Come se ne viene fuori ?

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camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

erding ha scritto:E’ per questo che continuo a vedere che siamo senza via di scampo.

E’ tragica se continuiamo in questo modo, è tragica se andiamo a votare.

Se andiamo a votare a ottobre novembre, dal punto di vista pratico, che è quello che ci interessa, secondo te cosa succede?

Come si va a votare, con quali uomini, con quali coalizioni se se tutti i maggiori partiti sono falliti???


camillobenso



Caro Uncle, chi può dirlo, a questo punto, cosa è meglio?
A volte è preferibile morire subito piuttosto che trascinarsi in una lunga e dolorosa agonia.

Se si va a votare in autunno o a primavera cosa cambia?

Avremo elezioni gestite comunque da questo parlamento, e con questi stessi politici nominati, rapaci, e di provata irresponsabilità.

O c'è da sperare che con qualche mese in più possono correggere vizi ed anomalie che non hanno saputo correggere in anni e decenni?
Diventeranno improvvisamente virtuosi?
Falliti sono e falliti saranno anche a primavera prossima.

Penso che i sondaggi attuali contino molto relativamente una prossima maggioranza se ci sarà sarà molto condizionata se non addirittura determinata da quel 50% circa che comprende chi non voterà e chi è indeciso se votare e chi votare.

O speriamo che tra autunno e primavera possa succedere qualcosa di straordinario e magari positivo(?) al momento imponderabile che possa scuotere ona opinione pubblica stanca, sfiduciata, e far chiarezza su uno scenario fosco incerto e disordinato?
Certo che non è facile pronunciarsi, ma restare nell'incertezza e con un parlamento cosi inadeguato, forse è la cosa peggiore.

Sono perfettamente d’accordo con te, caro erdig, sul fatto che non cambia nulla tra ottobre e la primavera successiva, falliti sono falliti e non hanno nessuna intenzione di cambiare.

Quello che però mi chiedo è cosa possa succedere a ottobre.

Alleanze, uomini e obiettivi.

Io per il momento vedo il nulla assoluto.

Tu invece cosa vedi?
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

paolo11 ha scritto:
A volte ritornano, a volte non se ne sono mai andati.

E' in corso una gigantesca manipolazione di massa.

I partiti che hanno portato il Paese in bancarotta vengono lentamente sostituiti nel pensiero collettivo da un curatore fallimentare.


Rigor Montis, lui solo, è diventato il responsabile dell'impoverimento della nazione, della chiusura di ospedali e tribunali di giustizia, di una tassazione folle, degli imprenditori suicidi, dell'IMU, del fallimento delle piccole e media imprese, dell'inflazione che divora i redditi, degli esodati, della disoccupazione, dell'emigrazione delle nuove generazioni ridotte come i loro bisnonni a cercare lavoro in ogni landa della Terra.


Allora con una valigia di cartone, oggi con la Samsonite del papà. Questo sfascio non riguarda più chi lo ha causato, i pdiellini e i pdmenoellini.



Anzi, i responsabili, i Casini, gli Alfano, i Veltroni, i D'Alema, i Bersani pontificano sulle misure da prendere, fanno osservazioni a Monti, tirano sulla sabbia linee del Piave sui tagli della spesa sociale che disattendono dopo poche ore.


Visto che non possono più dare il cattivo esempio, come vecchie baldracche si lanciano in consigli quotidiani.



Nell'italiano si insinua così il dubbio che "Si stava meglio quando c'era lui", Berlusconi, che i governi tecnici non possono sostituire quelli politici, anche se formati da dilettanti e pregiudicati, che Monti sia un incapace che ha bisogno del badante Bondi.



I partiti si riverginano grazie ai servi dei media e Monti è la loro fonte di rinascita, di una nuova giovinezza, venuto a prendere su di sé i peccati della Seconda Repubblica.



I partiti non dicono che siamo in una situazione tragica, creata da loro, con un debito pubblico di 2000 miliardi di cui sono i soli responsabili.



Non dicono, questi europeisti del Kaiser, che se usciremo dall'euro è per colpa loro, che siamo tecnicamente falliti con i nuovi interessi sui titoli pubblici che non riusciremo mai a pagare.



Non dicono che Monti sta evitando (ma per quanto?) il blocco delle pensioni e degli stipendi ai dipendenti pubblici per mancanza di liquidità, e neppure che


se la BCE non si accollerà in un modo o nell'altro il nostro debito rischiamo la guerra civile.



La colpa è di Monti, il macellaio sociale, così i partiti, che non hanno tagliato nessun loro privilegio, potranno ripresentarsi alle prossime elezioni con un governo di responsabilità nazionale, una grande coalizione di sinistra-destra-centro per salvare l'Italia.

Ci vediamo in Parlamento. Sarà un piacere.



http://www.beppegrillo.it/
---------------
Ciao
Paolo11

Come ho già avuto modo di specificare nel pomeriggio, Grillo alterna come tutti gli uomini, cose giuste e cose sbagliate.

In più Beppe è dotato di una straordinaria capacità di analisi, quella capacità che gli ha consentito di avere un successo come comico che si è basato sull'osservazione del comportamento dei politici.

Non sempre però la sua capacità d'analisi si sposa sulle soluzioni da prospettare, e questo penso rappresenti un suo handycapp.

Questo intervento, che rappresenta un'analisi della situazione è per me interamente condivisibile.

