Il dramma della nostra situazione
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Re: Il dramma della nostra situazione
Però la gente si assiepa a sentire le stronzate di ruby, eh
Popolo imbecille, guarda la vita vera che cos'è
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"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
Robert Harris, "Archangel"
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Re: Il dramma della nostra situazione
Lettera aperta a tutti i parlamentari marchigiani sulla tragedia di Civitanova
L’elenco dei 25 deputati e senatori e due domande:
“Quali iniziative prenderete fin da ora per alleviare la crisi economica almeno tra le fasce più deboli?
Qual è il vostro giudizio sul ministro Fornero e sulla sua riforma delle pensioni?”
di: Pier Paolo Flammini 5 aprile 2013 @21:21
Questo articolo sarà inviato via e-mail a tutti i parlamentari eletti nelle Marche, auspicando una loro risposta. Si invitano i lettori che ne condividono i contenuti a fare altrettanto. Grazie.
Questo è l’elenco dei deputati marchigiani: Ignazio Abrignani Pdl, Donatella Agostinelli M5S, Luciano Agostini Pd, Simone Baldelli Pdl, Mariastella Bianchi Pd, Piergiorgio Carrescia Pd, Andrea Cecconi M5S, Enrico Letta Pd, Emanuele Lodolini Pd, Irene Manzi Pd, Marco Marchetti Pd, Alessia Morani Pd, Paolo Petrini Pd, Lara Ricciatti Sel, Patrizia Terzoni M5S, Valentina Maria Vezzali Scelta Civica.
Questo l’elenco dei senatori: Silvana Amati Pd, Remigio Ceroni Pdl, Camilla Fabbri Pd, Serenella Fucksia M5s, Mario Morgoni Pd, Riccardo Nencini Psi, Francesco Verducci Pd.
Mailing list: silvana.amati@senato.it, remigio.ceroni@senato.it, camilla.fabbri@senato.it, serenella.fucksia@senato.it, mariapaola.merloni@senato.it, mario.morgoni@senato.it, riccardo.nencini@senato.it, francesco.verducci@senato.it, abrignani_i@camera.it, agostinelli_d@camera.it, agostini_l@camera.it, baldelli_s@camera.it, bianchi_m@camera.it, boldrini_l@camera.it, carrescia_p@camera.it, cecconi_a@camera.it, letta_e@camera.it, lodolini_e@camera.it, manzi_i@camera.it, marchetti_m@camera.it, morani_a@camera.it, petrini_paolo@camera.it, ricciatti_l@camera.it, terzoni_p@camera.it, vezzali_v@camera.it
ASCOLI PICENO – La triplice tragedia di Civitanova Marche colpisce ogni cittadino italiano, e naturalmente ogni marchigiano, di un dolore profondo. Annamaria Sopranzi, 68 anni, Romeo Dionisi, 62, e Giuseppe Sopranzi, 70, sono tre nomi a quasi tutti noi sconosciuti fino ad oggi, ma che gravano di un forte peso le coscienze di ognuno.
Tanti sono i commenti, di personalità politiche o del mondo civile e religioso. Vogliamo però parlare ai parlamentari marchigiani, recentemente eletti. Nessuno ha bacchette magiche. Però nessuno degli eletti può pensare di essere estraneo dal corpo che lo ha nominato a rappresentare l’Italia e i marchigiani.
Nessuno ha il potere di impedire che simili tragedie si ripetano. Tutti hanno il dovere di cercare di evitarlo.
Due sole domande:
1) Scrivete almeno una (una) decisione sulla quale sarete intransigenti, fino alle dimissioni in caso di mancata realizzazione, per ridurre gli effetti concreti della crisi sulla popolazione italiana, prime fra tutti le fasce più deboli.
2) Questo dettagliato articolo del giornalista Paolo Barnard descrive i gravi conflitti di interesse del ministro, tutt’ora in carica, Elsa Fornero: http://paolobarnard.info/intervento_mos ... php?id=516. Nella legittima opera di verifica di ciascuno di voi, vi chiedo di esprimere il vostro giudizio sul ministro, sulla riforma Fornero, e se, in Parlamento, in attesa di un nuovo governo, vogliate fin da ora prendere iniziative per risolvere l’incresciosa situazione.
http://www.picenooggi.it/2013/04/05/177 ... ivitanova/
Sarà interessante vedere chi ignorerà la sollecitazione e chi risponderà e cosa.
L’elenco dei 25 deputati e senatori e due domande:
“Quali iniziative prenderete fin da ora per alleviare la crisi economica almeno tra le fasce più deboli?
Qual è il vostro giudizio sul ministro Fornero e sulla sua riforma delle pensioni?”
di: Pier Paolo Flammini 5 aprile 2013 @21:21
Questo articolo sarà inviato via e-mail a tutti i parlamentari eletti nelle Marche, auspicando una loro risposta. Si invitano i lettori che ne condividono i contenuti a fare altrettanto. Grazie.
Questo è l’elenco dei deputati marchigiani: Ignazio Abrignani Pdl, Donatella Agostinelli M5S, Luciano Agostini Pd, Simone Baldelli Pdl, Mariastella Bianchi Pd, Piergiorgio Carrescia Pd, Andrea Cecconi M5S, Enrico Letta Pd, Emanuele Lodolini Pd, Irene Manzi Pd, Marco Marchetti Pd, Alessia Morani Pd, Paolo Petrini Pd, Lara Ricciatti Sel, Patrizia Terzoni M5S, Valentina Maria Vezzali Scelta Civica.
Questo l’elenco dei senatori: Silvana Amati Pd, Remigio Ceroni Pdl, Camilla Fabbri Pd, Serenella Fucksia M5s, Mario Morgoni Pd, Riccardo Nencini Psi, Francesco Verducci Pd.
Mailing list: silvana.amati@senato.it, remigio.ceroni@senato.it, camilla.fabbri@senato.it, serenella.fucksia@senato.it, mariapaola.merloni@senato.it, mario.morgoni@senato.it, riccardo.nencini@senato.it, francesco.verducci@senato.it, abrignani_i@camera.it, agostinelli_d@camera.it, agostini_l@camera.it, baldelli_s@camera.it, bianchi_m@camera.it, boldrini_l@camera.it, carrescia_p@camera.it, cecconi_a@camera.it, letta_e@camera.it, lodolini_e@camera.it, manzi_i@camera.it, marchetti_m@camera.it, morani_a@camera.it, petrini_paolo@camera.it, ricciatti_l@camera.it, terzoni_p@camera.it, vezzali_v@camera.it
ASCOLI PICENO – La triplice tragedia di Civitanova Marche colpisce ogni cittadino italiano, e naturalmente ogni marchigiano, di un dolore profondo. Annamaria Sopranzi, 68 anni, Romeo Dionisi, 62, e Giuseppe Sopranzi, 70, sono tre nomi a quasi tutti noi sconosciuti fino ad oggi, ma che gravano di un forte peso le coscienze di ognuno.
Tanti sono i commenti, di personalità politiche o del mondo civile e religioso. Vogliamo però parlare ai parlamentari marchigiani, recentemente eletti. Nessuno ha bacchette magiche. Però nessuno degli eletti può pensare di essere estraneo dal corpo che lo ha nominato a rappresentare l’Italia e i marchigiani.
Nessuno ha il potere di impedire che simili tragedie si ripetano. Tutti hanno il dovere di cercare di evitarlo.
