La polemica
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La polemica
Voto segreto o voto palese? - 1
Sì, sono un trasparentista.
31/10/2013 di triskel182
«La trasparenza porta a una nuova forma di fascismo, moderno e diverso», dice Claudio Velardi; e poi: «La trasparenza la vogliono i khomeinisti, i pasdaran»; infine, sui famosi 101 del Pd che segretamente impallinarono Prodi: «Hanno semplicemente espresso una loro posizione politica legittima».
Non credo di essere un ‘khomeinista’ o un ‘pasdaran’, ma sono convinto che Velardi sia molto sulla strada sbagliata.
Così come secondo me lo è anche il mio amico e collega Tommaso Cerno, che nel suo blog conia il termine “trasparentismo”: suppongo in senso non propriamente elogiativo, così come “giustizialista” viene talvolta definito chi ritiene che la legge debba essere uguale per tutti.
Quello che è successo ieri al Senato, al netto delle polemiche sul regolamento e sulla sua presunta applicazione contra personam, è stata l’irruzione nel Palazzo della politica di un sentiment che dopo l’avvento di Internet si è sviluppato in tutto il mondo, trasformando le democrazie.
Si è diffusa cioè l’idea cioè che la rappresentanza, anziché restare rinchiusa nella delega in bianco che ogni cinque anni facciamo con una croce sulla scheda, si debba declinare nel corso di tutta la legislatura.
Questo può avvenire in vario modo: il confronto continuo con gli eletti, le piattaforme di e-democracy, gli appelli, i retrieval, i monitoraggi e i database tipo Openparlamento etc etc.
In altre parole, una cittadinanza avvertita e ‘maggiorenne’ vuole in qualche modo continuare a esserci, a controllare, a contare qualcosa, anche dopo aver fatto la croce sulla scheda.
Io ritengo questa evoluzione positiva: non siamo più gregge sordomuto, ecchecazzo.
Ma la precondizione di tutto questo – cioè dell’accorciamento della distanza tra rappresentante e rappresentato – è che il rappresentato sappia che cosa fa nel Palazzo il suo rappresentante.
Il voto segreto, in ogni occasione, taglia le gambe all’origine a qualsiasi ipotesi di controllo del delegato, dato che il delegante ignora come il delegato voti.
A volte, il delegato ancora se ne frega o cerca di fregarsene. Come nel caso dei 101, ad esempio, ma è solo il più famoso.
Che cosa succede a quel punto? Esplode una rabbiosa sfiducia non solo verso il delegato che se n’è fregato, ma verso tutto il sistema democratico che gli ha consentito di fregarsene.
In altre parole, la democrazia rappresentativa, non essendo più percepita come davvero rappresentativa, traballa alla fondamenta.
Sicché prendono quota altre forme di possibile democrazia, tutte da verificare o semplicemente paurose: quella diretta ed elettronica, ad esempio; ma anche quella carismatica, mediatica, personalista: che apre – questa sì – la strada verso forme di moderno autoritarismo.
====================================================
È quasi meccanico, del resto: se ci si sente truffati dalle dinamiche della democrazia parlamentare, si guarda altrove e magari ci si rifugia nel leader salvifico. Che è un uomo solo al comando (pessima soluzione) ma almeno si sa quello che sta facendo.
====================================================
Detta diversamente: la trasparenza assoluta dei rappresentanti oggi è l’unica speranza per chi crede nella democrazia rappresentativa; chi invece ritiene che sia da preservare il segreto sull’operato dei delegati, alla democrazia rappresentativa prepara i funerali.
E quando Velardi dice che i senatori di Pd, M5S, Sel e Scelta Civica ieri «non hanno capito che dopo Berlusconi toccherà a loro», beh, io lo prendo come un auspicio.
A proposito, ve lo ricordate il grande Giorgio Gaber, quando cantava questa canzone? Ecco, lui aveva già capito tutto, ancora prima di Internet.
La matita ogni cinque anni è stata una bella conquista, ma non ci basta più.
http://gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it/
Da gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it
Sì, sono un trasparentista.
31/10/2013 di triskel182
«La trasparenza porta a una nuova forma di fascismo, moderno e diverso», dice Claudio Velardi; e poi: «La trasparenza la vogliono i khomeinisti, i pasdaran»; infine, sui famosi 101 del Pd che segretamente impallinarono Prodi: «Hanno semplicemente espresso una loro posizione politica legittima».
Non credo di essere un ‘khomeinista’ o un ‘pasdaran’, ma sono convinto che Velardi sia molto sulla strada sbagliata.
Così come secondo me lo è anche il mio amico e collega Tommaso Cerno, che nel suo blog conia il termine “trasparentismo”: suppongo in senso non propriamente elogiativo, così come “giustizialista” viene talvolta definito chi ritiene che la legge debba essere uguale per tutti.
Quello che è successo ieri al Senato, al netto delle polemiche sul regolamento e sulla sua presunta applicazione contra personam, è stata l’irruzione nel Palazzo della politica di un sentiment che dopo l’avvento di Internet si è sviluppato in tutto il mondo, trasformando le democrazie.
Si è diffusa cioè l’idea cioè che la rappresentanza, anziché restare rinchiusa nella delega in bianco che ogni cinque anni facciamo con una croce sulla scheda, si debba declinare nel corso di tutta la legislatura.
Questo può avvenire in vario modo: il confronto continuo con gli eletti, le piattaforme di e-democracy, gli appelli, i retrieval, i monitoraggi e i database tipo Openparlamento etc etc.
In altre parole, una cittadinanza avvertita e ‘maggiorenne’ vuole in qualche modo continuare a esserci, a controllare, a contare qualcosa, anche dopo aver fatto la croce sulla scheda.
Io ritengo questa evoluzione positiva: non siamo più gregge sordomuto, ecchecazzo.
Ma la precondizione di tutto questo – cioè dell’accorciamento della distanza tra rappresentante e rappresentato – è che il rappresentato sappia che cosa fa nel Palazzo il suo rappresentante.
Il voto segreto, in ogni occasione, taglia le gambe all’origine a qualsiasi ipotesi di controllo del delegato, dato che il delegante ignora come il delegato voti.
A volte, il delegato ancora se ne frega o cerca di fregarsene. Come nel caso dei 101, ad esempio, ma è solo il più famoso.
Che cosa succede a quel punto? Esplode una rabbiosa sfiducia non solo verso il delegato che se n’è fregato, ma verso tutto il sistema democratico che gli ha consentito di fregarsene.
In altre parole, la democrazia rappresentativa, non essendo più percepita come davvero rappresentativa, traballa alla fondamenta.
Sicché prendono quota altre forme di possibile democrazia, tutte da verificare o semplicemente paurose: quella diretta ed elettronica, ad esempio; ma anche quella carismatica, mediatica, personalista: che apre – questa sì – la strada verso forme di moderno autoritarismo.
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È quasi meccanico, del resto: se ci si sente truffati dalle dinamiche della democrazia parlamentare, si guarda altrove e magari ci si rifugia nel leader salvifico. Che è un uomo solo al comando (pessima soluzione) ma almeno si sa quello che sta facendo.
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Detta diversamente: la trasparenza assoluta dei rappresentanti oggi è l’unica speranza per chi crede nella democrazia rappresentativa; chi invece ritiene che sia da preservare il segreto sull’operato dei delegati, alla democrazia rappresentativa prepara i funerali.
E quando Velardi dice che i senatori di Pd, M5S, Sel e Scelta Civica ieri «non hanno capito che dopo Berlusconi toccherà a loro», beh, io lo prendo come un auspicio.
