Cittadino Presidente
Re: Cittadino Presidente
Conflitto d'attribuzione: Marco travaglio smerda il quirinale.
[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=LL6OCpC2lkg[/youtube]
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Re: Cittadino Presidente
Il tiro Mancino al Capo dello Stato
Per la serie : "Quando l'intelligenza non è acqua"
Questa di Corrias sembra l'ipotesi più reale possibile di come si siano svolti i fatti.
Napolitano è stato incastrato dall'amico Mancino.
Ha ragione Corrias, questo è il giallo dell'estate perché non si capisce perché Napolitano difenda ancora Mancino è perché sono in molti a spingere affinché i nastri vengano distrutti.
Cosa contengono quei nastri?
Questo è il Paese di Piazza Fontana, di Piazza della Loggia, dell'Italicus, della strage di Bologna, del delitto Moro, di Ustica, di Via dei Georgofili, più Roma e Milano.
TUTTI CASI INSOLUTI
In via teorica ci si aspettava che la prima volta al Quirinale da parte di un'ex """comunista""", avrebbe potuto portare un pò di luce nelle tenebre.
Non è stato così, la serie noir continua, con il mistero Mancino - Napolitano.
Sono in molti a voler insabbiare il tutto.
Stamani ad Omnibus, è stata avanzata la teoria che spesso si sente in questi giorni, anche da parte del capo del partito dei defunti. E' in corso un attacco politico al Capo dello Stato!
Chi, come, quando, dove, perché, viene portato l'attacco al Capo dello Stato non viene dato a sapere.
Eppure è la prima regola giornalistica che s'impara.
****
Mancino, una telefonata allunga la vita
di Pino Corrias | 19 luglio 2012
Commenti (5)
Ecco la trama di un giallo per l’estate.
Mettiamo che Nicola Mancino sia molto spaventato dall’indagine della Procura di Palermo sulla trattativa.
Sa di avere risposto malamente agli inquirenti, di non averli convinti. Non ha più il potere di una volta e non riuscirà a fermare le indagini.
Però ecco il colpo di genio: può usare il potere di qualcun altro.
Quello intoccabile del Quirinale e servirsene a suo vantaggio. Da ex ministro dell’Interno, Mancino è certo di avere tutti i telefoni sotto controllo.
E averli sotto controllo, nel suo caso, può risultare persino un vantaggio.
Quello di farsi ascoltare mentre chiama uomini importanti delle istituzioni, per riferire i propri timori, fare la vittima, chiedere aiuto, e intanto esibire quei contatti come un monito.
Ma ancora non basta. Per inceppare gli ingranaggi, per trasformare l’inchiesta in un caso politico, e il suo coinvolgimento in una appendice scabrosa, deve ancora comporre un numero, quello privato del presidente.
E farlo squillare, mentre i microfoni iniziano a registrare. Come se fosse una ingenuità, un errore dettato dal panico. E non la sua perfetta via d’uscita iniziata nel punto esatto in cui il presidente rispose.
Il Fatto Quotidiano, 19 Luglio 2012
Per la serie : "Quando l'intelligenza non è acqua"
Questa di Corrias sembra l'ipotesi più reale possibile di come si siano svolti i fatti.
Napolitano è stato incastrato dall'amico Mancino.
Ha ragione Corrias, questo è il giallo dell'estate perché non si capisce perché Napolitano difenda ancora Mancino è perché sono in molti a spingere affinché i nastri vengano distrutti.
Cosa contengono quei nastri?
Questo è il Paese di Piazza Fontana, di Piazza della Loggia, dell'Italicus, della strage di Bologna, del delitto Moro, di Ustica, di Via dei Georgofili, più Roma e Milano.
TUTTI CASI INSOLUTI
In via teorica ci si aspettava che la prima volta al Quirinale da parte di un'ex """comunista""", avrebbe potuto portare un pò di luce nelle tenebre.
Non è stato così, la serie noir continua, con il mistero Mancino - Napolitano.
Sono in molti a voler insabbiare il tutto.
Stamani ad Omnibus, è stata avanzata la teoria che spesso si sente in questi giorni, anche da parte del capo del partito dei defunti. E' in corso un attacco politico al Capo dello Stato!
Chi, come, quando, dove, perché, viene portato l'attacco al Capo dello Stato non viene dato a sapere.
Eppure è la prima regola giornalistica che s'impara.
****
Mancino, una telefonata allunga la vita
di Pino Corrias | 19 luglio 2012
Commenti (5)
Ecco la trama di un giallo per l’estate.
Mettiamo che Nicola Mancino sia molto spaventato dall’indagine della Procura di Palermo sulla trattativa.
Sa di avere risposto malamente agli inquirenti, di non averli convinti. Non ha più il potere di una volta e non riuscirà a fermare le indagini.
Però ecco il colpo di genio: può usare il potere di qualcun altro.
Quello intoccabile del Quirinale e servirsene a suo vantaggio. Da ex ministro dell’Interno, Mancino è certo di avere tutti i telefoni sotto controllo.
E averli sotto controllo, nel suo caso, può risultare persino un vantaggio.
Quello di farsi ascoltare mentre chiama uomini importanti delle istituzioni, per riferire i propri timori, fare la vittima, chiedere aiuto, e intanto esibire quei contatti come un monito.
Ma ancora non basta. Per inceppare gli ingranaggi, per trasformare l’inchiesta in un caso politico, e il suo coinvolgimento in una appendice scabrosa, deve ancora comporre un numero, quello privato del presidente.
E farlo squillare, mentre i microfoni iniziano a registrare. Come se fosse una ingenuità, un errore dettato dal panico. E non la sua perfetta via d’uscita iniziata nel punto esatto in cui il presidente rispose.
Il Fatto Quotidiano, 19 Luglio 2012
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Re: Cittadino Presidente
Che tipo di trame attorno al presidente?
Chi sono i (s)consiglieri?
Estate 2008
La salma toro vince le elezioni ad aprile, e fa varare più veloce della luce il “Lodo Alfano”.
E’ palesemente incostituzionale, tanto che a Milano dicono che “Le saveva anca quel mena el ges”.
Napolitano s’impunta, “è costituzionale”.
100 tra i maggiori costituzionalisti italiani, tra cui Gustavo Zagrebelsky, firmano un documento per implorare il Capo dello Stato a non firmare, il presidente si taglierebbe le palle.
Ma King George, o chi per lui, è testardo, il Lodo Alfano è costituzionale.
La Costituzione offre al Capo dello Stato una via d’uscita. Rinviare il Lodo Alfano alle Camere. In questo caso è previsto che il documento licenziato nuovamente dalle Camere, anche senza la mutazione di una sola virgola, obblighi il presidente a firmare.
In questo caso Napolitano sarebbe salvo davanti agli italiani. E’ la Costituzione che lo obbliga a firmare dopo il secondo passaggio alle Camere.
Ma Napolitano non sceglie la via d’uscita costituzionale, tenacemente e testardamente firma sapendo che è incostituzionale.
Mesi più tardi sarà la Consulta a dare il giudizio finale: IL LODO ALFANO E’ INCOSTITUZIONALE.
Meglio evitare commenti.
Estate 2012
La telefonata di Mancino al Capo dello Stato è stata registrata.
Lo sapevano tutti che le cose stavano così, non solo l’ex ministro dell’interno Mancino, ma anche il Capo dello Stato e il suo staff. Se no che hanno fatto tutti questi anni in politica? Sfogliato le margherite?