Due sole domande:
1) Scrivete almeno una (una) decisione sulla quale sarete intransigenti, fino alle dimissioni in caso di mancata realizzazione, per ridurre gli effetti concreti della crisi sulla popolazione italiana, prime fra tutti le fasce più deboli.
2) Questo dettagliato articolo del giornalista Paolo Barnard descrive i gravi conflitti di interesse del ministro, tutt’ora in carica, Elsa Fornero: http://paolobarnard.info/intervento_mos ... php?id=516. Nella legittima opera di verifica di ciascuno di voi, vi chiedo di esprimere il vostro giudizio sul ministro, sulla riforma Fornero, e se, in Parlamento, in attesa di un nuovo governo, vogliate fin da ora prendere iniziative per risolvere l’incresciosa situazione.
http://www.picenooggi.it/2013/04/05/177 ... ivitanova/
Sarà interessante vedere chi ignorerà la sollecitazione e chi risponderà e cosa.
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Re: Il dramma della nostra situazione
Diciamo che il fatto di Civitanova ha un po’, un pochino, colpito gli italiani. Forse per la tipologia associata al numero 3?
Stamani è l’argomento del giorno.
Come già segnalato in settimana, i suicidi continuano mentre i media li ignorano.
Mi chiedo perché la pietà esce solo in casi come questi e non nei casi anonimi che continuano nel silenzio generale, tutti i giorni.
Forse perché come in guerra alla fine ci si abitua e solo un numero alto di morti fa notizia?
Stamani è l’argomento del giorno.
Come già segnalato in settimana, i suicidi continuano mentre i media li ignorano.
Mi chiedo perché la pietà esce solo in casi come questi e non nei casi anonimi che continuano nel silenzio generale, tutti i giorni.
Forse perché come in guerra alla fine ci si abitua e solo un numero alto di morti fa notizia?
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Re: Il dramma della nostra situazione
Tutto ogni giorno funziona regolarmente con puntuale e cronometrica precisione svizzera verso lo sfascio totale.
Tutto ogni giorno si incastra alla perfezione, anche perché i segnali di reazione stanno completamente a zero. Le chiacchiere dei politici non fanno fede in questo momento, perché le strade dell’inferno sono lastricate di buone intenzioni.
La rabbia è arrivata al punto tale che non si riesce più a distinguere il sacro e il profano.
La rabbia di Civitanova si abbatte sulla presidente della Camera Laura Boldrini senza pietà, non comprendendo, e non volendo separare la persona che in questo momento rappresenta lo Stato, dalla sua intima natura.
Dopo tanto tempo, troppo, alle terza carica dello Stato è finalmente arrivata la persona meno ipocrita di tutto il parco castale. Se si è recata a Civitanova lo ha fatto non per esibire la terza carica dello Stato ma come Laura Boldrini che intende avvicinare lo Stato ai cittadini. E in questo caso a cittadini vittime dello Stato.
Ma oggi la rabbia è tanta che non si distingue più nulla, un segno che la casta non riesce ancora a cogliere.
***
CONTESTATA DALLA FOLLA PRESENTE ALLA CERIMONIA DI COMMEMORAZIONE
Suicidi di Civitanova, Boldrini contestata
«Faceva meglio a non venire»
Dure parole della sorella di Maria Dionisi che si è tolta la vita con il marito e il fratello
http://video.corriere.it/boldrini-conte ... 3e51409b57
La presidente della Camera, Laura Boldrini, al suo arrivo al Comune di Civitanova Marche dove si è svolta una riunione aperta in memoria di Romeo Dionisi, Anna Maria Sopranzi e il fratello di lei Giuseppe, morti suicidi perché non riuscivano ad arrivare a fine mese, è stata contestata da alcune persone. Qualcuno tra la folla l'ha però anche applaudita.
CRITICHE - Critiche alla Boldrini sono arrivate anche dai familiari delle vittime. «Faceva meglio a non venire». Questa infatti è la frase che la sorella di Dionisi, una delle vittime, ha pronunciato all'arrivo della Boldrini. Uno sfogo, quello dei parenti, confermato da più fonti. I conoscenti intanto ripetono che nessuno aveva capito il loro dramma: «li ha uccisi la dignità». Lo sfogo della sorella di Romeo Dionisi contro Laura Boldrini è stato rivolto al personale del servizio di sicurezza della Camera che stava facendo un sopralluogo in vista della visita della presidente.
LA REPLICA - «Bisogna dare più misure di protezione sociale in un momento in cui la crisi è pesante» ha spiegato successivamente la presidente della Camera. «Ero nelle Marche quando ho saputo e non potevo non venire. È una tragedia che ha sconvolto il Paese».
Redazione Online
6 aprile 2013 | 13:44
© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.corriere.it/cronache/13_apri ... 9b57.shtml
Tutto ogni giorno si incastra alla perfezione, anche perché i segnali di reazione stanno completamente a zero. Le chiacchiere dei politici non fanno fede in questo momento, perché le strade dell’inferno sono lastricate di buone intenzioni.
La rabbia è arrivata al punto tale che non si riesce più a distinguere il sacro e il profano.
La rabbia di Civitanova si abbatte sulla presidente della Camera Laura Boldrini senza pietà, non comprendendo, e non volendo separare la persona che in questo momento rappresenta lo Stato, dalla sua intima natura.
Dopo tanto tempo, troppo, alle terza carica dello Stato è finalmente arrivata la persona meno ipocrita di tutto il parco castale. Se si è recata a Civitanova lo ha fatto non per esibire la terza carica dello Stato ma come Laura Boldrini che intende avvicinare lo Stato ai cittadini. E in questo caso a cittadini vittime dello Stato.
Ma oggi la rabbia è tanta che non si distingue più nulla, un segno che la casta non riesce ancora a cogliere.
***
CONTESTATA DALLA FOLLA PRESENTE ALLA CERIMONIA DI COMMEMORAZIONE
Suicidi di Civitanova, Boldrini contestata
«Faceva meglio a non venire»
Dure parole della sorella di Maria Dionisi che si è tolta la vita con il marito e il fratello
http://video.corriere.it/boldrini-conte ... 3e51409b57
La presidente della Camera, Laura Boldrini, al suo arrivo al Comune di Civitanova Marche dove si è svolta una riunione aperta in memoria di Romeo Dionisi, Anna Maria Sopranzi e il fratello di lei Giuseppe, morti suicidi perché non riuscivano ad arrivare a fine mese, è stata contestata da alcune persone. Qualcuno tra la folla l'ha però anche applaudita.
CRITICHE - Critiche alla Boldrini sono arrivate anche dai familiari delle vittime. «Faceva meglio a non venire». Questa infatti è la frase che la sorella di Dionisi, una delle vittime, ha pronunciato all'arrivo della Boldrini. Uno sfogo, quello dei parenti, confermato da più fonti. I conoscenti intanto ripetono che nessuno aveva capito il loro dramma: «li ha uccisi la dignità». Lo sfogo della sorella di Romeo Dionisi contro Laura Boldrini è stato rivolto al personale del servizio di sicurezza della Camera che stava facendo un sopralluogo in vista della visita della presidente.
LA REPLICA - «Bisogna dare più misure di protezione sociale in un momento in cui la crisi è pesante» ha spiegato successivamente la presidente della Camera. «Ero nelle Marche quando ho saputo e non potevo non venire. È una tragedia che ha sconvolto il Paese».
Redazione Online
6 aprile 2013 | 13:44
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Re: Il dramma della nostra situazione
Una scelta per niente condivisibile, anche se la responsabilità non va attribuita interamente alla Fornero, ma all'intero governo e a tutti i partiti che lo hanno sostenuto.
