Il giorno dello squalo-La terza guerra mondiale?

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camillobenso
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Il giorno dello squalo-La terza guerra mondiale?

Messaggio da camillobenso »

Il giorno dello squalo-La terza guerra mondiale?


Immagino che leggendo questo 3D a qualcuno verrà in mente:

“Ma che scassament’ e pall stu milanes’ rumpi e pall, scassa a’ minchia,….prima ci rompe con la guerra civile in Italia, e poi rompe ancora di più con la terza guerra mondiale”.

Girando per la libreria dell’Ipercoop mi ha colpito il sottotitolo : Chi comanda. Obama o Wall Street?

Il titolo invece è: La terza guerra mondiale?

Libro secondo
Di Elido Fazi dell’omonima casa editrice.


Il primo libro porta il titolo

La terza guerra mondiale? La verità sulle banche, Monti e l’euro.


Alle pagine 51 e 52 del secondo libro si può leggere:

A oggi <<l’élite finanziaria è rimasta a tenere le leve del potere e, evitato per ora il fallimento, somministra le sue lezioni morali e fallimentari ai giovani, ai popoli, ai governi. Da ultimo non esitando nella presa diretta del potere>>.

Non vi spaventate, non è Lenin, ma soltanto Giulio Tremonti, che così scrive nel suo libro, Uscita di sicurezza.

Insomma, oramai risuona chiarissima la domanda : è Obama che comanda Wall Street o sono le banche che comandano Washington?


Pagina 53.

Viviamo in anni eccezionali. Come uomini e come donne siamo chiamati a una grande sfida;è in questi tempi che saremo o nobilitati o ridimensionati o addirittura considerati mostri della Storia.
Viviamo una crisi della stessa portata e pericolosità di quella, anche allora inattesa, del 1929; una crisi protrattasi, con fasi alterne per tutti gli anni Trenta. Viviamo nel caos, tra forze oscure che non si sa neppure a cosa aspirino, se non a preservare il loro potere, “il potere del capitale dominante”.

Tempo permettendo, vedrò di riportare poco alla volta il contenuto di questo piccolo libro.


Rimane il fatto che la crisi dei derivati ha solo accelerato i tempi del processo disgregativo in corso. Certamente a nessuno può piacere questo sbocco, ma come per il caso italiano negli ultimi diciotto anni, nessuno si muove per evitare il peggio, mentre sul tavolo continuano ad essere posati tutti gli indicatori negativi che concorrono verso una soluzione negativa per l’intera umanità.

47, morto che parla, o meglio che non parla mai perché tace spaventosamente, è l’Onu.

L’uomo è fondalmentalmente ancora una bestia che non impara dagli errori del passato.

La Società delle Nazioni fu fondata nell'ambito della Conferenza di Pace di Parigi del 1919-1920 , formalmente il 28 giugno 1919 con la firma del Trattato di Versailles del 1919 e fu considerata estinta il 19 aprile 1946 in seguito al fallimento rappresentato dalla seconda guerra mondiale e alla nascita, nel 1945, di un'organizzazione con identico scopo, le Nazioni Unite.

La Società delle Nazioni fallisce interamente il suo mandato negli anni Trenta. L’Onu non sarà in grado di fermare le guerre della seconda metà del novecento e del primo decennio del nuovo secolo.

E’ quella la sede dove poter dirimere tutte le controversie del pianeta, ma in molti preferiscono che le decisioni vengano prese altrove.
mariok

Re: Il giorno dello squalo-La terza guerra mondiale?

Messaggio da mariok »

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No ti prego! Andare a lezione da Tremonti è troppo!

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camillobenso
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Re: Il giorno dello squalo-La terza guerra mondiale?

Messaggio da camillobenso »

A proposito dello scomparso Tremonti,......

Mario Deaglio su La Stampa si esprimeva così su Tremonti.


CULTURA
26/04/2012 -
Il malessere degli economisti
al tempo della crisi


Dall'India all'Italia una serie di testi per capire i terremoti finanziari che viviamo

Mario Deaglio

Due novembre 2011, Università di Harvard. Il professor Greg Mankiw, colonna del pensiero economico ortodosso e autore di diffusissimi manuali di economia, arriva in aula per tenere una lezione del suo corso introduttivo. Ed ecco che un gruppo di studenti si alza e se ne va; il motivo, che spiegano con una lettera, è la «mancanza di imparzialità» del suo insegnamento. Mankiw, che è stato consigliere del presidente George W. Bush ed è ora consigliere del candidato repubblicano Mitt Romney, farebbe apologia del mercato e del capitalismo senza presentare in maniera imparziale le opinioni contrarie.

Un piccolo episodio, si dirà. Piccolo, ma altamente indicativo del malessere che percorre il pensiero economico dall'inizio della crisi. Così come altamente indicativa è stata la difficoltà degli economisti di rispondere alla domanda (fintamente?) ingenua della regina Elisabetta, in visita a un altro tempio del pensiero economico, la London School of Economics. «Se queste cose erano così evidenti», disse la sovrana a un economista che le spiegava il susseguirsi della crisi, «perché nessuno se ne è accorto?»

