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Forum per un "Congresso della Sinistra" ... sempre aperto • Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la SX? - Pagina 31
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la

Inviato: 28/10/2013, 15:54
da camillobenso
peanuts ha scritto:La domanda è anche un'altra
Quale sinistra vogliamo?
Se vogliamo la sinistra che guardi ancora al centro, difficile combinare qualcosa
Se vogliamo la sinistra che restituisca i beni essenziali e i servizi essenziali al pubblico, che crei occupazione con l'innovazione tecnologica e guardando alla sfida ambientale, che riduca i compensi mostruosi dei manager pubblici, che si riprenda quello che è stato svenduto ai privati per due euro allora questa è la mia sinistra

Ma gli italiani la vogliono?


Analisi storica della sinistra italiana tra il 1945 e il 2013.

Tra il 1945 e 1994, la sinistra italiana rappresentata dal partito di maggior peso il Pci, ha cercato di far crescere il mondo del lavoro, dei pensionati, il Paese in genere dal punto di vista sociale.

Tra il 1994 e il 2013, gli eredi, i figli e i nipoti di quelle generazioni hanno distrutto tutto quello che è stato costruito a fatica in precedenza.

Basterebbe fare il calcolo totale delle ore di sciopero effettuate tra il 1945 e il 1994, e quindi quanto salario è stato sacrificato per comprendere quanto denaro è stato speso, è occorso per ottenere salari e diritti in mezzo secolo.

*****

La sinistra italiana

Da Wikipedia

La sinistra in ItaliaLa prima volta che in Italia entrò in uso il termine "sinistra" fu in riferimento della Sinistra storica, che governò il Paese dal 1876per vent'anni con Agostino Depretis. La matrice ideologica del raggruppamento era liberale progressista, e si rifaceva alle ideemazziniane, garibaldine e dunque democratiche. Negli anni di governo della Sinistra storica, si fecero strada alcune forze politiche allora catalogate come "estrema sinistra": il Partito Repubblicano Italiano e il Partito Radicale storico. La Sinistra storica venne poi succeduta al governo del Paese dalla cosiddetta Sinistra liberale, cioè dall'ala più progressista dello schieramento liberal-conservatore.
Nel Novecento maggiori partiti di sinistra attivi sono stati il Partito Socialista Italiano (il partito più antico, poi Socialisti Italiani eSocialisti Democratici Italiani, oggi di nuovo Partito Socialista Italiano), il Partito Comunista Italiano (in seguito Partito Democratico della Sinistra e Democratici di Sinistra) e il Partito Socialista Democratico Italiano, entrambi nati da scissioni del primo. Non mancarono poi partiti più moderati, ma comunque ascrivibili alla sinistra sotto certi profili: il Partito Radicale e lo stesso Partito Repubblicano Italiano.
Oggi all'area "moderata" o "riformista" della sinistra (detta anche centro-sinistra) appartengono il Partito Democratico, che tuttavia ha al suo interno significative componenti centriste, il già citato Partito Socialista Italiano, che presidia la sinistra tradizionale, e i Radicali Italiani (che si considerano, però, una forza politica che va al di là dei tradizionali schieramenti di destra e sinistra); all'area della sinistra aderiscono a diverso titolo: la Federazione dei Verdi, Sinistra Ecologia Libertà, il Movimento RadicalSocialista, il Nuovo Partito d'Azione, il Partito Umanista, e i cosiddetti partiti di sinistra radicale (il Partito dei Comunisti Italiani e il Partito della Rifondazione Comunista, che fanno parte, con forze minori, della Federazione della Sinistra). Altre formazioni, denominate di estrema sinistra, ma che comunque partecipano alle elezioni, sono il Partito Comunista dei Lavoratori e Sinistra Critica.
La sinistra extraparlamentare è stata rappresentata, in passato, da diverse formazioni. Le più importanti furono Potere Operaio,Lotta Continua, Avanguardia Operaia, Movimento Lavoratori per il Socialismo, Autonomia Operaia. Attualmente uno dei gruppi di rilievo dell'area extraparlamentare di sinistra[senza fonte] è Lotta Comunista.




La sinistra italiana quindi è rimasta viva fino al 1994, poi è iniziata una lunga agonia fino all’estinzione dopo l’ultimo tentativo di rianimazione da parte di Romano Prodi.

Vuol dire che è finito il primo ciclo storico iniziato nel 1876 con la Sinistra storica.

Le sfide che attendono la società italiana sono terrificanti e la sinistra italiana inizierà il secondo ciclo storico.

Solo che sembra che manchino gli uomini e manchi soprattutto la cultura adatta alla nuova sinistra.

Manca chi sappia guidare la sinistra sia dal punto i vista operativo che culturale.

Come avviene in natura, il travaglio e il parto non saranno indolori.

Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la

Inviato: 28/10/2013, 18:15
da camillobenso
Caro Vendola, la facciamo la rivoluzione in Sel?
di Jacopo Fo | 28 ottobre 2013Commenti (0)



Hai aperto un grande dibattito ora possiamo mettere ai voti alcune decisioni?

Ho molto apprezzato la tua disponibilità al dialogo, la tua voglia di sentire le opinioni di chi come me non fa parte di Sel ma è vicina al tuo modo di pensare.
E ti ringrazio per aver pubblicamente ripetuto che le mie proposte sono ipotesi da prendere in considerazione.
Scrivo quindi questo articolo per fare un ulteriore passo in avanti nel dibattito e coinvolgendo i lettori di questo blog, aderenti e non aderenti al Sel, per ottenere un arricchimento e una verifica sulla quantità di persone che condividono questo modo di pensare. E se ci sarà consenso intorno a questo piano d’azione sarà forse utile per aprire una discussione interna a Sel e vedere se certe azioni si vogliono veramente adottare.

Quindi in questo articolo tralascio ideali e principi che sono il nostro comune punto di partenza e vado subito al sodo e propongo 4 azioni.

Centomila di posti di lavoro. Miliardi risparmiati per le famiglie.
Possiamo creare lavoro anche se stiamo all’opposizione. Oggi esistono gli Ecobonus per la casa, sgravi fino a 50/60 mila euro per chi ristruttura in modo energeticamente efficiente. Ma nella situazione attuale le famiglie dei lavoratori che più avrebbero interesse a tagliare del 50% la loro bolletta energetica non sfrutteranno questa occasione a causa della disinformazione, della caoticità del mercato delle ecotecnologie e alla difficoltà di reperire finanziamenti bancari.

È esattamente quel che è successo per il fotovoltaico, il governo Prodi ha varato una legge ottima ma poi quasi nessuno è andato a spiegare alle famiglie italiane che era una grande opportunità per l’ambiente e per le loro tasche.