Il disastro che la Fornero fa finta di non vedere è che è solo stato rimandato e ingrandito.
Citando Fitoussì per il caso Cipro, hanno inteso far pagare a chi non c'entra gli errori delle banche e dello Stato.
Da noi il giochino era già avvenuto 20 anni fa con il crollo della prima Repubblica.
*
«SE NON AVESSI FATTO QUELLE SCELTE SAREBBE STATO UN DISASTRO PER L'ITALIA»
Triplice suicidio di Civitanova, Fornero:
«Mie riforme fatte per tutelare le famiglie»
Il ministro del Welfare parla a «La Stampa»: «I suicidi hanno sentito troppo forte il peso della crisi che stiamo vivendo»
«Sono profondamente addolorata per questo fatto tremendo. E per la solitudine che devono aver vissuto queste tre persone. Evidentemente hanno sentito troppo forte il peso della crisi che stiamo vivendo. Adesso, dobbiamo onorare la loro memoria lavorando in modo costruttivo, tanto più che ci sono piccoli segnali di ripresa». Lo afferma al quotidiano «La Stampa» il ministro del Welfare, Elsa Fornero, dopo i suicidi di due coniugi e del fratello della donna nelle Marche.
EPISODIO - «Un drammatico episodio - osserva Fornero - che aggiunge dolore al mio stato abbastanza pesante di questi giorni in cui ho continuato a lavorare con il massimo impegno. E sia chiaro: non per creare problemi, ma per risolverli. Perchè oggi - aggiunge - chi punta il dito contro di me e il governo che rappresento, accusandomi di eccessiva rigidità, se non avessi fatto quello che ho fatto, per esempio l'innalzamento dell'età per la pensione, mi avrebbe attaccato per inefficienza». Sulle riforme del lavoro e delle pensioni, il ministro conferma la sua linea, rivolta alla tutela e alla salvaguardia «non dell'Italia - spiega, - ma delle famiglie italiane che ho avuto e che ho a cuore. Perchè se non ci fossimo impegnati in quella direzione, se non avessimo fatto quelle scelte sarebbe stato un disastro per tutte le famiglie del nostro Paese».
Redazione Online
6 aprile 2013 | 12:29
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Il disastro che la Fornero fa finta di non vedere è che è solo stato rimandato e ingrandito.
Citando Fitoussì per il caso Cipro, hanno inteso far pagare a chi non c'entra gli errori delle banche e dello Stato.
Da noi il giochino era già avvenuto 20 anni fa con il crollo della prima Repubblica.
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«SE NON AVESSI FATTO QUELLE SCELTE SAREBBE STATO UN DISASTRO PER L'ITALIA»
Triplice suicidio di Civitanova, Fornero:
«Mie riforme fatte per tutelare le famiglie»
Il ministro del Welfare parla a «La Stampa»: «I suicidi hanno sentito troppo forte il peso della crisi che stiamo vivendo»
«Sono profondamente addolorata per questo fatto tremendo. E per la solitudine che devono aver vissuto queste tre persone. Evidentemente hanno sentito troppo forte il peso della crisi che stiamo vivendo. Adesso, dobbiamo onorare la loro memoria lavorando in modo costruttivo, tanto più che ci sono piccoli segnali di ripresa». Lo afferma al quotidiano «La Stampa» il ministro del Welfare, Elsa Fornero, dopo i suicidi di due coniugi e del fratello della donna nelle Marche.
EPISODIO - «Un drammatico episodio - osserva Fornero - che aggiunge dolore al mio stato abbastanza pesante di questi giorni in cui ho continuato a lavorare con il massimo impegno. E sia chiaro: non per creare problemi, ma per risolverli. Perchè oggi - aggiunge - chi punta il dito contro di me e il governo che rappresento, accusandomi di eccessiva rigidità, se non avessi fatto quello che ho fatto, per esempio l'innalzamento dell'età per la pensione, mi avrebbe attaccato per inefficienza». Sulle riforme del lavoro e delle pensioni, il ministro conferma la sua linea, rivolta alla tutela e alla salvaguardia «non dell'Italia - spiega, - ma delle famiglie italiane che ho avuto e che ho a cuore. Perchè se non ci fossimo impegnati in quella direzione, se non avessimo fatto quelle scelte sarebbe stato un disastro per tutte le famiglie del nostro Paese».
Redazione Online
6 aprile 2013 | 12:29
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Re: Il dramma della nostra situazione
IL PAESE DEGLI UMILIATI
(Chiara Saraceno).
06/04/2013 di triskel182
TRAGEDIE come quelle di Civitanova Marche aprono improvvisi squarci su vite umiliate, dove la fatica della vita quotidiana, la difficoltà a fare fronte a bisogni minimi, fa perdere poco a poco la speranza.
Ela dignità rimane l’unico bene da salvaguardare a tutti i costi, al punto da non accettare di rivolgersi alla assistenza sociale. Inutile soffermarsi sui rapporti tra causa ed effetto in un suicidio, tanto più se condiviso. Le ragioni sono probabilmente diverse e più profonde delle difficoltà economiche.
Ma è inaccettabile che queste difficoltà appaiano sulla scena pubblica solo quando un evento drammatico, una scelta tragica, dà loro una più o meno effimera risonanza, salvo ricadere immediatamente ai margini dell’attenzione e soprattutto delle priorità della politica.
Eppure i dati non mancano, sono pubblici e di fonte autorevole: dall’Istat alla Banca d’Italia, fino alla Commissione europea. Quest’ultima ha segnalato come l’Italia sia il Paese in cui nell’ultimo anno vi è stato il maggior peggioramento relativo in tutti gli indicatori. All’aumento della povertà e del disagio dedica una sezione anche il rapporto sul Benessere equo e solidale Istat/Cnel. Fortemente voluto dal presidente dell’Istat, Enrico Giovannini, uno dei “saggi” nominati da Napolitano, questo rapporto dovrebbe servire ai decisori per definire priorità e disegnare vie d’uscita dalla crisi meno effimere del periodico annuncio che la ripresa è slittata di altri sei mesi.
Nel loro insieme, i dati mostrano che negli ultimi due anni sono aumentati la povertà e il disagio economico, la difficoltà a far fronte a bisogni essenziali come riscaldarsi adeguatamente (non ci riesce il 18%), avere una dieta adeguata dal punto di vista nutritivo (riguarda il 12,3%), pagare l’affitto e le bollette (il 14,1%). Il rischio di povertà e/o esclusione sociale coinvolge ormai più di un quarto della popolazione (28,4%). Tra i minorenni, raggiunge il 34%, toccando il 50% tra i minorenni stranieri — un dato altrettanto se non più grave di quello riguardante la disoccupazione giovanile, e che invece non riesce a sollecitare almeno una pari attenzione. L’aumento delle condizioni di povertà ha comportato un’intensificazione delle condizioni di disagio là dove tradizionalmente sono concentrate nel nostro Paese — nel Mezzogiorno, nelle famiglie numerose con figli minori, nelle famiglie con un solo percettore di reddito. Ha tuttavia comportato anche un allargamento dell’esperienza a gruppi che non le avevano fin qui sperimentate, come le famiglie di lavoratori dipendenti, a reddito fisso (o calante, in caso di perdita di lavoro
o di cassa integrazione), le famiglie giovani, le famiglie che vivono in affitto.
Anche tra i pensionati l’erosione del potere d’acquisto di pensioni sempre meno indicizzate ha fatto aumentare l’incidenza della povertà.