TRA L'ALTRO FACCIO OSSERVARE CHE ANCHE BEPPE SI E' ACCORTO CHE SE VA A FINIRE MALE FINIAMO DIRITTI IN MEZZO AD UNA GUERRA CIVILE

se la BCE non si accollerà in un modo o nell'altro il nostro debito rischiamo la guerra civile.
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

paolo11 ha scritto:quelli di noi che pregano che grillo si presenti in parlamento a rappresentare il m5s non hanno capito un caXXo
quelli che pensano che ci sara' sempre qualcuno a fare i loro interessi non hanno capito un caXXo
capite cosa vuol dire Partecipazione?
capite cosa vuol dire sporcarsi le mani?
beppe è solo uno strumento che ci ha stimolato e ci stimola
il resto lo dobbiamofare noi
sono tutti li a prenderci per i fondelli dicendo che non saremo in grado di affrontare il paese oltre le sole critiche e lamentele
e allora vi dico
prepariamoci cominciamo a pensare + in grande
pensiamo a guardare a come guidare dal parlamento
gli italiani da roma
siamo il terzo partito,forse il secondo,magari diventeremo il primo
adesso è ora di cominciare a pensare in grande e a cambiare questo paese e a renderlo + giusto
ma siamo solo noi che impegnandoci e facendo delle scelte in primis dovremo guidare il paese
beppe se vuole come sempre ci dara' i suoi consigli
il resto sara' solo la partecipazione attiva della gente con la rete
questi sono dei degenerati che fino a che potranno ci succhieranno tutto il sague possibile,
ma sono tra di loro molto coesi,
per il bene del paese stanno gia' pensando alla grande coalizione
faranno di tutto x non schiodare
allora prepariamoci a governare sul serio
facciamogli vedere che saremo il loro peggiore incubo
dovranno pagare x tutte le loro malefatte e angherie fatte subire al popolo
questa sara' la loro e la ns norimberga
il ns giudizio universale
noi dobbiamo essere all'altezza della situazione
alle prossime elezioni,
sara' la ns rivoluzione pacifica ma con la forza dello tsunami li spazzeremo via
ferlingot 08.07.12 16:19|
Commenti piu' votati
dal blog di Grillo.
.............................
Se non si può inserirlo toglietelo.
Ciao
Paolo11

Caro paolo,

quello che hai pubblicato è un’intervento interessante che ci permette di approfondire. Va tutto bene che dipende da noi, ma io sono estremamente pratico e chiedo soluzioni pratiche.

Non a caso dico che la mia esperienza di 10 anni e 5 mesi su un forum di Cs, per me rappresenta un fallimento, perché direttamente o indirettamente, bene o male ho cercato di spiegare come stavano le cose chiedendo i rimedi.

Purtroppo mi rendo conto che anche su di un forum, una piazza aperta 24 ore su 24, tutti i santi giorni dell’anno non è sufficiente per far comprendere la realtà.

1) Il problema dei problemi rimane sempre quello del lavoro. Al di la dei milioni di chiacchiere, bisogna assicurare un reddito a tutti per sopravvivere. Prendo a prestito un detto da un mondo che mi è poco congeniale. Krusciov : Prima riempiere la pancia, poi parlare di politica.
C’è tutto un sistema economico da sistemare e ci vorranno anni, tenendo presente la guerra commerciale scatenata dai Paesi emergenti, Cina, India, Corea del Sud e tutto il resto.
Bisogna tenere conto che siamo all’interno della Terza rivoluzione industriale che non elimina solo operai alla catena di montaggio, ma ora arriva a toccare indistintamente i colletti bianchi.

2) Bisogna sapere come si intende rapportarci con i poteri forti.

3) Chi si candida al nuovo cosa intende fare con le mafie?

E queste sono solo le domande iniziali

Avere delle risposte a questo è come aver già risolto la metà dei problemi.
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