Chi lo ha fatto ha ottenuto buoni risultati, noi, ad esempio, abbiamo creato un gruppo d’acquisto fotovoltaico con 350 famiglie. Ma cosa sarebbe successo se una grande organizzazione come Sel si fosse impegnata?
Oggi Sel potrebbe dare vita, usando in modo ammirevole il finanziamento pubblico, a un sistema di assistenza alle famiglie che intendono tagliare la loro bolletta energetica, e stipulare una serie di accordi con banche e aziende, verificando prezzi, garanzie e standard tecnici. In questo modo potremmo rendere semplice e sicuro migliorare la propria casa ma anche comprare in cooperativa case e ristrutturarle.
Quindi potremmo dare vantaggi concreti alle famiglie e creare contemporaneamente posti di lavoro.
Non è semplice ma noi lo abbiamo fatto con 350 famiglie, con l’appoggio di Sel, fatte le debite proporzioni, potremmo offrire un servizio di assistenza a 350mila famiglie.

Sarebbe una novità, nell’avvilente panorama nazionale, un partito che si presenta dicendo: “Per adesso ti aiuto a migliorare la tua casa e risparmiare, quando saremo il primo partito italiano miglioreremo l’Italia…” Un rovesciamento assoluto di logica! E anche un modo per selezionare i dirigenti del partito sulla base delle loro capacità di essere militanti al servizio del popolo.
Militanti al servizio del popolo suona strano, un po’ trombonesco… retorico… Ma cosa vogliamo che siano i militanti di un partito? E se vuoi essere al servizio del popolo come fai se non scendi in campo a misurarti con i problemi reali: muri e tubi della vita delle persone?

Tagliamo un miliardo di euro di costi dei comuni senza avere la maggioranza in parlamento.
L’assurdità del sistema Italia è tale che alcuni problemi potremmo risolverli per via legale. E riuscirci sarebbe proprio una bella novità: “Caro Elettore, abbiamo tagliato lo spreco senza neanche avere la maggioranza, immagina cosa faremmo se tu ci votassi…”
Si dà il caso che la legislazione italiana contenga un’anomalia delirante: siamo l’unico paese al mondo a prevedere l’obbligo per i comuni di costruire cimiteri che non sono semplici appezzamenti di terreno dove i morti vengono seppelliti ma vere e proprie follie. Un cimitero italiano è una una scatola di cemento armato, dotata di tutta una serie di sistemi di scolo delle acque e di impermeabilizzazione e di un muro di recinzione alto due metri… Questa scatola enorme viene poi riempita di terra e quindi vengono sepolti i morti… Questo sistema è delirante perché già le bare sono sigillate e non c’è nessuna possibilità che sostanze organiche si infiltrino nel terreno attraversando le pareti metalliche che ne rivestono l’interno. E se anche questo dovesse accadere basterebbe uno strato di calce viva per scongiurare rischi sanitari.
Pensare oggi di modificare queste disposizioni per via parlamentare è utopico. Si potrebbe invece ricorrere al Tar, alla Corte Costituzionale e al Tribunale Europeo e chiedere che la legge venga invalidata per manifesta demenzialità.
Riuscirci vorrebbe dire liberare i comuni (e quindi i cittadini) da una tassa occulta, ignobile e idiota… Folle tanto più in un momento drammatico come questo.
(Sulla lotta legale per la razionalizzazione del sistema nel 2010 avanzai altre proposte che qui non c’è lo spazio per citare, in una lettera a Di Pietro che mi rispose pubblicamente in maniera entusiastica avvallando con la sua esperienza di giudice la possibilità di utilizzare lo strumento legale per imporre cambiamenti. Poi fu colpito da amnesia selettiva…)

Aiutiamo i comuni italiani a risparmiare denaro sostituendo le lampadine dei lampioni. Si risparmierebbero centinaia di milioni.
Oggi una delle voci di spreco più notevoli per i comuni è il fatto che si usano lampadine antiquate. La sostituzione con i led oggi è possibile e taglia del 90% la spesa elettrica e il costo degli operai che sostituiscono le lampadine ogni 3mila ore circa. Le lampadine a led durano più di 80mila ore. Sono decine i comuni che hanno dimostrato che è possibile farlo e conviene. Ma Padova è l’unica città italiana dove, con Zanonato e il professor Fauri, siamo riusciti a farlo. Ristrutturando anche i sistemi di riscaldamento abbiamo ottenuto un risparmio annuo di un milione e mezzo di euro. E anche una dozzina di riconoscimenti nazionali e internazionali. Sel potrebbe creare un ufficio di consulenza per i comuni, che proponga i percorsi burocratici e finanziari migliori, e una consulenza centralizzata? Le grandi città italiane hanno bollette che superano i 20 milioni di euro ognuna. Imponiamo con una campagna di informazione che si smetta di sprecare questa montagna di denaro. Se partiamo subito potremo vedere nuovi lampioni entro il 2014.

Mettere sul mercato milioni di euro di prodotti destinati alle discariche o dimenticati negli armadi, permettere alle famiglie di comprare merci a basso prezzo, creare migliaia di posti di lavoro.
Sel ha assessori in centinaia di comuni italiani dove non esistono mercati dell’usato e militanti in centinaia di associazioni solidali.

Lanciamo una campagna per organizzare mercati dell’usato ovunque. E organizziamo una rete di cooperative sociali che prendano mobili e elettrodomestici destinati alle discariche, li aggiustino e li vendano nei mercati dell’usato. È un’azione che si potrebbe realizzare in pochi mesi e darebbe vantaggi concreti a molti…

Caro Vendola, cari lettori, che ne dite di queste tre proposte? Lo facciamo?

Qui il video del mio intervento all’ assemblea Sel del 26 ottobre

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/10 ... el/759170/

Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la

Inviato: 02/11/2013, 18:50
da aaaa42
un compagno chiedeva di analizzare le 4 mozioni presentate dai candidati del PD.
condivido il metodo .
la mission la ritengo impossibile.
ci vorrebbero dei professionisti della politica. Persone che fanno politica per lavoro.
io mi limito a riportare la mozione Civati come contributo politico a tutta la sinistra SOLO su questi
punti :

1) Politica Economica
2) Reddito Minimo Garantito e Ammortizzatori Sociali
3) Albi Professionali.

3) La rivoluzione di Pippo Civati è una grande sorpresa sono gli ALBI PROFESSIONALI
Si tratta del punto di forza della rivoluzione civettiana sicuramente la parte migliore della sua relazione-mozione.
Manca la storia degli albi professionali ma questo è comprensibile in una mozione
2) A mio avviso molte interessante e scritta da veri COMPETENTI la parte Reddito Minimo Garantito,
le cose scritte sono tutte importanti e fondamentale ,
non mi convince la parte riguardante la cassa integrazione straordinaria, si tratta di un istituto che è importante sia sotto il profilo aziendalistico che sotto il profilo giuridico.
aggiungerei una analisi sul CONCORDATO PREVENTIVO che sta dilagando nell' attuale crisi economica.
1) Deludente a mio avviso ( giudizio di valore soggettivo) la parte sulla Politica Economica linguaggio generico e vagamente nuovista.
manca il 1 e 3 libro IL CAPITALE di Carlo Marx e manca totalmente la TEORIA GENERALE di Jhon Maynard Keynes .
Per la politica industriale manca LA PRODUZIONE INDUSTRIALE di Pasquale Saraceno.
Questo dovrebbero essere i driver conoscitivi di base per un discorso sulla POLITICA.
L' analisi sull' Europa sembra ultraconvenzionale, alla ricerca di una EUROPA POLITICA senza indicare gli strumenti politici giuridici e SOCIALI per passare dalla Europa degli Stati all' Europa dei cittadini.
Manca una analisi sulla teoria della moneta e sull' euro. Senza un discorso sui dintorni dell' euro non si va da nessuna parte.