A proposito, ve lo ricordate il grande Giorgio Gaber, quando cantava questa canzone? Ecco, lui aveva già capito tutto, ancora prima di Internet.
La matita ogni cinque anni è stata una bella conquista, ma non ci basta più.
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Ultima modifica di camillobenso il 01/11/2013, 1:03, modificato 1 volta in totale.
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Re: La polemica
Definizioni
Democrazia rappresentativa
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
La democrazia rappresentativa è una forma di governo nella quale gli aventi diritto al voto eleggono dei rappresentanti per essere governati (in contrapposizione alla democrazia diretta).
Sono democrazie rappresentative le democrazie in cui è presente un Parlamento o più in generale un'assemblea legislativa.
Le democrazie rappresentative si distinguono in democrazie parlamentari, se il parlamento ha i più ampi poteri (a partire dalla fiducia obbligatoria all'esecutivo) oppure presidenziali o semipresidenziali se il presidente della repubblica o il capo dello stato ha poteri abbastanza estesi da essere concorrenziali a quelli dell'assemblea legislativa.
Sono forme di democrazie rappresentative anche le monarchie costituzionali e le monarchie parlamentari.
Democrazia rappresentativa
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
La democrazia rappresentativa è una forma di governo nella quale gli aventi diritto al voto eleggono dei rappresentanti per essere governati (in contrapposizione alla democrazia diretta).
Sono democrazie rappresentative le democrazie in cui è presente un Parlamento o più in generale un'assemblea legislativa.
Le democrazie rappresentative si distinguono in democrazie parlamentari, se il parlamento ha i più ampi poteri (a partire dalla fiducia obbligatoria all'esecutivo) oppure presidenziali o semipresidenziali se il presidente della repubblica o il capo dello stato ha poteri abbastanza estesi da essere concorrenziali a quelli dell'assemblea legislativa.
Sono forme di democrazie rappresentative anche le monarchie costituzionali e le monarchie parlamentari.
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Re: La polemica
Dr. Jekyll e Mr. Hyde - 1
Claudio Velardi
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Claudio Velardi (Napoli, 25 ottobre 1954) è un imprenditore, editore e politico italiano.
Esponente prima del PCI, poi del PDS e poi dei DS, fino alla primavera del 2000 fu uno dei consiglieri più stretti dell'allorapresidente del Consiglio dei ministri Massimo D'Alema.
Attività politica
Già dirigente politico del Partito Comunista Italiano (dal 1986 al 1990 è segretario regionale dell'allora PCI della Basilicata), nell'XI Legislatura è il capo ufficio stampa del gruppo parlamentare del Partito Democratico della Sinistra.
Nell'estate del 1994, con l'elezione di D'Alema alla carica di segretario del PDS,
Velardi è chiamato dal nuovo segretario a guidare il suo ufficio.
Antonio Bassolino, nell'ottobre del 1995, lo chiama a ricoprire la carica di assessore alla cultura della città di Napoli, ma durerà soltanto un mese.
Nell'ottobre 1998, a seguito della mancata soluzione della crisi del primo governo Prodi, "segue" D'Alema a palazzo Chigi.
Claudio Velardi
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Claudio Velardi (Napoli, 25 ottobre 1954) è un imprenditore, editore e politico italiano.
Esponente prima del PCI, poi del PDS e poi dei DS, fino alla primavera del 2000 fu uno dei consiglieri più stretti dell'allorapresidente del Consiglio dei ministri Massimo D'Alema.
Attività politica
Già dirigente politico del Partito Comunista Italiano (dal 1986 al 1990 è segretario regionale dell'allora PCI della Basilicata), nell'XI Legislatura è il capo ufficio stampa del gruppo parlamentare del Partito Democratico della Sinistra.
Nell'estate del 1994, con l'elezione di D'Alema alla carica di segretario del PDS,
Velardi è chiamato dal nuovo segretario a guidare il suo ufficio.
Antonio Bassolino, nell'ottobre del 1995, lo chiama a ricoprire la carica di assessore alla cultura della città di Napoli, ma durerà soltanto un mese.
Nell'ottobre 1998, a seguito della mancata soluzione della crisi del primo governo Prodi, "segue" D'Alema a palazzo Chigi.
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Re: La polemica
Dr. Jekyll e Mr. Hyde - 2
INTERVISTA
Decadenza Berlusconi, Velardi: il voto palese è un moderno fascismo
Velardi: «Assurda la scelta della Giunta». Poi attacca i democrat: «Fascisti, svendono la democrazia».
di Giovanna Faggionato
A fine Anni 90, sedeva a Palazzo Chigi a sussurrare nell'orecchio dell'allora primo ministro Massimo D'Alema. All'epoca Claudio Velardi, dirigente del Pci-Pds-Ds, con il primo premier ex comunista elaborava strategie, offriva consigli, condivideva obiettivi.
Oggi, invece, da docente di Lobbying e comunicazione politica alla Luiss di Roma e animatore del sito TheFrontpage con Fabrizio Rondolino, l'ex militante e segretario regionale del Pci guarda ai palazzi della Repubblica da lontano.
E trabocca indignazione per il voto palese sulla decadenza del Cavaliere: «È una vergogna antidemocratica», ha cinguettato su Twitter.
E sul Pd sputa veleno: «Sono anime disperse, senza principi». Un partito destinato alla sventura, secondo Velardi.
Dopo il travaglio in Giunta al Senato «il Pd farà una figura barbina, penosa», prevede sdegnato, «Grillo sarà ancora più forte e la democrazia italiana ancora più malata. Che Paese del c....».
Claudio Velardi.
Domanda. Perché il voto palese è una vergogna antidemocratica?
Risposta. Perché la regola era chiara. E non si capisce perché bisognava cambiare quella esistente. O forse sì.
D. Che intende?
R. Questa fretta di passare al voto palese è dovuta a due cose.
D. Quali?
R. Una è la paura che i deputati non facciano quello che chiedono le segreterie di partito. E questo è contrario alla Costituzione.
D. E l'altra?
R. L'altra è farsi trascinare da Grillo e dare ancora una volta al leader M5s le redini di questa pericolante democrazia italiana. È una cosa che mi sdegna.
D. Non è la prima volta che la sinistra la delude.
R. La sinistra, in particolare il Pd, evidentemente ha paura delle sue stesse opinioni. Temono che i deputati possano esprimere liberamente il loro pensiero.
D. Crede che senza voto palese qualche piddino avrebbe votato a favore del Cav?
R. No, naturalmente sono convinto che i deputati del Pd avrebbero scelto per la decadenza anche col voto segreto. Ma la debolezza del partito è tale da spingere a queste posizioni decisamente poco democratiche. Per me la trasparenza è fascismo, ha sempre condotto alle peggiori derive antidemocratiche.
D. In che senso la trasparenza è fascismo?
R. La trasparenza porta a una nuova forma di fascismo, moderno e diverso. Cose come «intercettateci tutti» fanno schifo. La libertà è un'altra cosa.
D. Cosa è?
R. La libertà è il presidio della propria libertà, è la sacralità di ogni individuo. La privacy è una conquista fondamentale.
D. Ma la privacy ha a che fare con il voto in Giunta?
R. La privacy è anche la piena autonomia dei parlamentari e del mandato che ricevono dagli elettori, tanto è vero che questo mandato è presidiato dalla Costituzione e dalla possibilità del voto segreto su alcune questioni.
