettantamila spettatori non c’erano solo fan del M5S o anziani da rassicurare, oppure gente incuriosita da un evento spettacolare (il comico più dissacrante a cospetto dell’anchorman più istituzionale, comunque incalzante), perché davanti alla tv c’erano soprattutto elettori ancora incerti che hanno aspettato lunedì sera per decidere sul da farsi. Quanti di questi Grillo ne avrà portati dalla sua parte lo capiremo solo la notte del 25 maggio, ma certamente ha fatto breccia ciò che gli viene di più rimproverato, e cioè l’insofferenza urlante verso chi ha ridotto l’Italia allo stremo: istituzioni, ministri, banchieri, corrotti e bancarottieri, sì tutti nello stesso mazzo perché la collera non fa distinzioni.
Chi parla di mal di pancia fa finta di non capire cosa bolle nella profondità di una nazione, in quegli strati sociali massacrati dalla crisi che non credono più a una parola della politica tradizionale o nei compromessi: o noi o loro, appunto. Quel rancore rappresenta il propellente di un movimento che alle ultime elezioni ha raccolto quasi nove milioni di voti e non ha tutti i torti il capo a dire che, senza il frangiflutti grillino, la protesta avrebbe potuto esondare in una violenza di massa. Poi ci sono quelli che pensano di votare Grillo per dare un ultimo segnale all’immobilismo delle classi dirigenti, ma che lo faranno nel segreto dell’urna perché sotto sotto sentono che esiste un rischio nel lasciare troppo spazio a un fenomeno incontrollabile. È la paura su cui punta Renzi, convinto che il limite dei Cinque Stelle sia nella loro stessa forza dirompente che non ha altro programma di governo se non la conquista stessa del governo. Il premier sa benissimo che la sua vittoria è affidata al timore dell’avventura e dell’ignoto che suscita l’avversario, più che agli 80 euro o agli annunci di mirabolanti riforme. La rabbia e la paura: mai elezioni furono più emotive
La rabbia e la paura
di Antonio Padellaro
Beppe Grillo è andato da Bruno Vespa con un’apparente contraddizione. Come condottiero della protesta più scatenata e più ostile a tutto il resto della politica italiana: “O noi o loro”. Ma anche con la faccia del leader in grado di governare la “rabbia buona” e per dimostrare “alla gente di una certa età che ha un pregiudizio su di me” di non essere “né Hitler né Stalin”. È riuscito a tenere insieme incazzatura e senso di responsabilità? Diciamo subito che ha fatto il pieno di ascolti, ma che nei quattro milioni e duecentosettantamila spettatori non c’erano solo fan del M5S o anziani da rassicurare, oppure gente incuriosita da un evento spettacolare (il comico più dissacrante a cospetto dell’anchorman più istituzionale, comunque incalzante), perché davanti alla tv c’erano soprattutto elettori ancora incerti che hanno aspettato lunedì sera per decidere sul da farsi. Quanti di questi Grillo ne avrà portati dalla sua parte lo capiremo solo la notte del 25 maggio, ma certamente ha fatto breccia ciò che gli viene di più rimproverato, e cioè l’insofferenza urlante verso chi ha ridotto l’Italia allo stremo: istituzioni, ministri, banchieri, corrotti e bancarottieri, sì tutti nello stesso mazzo perché la collera non fa distinzioni.
Chi parla di mal di pancia fa finta di non capire cosa bolle nella profondità di una nazione, in quegli strati sociali massacrati dalla crisi che non credono più a una parola della politica tradizionale o nei compromessi: o noi o loro, appunto. Quel rancore rappresenta il propellente di un movimento che alle ultime elezioni ha raccolto quasi nove milioni di voti e non ha tutti i torti il capo a dire che, senza il frangiflutti grillino, la protesta avrebbe potuto esondare in una violenza di massa. Poi ci sono quelli che pensano di votare Grillo per dare un ultimo segnale all’immobilismo delle classi dirigenti, ma che lo faranno nel segreto dell’urna perché sotto sotto sentono che esiste un rischio nel lasciare troppo spazio a un fenomeno incontrollabile. È la paura su cui punta Renzi, convinto che il limite dei Cinque Stelle sia nella loro stessa forza dirompente che non ha altro programma di governo se non la conquista stessa del governo. Il premier sa benissimo che la sua vittoria è affidata al timore dell’avventura e dell’ignoto che suscita l’avversario, più che agli 80 euro o agli annunci di mirabolanti riforme. La rabbia e la paura: mai elezioni furono più emotive
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Re: Cosa c'è dietro l'angolo
Quello che trovo sufficientemente strano è il silenzio prolungato di monsignor Giuseppe
e Fioroni da Viterbo, di Rosita Bindi, di Marini, dopo che Renzi si é alleato con il Pse.