Sotto i dati statistici ci sono le piccole e grandi rinunce ed anche umiliazioni quotidiane: la vergogna di non poter far fronte ai propri debiti, il timore che luce o gas vengano sospesi per morosità, non poter pagare la mensa scolastica per i figli, o la gita di classe. Spese all’apparenza minime diventano insostenibili, travolgendo bilanci famigliari in equilibrio precario, senza che vi siano riserve su cui contare (il 38,5% della popolazione vive in famiglie che non riuscirebbero a fronteggiare una spesa imprevista di 800 euro).
Tutto ciò in assenza di una rete di protezione che impedisca di precipitare e contrasti il deterioramento delle risorse individuali e sociali. Anzi, questa rete, già inadeguata e frammentata in periodi meno difficili, è stata ulteriormente ridotta con i tagli sconsiderati alla spesa sociale, ai trasferimenti ai Comuni ed anche all’istruzione. Non c’è, a differenza che nella stragrande maggioranza dei Paesi europei, un reddito minimo di garanzia per i poveri.
I Comuni che lo avevano introdotto con risorse proprie hanno sperimentato una riduzione drastica dei trasferimenti loro destinati, che mette a rischio le politiche di sostegno alle fragilità proprio quando aumenta il bisogno.
I bilanci risicati delle scuole costringono a impoverire l’offerta didattica proprio là dove sarebbe più necessario arricchirla, per controbilanciare la carenza di risorse famigliari. I bisogni di cura di bambini e persone non autosufficienti rimangono insoddisfatti, o affidati solo alle, disuguali, risorse famigliari.
Di tutto ciò non si parla nelle diverse agende su cui si intrecciano le negoziazioni politiche, si delineano possibili programmi di governo, si ipotizzano o rifiutano alleanze. Singolarmente silente è il Pd, al di là della retorica sulla necessità di creare occupazione.
Occorre che qualcuno si assuma la responsabilità di porre esplicitamente la questione della crescente povertà e disagio come una delle priorità da affrontare subito, che deve ispirare sia gli strumenti per la ripresa sia le decisioni sulla spesa pubblica. Non può essere sacrificata allo spread o al pareggio di bilancio, che non può essere raggiunto sulla carne viva delle persone, ignorandone la dignità offesa e le speranze negate.
Da La Repubblica del 06/04/2013.
(Chiara Saraceno).
06/04/2013 di triskel182
TRAGEDIE come quelle di Civitanova Marche aprono improvvisi squarci su vite umiliate, dove la fatica della vita quotidiana, la difficoltà a fare fronte a bisogni minimi, fa perdere poco a poco la speranza.
Ela dignità rimane l’unico bene da salvaguardare a tutti i costi, al punto da non accettare di rivolgersi alla assistenza sociale. Inutile soffermarsi sui rapporti tra causa ed effetto in un suicidio, tanto più se condiviso. Le ragioni sono probabilmente diverse e più profonde delle difficoltà economiche.
Ma è inaccettabile che queste difficoltà appaiano sulla scena pubblica solo quando un evento drammatico, una scelta tragica, dà loro una più o meno effimera risonanza, salvo ricadere immediatamente ai margini dell’attenzione e soprattutto delle priorità della politica.
Eppure i dati non mancano, sono pubblici e di fonte autorevole: dall’Istat alla Banca d’Italia, fino alla Commissione europea. Quest’ultima ha segnalato come l’Italia sia il Paese in cui nell’ultimo anno vi è stato il maggior peggioramento relativo in tutti gli indicatori. All’aumento della povertà e del disagio dedica una sezione anche il rapporto sul Benessere equo e solidale Istat/Cnel. Fortemente voluto dal presidente dell’Istat, Enrico Giovannini, uno dei “saggi” nominati da Napolitano, questo rapporto dovrebbe servire ai decisori per definire priorità e disegnare vie d’uscita dalla crisi meno effimere del periodico annuncio che la ripresa è slittata di altri sei mesi.
Nel loro insieme, i dati mostrano che negli ultimi due anni sono aumentati la povertà e il disagio economico, la difficoltà a far fronte a bisogni essenziali come riscaldarsi adeguatamente (non ci riesce il 18%), avere una dieta adeguata dal punto di vista nutritivo (riguarda il 12,3%), pagare l’affitto e le bollette (il 14,1%). Il rischio di povertà e/o esclusione sociale coinvolge ormai più di un quarto della popolazione (28,4%). Tra i minorenni, raggiunge il 34%, toccando il 50% tra i minorenni stranieri — un dato altrettanto se non più grave di quello riguardante la disoccupazione giovanile, e che invece non riesce a sollecitare almeno una pari attenzione. L’aumento delle condizioni di povertà ha comportato un’intensificazione delle condizioni di disagio là dove tradizionalmente sono concentrate nel nostro Paese — nel Mezzogiorno, nelle famiglie numerose con figli minori, nelle famiglie con un solo percettore di reddito. Ha tuttavia comportato anche un allargamento dell’esperienza a gruppi che non le avevano fin qui sperimentate, come le famiglie di lavoratori dipendenti, a reddito fisso (o calante, in caso di perdita di lavoro
o di cassa integrazione), le famiglie giovani, le famiglie che vivono in affitto.
Anche tra i pensionati l’erosione del potere d’acquisto di pensioni sempre meno indicizzate ha fatto aumentare l’incidenza della povertà.
Sotto i dati statistici ci sono le piccole e grandi rinunce ed anche umiliazioni quotidiane: la vergogna di non poter far fronte ai propri debiti, il timore che luce o gas vengano sospesi per morosità, non poter pagare la mensa scolastica per i figli, o la gita di classe. Spese all’apparenza minime diventano insostenibili, travolgendo bilanci famigliari in equilibrio precario, senza che vi siano riserve su cui contare (il 38,5% della popolazione vive in famiglie che non riuscirebbero a fronteggiare una spesa imprevista di 800 euro).
Tutto ciò in assenza di una rete di protezione che impedisca di precipitare e contrasti il deterioramento delle risorse individuali e sociali. Anzi, questa rete, già inadeguata e frammentata in periodi meno difficili, è stata ulteriormente ridotta con i tagli sconsiderati alla spesa sociale, ai trasferimenti ai Comuni ed anche all’istruzione. Non c’è, a differenza che nella stragrande maggioranza dei Paesi europei, un reddito minimo di garanzia per i poveri.
I Comuni che lo avevano introdotto con risorse proprie hanno sperimentato una riduzione drastica dei trasferimenti loro destinati, che mette a rischio le politiche di sostegno alle fragilità proprio quando aumenta il bisogno.
I bilanci risicati delle scuole costringono a impoverire l’offerta didattica proprio là dove sarebbe più necessario arricchirla, per controbilanciare la carenza di risorse famigliari. I bisogni di cura di bambini e persone non autosufficienti rimangono insoddisfatti, o affidati solo alle, disuguali, risorse famigliari.
Di tutto ciò non si parla nelle diverse agende su cui si intrecciano le negoziazioni politiche, si delineano possibili programmi di governo, si ipotizzano o rifiutano alleanze. Singolarmente silente è il Pd, al di là della retorica sulla necessità di creare occupazione.
Occorre che qualcuno si assuma la responsabilità di porre esplicitamente la questione della crescente povertà e disagio come una delle priorità da affrontare subito, che deve ispirare sia gli strumenti per la ripresa sia le decisioni sulla spesa pubblica. Non può essere sacrificata allo spread o al pareggio di bilancio, che non può essere raggiunto sulla carne viva delle persone, ignorandone la dignità offesa e le speranze negate.
