Re: Cittadino Presidente
Inviato: 31/07/2012, 1:41
La reazione all’intervista di Ingroia a Repubblica di ieri riscuote un’immediata risposta da parte della casta, e il quotidiano se ne fa felice interprete.
Titola il quotidiano romano:
Ragion di Stato, coro di critiche contro Ingroia
Da Casini al Pd: una provocazione.
Pier Ferdinando Casini parla di ennesima provocazione. <<Non c’è alcuna ragione di Stato da proclamare. E raccoglie il plauso di Fabrizio Cicchitto (come se fosse Barak Obama-ndt).
Anche il costituzionalista del Pd Stefano Ceccanti è critico:
<<Cercare di uscire dal proprio errore tirando in ballo la ragion di Stato c’entra come i cavoli a merenda gli errori stanno nella violazione 90 e 96 della Costituzione>>
La casta è oramai irrimediabilmente marcia.
Il Capo dello Stato non si è mai occupato dell’inchiesta Stato-Mafia condotta dalla procura di Palermo.
Giorgio Napolitano inizia ad occuparsene dopo l’interrogatorio dei pm palermitani a Nicola Mancino.
Mancino sa di non aver detto la verità ed è preoccupato. Può darsi che lo fosse anche prima dell’interrogatorio e che abbia scelto come scappatoia la possibilità di mentire e poi di chiedere il coinvolgimento del Quirinale.
Mancino per salvarsi preferisce la possibilità di far crollare la Repubblica italiana in una riedizione di :”Muoia sansone e tutti i filistei”
Compromesso il Capo dello Stato da una serie di telefonate, Mancino ha calcolato che :
- Il presidente interviene massicciamente e blocca la procura di Palermo, oppure,
- Cadono tutti insieme perché Napolitano è ormai troppo compromesso e viene coinvolto tutto il Parlamento con la possibilità di uno stop della legislatura.
Le pressioni su Ingroia e i pm di Palermo vengono esercitate da istituzioni e partiti politici dell’intero arco costituzionale, ad eccezione di Di Pietro, a cui si associano tutti media della carta stampata, anche qui ad eccezione de IFQ.
Oramai indirizzato verso il Guatemala per non fare la fine di Falcone e Borsellino, Ingroia nell’intervista di ieri di Salvo Palazzolo, a precisa domanda risponde:
E se emergesse davvero una ragione di Stato dietro al dialogo segreto con la mafia, cosa farebbe?
"Di fronte a una legge, o a una commissione d'inchiesta politica, che ribadisse la ragione di Stato dietro alla trattativa, la magistratura non potrebbe che fare un passo indietro. In caso contrario, la legge ci impone di andare avanti per l'accertamento della verità".
La ragion di Stato non l’ha posta volontariamente Ingoria, ma sottoposto ad una serie di domande, a questa ha dato la sua versione, che è la più semplice e lineare possibile.
1) Se lo Stato ritiene che la procura non debba procedere oltre, allora tramite una legge ponga la Ragion di Stato. Su questo Ingroia non si oppone a proseguire oltre, si rimette alla volontà dello Stato, che lo libera dal problema di coscienza professionale.
2) Se invece la materia viene considerata tale da non applicare la Ragion di Stato, allora Ingroia chiede di essere lasciato libero di continuare ad indagare senza subire ulteriori pressioni dai quei fricchettoni di turno come Nicola Mancino che cercano di ostacolare le indagini per motivi personali.
Tutto questo grandissimo bordello messo in piedi da Mancino alla fine non è servito assolutamente a nulla perché la settimana scorsa è già stato rinviato a giudizio.
E Loris D'Ambrosio ci ha rimesso la pelle per niente.
Non solo quindi è folle la reazione della casta, ma è da banditi professionisti.
Non esiste nessuna provocazione. Ingroia prospetta una soluzione alternativa alle pressioni in corso.
I soliti noti non stupiscono più nessuno, stupisce invece Stefano Ceccanti che getta nuovamente nel fango il partito dei defunti.
Che la bestia si sia immediatamente rivoltata appena messa con le spalle al muro circa le sue responsabilità non stupisce affatto, perché il grado di omertà e mafiosità con cui preferisce rispondere a casi del genere è stato compromesso ancora una volta dal pm di Palermo.
Chissà quante volte la bestia sogna che Ingroia faccia la fine di Falcone e Borsellino e tutto finisca nell’obblio, come Piazza Fontana a Milano, Piazza della Loggia a Brescia, l’Italicus, la strage di Bologna, che Gelli ha appena irriso sostenendo che si trattò di un cerino, Ustica.
