Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
Inviato: 21/06/2014, 8:07
Nello spirito che ci ha sempre animato sin dai tempi di Ulivo.it, riporto le note dei quotidiani di ieri in merito, alla forse ultima frantumazione della sinistra.
Corriere 20.6.14
Sel si sfalda, la fuga dei deputati verso il Pd
In quattro lasciano, altri tentati. Vendola: è il giorno più difficile. Renzi: noi aperti
di T. Lab.
ROMA — Se ne va Gennaro Migliore, rimarcando di essere «stato accusato di sequestro della linea politica e di essere un sabotatore», per cui «per me si è rotto un vincolo di fiducia». E se ne va anche Claudio Fava, che invece saluta tutti parlando di «scelta dolorosa e insieme inderogabile», anche «per la distanza che ormai separa Sel dal suo progetto originario». Abbandona Titti di Salvo e divorzia anche Ileana Piazzoni. E non è che l’inizio, visto che qualche manciata di parlamentari stanno riflettendo se seguire i fuoriusciti verso gli orizzonti della maggioranza, e quindi verso il Pd.
In sole ventiquattr’ore, anche se il focolaio del dissenso interno covava sotto la cenere da mesi, la scissione di Sel è servita. Il partito di Nichi Vendola non ha retto alla rissa che s’è aperta nel gruppo parlamentare sul voto al decreto Irpef. E non ha tenuto al lacerante dibattito sulla collocazione internazionale, innescato da chi — come Migliore o come Fava — puntava e punta sull’approdo nel Pse.
Il governatore pugliese ci prova con un tentativo in extremis, a tamponare la ferita. Poco prima che abbia inizio il coordinamento del partito, Vendola offre un saggio della sua narrazione. «Spero che Gennaro Migliore torni sui propri passi perché gli voglio bene e l’ho considerato come un figlio». Qualche ora dopo, a frattura consumata, anche il leader si abbandona alla più classica delle annotazioni di maniera. «Auguri a chi lascia ma questo è un errore politico», sottolinea. «Ai compagni che vanno via facciamo gli auguri», scandisce. «Per noi oggi è il giorno più difficile», dice. E comunque, avverte, «il mio ruolo di leader è sempre a disposizione».
Non c’erano più toppe, però, a poter tappare il buco. Ieri l’altro, dopo la divisione interna sul voto sul decreto Irpef, Migliore incontra due renziani doc, Lorenzo Guerini e Francesco Bonifazi. Le malelingue sussurrano di qualche contatto (non confermato) diretto con Renzi. E si bisbiglia di un Migliore pronto a lanciare con grande anticipo la sua corsa a prossimo sindaco di Napoli. Agli atti, però, rimane un faccia a faccia che l’ormai ex capogruppo, di buon mattino, ha col compagno-rivale Nicola Fratoianni, che rappresenta la linea opposta alla sua.
«Gennaro, se il problema è il mio ruolo da coordinatore del partito, sono disposto a fare un passo indietro. Fermiamoci tutti prima che sia troppo tardi», dice Fratoianni. «M’avete accusato di aver sequestrato la linea del partito. È troppo tardi», risponde Migliore. Partita chiusa. L’altra che sta per aprirsi, invece, rimanda ai parlamentari che seguiranno i fuoriusciti. Di Salvo e Piazzoni sono già fuori. Con un piede sull’uscio, invece, ci sarebbero Nazzareno Pilozzi e Stefano Quaranta, Alessandro Zan e Fabio Lavagno, Michele Piras e Martina Nardi, Gianni Melilla e Luigi Laquaniti, Lara Ricciatti e Toni Matarrelli. Qualcuno forse si fermerà prima, altri se ne andranno. In marcia verso Renzi e il Pd, magari transitando da un gruppo cuscinetto composto insieme ai socialisti di Riccardo Nencini e a qualche eletto di Scelta Civica. Ma in maggioranza, comunque.
Difficile parlare di scouting renziano (in serata il premier dichiara: «Massimo rispetto per il travaglio di Sel, chi guarda al Pd troverà un partito aperto»). E difficile, in ogni caso, ricomporre i tasselli impazziti di un puzzle che s’è smontato dopo le Europee. Ma c’è un dettaglio nascosto, in tutta questa storia. E sta nel rapporto coltivato da due ambasciatori. Il renziano calabrese Ernesto Carbone e il primo fuoriuscito di Sel, un altro calabrese, Ferdinando Aiello. Da lì, dal voto del 25 maggio, sarebbe partita «l’operazione». «Credo che i deputati usciti da Sel, più che dalla politica, siano attratti dalle politiche di questo governo», è l’unica cosa che si lascia scappare Carbone. Qualche divanetto più in là, il vendoliano Fratoianni mastica amaro. «Ci hanno accusato di fare costituenti con Ferrero, cosa falsa. E ci hanno messo in croce per la lista Tsipras. Ma questa avventura ha o non ha consentito a Sel di rimettere piede nel Parlamento europeo? No, ditemi se sbaglio…». Il resto è già storia, più che cronaca.
Corriere 20.6.14
Migliore, il groppo in gola «Affidiamoci a Matteo»
di Tommaso Labate
ROMA — «Lo sapete che non sono uno troppo incline ai sentimentalismi, no?». Ma visto che in una chiacchierata ci sono delle pause che non si possono nascondere all’interlocutore, ecco che la verità viene a galla. Con una confessione. «No, non ho pianto. Ma il groppo in gola c’è, quello non si può nascondere».
Montecitorio, ore 18. Da qualche ora Gennaro Migliore ha formalizzato con una lettera il suo addio a Sinistra, ecologia e libertà. Lascia il partito e il posto da capogruppo alla Camera. Dice addio a «compagni con cui sono cresciuto, negli ultimi vent’anni». E chiude dietro di sé quella porta che Nichi Vendola ha provato a sbarrargli in extremis, con un appello rivolto come lo si rivolge «a un figlio».
«Un figlio, un figlio…», ripete Migliore come se parlasse da solo. Poi mette in fila un pensiero senza nemmeno prendere fiato. «Non è questo il momento di lanciare delle accuse. E forse non sarebbe neanche il caso di parlare degli errori fatti. Ma una cosa che m’ha fatto inc…re di Nichi c’è stata. È stata la frase in cui mi ha accusato di “sequestro di linea politica”. Una cosa ingiusta». Anche perché, e l’ex capogruppo lo rimarca come se in mano avesse la penna rossa, «io sono sempre stato ai doveri che il mio ruolo mi imponeva. Vede, io a stare in minoranza sono anche abituato, e la cosa neanche mi dispiace. Ma con quella frase, Vendola di fatto ha detto che ero d’intralcio, che per Sel ero come un impedimento. E, se permettete, dai posti in cui sono d’intralcio, me ne vado».
Nel corpicino di quella sinistra che un tempo si sarebbe detta «radicale», la scissione prodotta da Migliore sarà una di quelle ferite cha sanguineranno assai. Claudio Fava l’ha seguito fuori dai confini di Sel. E lo stesso faranno Titti Di Salvo, Ilenia Piazzoni e un’altra decina, forse qualcuno in meno. Andranno verso Matteo Renzi. Anche se, scandisce l’ex capogruppo di Sel, «non entriamo domani mattina nel Pd o nel gruppo parlamentare del Pd».
Già, Renzi. Da ex nemico il premier s’è trasformato — parole di Migliore — «nella persona a cui il consenso ha consegnato il ruolo di maggiore responsabile delle sorti della sinistra europea». Nell’uomo «a cui la sinistra europea può e deve affidarsi per superare questa fase segnata dalle politiche di austerità». Giura di non parlare col premier da tempo, Migliore. Certo non può nascondere di aver incontrato Lorenzo Guerini e Francesco Bonifazi, all’hotel Bernini, l’altra sera. E non ammetterebbe di aver discusso del suo futuro, cosa che i maligni pensano. Un futuro in cui «Gennaro» vedrebbe benissimo una corsa a sindaco della sua Napoli, per il dopo de Magistris.
Allievo prediletto di Bertinotti, che l’aveva designato come suo successore, col corso vendoliano Migliore non si è mai sentito a suo agio fino in fondo. Anche per il dualismo con Nicola Fratoianni. Ma ha tenuto botta, fedele allo «spirito di squadra» assorbito negli anni in cui giocava nelle giovanili dell’Afragola basket, «uno sport nel quale se non passi la palla sei fuori». Nel 2005, e la leggenda è sepolta negli archivi polverosi delle memorie della sinistra radicale, Bertinotti gli chiese di accompagnarlo a Pechino. Durante una riunione tra la delegazione dell’allora Rifondazione Comunista e quella del Partito comunista cinese, rappresentato nell’occasione dal responsabile esteri Wang Jiarui, si udì un tonfo. La seggiola su cui era seduto «il compagno Migliore» crollò. Né Bertinotti né il suo Delfino fanno più parte di quella storia. Forse, dietro quella sedia di Pechino, si nascondeva un segno del destino. O almeno, dopo ieri, così sembra.
Il Sole 20.6.14
Dal debole antagonismo di Vendola alla sinistra «renziana» di governo
La secessione di Migliore è l'effetto, non la causa della crisi. Il premier oggi come una calamita
di Stefano Folli
Va rispettato il «profondo dolore» di Nichi Vendola, ma la vera causa della sua amarezza non può essere l'addio di Gennaro Migliore e di altri tre che hanno abbandonato Sinistra&Libertà. Il dolore di Vendola va riferito alla chiusura di un ciclo. Perché di questo realmente si tratta. Il capogruppo Migliore che se ne va è l'effetto, non la causa della crisi. E se ci sono «errori politici», come pensa il leader storico della sinistra ex antagonista, è un po' ingeneroso attribuirli tutti agli scissionisti di oggi. Gli errori li hanno commessi in tanti negli ultimi anni, a cominciare da Vendola stesso.
In fondo l'ambizione iniziale era generosa, nutrita di utopia, ma aveva un senso: creare una sorta di movimento "arcobaleno" alla sinistra del Partito Democratico in cui far confluire diversi filoni, ciascuno con le proprie delusioni e frustrazioni. Ecologisti e verdi di varie sfumature, ex comunisti (ma non tutti), pacifisti, una parte dei seguaci di Fausto Bertinotti, l'uomo che per anni aveva dato spessore e una prospettiva a quell'area politica e il cui abbandono aveva provocato, esso sì, uno strappo doloroso.
Tutto doveva essere filtrato e rigenerato dal leader Vendola con le sue qualità di affabulatore, padrone di un linguaggio forbito e narcisista, certo un po' fumoso. Si avvertiva un'ambiguità di fondo che partiva dal modo di comunicare e arrivava in un attimo alla linea politica. Pochi possono dire di aver capito con precisione cosa volesse Sel. Negli enti locali il partito vendoliano è stato ed è un partner del Pd in innumerevoli giunte. Ma sul piano nazionale è rimasto a metà strada. Né realmente antagonista né davvero determinato a far valere le sue proposte al tavolo del governo.
L'Italia cambiava, ma il leader sembrava prigioniero dei suoi schemi astratti, senza riuscire a dar voce a una classica sinistra «di classe» e tanto meno a una sinistra riformista. E il fatto che il caso dell'Ilva di Taranto sia esploso proprio nella Puglia di Vendola vuol dire qualcosa, anche sul piano simbolico. Si è accreditato il capo di Sel di un rapporto sotterraneo con Renzi, e magari sarà vero, ma i risultati non devono essere granché soddisfacenti, se si è arrivati alla spaccatura di ieri.