Nel 2007/8, avevano bloccato l'adesione del Pd ai socialisti europei. Cosa è successo ora?
Oppure ci sarà una vendetta a freddo dei cattolici che diserteranno le urne?
e Fioroni da Viterbo, di Rosita Bindi, di Marini, dopo che Renzi si é alleato con il Pse.
Nel 2007/8, avevano bloccato l'adesione del Pd ai socialisti europei. Cosa è successo ora?
Oppure ci sarà una vendetta a freddo dei cattolici che diserteranno le urne?
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Re: Cosa c'è dietro l'angolo
il Fatto 21.5.14
La solitudine di Renzi trincerato al governo
Panico via sms
Un messaggio arrivato ieri pomeriggio a tutti i deputati misura l’ansia dell’ex sindaco: “Tutti impegnati, senza eccezioni”
dii Marco Palombi
Che sia affaticato è normale: gira come una trottola da settimane. Che questo lo renda a volte meno brillante è fatto che consegue direttamente dal primo. Che invece quella macchina da comizio e da tv che è Matteo Renzi per di più da presidente del Consiglio affrontasse una campagna elettorale non riuscendo a dominarla e senza dettarne l’agenda è abbastanza sorprendente. Gli manca, ad oggi, il colpo d’ala: il “derby tra la paura e la speranza” non funziona. Di più: questo duello a due con Beppe Grillo stante la fine del ciclo politico e antropologico di Silvio Berlusconi finisce per penalizzarlo, soprattutto dopo lo scandalo Expo.
IERI, PER DIRE, è stato costretto a inseguire il comico genovese sul tema della tenuta governo: “Non c’è mai stato in nessun Paese europeo un collegamento tra il risultato delle elezioni europee e il governo”. Queste elezioni, dice Renzi, “sono un derby tra chi crede che l’Italia debba contare in Europa e chi crede siano un sondaggio per la politica nazionale. Io credo che questo sondaggio lo vinciamo, ma spero che gli italiani vadano a votare per l’Europa”.
Eppure aver impostato tutta la propaganda del Pd sulla sua figura di capo del governo è stata una scelta precisa di Renzi stesso. Il titanismo dell’ex sindaco, a cui piace rappresentarsi in guerra con l’invisibile nemico della conservazione, funziona assai meno se il suo bersaglio è Beppe Grillo. La rottamazione non funziona più: per la prima volta la sua campagna non può basarsi soprattutto sull’attacco ai dinosauri del suo partito, non può rifulgere sulla pochezza, la compromissione, i fallimenti altrui. Il dinosauro, per i tempi rapidissimi della politica spettacolo, è diventato lui: “Loro insultano, noi governiamo”, è stato lo slogan ripetuto nei molti appuntamenti di ieri. Una roba alla Romano Prodi.
Il dato politico, alla fine, è che nonostante non ci sia il suo nome nel simbolo del Pd come Renzi continua a ripetere il partito è scomparso dai radar: “Con lui a Palazzo Chigi si sta appannando, si sta destrutturando. Andando in giro trovo gruppi di amici, ma il partito vero e proprio fatico a trovarlo”, come dice Massimo D’Alema.
Lui e Bersani, d’altronde, sono relegati a fare campagna lontano dai riflettori, alle cene di finanziamento, coi candidati sindaco, mai insieme al premier.
MATTEO RENZI è solo in campagna elettorale. Di più: le proposte del partito e le figure dei candidati sono appannate dietro uno schema comunicativo che punta tutto su quel che il governo ha fatto, sta facendo, farà: è ovvio anche visto che questo esecutivo è nato con un accordo di palazzo che sia un referendum su di lui, lo stesso premier ha fatto in modo che lo fosse. Attorno a lui - a fargli da corona e a dimostrare che nessun uomo può essere un’isola, ma magari un arcipelago sì solo la ministro Maria Elena Boschi, la vicesegretario democratica Debora Serracchiani e le cinque capoliste donne scelte dallo stesso one man band: Alessia Mosca (Nordovest), Alessandra Moretti (Nordest), Simona Bonafè (Centro), Pina Picierno (Sud) e Caterina Chinnici (Isole). Non proprio un cast in cui la figura del premier rischi di essere appannata. Questa strategia, però, è magari l’unica possibile per non snaturare Renzi, ma di cero è assai rischiosa per il governo che dirige. La sicurezza delle prime settimane ha lasciato il passo ai dubbi. È così che si arriva al “tra Europee e governo non c’è alcun collegamento” scandito ieri in tv dal premier. E pure al “un punto sopra Grillo per noi è comunque un successo perché alle politiche eravamo pari”, messo a verbale anonimamente da uno dei suoi. Massimo Cacciari, ieri su Radio 24, l’ha messa in tutt’altro modo: “Se il Pd dovesse perdere con Grillo e anche se ci fosse una situazione di pareggio con il M5S è chiaro che Renzi scomparirebbe dalla scena”, “si aprirebbe una crisi enorme e difficilmente governabile anche da un genio della politica come Napolitano”.
