Il manifesto per una nuova politica

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iospero
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Il manifesto per una nuova politica

Messaggio da iospero »

Il manifesto dei prof per una nuova politica Ginsborg: “Basta clientele e favori” Interessante

Lo storico che lanciò i Girotondi: "Va fatto qualcosa per rompere con la forma novecentesca del partito. Bisogna aprire il potere a soggetti nuovi. Il Palazzo non è la politica". L'iniziativa è partita da Lucarelli, assessore della giunta De Magistris, e hanno aderito tra gli altri anche Rodotà, Revelli e Mattei

vedi su
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/03 ... ni/201020/
Joblack
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Re: Il manifesto per una nuova politica

Messaggio da Joblack »

Già firmato!

Bisogna sbloccare questa politica fatta dai "professionisti del posto fisso" in parlamento.

Cancellazione del finanziamento ai partiti nella forma del rimborso.

Riduzione del costo della politica, a tutti i livelli.

Un saluto
Toro Seduto (Ta-Tanka I-Yo-Tanka)

‘‘Lo Stato perirà nel momento in cui il potere legislativo sarà più corrotto dell’esecutivo’’. C.L. Montesquieu
iospero
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Re: Il manifesto per una nuova politica

Messaggio da iospero »

Ad un certo punto nel manifesto sta scritto :
" La vita interna del nuovo soggetto si baserà anch’essa su alcune semplici regole di base: prendere le decisioni ricercando in modo prioritario il massimo consenso possibile; quando occorre procedere al voto con il sistema “una testa un voto”, unire il rispetto delle decisioni maggioritarie con la salvaguardia dei diritti delle minoranze, possibilità per tutti di votare in modo regolare e segreto. "

mi sembra che ci siano i presupposti per una democrazia diretta
iospero
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Re: Il manifesto per una nuova politica

Messaggio da iospero »

emmanuele curti ha così risposto:
" il discorso è lungo e complesso. Si, stiamo parlando in qualche modo di democrazia diretta, anche se allo stesso tempo fra democrazia rappresentativa, partecipata, di prossimità e diretta (tutte categorie generate nel dibattito recente), con questo progetto stiamo cercando, tutti insieme, di generare un sistema che a quel punto forse chiameremo in un modo nuovo. Ma vedreme, tocca a tutti noi contribuire a questo laboratorio per trovare la formula giusta.
grazie per il contributo

Cosa desideriamo,la democrazia Diretta o la democrazia Partecipata?
Qualè è la DIFFERENZA tra Democrazia DIRETTA E Democrazia PARTECIPATA ?
La Democrazia DIRETTA è sicuramente PARTECIPATA perché...
chi decide ( i cittadini) PARTECIPA,ovvero prima propone, poi discute e può anche modificare
INVECE la Democrazia Partecipata può non essere Diretta, perché... chi partecipa (i cittadini) assiste solo..., può anche proporre, discutere e modificare, ma ... A DECIDERE SARANNO SEMPRE I SOLITI

C O N C L U S I O N E

Democrazia rappresentativa- democrazia Diretta= OLIGARCHIA

Democrazia rappresentativa+democrazia DIRETTA= DEMOCRAZIA

(Da Bruno Aprile)

Mi sembra GIUSTO, quindi stiamo attenti !!
iospero
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Re: Il manifesto per una nuova politica

Messaggio da iospero »

Risposta
Soggetto Politico Nuovo ha scritto: "La democrazia basata sulla delega però non va abbandonata, va affiancata e potenziata con quella partecipativa e quella diretta nelle forme giuste in modo da diluire e controllare il potere di riceve la delega con la partecipata o, in alcuni casi, esercitare una porzione di quel potere con quella diretta..."
mariok

Re: Il manifesto per una nuova politica

Messaggio da mariok »

Non sputiamo sulla nostra storia – di Luciana Castellina (il manifesto 04.03.2012)