D. Ma se lei è così sicuro che i deputati del Pd votino a favore della decadenza, perché si indigna tanto?
R. Mi indigna per un motivo morale. In questo Paese l'etica non esiste. Solo per questo motivo mi arrabbio. A me, sia chiaro, non frega niente di Berlusconi. Mi interessa solo la moralità della nostra democrazia.
D. Secondo lei sono morali i 101 che hanno affossato Romano Prodi nel segreto dell'urna?
R. Ma questo cosa c'entra? Come sono state le elezioni del presidente della Repubblica negli ultimi 50 anni? È andata sempre così. Ogni parlamentare dice la sua. E quei 101 hanno semplicemente espresso una loro posizione politica legittima.
D. Forse il Pd aveva paura di altri franchi tiratori.
R. Io pongo un problema etico-morale. Un problema di tenuta della nostra democrazia, della democrazia formale e rappresentativa. Un problema che riguarda la nostra civiltà, la civiltà occidentale.
D. Addirittura?
R. La trasparenza la vogliono i khomeinisti, i pasdaran.
D. Secondo lei il Pd sta diventando un partito di pasdaran?
R. Ma no, è un partito di povere anime disperse. Figuriamoci se si pone problemi di morale. Non sanno a che santo votarsi. Non hanno principi, non hanno riferimenti.
D. Quindi?
R. Quindi sono disposti a svendere un principio al primo stormir di fronde. In questo Paese, non solo nel Pd, non ci sono più principi.
D. Sa che qualcuno la accuserà di voler coprire un inciucio.
R. Io sono un cittadino normale. Non me ne frega niente di niente se qualcuno lo pensa. Qui è una questione di regole.
D. Chi si schiera per la votazione palese, però, spiega che non è un voto sulla persona, ma che riguarda il Senato. C'è infatti un altro senatore coinvolto e quindi si applica il voto palese.
R. Sono semplicemente in malafede. In malafede. Tanto che devono modificare le regole esistenti per andare al voto palese.
D. Hanno interpretato il regolamento. Ora cosa si aspetta?
R. Il Pd farà una figura barbina. Grillo sarà ancora più forte e la democrazia italiana più malata. Berlusconi è l'ultimo dei problemi. Chissenefrega di Berlusconi. Stiamo ancora a perdere tempo con Berlusconi.
Mercoledì, 30 Ottobre 2013
INTERVISTA
Decadenza Berlusconi, Velardi: il voto palese è un moderno fascismo
Velardi: «Assurda la scelta della Giunta». Poi attacca i democrat: «Fascisti, svendono la democrazia».
di Giovanna Faggionato
A fine Anni 90, sedeva a Palazzo Chigi a sussurrare nell'orecchio dell'allora primo ministro Massimo D'Alema. All'epoca Claudio Velardi, dirigente del Pci-Pds-Ds, con il primo premier ex comunista elaborava strategie, offriva consigli, condivideva obiettivi.
Oggi, invece, da docente di Lobbying e comunicazione politica alla Luiss di Roma e animatore del sito TheFrontpage con Fabrizio Rondolino, l'ex militante e segretario regionale del Pci guarda ai palazzi della Repubblica da lontano.
E trabocca indignazione per il voto palese sulla decadenza del Cavaliere: «È una vergogna antidemocratica», ha cinguettato su Twitter.
E sul Pd sputa veleno: «Sono anime disperse, senza principi». Un partito destinato alla sventura, secondo Velardi.
Dopo il travaglio in Giunta al Senato «il Pd farà una figura barbina, penosa», prevede sdegnato, «Grillo sarà ancora più forte e la democrazia italiana ancora più malata. Che Paese del c....».
Claudio Velardi.
Domanda. Perché il voto palese è una vergogna antidemocratica?
Risposta. Perché la regola era chiara. E non si capisce perché bisognava cambiare quella esistente. O forse sì.
D. Che intende?
R. Questa fretta di passare al voto palese è dovuta a due cose.
D. Quali?
R. Una è la paura che i deputati non facciano quello che chiedono le segreterie di partito. E questo è contrario alla Costituzione.
D. E l'altra?
R. L'altra è farsi trascinare da Grillo e dare ancora una volta al leader M5s le redini di questa pericolante democrazia italiana. È una cosa che mi sdegna.
D. Non è la prima volta che la sinistra la delude.
R. La sinistra, in particolare il Pd, evidentemente ha paura delle sue stesse opinioni. Temono che i deputati possano esprimere liberamente il loro pensiero.
D. Crede che senza voto palese qualche piddino avrebbe votato a favore del Cav?
R. No, naturalmente sono convinto che i deputati del Pd avrebbero scelto per la decadenza anche col voto segreto. Ma la debolezza del partito è tale da spingere a queste posizioni decisamente poco democratiche. Per me la trasparenza è fascismo, ha sempre condotto alle peggiori derive antidemocratiche.
D. In che senso la trasparenza è fascismo?
R. La trasparenza porta a una nuova forma di fascismo, moderno e diverso. Cose come «intercettateci tutti» fanno schifo. La libertà è un'altra cosa.
D. Cosa è?
R. La libertà è il presidio della propria libertà, è la sacralità di ogni individuo. La privacy è una conquista fondamentale.
D. Ma la privacy ha a che fare con il voto in Giunta?
R. La privacy è anche la piena autonomia dei parlamentari e del mandato che ricevono dagli elettori, tanto è vero che questo mandato è presidiato dalla Costituzione e dalla possibilità del voto segreto su alcune questioni.
D. Ma se lei è così sicuro che i deputati del Pd votino a favore della decadenza, perché si indigna tanto?
R. Mi indigna per un motivo morale. In questo Paese l'etica non esiste. Solo per questo motivo mi arrabbio. A me, sia chiaro, non frega niente di Berlusconi. Mi interessa solo la moralità della nostra democrazia.
D. Secondo lei sono morali i 101 che hanno affossato Romano Prodi nel segreto dell'urna?
R. Ma questo cosa c'entra? Come sono state le elezioni del presidente della Repubblica negli ultimi 50 anni? È andata sempre così. Ogni parlamentare dice la sua. E quei 101 hanno semplicemente espresso una loro posizione politica legittima.
D. Forse il Pd aveva paura di altri franchi tiratori.
R. Io pongo un problema etico-morale. Un problema di tenuta della nostra democrazia, della democrazia formale e rappresentativa. Un problema che riguarda la nostra civiltà, la civiltà occidentale.
D. Addirittura?
R. La trasparenza la vogliono i khomeinisti, i pasdaran.
D. Secondo lei il Pd sta diventando un partito di pasdaran?
R. Ma no, è un partito di povere anime disperse. Figuriamoci se si pone problemi di morale. Non sanno a che santo votarsi. Non hanno principi, non hanno riferimenti.
D. Quindi?
R. Quindi sono disposti a svendere un principio al primo stormir di fronde. In questo Paese, non solo nel Pd, non ci sono più principi.
D. Sa che qualcuno la accuserà di voler coprire un inciucio.
R. Io sono un cittadino normale. Non me ne frega niente di niente se qualcuno lo pensa. Qui è una questione di regole.
D. Chi si schiera per la votazione palese, però, spiega che non è un voto sulla persona, ma che riguarda il Senato. C'è infatti un altro senatore coinvolto e quindi si applica il voto palese.
R. Sono semplicemente in malafede. In malafede. Tanto che devono modificare le regole esistenti per andare al voto palese.