ANCHE NEL PD disgregato, umiliato, cancellato dal discorso pubblico dal suo stesso capo cominciano ad essere preoccupati: lo scambio a cui molta parte della classe dirigente ha dato silenzioso assenso tra perdita di peso politico e successo elettorale rischia di non funzionare. Ora qualcuno, di certo, aspetta il cadavere di Renzi sulla riva del fiume, altri semplicemente non sanno che fare: dai sondaggi che girano sui tavoli dei vari partiti, infatti, sembra che Grillo abbia smesso di pescare nel bacino del Pd e abbia preso a farlo in quello assai più appetibile in libera uscita dal berlusconismo (il crollo di Forza Italia, peraltro, trascinerà con sé anche le raffazzonate riforme costituzionali). Non solo: al Sud i democratici continuano ad andare male. Quanto siano preoccupati al Nazareno retto dal renzianissimo vicesegretario Lorenzo Guerini lo testimonia l’sms inviato ieri pomeriggio a ogni singolo parlamentare Pd: “Tutti impegnati in campagna elettorale, senza eccezione alcuna”. Chiude lo stesso Renzi in serata: “Mancano quattro giorni, bisogna fare uno sforzo pazzesco”.
La solitudine di Renzi trincerato al governo
Panico via sms
Un messaggio arrivato ieri pomeriggio a tutti i deputati misura l’ansia dell’ex sindaco: “Tutti impegnati, senza eccezioni”
dii Marco Palombi
Che sia affaticato è normale: gira come una trottola da settimane. Che questo lo renda a volte meno brillante è fatto che consegue direttamente dal primo. Che invece quella macchina da comizio e da tv che è Matteo Renzi per di più da presidente del Consiglio affrontasse una campagna elettorale non riuscendo a dominarla e senza dettarne l’agenda è abbastanza sorprendente. Gli manca, ad oggi, il colpo d’ala: il “derby tra la paura e la speranza” non funziona. Di più: questo duello a due con Beppe Grillo stante la fine del ciclo politico e antropologico di Silvio Berlusconi finisce per penalizzarlo, soprattutto dopo lo scandalo Expo.
IERI, PER DIRE, è stato costretto a inseguire il comico genovese sul tema della tenuta governo: “Non c’è mai stato in nessun Paese europeo un collegamento tra il risultato delle elezioni europee e il governo”. Queste elezioni, dice Renzi, “sono un derby tra chi crede che l’Italia debba contare in Europa e chi crede siano un sondaggio per la politica nazionale. Io credo che questo sondaggio lo vinciamo, ma spero che gli italiani vadano a votare per l’Europa”.
Eppure aver impostato tutta la propaganda del Pd sulla sua figura di capo del governo è stata una scelta precisa di Renzi stesso. Il titanismo dell’ex sindaco, a cui piace rappresentarsi in guerra con l’invisibile nemico della conservazione, funziona assai meno se il suo bersaglio è Beppe Grillo. La rottamazione non funziona più: per la prima volta la sua campagna non può basarsi soprattutto sull’attacco ai dinosauri del suo partito, non può rifulgere sulla pochezza, la compromissione, i fallimenti altrui. Il dinosauro, per i tempi rapidissimi della politica spettacolo, è diventato lui: “Loro insultano, noi governiamo”, è stato lo slogan ripetuto nei molti appuntamenti di ieri. Una roba alla Romano Prodi.
Il dato politico, alla fine, è che nonostante non ci sia il suo nome nel simbolo del Pd come Renzi continua a ripetere il partito è scomparso dai radar: “Con lui a Palazzo Chigi si sta appannando, si sta destrutturando. Andando in giro trovo gruppi di amici, ma il partito vero e proprio fatico a trovarlo”, come dice Massimo D’Alema.
Lui e Bersani, d’altronde, sono relegati a fare campagna lontano dai riflettori, alle cene di finanziamento, coi candidati sindaco, mai insieme al premier.