il testo della mozione ( estratti) :-------------------------------------------------------------------

1) PER UN’ECONOMIA POSITIVA

Per il Pd, la centralità del lavoro ha sempre rappresentato un tratto identitario forte, sin dalla
fondazione. Certo, il ruolo del lavoro per l'economia, per lo sviluppo della persona, per la
coesione sociale è da ripensare e aggiornare, ma non se ne può smarrire l'importanza centrale.
Eppure non si può dire che si siano raggiunti risultati notevoli. Anzi. La Ue si pone l’obiettivo di
più occupazione, di migliore qualità. Aver scelto la via della compressione dei salari e delle
retribuzioni in genere (la “svalutazione interna” a fronte della moneta unica) non ha reso il paese
più competitivo ma più povero e sempre più ingiusto. La Costituzione ci indica la strada,
inquadrando l'attività di impresa in finalità sociali che la politica promuove e indirizza. È ora che
la politica torni a puntare sulle imprese che compiono le scelte più utili alla ripresa economica e 61
a sostenere gli sforzi delle aziende proiettate verso produzioni competitive, per qualità e
originalità dei prodotti, per innovazione e efficacia dei processi.

La politica farà la sua parte proponendo opzioni precise: “via alta”: l’innovazione, la
valorizzazione della componente lavoro, la sostenibilità; produzioni di beni e servizi che
presentano caratteristiche di unicità (“non replicabili”); misure per crescita dimensionale,
cooperazione territoriale e cluster innovativi; affiancare i giovani che avviano nuove iniziative
imprenditoriali; rivisitando le strutture che dovrebbero farlo, destinando maggiori risorse e
disboscando l'intrico di norme che ostacolano la creazione di impresa e facilitare lo startup di
impresa (incentivi per i primi 3 anni di attività); sostenere le Pmi nell'accesso al credito dove i
tassi sono più onerosi, alleviare il rischio di impresa (con strumenti finanziari: microcredito, fondi
rotativi); promuovere il ricorso a venture management; fronteggiare le crisi aziendali, associando
misure di emergenza e sostegno alla riconversione con responsabilizzazione delle imprese.

Accesso basato sulla formazione, non sulla precarietà

Il mercato del lavoro, basato su un dualismo inaccettabile, deve porre termine alla
discriminazione dei giovani garantendo un accesso basato sulla formazione e non sullo
sfruttamento della precarietà:

Si deve tradurre nei fatti la formula, semplice e chiara, lanciata con il programma di Italia Bene
Comune: il lavoro flessibile e discontinuo deve costare più di quello stabile. Altrimenti significa
precarietà.

Equa distribuzione dei redditi e equa remunerazione (il “lavoro di qualità”) devono andare di pari
passo. Nei dieci anni in cui è stata al Governo la destra ha mirato sistematicamente a ridurre e,
in più di un caso, eliminare ogni forma di tutela normativa e di regolazione degli accessi. La
pretesa era che si sarebbe reso più facile l’accesso al lavoro con un conseguente aumento di
occupazione. Invece, l'occupazione è rimasta al palo, è peggiorata per i giovani, in particolare
nel Sud. Più di 2/3 delle assunzioni sono a tempo, di breve durata, è dilagato un lavoro
formalmente autonomo privo di autonomia sostanziale, senza potere contrattuale.

Per l’obiettivo di un lavoro di qualità ed equamente remunerato occorre creare un adeguato
sistema di convenienze per premiare il ricorso lavoro stabile ed introdurre contrappesi nei
contratti flessibili.

 diminuire, già nell’immediato, le tasse sui redditi da lavoro;
 alleggerire gli oneri indiretti (fiscali e contributivi) sul lavoro stabile, IRAP e IRES, e
contributivi (senza pregiudizio del montante INPS) sul lavoro stabile, in quanto
rapporto ”tipico”;
 introduzione nei contratti flessibili di contrappesi attraverso la contrattazione (parametri
retributivi, formazione, tutele e diritti): introduzione del contratto unico di inserimento;
modello standard di accesso per i giovani, con apprendistato professionalizzante, con
una durata minima e massima fissata nella contrattazione, tipologie di prestazioni,
garanzie per l’effettivo contenuto formativo, esigibilità contrattuale della qualificazione
conseguita: in generale, non uscire dalla scuola senza esperienze di lavoro, non entrare
al lavoro senza formazione iniziale;
 un salario minimo definito tramite accordo interconfederale sulla base dei minimi
contrattuali vigenti nella contrattazione di categoria
62
Negli anni del Governo della destra abbiamo assistito a un’offensiva su più fronti (welfare, diritti
sul lavoro, previdenza) che ha portato a un sensibile regresso. Si deve cambiare strada:
scommettere sul dialogo tra le parti sociali senza impedire il conflitto ma impegnando le istituzioni
per favorire un suo esito funzionale agli interessi generali (sviluppo equo e sostenibile, coesione
sociale). Promuovere un'impresa attenta ai fini sociali, con modelli di gestione aperti alla
partecipazione dei lavoratori e un sindacato la cui rappresentatività sia basata (e misurata) su
regole democratiche e trasparenti.

In base all'accordo sindacati-Confindustria sui livelli di contrattazione (oltre a parti dell'accordo
per Expo 2015) e al pronunciamento della Consulta sull'art. 19 esistono le condizioni per definire,
concertandola con le parti sociali, una legge di attuazione degli articoli 39 e 46 della Costituzione
basata su: piena autonomia delle rappresentanze; criteri obiettivi di rappresentatività sia a livello
nazionale, per la stipula dei contratti, che a livello aziendale, per le parti dei contratti nazionali
rinviate a quel livello così come per questioni specifiche inerenti la gestione aziendale; certezza
di basi giuridiche ai contratti di lavoro; forme di democrazia industriale che senza sostituirsi al
conflitto distributivo, nella separazione dei ruoli, prevedano un intervento dei lavoratori nella
gestione delle imprese maggiori (come valore aggiunto, non come orpello, o minaccia).

Reddito minimo garantito e ammortizzatori universali

Da cosa deriva la nostra spesa in eccesso rispetto ai migliori paesi europei? Il nostro livello di
spesa è dovuto principalmente a due ragioni: un sistema retributivo sballato e la concessione
in passato di pensionamenti a persone troppo giovani.