Da La Repubblica del 06/04/2013.
Re: Il dramma della nostra situazione
La coincidenza della tragedia di Civitanova con la notizia che abbiamo raggiunto una pressione fiscale del 52% sa di beffa.
Abbiamo le tasse più alte d'Europa (superiori, per intenderci, a Svezia e Danimarca) ma un sistema di protezioni sociali tra i più bassi.
In più lo Stato non paga i prodotti ed i servizi che gli vengono forniti.
Chi si frega gli oltre 800 miliardi annui di spesa pubblica?
A questa semplice domanda finora non c'è risposta.
Abbiamo le tasse più alte d'Europa (superiori, per intenderci, a Svezia e Danimarca) ma un sistema di protezioni sociali tra i più bassi.
In più lo Stato non paga i prodotti ed i servizi che gli vengono forniti.
Chi si frega gli oltre 800 miliardi annui di spesa pubblica?
A questa semplice domanda finora non c'è risposta.
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Re: Il dramma della nostra situazione
E’ così che si abbindola la gente.
Dal Sabatini-Colletti
abbindolare
[ab-bin-do-là-re] v.tr. (abbìndolo ecc.) [sogg-v-arg]
• 1 Avvolgere il filo attorno al bindolo per fare il gomitolo
• 2 fig. Raggirare, ingannare qlcu.: quel negoziante vi ha abbindolati
• • sec. XVII
I migliori supporter della casta politica sono i giornalisti.
In periodi come questi, hanno grande successo in politica tutti coloro che sanno meglio abbindolare gli elettori.
Siamo sul giornale della famiglia Berlusconi e quindi questo esercizio quotidiano dell’abbindolamento dei merli è sviluppato all’ennesima potenza.
L’abilità del politico è quella di saper mixare nelle parti giuste piccole verità o mezze verità a bufale megagalattiche.
Questo triplice suicidio per Feltri è l’occasione giusta per darci dentro. Tanto che la semina dà i suoi buoni frutti. Infatti un suo lettore commenta così il suo articolo:
Lino1234
Sab, 06/04/2013 - 15:15
Feltri : i miei complimenti. Sei entusiasmante. Mandiamo i nostri vecchi politicanti ed alti funzionari di fronte al traghettatore "con occhi di bragia".... Saluti. Lino
Veramente il primo alto funzionario da mandare di fronte al traghettatore è il fratello del padrone del giornale su cui scrive la casta educanda Littorio Feltri.
Come non essere d’accordo con buona parte dell’intervento del vecchio giornalista bergamasco. Solo che Littorio dimentica un piccolo particolare. Quello che ha creato questa situazione dal 2001, con eccezione dell’intervallo 2006-2008, è il fratello del suo padrone. In concorso con altri, anche con il colpevole silenzio della ex sinistra e poi cosa informe chiamata Piddì.
Quelle morti pesano su di noi perché abbiamo dato il nostro sostegno a chi non se lo meritava. Ma la responsabilità maggiore la portano i politici e in seconda battuta i giornalisti, che confondono per conto dei politici le menti ai deboli e alla volte anche ai meno deboli.
***
Strage di Stato
Uomini e donne si tolgono la vita non solo per disperazione, ma anche per un eccesso di dignità. Preferiscono la morte al disonore di non poter fare fronte agli impegni col fisco
Vittorio Feltri - Sab, 06/04/2013 - 14:52
Ancora suicidi. Uomini e donne che si tolgono la vita: non solo per disperazione, ma anche per un eccesso di dignità. Preferiscono la morte al disonore di non poter fare fronte agli impegni coi fornitori e col fisco.
Già, il fisco. Si deve sapere che la pressione fiscale, nell'ultimo trimestre 2012, per effetto dell'Imu è salita al 52 per cento. I cittadini che riescono a sopportarla sono eroi, quelli che non ce la fanno scelgono il martirio, anzi, vi sono indotti.
Qualcuno in passato, avendo forse le idee annebbiate, disse incautamente che le «tasse sono belle».
Trascurò di precisare che semmai sono necessarie e, in una certa misura, giuste. Ma se superano il 50 per cento del reddito, molti cittadini si rivolgono a Caronte pur di non trattare con i funzionari di Iniquitalia. Significa che le imposte e la pena capitale sono sorelle.
Urge intervenire per ridurle entro limiti umani. A chi tocca farlo?
Agli amministratori della cosa pubblica, allo Stato, che non è un ente astratto, ma è rappresentato dai signori della politica eletti di volta in volta per guidarlo nell'interesse collettivo. È del tutto evidente che essi, almeno nell'ultimo trentennio, hanno fallito.
Ne conosciamo i volti e i nomi. Sono personaggi noti, alcuni stanno ancora lì a menare il torrone, lottano con accanimento per conservare il potere di dissanguarci. Lungi dal vergognarsi, si danno arie da grandi economisti, se la tirano da esperti di conti, concionano, litigano tra loro per accaparrarsi poltrone. Se invece di essere responsabili di ministeri lo fossero di aziende private, sarebbero a marcire in galera.
La nostra non è un'esagerazione ispirata al più vieto qualunquismo (di cui populismo è diventato un sinonimo). È una riflessione suggerita dalla realtà sotto gli occhi di ogni italiano. Qualsiasi impresa, piccina o grandissima, se ha il bilancio eternamente in passivo, se incassa meno di quanto spenda, e non ha i soldi per pagare i creditori, salta per aria, e il titolare porta i libri in tribunale e chiede il concordato. Se lo ottiene, dimostrando di avere i requisiti, se la cava (si fa per dire). Altrimenti il giudice dichiara fallimento, e spesso non finisce qui.
Talora scatta la bancarotta, un reato grave. Talaltra scatta di peggio: bancarotta fraudolenta, reato gravissimo punito con l'arresto e, quindi, il carcere.
Sarebbe il caso dello Stato. Il quale ha debiti per circa 100 miliardi con varie ditte. È insolvente da anni. Ha costretto artigiani e industriali a chiudere bottega. Discrimina i creditori: alcuni li paga, altri no e li fa sospirare.
Per esempio: versa regolarmente i compensi ai dipendenti, ai consulenti, agli onorevoli e ai senatori, dispensa contributi a fondo perduto, ma non salda le fatture relative a servizi e forniture che, secondo la legge, andrebbero liquidate entro 60 giorni.
Non è consentito dal codice privilegiare un creditore e penalizzarne un altro. Lo Stato se ne frega: chi fa le leggi è il primo a non rispettarle, ma pretende - a suon di sanzioni - che i cittadini le rispettino alla lettera.
Ecco perché abbiamo parlato di bancarotta fraudolenta. Ancora un esempio: i folli rimborsi elettorali ai partiti vengono versati sull'unghia, pronta cassa.
Viceversa le spettanze degli imprenditori sono congelate.
Perché? Lo Stato non ha soldi.
Non li ha per le aziende fornitrici, ma ne ha tanti per rimborsare ai partiti spese che non hanno neppure sostenuto, e per le quali non esiste l'obbligo di esibire alcun giustificativo.
Se oltre che a Berlino ci fosse un giudice anche a Roma, gli amministratori pubblici dovrebbero essere inquisiti e, volendo adottare nei loro confronti le stesse norme applicate rigorosamente ai titolari d'impresa, subire l'orrenda detenzione cautelare, cui si ricorre quando si tema la reiterazione del reato, l'inquinamento delle prove e la fuga dell'indagato.