La crisi continua, privati e banche vanno sul sicuro: è di nuovo corsa all’oro
Da oltre un anno le richieste da parte di privati salgono ogni mese del 30 per cento e negli ultimi tempi si sta registrando un'ulteriore accelerazione. In crescita esponenziale anche la domanda che arriva dalle banche, salita negli ultimi due anni del 200 per cento
di Mauro Del Corno | 7 luglio 2012
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E’ durata un paio di giorni la calma sui mercati dopo il vertice europeo che doveva mettere il vecchio continente al riparo dalla tempesta sul debito. E sono sempre di più le persone convinte che sia meglio iniziare a prepararsi al peggio. Maturata questa convinzione, la reazione quasi istintiva è quella di buttarsi sul bene rifugio per eccellenza: l’oro. Non sottoscrivendo qualche pezzo di carta come contratti futures o quote di fondi che investono nel metallo giallo, ma comprando oro fisico, pesanti lingotti e monete sonanti. Come mostrano i dati di Confinvest, uno dei principali operatori italiani nella compravendita di oro fisico, il trend è impressionante.
Da oltre un anno le richieste da parte di privati salgono ogni mese del 30 per cento e negli ultimi tempi si sta registrando un’ulteriore accelerazione. In crescita esponenziale anche la domanda che arriva dalle banche, salita negli ultimi due anni del 200 per cento. Stufi di fregature e decisi a difendere i propri risparmi con le unghie e con i denti, sempre più clienti si recano agli sportelli delle loro filiali a chiedere prodotti finanziari ma lingotti. “Le loro riserve non bastano più per far fronte alla domanda e allestire una struttura che consenta di immagazzinare e gestire oro è costoso, così si rivolgono a noi” spiega Roberto Binetti, di Confinvest.
Conferme arrivano anche da altri operatori professionali del settore. Riccardo Andriolo, amministratore delegato di Banco Metalli Preziosi, parla di una domanda che nei primi tre mesi del 2012 ha superato quella di tutto il 2011. Salvatore Giuffrida, amministratore unico diCompagnia Italiana Metalli Preziosi, rileva come rispetto ad un anno fa la richiesta sia almeno raddoppiata . E aggiunge: “Questo nonostante sia in caduta libera la richiesta del settore orafo alle prese con una grave crisi, sia a causa delle alte quotazioni sia per una perdita di appeal dei prodotti di gioielleria. Ormai, nota Giuffrida, a bracciali e collane si preferiscono sempre di più cellulari, tablet o quant’altro”. Una tendenza estremamente preoccupante per un settore in cui operano 10 mila artigiani e 37 mila addetti, concentrati prevalentemente nei distretti di Arezzo eVicenza.
Tra gli investitori in cerca di sicurezza i “pezzi” che vanno per la maggiore sono i classici lingotti, specie quelli di una certa grammatura, più facili da rivendere e su cui il costo di lavorazione incide meno, ma anche e soprattutto le monete. Racconta ancora Binetti: “C’è una vera e propria passione per le sterline in oro Elisabetta II (valgono circa 350 euro l’una, ndr) che sul mercato europeo si scambiano molto facilmente. L’acquirente tipo è il tipico esponente della borghesia, intorno ai 50 anni e disposto a investire tra i 50 e gli 80 mila euro. ”Accogliamo molta gente spaventata e disorientata – prosegue Binetti – Del resto crisi dell’Eurozona e una tassazione crescente sugli immobili restringono le opzioni di investimento e favoriscono l’oro su cui peraltro non si paga Iva“.
Se in Italia la passione per il metallo prezioso è in forte crescita ma non è ancora fenomeno di massa, altrettanto non si può dire per la Grecia e ora anche la Spagna, dove si sta facendo letteralmente incetta di monete e lingotti. “Arrivano richieste anche da cittadini di questi paesi che si rivolgono anche all’estero per acquistare in contanti e preferibilmente in nero. Cosa che per gli operatori professionali che lavorano su licenza della Banca d’Italia e sono sottoposti a regole rigide e attenta vigilanza è assolutamente impossibile” conclude categorico Binetti.
Si spiega però forse anche così il boom dei negozi “compro oro” che ha caratterizzato gli ultimi anni. Esercizi che acquistano oggetti preziosi e li trasformano in lingotti, poco regolamentati e poco controllati, dove non sempre le compravendite avvengono con la dovuta trasparenza. Epicentro del fenomeno è la ricca Lombardia dove si contano ormai 7000 esercizi di questo tipo. Sarà un caso ma solo nel 2011 secondo quanto riporta la Banca d’Italia le esportazioni della regione verso la vicina Svizzera sono cresciute del 26 per cento grazie soprattutto all’aumento dei metalli preziosiche hanno varcato il confine. Dati e indicazioni che dovrebbero probabilmente suggerire una maggior attenzione alle autorità preposte ai controlli. Che abbia o meno la coscienza a posto chi ha scelto l’oro ha comunque discrete probabilità di aver fatto un buon affare anche se non dovessero concretizzarsi scenari economici apocalittici. Il metallo giallo si scambia infatti oggi a poco meno di 1600 dollari l’oncia, ma molti analisti del settore, specie statunitensi, si attendono che possa intravedere quota 2500 dollari nel giro dei prossimi 18 mesi.
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

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Spending review, via 24mila “statali”. Sanità: tagli a siringhe e lenzuola
Mannaia sui dipendenti pubblici di ministeri e enti territoriali: solo 8mila sono pensionabili. Spariranno 674 uffici di giudici di pace, si risparmieranno 60 milioni in due anni per le intercettazioni. Risparmi per ospedali e carceri. I fisici del bosone minacciano le dimissioni