MATTEO RENZI è solo in campagna elettorale. Di più: le proposte del partito e le figure dei candidati sono appannate dietro uno schema comunicativo che punta tutto su quel che il governo ha fatto, sta facendo, farà: è ovvio anche visto che questo esecutivo è nato con un accordo di palazzo che sia un referendum su di lui, lo stesso premier ha fatto in modo che lo fosse. Attorno a lui - a fargli da corona e a dimostrare che nessun uomo può essere un’isola, ma magari un arcipelago sì solo la ministro Maria Elena Boschi, la vicesegretario democratica Debora Serracchiani e le cinque capoliste donne scelte dallo stesso one man band: Alessia Mosca (Nordovest), Alessandra Moretti (Nordest), Simona Bonafè (Centro), Pina Picierno (Sud) e Caterina Chinnici (Isole). Non proprio un cast in cui la figura del premier rischi di essere appannata. Questa strategia, però, è magari l’unica possibile per non snaturare Renzi, ma di cero è assai rischiosa per il governo che dirige. La sicurezza delle prime settimane ha lasciato il passo ai dubbi. È così che si arriva al “tra Europee e governo non c’è alcun collegamento” scandito ieri in tv dal premier. E pure al “un punto sopra Grillo per noi è comunque un successo perché alle politiche eravamo pari”, messo a verbale anonimamente da uno dei suoi. Massimo Cacciari, ieri su Radio 24, l’ha messa in tutt’altro modo: “Se il Pd dovesse perdere con Grillo e anche se ci fosse una situazione di pareggio con il M5S è chiaro che Renzi scomparirebbe dalla scena”, “si aprirebbe una crisi enorme e difficilmente governabile anche da un genio della politica come Napolitano”.
ANCHE NEL PD disgregato, umiliato, cancellato dal discorso pubblico dal suo stesso capo cominciano ad essere preoccupati: lo scambio a cui molta parte della classe dirigente ha dato silenzioso assenso tra perdita di peso politico e successo elettorale rischia di non funzionare. Ora qualcuno, di certo, aspetta il cadavere di Renzi sulla riva del fiume, altri semplicemente non sanno che fare: dai sondaggi che girano sui tavoli dei vari partiti, infatti, sembra che Grillo abbia smesso di pescare nel bacino del Pd e abbia preso a farlo in quello assai più appetibile in libera uscita dal berlusconismo (il crollo di Forza Italia, peraltro, trascinerà con sé anche le raffazzonate riforme costituzionali). Non solo: al Sud i democratici continuano ad andare male. Quanto siano preoccupati al Nazareno retto dal renzianissimo vicesegretario Lorenzo Guerini lo testimonia l’sms inviato ieri pomeriggio a ogni singolo parlamentare Pd: “Tutti impegnati in campagna elettorale, senza eccezione alcuna”. Chiude lo stesso Renzi in serata: “Mancano quattro giorni, bisogna fare uno sforzo pazzesco”.
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Re: Cosa c'è dietro l'angolo
22 MAG 2014 11:08
1. IL “GOLPE” E’ QUESTO, E NON E’ SEGRETO. SI MANIFESTA SULLA PRIMA PAGINA DEI GIORNALONI -
2. A TRE GIORNI DAL VOTO, “CORRIERE” E “REPUBBLICA” CERCANO DI METTERE PAURA, INSIEME AL FAMOSO SPREAD SUI BUND DELLA C.I. MERKEL (UN DATO CHE, SULLA SALUTE DI UN’ECONOMIA NAZIONALE, DICE MOLTO MENO DELLA BILANCIA COMMERCIALE) PER CONVINCERE LA GENTE CHE STA PER ANDARE A VOTARE IL COMICO DI SANT’ILARIO CHE, SE VINCE IL M5S, RICOMINCIA LO SPETTRO DELLA GRANDE CRISI FINANZIARIA “ALLA GRECA” -
3. SI TENTA DI BLOCCARE IL VOTO A UN PARTITO COME QUELLO GRILLINO – PARTITO DI SANTI O PARTITO DI CAZZONI, NON È QUESTO IL PUNTO – FACENDO PAURA ALLA GENTE. RENDERSENE CONTO OGGI È PIÙ UTILE CHE FARCI UNA COMMISSIONE D’INCHIESTA NEL 2019 -
a cura di colinward@autistici.org (Special Guest: Pippo il Patriota)
1. IL "GOLPE" E' QUESTO, E NON E' SEGRETO. SI MANIFESTA IN PRIMA PAGINA
"Lo spread diventa un caso politico. Arriva fino a quota 200, poi cala". Poi passa il Rigor Montis e, sempre a mezzo di quel Corriere della Sera che quando lui era a Palazzo Chigi gli tenne bordone elogiandone il sobrio loden per 15 lunghi mesi, ci fa gentilmente notare che dobbiamo stare "attenti a non sciupare il lavoro di tre anni" (p. 1).