D. Hanno interpretato il regolamento. Ora cosa si aspetta?
R. Il Pd farà una figura barbina. Grillo sarà ancora più forte e la democrazia italiana più malata. Berlusconi è l'ultimo dei problemi. Chissenefrega di Berlusconi. Stiamo ancora a perdere tempo con Berlusconi.
Mercoledì, 30 Ottobre 2013
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Re: La polemica
Ma quanti sono i khomeinisti, e i pasdaran in Italia ?
Non ricordo, nell’ultimo mezzo secolo, di aver incontrato italiani che non privilegiassero la trasparenza, soprattutto, nei riguardi del governo e della PA.
Ad eccezione dei soliti maneggioni che si individuavano subito a mezzo miglio di distanza.
Immagino il loro stupore alla notifica, che è anche il mio, nel sentirsi arruolati d’ufficio nel regio esercito dei khomeinisti e i pasdaran. Un po’ come per Scajola che non sapeva chi gli avesse regalato la casa al Colosseo.
Dove vuole arrivare quella vecchia volpe napoletana, in passato targata Pci,Pds, Ds, poi consigliere con quella lenza di Rondolino del duca conte Dalemoni quando steva a Palazzo Chigi, ...infine diventato spin doctor del candidato sindaco Gianni Lettieri a Napoli?
1. Pdl, Velardi spin doctor del candidato sindaco - Il Denaro
denaro.it/blog/2011/03/.../pdl-velardi-spin-doctor-del-candidato-sindaco/
o
25/mar/2011 - Claudio Velardi è il nuovo responsabile della campagna elettorale di Gianni Lettieri. ... Pdl, Velardi spin doctor del candidato sindaco. Di.
Un autentico precursore delle larghe intese???
Non ricordo, nell’ultimo mezzo secolo, di aver incontrato italiani che non privilegiassero la trasparenza, soprattutto, nei riguardi del governo e della PA.
Ad eccezione dei soliti maneggioni che si individuavano subito a mezzo miglio di distanza.
Immagino il loro stupore alla notifica, che è anche il mio, nel sentirsi arruolati d’ufficio nel regio esercito dei khomeinisti e i pasdaran. Un po’ come per Scajola che non sapeva chi gli avesse regalato la casa al Colosseo.
Dove vuole arrivare quella vecchia volpe napoletana, in passato targata Pci,Pds, Ds, poi consigliere con quella lenza di Rondolino del duca conte Dalemoni quando steva a Palazzo Chigi, ...infine diventato spin doctor del candidato sindaco Gianni Lettieri a Napoli?
1. Pdl, Velardi spin doctor del candidato sindaco - Il Denaro
denaro.it/blog/2011/03/.../pdl-velardi-spin-doctor-del-candidato-sindaco/
o
25/mar/2011 - Claudio Velardi è il nuovo responsabile della campagna elettorale di Gianni Lettieri. ... Pdl, Velardi spin doctor del candidato sindaco. Di.
Un autentico precursore delle larghe intese???
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Re: La polemica
Napolitano: "Clima politico avvelenato"
E il Pdl: "Allora non resti a guardare"
Botta e risposta a distanza. Il capo dello Stato bacchetta la politica e il Pdl gli rinfaccia le sue responsabilità
^^^^^^^^^^^
Bondi contro Napolitano: "Non ha fatto nulla per pacificare il clima"
Durante l'incontro col Papa, Napolitano accusa la politica: "Nel Paese c'è un clima avvelenato". La replica di Bondi: "Il Colle non ha fatto nulla stemperare le esasperazioni". E Brunetta rilancia: "Operi per la concordia"
Franco Grilli - Gio, 14/11/2013 - 22:21
"Sono d’accordo con Napolitano quando sostiene che in Italia prevale un clima politico avvelenato, ma sono dell’opinione che non abbia fatto nulla per stemperare le esasperazioni e per pacificare davvero la vita politica italiana".
Che poi ha aggiunto: "Era l’unico che poteva farlo, sia per la sua coscienza storica dei problemi dell’Italia sia per le prerogative di cui dispone". Il senatore del Pd si è recato a pranzo a Palazzo Graziali per parlare con Silvio Berlusconi. All'incontro erano presenti anche il capofila dei lealisti Raffaele Fitto, Denis Verdini, il senatore Maurizio Gasparri, e poi successivamente hanno varcato il portone di Palazzo Grazioli Gianni Letta, Daniela Santanchè e Altero Matteoli.
"Il Presidente Napolitano ha descritto al Papa il clima destabilizzante e avvelenato che domina l’Italia. Lo ha fatto parlando quasi da spettatore rassegnato. Io credo che invece il Capo dello Stato ha la responsabilità istituzionale, le risorse e l’energia per fare molto, in prima persona, per dare stabilità e contrastare i veleni nella vita pubblica", ha rincarato la dose Renato Brunetta. Il presidente dei deputati Pdl, in una nota, ha aggiunto che il capo dello Stato "non è, e lo ha sempre dimostrato, una comparsa impotente e marginale della nostra scena, ma un protagonista. Il mio appello è che non si consegni al pessimismo, non sottovaluti il peso delle sue scelte nella bilancia della storia, e faccia proprio, lo dico con l’ammirazione di un non credente, l’invito di Papa Francesco a operare per la creativita e la concordia necessarie al suo, cioè dell’Italia, armonioso sviluppo".
http://www.ilgiornale.it/news/interni/b ... 67307.html
E il Pdl: "Allora non resti a guardare"
Botta e risposta a distanza. Il capo dello Stato bacchetta la politica e il Pdl gli rinfaccia le sue responsabilità
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Bondi contro Napolitano: "Non ha fatto nulla per pacificare il clima"
Durante l'incontro col Papa, Napolitano accusa la politica: "Nel Paese c'è un clima avvelenato". La replica di Bondi: "Il Colle non ha fatto nulla stemperare le esasperazioni". E Brunetta rilancia: "Operi per la concordia"
Franco Grilli - Gio, 14/11/2013 - 22:21
"Sono d’accordo con Napolitano quando sostiene che in Italia prevale un clima politico avvelenato, ma sono dell’opinione che non abbia fatto nulla per stemperare le esasperazioni e per pacificare davvero la vita politica italiana".
Che poi ha aggiunto: "Era l’unico che poteva farlo, sia per la sua coscienza storica dei problemi dell’Italia sia per le prerogative di cui dispone". Il senatore del Pd si è recato a pranzo a Palazzo Graziali per parlare con Silvio Berlusconi. All'incontro erano presenti anche il capofila dei lealisti Raffaele Fitto, Denis Verdini, il senatore Maurizio Gasparri, e poi successivamente hanno varcato il portone di Palazzo Grazioli Gianni Letta, Daniela Santanchè e Altero Matteoli.
"Il Presidente Napolitano ha descritto al Papa il clima destabilizzante e avvelenato che domina l’Italia. Lo ha fatto parlando quasi da spettatore rassegnato. Io credo che invece il Capo dello Stato ha la responsabilità istituzionale, le risorse e l’energia per fare molto, in prima persona, per dare stabilità e contrastare i veleni nella vita pubblica", ha rincarato la dose Renato Brunetta. Il presidente dei deputati Pdl, in una nota, ha aggiunto che il capo dello Stato "non è, e lo ha sempre dimostrato, una comparsa impotente e marginale della nostra scena, ma un protagonista. Il mio appello è che non si consegni al pessimismo, non sottovaluti il peso delle sue scelte nella bilancia della storia, e faccia proprio, lo dico con l’ammirazione di un non credente, l’invito di Papa Francesco a operare per la creativita e la concordia necessarie al suo, cioè dell’Italia, armonioso sviluppo".
http://www.ilgiornale.it/news/interni/b ... 67307.html
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Re: La polemica
Da Forebase
D'Alema: "Successo Renzi non corrisponde a ricchezza e novità di contenuti"
"Non mi pare che al successo mediatico di Renzi corrisponda una straordinaria ricchezza e novità di contenuti. Mi ricorda un pò quella pubblicità con Virna Lisi, 'con quella bocca può dire ciò che vuole'. Salvo poi a dimenticare che in gran parte le cose che ha detto a Firenze sono patrimonio consolidato del Pd". Così in una intervista in apertura del Mattino Massimo D'Alema.