Ora Migliore e il gruppetto che lo segue, forse destinato a ingrossarsi nel tempo, tenteranno di costituire la sinistra del «renzismo». Non è importante se entreranno o meno nel Pd (probabilmente non lo faranno adesso), è interessante capire se riusciranno a occupare uno spazio politico che in effetti esiste. Perché se Renzi vuole essere una specie di Tony Blair all'italiana e quindi tende a rappresentare i ceti moderati, nonostante la presenza del Ncd di Alfano nel governo, è evidente che ci sono margini per un'ala sinistra che serva anche a coprire il "renzismo" su quel versante.
L'operazione può riuscire o forse no, vedremo. Quel che è certo, qualcosa si è messo in moto nel campo della sinistra. Soprattutto quella che un tempo vedeva se stessa come antagonista e oggi si è accorta che, almeno in questa fase storica, lo spazio si è ristretto: a meno di non andare sul terreno dei populismi, il cui sbocco però è a destra, come si vede nel caso Grillo-Farage. Il fenomeno Renzi è un'enorme calamita che attira a sé vecchi e nuovi soggetti, scompaginando gli schieramenti precostituiti. Di questa ondata Vendola è la vittima più recente, ma forse non l'ultima.
l’Unità 20.6.14
Bufera Sel: via Migliore e Fava
In quattro lasciano il partito. Altri sei pronti a seguirli
Vendola: una ferita dolorosa ma sostenere Renzi è sbagliato
Sel si spacca. In segreteria si consuma la rottura dopo il sì dei deputati al decreto Irper. Lasciano il partito il capogruppo alla Camera Migliore, Fava, Titti Di Salvo e Ileana Piazzoni. «Posizioni inconciliabili », dicono. Altri pronti a seguirli. Vendola parla di «ferita dolorosa» ma avverte: noi siamo all’opposizione.
Per Sel è «il giorno più difficile, la nostra comunità è ferita», dice Nichi Vendola. Il gruppo alla Camera perde non solo altri 4 deputati (dopo i due che già avevano lasciato nei giorni scorsi). Ma tutto il suo vertice, da Gennaro Migliore alla vice capogruppo Titti Di Salvo, passando per Claudio Fava, uno dei fondatori, e la segretaria d’Aula Ileana Piazzoni. Una diaspora che non è affatto finita, visto che almeno altri 6-7 deputati stanno ragionando sull’uscita, tra i 17 che da tempo sostengono la linea di dialogo col Pd e nel gruppo hanno votato a favore del sì al decreto degli 80 euro. Si fanno già i nomi di Nazareno Pilozzi, Guido Quaranta, Alessandro Zan e Fabio Lavagno.
«Quello su cui ci dividiamo è il renzismo. E il dolore per me è grande», ha commentato Vendola al termine di una difficile riunione della segreteria in cui Titti Di Salvo, nonostante gli appelli, ha ribadito la sua decisione di lasciare, unica dei ribelli a partecipare alla riunione. «La discussione riguarda cosa debba essere la sinistra e la bussola deve essere la libertà e la giustizia sociale. Sostenere l’area del governo Renzi è per me andare fuori strada, e non rispetta l’identità di questo partito», dice il leader. Verso i compagni che lasciano Vendola non usa la mano pesante: «Per me Gennaro Migliore è un figlio. Speriamo che questi compagni e compagne si faranno bandiere della sinistra». Ma la linea non cambia: «Noi pensiamo, con tutta la nostra comunità, che Sel debba restare all’opposizione, per costruire un dialogo con il Pd. Per sfidare Renzi a fare ciò che è necessario: cambiare agenda politica, combattere contro la crisi contrastando le politiche di austerità ». «Penso che una forza di sinistra debba essere una forza anticonformista, che non smarrisce mai la bussola», dice Vendola. «Immaginare che questa bussola possa portare oggi a sostenere l’area del governo Renzi mi pare uno sbandamento».
Ora i transfughi puntano al gruppo Misto, dove potrebbero tentare di costituire un gruppo autonomo con i socialisti, dialogando anche con gli ex M5s. Ma servono almeno 20 deputati. «Valuteremo, ora è il momento di elaborare il lutto», spiega a l’Unità Ileana Piazzoni. «Non entreremo nel gruppo Pd, non si passa da un partito all’altro in un giorno. Serve il tempo per una riflessione adeguata. Per ora è giusto costruire un nostro luogo autonomo». Dal leader Pd Renzi arriva una netta apertura: «Massimo rispetto per il travaglio dentro Sel, chi guarda al Pd troverà un partito aperto, attento alle diverse sensibilità, intenzionato a lavorare avendo come obiettivo la giustizia sociale, ma che si pensa come un vero e proprio partito della nazione», ha detto il premier ai suoi più stretti collaboratori.
Claudio Fava che, come leader di Sinistra democratica (la componente Ds che non entrò nel Pd) è stato uno dei fondatori di Sel, motiva così la sua scelta: «Permeè una scelta dolorosa e insieme inderogabile, per la distanza che ormai separa Sel dal suo progetto originario ». «La scelta congressuale e le decisioni di questi mesi - aggiunge Fava - ci hanno portati ad abbandonare il terreno della nostra sfida politica naturale che era quello del socialismo europeo: abbiamo preferito una collocazione in Europa e una pratica politica in Italia di forte arroccamento identitario». «Una marginalità - prosegue - che ci rende inadeguati rispetto all’ambizione che c’eravamo dati: costruire una forza autonoma della sinistra impegnata in un cambiamento del paese e nella ricostruzione di uno spazio politico largo, plurale, responsabile».
«Aspettiamo che si fermino questi annunci per tirare una linea e decidere insieme il da farsi», spiega Nicola Fratoianni, coordinatore della segreteria, che annuncia per mercoledì una riunione della direzione. Mentre lunedì sarà scelto il nuovo capogruppo alla Camera. Girano i nomi di Ciccio Ferrara e Arturo Scotto, due dei pontieri che nelle scorse settimane avevano tentato una ricucitura tra le due anime del partito. Scotto è molto amareggiato per lo strappo: «Vedo una coazione a ripetere nella storia della sinistra, e cioè dividersi ad ogni passaggio stretto. Evidentemente la calamita di un Pd al 40% è fortissima, ma è sbagliato dire che Vendola ci stia trascinando in una deriva identitaria». Prosegue Scotto: «Tutto il gruppo di Sel ha votato a favore degli 80 euro, non c’erano gli estremi per uno strappo del genere. Ma a me pare una scissione parlamentare e non di popolo».
«Sel non rischia di scomparire», ribadisce Vendola, annunciando che «il mio mandato è a disposizione del partito». «La mia linea politica è stata approvata a stragrande maggioranza dal congresso ». Migliore intanto ha incontrato il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini. Per ora, solo uno scambio di opinioni. Al Senato, almeno per ora, non ci dovrebbero essere strappi. «Tendo ad escluderlo», dice Peppe de Cristofaro, uno dei pontieri. Proprio a palazzo Madama ieri il senatore montiano Giampiero della Zuanna ha lasciato il gruppo di Scelta civica per approdare nel Pd. Anche alla Camera Scelta civica è divisa tra chi guarda al Pd e chi ad Alfano.E la nomina del nuovo capogruppo, al posto del dimissionario Andrea Romano, rischia di dar vita a un replay di quanto accaduto in Sel. Uno scenario che Romano smentisce: «Auspico la creazione anche in Italia di quella che Blair chiamava la “tenda dei riformismi”. Ma escludo l’adesione di singoli deputati di Sc al gruppo Pd».
l’Unità 20.6.14
Gennaro Migliore
«Uno spazio unico col Pd, in cui la sinistra conti di più»
«Misto o Pd? Vedremo»
«Non ho mai avuto problemi a essere minoranza. Ma quando il presidente del partito dice che stiamo “sequestrando la linea politica di Sel” è evidente che lamia presenza è incompatibile». Gennaro Migliore, dopo aver lasciato la guida del gruppo alla Camera, ieri è uscito da Sel insieme ad altri tre parlamentari.
Vi seguiranno altri? Cosa farete adesso?
«Altri stanno riflettendo sull’ipotesi di uscire da Sel, se andare nel Misto o entrare nel gruppo Pd sarà una decisione che prenderemo collettivamente».
Perché questa decisione? All’assemblea di sabato la linea di Vendola era stata approvata a larghissima maggioranza...
«Sul no alla fiducia eravamo tutti d’accordo, e mi sono attenuto a quanto deciso dall’assemblea. Ma sul merito degli 80 euro, un intervento a sostegno delle fasce più deboli, mi è parso incredibile che una forza di sinistra come Sel si tirasse indietro. La mia presenza è stata considerata un ostacolo, e ne ho preso atto. Ho tirato una riga e ho deciso che non era giusto né per me stesso e neppure per Sel restare se venivo additato come un problema. Sui social network si è scatenata, e non da oggi, una violenza verbale e una aggressività fortissima contro le nostre posizioni».
Nella votazione nel gruppo la sua linea ha prevalso. Perché allora andarsene?
«Appena abbiamo votato, è stato detto da Vendola che il nostro era un colpo di mano. C’è stata una sanzione di incompatibilità. Io sono per un riavvicinamento all’area di governo, per spingere a una trasformazione del quadro politico e, in prospettiva, di un unico campo democratico. Tutto questo veniva visto come un ostacolo da chi ha fatto una scelta identitaria che si era incarnata nella lista Tsipras».
Claudio Fava aveva proposto un congresso straordinario. Non era una strada praticabile?
«La sua proposta non è stata neppure presa in considerazione».
Ora andate verso un Pd al40%,che non pare bisognosi di ulteriori innesti. Così non svendete la vostra autonomia di forza di sinistra?
«Per me la parola “svendere” va bandita da ogni discussione politica. Il punto è come esercitare la tua influenza: in un luogo identitario e ideologico o in un luogo dove puoi cercare di diventare maggioranza. Quando abbiamo candidato alle primarie sindaci come Pisapia e Zedda siamo partiti da posizioni di estrema minoranza, così anche col referendum sull’acqua. Auspico un soggetto politico democratico in cui anche le idee di chi oggi è minoranza possono diventare maggioranza. Noi non vogliamo chiuderci in un recinto, ma dare un contributo di sinistra dove si possono davvero cambiare le cose».
Altri due vostri ex colleghi di Sel sono già entrati nel Pd..
«Quelle sono due uscite individuali, che non c’entrano con la nostra discussione».
Vendola ha detto che lei è «come un figlio».
Che effetto le fa questo strappo dopo tanti anni di battaglie insieme?
«Una separazione non è mai indolore, io non ho niente da rimproverare a Vendola, ho solo ricordi positivi con lui. La mia stima e il mio affetto per lui non cambiano, ma c’è anche una laicità nei rapporti».
Qual è l’errore politico che attribuisce a Vendola in questi mesi?
«Io non attribuisco errori. Ci sono due visioni differenti».
Voi stavate lavorando da tempo a questo strappo...
«Non veniamo da Marte. Ci sono stati mesi che hanno caratterizzato le scelte di Sel e io sono stato minoranza fino a quando non si è parlato di un sequestro della linea».
Lei pensa a un ingresso nel Pd?
«Penso a uno spazio unico. Spero che Renzi, dopo tante innovazioni, ragioni anche su una profonda riforma della forma partito, integralmente democratica e inclusiva. E spero che con Sel si torni a fare la stessa strada».
La vostra viene definita una operazione solo di palazzo, senza radici nella base...
«Lo vedremo. Sto ricevendo telefonate da tutta Italia, avverto un malessere diffuso nel corpo del partito». Renzicoidissidentinonèmoltotenero.RischiatediessereisolatianchenelPd?