Con il sistema retributivo l'importo della pensione non era proporzionale ai contributi versati
durante la vita lavorativa ma calcolato sulla base dell'ultimo stipendio. La trasformazione
demografica del nostro paese, con la crescita esponenziale del numero di pensionati rispetto
ai lavoratori, ha però fatalmente alterato i conti. A questo vanno aggiunte una serie di scelte
politiche scriteriate (come l'elargizione di pensioni di invalidità non giustificate, la divisione
organizzativa creata per favorire alcune categorie professionale, o ancora la possibilità per le
madri di andare in pensione dopo quattordici anni di servizio) che hanno accresciuto la
frammentazione e l'inefficienza del sistema. Per far fronte a questa situazione tra il 1992 e il
2012 si sono susseguite una serie di riforme che hanno ridotto la generosità dei criteri di
rivalutazione delle pensioni; accresciuto il numero di anni di contribuzione per accedere alla
pensione di anzianità; innalzato l'età di pensionamento; istituito la possibilità di creare fondi
complementari privati; trasformato il sistema da retributivo a contributivo.

Questo significa che chi ha iniziato a contribuire prima del 1978 riceve una pensione che oscilla
tra l'80 e il 100% dell'ultimo salario netto, mentre chi ha iniziato dopo il 1996 riceverà circa il
50% di esso. Gli sperperi, i costi e la cattiva gestione del sistema pensionistico sono tutti a
carico di chi ha iniziato a lavorare dopo il 1978 ed in particolare dopo il 1996.

Sulla base di questo ragionamento, visto che non si può tornare indietro, dobbiamo trovare dei correttivi che
consentano di ricalibrare almeno in parte il sistema. I pensionati con regola retributiva non sono
tutti uguali. Sulla base dei dati analizzati da Emanuele Ferragina, si evince che in Italia ci sono
18,6 milioni di pensionati: circa 11,6 milioni (il 63% del totale) ricevono una pensione sotto i
1000 (533 euro al mese di media); circa 5 milioni (il 26% del totale) ricevono una pensione
compresa tra i 1000 e i 2000 euro; circa 2 milioni (l'11% del totale) ricevono una pensione
superiore ai 2000 euro (2909 euro al mese di media).

Se a questo aggiungete che sulla base della regola retributiva i due milioni di pensionati più
ricchi ricevono una pensione per cui in media hanno contribuito solo per metà. I soldi ottenuti
dalla tassazione aggiuntiva delle pensioni più alte e da una maggiore tassazione sul patrimonio
andrebbero tutti investiti sul mercato del lavoro, istituendo il reddito minimo garantito e il
sussidio universale di disoccupazione.

Ci troviamo di fronte al paradosso di uno stato sociale che accresce la disuguaglianza offrendo
ingenti trasferimenti monetari a chi non ne avrebbe bisogno. Gli assegni familiari e i sussidi di
disoccupazione non arrivano quasi mai alle fasce più povere: i primi sono riservati ai lavoratori
dipendenti e ai pensionati, i secondi proteggono solo chi ha già guadagnato l'accesso a
un'occupazione stabile e regolare.
Per questa ragione le politiche per il lavoro e quelle per la
famiglia vanno ripensate in senso universalistico. La strada maestra è indicata con chiarezza
dal successo dei paesi scandinavi, che hanno perseguito importanti riforme nel passato e ora
raccolgono i dividendi di scelte coraggiose e lungimiranti. Esistono due misure attuabili in tempi
brevi per riformare il sistema in chiave universalistica (riducendo i livelli di povertà e fornendo 64
una protezione adeguata a tutti): il reddito minimo garantito e gli ammortizzatori universali per i disoccupati.

Con meno di 20 miliardi di euro l'anno si potrebbero creare simultaneamente il reddito minimo
garantito e il sussidio universale di disoccupazione, cambiando in modo radicale il nostro
mercato del lavoro e accrescendo il livello di tutele per i più poveri e per coloro i precari.
Potrebbe sembrare paradossale, ma in Danimarca, dove la protezione sociale per i lavoratori
è molto elevata, è più facile licenziare un lavoratore a tempo indeterminato rispetto all'Inghilterra
(dove la protezione sociale è molto più bassa): la protezione non si basa sul rendere rigide e
impercorribili le vie che portano al licenziamento ma sul prendere per mano il lavoratore, che
per varie ragioni (competenze obsolete, ciclo economico negativo in un settore) si trova
disoccupato. Tutto ciò avviene attraverso la garanzia di un reddito sostanziale per l'intera
durata del periodo di inattività, e l'offerta regolare di opportunità formative per rientrare nel
mercato del lavoro in una posizione più forte rispetto a quella precedente.

Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la

Inviato: 02/11/2013, 19:42
da camillobenso
Nota per aaaa42

1) Noi siamo in crisi da crescita già dall’anno 2000. La responsabilità dipende da una classe politica di squali – tigre intenzionata a spolpare il gettito verso lo Stato senza alcuna remissione.
Inoltre, alla presenza di una nuova classe imprenditoriale scadente più propensa alla prenditorialità che alla imprenditorialità.

2) Nell’ottobre 2008, quando si affaccia la crisi dei derivati, alla guida del Paese ci sta la coppia Berlusconi – Tremonti.
Se ci fosse stato Prodi il disastro non avrebbe raggiunto queste dimensioni.
Non che non avremmo risentito della crisi, ma non sarebbe stata affrontata in questo modo, da fallimento totale.

3) Quando nel novembre 2011, Berlusconi lascia, era necessario un grande shock economico. Monti invece si limita a prendere ordini dall’Europa solo per tenere in ordine i conti dello Stato.
Anche la casalinga di Voghera era in grado di capire che bisognava entrare drasticamente nel sistema economico per salvare impresa e occupazione.

4) Letta segue al ribasso la politica montiana, incrementando il fallimento economico.
Da due anni necessita un’intervento shock, se si vuole salvare il salvabile.

Dai quattro canditati alla segreteria non viene presentata una progettazione efficace per arrestare la caduta del mondo dell’impresa e la conseguente OCCUPAZIONE.

Sostanzialmente trattano tutto come un normale avvicendamento di potere.

Non esiste niente che sappia guardare in avanti per i prossimi dieci anni.

In modo particolare, quando fanno proposte, non allegano mai le modalità di copertura reali e praticabili.

Bene o male nelle prossime settimane il Caimano sarà messo da parte, anche se non del tutto.

Con il 18 % che gli assegnano tutti gli istituti di ricerca, non sarà più in grado di esercitare lo stesso strapotere dell’ultimo ventennio.

Quindi, in teoria, dovrebbe nascere la Terza Repubblica.

Ma in realtà stiamo a zero perché mancano uomini e idee.


PS. IN QUESTA MALEDETTISSIMA CRISI LA CASTA SI LAMENTA SEMPRE DELLA MANCANZA DI SOLDI.

MA EVITA SEMPRE DI ATTIVARE I NOSTRI POZZI DI PETROLIO INESAURIBILI.

SI TRATTA DEL TURISMO.

NOI SIAMO NELLE CONDIZIONI DI FAR PORTARE DENARO IN ITALIA, MA UN GRUPPO DI POLITICANTI DI QUARTA CATEGORIA DEDITI A DEPREDARE LO STATO, NON CI PENSA NEPPURE AD ATTIVARE LE POMPE DI ESTRAZIONE DI QUEL PETROLIO CHIAMATO TURISMO.

Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la

Inviato: 03/11/2013, 19:41
da aaaa42
per il conte Camillo

il punto 1 e 2 mi sembrano fuori tema rispetto alla mozione Civati.

non mi sembra che sia SOLO un problema di classe politica.

Togliatti che è lontano dal mio modo di pensare la politica studiava Hegel
questa classe politica è NULLA ma mi sembra molto LIMITATO pensare che questa sia il motivo per cui l' Italia è in piena crisi economica.

il tuo punto 3)
3) Quando nel novembre 2011, Berlusconi lascia, era necessario un grande shock economico. Monti invece si limita a prendere ordini dall’Europa solo per tenere in ordine i conti dello Stato.
Anche la casalinga di Voghera era in grado di capire che bisognava entrare drasticamente nel sistema economico per salvare impresa e occupazione.

su questo sono d' accordo con te ma non leggo una tua PROPOSTA.

Civati su questo punto è un disastro, non conosco le proposte degli altri candidati.

Nixon chiese un intervento all' economista americano, naturalizzato Leontief , premio nobel economia
Leontief scrisse l' articolo ' For a National Economic Planing Board' per il congresso USA.
sarebbe utile parlarne.
E fondamentale che Pippo e i suoi lo leggano.
Caro conte Camillo siamo qua a piangere....Nixon !!!

Civati su Monti e Letta fa una critica al modello mercantilista di tipo generico, manca la critica marxista al modello neoliberista dell' accumulazione del capitale ( ancora attuale) mentre anche se molto in sinteci c è nella mozione Civati una critica al mercantilismo.

Caro Conte Camillo conosco poco il Piemontese ma questo che dici :

'In modo particolare, quando fanno proposte, non allegano mai le modalità di copertura reali e praticabili.'
mi sembra INGIUSTO per Pippo , nel Reddito Minimo Garantito la mozione Civati e molto dettagliata
c è molta COMPETENZA nella materia e anche i finanziamenti sono puntuali.

il mio dubbio è ove dice che 14 miliardi all' anno per i pensionati ' retributivi' sono troppi.
a parte le pensioni d' oro ( nella legge di stabilità si abbattono con il contributo di solidarietà ma si aumentano il doppio di quanto tolto con la rivalutazione !! ) comunque a parte le pensioni d' oro i pensioni ' retributivi' quelli pochi che avevano uno stipendio medio buono 2.000 0 2.200 netti ,
questi pensionati sono la CLASSE MEDIA e Civati NON deve massacrare anche lui la classe media
, corpi intermedi del modello sociale europeo.

sul turismo non sono d' accordo con quello che tu scrivi.
troppo genericismo a mio avviso.

negli anni 70 si studiava l' economia con un modello economico a 16 settori industriali.
Si cercava di PROGRAMMARE l' ECONOMIA con un modello a 16 settori.
il turismo era uno dei 16 settori dell' economia italiana.

Oggi non abbiamo settori economici e non abbiamo strumenti di analisi e di intervento per il sostegno e lo sviluppo dell' economia,
vale per il turismo ma vale per tutti i settori dell' economia.

per concludere :
nella mozione Civati le parole chiave POLITICA ECONOMICA e POLITICA INDUSTRIALE sono state utilizzate solo 2 volte.

Comunque MANCA UNA VISIONE SISTEMICA DI POLITICA ECONOMIA, manca l' idea di modello economico ,manca una VISION di Italia come COMUNITA ECONOMIA .

Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la

Inviato: 03/11/2013, 20:48
da camillobenso
aaaa42 ha scritto:per il conte Camillo

il punto 1 e 2 mi sembrano fuori tema rispetto alla mozione Civati.

non mi sembra che sia SOLO un problema di classe politica.

Togliatti che è lontano dal mio modo di pensare la politica studiava Hegel
questa classe politica è NULLA ma mi sembra molto LIMITATO pensare che questa sia il motivo per cui l' Italia è in piena crisi economica.

il tuo punto 3)
3) Quando nel novembre 2011, Berlusconi lascia, era necessario un grande shock economico. Monti invece si limita a prendere ordini dall’Europa solo per tenere in ordine i conti dello Stato.
Anche la casalinga di Voghera era in grado di capire che bisognava entrare drasticamente nel sistema economico per salvare impresa e occupazione.

su questo sono d' accordo con te ma non leggo una tua PROPOSTA.

Civati su questo punto è un disastro, non conosco le proposte degli altri candidati.

Nixon chiese un intervento all' economista americano, naturalizzato Leontief , premio nobel economia
Leontief scrisse l' articolo ' For a National Economic Planing Board' per il congresso USA.
sarebbe utile parlarne.
E fondamentale che Pippo e i suoi lo leggano.
Caro conte Camillo siamo qua a piangere....Nixon !!!

Civati su Monti e Letta fa una critica al modello mercantilista di tipo generico, manca la critica marxista al modello neoliberista dell' accumulazione del capitale ( ancora attuale) mentre anche se molto in sinteci c è nella mozione Civati una critica al mercantilismo.

Caro Conte Camillo conosco poco il Piemontese ma questo che dici :

'In modo particolare, quando fanno proposte, non allegano mai le modalità di copertura reali e praticabili.'
mi sembra INGIUSTO per Pippo , nel Reddito Minimo Garantito la mozione Civati e molto dettagliata
c è molta COMPETENZA nella materia e anche i finanziamenti sono puntuali.

il mio dubbio è ove dice che 14 miliardi all' anno per i pensionati ' retributivi' sono troppi.
a parte le pensioni d' oro ( nella legge di stabilità si abbattono con il contributo di solidarietà ma si aumentano il doppio di quanto tolto con la rivalutazione !! ) comunque a parte le pensioni d' oro i pensioni ' retributivi' quelli pochi che avevano uno stipendio medio buono 2.000 0 2.200 netti ,
questi pensionati sono la CLASSE MEDIA e Civati NON deve massacrare anche lui la classe media
, corpi intermedi del modello sociale europeo.

sul turismo non sono d' accordo con quello che tu scrivi.
troppo genericismo a mio avviso.

negli anni 70 si studiava l' economia con un modello economico a 16 settori industriali.
Si cercava di PROGRAMMARE l' ECONOMIA con un modello a 16 settori.
il turismo era uno dei 16 settori dell' economia italiana.

Oggi non abbiamo settori economici e non abbiamo strumenti di analisi e di intervento per il sostegno e lo sviluppo dell' economia,
vale per il turismo ma vale per tutti i settori dell' economia.

per concludere :
nella mozione Civati le parole chiave POLITICA ECONOMICA e POLITICA INDUSTRIALE sono state utilizzate solo 2 volte.

Comunque MANCA UNA VISIONE SISTEMICA DI POLITICA ECONOMIA, manca l' idea di modello economico ,manca una VISION di Italia come COMUNITA ECONOMIA .


