Marco Travaglio nuovo direttore del Fatto Quotidiano
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Marco Travaglio nuovo direttore del Fatto Quotidiano
Marco Travaglio direttore, perché siamo una squadra
di Antonio Padellaro | 4 febbraio 2015 COMMENTI
Da oggi lascio la direzione del Fatto Quotidiano a Marco Travaglio, ma non lascio il nostro giornale perché noi siamo una squadra e facciamo gioco di squadra.
Quando nel settembre del 2009 partimmo per un’avventura che perfino chi ci voleva bene considerava troppo azzardata, non ci demmo cariche, ma incarichi. Chiedemmo a Travaglio: dovrai scrivere un articolo al giorno in prima pagina perché sei la nostra star; e in questi cinque anni Marco ha scritto ogni giorno, saltando Natale e Ferragosto solo perché non escono i giornali. A Peter Gomez, autore di grandi inchieste su Tangentopoli e mafia, chiedemmo di imparare un nuovo mestiere e di costruire da zero ilfattoquotidiano. it che ha rapidamente scalato la vetta dei siti d’informazione più visti e apprezzati con circa 700mila contatti al giorno. A Marco Lillo chiedemmo di fare Marco Lillo e i suoi numerosi scoop, dallo scandalo Montepaschi scoperchiato su queste pagine ai documenti esclusivi sulla fine anticipata del papato di Raztinger, sono da antologia del giornalismo. Alle decine di firme che hanno bussato al Fatto lasciando da un giorno all’altro importanti testate (uno per tutti: Furio Colombo) abbiamo chiesto di regalarci la loro competenza, ma anche di scompigliare le nostre certezze, perché questo ai giornali fa sempre bene. E ai giovani e giovanissimi che si affacciavano per la prima volta in una redazione chiedemmo di essere ambiziosi, ma anche di prendere questo mestiere con allegria perché i lettori non amano i giornali tristi. Restava da nominare il direttore. Toccò a me, forse perché lo avevo già fatto ed è stato uno straordinario e indimenticabile dono che ho condiviso giorno per giorno con i migliori collaboratori che un direttore possa desiderare: Nuccio Ciconte, Vitantonio Lopez, Ettore Boffano, Edoardo Novella e Paolo Residori che ha disegnato pagina per pagina.
È andata bene. Oggi il Fatto è un giornale unico e forse irripetibile nel suo genere. Senza aiuti pubblici e con minimi proventi pubblicitari, per cinque anni consecutivi ha prodotto utili e dividendi e ha finanziato importanti iniziative (dal sito alla versione digitale Mia, ultima nata), contando esclusivamente sul vostro sostegno. Voi che siete diventati la comunità del Fatto e che affollate le nostre feste. Noi che, con tutti i nostri errori, abbiamo mantenuto fede al patto fondativo: saremo un giornale libero e nessuno al mondo potrà dirci ciò che dobbiamo o non dobbiamo pubblicare.
Questo spirito comune ci ha spinto, unici in Italia, ad allegare al nostro quotidiano il numero speciale di Charlie Hebdo, dopo la strage di Parigi: perché la libertà di stampa e di parola va difesa nei fatti da ogni barbarie.
Siamo una squadra e non abbiamo padroni che scelgono o cacciano i direttori. E come squadra abbiamo pensato che rinnovarsi fa bene a tutti, soprattutto quando si può contare su alcuni fuoriclasse. Per questo è stato chiesto a Marco uno sforzo in più e a noi di dargli tutto l’aiuto possibile. Come presidente della società, incarico di cui ringrazio l’assemblea dei soci, darò il mio contributo ai nuovi affascinanti progetti allo studio dell’azienda e dell’amministratore delegato Cinzia Monteverdi. Abbiamo ancora molto da fare per il Fatto.
il Fatto Quotidiano, 4 Febbraio 2015
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/02 ... a/1395257/
di Antonio Padellaro | 4 febbraio 2015 COMMENTI
Da oggi lascio la direzione del Fatto Quotidiano a Marco Travaglio, ma non lascio il nostro giornale perché noi siamo una squadra e facciamo gioco di squadra.