di Redazione Il Fatto Quotidiano | 8 luglio 2012
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Ospedali, scuole, carceri. Ma anche i giudici di pace, le siringhe, i vestiti per l’amministrazione penitenziaria, i buoni pasto e l’affitto di Stato. Il menù della spending review si fa più dettagliato grazie alla relazione tecnica del provvedimento che stima gli effetti finanziari delle singole norme. Non di tutte però perchè molte, tipo quella del taglio delle Province, potrà essere valutata solo a consuntivo. Si conferma la mannaia sugli impiegati pubblici: gli esuberi calcolati sono 24mil ma solo 8mila i pensionabili.
Gli esuberi del pubblico. I soggetti che hanno maturato irequisiti al 31/12/2011, sono rilevati sulla base di un importo medio di buonuscita/Tfr stimabile in circa 87mila euro per quanto concerne i dipendenti di ministeri e gli enti pubblici non economici e in circa 50mila euro per quanto concerne i dipendenti di enti locali, a fronte di un maggior onere pensionistico (di fatto compensato da minor costi retributivi e quindi non incidente sui saldi di finanza pubblica). Si stimano così gli effetti in termini di erogazione anticipata di buonuscita/Tfr (tenuto conto nella valutazione che in assenza della disposizione i soggetti in esame avrebbero acceduto al pensionamento in parte nel 2013 e in parte nel 2014 e delle relative regole di liquidazione della prestazione di buonuscita/Tfr). Ci sarebbe quindi (al lordo degli effetti fiscali) un maggior esborso di 208 milioni nel 2013 ma con un risparmio già dall’anno successivo (138 milioni), un risparmio di 35 milioni sia nel 2015, sia nel 2016 fino allo zero del 2017.
I fisici del bosone: “Se resta così ci dimettiamo”. Ipotesi di dimissioni per il presidenteFernando Ferroni dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, i cui ricercatori hanno avuto parte importante nelle ricerche sul bosone di Higgs. Le dimissioni, anche del board, arriveranno se non rientrerà il taglio del 3,79% al finanziamento dell’ente previsto dalla spending review. “Se non rientra il taglio – ha dichiarato Ferroni – io, la giunta esecutiva e il consiglio direttivo potremmo prendere in considerazione l’ipotesi di dimissioni. Non è possibile governare un ente ingovernabile”.
I TAGLI PRINCIPALI.
Da sanità risparmi per 2 miliardi. Da qui al 2014 la sanità dovrà tagliare 900 milioni nel 2012, 1,8 miliardi nel 2013 e 2 nel 2014. I maggiori risparmi arriveranno dal taglio della spesa per gli acquistidi beni e servizi compresi i dispositivi e per i farmaci.
Taglio da siringhe a lenzuola degli ospedali. Stretta sulle spese per siringhe, lenzuola pulite, mense. Solo alcuni dei prodotti sotto l’etichetta “beni e servizi” acquistati dal servizio sanitario che saranno tagliati di 500 milioni nel 2012, come si legge nella relazione tecnica allegata al decreto. Ma si dovrà fare economia anche sui dispositivi medici (dalle protesi, alle valvole cardiache, ai pace-maker) con una sforbiciata da 400 milioni nel 2013 e 500 milioni nel 2014 per effetto minor tetto di spesa (passa dal 5,2 al 4,9 e poi al 4,8 dal 2014).
Meno posti letto, risparmio di 50 milioni. Un taglio di 20 milioni per il 2013 e50 per il 2014. E’ il risparmio calcolato per il taglio dei posti letto, perchè “prudenzialmente” nella relazione tecnica si calcola solo “la contrazione della spesa per beni e servizi correlata ai posti letto cessanti”, quindi ad esempio meno lenzuola da lavare o pasti in meno da portare. I posti letto a “saltare” dovrebbero essere circa 18mila, passando da 4 per mille abitanti a 3,7.
Acquisti Consip: meno 1,6 miliardi. Risparmi per la finanza pubblica, quantificabili in circa 480 milioni per il 2013, 960 milioni per il 2014 e 1.600 milioni annui a partire dall’anno 2015 con gli acquisti centralizzati della Consip. Il risparmio è stimato nel 10% del valore degli acquisti.
Tagliati 674 uffici dei giudici di pace; risparmi sulle intercettazioni. La razionalizzazione degli uffici giudiziari comporta la riduzione di 674 uffici del giudice di pace, di 220 sedi distaccate e di oltre 70 uffici giudiziari circondariali. Risparmi per 35 milioni nel 2012 e 70 milioni nel 2013. Sulle intercettazioni il risparmio sarà di 20 milioni nel 2012 e 40 nel 2013.
Riduzione di costi nelle carceri, anche per il vestiario. Cala la spesa penitenziaria e un taglio da 3,5 mln arriva per l’approvvigionamento del vestiario. Una riduzione di 1,5 mln arriverà con la razionalizzazione dei costi per l’acquisizione di beni e servizi e 4 milioni per l’anno 2013 potranno essere reperiti in considerazione del fatto che le funzioni assistenziali sono trasferite al sistema sanitario nazionale.
Meno interessi con la tesoreria unica per la scuola. I benefici attesi dal passaggio allaTesoreria unica per la scuola sono il minore ricorso al debito pubblico. Ipotizzando una giacenza minima di 900 milioni si otterrebbe un calo della spesa per interessi pari a 4 milioni nel 2012, 31 milioni 2013 e 36 milioni 2014. L’impatto sull’avanzo/deficit è minimo, per quanto positivo.
Limite per i buoni pasto, 54 milioni di risparmio. Con il limite a 7 euro per i buonipasto ai travet si risparmieranno 53,8 milioni. Il taglio maggiore arriverà per i lavoratori degli Enti Pubblici non economici che hanno un valore medio del buono di 11,60 euro.
Affitti. Dal taglio del 15% degli affittiarriverà un risparmio annuo di circa 90 milioni a decorrere dal 2013. Per il mancato adeguamento Istat degli affitti di Stato il risparmio è di 5 milioni per il 2012, 16 l’anno dopo e milioni e 15 milioni a decorrere dal 2014. Per gli enti territoriali è ipotizzabile in relazione al secondo semestre 2012 un risparmio pari a 5 milioni, per l’anno 2013 pari a 17 milioni di euro e a decorrere dall’anno 2014 pari a 16 milioni di euro.
Stipendio “unico”. La relazione tecnica ipotizza un risparmio per il “cedolino unico” per lo stipendio di 201 milioni a regime. Si tratta della cifra che si otterrebbe con una spesa a cedolino intorno ai 10 euro, moltiplicato per 12 mensilità e per l’intero personale non servito.
Assunzione “unica”. Rendendo omogenee le assunzioni comeprevisto dalla spending review si arriverà a regime (nel 2016) ad un risparmio di 1,1 miliardi. Lo prevede la relazione tecnica. La disposizione prevede in particolare che per il triennio 2012-2014 anche i vigili del fuoco, i corpi di polizia, il sistema delle Università e gli Enti di ricerca, potranno procedere al ricambio del turn-over nella misura del 20% nel triennio 2012-2014, del 50% nell’anno 2015 ed il pieno reintegro del personale cessato dal 2016.


http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/07 ... ne/287845/
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Re: Come se ne viene fuori ?

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Quello che i quotidiani montiani, L'Unità, Il Corriere della Sera, La repubblica,...non pubblicano....