I punti 1), 2), 3) 4) sono il riassunto stringato della storia socio economica che parte sostanzialmente dall’anno 2000 fino ai giorni nostri.


Il problema fondamentale italiano è che all’economia è strettamente legata la produzione, e di conseguenza L’OCCUPAZIONE.
L’OCCUPAZIONE è punto cardine di un Paese di trasformazione


I dati Istat di queste settimane presentano in continuazione una DISOCCUPAZIONE record.

L’Italia di fine ottocento presenta una società mista, una parte minoritaria dedita alla produzione e il resto all’agricoltura.

Per questo motivo l’emigrazione verso le americhe e l’Australia delle classi basse è stata piuttosto sensibile.

Tanto che 2 anni fa gli italiani nel mondo ammontavano a 60 milioni. Tanti quanti ne abbiamo oggi sul territorio nazionale compresi gli immigrati.

Nella prima metà del novecento, aumenta la produzione industriale a sfavore dell’agricoltura. L’Italia diventa un Paese di trasformazione.

Il secondo novecento segna la svolta, l’Italia si afferma come Paese di trasformazione mentre rallenta l’occupazione nell’agricoltura anche grazie all’impiego di nuovi macchinari. Un quindicina di anni fa l’Italia è diventata la settima potenza mondiale, grazie al suo sistema produttivo.

Ancora oggi, malgrado il declino inarrestabile siamo la seconda nazione manifatturiera europea dopo la Germania.

Siamo quindi, malgrado tutto un Paese di trasformazione. Ma da 13 anni tutto questo è stato disatteso sia dalla politica che dalla nuova classe imprenditoriale.

Malgrado tutto, la deprecata Dc si avvaleva del ministero della programmazione economico industriale.

Con la caduta delle ideologie e l’avvento delle cavallette e delle locuste al potere, tutto questo non serviva più.

Risultato?

Il fallimento totale e il declino inarrestabile.

Ovvio che ci vuole un grosso shock economico-produttivo-occupazionale se si è intenzionati ad andare avanti.

Tutto questo è completamente assente nell’intera classe politica, che vede solo la sopravvivenza della rendita di posizione della casta.

Dell’intero Paese non interessa nulla, anche perché da cavallette e locuste, pensano che basta continuare a spillare agli italiani 870 miliardi di euro all’anno, per far funzionare la baracca e il loro Centro Benessere.

Fanno finta di non capire che questo Paese è collassato e la mucca non può dare più latte.


LA PIRAMIDE E LA PIRAMIDE ROVESCIATA.


Nei primi anni del dopoguerra, fino all’incirca agli anni ’70, la piramide tronca produttiva-pensionistica, si trovava in posizioni ordinarie.

La base maggiore produttiva garantiva le pensioni alla base minore pensionistica.

Poi, piano piano la piramide tronca si è ribaltata.

La base produttiva più piccola della produzione doveva mantenere una base sempre più grande di pensionati.

E qui una parte del sistema è entrato in crisi.

Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la

Inviato: 08/11/2013, 1:18
da aaaa42
I doveri della sinistra
Il liberismo ha convinto per anni le maggioranze politiche che la sua ideologia fosse la strada migliore per realizzare la promessa di libertà. È il momento di riportare al centro la battaglia contro un pensiero che ci ha inculcato l'abitudine a leggere gli squilibri di potere come malasorte


di NADIA URBINATI
Come si può pensare di fare a meno della Sinistra in una società nella quale il tasso di disoccupazione ha superato il 12 per cento, la soglia di povertà è sempre più alta, e il senso di impotenza dei giovani e meno giovani ha effetti deprimenti sull'intera società? La domanda dovrebbe sembrare retorica e invece non lo è perché la Sinistra incontra difficoltà straordinarie a convincere i cittadini che di essa c'è bisogno. Non solo in Italia.

L'ostacolo è prima di tutto ideologico; non dipende dal fatto che la Sinistra non può dimostrare di avere una storia di successo: la costruzione dello stato sociale è avvenuta anche grazie alla Sinistra ed è stata una storia di successo. Dopo di che, però, le idee che erano della Sinistra - la liberazione dal bisogno, la dignità e la libertà individuale, e perfino l'eguaglianza delle opportunità - sono state per anni rappresentate dalla Destra; e fino allo scoppio di questa crisi, sembravano meglio realizzate dal liberismo la cui potente ideologia - "meno stato più mercato" - ha convinto per anni le maggioranze politiche, un poco dovunque, che questa fosse la strada migliore per realizzare la promessa di libertà. Quella della Sinistra è stata una sconfitta ideologica dunque, che dura da molti anni. Aggravata dalla crisi di legittimità dei partiti politici che sta cambiando la faccia della democrazia rappresentativa e che alimenta l'insoddisfazione per la politica praticata la quale a sua volta dà ossigeno ai populismi e al mito della politica anti-partititica. Un mito che appartiene sia ai demagoghi sia agli esperti di economia che sognano di liberare la politica dall'ideologia e di portare la competenza tecnica al potere.

Se non che le sorti possono cambiare - questo ha detto il nuovo sindaco di New York, Bill de Blasio. Possono cambiare se sappiamo spiegare di chi sono le responsabilità di questa crisi devastante: sono della Destra non della Sinistra, del giacobinismo liberistico che ha conquistato il palazzo d'Inverno prima a Londra e a Washington per poi mettere al bando in pochi anni la social-democrazia del vecchio Continente e dimostrare che al benessere diffuso si arrivava meglio e prima scatenando il capitale invece di responsabilizzarlo e regolarlo. Si tratta ora di deviare da questo percorso: la sfida non è facile, ma non utopistica come la vittoria del progressista de Blasio dimostra. Certo, ci vuole coraggio. Ci vuole la determinazione a recuperare il linguaggio e gli ideali che danno senso a questa sfida, la giustificano e, soprattutto, richiedono un soggetto politico che operi nel solco della tradizione social-democratica.

Gli ideali sono gli stessi che erano alla base della costruzione delle democrazie europee nel secondo dopoguerra, e che la reazione neo-liberista ha sminuito; tre in particolare: 1) l'eguaglianza, non solo delle opportunità legali ma anche delle condizioni sociali che consentono ai cittadini di intraprendere le loro scelte di vita con responsabilità; 2) il senso di sé delle persone, la fiducia nelle proprie forze progettuali che nasce dalla libertà dal bisogno; e 3) la dignità delle persone per ciò che sono, comunque esse siano.

Tre ideali sono contenuti nella nostra Costituzione e hanno spesso avuto come protagonisti attivi i cittadini che stanno ai margini, le minoranze morali e culturali appunto; coloro che hanno sperimentato e mostrato il valore del movimento e della partecipazione politica, spesso spontanea e non rappresentata dai partiti parlamentari: i movimenti femminili contro la violenza, per il lavoro e la non discriminazione nella carriera; quei cittadini che comprendono l'importanza di difendere beni comuni fondamentali, come la scuola e l'ambiente; gli omosessuali o chi ha differenze di stili di vita e di fede rispetto alla maggioranza - tutti questi protagonisti interpellano la collettività e la politica istituzionale nel nome di ciò che la democrazia promette: eguaglianza di considerazione e delle condizioni di partenza per poter esprimere se stessi; libertà dal bisogno che umilia la responsabilità individuale e rende passivi; libertà dall'offesa e dall'umiliazione che deriva dall'essere penalizzati per non appartenere alla parte giusta o alla maggioranza. Restituire alla Sinistra il significato progressista di emancipazione dalla servitù del bisogno - e per questo riportare al centro l'attenzione alle condizioni sociali della cittadinanza.