Luciana Castellina

Monti, da Tokio, ci fa sapere che lui è popolare, i partiti no, sono solo oggetto di disprezzo. Pirani, solitamente molto politically correct, scrive che il bello del nuovo nostro primo ministro sta nel fatto che è autonomo dalle fluttuazioni parlamentari, dalla dialettica dei partiti e dalle pressioni della società. (Voglio sperare che non si sia reso conto di cosa ha torizzato). La traduzione a livello popolare del concetto è quanto si sente sempre più ripetere: «A che mi serve la democrazia? Costa troppo. Perché debbo pagare tanti soldi perché una cricca vada a chiacchierare dei fatti suoi in un parlamento?».
A livello alto, invece, nelle istituzioni europee e fra insigni studiosi, si dice che siamo entrati nella post democrazia parlamentare, che i problemi sono ormai troppo complicati per lasciarli a incompetenti istituzioni rappresentative. Ricordo queste cose per avvertire che quando si cominciano a denunciare classe politica e, indifferenziatamente, i partiti in quanto tali, bisogna stare un po’ attenti. L’attacco alla democrazia non viene più da bande neofasciste ormai poco più che folcloristiche, ma da una minaccia più raffinata: dall’uso capzioso che ormai apertamente viene fatto dell’oggettivo fastidio, della distanza che si è scavata fra società civile e istituzioni politiche. Cui inconsapevolmente concorre anche il neo anarchismo che percorre ovunque i movimenti.
D’accordo quindi con “il manifesto per il nuovo soggetto politico” pubblicato il 29 marzo scorso su questo giornale (e firmato da molti miei amici di cui ho la massima stima) quando dicono che per salvare la democrazia bisogna arricchirla e trovare nuove forme di partecipazione e anche di democrazia diretta. Ma, vi confesso di provare anche molta preoccupazione per il tipo di nuovo soggetto politico di cui si auspica la nascita in sostituzione della forma partito novecentesca. Certo, è vero, anche i partiti di sinistra o presunta tale sono pessimi. Anche i più recenti. Bisognerebbe rifarli daccapo e naturalmente questa non è operazione che si fa sulla carta: i buoni partiti nascono sempre da un movimento reale. Ma può servire a questo scopo il descritto nuovo soggetto?
Innanzitutto non si può mettere fra parentesi il fatto che se i partiti sono diventati così è perché le istituzioni rappresentative nazionali in cui sono chiamati a far sentire la loro voce sono state da tempo svuotate di un potere decisionale che peraltro non è stato nemmeno trasferito ad altri livelli ma semplicemente assunto, extra legem, da chi stabilisce accordi privati sul mercato globale. In questi anni sono state privatizzate non solo le centrali del latte o le aziende di trasporti, ma anche la sovranità, il potere decisionale. La crisi dei partiti dipende dunque anche dalla drastica perdita di influenza che hanno subito in conseguenza di questa perdita di potere delle istanze rappresentative a tutti i livelli, anche comunale.Per questo la gente avverte la loro superfluità. Nessun soggetto politico può pensare di essere efficace se elude questo problema pensando di potersi limitare a produrre un po’ di partecipazione locale. A meno di non reinventarsi l’impero ottomano, dove ai califfati veniva lasciato qualche potere locale, mentre restava saldamente in mano a Costantinopoli ogni opzione generale e decisiva. L’idea che il sistema possa esser cambiato solo dal basso, da una rete orizzontale che, pur non negandolo, sospende la sua attenzione al problema del potere centrale e ritiene che basti una frammentata pressione dal basso per cambiarlo, credo non vada lontano.
Né un progetto collettivo si definisce senza aver fatto crescere conoscenze e cultura comuni, che non sono la somma dei pareri di ciascuno, magari raccolti in rete come fa la tv con l’auditel, sicché alla fine vengono fuori, come opzioni maggioritarie, le telenovelas. Questa sacralizzazione dell’opinione pubblica, in nome della quale la maggioranza ha comunque ragione, è il peggior portato di Internet: la scelta giusta è il risultato di un confronto prolungato e sofferto, tanto più in presenza di movimenti che non sono più socialmente omogenei, come era quello operaio, ma popolati dalle figure destrutturate e contraddittorie prodotte dal capitalismo in crisi. Funzione di un soggetto politico è costruire senso, non raccogliere la medietà del consenso, peggio di un indistinto borbottio. A meno che non ci si contenti di conservare l’esistente anziché di cambiarlo.
E veniamo alla proposta di abolire una leadership centralizzata, sostituita da «coordinamenti transitori e itineranti». Badate che il peggior leaderismo si produce di fatto quando non si stabiliscono regole precise per una selezione collettiva dei dirigenti: vi dicono niente i leaderini del ’68, dominatori di assemblee, sopraffattori dei più deboli, o solo meno arroganti? O il Partito radicale che, grazie alla sua assoluta informalità, ha lasciato alla ribalta da 50 anni Marco Pannella (che non si chiama narciso,ma, guarda caso, all’anagrafe è iscritto come giacinto)? Una massa atomizzata è sempre manovrabile. Per questo servono sedi stabili in cui ci si possa raccogliere, collegamenti a tutto campo per non chiudersi nel localismo (per questo è reazionario pensare di poter togliere finanziamenti ai partiti, o trovare illecito che un deputato viaggi al di fuori del suo collegio). Solo se c’è un’organizzazione la base può esercitare potere, altrimenti, al massimo, può dire sì o no a un referendum. Selezionare democraticamente una leadership è difficile ma necessario se si vuole consolidare un’organizzazione politica e non abbandonarla alle fluttuazioni caratteristiche dei movimenti spontanei.
E, infine, basta partecipare alle scelte, stabilire cosa è bene comune, o serve conquistare anche la loro stabile gestione? Il glorioso referendum sull’acqua non rischia forse di esser compromesso proprio sul terreno della sua applicazione? Non occorre dunque, allora, costruire organismi che strappino poteri allo stato e ne prefigurino la graduale estinzione, capaci di assolvere alle sue funzioni sì da evitare il rischio della separazione burocratica, del potere arbitrario, della casta? Gramsci, che pure ha sempre ricordato quanto più necessaria al proletariato rispetto alla borghesia sia la politica, consapevole delle sue degenerazioni aveva ipotizzato la creazione di consigli in grado di giocare questo ruolo. All’inizio degli anni ’70 i consigli di fabbrica, e poi di zona, si sono avvicinati a questa indicazione. Non pensate che si tratti di una prospettiva più ricca che non quella di moltiplicare indefinite e instabili forme di raccolta di consensi?
Ben vengano nuove forme di partecipazione, dunque, ma innanzitutto facendo tesoro delle esperienze novecentesche che non sono roba da buttar via come dice il Manifesto: quando il Pci, con tutti i suoi difetti, aveva più di due milioni di iscritti e una capillare organizzazione radicata sul territorio e però anche forte della soggettività di una appartenenza ad un grande movimento internazionale che aveva sconfitto il fascismo vi assicuro che si è raggiunto il punto più alto di democrazia conosciuto dal nostro paese. Quella esperienza non è ripetibile e aveva i suoi limiti, ma per favore non sputateci sopra!
A me piace tuttora l’invocazione di Mao Tse Tung, che tanto ci conquistò nel ’68, quando disse che occorreva bombardare il quartier generale. Perché i partiti si burocratizzano e separano e vanno quindi continuamente investiti dai movimenti della società. Ma Mao aggiungeva che occorreva distruggerli per rifondarli, non per farne a meno. In Cina non ci si è riusciti, non ho remore a dire che in Italia bisogna provarci.