Riciclaggio, indagato top manager di Intesa-Sanpaolo
Nei guai Marco Bus, numero uno della Seb, controllata lussemburghese dell'istituto milanese. L'inchiesta riguarda la truffa fiscale della famiglia piemontese Giacomini: 200 milioni nascosti al fisco italiano e transitati nel Granducato
di Vittorio Malagutti | 7 luglio 2012
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Il libro che celebra banche e banchieri di Lussemburgo, edizione 2012, gli ha dedicato un intero paragrafo dal titolo impegnativo: “Marco Bus, da atleta internazionale a manager finanziario di punta”. Nientemeno. Segue un ritratto agiografico del manager in questione, un manager in carriera. Bus, 47 anni, è il dirigente più alto in grado di Intesa a Lussemburgo. Siede sulla poltrona di amministratore delegato della Société europeénne de banque (Seb), controllata dal gruppo bancario milanese. A occhio, però, pare improbabile che l’annuario 2013 si occuperà di Bus con lo stesso entusiasmo di quest’anno. Il top manager di Intesa è infatti indagato per concorso in riciclaggio.
QUESTIONE di soldi. Denaro nero: oltre 200 milioni di euro volati negli anni dall’Italia verso il paradiso fiscale del Granducato. Per un paio di procure del Nord Italia, quella di Verbania e quella di Milano, il capo della Seb avrebbe avuto un ruolo non marginale nella colossale frode fiscale di cui è accusata la famiglia Giacomini, titolare dell’omonima grande azienda piemontese, tra i leader mondiali nel settore delle rubinetterie, con oltre mille dipendenti. Secondo la ricostruzione dei pm di Verbania, il capo della procura Giulia Perrotti e il sostituto Fabrizio Argentieri, i soldi evasi al fisco dai Giacomini sono finiti per la quasi totalità su conti della banca lussemburghese di Intesa. Ma c’è di più. La Seb di Lussemburgo non solo custodiva il tesoro dei Giacomini, ma lo gestiva attraverso propri fondi e all’occorrenza ha prestato somme ingentissime alla famiglia. Insomma, un servizio completo.
BUS, INOLTRE, era in ottimi rapporti con Alessandro Jelmoni, anche lui con un passato in banca a Lussemburgo, nella Cariplo bank poi assorbita da Intesa. Jelmoni è finito in carcere il 16 maggio. E’ lui, secondo l’accusa, il tecnico che ha messo in piedi la struttura societaria, a cominciare da un trust sull’isola di Jersey, che ha consentito ai Giacomini di nascondere al fisco una montagna di denaro. Come gli investigatori hanno potuto accertare, Jelmoni e Bus si sentivano con frequenza per motivi d’affari. Struttura centrale per la gestione dei capitali esportati illegalmente era la società lussemburghese Titris, che secondo la procura di Verbania farebbe capo a Jelmoni. L’ipotesi è che Titris funzionasse come una grande scatola con molti comparti, ognuno destinato a un investitore italiano. Il nome di Titris, per dire, compare come azionista della società a cui era intestato il residence di via Olgettina, quello dove vivevano le ragazze delle feste berlusconiane di Arcore. Cose che capitano nello strano mondo dei paradisi off shore. E così, a ben guardare, si scopre anche che alcuni manager che affiancano Jelmoni nelle sue società nel Granducato provengono da Intesa Lussemburgo. E’ il caso di Nerina Cucchiaro e Mario Iacopini, entrambi indagati.
BASTA FARE un salto indietro nel tempo di qualche anno e ci si imbatte in un’altra coincidenza che non pare causale. Nel consiglio di amministrazione della finanziaria Tabata, anche questa con base del Granducato, troviamo Jelmoni, Cucchiaro, Iacopini e, fino a gennaio del 2004, anche Bus. Tabata altro non era che una società di famiglia dei Tanzi, creata per trasferire all’estero una parte del patrimonio di famiglia. Le indagini su questo fronte non hanno mai dato risultati concreti. Un fatto è certo, però: le stesse persone che adesso sono sotto inchiesta per la vicenda Giacomini gestivano anche una delle sponde lussemburghesi del bancarottiere di Collecchio. E Bus, manager di Seb-Intesa, dava una mano agli ex colleghi. Lo ha fatto almeno fino a gennaio di otto anni fa, quando lo scandalo Tanzi era appena esploso e nel consiglio di Tabata cominciò il fuggi fuggi.
PER SEGUIRE le tracce dei soldi targati Giacomini bisogna invece partire dall’isola di Jersey. Nel paradiso fiscale britannico viene costituito a luglio del 2002 il Giacomini trust. In questa cassaforte sono confluiti 202 milioni di euro, suddivisi tra i fratelli Alberto (46 per cento), Mario (27 per cento) e Giovanni (27 per cento). Nel 2005 Titris diventa trustee, cioè responsabile della gestione dei beni custoditi nel trust di Jersey. Iacopini e Cucchiaro sono gli amministratori di Titris, anche se, come detto, gli investigatori ritengono che il dominus della società sia Jelmoni.
Tutto fila liscio fino al 2007. I Giacomini si scordano (si fa per dire) di avvisare il fisco italiano che si sono portati all’estero un paio di centinaia di milioni. E già che ci sono, raccontano le carte della procura, pagano fatture per prestazioni inesistenti per un totale di svariati milioni l’anno. Anche professionisti e consulenti vengono ricompensati in nero. Tra questi l’avvocato Andrea Zoppini, costretto a maggio alle dimissioni dalla poltrona di sottosegretario alla Giustizia dopo che la procura di Verbania aveva svelato i pagamenti estero su estero (circa 800mila euro) ricevuti dalla famiglia piemontese. Nel 2007 però il giocattolo si rompe. Giovanni e Mario Giacomini voglio essere liquidati. Alberto manda 30 milioni oltrefrontiera. Il grosso dei soldi, 124 milioni di euro, arriva però nel 2009 con un prestito della Seb gestita da Bus.
Ne avranno saputo qualcosa a Milano, al quartier generale di Intesa? Si saranno fatti qualche domanda sulle motivazioni di quel finanziamento così ingente? All’epoca il gruppo bancario era guidato dall’amministratore delegato Corrado Passera. E’ proprio il trasferimento iniziale di denaro, quei 30 milioni versati da Alberto, a far scattare i primi accertamenti dell’Agenzia delle entrate (meglio tardi che mai). L’autorità fiscale segnala i fatti alle procure interessate, Verbania e Novara. Parte l’indagine penale. E intanto dal vaso di Pandora del Giacomini trust esce di tutto. Si scopre che decine di milioni nascoste nella cassaforte di Jersey erano serviti ad acquistare quote di fondi d’investimento targati Intesa. La società di gestione di uno di questi fondi, una società presieduta da Bus, aveva pensato bene di prendersi un consulente. La scelta è caduta sulla Rmj di Milano, società ricompensata con centinaia di migliaia di euro per il servizio. Sarà un caso ma la Rmj fa capo capo a Jelmoni e al fratello.
da Il Fatto Quotidiano del 7 luglio 2012

http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/07 ... lo/286799/
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