Perché due pesi e due misure? Perché i ministri hanno licenza di commettere impunemente bancarotta fraudolenta mentre l'amministratore delegato di una società per azioni lo ammanettano immediatamente, poi si vedrà?
Un motivo ci sarà. Forse i «padroni» dei dicasteri, a differenza del ragionier Rossi, maneggiano i nostri quattrini, notoriamente considerati come quelli delle puttane.
http://www.ilgiornale.it/news/interni/904027.html
Dal Sabatini-Colletti
abbindolare
[ab-bin-do-là-re] v.tr. (abbìndolo ecc.) [sogg-v-arg]
• 1 Avvolgere il filo attorno al bindolo per fare il gomitolo
• 2 fig. Raggirare, ingannare qlcu.: quel negoziante vi ha abbindolati
• • sec. XVII
I migliori supporter della casta politica sono i giornalisti.
In periodi come questi, hanno grande successo in politica tutti coloro che sanno meglio abbindolare gli elettori.
Siamo sul giornale della famiglia Berlusconi e quindi questo esercizio quotidiano dell’abbindolamento dei merli è sviluppato all’ennesima potenza.
L’abilità del politico è quella di saper mixare nelle parti giuste piccole verità o mezze verità a bufale megagalattiche.
Questo triplice suicidio per Feltri è l’occasione giusta per darci dentro. Tanto che la semina dà i suoi buoni frutti. Infatti un suo lettore commenta così il suo articolo:
Lino1234
Sab, 06/04/2013 - 15:15
Feltri : i miei complimenti. Sei entusiasmante. Mandiamo i nostri vecchi politicanti ed alti funzionari di fronte al traghettatore "con occhi di bragia".... Saluti. Lino
Veramente il primo alto funzionario da mandare di fronte al traghettatore è il fratello del padrone del giornale su cui scrive la casta educanda Littorio Feltri.
Come non essere d’accordo con buona parte dell’intervento del vecchio giornalista bergamasco. Solo che Littorio dimentica un piccolo particolare. Quello che ha creato questa situazione dal 2001, con eccezione dell’intervallo 2006-2008, è il fratello del suo padrone. In concorso con altri, anche con il colpevole silenzio della ex sinistra e poi cosa informe chiamata Piddì.
Quelle morti pesano su di noi perché abbiamo dato il nostro sostegno a chi non se lo meritava. Ma la responsabilità maggiore la portano i politici e in seconda battuta i giornalisti, che confondono per conto dei politici le menti ai deboli e alla volte anche ai meno deboli.
***
Strage di Stato
Uomini e donne si tolgono la vita non solo per disperazione, ma anche per un eccesso di dignità. Preferiscono la morte al disonore di non poter fare fronte agli impegni col fisco
Vittorio Feltri - Sab, 06/04/2013 - 14:52
Ancora suicidi. Uomini e donne che si tolgono la vita: non solo per disperazione, ma anche per un eccesso di dignità. Preferiscono la morte al disonore di non poter fare fronte agli impegni coi fornitori e col fisco.
Già, il fisco. Si deve sapere che la pressione fiscale, nell'ultimo trimestre 2012, per effetto dell'Imu è salita al 52 per cento. I cittadini che riescono a sopportarla sono eroi, quelli che non ce la fanno scelgono il martirio, anzi, vi sono indotti.
Qualcuno in passato, avendo forse le idee annebbiate, disse incautamente che le «tasse sono belle».
Trascurò di precisare che semmai sono necessarie e, in una certa misura, giuste. Ma se superano il 50 per cento del reddito, molti cittadini si rivolgono a Caronte pur di non trattare con i funzionari di Iniquitalia. Significa che le imposte e la pena capitale sono sorelle.
Urge intervenire per ridurle entro limiti umani. A chi tocca farlo?
Agli amministratori della cosa pubblica, allo Stato, che non è un ente astratto, ma è rappresentato dai signori della politica eletti di volta in volta per guidarlo nell'interesse collettivo. È del tutto evidente che essi, almeno nell'ultimo trentennio, hanno fallito.
Ne conosciamo i volti e i nomi. Sono personaggi noti, alcuni stanno ancora lì a menare il torrone, lottano con accanimento per conservare il potere di dissanguarci. Lungi dal vergognarsi, si danno arie da grandi economisti, se la tirano da esperti di conti, concionano, litigano tra loro per accaparrarsi poltrone. Se invece di essere responsabili di ministeri lo fossero di aziende private, sarebbero a marcire in galera.
La nostra non è un'esagerazione ispirata al più vieto qualunquismo (di cui populismo è diventato un sinonimo). È una riflessione suggerita dalla realtà sotto gli occhi di ogni italiano. Qualsiasi impresa, piccina o grandissima, se ha il bilancio eternamente in passivo, se incassa meno di quanto spenda, e non ha i soldi per pagare i creditori, salta per aria, e il titolare porta i libri in tribunale e chiede il concordato. Se lo ottiene, dimostrando di avere i requisiti, se la cava (si fa per dire). Altrimenti il giudice dichiara fallimento, e spesso non finisce qui.
Talora scatta la bancarotta, un reato grave. Talaltra scatta di peggio: bancarotta fraudolenta, reato gravissimo punito con l'arresto e, quindi, il carcere.
Sarebbe il caso dello Stato. Il quale ha debiti per circa 100 miliardi con varie ditte. È insolvente da anni. Ha costretto artigiani e industriali a chiudere bottega. Discrimina i creditori: alcuni li paga, altri no e li fa sospirare.
Per esempio: versa regolarmente i compensi ai dipendenti, ai consulenti, agli onorevoli e ai senatori, dispensa contributi a fondo perduto, ma non salda le fatture relative a servizi e forniture che, secondo la legge, andrebbero liquidate entro 60 giorni.
Non è consentito dal codice privilegiare un creditore e penalizzarne un altro. Lo Stato se ne frega: chi fa le leggi è il primo a non rispettarle, ma pretende - a suon di sanzioni - che i cittadini le rispettino alla lettera.
Ecco perché abbiamo parlato di bancarotta fraudolenta. Ancora un esempio: i folli rimborsi elettorali ai partiti vengono versati sull'unghia, pronta cassa.
Viceversa le spettanze degli imprenditori sono congelate.
Perché? Lo Stato non ha soldi.
Non li ha per le aziende fornitrici, ma ne ha tanti per rimborsare ai partiti spese che non hanno neppure sostenuto, e per le quali non esiste l'obbligo di esibire alcun giustificativo.
Se oltre che a Berlino ci fosse un giudice anche a Roma, gli amministratori pubblici dovrebbero essere inquisiti e, volendo adottare nei loro confronti le stesse norme applicate rigorosamente ai titolari d'impresa, subire l'orrenda detenzione cautelare, cui si ricorre quando si tema la reiterazione del reato, l'inquinamento delle prove e la fuga dell'indagato.
Perché due pesi e due misure? Perché i ministri hanno licenza di commettere impunemente bancarotta fraudolenta mentre l'amministratore delegato di una società per azioni lo ammanettano immediatamente, poi si vedrà?
Un motivo ci sarà. Forse i «padroni» dei dicasteri, a differenza del ragionier Rossi, maneggiano i nostri quattrini, notoriamente considerati come quelli delle puttane.
http://www.ilgiornale.it/news/interni/904027.html
Re: Il dramma della nostra situazione
Ultimi per la spesa destinata alla cultura.
Penultimi (appena prima della Grecia) per spesa in istruzione.
Primi per pressione fiscale.