Lo staff del presidente si muove per aiutare Mancino. Primo fatto a carico dei (s)consiglieri.
Il secondo è quello di portare a giudizio della Consulta il caso per bloccare i pm di Palermo.
E’ una mossa da disperati, perché la Consulta potrà anche dargli ragione sul caso procedurale, ma il caso politico rimane.
A meno che, compreso Bersanoni che difende a spada tratta il Quirinale, da quelle parti non siano fermamente convinti che tutti gli italiani siano degli idioti marci.
In questo caso si possono sollevare polveroni ad hoc, tanto gli italiani non capiscono un caXXo e ci li rigiriamo ancora una volta come vogliano.
Chi sono i (s)consiglieri?
Estate 2008
La salma toro vince le elezioni ad aprile, e fa varare più veloce della luce il “Lodo Alfano”.
E’ palesemente incostituzionale, tanto che a Milano dicono che “Le saveva anca quel mena el ges”.
Napolitano s’impunta, “è costituzionale”.
100 tra i maggiori costituzionalisti italiani, tra cui Gustavo Zagrebelsky, firmano un documento per implorare il Capo dello Stato a non firmare, il presidente si taglierebbe le palle.
Ma King George, o chi per lui, è testardo, il Lodo Alfano è costituzionale.
La Costituzione offre al Capo dello Stato una via d’uscita. Rinviare il Lodo Alfano alle Camere. In questo caso è previsto che il documento licenziato nuovamente dalle Camere, anche senza la mutazione di una sola virgola, obblighi il presidente a firmare.
In questo caso Napolitano sarebbe salvo davanti agli italiani. E’ la Costituzione che lo obbliga a firmare dopo il secondo passaggio alle Camere.
Ma Napolitano non sceglie la via d’uscita costituzionale, tenacemente e testardamente firma sapendo che è incostituzionale.
Mesi più tardi sarà la Consulta a dare il giudizio finale: IL LODO ALFANO E’ INCOSTITUZIONALE.
Meglio evitare commenti.
Estate 2012
La telefonata di Mancino al Capo dello Stato è stata registrata.
Lo sapevano tutti che le cose stavano così, non solo l’ex ministro dell’interno Mancino, ma anche il Capo dello Stato e il suo staff. Se no che hanno fatto tutti questi anni in politica? Sfogliato le margherite?
Lo staff del presidente si muove per aiutare Mancino. Primo fatto a carico dei (s)consiglieri.
Il secondo è quello di portare a giudizio della Consulta il caso per bloccare i pm di Palermo.
E’ una mossa da disperati, perché la Consulta potrà anche dargli ragione sul caso procedurale, ma il caso politico rimane.
A meno che, compreso Bersanoni che difende a spada tratta il Quirinale, da quelle parti non siano fermamente convinti che tutti gli italiani siano degli idioti marci.
In questo caso si possono sollevare polveroni ad hoc, tanto gli italiani non capiscono un caXXo e ci li rigiriamo ancora una volta come vogliano.
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Re: Cittadino Presidente
Borsellino, Napolitano: si trovi la verità nessuna ragion di Stato giustifica ritardi.
http://www.ilmessaggero.it/primopiano/p ... 9197.shtml
"Quelle intercettazioni sono lesive delle prerogative del presidente della Repubblica"
La Consulta si esprimera' purtroppo nei tempi lunghi e quindi dopo la scadenza del mandato di Napolitano e prima del suo successore..
Qualora dovesse esprimersi come dichiarato dalla Borsellino non sarebbe altro che un salvataggio in corner che risolve momentaneamente un problema per il dopo ma che attualmente ha aperto falla insanabile nella partita partita democratica. Una falla che allontana ancor di piu' il cittadino dalle istituzioni e che in questo specifico momento non ci voleva.
Cittadino Presidente, certamente!
Prima viene il Cittadino e poi il Presidente. Devono averlo ben chiaro tutti questo!
Uno stato che vuol definirsi democratico non deve mai aver paura dei propri errori, qualora ce ne fossero stati. Importante e' affrontarli alla luce del sole perche' non si ripresentino. Questa e' la democrazia. Tutto il resto lavora contro la democrazia.
un salutone da Juan
http://www.ilmessaggero.it/primopiano/p ... 9197.shtml
"Quelle intercettazioni sono lesive delle prerogative del presidente della Repubblica"
La Consulta si esprimera' purtroppo nei tempi lunghi e quindi dopo la scadenza del mandato di Napolitano e prima del suo successore..
Qualora dovesse esprimersi come dichiarato dalla Borsellino non sarebbe altro che un salvataggio in corner che risolve momentaneamente un problema per il dopo ma che attualmente ha aperto falla insanabile nella partita partita democratica. Una falla che allontana ancor di piu' il cittadino dalle istituzioni e che in questo specifico momento non ci voleva.
Cittadino Presidente, certamente!
Prima viene il Cittadino e poi il Presidente. Devono averlo ben chiaro tutti questo!
Uno stato che vuol definirsi democratico non deve mai aver paura dei propri errori, qualora ce ne fossero stati. Importante e' affrontarli alla luce del sole perche' non si ripresentino. Questa e' la democrazia. Tutto il resto lavora contro la democrazia.
un salutone da Juan
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
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Re: Cittadino Presidente
ANCORA UNA VOLTA LA MAFIA HA VINTO.........IN QUESTO PAESE LA MAFIA VINCE SEMPRE
Caro Ingroia, che quell’anno duri 365 giorni
di Benny Calasanzio Borsellino | 20 luglio 2012
Commenti (45)
Alla fine se ne va. Da qualche settimana alcuni amici bene informati mi avevano avvertito che il procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia, aveva deciso di accettare l’offerta dell’Onu di guidare l’unità di investigazioni e analisi criminale contro l’impunità in Guatemala. E io non avevo avuto nemmeno il coraggio di chiamarlo per chiederlo direttamente a lui. Avevo paura della sua risposta. Oggi l’ho letta sui giornali, e non è stato meglio.
A settembre Ingroia ha confermato che lascerà Palermo, per un anno dice. Anche se temo che quell’anno in realtà sia un modo per convincere noi e se stesso che prima o poi tornerà.
In queste ore è un fiorire di gruppi sui social network per chiedere al procuratore aggiunto di rinunciare, di non lasciare Palermo, di non lasciare l’inchiesta sulla Trattativa proprio adesso, soprattutto di non lasciare solo Nino Di Matteo e gli altri sostituti.
Io in questo momento non me la sento di chiedere ad Ingroia qualcosa. So bene cosa abbia dovuto subire in questi anni, da ogni parte. Attacchi violenti ed espliciti dalla politica, dal Csm, e anche da alcuni colleghi magistrati. Ultimo della collezione il “pazzo” che gli ha tributato Marcello Dell’Utri, uno degli uomini qualitativamente peggiori di questa nazione, un indegno seriale.
Non so se bisognerebbe insistere, non so se bisognerebbe chiedergli di rimanere, o piuttosto lasciare che trascorra quest’ultimo mese in tranquillità. Certo fa male, e molto. Per una volta però noi abbiamo fatto fino in fondo in nostro dovere. Non gli abbiamo mai fatto mancare, nemmeno per un solo momento, il nostro affetto e il nostro appoggio. Lo abbiamo fatto moralmente ma anche di persona. Non possiamo rimproverarci nulla, non potevamo fare di più, non potevamo fare di più.