«Non ho questo timore, sono sempre stato abituato a ragionare in termini di allargamento della democrazia e delle regole di partecipazione. E comunque non stiamo entrando nel Pd».
Repubblica 20.6.14
Sel a pezzi, quattro dimissioni e altri dieci vanno verso il Pd
Renzi: da noi porte aperte
Con Migliore escono Fava, Di Salvo e Piazzoni. “No alla deriva minoritaria”
L’ex capogruppo: “Basta opposizione sterile, serve l’intesa con i democratici”
ROMA. «La mia decisione era già presa». Gennaro Migliore, il capogruppo che ha sbattuto la porta di Sel, nega che la cena all’Hotel Bernini con il vice segretario dem Lorenzo Guerini sia stata decisiva. Ma la diaspora di “Sinistra ecologia e libertà” è stata squadernata a quel tavolo, mercoledì sera. E ieri Vendola non è riuscito a ricucire. La segreteria, convocata in fretta e furia, ha solo preso atto dell’esodo.
Decapitato il vertice del gruppo a Montecitorio. Lasciano Sel, oltre a Migliore, il vice presidente vicario Titti Di Salvo, il segretario Ileana Piazzoni, il vicepresidente del Copasir Claudio Fava. Nei giorni scorsi avevano detto addio altri due deputati, Michele Ragosta e Ferdinando Aiello. Nella prossima settimana dovrebbe lasciare Sel in dieci almeno, tra i quali potrebbero esserci Stefano Quaranta, Nazzareno Pilozzi, Alessandro Zan, Fabio Lavagno, Luigi Lacquaniti. È un terremoto. Nichi Vendola cerca di limitare i danni e lancia l’ennesimo appello a Migliore - «per me è come un figlio» - perché si fermi, ci ripensi. Ma è inutile. Poco prima del redde rationem della riunione, è Fava per primo a dare alle agenzie la lettera del congedo: «È una scelta dolorosa ma inderogabile. C’è una deriva minoritaria in cui non mi riconosco più». Arriva a stretto giro di posta la lettera aperta di Migliore «ai compagni e alle compagne »: «Le posizioni sono incompatibili, si è rotto il rapporto di fiducia». Ma è «l’opposizione sterile», che si è incagliata sullo scoglio del voto sul provvedimento renziano degli 80 euro per i redditi medio- bassi ad avere divaricato le differenze fino alla frattura. Migliore non partecipa alla segreteria.
“Sinistra, ecologia e libertà” è in piena tempesta. Chi resta accusa i fuoriusciti. Circolano veleni, allusioni, accuse. Titti Di Salvo parla della sofferenza di trarre il dado: «Però la nostra scelta è in linea con la cultura di sinistra di governo che noi ci siamo dati. Abbiamo tutti l’amaro in bocca, tuttavia è un percorso lineare». Il Pd di Renzi non ha certo fatto campagna acquisti. Ed è proprio il premier-segretario che, con i suoi collaboratori ragiona: «Massimo rispetto per il travaglio dentro Sel. Chi guarda al Pd troverà un partito aperto, attento alle diverse sensibilità, intenzionato a lavorare avendo come obiettivo la giustizia sociale, ma che si pensa come un vero e proprio partito della nazione». In pratica i Democratici sono pronti ad accogliere gli ex vendoliani.
Il drappello di fuoriusciti dovrà però decidere se confluire subito nel gruppo dem o puntare a una fase di passaggio. Migliore è orientato a entrare nel Pd, mentre Fava sarebbe più propenso a un gruppo di riformisti. Le ipotesi sono tante. Potrebbe costituirsi un gruppo anche con chi è andato via da Scelta civica e con i socialisti. Riccardo Nencini, il segretario del Psi, commenta: «Il sistema politico italiano post-elezioni europee genera sismi quasi quotidiani. Non gioisco quando nei partiti si consumano divisioni. Sta di fatto che dei partiti nati dopo il 1992 solo un pugno sopravvive ». Anche in Senato manovre in corso. Se un paio di senatori di Sel potrebbero lasciare per andare nel Pd, gli altri sono pronti invece a un gruppo con i fuoriusciti del Movimento 5Stelle. Nelle ultime settimane sono state già fatte dichiarazioni comuni a indicare la volontà di un matrimonio. Per Loredana De Petris, senatrice vendoliana, il partito è «sotto choc». Franco Giordano, ex capogruppo, in Transatlantico scherza sull’overbooking nel Pd di Renzi: «Ormai ci sono posti solo in piccionaia... ». Beppe Fioroni, dem, popolare e anti renziano, aveva ironizzato proprio sull’overbooking nel PdR. «L’unico overbooking di Renzi è quello di elettori... », stoppa Migliore. La diaspora si sposta anche a livello locale. Dall’Emilia l’assessore regionale Massimo Mezzetti chiede l’azzeramento di tutte le cariche del partito, mettendo gli amministratori provvisoriamente come traghettatori verso un nuovo congresso: «Il clima che si respira nei territori è quello dell’8 settembre del 1943».
Repubblica 20.6.14
Vendola sotto shock “Ma non siamo morti e non finirò renzista”
di Giovanna Casadio
ROMA. «Non ho pensato di dimettermi. Anche se il mio mandato è sempre a disposizione. Per me è stato un grande sacrificio in questi anni correre su e giù, tra il governo regionale della Puglia e il governo del partito. Ma mi ribello al conformismo nei confronti di Renzi e del suo ambiente...». Nichi Vendola ha appena concluso la riunione della segreteria che ha sancito la diaspora di “Sinistra ecologia e libertà”. È amareggiato, davanti alla frantumazione del “suo” partito. «Io che sono un sentimentale - dice - per una volta più che al sentimento, penso vada fatto prevalere la razionalità politica, non solo il cuore ma anche il cervello».
Vendola, si sente tradito?
«Non ci sono traditi né traditori, ci sono scelte politiche».
A quattro anni dalla nascita, Sel è naufragata, finita?
«No. Sel non è finita. C’è una spaccatura, una frattura, ma ricominciamo. E ricominciamo da un milione e 200 mila voti che sono frutto dell’investimento nell’Altra Europa con Tsipras. In questi anni siamo stati anima di un centrosinistra efficace e vincente. Abbiamo vinto in Puglia, a Milano, a Genova, a Cagliari. Abbiamo fecondato il centrosinistra. Dentro Sel la divisione maturava da lungo tempo. Per chi pensa che la vera innovazione sia Renzi, capisco sia difficile sottrarsi all’attrazione. Non posso che dire bene di Gennaro Migliore, della sua acutezza e intelligenza. Se parlassi male di Gennaro, parlerei male di me stesso. Siamo in una fase di terremoto per tutto il sistema politico italiano ».
Renzi pigliatutto?
«C’è uno sfondamento culturale che il renzismo e Renzi producono anche nel nostro mondo».
La cosa è negativa?
«Lo constato: Renzi ha una attrazione forte e vincente perché quel 41% è un monumento alle abilità del nostro premier. Ma noi alle primarie eravamo in contrapposizione alle idee di Renzi, che sono sempre organiche a un impianto liberista. Quando il premier squaderna il suo programma, con Blair come riferimento, ebbene noi siamo nati contro quelle tesi».
Il suo errore è stata la Lista Tsipras? Avete donato sangue per portare quel movimento alla vittoria e poi siete stati messi fuorigioco nell’europarlamento da Barbara Spinelli?
«I problemi relativi alla rappresentanza a Bruxelles non possono oscurare il dato politico che abbiamo ottenuto. Una vittoria, che è il contrario del ripiegamento identitario».
Quale prospettiva avete? Andate verso la creazione di un movimento tipo “Altra Italia”?
«Ci muoviamo sul sentiero scelto nell’ottobre del 2010, con la costruzione di battaglie comuni sia con il Pd che alla nostra sinistra».
Ma quale è la differenza tra lei e Migliore?
«Io voglio essere una sinistra di governo e lui vuole essere una sinistra al governo. Sel continuerà a incalzare e stimolare il governo sulla questione sociale e l’uscita dalla crisi. Renzi rompa la gabbia dell’alleanza con la destra e in questo Parlamento ci possono essere le forze disponibili a ricomporre un’area di centrosinistra. Ma basta con il conformismo generalizzato, che prima ancora che politico è culturale. È nocivo. Occorre più che mai una sinistra critica, che faccia domande impertinenti e chieda conto ad esempio, delle coperture con cui si finanziano gli 80 euro».
Quelli che vanno via, pare saranno oltre una decina, sono compagni che sbagliano?
«Hanno fatto la loro scelta. Sel non ha affatto esaurito la sua funzione e il Pd di Renzi ha bisogno di avere fuori da sé un forte presidio di sinistra. Ma più in generale è l’Italia ad avere bisogno di sinistra».
Repubblica 20.6.14
La polverizzazione della sinistra-virus
di Filippo Ceccarelli
I GRANDI animali come il leone non fanno più paura a nessuno - faceva dire Corrado Guzzanti al suo irresistibile Bertinotti qualche anno fa -. Spaventano invece i virus, microrganismi che non si possono neanche vedere. E allora, compagni, noi dobbiamo continuare a scinderci sempre di più».
«DOBBIAMO creare migliaia e migliaia di minuscoli partitini comunisti indistinguibili gli uno dagli altri che cambino di continuo nome e forma, nome e forma, nome e forma...» Questo proponeva dunque il Bertinotti di Guzzanti. Ma forse non è un caso che per affrontare l’estrema e presente crisi della sinistra radicale, Sel e dintorni, ci si debba rifare alla commedia grottesca, sia pure nella sua più profetica accezione.
Perché Bertinotti non c’entra più, ma da quelle parti è esattamente quello che sta accadendo. La polverizzazione, l’irrilevanza, il vuoto di qualsiasi consapevolezza sull’effetto che tutto questo girare a vuoto trasmette all’opinione pubblica - ed è un peccato, anche grave.
Non che prima, un anno, un anno e mezzo fa, fosse tutto così chiaro. Ma da un po’ non si capisce davvero più nulla: né chi, né come, né dove, né soprattutto perché. Risulta faticoso, per non dire defatigante, anche solo affacciarsi sul dibattito in corso.
Debbono entrarci quelle che un tempo si definivano «alleanze». Nel gennaio scorso, al congresso di Rimini, Renzi non venne: la platea di Sel subissò di fischi il povero emissario del Pd, Bonaccini, mentre sui maxischermi scorreva un’elementare considerazione: «Un’altra occasione persa». Adesso quasi la metà dei parlamentari ha l’aria di aver cambiato giudizio sul premier e sul suo governo.
Gli impicci con la lista Tsipras, non proprio edificanti, risalgono a un paio di settimane orsono. L’infezione della discordia è notoriamente contagiosissima, per cui nemmeno i potenziali separatisti sono d’accordo tra loro. E tuttavia mai come in questo caso il virus - anticipatorio, satirico o post-bertinottiano che dir si voglia - sembra dispiegarsi a scapito non solo della ragionevolezza, ma della stessa ragion d’essere di Sinistra e libertà.
Renzi infatti non è comunista, forse perciò ha preso voti al centro e a destra, e in più continua strenuamente a tenersi buono Berlusconi. Nel gioco dei pieni e dei vuoti che di nor- ma regola la politica si aprirebbe dunque un’autostrada, una pista d’aeroporto, o una prateria. E invece, o forse proprio per questo, per Sel si fa notte prima che faccia sera e il suo gruppo dirigente, come d’istinto, va a infilarsi nel classico ginepraio fitto di spine.