Da "0" a "100" quanto sei d'accordo?
*****
l’Unità 14.11.13
Massimo D’Alema: «A Renzi dico che il congresso non è chiuso»
«Bene Cuperlo, il Pd deve avere un’identità»
«Chi sostiene Gianni non si piega alla campagna mediatica a favore di Renzi Il sindaco segretario? Poi dovrà convincere quelli che nel Pd non sono con lui»
«Potere economico e media schierati col sindaco. C’è chi vuole liquidare la sinistra»
«Se si mortificano gli iscritti poi chi li smonta i gazebo, Flavio Briatore?»
«L’amarezza che ognuno di noi può avere non giustifica la scelta di non votare»
intervista di Pietro Spataro
D’Alema, dai primi dati del voto degli iscritti risulta che Renzi e Cuperlo sono testa a testa. Ha davvero speranza che il suo candidato ce la faccia?
«Credo che il voto degli iscritti sarà più equilibrato. Però osservo che il congresso avviene con regole assurde e in un clima di totale mancanza di par condicio. C’è una campagna martellante a favore di Renzi ai limiti del ridicolo».
Anche De Benedetti si è schierato con il sindaco. Un altro segnale, non trova?
«Quella scelta è del tutto coerente con la linea del suo giornale. C’è uno schieramento del potere economico e dei mass media a favore di Renzi che è impressionante. Basta sfogliare i giornali, guardare le tv. Ma vedo, con ammirazione, che c’è una parte notevole di iscritti al Pd che reagisce e resiste».
Però, ci sarà un motivo se l’establishment preferisce Renzi. Non sarà che è più convincente?
«Convergono su Renzi diverse valutazioni. C’è chi ritiene che sia la persona giusta per liquidare ciò che resta della sinistra italiana, che certi poteri hanno sempre guardato con avversione. E poi c’è chi ritiene che Renzi vada bene perché ci fa vincere. Ma ci fa vincere che cosa? C’è un equivoco di fondo: non stiamo andando alle elezioni, non scegliamo il candidato premier».
Ma insomma non c’è una cosa che le vada bene del sindaco di Firenze?
«Ma no, lui è una risorsa per il Pd. Ha una straordinaria capacità di comunicazione. Però sui contenuti vedo ancora risposte elusive. Se uno ti domanda perché sei andato ad Arcore da Berlusconi non puoi rispondere che se il presidente del consiglio chiama il sindaco di Firenze va. Perchè il sindaco di Firenze, quando il presidente del consiglio chiama, va a Palazzo Chigi. Renzi sarà pur bravo a battere sulla tastiera del computer con dieci dita, come fanno notare tutti i giornali, ma il fascino delle dieci dita ha cancellato ogni contenuto. Stiamo eleggendo un segretario, non un bravo dattilografo».
Eppure lui dice che vuole fare il segretario e il sindaco insieme proprio per i contenuti, per stare più vicino ai cittadini...
«Certo, ma il segretario del Pd deve stare tra i cittadini italiani e non solo tra quelli di Firenze. Non è esclusivamente un problema di tempi dei due impegni. C’è anche un delicato problema di conflitto di interessi: un segretario di partito deve superare gli interessi di una città, deve essere capace di fare scelte che incidano e parlino a tutti. C’è il rischio che Renzi si trovi costretto a venire meno ai suoi impegni, o con il Pd o con i cittadini di Firenze».
Qualcuno obietta che anche tra i ruoli di parlamentare e segretario c’è un conflitto. Non è così?
«Questo è il segno di un’inquietante ignoranza costituzionale. Il parlamentare, come dice la Carta, rappresenta la nazione. Mentre il sindaco di Firenze rappresenta solo i cittadini di Firenze».
La partita del congresso è già chiusa o no? Renzi vince di sicuro?
«Non lo credo. Anzi, si è dimostrata una grande vitalità nell’andare contro corrente. C’è una parte significativa del Pd e in essa tanti giovani che sostiene Cuperlo con passione e che non si è piegata a questa campagna mediatica. E comunque, se Renzi dovesse diventare segretario, si troverà a gestire un partito che in buona parte dovrà convincere. Non potrà pensare di impadronirsi di un partito che in una certa misura lo osteggia. Dovrà avere la saggezza di rappresentare un mondo più vasto e guadagnarsi il consenso di chi non è con lui e non solo dei suoi seguaci o di qualche editore. Per questo è importante che il risultato non sia plebiscitario. Altrimenti può esserci il rischio che una parte del Pd non si senta più nelle condizioni di viverci dentro. Sarebbe la cosa peggiore».
Vede addirittura il rischio di una scissione?
«Ma no, nessuna scissione. La gente se ne può andare a casa anche silenziosamente. E se questo accade, se ci sarà un’emorragia di iscritti, sarebbe un problema serio. Poi i gazebo chi li smonta, Flavio Briatore?».
Eppure con le tessere gonfiate il Pd non ha dato una bella immagine di sé...
«Non è che le tessere sono state gonfiate. È accaduto che si è adottata una regola sbagliata, quella di potersi iscrivere fino al momento del voto. Non succede in nessun partito al mondo. Perché da noi sì? Perchè, sotto la pressione esterna, sembrava volessimo compiere un atto di chiusura. Diciamo la verità, siamo sotto il bombardamento di chi ci impone comportamenti strampalati, è come se non bastasse mai e ci venisse chiesto un continuo striptease. Ma è proprio così che trionfa il partito dei notabili e degli eletti e si incentiva un tesseramento forzoso e strumentale. Le cosiddette primarie aperte si offrono a deformazioni di questo tipo al quadrato, anzi al cubo. Per prevenire questi abusi dobbiamo evitare il meccanismo di primarie selvagge, che infatti negli Usa non ci sono. Lì vota solo chi si è iscritto all’elenco degli elettori democratici, ma preventivamente, non al momento del voto».
Cuperlo sostiene che la sinistra deve fare la sinistra e non essere il volto buono della destra. Non si sente chiamato in causa?
«Assolutamente no. Condivido la preoccupazione. Si è teorizzato che il Pd potesse essere un partito programmatico con un’identità debole. È una visione sbagliata, perchè l’identità per un partito moderno è un elemento fondamentale. La destra ha una forte identità, esprime una serie di valori. Ora, contrapporre a forze così marcatamente identitarie l’idea di una sinistra programmatica a mio parere non funziona. Il Pd ha bisogno di recuperare una propria forte identità. Prenda il caso di New York. In quella città Di Blasio ha vinto proprio perché ha presentato una forza progressista con valori chiari».
E quale è oggi il cuore dell’identità della sinistra?