Il preambolo della nostra Costituzione rende perfettamente il significato di questi valori quando afferma che l'Italia è "una Repubblica fondata sul lavoro". Ci dice infatti che la libertà politica (la repubblica) è possibile perché i cittadini sono socialmente autonomi, non soggetti al dispotismo degli amministratori delegati, ma nemmeno al paternalismo della carità pubblica. La cittadinanza lancia un progetto ambizioso contro la povertà perché la tratta come un male non da lenire ma da sradicare. Alla povertà, la democrazia sociale del dopoguerra ha dato un nome preciso: assenza di lavoro, disoccupazione. Perché questo sistema politico si regge sulla possibilità di ciascuno di pensare a se stesso e alla cura dei figli; di farlo con dignità e per mezzo di un'attività che non umilia: il lavoro in cambio di un salario dignitoso e di diritti ad esso associati, da quello alla scuola, alla salute e alla sicurezza sociale. Mettere il lavoro alla base del sistema politico comporta rivederne il significato, il valore, il senso: significa emanciparlo dallo stigma della sofferenza facendone una condizione di possibilità ed emancipazione. Un'impresa titanica che la democrazia moderna è riuscita a compiere solo molto parzialmente e quando si è legata alla tradizione socialista non quando se ne è distanziata. Perché lavoro dignitoso e fiducia nelle proprie capacità stanno insieme e possono decadere insieme, come vediamo oggi. La cultura politica di una Sinistra democratica dovrebbe riportare al centro la battaglia contro un'ideologia che ci ha inculcato l'abitudine a leggere gli squilibri di potere come malasorte o sfortuna, la diseguaglianza nelle condizioni sociali come meritata sconfitta.
( da Repubblica )

Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la

Inviato: 08/11/2013, 7:06
da cielo 70
aaaa42 ha scritto:L'ostacolo è prima di tutto ideologico; non dipende dal fatto che la Sinistra non può dimostrare di avere una storia di successo: la costruzione dello stato sociale è avvenuta anche grazie alla Sinistra ed è stata una storia di successo. Dopo di che, però, le idee che erano della Sinistra - la liberazione dal bisogno, la dignità e la libertà individuale, e perfino l'eguaglianza delle opportunità - sono state per anni rappresentate dalla Destra.
Sicuramente la libertà individuale (almeno quella astratta dallo stato e non quella effettiva) è della destra liberale. La sinistra invece è per la libertà nello stato o positiva e ritiene che si realizzi se lo stato rimuove quelle barriere che impediscano un'effettiva fruizione dei diritti. Questo attraverso la promozione dell'uguaglianza. O almeno fino a poco fa era (e ancora deve essere) così.

Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la

Inviato: 11/11/2013, 0:08
da aaaa42
MERCATO CIVILE CONTRA MERCATO CAPITALISTICO
BENI VALORE D'USO contra BENI ( merci) VALORE DI SCAMBIO
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L’economia del mutuo soccorso

di Loretta Napoleoni | 10 novembre 2013


Tre anni fa su Wired lanciai l’idea dell’economia del mutuo soccorso, la cosiddetta pop economy perché gestita dal popolo, quest’estate il mio assistente storico, Federico Bastiani, ha trasformato nella sua strada, via Fandazza, la teoria in pratica.

Con un bambino piccolo, una moglie sud africana, tre lavori per arrivare alla fine del mese e le famiglie di entrambi lontane, Federico ha deciso di tentare di crearne una virtuale. Ha stampato al computer dei manifesti che ha distribuito nella strada, sopra c’era scritto quello che tutti ormai sognano: far parte di una comunità locale vera, dove ci si conosce e ci si aiuta reciprocamente, come succedeva ai tempi dei nostri nonni nei piccoli paesi e come ancora succede nelle comunità più povere, dove senza l’altro è difficile sopravvivere. La risposta è stata entusiasta, un successone che ci ha sorpreso entrambi. E’ dal 2008, infatti, che ripetiamo che l’unica soluzione alla crisi economica e politica, una catastrofe che sta letteralmente distruggendo il paese, è la solidarietà tra la gente e la creazione di comunità accentrate intorno ad economie locali e sono anni che veniamo derisi ed a volte anche insultati dagli ottimisti economisti di regime che invece suggeriscono di mettere in vendita ciò che è rimasto del patrimonio nazionale.

Ebbene via Fondazza a Bologna, la prima social street in Italia, sembra darci finalmente ragione. Chi ci vive ha aderito all’idea di condivisione con i vicini, dalla baby sitter fino alla festa di compleanno, perché l’iniziativa li arricchisce non solo socialmente ma anche economicamente. Un esempio: compro nei negozi locali, vado al cinema, al ristorante, al bar sotto casa e gli esercenti mi fanno uno sconto; chi parte invita i vicini a svuotare il frigo, gratis. Oggi lo faccio io domani lo fai tu e tutti ci guadagniamo.

Di via Fondazza in questi giorni se ne è parlato nei telegiornali, alla radio e su una buona fetta della stampa nazionale; sociologi, antropologi e perfino le agenzie immobiliari vogliono studiare il fenomeno, tutti si domandano se questo modello è replicabile, se in Italia, e chissà anche nel mondo, possano nascere centinaia di milioni di social street. Certo che è possibile, anzi è necessario, la globalizzazione ha reso il locale vulnerabile ai capricci di economie sconosciute, pensate a Prato, un tempo il centro di smistamento del tessile, da dove usciva il Made in Italy, oggi assomiglia ad un sobborgo di Shanghai. Chi l’avrebbe detto 20 anni fa che la delocalizzazione, tanto amata dai nostri industriali del tessile, avrebbe prodotto queste metamorfosi? Che ne è dei vecchi maestri, degli insegnanti, della profumiera di Prato, dove sono finiti i proprietari delle trattorie o gli operai delle fabbriche? Forse vivono in strade simili a via Fondazza e come i residenti della strada storica bolognese hanno un gran bisogno di appartenere ad una comunità.

Il successo della pop economy si chiama recessione, stagnazione, declino, processi che, è bene comprendere, ormai fanno parte del nostro quotidiano. Chi crede agli ottimisti economisti di regime che prima o poi torneremo ad essere ricchi, che l’economia si riprenderà, che questa è una crisi ciclica e così via si illude. Quello che stiamo vivendo è un cambiamento epocale, e se non troviamo il modo di contrastarlo tra dieci anni l’Italia sarà più simile alle nazioni del terzo mondo che alla ricca Germania.