Per forza di cose i protagonisti, senza troppo personalizzare, hanno volti e modi e linguaggi da talk-show e a volte, specie di primo mattino o a notte fonda, si rischia colpevolmente di confonderli. Difendono o almeno presidiano un’area di valori e credenze che di sicuro esiste nella società, però è anche molto forte la tentazione di chiedersi quanto veramente incidono gli eletti nella realtà e nella vita dei loro stessi elettori e spettatori; e se non stiano lì, in Parlamento e nei salottini televisivi, un po’ per inerzia, o per abitudine, o per pigrizia, o per mestiere, o per virtù di quelle clausole di sbarramento che tanto li appassionano; o se, addirittura, non siano inutili. L’inutile Sel.
D’accordo, la parola suona sferzante - e tanto più nel momento in cui la fila per salire sul carro impennacchiato del giovane vincitore sembra superare, come spesso in Italia, ogni decenza. Ma mentre andava svolgendosi la titanomachia fra gli onorevoli Fratoianni e Migliore, si è consumata anche l’autorità, oltre che la leadership di Nichi Vendola.
Il carisma infatti non è dato per sempre e ogni stagione ha il suo termine. Comprenderlo, purtroppo, è quasi impossibile. Ma concentrarsi sul proprio originario impegno, cioè restare il più possibile in Puglia, amministrare, trovare umili soluzioni di governo e quindi rinunciare alle luci del proscenio, ecco, tutto questo allunga il tempo del comando e riduce di parecchio i rischi.
Le telefonate vere (Ilva). Le telefonate fasulle (almeno tre casi nell’ultimo anno). Ma Vendola sta sempre a Roma, e sta sempre in tv, e alla radio, e in foto sui manifesti, e con le strisce arcobaleno sulla faccia, e con il compagno, e inaugura e brinda alla nuova sede davanti ai suoi ritratti, e per forza di cose sempre più è condannato a esprimersi per fumisterie, contorsionismi, suggestioni.
L’altro giorno, alla ricerca di animali totemici, ha detto: «Forse potremmo essere un’anguilla». Il Bertinotti di Guzzanti puntava ai piccoli roditori.
il Fatto 20.6.14
La sinistra in frantumi. Sel, addio di 12 "riformisti"
Rottura sugli 80 euro
Renzi: "Porte aperte nel partito della Nazione"
di Salvatore Cannavò
Per Nichi Vendola è “un grande dolore”, oltre che “un errore politico”. Renzi lascia “le porte aperte”. Ma quella di Gennaro Migliore, di dodici deputati e un senatore di Sel è in realtà solo l’ultima di una serie infinita di scissioni. Il sintomo di una crisi strisciante che si trascina da tempo e che riapre ferite non sanate nel corpo martoriato della sinistra italiana.
LA SCELTA DI MIGLIORE di abbandonare il partito che, insieme a Nichi Vendola, Nicola Fratoianni, Elettra Deiana, Massimiliano Smeriglio, Francesco Ferrara, Franco Giordano e molti altri - tutti provenienti dal vecchio gruppo dirigente bertinottiano - è stata comunicata ieri da una lunga lettera del deputato napoletano. Una lettera in cui si respinge l’accusa di aver voluto, con la scelta di sostenere il decreto Irpef del governo, quello degli 80 euro, “sequestrare la linea politica del partito”, come gli era stato rinfacciato da Vendola. “Non ci sto a passare per un sabotatore” scrive Migliore, e “mi fermo prima che qualcuno chieda improbabili riallineamenti” e prima che “alla prossima occasione di dissenso riparta il processo mediatizzato e le accuse di sequestrare la linea”. Migliore definisce la propria posizione “incompatibile con quella di Sel” e quindi rassegna le dimissioni “da tutti gli incarichi e dal partito”. Non dal Parlamento dove punta a formare un nuovo gruppo, “riformista”, cercando di raccogliere consensi che permettano di arrivare al minimo indispensabile di venti. Tra la dozzina, circa, di deputati di Sel che lo seguiranno ci sono Claudio Fava, e Titti Di Salvo, ex segreteria Cgil. Incerte le posizioni di altre figure importanti come il tesoriere Sergio Boccadutri o l’ex coordinatore nazionale Francesco Ferrara. Dalle scelte che alcuni di loro faranno, tra l’altro, dipenderà anche la nomina del nuovo capogruppo . “Massimo rispetto per il travaglio dentro Sel, dice Matteo Renzi, chi guarda al Pd troverà un partito aperto, attento alle diverse sensibilità, intenzionato a lavorare avendo come obiettivo la giustizia sociale, ma che si pensa come un vero e proprio partito della nazione”. Un richiamo più che esplicito anche se, per ora, non ci sarà nessun ingresso. Migliore pensa soprattutto a un nuovo partito riformista, un Pd allargato. Intanto il nuovo gruppo vedrà i socialisti di Nencini mentre si è aperto il dialogo con deputati di Scelta civica come Andrea Romano: “Rispetto molto la scelta di Gennaro Migliore - spiega quest’ultimo al Fatto - e credo che il suo possa essere un passo verso la grande tenda dei riformismi che Renzi dovrebbe costruire”.
“LA SCISSIONE è un lusso che possono permettersi solo i parlamentari” commenta velenoso il responsabile organizzativo di Sel, Massimiliano Smeriglio, che accusa il colpo e parla di “vera maledizione della sinistra”. “Non c’è dubbio, per noi è un colpo, di immagine e non solo, come tutte le scissioni ci indebolisce. Però la ‘maledizione’ di cui parlo è quella del rapporto ossessivo con il governo”. Nella lunga nota con cui Vendola commenta la separazione si mette l’accento sul nodo politico: “Sel nasce dall’idea che tra il radicalismo testimoniale e il riformismo senza riforme, c’è un’altra strada. Io penso che noi dobbiamo continuare su questa, lo dobbiamo a tante e tanti che costruiscono giorno per giorno Sel”.
il Fatto 20.6.14
Il fuoriuscito Claudio Fava
“Via dal partito del capo Nichi”
di S. C.
Claudio Fava è tra coloro che hanno scelto di abbandonare Sel, il partito che ha contribuito a fondare. Di origine diessina, fu tra coloro che formò con Fabio Mussi Sinistra democratica, in alternativa al Pd. Oggi si ritrova al punto di partenza.
C’era proprio bisogno di una scissione?
Se l’abbiamo fatta, sì. Sel era un partito che aveva l’ambizione di costruire una sinistra per contribuire al cambiamento del Paese con un atteggiamento laico e critico. Invece c’è stato un lento scivolamento verso una ridotta identitaria-
Si riferisce alla scelta della lista Tsipras?
Al di là del giudizio, positivo, sulla persona, tutto quello che ha riguardato questa scelta ha tolto fiato al nostro progetto. La discussione sugli 80 euro l’ha rivelato. Le critiche al governo restano intatte ma se Sel mantiene un pregiudizio di posizione io che c’entro? Non ho rinunciato a entrare nel Pd per finire in Rifondazione.
Non avete resistito al fascino di Renzi?
No, quello che ho spiegato a Vendola nella mia breve e cortese lettera è che ridurre tutto alla caricatura “Renzi sì, Renzi no”, non serve. C’è una terra di mezzo, lo spazio per una sinistra autonoma dal Pd che sappia entrare nel merito di ciò che accade giorno per giorno. Ho un giudizio complesso e articolato sul governo. Nessun altro sarebbe stato capace di valorizzare un uomo stimato e perbene come Cantone ma ho un giudizio negativo sulla riforma del lavoro.
Può giurare che non andrete a finire nel Pd?
Chi di noi avesse voluto scegliere il Pd lo avrebbe fatto cinque anni fa. Io sono tra i quattro che hanno fondato Sel e non mi vedo costretto a rinnegare una scelta di cinque anni fa. Vedo invece che alcuni elementi di laicità interna, di democrazia, di superare l’idea di un partito del capo e vivere con franchezza il conflitto, non ci sono più.
Cosa rimprovera a Vendola?
Non solo di aver accettato un profilo minoritario ma di aver postulato che non c’era spazio per la discussione nel partito. Se ci fosse stata una discussione nei tempi legittimi e non ci fossimo trovati una conclusione del congresso preparata il giorno prima non saremmo arrivati a questo punto.
Farete un gruppo “riformista”? Puntate a raccogliere i malumori interni al Pd?
Vogliamo dare un riferimento chiaro all’area del socialismo europeo che, secondo me, resta uno spazio di critica e di libertà. In questo senso c’è un buon dialogo con i parlamentari socialisti che furono con noi all’inizio dell’avventura di Sel. Siamo una quindicina e spero di poter arrivare ai venti necessari. Ma non sto partecipando alla fondazione di una fronda esterna al Pd. Questo politicismo esasperato non mi appartiene.
il Fatto 20.6.14
Il garante Guido Viale
“Il futuro adesso è la lista Tsipras”
di S. C.
Guido Viale è stato uno dei “garanti” della lista Tsipras e anche uno di coloro che ha sostenuto con forza la decisione di Barbara Spinelli di accettare, ripensandoci, il seggio europeo. In questa veste è tra quanti sono stati accusati da Paolo Flores d’Arcais, in un lungo saggio su Micromega, di essere responsabili dell’ennesimo fallimento a sinistra. Accusa a cui reagisce con nettezza. “Non lo chiamerei fallimento. Certo l’obiettivo potenziale era ed è molto più ambizioso. Ma occorre scontare le difficoltà di un progetto del genere. Difficoltà con cui Flores non ha la minima capacità di misurarsi tanto è vero che si è ritirato fin dall’inizio aggiungendo difficoltà ulteriori come l’impuntatura sulla candidatura di Sonia Alfano”.
Eppure, al risultato della lista consegue l’ennesima scissione a sinistra.
La divisione di Sel mi pare fosse nella logica delle cose. La lista Tsipras è nata con una nettissima demarcazione nei confronti delle politiche di larghe o piccole intese del governo Renzi, e soprattutto, nei confronti di un partito pigliatutto come è diventato il “partito-governo” di Renzi che però nella sua impostazione di fondo non ha né la volontà né la possibilità di scostarsi dalle politiche di austerità. E quindi lascia alla sua sinistra uno spazio molto ampio.
Spazio che finora non avete occupato.
La lista Tsipras è nata per creare un punto di riferimento per quanti pensavano che i partiti tradizionali della sinistra radicale non fossero più strumenti adeguati per un elettorato molto ampio che comprende una parte anche consistente dell’elettorato Pd, una parte molto consistente del M5s e soprattutto una parte amplissima di coloro che si astengono per una natura e comprensibile ritrosia a riconoscersi nelle pratiche politiche correnti. Il progetto ha intercettato una parte minima di costoro ma le ragioni di fondo restano tutte.
Il dopo elezioni è stato monopolizzato dal “caso Spinelli”. Pentito di come si è svolta la discussione?
Sì. Non ho il minimo dubbio nell’aver sostenuto la scelta di Barbara Spinelli perché considero il suo contributo alla creazione di questa lista e alla sua vittoria fondamentali. Però, questa decisione avrebbe potuto essere comunicata meglio. Per quanto mi riguarda non ho niente da rimproverarmi ma questa discussione poteva essere condotta meglio da chi ha ritenuto opportuno entrare nel merito ma anche da chi non l’ha ritenuto.
Come andrà avanti la lista Tsipras?