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Da Penati a Giacomini, così i soldi off-shore transitavano per banca Intesa
La stessa struttura, la Seb, filiale in Lussemburgo del gruppo italiano, ha gestito la presunta mazzetta dello scandalo Penati e il riciclaggio dei soldi in nero dell'evasione della famiglia Giacomini, che ha portato ad indagare sull'ad Marco Bus. In entrambi casi, il denaro è finito in società off-shore gestite da Alessandro Jelmoni, broker molto vicino alla banca
di Vittorio Malagutti | 8 luglio 2012
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Una villa da favola in Sardegna. Casa in pieno centro a Milano, con tanto di arredi milionari, come hanno constatato gli investigatori che a metà maggio hanno perquisito la sua abitazione. E poi auto di lusso, residenze a Montecarlo, in Svizzera e in Lussemburgo. Insomma, Alessandro Jelmoni, il broker internazionale in carcere da maggio con l’accusa di riciclaggio, non si faceva davvero mancare niente. Come molti professionisti della finanza off shore, quella che vive di holding e paradisi fiscali, in 15 anni di carriera aveva accumulato un ricco tesoretto. Procurarsi clienti non era davvero un problema. L’esportazione di capitali è uno degli sport preferiti di industriali e professionisti nostrani. A portare in carcere Jelmoni sono stati i rapporti con Elena e Corrado Giacomini, imprenditori piemontesi al centro di un’inchiesta per una colossale frode fiscale. A gestire il loro patrimonio in nero, oltre 200 milioni, era lui, Jelmoni, 45 anni, origini venete. I soldi dei Giacomini erano depositati su un conto della Société europeénne de banque (Seb), la banca lussemburghese di Intesa.
Sesto senso
Un caso? A giudicare dalle carte dell’inchiesta penale pare proprio di no. E non solo perché Jelmoni è legato da rapporti di amicizia e di affari con Marco Bus, il numero uno di Seb-Intesa, a sua volta indagato per concorso in riciclaggio. Da un gran numero di documenti ufficiali emerge che il broker ora agli arresti vendeva ai clienti pacchetti off shore tutto compreso. Società, conti bancari e quant’altro può servire per gestire capitali in fuga dall’Italia. E nella grandissima maggioranza dei casi Jelmoni si appoggiava al gruppo Intesa, in particolare allalussemburghese Seb.
Erano rapporti stretti e collaudati, cominciati molti anni fa. La conferma arriva dalle carte dell’inchiesta sul cosiddetto sistema Sesto. Ovvero la giostra di tangenti e corruzione che secondo la Procura di Monza avrebbe ruotato attorno a Filippo Penati, l’ex capo della segreteria politica di Pier Luigi Bersani, già presidente della Provincia di Milano e prima ancora sindaco di Sesto San Giovanni, l’ex Stalingrado d’Italia alle porte di Milano. L’inchiesta penale è nata dalle dichiarazioni del costruttore Giuseppe Pasini, che ha rivelato di aver pagato tangenti per 4 miliardi di vecchie lire (circa 2 milioni di euro) a Penati tramite l’intermediario Pietro Di Caterina. Fatti prescritti ormai, visto che risalgono al 2000-2001.
Si scopre però che questa presunta stecca sarebbe transitata da conti del gruppo Intesa grazie a una struttura societaria allestita proprio da Jelmoni, che già dieci anni fa, quindi, lavorava, via Lussemburgo, con la banca milanese. Per farla breve, i soldi che secondo Pasini sarebbero andati a Penati sono partiti dalla lussemburghese Seb. La provvista sarebbe stata creata con operazioni in titoli di due società off shore con base nel paradiso fiscale di Niue, un’isoletta in mezzo all’oceano Pacifico. Come risulta dai documenti bancari le due società in questione si chiamano High yeld financial investment Ltd e International monetary corp ltd.
“Consapevole dell’illecito”
Domanda: chi erano gli amministratori di queste due finanziarie che hanno tutta l’aria di essere state create apposta per gestire questo singolo affare? Nel ruolo di director troviamo proprio lui,Jelmoni, assieme ad almeno un paio di suoi colleghi che hanno avuto un ruolo anche nell’affare Giacomini. Corsi e ricorsi storici. In due vicende in apparenza tanto lontane troviamo gli stessi protagonisti. Jelmoni come tecnico della finanza off shore e Seb, cioè Intesa, come banca d’appoggio. Del resto l’istituto milanese era legatissimo a Pasini, a cui aveva prestato circa 200 milioni di euro per comprare l’area delle vecchie acciaierie Falck a Sesto. Secondo i pm di Monza, Walter Mapelli e Franca Macchia, le modalità con cui è stata creata la provvista per la presunta tangente inducono a “ritenere che la banca, come sostiene Pasini, fosse assolutamente consapevole e complice dell’illecito”.
A conclusioni molto simili sono giunti anche i magistrati di Verbania, il capo della procura Giulia Perrotti e il sostituto Fabrizio Argentieri, che nel caso della frode fiscale dei Giacomini, ipotizzano complicità ai vertici della Seb, guidata da Bus. Va ricordato che la vicenda di Sesto e dell’area Falck non si esaurisce con le stecche denunciate da Pasini. Quest’ultimo, messo alle corde dal forte indebitamento con Intesa e dal blocco dei lavori sui suoi terreni, nel 2005 getta la spugna e vende al costruttore Luigi Zunino, pure lui generosamente foraggiato dalla banca guidata da Corrado Passera.
Intrighi e autostrade
Anche Penati, passato sulla poltrona di presidente della Provincia di Milano, è finito di nuovo nei guai per l’acquisto da parte dell’ente pubblico del 15% dell’autostrada Serravalle messo in vendita dal gruppo Gavio. Un acquisto concluso a un prezzo molto elevato, tanto da essere considerato fuori mercato da una mezza dozzina di perizie. Ebbene, chi ha prestato i soldi alla provincia guidata da Penati per comprare quel 15%? Risposta: è stata Intesa. Adesso Penati è indagato per corruzione ed è finito nei guai anche Maurizio Pagani, top manager della banca milanese pure li indagato per corruzione. Pagani lavora per la Biis, la Banca infrastrutture innovazione e sviluppo che all’epoca dei fatti era guidata da Mario Ciaccia, poi chiamato al governo da Passera come sottosegretario al ministero dello Sviluppo. Che fine hanno fatto i soldi, oltre 230 milioni di euro, versati dalla Provincia di Milano ai Gavio? I pm di Monza hanno ricostruito il percorso dei soldi e hanno accertato che almeno una fetta di quel denaro è transitato da Intesa Sanpaolo bank Suisse, la filiale luganese del gruppo. Sarà una coincidenza ma nel consiglio di questa società svizzera siede, sin dal 2008, Marco Bus. Proprio lui, il top manager di Intesa che guida la Seb di Lussemburgo. La banca del denaro nero dei Giacomini. E delle società off shore targate Jelmoni.
da Il Fatto Quotidiano dell’8 luglio 2012