Lo spread è risalito un po' ed è quasi la metà dei tempi in cui cadde il Berlusconi terz
Ok, lo, ma cos'è successo di tanto grave in 24 ore? E' crollata la produzione industriale? Si sospetta che Renzie faccia manovre con coperture by magics? Abbiamo i conti alla greca, cioè diversi da quelli che abbiamo mandato a Bruxelles?
Per fortuna pare di no. Pare che il problema sia intangibile: pare che i sondaggi - i sondaggi! Quelli sì una roba tarocca o taroccabile - dicano che domenica vince Grillo, che è il Male assoluto, il Nemico della Repubblica. Vero, falso, boh?
In politica, come nella finanza, contano le aspettative. Si perde e si guadagna su quelle. Le aspettative sono il modo elegante di chiamare il principale strumento di controllo che il potere utilizza al tempo della democrazia "rappresentativa" (o per delega): la paura.
Il motivo per cui Re Giorgio non si è ancora dimesso e non si voterà mai per le politiche prima del 2018. "Me na vado quando avrò messo in sicurezza la Repubblica", pare che abbia confessato Bella Napoli a più di un suo interlocutore fidato.
Oggi, a tre giorni dal voto, i giornali di Lor signori cercano di mettere paura, insieme al famoso spread sui bund della C.I. Merkel (un dato che, sulla salute di un'economia nazionale, dice molto meno della bilancia commerciale) per convincere la gente che sta per andare a votare il comico di Sant'Ilario che, se vince il M5S, ricomincia lo spettro della grande crisi finanziaria "alla greca".
Da giorni si parla del "golpe" del novembre 2011, Cannes, lo spread, Re Giorgio che preallertava Monti con mesi d'anticipo, della necessità di una commissione parlamentare d'inchiesta. E poi le rivelazioni dell'agente di Sua Maestà Ollio Friedman, di Brunetta, di Tremonti. Segreti che si svelano.
Sarà, ma oggi abbiamo un golpe a mezzo stampa e a mezzo "mercati" bello e buono: si tenta di bloccare il voto a un partito come quelllo grillino - partito di santi o partito di cazzoni, non è questo il punto - facendo paura alla gente. Rendersene conto oggi è più utile che farci una commissione d'inchiesta nel 2019.
2. LA PAURA FA 200. E FA FARE MOLTO DI PIU' A CHI SA MANEGGIARLA
Corriere delle banche al lavoro per Lor signori: "Tensione per le urne, lo spread balza a 200".Sottotitolo: "Il differenziale chiude poi a 178". Quindi il titolo corretto era un altro: "Lo spread a quota 178". Sottotitolo: "Ma in giornata aveva toccato 200 punti". (p. 2).
E Grillo, Grillo, Grillo come caXXo lo leghiamo? Tranquilli, arriva Monti, il senatore a vita che inventò Sciolta Civica, ovvero un fine economista che però come politico è tecnicamente un fallito con il culo parato per sempre, e dice: "Nel caso italiano, i populismi antieuropei - dalla Lega a Grillo, da Forza Italia a Fratelli d'Italia - certamente indeboliscono il peso del Paese tra le Nazioni guida della Ue" (Corriere, p.2 e non P2, fare attenzione).
Forza Italia, per altro, mai si alleerebbe con Grillo, anzi. Come vedremo tra poco è pronta a tutto per fermarlo.
Ai signori premiatori di Premiolini e Premiischia di Giornalismo della Gran Fava Fritta, segnaliamo Jena Barenghi di oggi: "E se domenica Renzi perde noi lunedì mattina che facciamo? Colazione" (Stampa, p.3). Uno che non ha paura, finalmente.
3. CONTRO GRILLO, LA QUALUNQUE
"Renzi: "Il Pd avrà più voti e sotto il 30% non è sconfitta" (Repubblica, p. 2).
"L'ora della prudenza. Renzi: se vince Grillo io non mi dimetto" (Stampa, p. 4 e non P4, fare attenzione). Prudenza? Non nel senso della virtù teologale, a occhio.
Renzi, in due pagine di intervista al Fatto Quotidiano: "Non ho la bacchetta magica, ma nel 2015 resteranno gli 80 euro" (pp. 2-3).
"La mossa di Berlusconi: ‘Pronti all'accordo anche con il diavolo'. Torna l'ipotesi larghe intese". (Corriere, p. 6).
"Processeremo i politici". Grillo minaccia anche imprenditori e giornalisti" (Repubblica, p. 6). Minaccia politici e giornalisti? Ma allora non è vero che è un cripto-fascio. Crede nella lotta di classe.
"Effetto voto, pericolo spread. Mercati in fibrillazione. Napolitano: serve fiducia" (Messaggero, p. 1).