Si stanno riunendo i comitati che hanno gestito la campagna elettorale e stanno mettendo a punto i programmi di azione. Il progetto si baserà essenzialmente sui comitati locali e con una struttura aperta e leggera ma indispensabile di coordinamento
Corriere 20.6.14
Sel si sfalda, la fuga dei deputati verso il Pd
In quattro lasciano, altri tentati. Vendola: è il giorno più difficile. Renzi: noi aperti
di T. Lab.
ROMA — Se ne va Gennaro Migliore, rimarcando di essere «stato accusato di sequestro della linea politica e di essere un sabotatore», per cui «per me si è rotto un vincolo di fiducia». E se ne va anche Claudio Fava, che invece saluta tutti parlando di «scelta dolorosa e insieme inderogabile», anche «per la distanza che ormai separa Sel dal suo progetto originario». Abbandona Titti di Salvo e divorzia anche Ileana Piazzoni. E non è che l’inizio, visto che qualche manciata di parlamentari stanno riflettendo se seguire i fuoriusciti verso gli orizzonti della maggioranza, e quindi verso il Pd.
In sole ventiquattr’ore, anche se il focolaio del dissenso interno covava sotto la cenere da mesi, la scissione di Sel è servita. Il partito di Nichi Vendola non ha retto alla rissa che s’è aperta nel gruppo parlamentare sul voto al decreto Irpef. E non ha tenuto al lacerante dibattito sulla collocazione internazionale, innescato da chi — come Migliore o come Fava — puntava e punta sull’approdo nel Pse.
Il governatore pugliese ci prova con un tentativo in extremis, a tamponare la ferita. Poco prima che abbia inizio il coordinamento del partito, Vendola offre un saggio della sua narrazione. «Spero che Gennaro Migliore torni sui propri passi perché gli voglio bene e l’ho considerato come un figlio». Qualche ora dopo, a frattura consumata, anche il leader si abbandona alla più classica delle annotazioni di maniera. «Auguri a chi lascia ma questo è un errore politico», sottolinea. «Ai compagni che vanno via facciamo gli auguri», scandisce. «Per noi oggi è il giorno più difficile», dice. E comunque, avverte, «il mio ruolo di leader è sempre a disposizione».
Non c’erano più toppe, però, a poter tappare il buco. Ieri l’altro, dopo la divisione interna sul voto sul decreto Irpef, Migliore incontra due renziani doc, Lorenzo Guerini e Francesco Bonifazi. Le malelingue sussurrano di qualche contatto (non confermato) diretto con Renzi. E si bisbiglia di un Migliore pronto a lanciare con grande anticipo la sua corsa a prossimo sindaco di Napoli. Agli atti, però, rimane un faccia a faccia che l’ormai ex capogruppo, di buon mattino, ha col compagno-rivale Nicola Fratoianni, che rappresenta la linea opposta alla sua.
«Gennaro, se il problema è il mio ruolo da coordinatore del partito, sono disposto a fare un passo indietro. Fermiamoci tutti prima che sia troppo tardi», dice Fratoianni. «M’avete accusato di aver sequestrato la linea del partito. È troppo tardi», risponde Migliore. Partita chiusa. L’altra che sta per aprirsi, invece, rimanda ai parlamentari che seguiranno i fuoriusciti. Di Salvo e Piazzoni sono già fuori. Con un piede sull’uscio, invece, ci sarebbero Nazzareno Pilozzi e Stefano Quaranta, Alessandro Zan e Fabio Lavagno, Michele Piras e Martina Nardi, Gianni Melilla e Luigi Laquaniti, Lara Ricciatti e Toni Matarrelli. Qualcuno forse si fermerà prima, altri se ne andranno. In marcia verso Renzi e il Pd, magari transitando da un gruppo cuscinetto composto insieme ai socialisti di Riccardo Nencini e a qualche eletto di Scelta Civica. Ma in maggioranza, comunque.
Difficile parlare di scouting renziano (in serata il premier dichiara: «Massimo rispetto per il travaglio di Sel, chi guarda al Pd troverà un partito aperto»). E difficile, in ogni caso, ricomporre i tasselli impazziti di un puzzle che s’è smontato dopo le Europee. Ma c’è un dettaglio nascosto, in tutta questa storia. E sta nel rapporto coltivato da due ambasciatori. Il renziano calabrese Ernesto Carbone e il primo fuoriuscito di Sel, un altro calabrese, Ferdinando Aiello. Da lì, dal voto del 25 maggio, sarebbe partita «l’operazione». «Credo che i deputati usciti da Sel, più che dalla politica, siano attratti dalle politiche di questo governo», è l’unica cosa che si lascia scappare Carbone. Qualche divanetto più in là, il vendoliano Fratoianni mastica amaro. «Ci hanno accusato di fare costituenti con Ferrero, cosa falsa. E ci hanno messo in croce per la lista Tsipras. Ma questa avventura ha o non ha consentito a Sel di rimettere piede nel Parlamento europeo? No, ditemi se sbaglio…». Il resto è già storia, più che cronaca.
Corriere 20.6.14
Migliore, il groppo in gola «Affidiamoci a Matteo»
di Tommaso Labate
ROMA — «Lo sapete che non sono uno troppo incline ai sentimentalismi, no?». Ma visto che in una chiacchierata ci sono delle pause che non si possono nascondere all’interlocutore, ecco che la verità viene a galla. Con una confessione. «No, non ho pianto. Ma il groppo in gola c’è, quello non si può nascondere».
Montecitorio, ore 18. Da qualche ora Gennaro Migliore ha formalizzato con una lettera il suo addio a Sinistra, ecologia e libertà. Lascia il partito e il posto da capogruppo alla Camera. Dice addio a «compagni con cui sono cresciuto, negli ultimi vent’anni». E chiude dietro di sé quella porta che Nichi Vendola ha provato a sbarrargli in extremis, con un appello rivolto come lo si rivolge «a un figlio».
«Un figlio, un figlio…», ripete Migliore come se parlasse da solo. Poi mette in fila un pensiero senza nemmeno prendere fiato. «Non è questo il momento di lanciare delle accuse. E forse non sarebbe neanche il caso di parlare degli errori fatti. Ma una cosa che m’ha fatto inc…re di Nichi c’è stata. È stata la frase in cui mi ha accusato di “sequestro di linea politica”. Una cosa ingiusta». Anche perché, e l’ex capogruppo lo rimarca come se in mano avesse la penna rossa, «io sono sempre stato ai doveri che il mio ruolo mi imponeva. Vede, io a stare in minoranza sono anche abituato, e la cosa neanche mi dispiace. Ma con quella frase, Vendola di fatto ha detto che ero d’intralcio, che per Sel ero come un impedimento. E, se permettete, dai posti in cui sono d’intralcio, me ne vado».
Nel corpicino di quella sinistra che un tempo si sarebbe detta «radicale», la scissione prodotta da Migliore sarà una di quelle ferite cha sanguineranno assai. Claudio Fava l’ha seguito fuori dai confini di Sel. E lo stesso faranno Titti Di Salvo, Ilenia Piazzoni e un’altra decina, forse qualcuno in meno. Andranno verso Matteo Renzi. Anche se, scandisce l’ex capogruppo di Sel, «non entriamo domani mattina nel Pd o nel gruppo parlamentare del Pd».
Già, Renzi. Da ex nemico il premier s’è trasformato — parole di Migliore — «nella persona a cui il consenso ha consegnato il ruolo di maggiore responsabile delle sorti della sinistra europea». Nell’uomo «a cui la sinistra europea può e deve affidarsi per superare questa fase segnata dalle politiche di austerità». Giura di non parlare col premier da tempo, Migliore. Certo non può nascondere di aver incontrato Lorenzo Guerini e Francesco Bonifazi, all’hotel Bernini, l’altra sera. E non ammetterebbe di aver discusso del suo futuro, cosa che i maligni pensano. Un futuro in cui «Gennaro» vedrebbe benissimo una corsa a sindaco della sua Napoli, per il dopo de Magistris.
Allievo prediletto di Bertinotti, che l’aveva designato come suo successore, col corso vendoliano Migliore non si è mai sentito a suo agio fino in fondo. Anche per il dualismo con Nicola Fratoianni. Ma ha tenuto botta, fedele allo «spirito di squadra» assorbito negli anni in cui giocava nelle giovanili dell’Afragola basket, «uno sport nel quale se non passi la palla sei fuori». Nel 2005, e la leggenda è sepolta negli archivi polverosi delle memorie della sinistra radicale, Bertinotti gli chiese di accompagnarlo a Pechino. Durante una riunione tra la delegazione dell’allora Rifondazione Comunista e quella del Partito comunista cinese, rappresentato nell’occasione dal responsabile esteri Wang Jiarui, si udì un tonfo. La seggiola su cui era seduto «il compagno Migliore» crollò. Né Bertinotti né il suo Delfino fanno più parte di quella storia. Forse, dietro quella sedia di Pechino, si nascondeva un segno del destino. O almeno, dopo ieri, così sembra.
Il Sole 20.6.14
Dal debole antagonismo di Vendola alla sinistra «renziana» di governo
La secessione di Migliore è l'effetto, non la causa della crisi. Il premier oggi come una calamita
di Stefano Folli
Va rispettato il «profondo dolore» di Nichi Vendola, ma la vera causa della sua amarezza non può essere l'addio di Gennaro Migliore e di altri tre che hanno abbandonato Sinistra&Libertà. Il dolore di Vendola va riferito alla chiusura di un ciclo. Perché di questo realmente si tratta. Il capogruppo Migliore che se ne va è l'effetto, non la causa della crisi. E se ci sono «errori politici», come pensa il leader storico della sinistra ex antagonista, è un po' ingeneroso attribuirli tutti agli scissionisti di oggi. Gli errori li hanno commessi in tanti negli ultimi anni, a cominciare da Vendola stesso.
In fondo l'ambizione iniziale era generosa, nutrita di utopia, ma aveva un senso: creare una sorta di movimento "arcobaleno" alla sinistra del Partito Democratico in cui far confluire diversi filoni, ciascuno con le proprie delusioni e frustrazioni. Ecologisti e verdi di varie sfumature, ex comunisti (ma non tutti), pacifisti, una parte dei seguaci di Fausto Bertinotti, l'uomo che per anni aveva dato spessore e una prospettiva a quell'area politica e il cui abbandono aveva provocato, esso sì, uno strappo doloroso.
Tutto doveva essere filtrato e rigenerato dal leader Vendola con le sue qualità di affabulatore, padrone di un linguaggio forbito e narcisista, certo un po' fumoso. Si avvertiva un'ambiguità di fondo che partiva dal modo di comunicare e arrivava in un attimo alla linea politica. Pochi possono dire di aver capito con precisione cosa volesse Sel. Negli enti locali il partito vendoliano è stato ed è un partner del Pd in innumerevoli giunte. Ma sul piano nazionale è rimasto a metà strada. Né realmente antagonista né davvero determinato a far valere le sue proposte al tavolo del governo.
L'Italia cambiava, ma il leader sembrava prigioniero dei suoi schemi astratti, senza riuscire a dar voce a una classica sinistra «di classe» e tanto meno a una sinistra riformista. E il fatto che il caso dell'Ilva di Taranto sia esploso proprio nella Puglia di Vendola vuol dire qualcosa, anche sul piano simbolico. Si è accreditato il capo di Sel di un rapporto sotterraneo con Renzi, e magari sarà vero, ma i risultati non devono essere granché soddisfacenti, se si è arrivati alla spaccatura di ieri.