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Ministro Passera, batta un colpo
di Vittorio Malagutti | 8 luglio 2012
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Corrado Passera ministro non vuol parlare del Corrado Passera banchiere. Comprensibile, dal suo personale punto di vista. Un po’ meno se si considera il ruolo istituzionale che l’ex top manager di Intesa è stato chiamato a ricoprire nel governo di Mario Monti. Sta di fatto che nell’ultima settimana Passera ha ritenuto di non dire una parola sulle inchieste giudiziarie che direttamente o indirettamente chiamano in causa il suo operato negli anni, quasi dieci, dal 2002 al 2011, in cui ha guidato il più importante gruppo creditizio italiano.
Dalla settimana scorsa sappiamo che il ministro dello Sviluppo è indagato dalla Procura di Biella per le presunte irregolarità fiscali del gruppo Intesa. I fatti risalgono al 2006-2007 e l’istituto di credito ha già pagato oltre 200 milioni per chiudere la vertenza con l’Agenzia delle Entrate. Resta aperto, invece, il fronte dell’indagine penale. Ieri il nostro giornale ha rivelato che un’altra inchiesta, partita da Verbania e approdata a Milano, riguarda il ruolo svolto dalla banca lussemburghese di Intesa nel riciclaggio del tesoretto di oltre 200 milioni di euro accumulato all’estero, in nero, dai Giacomini, una famiglia di imprenditori piemontesi.
Marco Bus, forse il manager più importante della rete estera di Intesa, è indagato per concorsoin riciclaggio. Secondo i pm, Bus avrebbe in qualche modo collaborato a far perdere le tracce di una montagna di soldi frutto di evasione fiscale. Nelle carte dell’indagine si legge di “sospette complicità” nell’istituto di credito. I vertici della banca milanese sono stati informati di queste operazioni ora al vaglio della magistratura? Passera che cosa sapeva del prestito di 124 milioni concesso ai Giacomini dalla filiale lussemburghese di Intesa?
Sarebbe opportuno che su argomenti delicati come questi il ministro battesse un colpo. Non basta liquidare la faccenda con un laconico “per me ha già commentato la procura”, come Passera ha fatto l’altroieri con un cronista delFattoquotidiano.it che lo interpellava sull’indagine fiscale di Biella. Non si tratta qui di chiedere le dimissioni di un ministro. E tantomeno di fare il processo a un ex banchiere. Basterebbe qualche spiegazione. Chiediamo troppo?
Il Fatto Quotidiano, 8 Luglio 2012

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Re: Come se ne viene fuori ?

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Da Passera a Profumo, i manager delle banche italiane sotto inchiesta
Al ministro del governo Monti sono contestati reati finanziari, al presidente di Mps è a processo per frode fiscale, l'ex capo di Bpm Ponzellini è ai domiciliari per associazione a delinquere
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 7 luglio 2012
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I vertici dei principali gruppi bancari sono tutti sotto inchiesta. Ecco chi e perché.
CORRADO PASSERA

Nel giugno 2012 Corrado Passera, ministro per lo Sviluppo economico del governo Monti, viene iscritto nel registro degli indagati dalla Procura di Biella. I reati imputatigli sono di natura finanziaria e risalgono al 2006, quando Passera era amministratore delegato di Intesa.

ALESSANDRO PROFUMO

Presidente del Monte dei Paschi di Siena ed ex amministratore delegato di UniCredit è stato rinviato a giudizio, con altre 19 persone, con l’accusa di frode fiscale per una presunta frode fiscale da 245 milioni di attraverso un’operazione di finanza strutturata chiamata Brontos.


MASSIMO PONZELLINI

L’ex presidente della Banca Popolare di Milano è ai domiciliari per associazione a delinquere e corruzione per i finanziamenti elargiti ad Atlantis, gruppo di Corallo. È indagato anche per finanziamento illecito a Filippo Penati.


BANCO DESIO

Carenze nei sistemi informatici e organizzativi per l’anti-riciclaggio. È il rapporto dell’ispezione condotta con cui la Banca D’Italia conferma le accuse di un ex impiegato parmigiano avanzate nel 2008 e sulle quali si sono mosse le procure di Monza e Roma. E che ora confermate daBankitalia.