Spero soltanto che ora chi invece non ha mai fatto nulla per proteggerlo dalle bombe mediatiche, taccia. Spero che tacciano i partiti politici che gli hanno fatto più danni di Berlusconi e del Pdl, con poche eccezioni tra cui l’Idv e i piccoli partiti della sinistra. Spero che taccia il Csm, che lo ha ammonito per essersi definito “partigiano della Costituzione”. Spero che taccia il procuratore nazionale antimafia Grasso, che lo ha accusato non una mapiù volte di fare troppa “politica”.
Per ora rimarrò in silenzio ad assorbire un colpo duro e inatteso anche se temuto. Mi mancherà certamente incontrare Ingroia agli incontri, ai convegni, in tribunale. Mi mancherà il suo “e quindi, e quindi…” quando qualcuno gli raccontava qualcosa e lui cercava distrattamente di capire mentre armeggiava con il suo Ipad. Ecco, forse qualcosa possiamo chiedergliela: la promessa che quell’anno duri davvero 365 giorni.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/07 ... ni/299933/
Caro Ingroia, che quell’anno duri 365 giorni
di Benny Calasanzio Borsellino | 20 luglio 2012
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Alla fine se ne va. Da qualche settimana alcuni amici bene informati mi avevano avvertito che il procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia, aveva deciso di accettare l’offerta dell’Onu di guidare l’unità di investigazioni e analisi criminale contro l’impunità in Guatemala. E io non avevo avuto nemmeno il coraggio di chiamarlo per chiederlo direttamente a lui. Avevo paura della sua risposta. Oggi l’ho letta sui giornali, e non è stato meglio.
A settembre Ingroia ha confermato che lascerà Palermo, per un anno dice. Anche se temo che quell’anno in realtà sia un modo per convincere noi e se stesso che prima o poi tornerà.
In queste ore è un fiorire di gruppi sui social network per chiedere al procuratore aggiunto di rinunciare, di non lasciare Palermo, di non lasciare l’inchiesta sulla Trattativa proprio adesso, soprattutto di non lasciare solo Nino Di Matteo e gli altri sostituti.
Io in questo momento non me la sento di chiedere ad Ingroia qualcosa. So bene cosa abbia dovuto subire in questi anni, da ogni parte. Attacchi violenti ed espliciti dalla politica, dal Csm, e anche da alcuni colleghi magistrati. Ultimo della collezione il “pazzo” che gli ha tributato Marcello Dell’Utri, uno degli uomini qualitativamente peggiori di questa nazione, un indegno seriale.
Non so se bisognerebbe insistere, non so se bisognerebbe chiedergli di rimanere, o piuttosto lasciare che trascorra quest’ultimo mese in tranquillità. Certo fa male, e molto. Per una volta però noi abbiamo fatto fino in fondo in nostro dovere. Non gli abbiamo mai fatto mancare, nemmeno per un solo momento, il nostro affetto e il nostro appoggio. Lo abbiamo fatto moralmente ma anche di persona. Non possiamo rimproverarci nulla, non potevamo fare di più, non potevamo fare di più.
Spero soltanto che ora chi invece non ha mai fatto nulla per proteggerlo dalle bombe mediatiche, taccia. Spero che tacciano i partiti politici che gli hanno fatto più danni di Berlusconi e del Pdl, con poche eccezioni tra cui l’Idv e i piccoli partiti della sinistra. Spero che taccia il Csm, che lo ha ammonito per essersi definito “partigiano della Costituzione”. Spero che taccia il procuratore nazionale antimafia Grasso, che lo ha accusato non una mapiù volte di fare troppa “politica”.
Per ora rimarrò in silenzio ad assorbire un colpo duro e inatteso anche se temuto. Mi mancherà certamente incontrare Ingroia agli incontri, ai convegni, in tribunale. Mi mancherà il suo “e quindi, e quindi…” quando qualcuno gli raccontava qualcosa e lui cercava distrattamente di capire mentre armeggiava con il suo Ipad. Ecco, forse qualcosa possiamo chiedergliela: la promessa che quell’anno duri davvero 365 giorni.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/07 ... ni/299933/
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Re: Cittadino Presidente
I commenti dell'articolo precedente.
madagi Oggi 04:01 PM
Chiediamo all' ONU di nominare il dott. Ingroia a capo di una unità di investigazioni e analisi criminale contro l'impunità in ITALIA.
21 people piace questo commento.
StefaniaD Oggi 04:59 PM in risposta a madagi
Purtroppo, per quanta criminalità e impunità ci potrà essere in Guatemala (ma a superare noi ce ne vuole eh..) , Ingroia avrà vita molto più facile e tranquilla là che qui in Italia.. Tutto a nostra indelebile vergogna!!!
Andrea Oggi 02:00 PM
I migliori emigrano. La nave affonda. E' triste, ma è così..
19 people piace questo commento
gianni39 Oggi 03:15 PM
Ho 73 anni ma ancora sogno un paese "normale". Ho paura che morirò in un pese "mafioso"
Caro Ingroia ti capisco ma non riesco a rassegnarmi alle sopraffazioni dei mascalzoni sulle
persone ONESTE. Buona fortuna !!!
Vanessa Vani Oggi 02:25 PM
Io credo che vada per salvarsi la pelle, e non lo biasimo. Spero che torni, e che quando tornera' la Procura di Palermo non sia piu' sotto attacco ma, al contrario, appoggiata e aiutata da tutte le Istituzioni della Repubblica. Perche' cio' accada deve cambiare la classe dirigente, e c'e' un solo modo per farlo
dadoderrick Oggi 04:11 PM in risposta a Vanessa Vani
Non credo che vada per salvarsi la pelle. Conoscendo un pò la realtà del Guatemala, Ingroia in quel paese correrà un rischio almeno doppio che in Italia. Perché lì i poteri criminali sono assai più forti -e abbondantemente collusi- di quelli dello Stato, e perché le nostre mafie potrebbero approfittare della situazione per addossare alla criminalità locale atti-e attentati- compiuti da loro stesse.
paolo 51 Oggi 05:47 PM
Qualcuno può dirmi chi ha segnalato alle Nazioni Unite il nome del Dr. Ingroia.
Gian Mario+Garrucciu Oggi 04:50 PM
Non sapevo di questa notizia; ora capisco meglio quando ieri, nella diretta streaming da Palermo, qualcuno che non ricordo, riferendosi ad Ingroia, lo ha definito inquieto, oltre che bravo e appassionato, aggiungo io;
che dire, alziamoci in piedi per un caloroso ringraziamento, abbracciamolo per quanto ha fatto e ancora farà, un italiano dei migliori, civil servant in uno stato che non se lo è meritato.
Non lo conosco, ma guai a chi parlerà di fuga: è un Uomo, sicuramente molto solo, che ritiene di aver fatto bene il suo lavoro, e così è, e si appresta a confrontarsi con un nuovo impegno, non meno importante, e, purtroppo, non meno pericoloso,
grazie Antonio.
Maria Grazia Oggi 02:55 PM
Brutta notizia, ma bene per lui. Falcone e Borsellino sono stati esempi superlativi, ma quanto ci mancano, quanto sarebbe stato meglio se fossero riusciti a sopravvivere.
