Il punto di vista di Polito (El Drito - M.Travaglio).
IL COMMENTO
Con Corbyn si amplia il fronte populista
Il nuovo leader del partito laburista britannico ha simpatie per il greco Syriza e lo spagnolo Podemos, ma il suo programma ha punti in comune con le formazioni antisistema di destra, compreso il francese Front National
di Antonio Polito
Ora la Gran Bretagna non ha solo il Regno più vecchio, ma anche il Partito laburista più antico della sua storia.
A dire il vero Jeremy Corbyn, leader di questa nuova era elisabettiana della sinistra inglese, fosse per lui licenzierebbe la monarchia; farebbe anche uscire il Regno Unito dalla Nato, nazionalizzerebbe ferrovie, gas ed energia, aumenterebbe le tasse, e si alleerebbe agli «amici» di Hamas ed Hezbollah.
È difficile immaginare qualcosa di paragonabile nella pur variopinta sinistra italiana (anche se adesso diventeranno tutti corbyani).
È come se Gino Strada fosse stato eletto leader del Pd.
L’evento è così eccezionale che appena tre mesi fa i bookmaker lo davano 200 a 1.
Blair aveva consigliato un trapianto di cuore ai militanti il cui cuore batteva per Corbyn.
Detto fatto: da ieri il Labour si è davvero strappato dal petto il suo cuore blairiano.
Eppure, a pensarci bene, la svolta inglese è tutt’altro che sorprendente.
Il voto dei circa quattrocentomila iscritti e simpatizzanti che a grande maggioranza hanno scelto Corbyn si iscrive anzi alla perfezione nella lunga serie di tsunami che ha scosso gli elettorati di tutto l’Occidente dopo il trauma della Grande Crisi.
Lo stesso Corbyn si paragona a Bernie Sanders, il socialista del Vermont che sta dando nei sondaggi e nelle piazze filo da torcere alla moderata Hillary Clinton; o a Syriza, il rassemblement che ha letteralmente ucciso il partito socialista in Grecia e ha strappato il potere ai conservatori (anche se non è detto che lo conservi dopo le prossime elezioni); o a Podemos, il movimento che si candida in Spagna come discendente diretto delle piazze degli indignados .
Vi si potrebbe aggiungere un altro formidabile fenomeno analogo, l’ascesa improvvisa dei Cinque Stelle in Italia da zero al 25 per cento (e forse, al momento, di più).
Niente di tutto questo era prevedibile, eppure è successo.
Inutile scervellarsi su quale sia l’elemento programmatico comune alle forze che stanno letteralmente mandando in soffitta la tradizionale sinistra socialdemocratica, sbaragliata in Gran Bretagna, ansimante nei Paesi Nordici, minoritaria in Francia, gregaria in Germania.
Non sono i programmi il forte dei nuovi populismi.
Quello di Corbyn, poi, sembra del tutto irrealizzabile visto che dei 232 parlamentari laburisti il 90% lo considera un suicidio.
Ciò che spinge questi movimenti è piuttosto la voglia di dar voce a un sentimento: la rivolta dei piccoli e deboli contro l’ establishment , la rabbia contro l’uno per cento dei ricchi che l’hanno sempre vinta, l’insofferenza per una economia in cui, anche dopo la Crisi, c’è più ineguaglianza, meno lavori, e sempre più immigrati a contenderseli.
Nessuno di questi nuovi demagoghi sa davvero dire come cambiare, ma tutti sanno dire molto bene che va tutto male.
È un problema davvero serio per il socialismo democratico.
Ma attenzione, lo è anche per il capitalismo liberale.
Non è che a destra, infatti, le cose vadano molto diversamente.
Donald Trump tuona nel Partito Repubblicano contro i pescecani di Wall Street e gli sfruttatori degli hedge funds con argomenti non dissimili da quelli che usa Sanders nei Democratici.
Il Front National in Francia o la Lega in Italia sono contro l’austerità quanto Corbyn in Gran Bretagna.
E questo ampio fronte di nazionalisti e di socialisti (i due termini sommati possono diventare esplosivi, come la storia ci insegna) è unito da un forte ripudio dell’Unione europea e da una altrettanto forte simpatia per Putin e il suo autoritarismo.
Il Financial Times , che pure è la Bibbia della City, si è spinto a dire che se tutto questo accade è colpa del capitalismo finanziario, che mostra di voler proseguire sul cammino interrotto dalla Grande Crisi come se niente fosse accaduto e niente dovesse cambiare.
Di certo la socialdemocrazia europea è uscita dalla recessione senza un’idea nuova: non a caso i leader di maggior successo elettorale in Europa sono Merkel e Renzi, due democristiani.
E quando si apre un vuoto di futuro, la nostalgia dell’antico è uno sperimentato ed efficace balsamo.
13 settembre 2015 (modifica il 13 settembre 2015 | 07:26) © RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.corriere.it/esteri/15_settem ... c126.shtml