«Il grande tema di oggi è la lotta contro la disuguaglianza. Mi è parso che Renzi sia invece affascinato da una sorta di tardo blairismo. Ma quella è una stagione conclusa e per la verità anche con risultati molto discutibili. Oggi la crisi profonda della dottrina neoliberale è del tutto evidente. Non mi pare che il tema nostro sia introdurre elementi liberali nella cultura della sinistra. Persino Clinton dice, in modo autocritico, che è stato un errore demonizzare il ruolo dello Stato».
Lei parla di un’identità chiara della sinistra, ma poi sul tema dei rapporti tra Pd e Pse è scoppiato il putiferio. Non è surreale?
«Certo, ritengo che quel rapporto sia obbligato. E questo non significa snaturare il Pd, che ha una sua peculiarità nello scenario europeo e non può diventare un partito socialdemocratico. Spero che si possa arrivare a una definizione del Pse come partito dei socialisti e dei democratici e che ci sia un riconoscimento dell’apporto specifico del Pd. Ma non possiamo dimenticare che siamo in un’Europa bipolare e il Pse, in vista delle elezioni europee, esprimerà una candidatura, quella di Martin Schulz, per la guida della Commissione. Noi che facciamo, sosteniamo la candidatura dei conservatori? Il Pd deve compiere una scelta di campo di natura politica».
Prodi ha detto che non voterà alle primarie. Come giudica la sua scelta?
«La valuto negativamente. Non riesco a capire: diversi di noi hanno posizioni critiche o ragioni di amarezza personale, ma non credo che questo giustifichi il fatto di non andare a votare per il proprio partito.
Con Renzi segretario il governo Letta sarà davvero a rischio?
«Spero di no. Auspico che non si creino tensioni, non si può dare man forte a Berlusconi per far cadere il governo. Ma sono anche convinto che il Pd debba far sentire in modo più significativo la sua voce sulle scelte di governo. La voce del centrodestra si è sentita, spesso e anche in modo fastidioso».
E su quali temi il Pd deve alzare la voce?
«C’è poco da fare, noi abbiamo pagato un prezzo alto alle promesse elettorali del centrodestra. Abbiamo ridotto la tassazione sul patrimonio e poi invece siamo intervenuti sul cuneo fiscale mettendo in campo risorse ridotte. Si trattava di una scelta che poteva sostenere il lavoro e le imprese. Questo ha scatenato la protesta delle forze sociali sulla legge di Stabilità. Non è una posizione semplice per il Pd. Ecco, piuttosto che polemizzare con i sindacati avrei valorizzato questo aspetto: un’alleanza delle forze produttive che spinge in una certa direzione per promuovere la crescita.
Sulla legge elettorale sta emergendo l’ipotesi di un ritorno al Mattarellum. Dopo la bocciatura del doppio turno, la sostiene Cuperlo e anche Renzi pare disponibile. Pensa sia la strada giusta?
«Non sono un fan della legge Mattarella, tuttavia non possiamo negare che questa legge ha promosso il bipolarismo in Italia. D’altro canto, dal lungo dibattito alla ricerca di una soluzione alternativa per ora non è emerso nulla di concreto. Allora, questa proposta ha almeno il vantaggio di evitare il rischio di fronte al quale ci troviamo: il puro e semplice ritorno al proporzionale, che sarebbe un passo indietro inaccettabile».
Alle prossime primarie per il candidato premier sarà sfida tra Letta e Renzi? «Siamo specialisti per le discussioni campate in aria. Non sappiamo in quale contesto si svolgeranno quelle primarie. Nel frattempo potremmo scoprire, in qualche circolo o in qualche amministrazione locale, che Superman è un militante del Pd. Potremo escluderlo dalle primarie? Quando sarà il momento credo che i competitori interni ed esterni al Pd saranno più di uno, come è sempre accaduto.
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ISCRITTI
Tessere Pd, Renzi a D'Alema:
«Ride bene chi ride ultimo»
Il braccio destro del sindaco:«Quelli che montano i gazebo ora votano per Matteo»
È ancora guerra delle tessere nel Pd. La giornata si apre con Massimo D’Alema e il suo avvertimento a Matteo Renzi. «L’esito del congresso non è scontato», dice l’ex-premier a L’Unità. E mette in guardia il sindaco dal ritrovarsi segretario di un partito che non controlla, che nel voto degli iscritti e’ dalla parte di Gianni Cuperlo.
#MAILAVORATO - A sera, la giornata si chiude con Renzi che a D’Alema ricorda che «ride bene chi ride ultimo».
Dal campo renziano, infatti, arrivano dati «incoraggianti» come li definisce il sindaco di Firenze.
Dati che «vanno nella direzione opposta» rispetto a chi dice che «avremmo perso tra gli iscritti», sottolinea Renzi senza fare nomi.
È il braccio destro del sindaco, Luca Lotti, a rendere pubblici via twitter, a meta’ pomeriggio, questi dati "incoraggianti". «Abbiamo 17.200 voti espressi. Renzi 44%, Cuperlo 39%, Civati 14 %, Pittella 3 %. Dunque quelli che montano i gazebo per adesso votano Renzi. #sorpresa». Anche qui non si fanno nomi, ma il riferimento di Lotti e’ sempre a lui, a D’Alema.
Perché, tra le altre cose, il presidente di Italianieuropei nell’intervista ha evocato il rischio di «un’emorragia di iscritti» del Pd, iscritti che non si riconoscerebbero piu’ nel Pd renziano.
«Sarebbe un problema serio. Poi i gazebo chi li smonta, Flavio Briatore?», il sarcasmo di D’Alema. Una battuta che non è piaciuta a Briatore: «Caro D’Alema -scrive su twitter- io i gazebo li saprei smontare, ma non credo che tu saresti capace a montarli».
Con tanto di hashtag: #mailavorato. Intanto, mentre finisce persino Briatore nel frullatore delle polemiche congressuali Pd, si apre una nuova guerra di cifre. Se dal fronte renziano si segnala un vantaggio del sindaco, da quello cuperliano si specifica che le cose non stanno affatto così: «Cuperlo e’ in testa con il 42,1%, seguito da Renzi con il 40%. Agli amici renziani consiglierei maggiore prudenza...», è la replica di Patrizio Mecacci del comitato Cuperlo.
14 novembre 2013
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Redazione Online
http://www.corriere.it/politica/13_nove ... 1355.shtml
D'Alema: "Successo Renzi non corrisponde a ricchezza e novità di contenuti"
"Non mi pare che al successo mediatico di Renzi corrisponda una straordinaria ricchezza e novità di contenuti. Mi ricorda un pò quella pubblicità con Virna Lisi, 'con quella bocca può dire ciò che vuole'. Salvo poi a dimenticare che in gran parte le cose che ha detto a Firenze sono patrimonio consolidato del Pd". Così in una intervista in apertura del Mattino Massimo D'Alema.
Da "0" a "100" quanto sei d'accordo?
*****
l’Unità 14.11.13
Massimo D’Alema: «A Renzi dico che il congresso non è chiuso»
«Bene Cuperlo, il Pd deve avere un’identità»
«Chi sostiene Gianni non si piega alla campagna mediatica a favore di Renzi Il sindaco segretario? Poi dovrà convincere quelli che nel Pd non sono con lui»
«Potere economico e media schierati col sindaco. C’è chi vuole liquidare la sinistra»
«Se si mortificano gli iscritti poi chi li smonta i gazebo, Flavio Briatore?»
«L’amarezza che ognuno di noi può avere non giustifica la scelta di non votare»
intervista di Pietro Spataro
D’Alema, dai primi dati del voto degli iscritti risulta che Renzi e Cuperlo sono testa a testa. Ha davvero speranza che il suo candidato ce la faccia?