http://www.soggettopoliticonuovo.it/201 ... 4-03-2012/
iospero
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Re: Il manifesto per una nuova politica

Messaggio da iospero »

Luciana Castellina nel suo articolo non osa scrivere mai " democrazia diretta", sembra che abbia timore solo a pronunciarla.
In Svizzera ,negli State USA, in Germania , nei Comuni dove si sperimenta sembra che dia buoni risultati e limita al massimo la corruzione specie nelle amministrazioni pubbliche.
Quando c'è la democrazia diretta , in gran parte già prevista nella nostra Costituzione ( si tratta di definire con leggi ordinarie i tempi per discutere in aula le proposte di legge di iniziativa popolare e, in caso di parere contrario del Parlamento, di adire a referendum per fare la scelta; di aggiornare i referendum abrogativi eliminando i quorum, che non esistono ad esempio per le elezioni,ecc...eccc.) i parlamentari rappresentanti sono costretti a stare molto più attenti nell'amministrare la cosa pubblica.
Io penso che la maggioranza dei cittadini italiani siano in grado di scegliere se una adeguata informazione di destra,sinistra e centro fosse fornita senza particolari compiacenze verso i detentori del potere economico e finanziario.
Nessuno , se non è folle , può pretendere che lo Stato dia più di quello che ha nella sua disponibilità, finora mi sembra che le famiglie italiane siano state più brave dello Stato nel gestire le proprie risorse.
Oggi i nostri politici per far tornare i conti vendono sottocosto i patrimoni dello Stato, il loro ragionamento sta nel fare bella figura, saranno poi quelli che verranno dopo a dover pagare di più
( Es le vendita di intero palazzi sottocosto ,vale 1000 , si vende a 800, poi si pagano magari gli affitti salati per gli stessi palazzi).

In conclusione ben venga una formazione politica di sinistra -centro che operi per portarci verso una democrazia diretta e partecipata, potrebbe raggiungere anche il 10% e condizionare le scelte del PD verso il terzo polo.
peanuts
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Re: Il manifesto per una nuova politica

Messaggio da peanuts »

Anche io ho firmato
"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
Robert Harris, "Archangel"
mariok

Re: Il manifesto per una nuova politica

Messaggio da mariok »

A quanto risulta dal sito, i contatti nei territori sono ancora pochi, con molte aree totalmente scoperte.

http://www.soggettopoliticonuovo.it/partecipa-contatti/

Potremmo scrivere agli organizzatori come forum interessato all'iniziativa e disponibile a collaborare per estendere la rete.

Che ne dite?
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