Quanto a protezione sociale e sanità, spenderemmo in rapporto al Pil più della Germania, ma con prestazioni nettamente inferiori.
IL RAPPORTO
Eurostat, l'Italia fanalino di coda
per la spesa destinata alla cultura
Il nostro Paese al penultimo posto (seguito solo dalla Grecia) per la percentuale di spesa in istruzione
L'Italia è all'ultimo posto in Europa per percentuale di spesa pubblica destinata alla cultura (1,1% a fronte del 2,2% dell'Ue a 27) e al penultimo posto, seguita solo dalla Grecia, per percentuale di spesa in istruzione (l'8,5% a fronte del 10,9% dell'Ue a 27). È quanto emerge da uno studio pubblicato da Eurostat che compara la spesa pubblica nel 2011.
SPESA SOCIALE - Secondo l'Istituto di statistica europeo in Italia è più alta la percentuale di spesa per i servizi pubblici generali (che comprendono gli interessi sul debito pubblico) con il 17,3% a fronte del 13,5% medio dell'Ue a 27 (in Grecia questa voce pesa per il 24,6% su tutta la spesa pubblica). La spesa per protezione sociale in Italia è invece ancora superiore a quella Ue a 27 con il 41% della spesa pubblica complessiva a fronte del 39,9%. La protezione sociale nel nostro Paese resta però sbilanciata su quella per le pensioni mentre arranca la spesa per coloro che perdono il lavoro, per la casa e l'esclusione sociale.
DIFESA E SANITA' - L'Italia spende il 3% della sua spesa pubblica per la difesa (in linea con l'Ue a 27) e il 4% per l'ordine pubblico (3,9% la media europea). Per la sanità pubblica il nostro Paese spende leggermente meno della media Ue a 27 (il 14,7% contro il 14,9%).
PIL - Nel complesso, scrive Eurostat, la spesa pubblica complessiva nel 2011 è stata pari al 49,1% del Pil. Tra il 2010 e il 2011 la spesa è diminuita per tutte le voci ad eccezione dei servizi pubblici generali cresciuti di molto a causa del peso degli interessi. Nel complesso protezione sociale e sanità concentrano quasi il 55% del totale della spesa pubblica. Se si guarda al Pil la spesa per sanità e protezione sociale è rimasta stabile al 25% del Pil dal 2002 al 2008 per poi saltare al 27,6% nel 2009 (a causa del calo del reddito). Nel 2011 era al 26,9% in calo rispetto al 27,4% del 2010. In Italia la percentuale sul Pil della spesa per sanità e protezione sociale è passata dal 23,9% del 2002 al 29,9% con un aumento di quattro punti percentuali. La percentuale è inferiore alla Francia (32,2%) ma superiore alla Germania (26,6%). Per la sola protezione sociale l'Italia ha speso nel 2011 il 20,5% del Pil (19,6% la media Ue a 27, il 20,2% l'Ue a 17) pari a 5.322 euro per abitante. In Danimarca per la protezione sociale si spende il 25,2% del Pil pari, grazie a un pil pro capite più alto, a 10.892 euro per abitante. In Germania, sempre per la protezione sociale, si spende il 19,6% del Pil, pari a 6.215 euro per abitante. In Francia si spende il 23,9% del PIl con 7.306 euro per abitante. Se invece si guarda solo alla cultura l'Italia con il suo 1,1% di spesa pubblica dedicata a questa voce è superata dalla Grecia (1,2%) e da tutti gli altri Paesi dell'Ue a 27 con la Germania all'1,8%, la Francia al 2,5% e il Regno Unito al 2,1%.
Redazione Online
06 aprile 2013 | 24:51
http://apps.facebook.com/corrieresocial ... 9b57.shtml
Penultimi (appena prima della Grecia) per spesa in istruzione.
Primi per pressione fiscale.
Quanto a protezione sociale e sanità, spenderemmo in rapporto al Pil più della Germania, ma con prestazioni nettamente inferiori.
IL RAPPORTO
Eurostat, l'Italia fanalino di coda
per la spesa destinata alla cultura
Il nostro Paese al penultimo posto (seguito solo dalla Grecia) per la percentuale di spesa in istruzione
L'Italia è all'ultimo posto in Europa per percentuale di spesa pubblica destinata alla cultura (1,1% a fronte del 2,2% dell'Ue a 27) e al penultimo posto, seguita solo dalla Grecia, per percentuale di spesa in istruzione (l'8,5% a fronte del 10,9% dell'Ue a 27). È quanto emerge da uno studio pubblicato da Eurostat che compara la spesa pubblica nel 2011.
SPESA SOCIALE - Secondo l'Istituto di statistica europeo in Italia è più alta la percentuale di spesa per i servizi pubblici generali (che comprendono gli interessi sul debito pubblico) con il 17,3% a fronte del 13,5% medio dell'Ue a 27 (in Grecia questa voce pesa per il 24,6% su tutta la spesa pubblica). La spesa per protezione sociale in Italia è invece ancora superiore a quella Ue a 27 con il 41% della spesa pubblica complessiva a fronte del 39,9%. La protezione sociale nel nostro Paese resta però sbilanciata su quella per le pensioni mentre arranca la spesa per coloro che perdono il lavoro, per la casa e l'esclusione sociale.
DIFESA E SANITA' - L'Italia spende il 3% della sua spesa pubblica per la difesa (in linea con l'Ue a 27) e il 4% per l'ordine pubblico (3,9% la media europea). Per la sanità pubblica il nostro Paese spende leggermente meno della media Ue a 27 (il 14,7% contro il 14,9%).
PIL - Nel complesso, scrive Eurostat, la spesa pubblica complessiva nel 2011 è stata pari al 49,1% del Pil. Tra il 2010 e il 2011 la spesa è diminuita per tutte le voci ad eccezione dei servizi pubblici generali cresciuti di molto a causa del peso degli interessi. Nel complesso protezione sociale e sanità concentrano quasi il 55% del totale della spesa pubblica. Se si guarda al Pil la spesa per sanità e protezione sociale è rimasta stabile al 25% del Pil dal 2002 al 2008 per poi saltare al 27,6% nel 2009 (a causa del calo del reddito). Nel 2011 era al 26,9% in calo rispetto al 27,4% del 2010. In Italia la percentuale sul Pil della spesa per sanità e protezione sociale è passata dal 23,9% del 2002 al 29,9% con un aumento di quattro punti percentuali. La percentuale è inferiore alla Francia (32,2%) ma superiore alla Germania (26,6%). Per la sola protezione sociale l'Italia ha speso nel 2011 il 20,5% del Pil (19,6% la media Ue a 27, il 20,2% l'Ue a 17) pari a 5.322 euro per abitante. In Danimarca per la protezione sociale si spende il 25,2% del Pil pari, grazie a un pil pro capite più alto, a 10.892 euro per abitante. In Germania, sempre per la protezione sociale, si spende il 19,6% del Pil, pari a 6.215 euro per abitante. In Francia si spende il 23,9% del PIl con 7.306 euro per abitante. Se invece si guarda solo alla cultura l'Italia con il suo 1,1% di spesa pubblica dedicata a questa voce è superata dalla Grecia (1,2%) e da tutti gli altri Paesi dell'Ue a 27 con la Germania all'1,8%, la Francia al 2,5% e il Regno Unito al 2,1%.
Redazione Online
06 aprile 2013 | 24:51
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Re: Il dramma della nostra situazione
La realtà schiaffeggia il potere
(Massimo Gramellini).