«Credo che il voto degli iscritti sarà più equilibrato. Però osservo che il congresso avviene con regole assurde e in un clima di totale mancanza di par condicio. C’è una campagna martellante a favore di Renzi ai limiti del ridicolo».
Anche De Benedetti si è schierato con il sindaco. Un altro segnale, non trova?
«Quella scelta è del tutto coerente con la linea del suo giornale. C’è uno schieramento del potere economico e dei mass media a favore di Renzi che è impressionante. Basta sfogliare i giornali, guardare le tv. Ma vedo, con ammirazione, che c’è una parte notevole di iscritti al Pd che reagisce e resiste».
Però, ci sarà un motivo se l’establishment preferisce Renzi. Non sarà che è più convincente?
«Convergono su Renzi diverse valutazioni. C’è chi ritiene che sia la persona giusta per liquidare ciò che resta della sinistra italiana, che certi poteri hanno sempre guardato con avversione. E poi c’è chi ritiene che Renzi vada bene perché ci fa vincere. Ma ci fa vincere che cosa? C’è un equivoco di fondo: non stiamo andando alle elezioni, non scegliamo il candidato premier».
Ma insomma non c’è una cosa che le vada bene del sindaco di Firenze?
«Ma no, lui è una risorsa per il Pd. Ha una straordinaria capacità di comunicazione. Però sui contenuti vedo ancora risposte elusive. Se uno ti domanda perché sei andato ad Arcore da Berlusconi non puoi rispondere che se il presidente del consiglio chiama il sindaco di Firenze va. Perchè il sindaco di Firenze, quando il presidente del consiglio chiama, va a Palazzo Chigi. Renzi sarà pur bravo a battere sulla tastiera del computer con dieci dita, come fanno notare tutti i giornali, ma il fascino delle dieci dita ha cancellato ogni contenuto. Stiamo eleggendo un segretario, non un bravo dattilografo».
Eppure lui dice che vuole fare il segretario e il sindaco insieme proprio per i contenuti, per stare più vicino ai cittadini...
«Certo, ma il segretario del Pd deve stare tra i cittadini italiani e non solo tra quelli di Firenze. Non è esclusivamente un problema di tempi dei due impegni. C’è anche un delicato problema di conflitto di interessi: un segretario di partito deve superare gli interessi di una città, deve essere capace di fare scelte che incidano e parlino a tutti. C’è il rischio che Renzi si trovi costretto a venire meno ai suoi impegni, o con il Pd o con i cittadini di Firenze».
Qualcuno obietta che anche tra i ruoli di parlamentare e segretario c’è un conflitto. Non è così?
«Questo è il segno di un’inquietante ignoranza costituzionale. Il parlamentare, come dice la Carta, rappresenta la nazione. Mentre il sindaco di Firenze rappresenta solo i cittadini di Firenze».
La partita del congresso è già chiusa o no? Renzi vince di sicuro?
«Non lo credo. Anzi, si è dimostrata una grande vitalità nell’andare contro corrente. C’è una parte significativa del Pd e in essa tanti giovani che sostiene Cuperlo con passione e che non si è piegata a questa campagna mediatica. E comunque, se Renzi dovesse diventare segretario, si troverà a gestire un partito che in buona parte dovrà convincere. Non potrà pensare di impadronirsi di un partito che in una certa misura lo osteggia. Dovrà avere la saggezza di rappresentare un mondo più vasto e guadagnarsi il consenso di chi non è con lui e non solo dei suoi seguaci o di qualche editore. Per questo è importante che il risultato non sia plebiscitario. Altrimenti può esserci il rischio che una parte del Pd non si senta più nelle condizioni di viverci dentro. Sarebbe la cosa peggiore».
Vede addirittura il rischio di una scissione?
«Ma no, nessuna scissione. La gente se ne può andare a casa anche silenziosamente. E se questo accade, se ci sarà un’emorragia di iscritti, sarebbe un problema serio. Poi i gazebo chi li smonta, Flavio Briatore?».
Eppure con le tessere gonfiate il Pd non ha dato una bella immagine di sé...
«Non è che le tessere sono state gonfiate. È accaduto che si è adottata una regola sbagliata, quella di potersi iscrivere fino al momento del voto. Non succede in nessun partito al mondo. Perché da noi sì? Perchè, sotto la pressione esterna, sembrava volessimo compiere un atto di chiusura. Diciamo la verità, siamo sotto il bombardamento di chi ci impone comportamenti strampalati, è come se non bastasse mai e ci venisse chiesto un continuo striptease. Ma è proprio così che trionfa il partito dei notabili e degli eletti e si incentiva un tesseramento forzoso e strumentale. Le cosiddette primarie aperte si offrono a deformazioni di questo tipo al quadrato, anzi al cubo. Per prevenire questi abusi dobbiamo evitare il meccanismo di primarie selvagge, che infatti negli Usa non ci sono. Lì vota solo chi si è iscritto all’elenco degli elettori democratici, ma preventivamente, non al momento del voto».
Cuperlo sostiene che la sinistra deve fare la sinistra e non essere il volto buono della destra. Non si sente chiamato in causa?
«Assolutamente no. Condivido la preoccupazione. Si è teorizzato che il Pd potesse essere un partito programmatico con un’identità debole. È una visione sbagliata, perchè l’identità per un partito moderno è un elemento fondamentale. La destra ha una forte identità, esprime una serie di valori. Ora, contrapporre a forze così marcatamente identitarie l’idea di una sinistra programmatica a mio parere non funziona. Il Pd ha bisogno di recuperare una propria forte identità. Prenda il caso di New York. In quella città Di Blasio ha vinto proprio perché ha presentato una forza progressista con valori chiari».
E quale è oggi il cuore dell’identità della sinistra?
«Il grande tema di oggi è la lotta contro la disuguaglianza. Mi è parso che Renzi sia invece affascinato da una sorta di tardo blairismo. Ma quella è una stagione conclusa e per la verità anche con risultati molto discutibili. Oggi la crisi profonda della dottrina neoliberale è del tutto evidente. Non mi pare che il tema nostro sia introdurre elementi liberali nella cultura della sinistra. Persino Clinton dice, in modo autocritico, che è stato un errore demonizzare il ruolo dello Stato».
Lei parla di un’identità chiara della sinistra, ma poi sul tema dei rapporti tra Pd e Pse è scoppiato il putiferio. Non è surreale?
«Certo, ritengo che quel rapporto sia obbligato. E questo non significa snaturare il Pd, che ha una sua peculiarità nello scenario europeo e non può diventare un partito socialdemocratico. Spero che si possa arrivare a una definizione del Pse come partito dei socialisti e dei democratici e che ci sia un riconoscimento dell’apporto specifico del Pd. Ma non possiamo dimenticare che siamo in un’Europa bipolare e il Pse, in vista delle elezioni europee, esprimerà una candidatura, quella di Martin Schulz, per la guida della Commissione. Noi che facciamo, sosteniamo la candidatura dei conservatori? Il Pd deve compiere una scelta di campo di natura politica».
Prodi ha detto che non voterà alle primarie. Come giudica la sua scelta?
«La valuto negativamente. Non riesco a capire: diversi di noi hanno posizioni critiche o ragioni di amarezza personale, ma non credo che questo giustifichi il fatto di non andare a votare per il proprio partito.
Con Renzi segretario il governo Letta sarà davvero a rischio?