La ricostituzione della piazza del paesino attraverso i servizi offerti dal Web2, la pop economy insomma, però non basta per farlo. E’ questa una verità che sociologi, antropologi ed agenti immobiliari ancora non hanno capito. Forse nel 2010, quando l’idea della pop economy è stata presentata al pubblico italiano, l’economia del mutuo soccorso poteva aiutarci a riprenderci attraverso una rivoluzione sociale ed economica dal basso – basta pensare all’energia rinnovabile creata dai rifiuti organici o alla creazione di start up agricole accentrate sulla condivisione – allora ancora esisteva una struttura industriale nazionale, una massa critica su cui lavorare, ma non oggi. Il 15% del settore manifatturiero in Italia, prima della crisi il più grande in Europa dopo la Germania, è stato distrutto e circa 32.000 aziende sono scomparse, sparite in pochi anni. Le casse dello stato sono sempre più vuote: a luglio i ricavi dalla tassazione diretta sono scesi del 7%; il rapporto deficit/Pil ormai supera il 3% ed il debito pubblico è ben al di sopra del 130% e l’Iva è salita al 22 per cento.

Neppure il capitale straniero è più a portata di mano, dal 2010 gli investimenti esteri sono letteralmente crollati, nessuno ha intenzione di investire in un paese dove il livello di tassazione sulle imprese è il più alto dell’Ue e uno dei più alti al mondo. Questo insieme a un mix fatale di terribile gestione finanziaria, infrastrutture inadeguate, corruzione onnipresente, burocrazia inefficiente, il sistema di giustizia più lento e inaffidabile d’Europa. La lista è lunga ma basta questo per capirci.

A differenza di molti italiani, i ‘Fondazziani’ sono coscienti di questo scenario e sanno che la social street non può essere un business, né può esserlo trasformata; l’iniziativa rappresenta però un grosso risparmio: dal cinema che offre sconti ai residenti, al ristorante, al bar fino allo scambio di prodotti o di favori. E questo è già un grosso passo in avanti per chi fatica ad arrivare alla fine del mese, ma per far ripartire l’economia ci vuole la crescita, il risparmio non basta. I ‘Fondazziani’ sono anche coscienti che la politica deve rimanere fuori dalla loro strada, ed anche questo è un bene.

Forse pochi di loro conoscono le teorie della Ostrum sui beni comuni, l‘economista che ha vinto il premio Nobel scomparsa da un paio di anni, ma ne stanno mettendo in pratica i principi. Le comunità locali funzionano bene quando la gestione è nelle mani di chi ci vive e quando queste poggiano su un patrimonio solido di beni comuni. In fondo con la creazione della social street i residenti di via Fondazza si stanno riappropriando del loro spazio socio-economico: la strada.

Ecco un principio sul quale rilanciare l’economia del paese, la riconquista dello spazio economico e sociale da parte di chi lo abita, un’azione che in futuro potrebbe includere investimenti reali come una scuola, un laboratorio, un mercato dell’organico a chilometro 0, legato ad imprese locali e così via.

L’economia del mutuo soccorso può dunque essere una piattaforma di lancio per un’economia solida e florida locale ma bisogna agire subito, prima che anche per questa strategia sia troppo tardi.

Sarò in conversazione con i residenti di via Fondazza domenica 17 novembre ore 16 presso il centro di documentazione delle donne in via del piombo 5 a Bologna, ingresso libero

( il fatto quotidiano)

Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la

Inviato: 15/12/2013, 0:49
da pancho
Strumenti di lavoro, persone e relazioni, visione e metodo

da : http://www.fabriziobarca.it/

La gravità della situazione economica e sociale si manifesta in tensioni e in un clima cupo. Che tornano a incontrare la tentazione del “cesarismo”, come se la causa del pantano italiano fosse un deficit di potere dei governanti e non invece un deficit di visione, partecipazione e attuazione. Restano cosi inascoltate le idee e persino l’ottimismo di forze del lavoro, imprenditoriali e associative impegnate nei territori in modo aperto verso l’esterno.

Eppure dalla partecipazione ampia all’elezione del Segretario del Pd (nonostante l’anno terribile) è venuto un segnale forte di voglia di rinnovamento radicale. Il cambio di giocatori e la frattura generazionale promessi e poi avviati da Matteo Renzi, così come i segnali di novità di una parte dei gruppi dirigenti territoriali del Pd, sono un’occasione da cogliere.

Per farlo dobbiamo tutti impegnarci a ricostruire il Pd. Per farne uno strumento della società, che elabori una visione di sinistra del futuro, raccogliendo le “idee per cambiare il mondo” che il paese pure esprime, e che sviluppi e pratichi un metodo moderno di partecipazione e mobilitazione delle conoscenze e di verifica e pressione sull’azione pubblica. Lo si chiami partito-pensante, partito-ospitale o partito-palestra, è solo così che si coltiveranno i sentimenti, matureranno le soluzioni, si formerà una squadra in grado di vincere, non solo le elezioni, ma la battaglia per cambiare il paese.

Ho scritto e discusso per mesi dei valori di sinistra e del metodo che ci servono per ricostruire. Ora si tratta di praticare queste idee. Lo si deve e può fare partendo “dal basso”: per l’urgenza e gravità di molte questioni territoriali e per la capacità di cambiamento manifestata dai gruppi dirigenti di alcuni luoghi. È con questa idea in testa che ho lanciato il progetto “Luoghi idea(li)” per promuovere i prototipi di un nuovo Pd.

È un modo per riprendere il futuro nelle nostre mani, favorendo, non aspettando, il rinnovamento nazionale. Il nostro documento descrive le motivazioni e gli strumenti di questo progetto.

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Penso che meriti molta attenzione questo movimento/gruppo che sta nascendo all'interno del PD che fa capo a Fabrizio Barca e Civati.

Noi della sinistra, ora un po' dispersa il cui risultato non supera mai il 3,5% dell'elettorato, dovremmo aprire un dibattito interno se valga ancora la pena di non esistere in continuazione oppure fare scelte che siano in grado di dare appoggio dall'interno a queste realta che stanno nascendo all'interno del PD in difesa di quella sinistra che alcuni vorrebbero cancellare definitivamente.

Col consolidarsi del duopolio e' sempre piu' difficile conservare la propria identità all'infuori dei grossi poli.

Finora queste discussioni non venivano nemmeno pensate o proposte ma ora, anche se fuori dalle sedi preposte, avvengono sempre piu' spesso e si allargano sempre di piu' .

Dibattiti molto interessanti e chissa' ...forse inizieranno anche nelle sezioni specifiche.

E' chiaro che tutto dipendera' da quello che succederà da questo gruppo Barca/Civati, ma cmq e' sempre interessante sapere che gia' fin d'ora il popolo della sinistra e' attento a tutto quello che succede e succederà all'interno del PD poiche da questo puo nascere qualcosa di diverso. Quel diverso che potrebbe dar vita ad una grossa componente di sinistra all'interno del PD stesso.

Mah...chi vivra' vedra' Sperem ben.


un salutone da Juan