Questa decisione del Dott. Ingroia mi rallegra nella misura in cui allontana da sé la minaccia di fare la stessa fine dei suoi predecessori che, non dimentichiamolo, erano stati prima criticati e poi isolati prima di essere fatti a pezzi dalle bombe mafio-istituzionali. E Ingroia che ha già assaggiato sia critiche che isolamento, non ha nessun obbligo di sperimentare anche la morte. Molto meglio che resti vivo, lontano, ad occuparsi d'altro ( e questo non è detto....), ma vivo. C'è speranza che nel frattempo defunga qualcun altro e Ingroia possa tornare a riprendere le sue indagini in un clima che dipenderà anche da noi farli ritrovare più salutare al suo ritorno
Il resto dei commenti sono visionabili in:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/07 ... ni/299933/
madagi Oggi 04:01 PM
Chiediamo all' ONU di nominare il dott. Ingroia a capo di una unità di investigazioni e analisi criminale contro l'impunità in ITALIA.
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StefaniaD Oggi 04:59 PM in risposta a madagi
Purtroppo, per quanta criminalità e impunità ci potrà essere in Guatemala (ma a superare noi ce ne vuole eh..) , Ingroia avrà vita molto più facile e tranquilla là che qui in Italia.. Tutto a nostra indelebile vergogna!!!
Andrea Oggi 02:00 PM
I migliori emigrano. La nave affonda. E' triste, ma è così..
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gianni39 Oggi 03:15 PM
Ho 73 anni ma ancora sogno un paese "normale". Ho paura che morirò in un pese "mafioso"
Caro Ingroia ti capisco ma non riesco a rassegnarmi alle sopraffazioni dei mascalzoni sulle
persone ONESTE. Buona fortuna !!!
Vanessa Vani Oggi 02:25 PM
Io credo che vada per salvarsi la pelle, e non lo biasimo. Spero che torni, e che quando tornera' la Procura di Palermo non sia piu' sotto attacco ma, al contrario, appoggiata e aiutata da tutte le Istituzioni della Repubblica. Perche' cio' accada deve cambiare la classe dirigente, e c'e' un solo modo per farlo
dadoderrick Oggi 04:11 PM in risposta a Vanessa Vani
Non credo che vada per salvarsi la pelle. Conoscendo un pò la realtà del Guatemala, Ingroia in quel paese correrà un rischio almeno doppio che in Italia. Perché lì i poteri criminali sono assai più forti -e abbondantemente collusi- di quelli dello Stato, e perché le nostre mafie potrebbero approfittare della situazione per addossare alla criminalità locale atti-e attentati- compiuti da loro stesse.
paolo 51 Oggi 05:47 PM
Qualcuno può dirmi chi ha segnalato alle Nazioni Unite il nome del Dr. Ingroia.
Gian Mario+Garrucciu Oggi 04:50 PM
Non sapevo di questa notizia; ora capisco meglio quando ieri, nella diretta streaming da Palermo, qualcuno che non ricordo, riferendosi ad Ingroia, lo ha definito inquieto, oltre che bravo e appassionato, aggiungo io;
che dire, alziamoci in piedi per un caloroso ringraziamento, abbracciamolo per quanto ha fatto e ancora farà, un italiano dei migliori, civil servant in uno stato che non se lo è meritato.
Non lo conosco, ma guai a chi parlerà di fuga: è un Uomo, sicuramente molto solo, che ritiene di aver fatto bene il suo lavoro, e così è, e si appresta a confrontarsi con un nuovo impegno, non meno importante, e, purtroppo, non meno pericoloso,
grazie Antonio.
Maria Grazia Oggi 02:55 PM
Brutta notizia, ma bene per lui. Falcone e Borsellino sono stati esempi superlativi, ma quanto ci mancano, quanto sarebbe stato meglio se fossero riusciti a sopravvivere.
Questa decisione del Dott. Ingroia mi rallegra nella misura in cui allontana da sé la minaccia di fare la stessa fine dei suoi predecessori che, non dimentichiamolo, erano stati prima criticati e poi isolati prima di essere fatti a pezzi dalle bombe mafio-istituzionali. E Ingroia che ha già assaggiato sia critiche che isolamento, non ha nessun obbligo di sperimentare anche la morte. Molto meglio che resti vivo, lontano, ad occuparsi d'altro ( e questo non è detto....), ma vivo. C'è speranza che nel frattempo defunga qualcun altro e Ingroia possa tornare a riprendere le sue indagini in un clima che dipenderà anche da noi farli ritrovare più salutare al suo ritorno
Il resto dei commenti sono visionabili in:
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Re: Cittadino Presidente
L'onnipotente mafia, o ti elimina fisicamente, o ti costringe alla resa.
Antonio Ingroia l'ultimo residuato bellico del pool di Falcone e Borsellino è stato costretto alla resa.
Non pensi però Ingroia di essere al sicuro in Guatemala, perché c'è sempre il picciotto pronto a prendere l'aereo per il centro america per eseguire gli ordini della "mamma".
Le condizioni sarebbero ancora più favorevoli che in Italia per farlo fuori, perché il Governo guatemalteco chiuderebbe presto caso, e la magistratura italiana non avrebbe elementi per approfondire il caso.
In Italia c'è chi non molla da vent'anni con Borsellino, in Guatemala il caso può essere chiuso rapidamente e buonanotte suonatori.
Sarà soddisfatto Mancino.
Non riesco a trovare l'articolo originale de La Stampa di ieri, pubblico questa recensione:
„
Antonio Ingroia: "Sono diventato un bersaglio, andrò in Guatemala per un anno"
L'intervista del procuratore di Palermo Antonio Ingroia a La Stampa
di Redazione 20/07/2012
"Nel giorno del ventennale della strage di via D’Amelio, Ingroia racconta delle indagini e delle polemiche che lo hanno visto al centro dell’attenzione, in questi giorni. E annuncia che a settembre partirà per il Guatemala, accettando l’offerta delle Nazioni Unite per un incarico annuale."
Eccone alcuni dei passaggi più importanti:
Sostiene il procuratore di Torino, Giancarlo Caselli, che è stata dichiarata guerra contro di lei e l’ufficio di Palermo.
«Io non mi sento in guerra con nessuno, però che sia diventato un bersaglio questo lo avverto anch’io. Non mi appartiene la logica della guerra, in questi anni ho cercato di muovermi sempre seguendo gli insegnamenti di Paolo Borsellino».
Nel suo messaggio in occasione dell’anniversario di Borsellino, il Capo dello Stato fa un appello perché vengano scongiurate sovrapposizioni nelle indagini su torbide ipotesi di trattativa tra Stato e mafia...
«È vero che in passato c’è stata qualche incomprensione tra le procure che indagano sul biennio stragista del ‘92-’93. Ma da tempo ormai il coordinamento funziona a perfezione come attestato dal procuratore nazionale antimafia Piero Grasso».
Si invoca la necessità di far chiarezza sulla trattativa e implicitamente si accusa il Capo dello Stato di frapporre ostacoli a questo obiettivo. Ma scusi, procuratore Ingroia, nei prossimi giorni non chiederete il processo per la trattativa?
«La Procura di Palermo ritiene di aver ricostruito la trama e lo svolgersi di questa trattativa; di aver individuato i principali protagonisti, ma non ancora tutti coloro che hanno avuto un ruolo nella trattativa, nella consapevolezza che rimangono ancora dei buchi neri».
Allora, procuratore Ingroia accetta l’offerta delle Nazioni Unite? Va in Guatemala?