Una parte della risposta sta nelle statistiche sempre più imprecise e sempre più disinvoltamente corrette, così come imprecise e disinvoltamente corrette sono le previsioni economiche; un'altra nella preparazione troppo teorica degli economisti. Lo denunciano due economisti ortodossi, non americani ma largamente formatisi in America, l'indiano Raghuram Rajan e il turco Dani Rodrik, che stanno acquistando peso proprio grazie alle loro critiche sempre più severe.

«Gli economisti vivono fuori dal mondo reale», ha scritto recentemente Rajan che attribuisce la mancata comprensione della crisi alla specializzazione eccessiva; a Rajan si deve uno dei migliori resoconti della crisi finanziaria (ora tradotto da Einaudi, con il titolo Terremoti finanziari ). Rodrik denuncia, con particolare attenzione al ruolo delle istituzioni, il distacco e le arzigogolature di una professione lontana dalla realtà nel suo più recente libro (tradotto da Laterza con il titolo La globalizzazione intelligente ). In questa fase di ripensamento si colloca il Manifesto degli economisti sgomenti - capire e superare la crisi (pubblicato in Italia da Minimum fax) firmato da oltre settecento economisti, in prevalenza francesi o di formazione francese e focalizzato sull'Europa. Il Manifesto è rivolto soprattutto alle false certezze , agli argomenti avanzati da trent'anni a questa parte per guidare le scelte europee e ormai scalzati dagli avvenimenti.

è quindi ormai inutile negare che un'ala importante dell'edificio trionfale del pensiero economico ortodosso sia crollata o stia crollando sotto i colpi delle cadute di Borsa di Wall Street, della nuova debolezza europea, di una ripresa «fredda» negli Stati Uniti.

E studiosi di vario tipo, con impostazioni che spesso non possono esser fatte rientrare nelle tradizionali categorie delle scienze umane, si aggirano qua e là, prendendo dalle macerie chi un mattone chi una finestra per cominciare a mettere assieme almeno un rifugio. E per trovare un'uscita di sicurezza di fronte all'incalzare caotico degli avvenimenti.

Uscita di sicurezza , appunto, è il titolo del più recente libro di Giulio Tremonti, uno degli studiosi che si aggira tra queste macerie intellettuali e uno dei pochi politici italiani che sa tenere la penna in mano.

Tremonti può essere considerato personaggio emblematico del rimescolarsi dei ruoli e delle dottrine. è al tempo stesso politico - personaggio di primo piano del Partito della Libertà ma attento alle istanze della Lega - e professore, a cavallo tra il diritto tributario e la scienza delle finanze ma con interessi che spaziano dalla macroeconomia ai problemi geostrategici.

La sua azione come ministro dell'Economia lo ha portato a vivere la contraddizione tra la razionalità dell'obiettivo del pareggio del bilancio e l'insostenibilità di lungo periodo dei «tagli orizzontali» che, nella sua azione di governo, ha dovuto imporre soprattutto agli enti locali. E anche a essere acutamente conscio della più ampia contraddizione tra politiche nazionali e finanza globale.

Tremonti procede spesso per intuizioni e abbozzi, con frequenti accostamenti interdisciplinari, una via che fa rabbrividire chi non sa lavorare senza equazioni e si rifugia nella propria specializzazione ma che si ha tutto il diritto di percorrere quando le certezze del sapere economico vacillano.

Usa spesso accostamenti fulminanti («mettere la ragione al posto degli spread »), paragoni arditi,


come quando paragona la finanza europea a un tipo nuovo di fascismo, il «fascismo finanziario, il fascismo bianco».


Certamente siamo di fronte a una retorica pesante, ma c'è in realtà molto di più: siamo indotti a ragionare sulle condizioni in cui questo paragone può essere valido oppure rifiutato.


Il tema di fondo è precisamente quello della «malvagità» della finanza internazionale e del suo scontro con gli Stati nazionali e gli interessi della vita civile.

Tale tema si viene sempre più precisando dopo altre due opere di Tremonti, Rischi fatali (Mondadori, 2008) e soprattutto La paura e la speranza (Mondadori, 2009).

Tremonti argomenta che la finanza ha cambiato natura e da settore sussidiario dell'attività produttiva si è trasformata, assumendo funzioni globali, contrapponendosi agli Stati e opprimendoli, imponendo loro condotte specifiche di politica economica.

Equipara la loro azione a veri e propri colpi di Stato , in conseguenza dei quali in Europa abbiamo, per usare le sue accattivanti contrapposizioni, una crisi vera ma una finta Banca Centrale, una moneta senza Stati ma anche Stati senza moneta, una moneta che non viene governata ma governa essa stessa.

La ricetta per cambiare le cose, l'«uscita di sicurezza», appunto va ricercata nel ritorno della «grande politica», in una nuova alleanza tra popoli e Stati, che metta «lo Stato sopra la finanza e la finanza sotto gli Stati», che imponga quindi regole a un mercato finanziario anarchico, che avvii grandi progetti di investimento pubblico per il bene comune, finanziati con gli Eurobond, un progetto molto caro a Tremonti quando era ministro dell'Economia. Ed è interessante che non venga proposto un programma dettagliato ma solo alcune grandi linee e il lettore venga invitato a «interagire» con questo libro attraverso un sito Internet. Chissà, forse anche in questo modo dalle macerie che hanno travolto la crescita dei Paesi ricchi riusciremo a tirar fuori qualcosa di coerente.

mario.deaglio@unito.it

http://www3.lastampa.it/cultura/sezioni ... tp/451772/
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