BANCA NETWORK

Commissariata da Banca d’Italia dal novembre 2011 oggi al centro di un’indagine della Procura di Milano che sta valutando l’ipotesi di reato per bancarotta. L’istituto è nato nel 2003 da Bipielle Net, ramo della Banca Popolare di Lodi dell’allora amministratore delegato Gianpiero Fiorani.

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Re: Come se ne viene fuori ?

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Inchiesta Intesa, l’economista Penati: “Grandi banche? Bombe a orologeria”
L'esperto: "Poca trasparenza per coprire i buchi". E aggiunge: "Qualsiasi scandalo economico a partire dal caso Parmalat insegna che non c'è frode possibile senza l'aiuto di un istituto di credito". I focolai della malattia sono due: "Da una parte un'oligopolio. Dall'altra il capitalismo di relazione che prospera anche grazie al rapporto opaco tra pubblico e privato"
di Giorgio Meletti | 7 luglio 2012
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“I magistrati arrivano sempre dopo, direi per definizione. Le inchieste non sono la causa ma l’effetto”. Alessandro Penati, docente di Finanza aziendale all’Università Cattolica di Milano, editorialista di la Repubblica, va dritto al punto: “Non bisogna guardare solo ai casi che riguardano direttamente i vertici di grandi banche. Qualsiasi scandalo economico, a partire dal caso Parmalat, insegna che non c’è frode possibile senza l’aiuto della banca”.

Dov’è il focolaio originario della malattia?
Nell’oligopolio. I flussi di finanziamento sono intermediati da poche banche, che tra l’altro, con fusioni e acquisizioni, diventano sempre meno. In più gli azionisti non sono interessati alla buona gestione.

Che cosa significa?
Le banche popolari non hanno padrone ma non sono scalabili. Le altre hanno azionisti anomali, come le fondazioni, o soci privati interessati a trattamenti di riguardo dalla loro banca. E qui si innesta il secondo focolaio della malattia, il capitalismo di relazione, che prospera anche grazie al rapporto opaco tra pubblico e privato. Finché le banche non risponderanno ad azionisti interessati alla buona gestione, sarà difficile avere comportamenti trasparenti.

Meglio avere buone amicizie anziché buone aziende per avere un prestito?
Molto meglio. Il sistema italiano ha reagito all’introduzione dell’euro chiudendosi, difendendosi dall’ingresso di capitali stranieri. Tenere le banche in mano ai soliti noti faceva comodo a tutti.

Tutti chi?
Politici, enti locali, imprese, gli stessi sindacati. Accomunati da un interesse: vogliono banche con cui entrare in contatto alzando il telefono e parlando con un amico. Questa è la ragione per cui nel 1999 sostenni la scalata di Roberto Colaninno alla Telecom.
(Fassino : Abbiamo una Banca -ndt)

Che cosa c’entra?

Era la prima grande operazione finanziaria fatta in Italia con prestiti stranieri. Apriva il mercato. Invece poi, con l’euro, il sistema ha alzato le sue difese, con storie come la mitica difesa dell’italianità. Il risultato è che siamo il Paese con minori investimenti diretti esteri.

Ma questo non dipende dal fatto che l’Italia è poco amica dell’impresa, come dicono in molti?
Per me sono gli imprenditori e i banchieri poco amici della concorrenza che viene da fuori.

Si parla di frode fiscale, corruzione, riciclaggio. Perché nelle banche italiane si delinque così intensamente? Sono i vertici a condurre gli istituti sulla strada del reato o sono solo mele marce?
I vertici sanno sempre più di quanto ammettono. E se non sanno, hanno organizzato male le strutture di controllo. Le banche sono indotte dalla crisi a comportamenti spregiudicati. Devono coprire i buchi, e questo spiega i fenomeni di frode fiscale da centinaia di milioni di euro. Quando guadagnavano bene potevano mascherare i risultati disastrosi delle operazioni fatte per favorire gli amici. In più la crisi aggrava il dissesto dell’impresa che ha avuto prestiti troppo generosi, o imprudenti. Il risultato finale è esplosivo. L’Italia è uno dei Paesi più pronti ad avere dissesti bancari e altri scandali giudiziari.

Vuol dire che le banche sono messe peggio di quanto non si dica?
Non lo dico io, ma la Borsa: secondo lei per quale ragione le azioni delle banche italiane valgono molto meno del loro patrimonio scritto nei bilanci? Il mercato sconta che nei conti delle banche ci siano molti più crediti in sofferenza, cioè di difficile recupero, di quanto non dichiarino. È una bomba a orologeria pronta a esplodere da qui al prossimo anno.

Falsificano i bilanci?

Non necessariamente. Ci sono molti modi di mascherare le difficoltà, basta leggere i giornali, magari tra le righe. Guardi i guai in cui si è infilata Mediobanca finanziando Ligresti, e le acrobazie che sta facendo per non svalutare quel grosso credito. O la vicenda di Intesa Sanpaolo con il finanziere Zaleski. In grande o in piccolo i banchieri stanno facendo tutti la stessa cosa: chiamano l’impresa debitrice e per non ammettere che il credito è irrecuperabile lo rinegoziano.

Bello, come si fa?
Facciamo che io sono la banca e lei mi deve rimborsare mille euro entro il 31 luglio. Ci mettiamo intorno a un tavolo e rinegoziamo le condizioni del prestito. Io le concedo cinque anni per la restituzione dei mille euro, con queste rate: dieci euro il primo anno, altri dieci il secondo, il terzo e il quarto anno, e 960 euro il quinto anno. Così per cinque anni potrò negare di aver perso i mille euro.

Immagino che mille euro sia per modo di dire.
Assolutamente: non vada in banca a chiedere di rinegoziare un debito se non è di svariati milioni di euro.


http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/07 ... 9D/286831/
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