Ora Migliore e il gruppetto che lo segue, forse destinato a ingrossarsi nel tempo, tenteranno di costituire la sinistra del «renzismo». Non è importante se entreranno o meno nel Pd (probabilmente non lo faranno adesso), è interessante capire se riusciranno a occupare uno spazio politico che in effetti esiste. Perché se Renzi vuole essere una specie di Tony Blair all'italiana e quindi tende a rappresentare i ceti moderati, nonostante la presenza del Ncd di Alfano nel governo, è evidente che ci sono margini per un'ala sinistra che serva anche a coprire il "renzismo" su quel versante.
L'operazione può riuscire o forse no, vedremo. Quel che è certo, qualcosa si è messo in moto nel campo della sinistra. Soprattutto quella che un tempo vedeva se stessa come antagonista e oggi si è accorta che, almeno in questa fase storica, lo spazio si è ristretto: a meno di non andare sul terreno dei populismi, il cui sbocco però è a destra, come si vede nel caso Grillo-Farage. Il fenomeno Renzi è un'enorme calamita che attira a sé vecchi e nuovi soggetti, scompaginando gli schieramenti precostituiti. Di questa ondata Vendola è la vittima più recente, ma forse non l'ultima.
l’Unità 20.6.14
Bufera Sel: via Migliore e Fava
In quattro lasciano il partito. Altri sei pronti a seguirli
Vendola: una ferita dolorosa ma sostenere Renzi è sbagliato
Sel si spacca. In segreteria si consuma la rottura dopo il sì dei deputati al decreto Irper. Lasciano il partito il capogruppo alla Camera Migliore, Fava, Titti Di Salvo e Ileana Piazzoni. «Posizioni inconciliabili », dicono. Altri pronti a seguirli. Vendola parla di «ferita dolorosa» ma avverte: noi siamo all’opposizione.
Per Sel è «il giorno più difficile, la nostra comunità è ferita», dice Nichi Vendola. Il gruppo alla Camera perde non solo altri 4 deputati (dopo i due che già avevano lasciato nei giorni scorsi). Ma tutto il suo vertice, da Gennaro Migliore alla vice capogruppo Titti Di Salvo, passando per Claudio Fava, uno dei fondatori, e la segretaria d’Aula Ileana Piazzoni. Una diaspora che non è affatto finita, visto che almeno altri 6-7 deputati stanno ragionando sull’uscita, tra i 17 che da tempo sostengono la linea di dialogo col Pd e nel gruppo hanno votato a favore del sì al decreto degli 80 euro. Si fanno già i nomi di Nazareno Pilozzi, Guido Quaranta, Alessandro Zan e Fabio Lavagno.
«Quello su cui ci dividiamo è il renzismo. E il dolore per me è grande», ha commentato Vendola al termine di una difficile riunione della segreteria in cui Titti Di Salvo, nonostante gli appelli, ha ribadito la sua decisione di lasciare, unica dei ribelli a partecipare alla riunione. «La discussione riguarda cosa debba essere la sinistra e la bussola deve essere la libertà e la giustizia sociale. Sostenere l’area del governo Renzi è per me andare fuori strada, e non rispetta l’identità di questo partito», dice il leader. Verso i compagni che lasciano Vendola non usa la mano pesante: «Per me Gennaro Migliore è un figlio. Speriamo che questi compagni e compagne si faranno bandiere della sinistra». Ma la linea non cambia: «Noi pensiamo, con tutta la nostra comunità, che Sel debba restare all’opposizione, per costruire un dialogo con il Pd. Per sfidare Renzi a fare ciò che è necessario: cambiare agenda politica, combattere contro la crisi contrastando le politiche di austerità ». «Penso che una forza di sinistra debba essere una forza anticonformista, che non smarrisce mai la bussola», dice Vendola. «Immaginare che questa bussola possa portare oggi a sostenere l’area del governo Renzi mi pare uno sbandamento».
Ora i transfughi puntano al gruppo Misto, dove potrebbero tentare di costituire un gruppo autonomo con i socialisti, dialogando anche con gli ex M5s. Ma servono almeno 20 deputati. «Valuteremo, ora è il momento di elaborare il lutto», spiega a l’Unità Ileana Piazzoni. «Non entreremo nel gruppo Pd, non si passa da un partito all’altro in un giorno. Serve il tempo per una riflessione adeguata. Per ora è giusto costruire un nostro luogo autonomo». Dal leader Pd Renzi arriva una netta apertura: «Massimo rispetto per il travaglio dentro Sel, chi guarda al Pd troverà un partito aperto, attento alle diverse sensibilità, intenzionato a lavorare avendo come obiettivo la giustizia sociale, ma che si pensa come un vero e proprio partito della nazione», ha detto il premier ai suoi più stretti collaboratori.
Claudio Fava che, come leader di Sinistra democratica (la componente Ds che non entrò nel Pd) è stato uno dei fondatori di Sel, motiva così la sua scelta: «Permeè una scelta dolorosa e insieme inderogabile, per la distanza che ormai separa Sel dal suo progetto originario ». «La scelta congressuale e le decisioni di questi mesi - aggiunge Fava - ci hanno portati ad abbandonare il terreno della nostra sfida politica naturale che era quello del socialismo europeo: abbiamo preferito una collocazione in Europa e una pratica politica in Italia di forte arroccamento identitario». «Una marginalità - prosegue - che ci rende inadeguati rispetto all’ambizione che c’eravamo dati: costruire una forza autonoma della sinistra impegnata in un cambiamento del paese e nella ricostruzione di uno spazio politico largo, plurale, responsabile».
«Aspettiamo che si fermino questi annunci per tirare una linea e decidere insieme il da farsi», spiega Nicola Fratoianni, coordinatore della segreteria, che annuncia per mercoledì una riunione della direzione. Mentre lunedì sarà scelto il nuovo capogruppo alla Camera. Girano i nomi di Ciccio Ferrara e Arturo Scotto, due dei pontieri che nelle scorse settimane avevano tentato una ricucitura tra le due anime del partito. Scotto è molto amareggiato per lo strappo: «Vedo una coazione a ripetere nella storia della sinistra, e cioè dividersi ad ogni passaggio stretto. Evidentemente la calamita di un Pd al 40% è fortissima, ma è sbagliato dire che Vendola ci stia trascinando in una deriva identitaria». Prosegue Scotto: «Tutto il gruppo di Sel ha votato a favore degli 80 euro, non c’erano gli estremi per uno strappo del genere. Ma a me pare una scissione parlamentare e non di popolo».
«Sel non rischia di scomparire», ribadisce Vendola, annunciando che «il mio mandato è a disposizione del partito». «La mia linea politica è stata approvata a stragrande maggioranza dal congresso ». Migliore intanto ha incontrato il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini. Per ora, solo uno scambio di opinioni. Al Senato, almeno per ora, non ci dovrebbero essere strappi. «Tendo ad escluderlo», dice Peppe de Cristofaro, uno dei pontieri. Proprio a palazzo Madama ieri il senatore montiano Giampiero della Zuanna ha lasciato il gruppo di Scelta civica per approdare nel Pd. Anche alla Camera Scelta civica è divisa tra chi guarda al Pd e chi ad Alfano.E la nomina del nuovo capogruppo, al posto del dimissionario Andrea Romano, rischia di dar vita a un replay di quanto accaduto in Sel. Uno scenario che Romano smentisce: «Auspico la creazione anche in Italia di quella che Blair chiamava la “tenda dei riformismi”. Ma escludo l’adesione di singoli deputati di Sc al gruppo Pd».
l’Unità 20.6.14
Gennaro Migliore
«Uno spazio unico col Pd, in cui la sinistra conti di più»
«Misto o Pd? Vedremo»
«Non ho mai avuto problemi a essere minoranza. Ma quando il presidente del partito dice che stiamo “sequestrando la linea politica di Sel” è evidente che lamia presenza è incompatibile». Gennaro Migliore, dopo aver lasciato la guida del gruppo alla Camera, ieri è uscito da Sel insieme ad altri tre parlamentari.
Vi seguiranno altri? Cosa farete adesso?
«Altri stanno riflettendo sull’ipotesi di uscire da Sel, se andare nel Misto o entrare nel gruppo Pd sarà una decisione che prenderemo collettivamente».
Perché questa decisione? All’assemblea di sabato la linea di Vendola era stata approvata a larghissima maggioranza...
«Sul no alla fiducia eravamo tutti d’accordo, e mi sono attenuto a quanto deciso dall’assemblea. Ma sul merito degli 80 euro, un intervento a sostegno delle fasce più deboli, mi è parso incredibile che una forza di sinistra come Sel si tirasse indietro. La mia presenza è stata considerata un ostacolo, e ne ho preso atto. Ho tirato una riga e ho deciso che non era giusto né per me stesso e neppure per Sel restare se venivo additato come un problema. Sui social network si è scatenata, e non da oggi, una violenza verbale e una aggressività fortissima contro le nostre posizioni».
Nella votazione nel gruppo la sua linea ha prevalso. Perché allora andarsene?
«Appena abbiamo votato, è stato detto da Vendola che il nostro era un colpo di mano. C’è stata una sanzione di incompatibilità. Io sono per un riavvicinamento all’area di governo, per spingere a una trasformazione del quadro politico e, in prospettiva, di un unico campo democratico. Tutto questo veniva visto come un ostacolo da chi ha fatto una scelta identitaria che si era incarnata nella lista Tsipras».
Claudio Fava aveva proposto un congresso straordinario. Non era una strada praticabile?
«La sua proposta non è stata neppure presa in considerazione».
Ora andate verso un Pd al40%,che non pare bisognosi di ulteriori innesti. Così non svendete la vostra autonomia di forza di sinistra?
«Per me la parola “svendere” va bandita da ogni discussione politica. Il punto è come esercitare la tua influenza: in un luogo identitario e ideologico o in un luogo dove puoi cercare di diventare maggioranza. Quando abbiamo candidato alle primarie sindaci come Pisapia e Zedda siamo partiti da posizioni di estrema minoranza, così anche col referendum sull’acqua. Auspico un soggetto politico democratico in cui anche le idee di chi oggi è minoranza possono diventare maggioranza. Noi non vogliamo chiuderci in un recinto, ma dare un contributo di sinistra dove si possono davvero cambiare le cose».
Altri due vostri ex colleghi di Sel sono già entrati nel Pd..
«Quelle sono due uscite individuali, che non c’entrano con la nostra discussione».
Vendola ha detto che lei è «come un figlio».
Che effetto le fa questo strappo dopo tanti anni di battaglie insieme?
«Una separazione non è mai indolore, io non ho niente da rimproverare a Vendola, ho solo ricordi positivi con lui. La mia stima e il mio affetto per lui non cambiano, ma c’è anche una laicità nei rapporti».
Qual è l’errore politico che attribuisce a Vendola in questi mesi?
«Io non attribuisco errori. Ci sono due visioni differenti».
Voi stavate lavorando da tempo a questo strappo...
«Non veniamo da Marte. Ci sono stati mesi che hanno caratterizzato le scelte di Sel e io sono stato minoranza fino a quando non si è parlato di un sequestro della linea».
Lei pensa a un ingresso nel Pd?
«Penso a uno spazio unico. Spero che Renzi, dopo tante innovazioni, ragioni anche su una profonda riforma della forma partito, integralmente democratica e inclusiva. E spero che con Sel si torni a fare la stessa strada».
La vostra viene definita una operazione solo di palazzo, senza radici nella base...
«Lo vedremo. Sto ricevendo telefonate da tutta Italia, avverto un malessere diffuso nel corpo del partito». Renzicoidissidentinonèmoltotenero.RischiatediessereisolatianchenelPd?