«Da tempo le Nazioni Unite mi hanno proposto un incarico annuale di capo dell’unità di investigazione e analisi criminale contro l’impunità in Guatemala. La proposta la considero una sorta di prosecuzione della mia attività in Italia. In quelle latitudini, per fortuna, i giudici antimafia italiani sono apprezzati anziché denigrati e ostacolati».
Sembrava che volesse rinunciare all’offerta dell’Onu...
«I fatti accaduti negli ultimi giorni, la delicatezza del momento mi stanno facendo riflettere sui tempi entro i quali accettare la proposta. Intanto ho deciso di rinunciare alle mie ferie».
“
Potrebbe interessarti: http://www.today.it/rassegna/antonio-in ... emala.html
Leggi le altre notizie su: http://www.today.it/ o seguici su Facebook: http://www.facebook.com/pages/Todayit/335145169857930
Antonio Ingroia l'ultimo residuato bellico del pool di Falcone e Borsellino è stato costretto alla resa.
Non pensi però Ingroia di essere al sicuro in Guatemala, perché c'è sempre il picciotto pronto a prendere l'aereo per il centro america per eseguire gli ordini della "mamma".
Le condizioni sarebbero ancora più favorevoli che in Italia per farlo fuori, perché il Governo guatemalteco chiuderebbe presto caso, e la magistratura italiana non avrebbe elementi per approfondire il caso.
In Italia c'è chi non molla da vent'anni con Borsellino, in Guatemala il caso può essere chiuso rapidamente e buonanotte suonatori.
Sarà soddisfatto Mancino.
Non riesco a trovare l'articolo originale de La Stampa di ieri, pubblico questa recensione:
„
Antonio Ingroia: "Sono diventato un bersaglio, andrò in Guatemala per un anno"
L'intervista del procuratore di Palermo Antonio Ingroia a La Stampa
di Redazione 20/07/2012
"Nel giorno del ventennale della strage di via D’Amelio, Ingroia racconta delle indagini e delle polemiche che lo hanno visto al centro dell’attenzione, in questi giorni. E annuncia che a settembre partirà per il Guatemala, accettando l’offerta delle Nazioni Unite per un incarico annuale."
Eccone alcuni dei passaggi più importanti:
Sostiene il procuratore di Torino, Giancarlo Caselli, che è stata dichiarata guerra contro di lei e l’ufficio di Palermo.
«Io non mi sento in guerra con nessuno, però che sia diventato un bersaglio questo lo avverto anch’io. Non mi appartiene la logica della guerra, in questi anni ho cercato di muovermi sempre seguendo gli insegnamenti di Paolo Borsellino».
Nel suo messaggio in occasione dell’anniversario di Borsellino, il Capo dello Stato fa un appello perché vengano scongiurate sovrapposizioni nelle indagini su torbide ipotesi di trattativa tra Stato e mafia...
«È vero che in passato c’è stata qualche incomprensione tra le procure che indagano sul biennio stragista del ‘92-’93. Ma da tempo ormai il coordinamento funziona a perfezione come attestato dal procuratore nazionale antimafia Piero Grasso».
Si invoca la necessità di far chiarezza sulla trattativa e implicitamente si accusa il Capo dello Stato di frapporre ostacoli a questo obiettivo. Ma scusi, procuratore Ingroia, nei prossimi giorni non chiederete il processo per la trattativa?
«La Procura di Palermo ritiene di aver ricostruito la trama e lo svolgersi di questa trattativa; di aver individuato i principali protagonisti, ma non ancora tutti coloro che hanno avuto un ruolo nella trattativa, nella consapevolezza che rimangono ancora dei buchi neri».
Allora, procuratore Ingroia accetta l’offerta delle Nazioni Unite? Va in Guatemala?
«Da tempo le Nazioni Unite mi hanno proposto un incarico annuale di capo dell’unità di investigazione e analisi criminale contro l’impunità in Guatemala. La proposta la considero una sorta di prosecuzione della mia attività in Italia. In quelle latitudini, per fortuna, i giudici antimafia italiani sono apprezzati anziché denigrati e ostacolati».
Sembrava che volesse rinunciare all’offerta dell’Onu...
«I fatti accaduti negli ultimi giorni, la delicatezza del momento mi stanno facendo riflettere sui tempi entro i quali accettare la proposta. Intanto ho deciso di rinunciare alle mie ferie».
“
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Re: Cittadino Presidente
Paolo BORSELLINO immortale - Perché la Procura di Palermo ha agito correttamente e nel rispetto della legge
Caro Zibaldone, vent'anni sono volati. Fa lo stesso caldo asfissiante di allora. Era, però, una domenica, poco prima delle h.17. Nella valigetta da lavoro accanto all'agenda rossa scomparsa, divenuta simbolo della legalità, il costume da bagno ancora umido del mare di Villagrazia di Carini è il primo particolare che mi viene in mente di quella strage che pare ancora fumante d'odore acre e che ormai è chiaro non sia solo di mafia. Lo Stato può processare sé stesso? Con il G8 lo ha fatto. Lo Stato può scendere a patti con la Mafia? Con le Brigate Rosse, qualche anno prima, ostaggio Aldo Moro nella cosiddetta prigione del popolo, passò la vulgata della linea della fermezza, mentre l'art.