Quando nel settembre del 2009 partimmo per un’avventura che perfino chi ci voleva bene considerava troppo azzardata, non ci demmo cariche, ma incarichi. Chiedemmo a Travaglio: dovrai scrivere un articolo al giorno in prima pagina perché sei la nostra star; e in questi cinque anni Marco ha scritto ogni giorno, saltando Natale e Ferragosto solo perché non escono i giornali. A Peter Gomez, autore di grandi inchieste su Tangentopoli e mafia, chiedemmo di imparare un nuovo mestiere e di costruire da zero ilfattoquotidiano. it che ha rapidamente scalato la vetta dei siti d’informazione più visti e apprezzati con circa 700mila contatti al giorno. A Marco Lillo chiedemmo di fare Marco Lillo e i suoi numerosi scoop, dallo scandalo Montepaschi scoperchiato su queste pagine ai documenti esclusivi sulla fine anticipata del papato di Raztinger, sono da antologia del giornalismo. Alle decine di firme che hanno bussato al Fatto lasciando da un giorno all’altro importanti testate (uno per tutti: Furio Colombo) abbiamo chiesto di regalarci la loro competenza, ma anche di scompigliare le nostre certezze, perché questo ai giornali fa sempre bene. E ai giovani e giovanissimi che si affacciavano per la prima volta in una redazione chiedemmo di essere ambiziosi, ma anche di prendere questo mestiere con allegria perché i lettori non amano i giornali tristi. Restava da nominare il direttore. Toccò a me, forse perché lo avevo già fatto ed è stato uno straordinario e indimenticabile dono che ho condiviso giorno per giorno con i migliori collaboratori che un direttore possa desiderare: Nuccio Ciconte, Vitantonio Lopez, Ettore Boffano, Edoardo Novella e Paolo Residori che ha disegnato pagina per pagina.
È andata bene. Oggi il Fatto è un giornale unico e forse irripetibile nel suo genere. Senza aiuti pubblici e con minimi proventi pubblicitari, per cinque anni consecutivi ha prodotto utili e dividendi e ha finanziato importanti iniziative (dal sito alla versione digitale Mia, ultima nata), contando esclusivamente sul vostro sostegno. Voi che siete diventati la comunità del Fatto e che affollate le nostre feste. Noi che, con tutti i nostri errori, abbiamo mantenuto fede al patto fondativo: saremo un giornale libero e nessuno al mondo potrà dirci ciò che dobbiamo o non dobbiamo pubblicare.
Questo spirito comune ci ha spinto, unici in Italia, ad allegare al nostro quotidiano il numero speciale di Charlie Hebdo, dopo la strage di Parigi: perché la libertà di stampa e di parola va difesa nei fatti da ogni barbarie.
Siamo una squadra e non abbiamo padroni che scelgono o cacciano i direttori. E come squadra abbiamo pensato che rinnovarsi fa bene a tutti, soprattutto quando si può contare su alcuni fuoriclasse. Per questo è stato chiesto a Marco uno sforzo in più e a noi di dargli tutto l’aiuto possibile. Come presidente della società, incarico di cui ringrazio l’assemblea dei soci, darò il mio contributo ai nuovi affascinanti progetti allo studio dell’azienda e dell’amministratore delegato Cinzia Monteverdi. Abbiamo ancora molto da fare per il Fatto.
il Fatto Quotidiano, 4 Febbraio 2015
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/02 ... a/1395257/
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
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Re: Marco Travaglio nuovo direttore del Fatto Quotidiano
IL GIORNALE CHE SIAMO E CHE SAREMO
(Marco Travaglio).
05/02/2015 di triskel182
AI LETTORI.
Fino all’altroieri, quando qualcuno mi chiamava “direttore”, mi voltavo all’indietro, pensando di avere alle mie spalle Antonio Padellaro. Da oggi continuerò a voltarmi all’indietro, sperando di avere alle mie spalle Antonio Padellaro.
Direttori si nasce e lui, modestamente, lo nacque. Io no. Tutto pensavo e sognavo di fare nella vita, fuorché il direttore. A me piace scrivere, girare, incontrare i lettori e continuerò – nei limiti del possibile – a farlo. Ma, avendo fondato il Fatto con lui e con un pugno di amici e colleghi ormai quasi sei anni fa, pare che ora tocchi a me.