«Non ho questo timore, sono sempre stato abituato a ragionare in termini di allargamento della democrazia e delle regole di partecipazione. E comunque non stiamo entrando nel Pd».
Repubblica 20.6.14
Sel a pezzi, quattro dimissioni e altri dieci vanno verso il Pd
Renzi: da noi porte aperte
Con Migliore escono Fava, Di Salvo e Piazzoni. “No alla deriva minoritaria”
L’ex capogruppo: “Basta opposizione sterile, serve l’intesa con i democratici”
ROMA. «La mia decisione era già presa». Gennaro Migliore, il capogruppo che ha sbattuto la porta di Sel, nega che la cena all’Hotel Bernini con il vice segretario dem Lorenzo Guerini sia stata decisiva. Ma la diaspora di “Sinistra ecologia e libertà” è stata squadernata a quel tavolo, mercoledì sera. E ieri Vendola non è riuscito a ricucire. La segreteria, convocata in fretta e furia, ha solo preso atto dell’esodo.
Decapitato il vertice del gruppo a Montecitorio. Lasciano Sel, oltre a Migliore, il vice presidente vicario Titti Di Salvo, il segretario Ileana Piazzoni, il vicepresidente del Copasir Claudio Fava. Nei giorni scorsi avevano detto addio altri due deputati, Michele Ragosta e Ferdinando Aiello. Nella prossima settimana dovrebbe lasciare Sel in dieci almeno, tra i quali potrebbero esserci Stefano Quaranta, Nazzareno Pilozzi, Alessandro Zan, Fabio Lavagno, Luigi Lacquaniti. È un terremoto. Nichi Vendola cerca di limitare i danni e lancia l’ennesimo appello a Migliore - «per me è come un figlio» - perché si fermi, ci ripensi. Ma è inutile. Poco prima del redde rationem della riunione, è Fava per primo a dare alle agenzie la lettera del congedo: «È una scelta dolorosa ma inderogabile. C’è una deriva minoritaria in cui non mi riconosco più». Arriva a stretto giro di posta la lettera aperta di Migliore «ai compagni e alle compagne »: «Le posizioni sono incompatibili, si è rotto il rapporto di fiducia». Ma è «l’opposizione sterile», che si è incagliata sullo scoglio del voto sul provvedimento renziano degli 80 euro per i redditi medio- bassi ad avere divaricato le differenze fino alla frattura. Migliore non partecipa alla segreteria.
“Sinistra, ecologia e libertà” è in piena tempesta. Chi resta accusa i fuoriusciti. Circolano veleni, allusioni, accuse. Titti Di Salvo parla della sofferenza di trarre il dado: «Però la nostra scelta è in linea con la cultura di sinistra di governo che noi ci siamo dati. Abbiamo tutti l’amaro in bocca, tuttavia è un percorso lineare». Il Pd di Renzi non ha certo fatto campagna acquisti. Ed è proprio il premier-segretario che, con i suoi collaboratori ragiona: «Massimo rispetto per il travaglio dentro Sel. Chi guarda al Pd troverà un partito aperto, attento alle diverse sensibilità, intenzionato a lavorare avendo come obiettivo la giustizia sociale, ma che si pensa come un vero e proprio partito della nazione». In pratica i Democratici sono pronti ad accogliere gli ex vendoliani.
Il drappello di fuoriusciti dovrà però decidere se confluire subito nel gruppo dem o puntare a una fase di passaggio. Migliore è orientato a entrare nel Pd, mentre Fava sarebbe più propenso a un gruppo di riformisti. Le ipotesi sono tante. Potrebbe costituirsi un gruppo anche con chi è andato via da Scelta civica e con i socialisti. Riccardo Nencini, il segretario del Psi, commenta: «Il sistema politico italiano post-elezioni europee genera sismi quasi quotidiani. Non gioisco quando nei partiti si consumano divisioni. Sta di fatto che dei partiti nati dopo il 1992 solo un pugno sopravvive ». Anche in Senato manovre in corso. Se un paio di senatori di Sel potrebbero lasciare per andare nel Pd, gli altri sono pronti invece a un gruppo con i fuoriusciti del Movimento 5Stelle. Nelle ultime settimane sono state già fatte dichiarazioni comuni a indicare la volontà di un matrimonio. Per Loredana De Petris, senatrice vendoliana, il partito è «sotto choc». Franco Giordano, ex capogruppo, in Transatlantico scherza sull’overbooking nel Pd di Renzi: «Ormai ci sono posti solo in piccionaia... ». Beppe Fioroni, dem, popolare e anti renziano, aveva ironizzato proprio sull’overbooking nel PdR. «L’unico overbooking di Renzi è quello di elettori... », stoppa Migliore. La diaspora si sposta anche a livello locale. Dall’Emilia l’assessore regionale Massimo Mezzetti chiede l’azzeramento di tutte le cariche del partito, mettendo gli amministratori provvisoriamente come traghettatori verso un nuovo congresso: «Il clima che si respira nei territori è quello dell’8 settembre del 1943».
Repubblica 20.6.14
Vendola sotto shock “Ma non siamo morti e non finirò renzista”
di Giovanna Casadio
ROMA. «Non ho pensato di dimettermi. Anche se il mio mandato è sempre a disposizione. Per me è stato un grande sacrificio in questi anni correre su e giù, tra il governo regionale della Puglia e il governo del partito. Ma mi ribello al conformismo nei confronti di Renzi e del suo ambiente...». Nichi Vendola ha appena concluso la riunione della segreteria che ha sancito la diaspora di “Sinistra ecologia e libertà”. È amareggiato, davanti alla frantumazione del “suo” partito. «Io che sono un sentimentale - dice - per una volta più che al sentimento, penso vada fatto prevalere la razionalità politica, non solo il cuore ma anche il cervello».
Vendola, si sente tradito?
«Non ci sono traditi né traditori, ci sono scelte politiche».
A quattro anni dalla nascita, Sel è naufragata, finita?
«No. Sel non è finita. C’è una spaccatura, una frattura, ma ricominciamo. E ricominciamo da un milione e 200 mila voti che sono frutto dell’investimento nell’Altra Europa con Tsipras. In questi anni siamo stati anima di un centrosinistra efficace e vincente. Abbiamo vinto in Puglia, a Milano, a Genova, a Cagliari. Abbiamo fecondato il centrosinistra. Dentro Sel la divisione maturava da lungo tempo. Per chi pensa che la vera innovazione sia Renzi, capisco sia difficile sottrarsi all’attrazione. Non posso che dire bene di Gennaro Migliore, della sua acutezza e intelligenza. Se parlassi male di Gennaro, parlerei male di me stesso. Siamo in una fase di terremoto per tutto il sistema politico italiano ».
Renzi pigliatutto?
«C’è uno sfondamento culturale che il renzismo e Renzi producono anche nel nostro mondo».
La cosa è negativa?
«Lo constato: Renzi ha una attrazione forte e vincente perché quel 41% è un monumento alle abilità del nostro premier. Ma noi alle primarie eravamo in contrapposizione alle idee di Renzi, che sono sempre organiche a un impianto liberista. Quando il premier squaderna il suo programma, con Blair come riferimento, ebbene noi siamo nati contro quelle tesi».
Il suo errore è stata la Lista Tsipras? Avete donato sangue per portare quel movimento alla vittoria e poi siete stati messi fuorigioco nell’europarlamento da Barbara Spinelli?
«I problemi relativi alla rappresentanza a Bruxelles non possono oscurare il dato politico che abbiamo ottenuto. Una vittoria, che è il contrario del ripiegamento identitario».
Quale prospettiva avete? Andate verso la creazione di un movimento tipo “Altra Italia”?
«Ci muoviamo sul sentiero scelto nell’ottobre del 2010, con la costruzione di battaglie comuni sia con il Pd che alla nostra sinistra».
Ma quale è la differenza tra lei e Migliore?
«Io voglio essere una sinistra di governo e lui vuole essere una sinistra al governo. Sel continuerà a incalzare e stimolare il governo sulla questione sociale e l’uscita dalla crisi. Renzi rompa la gabbia dell’alleanza con la destra e in questo Parlamento ci possono essere le forze disponibili a ricomporre un’area di centrosinistra. Ma basta con il conformismo generalizzato, che prima ancora che politico è culturale. È nocivo. Occorre più che mai una sinistra critica, che faccia domande impertinenti e chieda conto ad esempio, delle coperture con cui si finanziano gli 80 euro».
Quelli che vanno via, pare saranno oltre una decina, sono compagni che sbagliano?
«Hanno fatto la loro scelta. Sel non ha affatto esaurito la sua funzione e il Pd di Renzi ha bisogno di avere fuori da sé un forte presidio di sinistra. Ma più in generale è l’Italia ad avere bisogno di sinistra».
Repubblica 20.6.14
La polverizzazione della sinistra-virus
di Filippo Ceccarelli
I GRANDI animali come il leone non fanno più paura a nessuno - faceva dire Corrado Guzzanti al suo irresistibile Bertinotti qualche anno fa -. Spaventano invece i virus, microrganismi che non si possono neanche vedere. E allora, compagni, noi dobbiamo continuare a scinderci sempre di più».
«DOBBIAMO creare migliaia e migliaia di minuscoli partitini comunisti indistinguibili gli uno dagli altri che cambino di continuo nome e forma, nome e forma, nome e forma...» Questo proponeva dunque il Bertinotti di Guzzanti. Ma forse non è un caso che per affrontare l’estrema e presente crisi della sinistra radicale, Sel e dintorni, ci si debba rifare alla commedia grottesca, sia pure nella sua più profetica accezione.
Perché Bertinotti non c’entra più, ma da quelle parti è esattamente quello che sta accadendo. La polverizzazione, l’irrilevanza, il vuoto di qualsiasi consapevolezza sull’effetto che tutto questo girare a vuoto trasmette all’opinione pubblica - ed è un peccato, anche grave.
Non che prima, un anno, un anno e mezzo fa, fosse tutto così chiaro. Ma da un po’ non si capisce davvero più nulla: né chi, né come, né dove, né soprattutto perché. Risulta faticoso, per non dire defatigante, anche solo affacciarsi sul dibattito in corso.
Debbono entrarci quelle che un tempo si definivano «alleanze». Nel gennaio scorso, al congresso di Rimini, Renzi non venne: la platea di Sel subissò di fischi il povero emissario del Pd, Bonaccini, mentre sui maxischermi scorreva un’elementare considerazione: «Un’altra occasione persa». Adesso quasi la metà dei parlamentari ha l’aria di aver cambiato giudizio sul premier e sul suo governo.
Gli impicci con la lista Tsipras, non proprio edificanti, risalgono a un paio di settimane orsono. L’infezione della discordia è notoriamente contagiosissima, per cui nemmeno i potenziali separatisti sono d’accordo tra loro. E tuttavia mai come in questo caso il virus - anticipatorio, satirico o post-bertinottiano che dir si voglia - sembra dispiegarsi a scapito non solo della ragionevolezza, ma della stessa ragion d’essere di Sinistra e libertà.
Renzi infatti non è comunista, forse perciò ha preso voti al centro e a destra, e in più continua strenuamente a tenersi buono Berlusconi. Nel gioco dei pieni e dei vuoti che di nor- ma regola la politica si aprirebbe dunque un’autostrada, una pista d’aeroporto, o una prateria. E invece, o forse proprio per questo, per Sel si fa notte prima che faccia sera e il suo gruppo dirigente, come d’istinto, va a infilarsi nel classico ginepraio fitto di spine.