54 del Codice Penale avrebbe consentito in quell'ipotesi iniziative a salvaguardia della persona dello Statista. Tuttora, proprio come accadde a Giovanni Falcone ed a Paolo Borsellino, osannati in morte, angariati in vita, valorosi Magistrati della Procura più insanguinata d'Italia, che, notoriamente, ispirano la loro condotta al rigoroso rispetto delle norme, si trovano in condizione di sovraesposizione ed a rischio di delegittimazione sol perché hanno applicato la procedura penale, materia bellissima ma assai delicata. La falange macedone di giuristi di chiara fama, politici e giornalisti (Eugenio Scalfari in avanscoperta) che si muove come un uomo solo contro la Procura di Palermo ha omesso di specificare un particolare che non può sfuggire all'umile avvocato: avessero distrutto le famigerate intercettazioni dirette ed indirette - il caso ha voluto captassero, pare in due occasioni, la voce del Presidente Napolitano - avrebbero commesso un illecito gravissimo e ne sarebbero già incolpati avanti alla Sezione Disciplinare del CSM. Chiunque bazzichi con assiduità i Palazzi di Giustizia e non si faccia fuorviare da interpretazioni disancorate dal dettato di legge sa che quel materiale serve alla difesa dell'intercettato Nicola Mancino, oggi privato cittadino e, quindi, assoggettabile ad indagine preliminare ed intercettabile direttamente come ogni comune mortale. Quelle conversazioni, nelle quali, in modo imprevedibile al momento in cui vennero autorizzate, figura anche la voce del Presidente della Repubblica (due casi, a quanto sembra) oltre a quella del consigliere giuridico Loris D'Ambrosio (queste ultime sono otto conversazioni: "intervento incongruo" lo ha definito il massimo processualista penale italiano, Prof. Franco Cordero e parla "d'improprio favore del Colle a Mancino" Barbara Spinelli, autorevole opinionista), potrebbero contenere elementi rilevanti e favorevoli a difesa dell'indagato per falsa testimonianza, vale a dire a sua discolpa. Pertanto, solo il collegio di difesa di Mancino stesso, in contraddittorio con il Pubblico Ministero ed il Giudice, può stabilire se possano essere distrutte o debbano permanere agli atti, in un cd non formalmente sbobinato ma pur sempre ostensibile alle parti, come avvenuto in un precedente della Procura della Repubblica di Firenze (colloqui di Napolitano con Guido Bertolaso, ex capo della Protezione Civile, intercettati nell'ambito dell'indagine sul G8 alla Maddalena ed allegati agli atti del processo che si è aperto a Perugia il 22 aprile 2012: fonte Repubblica, edizione cartacea in edicola il 17 luglio 2012, pag.2, autore Giuseppe Caporale; lo stesso, compianto Presidente Oscar Luigi Scalfaro non esercitò tali prerogative in occasione di intercettazione indiretta in cui era al telefono con un imprenditore coinvolto nel procedimento Sasea; le intercettazioni furono trascritte e messe agli atti dalla Procura di Milano nel 1997, eppure Scalfaro trasferì intatti i poteri presidenziali; infatti, la maggiore preoccupazione di Napolitano che traspare dal decreto da lui firmato è quella istituzionale) in cui il Quirinale non ha rivendicato quelle stesse prerogative istituzionali. L'ex Ministro degli Interni del Governo Berlusconi, Roberto Maroni, ha trovato "sorprendente l'iniziativa del Capo dello Stato, soprattutto perché può determinare una grave crisi istituzionale qualora la Consulta non accogliesse le tesi prospettate dal Quirinale" (fonte il Corriere della Sera in edicola il 19 luglio 2012). Maroni ha svolto per alcuni anni la professione forense; a tacer delle ragioni di ammissibilità e di fondatezza del rimedio di cui si occuperà l'Avvocatura dello Stato, Maroni si rende conto, evidentemente, ch'è tema di dibattito il normale confronto, in virtù di vitali garanzie di difesa per il sistema, che avviene quotidianamente tra le ragioni dell'accusa (che, per giunta, nel caso di specie concorda sul fatto che debbano essere distrutte, ma secondo le procedure stabilite per legge all'art. 268 c.p.p.) e quelle della difesa, con l'avallo finale del giudice. Se occorrerà ai difensori, tali intercettazioni confluiranno nel fascicolo del dibattimento come prova a discarico; non si ravvisa nessun interesse che possa definirsi superiore al diritto di difesa dell'indagato-imputato. Tant'è che il Procuratore Nazionale Piero Grasso non ha avuto nulla da eccepire sulla condotta dei PM della Procura diretta dal dr. Francesco Messineo. Va ricordato che il coordinamento tra le Procure (Firenze, Caltanissetta e Palermo) è già assicurato dal protocollo che Grasso ha approvato il 28 aprile 2011, ratificato dal CSM il 27 luglio 2011. Tant'è che, interessato al riguardo, il dr. Grasso farà verbalizzare: "il PNA precisa di non avere registrato violazioni del protocollo del 28 aprile 2011 tali da poter fondare un intervento di avocazione ...". Aver sollevato avanti alla Corte Costituzionale un conflitto di attribuzione senza precedenti (quello Ciampi-Castelli sul potere di grazia era di ben altra tipologia, pur circoscritta ad una singola questione; ora si dovrebbe vagliare, in ipotesi di giudizio di ammissibilità, l'estensione del potere d'indagine della magistratura) nei confronti della Procura di Palermo per intercettazioni indirette, effettuate per puro caso, svolte con procedure meccanizzate che non possono essere interrotte, desta perplessità tecnico-giuridiche; a tacer della singolarità di una Procura della Repubblica che dovrà munirsi di avvocato per difendersi avanti alla Corte Costituzionale, in effetti, il decreto presidenziale offre un'ermeneutica delle prerogative degli organi costituzionali che si colloca più nel perimetro concettuale dello Statuto Albertino: afferma Cordero "la storia aiuta a capire i termini delle questioni: i re erano condottieri, taumaturghi, custodi dell'ordine naturale, giudici par excellence". La democrazia moderna, in special modo nella ricorrenza del ventennale del 19 luglio 1992 e nel rispetto dello sforzo dei tanti Magistrati che sono a buon punto, nell'anticamera della verità, ha bisogno di trasparenza e di equilibrio tra i poteri dello Stato, non di zone franche e di prerogative o appannaggi. Dobbiamo tutelare i magistrati da vivi, alcuni dei quali, come Antonio Ingroia, ottimi allievi di Falcone e Borsellino, e non farne delle icone da morti, dopo averli isolati, sovraesposti e, nella sostanza, delegittimati con l'accusa di gravi e non condivisibili violazioni. Ricorda Antonio Ingroia (fonti: prefazione al libro "Oltre il muro dell'omertà", edito da Rizzoli BUR nel 2011, e "Due anni di stragi vent'anni di trattativa", editoriale "Il Fatto S.p.A." 2012), Procuratore Aggiunto di Palermo e braccio destro del compianto Magistrato sia a Palermo che a Marsala, "Dimenticata, soprattutto, la sua intransigenza morale, che viene perfino dissimulata, mistificata, diffondendo false santine per far dimenticare la forza delle sue denunce pubbliche, come quella dell'estate del 1988 sullo smantellamento del pool antimafia e del suo metodo, che gli fece rischiare il procedimento disciplinare, e come il suo aspro j'accuse del 25 giugno 1992 alla biblioteca comunale ...è stato e rimane, indiscutibilmente, un esempio. Aveva grande energia, che impiegava sempre e senza riserve. Aveva fede, in Dio e nell'uomo. Era cosciente dei limiti della propria opera, ma al contempo era fiducioso nelle capacità di riscatto, anche nelle condizioni peggiori". E' con questa fiducia nel domani che si celebra oggi a Palermo un anomalo anniversario, carico, però, di speranza nella possibilità di sapere la verità sulla trattativa Stato-Mafia (consacrata nero su bianco nella sentenza della Corte di Assise di Firenze che condanna all'ergastolo il boss Francesco Tagliavia per il delitto di strage per Via dei Georgofili del 27 maggio 1993, nonché per Via Fauro a Roma del 14 maggio 1993 e Via Palestro a Milano del 27 luglio 1993) fu, verosimilmente, all'origine dell'eccidio di Via D'Amelio. Ed ora mi torna in mente una foto tratta dall'album di famiglia di Paolo con i figli Lucia e Manfredi, il bambino che si tiene pensieroso il mento, nel magnifico scenario del Parco Nazionale d'Abruzzo, ...contaminato dalla sigaretta eternamente in bocca o in mano di un Uomo semplice ma immortale.
(19/07/2012 - Avv. Paolo M. Storani) - Cita nel tuo sito
Avv. Paolo M. Storani
Civilista e penalista, dedito
in particolare alla materia
della responsabilità civile
http://www.studiocataldi.it/news_giurid ... _12219.asp
..............................
quando mi arriva trovo sempre qualcosa di interessante.
Ciao
Paolo11
Caro Zibaldone, vent'anni sono volati. Fa lo stesso caldo asfissiante di allora. Era, però, una domenica, poco prima delle h.17. Nella valigetta da lavoro accanto all'agenda rossa scomparsa, divenuta simbolo della legalità, il costume da bagno ancora umido del mare di Villagrazia di Carini è il primo particolare che mi viene in mente di quella strage che pare ancora fumante d'odore acre e che ormai è chiaro non sia solo di mafia. Lo Stato può processare sé stesso? Con il G8 lo ha fatto. Lo Stato può scendere a patti con la Mafia? Con le Brigate Rosse, qualche anno prima, ostaggio Aldo Moro nella cosiddetta prigione del popolo, passò la vulgata della linea della fermezza, mentre l'art.