Ci proverò con tutte le forze. Ho tentato di imbullonare Antonio sulla sua sedia, ma alla fine è riuscito a svitarsi. Il perché l’ha spiegato ieri, e lo ringrazio. Il suo comunque è tutto fuorché un commiato. Continuerà a scrivere come e più di prima, ora che le incombenze un po’ fantozziane di megadirettore le ha passate a me.
E ci guiderà come presidente della nostra società editoriale, che ha tutte le intenzioni di espandersi ancora, con nuove firme e nuove offerte sotto l’impulso della nostra amministratrice Cinzia Monteverdi e del direttore del nostro sito Peter Gomez.
Spero che questi quasi sei anni insieme mi abbiano trasmesso qualcosa del suo equilibrio, della sua capacità di “pensare il giornale”, di gestire la redazione e di sintonizzarsi con i lettori, ma soprattutto della sua abilità a rivoltare le notizie per vederle sempre nel verso più originale e autentico, dunque diverso da quello della vulgata del conformismo corrente.
Prima di lui avevo imparato molto dal contatto diretto con altri direttori che hanno creduto in me: dal mio primo a Il Nostro Tempo di Torino, Domenico Agasso, al duo Indro Montanelli-Federico Orlando al Giornale e alla Voce, a Daniele Vimercati all’Indipendente e poi al Borghese, a Claudio Rinaldi, Daniela Hamaui e Bruno Manfellotto all’Espresso, a Claudio Sabelli Fioretti e ad Andrea Aloi a Cuore, a Furio Colombo, allo stesso Padellaro e poi a Concita De Gregorio all’Unità, a Enzo Biagi a Il Fatto (quello televisivo), naturalmente a Michele Santoro prima ad Annozero e poi a Servizio Pubblico (e non cito i direttori, fisicamente più distanti, delle testate con cui pure ho collaborato, altrimenti facciamo notte).
Della linea del Fatto non c’è da toccare una virgola: era e resta la Costituzione, che noi amiamo così com’è. Magari con qualche aggiornamento, ma senz’alcuno stravolgimento, specie da parte dei ceffi che da vent’anni ci tengono sopra le zampe.
Dire “Costituzione”, in un giornale, si traduce nell’impegno a dare notizie vere e verificate, senza riguardi né sconti per nessuno. Anche e soprattutto quelle che gli altri non possono dare. E – ma sì, diciamolo – anche quelle che qualche lettore embedded non vuole sentirsi raccontare, per non dover mettere in discussione i propri pregiudizi. “Conoscere per deliberare”, diceva Luigi Einaudi. Conoscere spetta (anche) a noi. Deliberare, no.
Rileggevo l’altro giorno, per trovare le parole, i primi editoriali di Indro Montanelli su La Voce, nata 21 anni fa da un’esperienza per molti versi simile a quella del Fatto (salvo che per un piccolo particolare: la presenza di Montanelli). “Noi – scriveva – saremo certamente all’opposizione. Un’opposizione netta, dura, sia che vinca l’uno sia che vinca l’altro. Il difficile sarà distinguerci dall’altra opposizione. Se vince questa destra noi certamente le faremo opposizione, cercando però di distinguerci da quella che faranno a sinistra. Se vince la sinistra noi faremo opposizione ugualmente ferma, cercando di distinguerci da quella che faranno gli uomini della cosiddetta destra”.
Da Il Fatto Quotidiano del 05/02/2015.
(Marco Travaglio).
05/02/2015 di triskel182
AI LETTORI.
Fino all’altroieri, quando qualcuno mi chiamava “direttore”, mi voltavo all’indietro, pensando di avere alle mie spalle Antonio Padellaro. Da oggi continuerò a voltarmi all’indietro, sperando di avere alle mie spalle Antonio Padellaro.
Direttori si nasce e lui, modestamente, lo nacque. Io no. Tutto pensavo e sognavo di fare nella vita, fuorché il direttore. A me piace scrivere, girare, incontrare i lettori e continuerò – nei limiti del possibile – a farlo. Ma, avendo fondato il Fatto con lui e con un pugno di amici e colleghi ormai quasi sei anni fa, pare che ora tocchi a me.