1. IL “GOLPE” E’ QUESTO, E NON E’ SEGRETO. SI MANIFESTA SULLA PRIMA PAGINA DEI GIORNALONI -
2. A TRE GIORNI DAL VOTO, “CORRIERE” E “REPUBBLICA” CERCANO DI METTERE PAURA, INSIEME AL FAMOSO SPREAD SUI BUND DELLA C.I. MERKEL (UN DATO CHE, SULLA SALUTE DI UN’ECONOMIA NAZIONALE, DICE MOLTO MENO DELLA BILANCIA COMMERCIALE) PER CONVINCERE LA GENTE CHE STA PER ANDARE A VOTARE IL COMICO DI SANT’ILARIO CHE, SE VINCE IL M5S, RICOMINCIA LO SPETTRO DELLA GRANDE CRISI FINANZIARIA “ALLA GRECA” -
3. SI TENTA DI BLOCCARE IL VOTO A UN PARTITO COME QUELLO GRILLINO – PARTITO DI SANTI O PARTITO DI CAZZONI, NON È QUESTO IL PUNTO – FACENDO PAURA ALLA GENTE. RENDERSENE CONTO OGGI È PIÙ UTILE CHE FARCI UNA COMMISSIONE D’INCHIESTA NEL 2019 -
a cura di colinward@autistici.org (Special Guest: Pippo il Patriota)
1. IL "GOLPE" E' QUESTO, E NON E' SEGRETO. SI MANIFESTA IN PRIMA PAGINA
"Lo spread diventa un caso politico. Arriva fino a quota 200, poi cala". Poi passa il Rigor Montis e, sempre a mezzo di quel Corriere della Sera che quando lui era a Palazzo Chigi gli tenne bordone elogiandone il sobrio loden per 15 lunghi mesi, ci fa gentilmente notare che dobbiamo stare "attenti a non sciupare il lavoro di tre anni" (p. 1).
Lo spread è risalito un po' ed è quasi la metà dei tempi in cui cadde il Berlusconi terz
Ok, lo, ma cos'è successo di tanto grave in 24 ore? E' crollata la produzione industriale? Si sospetta che Renzie faccia manovre con coperture by magics? Abbiamo i conti alla greca, cioè diversi da quelli che abbiamo mandato a Bruxelles?
Per fortuna pare di no. Pare che il problema sia intangibile: pare che i sondaggi - i sondaggi! Quelli sì una roba tarocca o taroccabile - dicano che domenica vince Grillo, che è il Male assoluto, il Nemico della Repubblica. Vero, falso, boh?
In politica, come nella finanza, contano le aspettative. Si perde e si guadagna su quelle. Le aspettative sono il modo elegante di chiamare il principale strumento di controllo che il potere utilizza al tempo della democrazia "rappresentativa" (o per delega): la paura.
Il motivo per cui Re Giorgio non si è ancora dimesso e non si voterà mai per le politiche prima del 2018. "Me na vado quando avrò messo in sicurezza la Repubblica", pare che abbia confessato Bella Napoli a più di un suo interlocutore fidato.
Oggi, a tre giorni dal voto, i giornali di Lor signori cercano di mettere paura, insieme al famoso spread sui bund della C.I. Merkel (un dato che, sulla salute di un'economia nazionale, dice molto meno della bilancia commerciale) per convincere la gente che sta per andare a votare il comico di Sant'Ilario che, se vince il M5S, ricomincia lo spettro della grande crisi finanziaria "alla greca".
Da giorni si parla del "golpe" del novembre 2011, Cannes, lo spread, Re Giorgio che preallertava Monti con mesi d'anticipo, della necessità di una commissione parlamentare d'inchiesta. E poi le rivelazioni dell'agente di Sua Maestà Ollio Friedman, di Brunetta, di Tremonti. Segreti che si svelano.
Sarà, ma oggi abbiamo un golpe a mezzo stampa e a mezzo "mercati" bello e buono: si tenta di bloccare il voto a un partito come quelllo grillino - partito di santi o partito di cazzoni, non è questo il punto - facendo paura alla gente. Rendersene conto oggi è più utile che farci una commissione d'inchiesta nel 2019.
2. LA PAURA FA 200. E FA FARE MOLTO DI PIU' A CHI SA MANEGGIARLA
Corriere delle banche al lavoro per Lor signori: "Tensione per le urne, lo spread balza a 200".Sottotitolo: "Il differenziale chiude poi a 178". Quindi il titolo corretto era un altro: "Lo spread a quota 178". Sottotitolo: "Ma in giornata aveva toccato 200 punti". (p. 2).