Per forza di cose i protagonisti, senza troppo personalizzare, hanno volti e modi e linguaggi da talk-show e a volte, specie di primo mattino o a notte fonda, si rischia colpevolmente di confonderli. Difendono o almeno presidiano un’area di valori e credenze che di sicuro esiste nella società, però è anche molto forte la tentazione di chiedersi quanto veramente incidono gli eletti nella realtà e nella vita dei loro stessi elettori e spettatori; e se non stiano lì, in Parlamento e nei salottini televisivi, un po’ per inerzia, o per abitudine, o per pigrizia, o per mestiere, o per virtù di quelle clausole di sbarramento che tanto li appassionano; o se, addirittura, non siano inutili. L’inutile Sel.
D’accordo, la parola suona sferzante - e tanto più nel momento in cui la fila per salire sul carro impennacchiato del giovane vincitore sembra superare, come spesso in Italia, ogni decenza. Ma mentre andava svolgendosi la titanomachia fra gli onorevoli Fratoianni e Migliore, si è consumata anche l’autorità, oltre che la leadership di Nichi Vendola.
Il carisma infatti non è dato per sempre e ogni stagione ha il suo termine. Comprenderlo, purtroppo, è quasi impossibile. Ma concentrarsi sul proprio originario impegno, cioè restare il più possibile in Puglia, amministrare, trovare umili soluzioni di governo e quindi rinunciare alle luci del proscenio, ecco, tutto questo allunga il tempo del comando e riduce di parecchio i rischi.
Le telefonate vere (Ilva). Le telefonate fasulle (almeno tre casi nell’ultimo anno). Ma Vendola sta sempre a Roma, e sta sempre in tv, e alla radio, e in foto sui manifesti, e con le strisce arcobaleno sulla faccia, e con il compagno, e inaugura e brinda alla nuova sede davanti ai suoi ritratti, e per forza di cose sempre più è condannato a esprimersi per fumisterie, contorsionismi, suggestioni.
L’altro giorno, alla ricerca di animali totemici, ha detto: «Forse potremmo essere un’anguilla». Il Bertinotti di Guzzanti puntava ai piccoli roditori.
il Fatto 20.6.14
La sinistra in frantumi. Sel, addio di 12 "riformisti"
Rottura sugli 80 euro
Renzi: "Porte aperte nel partito della Nazione"
di Salvatore Cannavò
Per Nichi Vendola è “un grande dolore”, oltre che “un errore politico”. Renzi lascia “le porte aperte”. Ma quella di Gennaro Migliore, di dodici deputati e un senatore di Sel è in realtà solo l’ultima di una serie infinita di scissioni. Il sintomo di una crisi strisciante che si trascina da tempo e che riapre ferite non sanate nel corpo martoriato della sinistra italiana.
LA SCELTA DI MIGLIORE di abbandonare il partito che, insieme a Nichi Vendola, Nicola Fratoianni, Elettra Deiana, Massimiliano Smeriglio, Francesco Ferrara, Franco Giordano e molti altri - tutti provenienti dal vecchio gruppo dirigente bertinottiano - è stata comunicata ieri da una lunga lettera del deputato napoletano. Una lettera in cui si respinge l’accusa di aver voluto, con la scelta di sostenere il decreto Irpef del governo, quello degli 80 euro, “sequestrare la linea politica del partito”, come gli era stato rinfacciato da Vendola. “Non ci sto a passare per un sabotatore” scrive Migliore, e “mi fermo prima che qualcuno chieda improbabili riallineamenti” e prima che “alla prossima occasione di dissenso riparta il processo mediatizzato e le accuse di sequestrare la linea”. Migliore definisce la propria posizione “incompatibile con quella di Sel” e quindi rassegna le dimissioni “da tutti gli incarichi e dal partito”. Non dal Parlamento dove punta a formare un nuovo gruppo, “riformista”, cercando di raccogliere consensi che permettano di arrivare al minimo indispensabile di venti. Tra la dozzina, circa, di deputati di Sel che lo seguiranno ci sono Claudio Fava, e Titti Di Salvo, ex segreteria Cgil. Incerte le posizioni di altre figure importanti come il tesoriere Sergio Boccadutri o l’ex coordinatore nazionale Francesco Ferrara. Dalle scelte che alcuni di loro faranno, tra l’altro, dipenderà anche la nomina del nuovo capogruppo . “Massimo rispetto per il travaglio dentro Sel, dice Matteo Renzi, chi guarda al Pd troverà un partito aperto, attento alle diverse sensibilità, intenzionato a lavorare avendo come obiettivo la giustizia sociale, ma che si pensa come un vero e proprio partito della nazione”. Un richiamo più che esplicito anche se, per ora, non ci sarà nessun ingresso. Migliore pensa soprattutto a un nuovo partito riformista, un Pd allargato. Intanto il nuovo gruppo vedrà i socialisti di Nencini mentre si è aperto il dialogo con deputati di Scelta civica come Andrea Romano: “Rispetto molto la scelta di Gennaro Migliore - spiega quest’ultimo al Fatto - e credo che il suo possa essere un passo verso la grande tenda dei riformismi che Renzi dovrebbe costruire”.
“LA SCISSIONE è un lusso che possono permettersi solo i parlamentari” commenta velenoso il responsabile organizzativo di Sel, Massimiliano Smeriglio, che accusa il colpo e parla di “vera maledizione della sinistra”. “Non c’è dubbio, per noi è un colpo, di immagine e non solo, come tutte le scissioni ci indebolisce. Però la ‘maledizione’ di cui parlo è quella del rapporto ossessivo con il governo”. Nella lunga nota con cui Vendola commenta la separazione si mette l’accento sul nodo politico: “Sel nasce dall’idea che tra il radicalismo testimoniale e il riformismo senza riforme, c’è un’altra strada. Io penso che noi dobbiamo continuare su questa, lo dobbiamo a tante e tanti che costruiscono giorno per giorno Sel”.
il Fatto 20.6.14
Il fuoriuscito Claudio Fava
“Via dal partito del capo Nichi”
di S. C.
Claudio Fava è tra coloro che hanno scelto di abbandonare Sel, il partito che ha contribuito a fondare. Di origine diessina, fu tra coloro che formò con Fabio Mussi Sinistra democratica, in alternativa al Pd. Oggi si ritrova al punto di partenza.
C’era proprio bisogno di una scissione?
Se l’abbiamo fatta, sì. Sel era un partito che aveva l’ambizione di costruire una sinistra per contribuire al cambiamento del Paese con un atteggiamento laico e critico. Invece c’è stato un lento scivolamento verso una ridotta identitaria-
Si riferisce alla scelta della lista Tsipras?
Al di là del giudizio, positivo, sulla persona, tutto quello che ha riguardato questa scelta ha tolto fiato al nostro progetto. La discussione sugli 80 euro l’ha rivelato. Le critiche al governo restano intatte ma se Sel mantiene un pregiudizio di posizione io che c’entro? Non ho rinunciato a entrare nel Pd per finire in Rifondazione.
Non avete resistito al fascino di Renzi?
No, quello che ho spiegato a Vendola nella mia breve e cortese lettera è che ridurre tutto alla caricatura “Renzi sì, Renzi no”, non serve. C’è una terra di mezzo, lo spazio per una sinistra autonoma dal Pd che sappia entrare nel merito di ciò che accade giorno per giorno. Ho un giudizio complesso e articolato sul governo. Nessun altro sarebbe stato capace di valorizzare un uomo stimato e perbene come Cantone ma ho un giudizio negativo sulla riforma del lavoro.
Può giurare che non andrete a finire nel Pd?
Chi di noi avesse voluto scegliere il Pd lo avrebbe fatto cinque anni fa. Io sono tra i quattro che hanno fondato Sel e non mi vedo costretto a rinnegare una scelta di cinque anni fa. Vedo invece che alcuni elementi di laicità interna, di democrazia, di superare l’idea di un partito del capo e vivere con franchezza il conflitto, non ci sono più.
Cosa rimprovera a Vendola?
Non solo di aver accettato un profilo minoritario ma di aver postulato che non c’era spazio per la discussione nel partito. Se ci fosse stata una discussione nei tempi legittimi e non ci fossimo trovati una conclusione del congresso preparata il giorno prima non saremmo arrivati a questo punto.
Farete un gruppo “riformista”? Puntate a raccogliere i malumori interni al Pd?
Vogliamo dare un riferimento chiaro all’area del socialismo europeo che, secondo me, resta uno spazio di critica e di libertà. In questo senso c’è un buon dialogo con i parlamentari socialisti che furono con noi all’inizio dell’avventura di Sel. Siamo una quindicina e spero di poter arrivare ai venti necessari. Ma non sto partecipando alla fondazione di una fronda esterna al Pd. Questo politicismo esasperato non mi appartiene.
il Fatto 20.6.14
Il garante Guido Viale
“Il futuro adesso è la lista Tsipras”
di S. C.
Guido Viale è stato uno dei “garanti” della lista Tsipras e anche uno di coloro che ha sostenuto con forza la decisione di Barbara Spinelli di accettare, ripensandoci, il seggio europeo. In questa veste è tra quanti sono stati accusati da Paolo Flores d’Arcais, in un lungo saggio su Micromega, di essere responsabili dell’ennesimo fallimento a sinistra. Accusa a cui reagisce con nettezza. “Non lo chiamerei fallimento. Certo l’obiettivo potenziale era ed è molto più ambizioso. Ma occorre scontare le difficoltà di un progetto del genere. Difficoltà con cui Flores non ha la minima capacità di misurarsi tanto è vero che si è ritirato fin dall’inizio aggiungendo difficoltà ulteriori come l’impuntatura sulla candidatura di Sonia Alfano”.
Eppure, al risultato della lista consegue l’ennesima scissione a sinistra.
La divisione di Sel mi pare fosse nella logica delle cose. La lista Tsipras è nata con una nettissima demarcazione nei confronti delle politiche di larghe o piccole intese del governo Renzi, e soprattutto, nei confronti di un partito pigliatutto come è diventato il “partito-governo” di Renzi che però nella sua impostazione di fondo non ha né la volontà né la possibilità di scostarsi dalle politiche di austerità. E quindi lascia alla sua sinistra uno spazio molto ampio.
Spazio che finora non avete occupato.
La lista Tsipras è nata per creare un punto di riferimento per quanti pensavano che i partiti tradizionali della sinistra radicale non fossero più strumenti adeguati per un elettorato molto ampio che comprende una parte anche consistente dell’elettorato Pd, una parte molto consistente del M5s e soprattutto una parte amplissima di coloro che si astengono per una natura e comprensibile ritrosia a riconoscersi nelle pratiche politiche correnti. Il progetto ha intercettato una parte minima di costoro ma le ragioni di fondo restano tutte.
Il dopo elezioni è stato monopolizzato dal “caso Spinelli”. Pentito di come si è svolta la discussione?
Sì. Non ho il minimo dubbio nell’aver sostenuto la scelta di Barbara Spinelli perché considero il suo contributo alla creazione di questa lista e alla sua vittoria fondamentali. Però, questa decisione avrebbe potuto essere comunicata meglio. Per quanto mi riguarda non ho niente da rimproverarmi ma questa discussione poteva essere condotta meglio da chi ha ritenuto opportuno entrare nel merito ma anche da chi non l’ha ritenuto.
Come andrà avanti la lista Tsipras?
Si stanno riunendo i comitati che hanno gestito la campagna elettorale e stanno mettendo a punto i programmi di azione. Il progetto si baserà essenzialmente sui comitati locali e con una struttura aperta e leggera ma indispensabile di coordinamento