06/04/2013 di triskel182
Che per un attimo cali il silenzio sulle danze consumate intorno alle poltrone del potere. La realtà pulsa altrove e oggi urla. Oggi muore. Anna Maria Sopranzi e Romeo Dionisi erano una coppia intorno alla sessantina che tutti conoscevamo perché tutti ne abbiamo incontrata una al supermercato o in coda alla posta. Abitavano la vita con riservatezza, troppa riservatezza. E con dignità, troppa dignità per un mondo di vittimisti e di pagliacci.
Il signor Dionisi era un muratore di Civitanova Marche che a sessantatré anni era stato lasciato a casa dalla ditta, ma dopo una vita coi calli alle mani non riusciva ancora ad andare in pensione. Cercava lavoro e ne raccattava soltanto briciole, mezze giornate a spezzarsi la schiena per una manciata di euro in nero. Andava bene tutto, pur di onorare il debito con l’Inps per i contributi obbligatori che avrebbero dovuto consentirgli di traghettare le sue ossa stanche sulla riva della pensione. Nel frattempo lui e la moglie Anna Maria tiravano avanti con quella di lei: meno di 500 euro al mese.
Ma quel debito era diventato un’ossessione che toglieva il respiro a entrambi. La paura, questo mostro che ti sale dalla pancia e ti conquista i pensieri fino a sottometterli, aveva trasformato la vecchiaia serena di un uomo e di una donna perbene in un inferno zoppicante sull’orlo della depressione. Ancora l’altro giorno il presidente del consiglio comunale di Civitanova, che abita nello stesso condominio, ha consigliato al signor Dionisi di rivolgersi ai servizi sociali, ma l’orgoglio e la dignità di una vita intera hanno impedito a quella coppia in disgrazia di rendere pubblico il proprio disagio. Nella rovina economica c’è sempre una componente di vergogna che si allea con la solitudine nell’annerire scenari già cupi. Così Romeo e Anna Maria hanno preso l’ultima decisione. Riservati e dignitosi fino alla fine, hanno scritto un biglietto di scuse e lo hanno appoggiato sul cruscotto dell’utilitaria di un’amica. «Guarda nello sgabuzzino». E nello sgabuzzino l’amica ha trovato i loro corpi appesi al soffitto. Ah, come vorrei che l’ombra – solo l’ombra – di quell’immagine venisse proiettata nelle stanze del potere, quasi un pendolo che detti il tempo a chi deve cambiare le leggi e non lo fa, a chi deve dare risposte ai deboli e non le dà, a chi deve trovare parole nuove e non ne ha, ma proprio per questo continua a usare solo quelle vecchie, intrise di caos. Come vorrei che quell’immagine diventasse il loro tormento, il loro fantasma di Banquo, mentre si accingono a celebrare i loro incomprensibili riti. Invece purtroppo l’ha vista il fratello di Anna Maria, un altro anziano solo e impaurito, che è scappato dalla scena del suicidio per correre al molo ad affogarsi, completando con un tuffo nel blu questa carneficina familiare e nazionale.
Non c’è più niente da dire. Niente. Soltanto un avvertimento alla politica, che ha già cominciato ad agitare i morti di Civitanova come miccia della prossima polemica. Che non si azzardi a utilizzarli per i suoi scopi di fazione. Il signor Romeo Dionisi, la signora Anna Maria Sopranzi e il signor Giuseppe Sopranzi non appartengono al mondo dei giocatori del potere, ma all’immensa tribù degli italiani normali che hanno lavorato una vita e che in questo Titanic di popolo hanno maturato una sorta di prelazione, un sacrosanto diritto di essere salvati per primi. In fretta. Prima che arrivino altri biglietti sul cruscotto, altri drammi inaccettabili, altri articoli dolorosamente inutili come questo.
Da La Stampa del 06/04/2013.
(Massimo Gramellini).
06/04/2013 di triskel182
Che per un attimo cali il silenzio sulle danze consumate intorno alle poltrone del potere. La realtà pulsa altrove e oggi urla. Oggi muore. Anna Maria Sopranzi e Romeo Dionisi erano una coppia intorno alla sessantina che tutti conoscevamo perché tutti ne abbiamo incontrata una al supermercato o in coda alla posta. Abitavano la vita con riservatezza, troppa riservatezza. E con dignità, troppa dignità per un mondo di vittimisti e di pagliacci.
Il signor Dionisi era un muratore di Civitanova Marche che a sessantatré anni era stato lasciato a casa dalla ditta, ma dopo una vita coi calli alle mani non riusciva ancora ad andare in pensione. Cercava lavoro e ne raccattava soltanto briciole, mezze giornate a spezzarsi la schiena per una manciata di euro in nero. Andava bene tutto, pur di onorare il debito con l’Inps per i contributi obbligatori che avrebbero dovuto consentirgli di traghettare le sue ossa stanche sulla riva della pensione. Nel frattempo lui e la moglie Anna Maria tiravano avanti con quella di lei: meno di 500 euro al mese.
Ma quel debito era diventato un’ossessione che toglieva il respiro a entrambi. La paura, questo mostro che ti sale dalla pancia e ti conquista i pensieri fino a sottometterli, aveva trasformato la vecchiaia serena di un uomo e di una donna perbene in un inferno zoppicante sull’orlo della depressione. Ancora l’altro giorno il presidente del consiglio comunale di Civitanova, che abita nello stesso condominio, ha consigliato al signor Dionisi di rivolgersi ai servizi sociali, ma l’orgoglio e la dignità di una vita intera hanno impedito a quella coppia in disgrazia di rendere pubblico il proprio disagio. Nella rovina economica c’è sempre una componente di vergogna che si allea con la solitudine nell’annerire scenari già cupi. Così Romeo e Anna Maria hanno preso l’ultima decisione. Riservati e dignitosi fino alla fine, hanno scritto un biglietto di scuse e lo hanno appoggiato sul cruscotto dell’utilitaria di un’amica. «Guarda nello sgabuzzino». E nello sgabuzzino l’amica ha trovato i loro corpi appesi al soffitto. Ah, come vorrei che l’ombra – solo l’ombra – di quell’immagine venisse proiettata nelle stanze del potere, quasi un pendolo che detti il tempo a chi deve cambiare le leggi e non lo fa, a chi deve dare risposte ai deboli e non le dà, a chi deve trovare parole nuove e non ne ha, ma proprio per questo continua a usare solo quelle vecchie, intrise di caos. Come vorrei che quell’immagine diventasse il loro tormento, il loro fantasma di Banquo, mentre si accingono a celebrare i loro incomprensibili riti. Invece purtroppo l’ha vista il fratello di Anna Maria, un altro anziano solo e impaurito, che è scappato dalla scena del suicidio per correre al molo ad affogarsi, completando con un tuffo nel blu questa carneficina familiare e nazionale.
Non c’è più niente da dire. Niente. Soltanto un avvertimento alla politica, che ha già cominciato ad agitare i morti di Civitanova come miccia della prossima polemica. Che non si azzardi a utilizzarli per i suoi scopi di fazione. Il signor Romeo Dionisi, la signora Anna Maria Sopranzi e il signor Giuseppe Sopranzi non appartengono al mondo dei giocatori del potere, ma all’immensa tribù degli italiani normali che hanno lavorato una vita e che in questo Titanic di popolo hanno maturato una sorta di prelazione, un sacrosanto diritto di essere salvati per primi. In fretta. Prima che arrivino altri biglietti sul cruscotto, altri drammi inaccettabili, altri articoli dolorosamente inutili come questo.
Da La Stampa del 06/04/2013.
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