E Grillo, Grillo, Grillo come caXXo lo leghiamo? Tranquilli, arriva Monti, il senatore a vita che inventò Sciolta Civica, ovvero un fine economista che però come politico è tecnicamente un fallito con il culo parato per sempre, e dice: "Nel caso italiano, i populismi antieuropei - dalla Lega a Grillo, da Forza Italia a Fratelli d'Italia - certamente indeboliscono il peso del Paese tra le Nazioni guida della Ue" (Corriere, p.2 e non P2, fare attenzione).
Forza Italia, per altro, mai si alleerebbe con Grillo, anzi. Come vedremo tra poco è pronta a tutto per fermarlo.
Ai signori premiatori di Premiolini e Premiischia di Giornalismo della Gran Fava Fritta, segnaliamo Jena Barenghi di oggi: "E se domenica Renzi perde noi lunedì mattina che facciamo? Colazione" (Stampa, p.3). Uno che non ha paura, finalmente.
3. CONTRO GRILLO, LA QUALUNQUE
"Renzi: "Il Pd avrà più voti e sotto il 30% non è sconfitta" (Repubblica, p. 2).
"L'ora della prudenza. Renzi: se vince Grillo io non mi dimetto" (Stampa, p. 4 e non P4, fare attenzione). Prudenza? Non nel senso della virtù teologale, a occhio.
Renzi, in due pagine di intervista al Fatto Quotidiano: "Non ho la bacchetta magica, ma nel 2015 resteranno gli 80 euro" (pp. 2-3).
"La mossa di Berlusconi: ‘Pronti all'accordo anche con il diavolo'. Torna l'ipotesi larghe intese". (Corriere, p. 6).
"Processeremo i politici". Grillo minaccia anche imprenditori e giornalisti" (Repubblica, p. 6). Minaccia politici e giornalisti? Ma allora non è vero che è un cripto-fascio. Crede nella lotta di classe.
"Effetto voto, pericolo spread. Mercati in fibrillazione. Napolitano: serve fiducia" (Messaggero, p. 1).
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Re: Cosa c'è dietro l'angolo
22 MAG 2014 19:48
BRUSH HOUR! LEGGI OGGI LE NOTIZIE DI DOMANI - OLTRE ALLA RETATA QUOTIDIANA (OGGI TOCCAVA AI BANCHIERI, I MEDICI SONO PREOCCUPATI), IL PALAZZO FA I CONTI CON IL CICLONE GRILLO - BERLUSCONI AMMETTE CHE VINCE BEPPONE E SI PORTA AVANTI: SUBITO ELEZIONI
La retata di banchieri impreziosisce un finale di campagna elettorale all’insegna del grande cagotto. I barbari grillini sono alle porte e il Berlusca chiede già le elezioni anticipate. Anche Renzi e tutti gli altri costretti a parlare solo dei Cinque Stelle. Ma uno che ci crede, al governo, ancora c’è. Si chiama Alfano e dice: “Credo che il governo uscirà rafforzato dal voto”…
Francesco Bonazzi per Dagospia
Tra una retata e l’altra (oggi è toccato ai banchieri amici dei politici della scorsa settimana) il Palazzo si prepara a fronteggiare il prevedibile scossone delle elezioni europee con lo stesso entusiasmo di una Papi-girl affidata alle Dame di San Vincenzo.
Se davvero domenica Grillo farà il botto che dice lui, ma che in realtà si aspettano anche i suoi avversari, bisognerà ammettere che sulle strategie di marketing e comunicazione elettorale se li è incartati tutti. Oppure, se si preferisce vederla dal punto di vista del cosiddetto “Paese reale”, toccherà riconoscere che dal suddetto Paese reale sta arrivando ai partiti un sonoro vaffa.
In quest’ultima settimana non si è parlato altro che di Beppone Grillo e del suo movimento che terrorizza Napolitano, Renzi, Berlusconi e Draghi.
Tutti a contro-cianciare di lui e della terribile sciagura, nazionale e continentale, politica e finanziaria, che si abbatterà sul popolo in caso qualcuno vada a votare Grillo, ma anche Farage e Le Pen.
A torto o ragione, un drammatico errore strategico. Con Renzi che fatica a conquistare i titoli e leader come Alfano che, se non presentasse un libro al giorno sulla Polizia, diresti che sia andato in vacanza in Kazakhstan.
Come al solito, il più “onesto” della compagnia, quello che canta più chiaro, è anche colui che sta messo peggio. Silvio Berlusconi ha in mano sondaggi con un numero che notoriamente porta male e che non trova spazio sugli aerei.
E allora confessa: “In caso di vittoria dei Cinque Stelle, bisogna andare subito a elezioni politiche”.