54 del Codice Penale avrebbe consentito in quell'ipotesi iniziative a salvaguardia della persona dello Statista. Tuttora, proprio come accadde a Giovanni Falcone ed a Paolo Borsellino, osannati in morte, angariati in vita, valorosi Magistrati della Procura più insanguinata d'Italia, che, notoriamente, ispirano la loro condotta al rigoroso rispetto delle norme, si trovano in condizione di sovraesposizione ed a rischio di delegittimazione sol perché hanno applicato la procedura penale, materia bellissima ma assai delicata. La falange macedone di giuristi di chiara fama, politici e giornalisti (Eugenio Scalfari in avanscoperta) che si muove come un uomo solo contro la Procura di Palermo ha omesso di specificare un particolare che non può sfuggire all'umile avvocato: avessero distrutto le famigerate intercettazioni dirette ed indirette - il caso ha voluto captassero, pare in due occasioni, la voce del Presidente Napolitano - avrebbero commesso un illecito gravissimo e ne sarebbero già incolpati avanti alla Sezione Disciplinare del CSM. Chiunque bazzichi con assiduità i Palazzi di Giustizia e non si faccia fuorviare da interpretazioni disancorate dal dettato di legge sa che quel materiale serve alla difesa dell'intercettato Nicola Mancino, oggi privato cittadino e, quindi, assoggettabile ad indagine preliminare ed intercettabile direttamente come ogni comune mortale. Quelle conversazioni, nelle quali, in modo imprevedibile al momento in cui vennero autorizzate, figura anche la voce del Presidente della Repubblica (due casi, a quanto sembra) oltre a quella del consigliere giuridico Loris D'Ambrosio (queste ultime sono otto conversazioni: "intervento incongruo" lo ha definito il massimo processualista penale italiano, Prof. Franco Cordero e parla "d'improprio favore del Colle a Mancino" Barbara Spinelli, autorevole opinionista), potrebbero contenere elementi rilevanti e favorevoli a difesa dell'indagato per falsa testimonianza, vale a dire a sua discolpa. Pertanto, solo il collegio di difesa di Mancino stesso, in contraddittorio con il Pubblico Ministero ed il Giudice, può stabilire se possano essere distrutte o debbano permanere agli atti, in un cd non formalmente sbobinato ma pur sempre ostensibile alle parti, come avvenuto in un precedente della Procura della Repubblica di Firenze (colloqui di Napolitano con Guido Bertolaso, ex capo della Protezione Civile, intercettati nell'ambito dell'indagine sul G8 alla Maddalena ed allegati agli atti del processo che si è aperto a Perugia il 22 aprile 2012: fonte Repubblica, edizione cartacea in edicola il 17 luglio 2012, pag.2, autore Giuseppe Caporale; lo stesso, compianto Presidente Oscar Luigi Scalfaro non esercitò tali prerogative in occasione di intercettazione indiretta in cui era al telefono con un imprenditore coinvolto nel procedimento Sasea; le intercettazioni furono trascritte e messe agli atti dalla Procura di Milano nel 1997, eppure Scalfaro trasferì intatti i poteri presidenziali; infatti, la maggiore preoccupazione di Napolitano che traspare dal decreto da lui firmato è quella istituzionale) in cui il Quirinale non ha rivendicato quelle stesse prerogative istituzionali. L'ex Ministro degli Interni del Governo Berlusconi, Roberto Maroni, ha trovato "sorprendente l'iniziativa del Capo dello Stato, soprattutto perché può determinare una grave crisi istituzionale qualora la Consulta non accogliesse le tesi prospettate dal Quirinale" (fonte il Corriere della Sera in edicola il 19 luglio 2012). Maroni ha svolto per alcuni anni la professione forense; a tacer delle ragioni di ammissibilità e di fondatezza del rimedio di cui si occuperà l'Avvocatura dello Stato, Maroni si rende conto, evidentemente, ch'è tema di dibattito il normale confronto, in virtù di vitali garanzie di difesa per il sistema, che avviene quotidianamente tra le ragioni dell'accusa (che, per giunta, nel caso di specie concorda sul fatto che debbano essere distrutte, ma secondo le procedure stabilite per legge all'art. 268 c.p.p.) e quelle della difesa, con l'avallo finale del giudice. Se occorrerà ai difensori, tali intercettazioni confluiranno nel fascicolo del dibattimento come prova a discarico; non si ravvisa nessun interesse che possa definirsi superiore al diritto di difesa dell'indagato-imputato. Tant'è che il Procuratore Nazionale Piero Grasso non ha avuto nulla da eccepire sulla condotta dei PM della Procura diretta dal dr. Francesco Messineo. Va ricordato che il coordinamento tra le Procure (Firenze, Caltanissetta e Palermo) è già assicurato dal protocollo che Grasso ha approvato il 28 aprile 2011, ratificato dal CSM il 27 luglio 2011. Tant'è che, interessato al riguardo, il dr. Grasso farà verbalizzare: "il PNA precisa di non avere registrato violazioni del protocollo del 28 aprile 2011 tali da poter fondare un intervento di avocazione ...". Aver sollevato avanti alla Corte Costituzionale un conflitto di attribuzione senza precedenti (quello Ciampi-Castelli sul potere di grazia era di ben altra tipologia, pur circoscritta ad una singola questione; ora si dovrebbe vagliare, in ipotesi di giudizio di ammissibilità, l'estensione del potere d'indagine della magistratura) nei confronti della Procura di Palermo per intercettazioni indirette, effettuate per puro caso, svolte con procedure meccanizzate che non possono essere interrotte, desta perplessità tecnico-giuridiche; a tacer della singolarità di una Procura della Repubblica che dovrà munirsi di avvocato per difendersi avanti alla Corte Costituzionale, in effetti, il decreto presidenziale offre un'ermeneutica delle prerogative degli organi costituzionali che si colloca più nel perimetro concettuale dello Statuto Albertino: afferma Cordero "la storia aiuta a capire i termini delle questioni: i re erano condottieri, taumaturghi, custodi dell'ordine naturale, giudici par excellence". La democrazia moderna, in special modo nella ricorrenza del ventennale del 19 luglio 1992 e nel rispetto dello sforzo dei tanti Magistrati che sono a buon punto, nell'anticamera della verità, ha bisogno di trasparenza e di equilibrio tra i poteri dello Stato, non di zone franche e di prerogative o appannaggi. Dobbiamo tutelare i magistrati da vivi, alcuni dei quali, come Antonio Ingroia, ottimi allievi di Falcone e Borsellino, e non farne delle icone da morti, dopo averli isolati, sovraesposti e, nella sostanza, delegittimati con l'accusa di gravi e non condivisibili violazioni. Ricorda Antonio Ingroia (fonti: prefazione al libro "Oltre il muro dell'omertà", edito da Rizzoli BUR nel 2011, e "Due anni di stragi vent'anni di trattativa", editoriale "Il Fatto S.p.A." 2012), Procuratore Aggiunto di Palermo e braccio destro del compianto Magistrato sia a Palermo che a Marsala, "Dimenticata, soprattutto, la sua intransigenza morale, che viene perfino dissimulata, mistificata, diffondendo false santine per far dimenticare la forza delle sue denunce pubbliche, come quella dell'estate del 1988 sullo smantellamento del pool antimafia e del suo metodo, che gli fece rischiare il procedimento disciplinare, e come il suo aspro j'accuse del 25 giugno 1992 alla biblioteca comunale ...è stato e rimane, indiscutibilmente, un esempio. Aveva grande energia, che impiegava sempre e senza riserve. Aveva fede, in Dio e nell'uomo. Era cosciente dei limiti della propria opera, ma al contempo era fiducioso nelle capacità di riscatto, anche nelle condizioni peggiori". E' con questa fiducia nel domani che si celebra oggi a Palermo un anomalo anniversario, carico, però, di speranza nella possibilità di sapere la verità sulla trattativa Stato-Mafia (consacrata nero su bianco nella sentenza della Corte di Assise di Firenze che condanna all'ergastolo il boss Francesco Tagliavia per il delitto di strage per Via dei Georgofili del 27 maggio 1993, nonché per Via Fauro a Roma del 14 maggio 1993 e Via Palestro a Milano del 27 luglio 1993) fu, verosimilmente, all'origine dell'eccidio di Via D'Amelio. Ed ora mi torna in mente una foto tratta dall'album di famiglia di Paolo con i figli Lucia e Manfredi, il bambino che si tiene pensieroso il mento, nel magnifico scenario del Parco Nazionale d'Abruzzo, ...contaminato dalla sigaretta eternamente in bocca o in mano di un Uomo semplice ma immortale.