Ci proverò con tutte le forze. Ho tentato di imbullonare Antonio sulla sua sedia, ma alla fine è riuscito a svitarsi. Il perché l’ha spiegato ieri, e lo ringrazio. Il suo comunque è tutto fuorché un commiato. Continuerà a scrivere come e più di prima, ora che le incombenze un po’ fantozziane di megadirettore le ha passate a me.
E ci guiderà come presidente della nostra società editoriale, che ha tutte le intenzioni di espandersi ancora, con nuove firme e nuove offerte sotto l’impulso della nostra amministratrice Cinzia Monteverdi e del direttore del nostro sito Peter Gomez.
Spero che questi quasi sei anni insieme mi abbiano trasmesso qualcosa del suo equilibrio, della sua capacità di “pensare il giornale”, di gestire la redazione e di sintonizzarsi con i lettori, ma soprattutto della sua abilità a rivoltare le notizie per vederle sempre nel verso più originale e autentico, dunque diverso da quello della vulgata del conformismo corrente.
Prima di lui avevo imparato molto dal contatto diretto con altri direttori che hanno creduto in me: dal mio primo a Il Nostro Tempo di Torino, Domenico Agasso, al duo Indro Montanelli-Federico Orlando al Giornale e alla Voce, a Daniele Vimercati all’Indipendente e poi al Borghese, a Claudio Rinaldi, Daniela Hamaui e Bruno Manfellotto all’Espresso, a Claudio Sabelli Fioretti e ad Andrea Aloi a Cuore, a Furio Colombo, allo stesso Padellaro e poi a Concita De Gregorio all’Unità, a Enzo Biagi a Il Fatto (quello televisivo), naturalmente a Michele Santoro prima ad Annozero e poi a Servizio Pubblico (e non cito i direttori, fisicamente più distanti, delle testate con cui pure ho collaborato, altrimenti facciamo notte).
Della linea del Fatto non c’è da toccare una virgola: era e resta la Costituzione, che noi amiamo così com’è. Magari con qualche aggiornamento, ma senz’alcuno stravolgimento, specie da parte dei ceffi che da vent’anni ci tengono sopra le zampe.
Dire “Costituzione”, in un giornale, si traduce nell’impegno a dare notizie vere e verificate, senza riguardi né sconti per nessuno. Anche e soprattutto quelle che gli altri non possono dare. E – ma sì, diciamolo – anche quelle che qualche lettore embedded non vuole sentirsi raccontare, per non dover mettere in discussione i propri pregiudizi. “Conoscere per deliberare”, diceva Luigi Einaudi. Conoscere spetta (anche) a noi. Deliberare, no.
Rileggevo l’altro giorno, per trovare le parole, i primi editoriali di Indro Montanelli su La Voce, nata 21 anni fa da un’esperienza per molti versi simile a quella del Fatto (salvo che per un piccolo particolare: la presenza di Montanelli). “Noi – scriveva – saremo certamente all’opposizione. Un’opposizione netta, dura, sia che vinca l’uno sia che vinca l’altro. Il difficile sarà distinguerci dall’altra opposizione. Se vince questa destra noi certamente le faremo opposizione, cercando però di distinguerci da quella che faranno a sinistra. Se vince la sinistra noi faremo opposizione ugualmente ferma, cercando di distinguerci da quella che faranno gli uomini della cosiddetta destra”.
Da Il Fatto Quotidiano del 05/02/2015.
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Re: Marco Travaglio nuovo direttore del Fatto Quotidiano
Il Fatto è il mio unico giornale.
Ne vado orgoglioso per esprimere meglio la mia indignazione verso le testate che hanno abdicato al compito a cui erano chiamati (indagare, informare, pubblicizzare) e si sono dedicati, anima e corpo, a fare cassa decantando le doti dei governanti o dei loro padroni-governanti.
Che sia Antonio Padellaro il direttore o Marco Travaglio, l'importante è che esista.
Ne vado orgoglioso per esprimere meglio la mia indignazione verso le testate che hanno abdicato al compito a cui erano chiamati (indagare, informare, pubblicizzare) e si sono dedicati, anima e corpo, a fare cassa decantando le doti dei governanti o dei loro padroni-governanti.
Che sia Antonio Padellaro il direttore o Marco Travaglio, l'importante è che esista.
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