Poi, non pago del suddetto numero, aggiunge un accorato appello al “voto utile”. Chi ha qualche anno in più ricorderà che l’appello al “voto utile” è stato la lunga marcia funebre della Democrazia cristiana prima di ogni elezione.
L’ex Cavaliere del lavoro si è esibito all’Eur, perché piazza del Popolo è occupata da Renzie. Il premier in carica continua a dipingersi “forza tranquilla” e “speranza”, in contrapposizione alla “rabbia” dei grillini. In più dice che porterà lì’Italia fuori dalla palude e dalle “sabbie mobili di chi gioca sulle rendite”. Se finanziarie o di posizione, lo scopriremo solo votandolo.
Grillo invece lancia la mobilitazione globale in vista della manifestazione (oceanica, off course) di domani a Roma, in piazza San Giovanni. Tra i suoi, la convinzione di arrivare testa a testa con il Pd è quasi granitica.
Assai ottimista anche Alfano per il suo Ncd e per il governo tutto: “Io credo che il governo uscirà rafforzato dal voto”. Solo, non ha specificato quale governo.
BRUSH HOUR! LEGGI OGGI LE NOTIZIE DI DOMANI - OLTRE ALLA RETATA QUOTIDIANA (OGGI TOCCAVA AI BANCHIERI, I MEDICI SONO PREOCCUPATI), IL PALAZZO FA I CONTI CON IL CICLONE GRILLO - BERLUSCONI AMMETTE CHE VINCE BEPPONE E SI PORTA AVANTI: SUBITO ELEZIONI
La retata di banchieri impreziosisce un finale di campagna elettorale all’insegna del grande cagotto. I barbari grillini sono alle porte e il Berlusca chiede già le elezioni anticipate. Anche Renzi e tutti gli altri costretti a parlare solo dei Cinque Stelle. Ma uno che ci crede, al governo, ancora c’è. Si chiama Alfano e dice: “Credo che il governo uscirà rafforzato dal voto”…
Francesco Bonazzi per Dagospia
Tra una retata e l’altra (oggi è toccato ai banchieri amici dei politici della scorsa settimana) il Palazzo si prepara a fronteggiare il prevedibile scossone delle elezioni europee con lo stesso entusiasmo di una Papi-girl affidata alle Dame di San Vincenzo.
Se davvero domenica Grillo farà il botto che dice lui, ma che in realtà si aspettano anche i suoi avversari, bisognerà ammettere che sulle strategie di marketing e comunicazione elettorale se li è incartati tutti. Oppure, se si preferisce vederla dal punto di vista del cosiddetto “Paese reale”, toccherà riconoscere che dal suddetto Paese reale sta arrivando ai partiti un sonoro vaffa.
In quest’ultima settimana non si è parlato altro che di Beppone Grillo e del suo movimento che terrorizza Napolitano, Renzi, Berlusconi e Draghi.
Tutti a contro-cianciare di lui e della terribile sciagura, nazionale e continentale, politica e finanziaria, che si abbatterà sul popolo in caso qualcuno vada a votare Grillo, ma anche Farage e Le Pen.
A torto o ragione, un drammatico errore strategico. Con Renzi che fatica a conquistare i titoli e leader come Alfano che, se non presentasse un libro al giorno sulla Polizia, diresti che sia andato in vacanza in Kazakhstan.
Come al solito, il più “onesto” della compagnia, quello che canta più chiaro, è anche colui che sta messo peggio. Silvio Berlusconi ha in mano sondaggi con un numero che notoriamente porta male e che non trova spazio sugli aerei.
E allora confessa: “In caso di vittoria dei Cinque Stelle, bisogna andare subito a elezioni politiche”.
Poi, non pago del suddetto numero, aggiunge un accorato appello al “voto utile”. Chi ha qualche anno in più ricorderà che l’appello al “voto utile” è stato la lunga marcia funebre della Democrazia cristiana prima di ogni elezione.
L’ex Cavaliere del lavoro si è esibito all’Eur, perché piazza del Popolo è occupata da Renzie. Il premier in carica continua a dipingersi “forza tranquilla” e “speranza”, in contrapposizione alla “rabbia” dei grillini. In più dice che porterà lì’Italia fuori dalla palude e dalle “sabbie mobili di chi gioca sulle rendite”. Se finanziarie o di posizione, lo scopriremo solo votandolo.
Grillo invece lancia la mobilitazione globale in vista della manifestazione (oceanica, off course) di domani a Roma, in piazza San Giovanni. Tra i suoi, la convinzione di arrivare testa a testa con il Pd è quasi granitica.
Assai ottimista anche Alfano per il suo Ncd e per il governo tutto: “Io credo che il governo uscirà rafforzato dal voto”. Solo, non ha specificato quale governo.
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