(19/07/2012 - Avv. Paolo M. Storani) - Cita nel tuo sito
Avv. Paolo M. Storani
Civilista e penalista, dedito
in particolare alla materia
della responsabilità civile
http://www.studiocataldi.it/news_giurid ... _12219.asp
..............................
quando mi arriva trovo sempre qualcosa di interessante.
Ciao
Paolo11
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Re: Cittadino Presidente
L'ideona di Nicola Mancino non ha funzionato.
Il coinvolgimento del presidente della Repubblica non è servito
Napolitano è stato incastrato per niente portando discredito all'istituzione.
L'INCHIESTA DI PALERMO
Trattativa Stato-mafia, Procura chiede
12 rinvii a giudizio. C'è anche Mancino
Tra i destinatari con i boss anche Mori e Dell'Utri
La Procura di Palermo ha chiesto il rinvio a giudizio per dodici imputati al termine dell’indagine sulla presunta trattativa tra lo Stato e la mafia che sarebbe avvenuta fra il 1992 il 1994, al tempo delle stragi organizzate da Cosa nostra. Il provvedimento, vistato dal procuratore Messineo, porta la firma del procuratore aggiunto Ingroia e dei sostituti Di Matteo, Del Bene e Sava. Gli imputati sono i mafiosi Bernardo Provenzano, Totò Riina, Leoluca Bagarella, Antonino Cinà e Giovanni Brusca; gli uomini delle istituzioni che, secondo l’accusa, avrebbero fatto da intermediari sono invece il deputato Calogero Mannino, il senatore Marcello Dell’Utri e gli ex ufficiali dei carabinieri Antonio Subranni, Mario Mori e Giuseppe De Donno. Nell’elenco degli imputati figurano anche Massimo Ciancimino, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e di calunnia nei confronti dell’ex prefetto Gianni De Gennaro, e l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino, al quale si contesta la falsa testimonianza.
MANCINO SI DIFENDE - Le accuse in capo a Mancino fanno riferimento a quanto detto, e soprattutto a quanto taciuto, a proposito della trattativa itavolata da ufficiali del Ros coi capi della cupola, rappresentati da Vito Ciancimino. «Dimostrerò la mia estraneità ai fatti addebitatimi ritenuti falsa testimonianza e la mia fedeltà allo Stato».
Giovanni Bianconi
24 luglio 2012 | 15:45
© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.corriere.it/cronache/12_lugl ... cb3d.shtml
****
Trattativa Stato-mafia, chiesto il processo per 12: ci sono Riina, Mori e Mancino
Gli imputati sono 12: rischiano di finire a giudizio i vertici dello Stato insieme a quelli di Cosa Nostra. L'accusa è per tutti minaccia a un corpo dello Stato, tranne che per Mancino, che deve rispondere di falsa testimonianza al processo all'ex comandante del Ros. Secondo i pm la trattativa sarebbe stata avviata da Mannino, poi dai carabinieri infine da Dell'Utri, tramite per arrivare al capo del governo Berlusconi
di Giuseppe Pipitone | 24 luglio 2012
Commenti (16)
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/07 ... no/304029/
Il coinvolgimento del presidente della Repubblica non è servito
Napolitano è stato incastrato per niente portando discredito all'istituzione.
L'INCHIESTA DI PALERMO
Trattativa Stato-mafia, Procura chiede
12 rinvii a giudizio. C'è anche Mancino
Tra i destinatari con i boss anche Mori e Dell'Utri
La Procura di Palermo ha chiesto il rinvio a giudizio per dodici imputati al termine dell’indagine sulla presunta trattativa tra lo Stato e la mafia che sarebbe avvenuta fra il 1992 il 1994, al tempo delle stragi organizzate da Cosa nostra. Il provvedimento, vistato dal procuratore Messineo, porta la firma del procuratore aggiunto Ingroia e dei sostituti Di Matteo, Del Bene e Sava. Gli imputati sono i mafiosi Bernardo Provenzano, Totò Riina, Leoluca Bagarella, Antonino Cinà e Giovanni Brusca; gli uomini delle istituzioni che, secondo l’accusa, avrebbero fatto da intermediari sono invece il deputato Calogero Mannino, il senatore Marcello Dell’Utri e gli ex ufficiali dei carabinieri Antonio Subranni, Mario Mori e Giuseppe De Donno. Nell’elenco degli imputati figurano anche Massimo Ciancimino, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e di calunnia nei confronti dell’ex prefetto Gianni De Gennaro, e l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino, al quale si contesta la falsa testimonianza.
MANCINO SI DIFENDE - Le accuse in capo a Mancino fanno riferimento a quanto detto, e soprattutto a quanto taciuto, a proposito della trattativa itavolata da ufficiali del Ros coi capi della cupola, rappresentati da Vito Ciancimino. «Dimostrerò la mia estraneità ai fatti addebitatimi ritenuti falsa testimonianza e la mia fedeltà allo Stato».
Giovanni Bianconi
24 luglio 2012 | 15:45
© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.corriere.it/cronache/12_lugl ... cb3d.shtml
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Trattativa Stato-mafia, chiesto il processo per 12: ci sono Riina, Mori e Mancino
Gli imputati sono 12: rischiano di finire a giudizio i vertici dello Stato insieme a quelli di Cosa Nostra. L'accusa è per tutti minaccia a un corpo dello Stato, tranne che per Mancino, che deve rispondere di falsa testimonianza al processo all'ex comandante del Ros. Secondo i pm la trattativa sarebbe stata avviata da Mannino, poi dai carabinieri infine da Dell'Utri, tramite per arrivare al capo del governo Berlusconi
di Giuseppe Pipitone | 24 luglio 2012
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http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/07 ... no/304029/
Ultima modifica di camillobenso il 24/07/2012, 15:58, modificato 1 volta in totale.
Re: Cittadino Presidente
Alla luce di ciò, sarebbe ancor più interessante sapere cosa si siano detti Napolitano e Mancini nelle telefonate intercettate.
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