Tutti misteri in cui la magistratura dopo 40 anni non è stata in grado di dare una risposta.
Questa è il tipo di magistratura che piace alla casta.
Titola il quotidiano romano:
Ragion di Stato, coro di critiche contro Ingroia
Da Casini al Pd: una provocazione.
Pier Ferdinando Casini parla di ennesima provocazione. <<Non c’è alcuna ragione di Stato da proclamare. E raccoglie il plauso di Fabrizio Cicchitto (come se fosse Barak Obama-ndt).
Anche il costituzionalista del Pd Stefano Ceccanti è critico:
<<Cercare di uscire dal proprio errore tirando in ballo la ragion di Stato c’entra come i cavoli a merenda gli errori stanno nella violazione 90 e 96 della Costituzione>>
La casta è oramai irrimediabilmente marcia.
Il Capo dello Stato non si è mai occupato dell’inchiesta Stato-Mafia condotta dalla procura di Palermo.
Giorgio Napolitano inizia ad occuparsene dopo l’interrogatorio dei pm palermitani a Nicola Mancino.
Mancino sa di non aver detto la verità ed è preoccupato. Può darsi che lo fosse anche prima dell’interrogatorio e che abbia scelto come scappatoia la possibilità di mentire e poi di chiedere il coinvolgimento del Quirinale.
Mancino per salvarsi preferisce la possibilità di far crollare la Repubblica italiana in una riedizione di :”Muoia sansone e tutti i filistei”
Compromesso il Capo dello Stato da una serie di telefonate, Mancino ha calcolato che :
- Il presidente interviene massicciamente e blocca la procura di Palermo, oppure,
- Cadono tutti insieme perché Napolitano è ormai troppo compromesso e viene coinvolto tutto il Parlamento con la possibilità di uno stop della legislatura.
Le pressioni su Ingroia e i pm di Palermo vengono esercitate da istituzioni e partiti politici dell’intero arco costituzionale, ad eccezione di Di Pietro, a cui si associano tutti media della carta stampata, anche qui ad eccezione de IFQ.
Oramai indirizzato verso il Guatemala per non fare la fine di Falcone e Borsellino, Ingroia nell’intervista di ieri di Salvo Palazzolo, a precisa domanda risponde:
E se emergesse davvero una ragione di Stato dietro al dialogo segreto con la mafia, cosa farebbe?
"Di fronte a una legge, o a una commissione d'inchiesta politica, che ribadisse la ragione di Stato dietro alla trattativa, la magistratura non potrebbe che fare un passo indietro. In caso contrario, la legge ci impone di andare avanti per l'accertamento della verità".
La ragion di Stato non l’ha posta volontariamente Ingoria, ma sottoposto ad una serie di domande, a questa ha dato la sua versione, che è la più semplice e lineare possibile.
1) Se lo Stato ritiene che la procura non debba procedere oltre, allora tramite una legge ponga la Ragion di Stato. Su questo Ingroia non si oppone a proseguire oltre, si rimette alla volontà dello Stato, che lo libera dal problema di coscienza professionale.
2) Se invece la materia viene considerata tale da non applicare la Ragion di Stato, allora Ingroia chiede di essere lasciato libero di continuare ad indagare senza subire ulteriori pressioni dai quei fricchettoni di turno come Nicola Mancino che cercano di ostacolare le indagini per motivi personali.
Tutto questo grandissimo bordello messo in piedi da Mancino alla fine non è servito assolutamente a nulla perché la settimana scorsa è già stato rinviato a giudizio.
E Loris D'Ambrosio ci ha rimesso la pelle per niente.
Non solo quindi è folle la reazione della casta, ma è da banditi professionisti.
Non esiste nessuna provocazione. Ingroia prospetta una soluzione alternativa alle pressioni in corso.
I soliti noti non stupiscono più nessuno, stupisce invece Stefano Ceccanti che getta nuovamente nel fango il partito dei defunti.
Che la bestia si sia immediatamente rivoltata appena messa con le spalle al muro circa le sue responsabilità non stupisce affatto, perché il grado di omertà e mafiosità con cui preferisce rispondere a casi del genere è stato compromesso ancora una volta dal pm di Palermo.
Chissà quante volte la bestia sogna che Ingroia faccia la fine di Falcone e Borsellino e tutto finisca nell’obblio, come Piazza Fontana a Milano, Piazza della Loggia a Brescia, l’Italicus, la strage di Bologna, che Gelli ha appena irriso sostenendo che si trattò di un cerino, Ustica.
Tutti misteri in cui la magistratura dopo 40 anni non è stata in grado di dare una risposta.
Questa è il tipo di magistratura che piace alla casta.