«Spero di no. Auspico che non si creino tensioni, non si può dare man forte a Berlusconi per far cadere il governo. Ma sono anche convinto che il Pd debba far sentire in modo più significativo la sua voce sulle scelte di governo. La voce del centrodestra si è sentita, spesso e anche in modo fastidioso».
E su quali temi il Pd deve alzare la voce?
«C’è poco da fare, noi abbiamo pagato un prezzo alto alle promesse elettorali del centrodestra. Abbiamo ridotto la tassazione sul patrimonio e poi invece siamo intervenuti sul cuneo fiscale mettendo in campo risorse ridotte. Si trattava di una scelta che poteva sostenere il lavoro e le imprese. Questo ha scatenato la protesta delle forze sociali sulla legge di Stabilità. Non è una posizione semplice per il Pd. Ecco, piuttosto che polemizzare con i sindacati avrei valorizzato questo aspetto: un’alleanza delle forze produttive che spinge in una certa direzione per promuovere la crescita.
Sulla legge elettorale sta emergendo l’ipotesi di un ritorno al Mattarellum. Dopo la bocciatura del doppio turno, la sostiene Cuperlo e anche Renzi pare disponibile. Pensa sia la strada giusta?
«Non sono un fan della legge Mattarella, tuttavia non possiamo negare che questa legge ha promosso il bipolarismo in Italia. D’altro canto, dal lungo dibattito alla ricerca di una soluzione alternativa per ora non è emerso nulla di concreto. Allora, questa proposta ha almeno il vantaggio di evitare il rischio di fronte al quale ci troviamo: il puro e semplice ritorno al proporzionale, che sarebbe un passo indietro inaccettabile».
Alle prossime primarie per il candidato premier sarà sfida tra Letta e Renzi? «Siamo specialisti per le discussioni campate in aria. Non sappiamo in quale contesto si svolgeranno quelle primarie. Nel frattempo potremmo scoprire, in qualche circolo o in qualche amministrazione locale, che Superman è un militante del Pd. Potremo escluderlo dalle primarie? Quando sarà il momento credo che i competitori interni ed esterni al Pd saranno più di uno, come è sempre accaduto.
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ISCRITTI
Tessere Pd, Renzi a D'Alema:
«Ride bene chi ride ultimo»
Il braccio destro del sindaco:«Quelli che montano i gazebo ora votano per Matteo»
È ancora guerra delle tessere nel Pd. La giornata si apre con Massimo D’Alema e il suo avvertimento a Matteo Renzi. «L’esito del congresso non è scontato», dice l’ex-premier a L’Unità. E mette in guardia il sindaco dal ritrovarsi segretario di un partito che non controlla, che nel voto degli iscritti e’ dalla parte di Gianni Cuperlo.
#MAILAVORATO - A sera, la giornata si chiude con Renzi che a D’Alema ricorda che «ride bene chi ride ultimo».
Dal campo renziano, infatti, arrivano dati «incoraggianti» come li definisce il sindaco di Firenze.
Dati che «vanno nella direzione opposta» rispetto a chi dice che «avremmo perso tra gli iscritti», sottolinea Renzi senza fare nomi.
È il braccio destro del sindaco, Luca Lotti, a rendere pubblici via twitter, a meta’ pomeriggio, questi dati "incoraggianti". «Abbiamo 17.200 voti espressi. Renzi 44%, Cuperlo 39%, Civati 14 %, Pittella 3 %. Dunque quelli che montano i gazebo per adesso votano Renzi. #sorpresa». Anche qui non si fanno nomi, ma il riferimento di Lotti e’ sempre a lui, a D’Alema.
Perché, tra le altre cose, il presidente di Italianieuropei nell’intervista ha evocato il rischio di «un’emorragia di iscritti» del Pd, iscritti che non si riconoscerebbero piu’ nel Pd renziano.
«Sarebbe un problema serio. Poi i gazebo chi li smonta, Flavio Briatore?», il sarcasmo di D’Alema. Una battuta che non è piaciuta a Briatore: «Caro D’Alema -scrive su twitter- io i gazebo li saprei smontare, ma non credo che tu saresti capace a montarli».
Con tanto di hashtag: #mailavorato. Intanto, mentre finisce persino Briatore nel frullatore delle polemiche congressuali Pd, si apre una nuova guerra di cifre. Se dal fronte renziano si segnala un vantaggio del sindaco, da quello cuperliano si specifica che le cose non stanno affatto così: «Cuperlo e’ in testa con il 42,1%, seguito da Renzi con il 40%. Agli amici renziani consiglierei maggiore prudenza...», è la replica di Patrizio Mecacci del comitato Cuperlo.
14 novembre 2013
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http://www.corriere.it/politica/13_nove ... 1355.shtml
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Re: La polemica
Perché difendo Vendola sull’Ilva
di Paolo Hutter | 15 novembre 2013Commenti (30)
La telefonata di Nichi Vendola ad Archinà, responsabile relazioni esterne di Ilva, di tre anni fa, era già nota nelle carte della inchiesta in corso. La novità è stata solo la diffusione dell’audio della stessa, che la rende più viva. E anche impressionante per chi non è avvezzo ai linguaggi in uso nei delicati rapporti tra classi dirigenti politiche , al loro interno, e le classi dirigenti economiche.
Varrebbe anche per le classi dirigenti giornalistich ed intellettuali: quante cose mi è capitato di sentire in confidenza, che se fossero pubbliche o pubblicate creerebbero sconcerto e polemiche. (Anche il semplicissimo: “ecco che arriva il cialtrone” seguito pochi secondi dopo da un marcato abbraccio al “cialtrone” stesso.)
Il problema fondamentale non è la differenza tra una conversazione privata e una pubblica, ma cosa quella differenza rappresenta in ogni caso specifico. In genere si pensa che la conversazione privata intercettata e pubblicata riveli una verità che la facciata pubblica nasconde. Ma ci sono dei casi in cui è il contrario.
La conversazione privata è una mossa di teatro, di diplomazia, per attenuare un conflitto sul piano pubblico e fattuale. E’ esattamente questo il caso della telefonata di Vendola ad Archinà. Per dirla in parole semplici, a me sembra evidente che Vendola sta prendendo in giro Archinà quando si complimenta per lo scatto felino attuato per impedire le domande ad alcuni giornalisti. Certo, non è una presa in giro aggressiva,
altrimenti l’interlocutore si offenderebbe subito.
Ma non ha senso logico ipotizzare, immaginare, che davvero Vendola abbia telefonata ad Archinà per incitarlo a maltrattare i giornalisti e a smentire che ci siano problemi di cancro. ( Questa interpretazione mi ricorda – per rozzezza – quella di chi giurava di aver sentito la Bresso rispondere pubblicamente a una anziana No Tav “muoia signora”. Ma in quel caso almeno era evidente, indipendentemente dalla presunta gaffe, che esisteva un conflitto tra Bresso e i Notav. Mentre in questo caso che esista un’alleanza Vendola-Ilva non è per nulla evidente, sarebbe tutto da dimostrare.)
Non ho bisogno di interrogare Vendola, mi basta conoscere un pochino le cose del mondo, per capire che quella telefonata era una captatio benevolentiae, fatta con tutte le caratteristiche rituali della stessa (una battuta contro l’avversario del momento dell’interlocutore, una dichiarazione di stima all’interlocutore, una cordialità ridanciana) ed esercitata in quel giorno probabilmente anche per mettere le mani avanti, per evitare che Riva – all’epoca incontestato – potesse dire che il presidente di Regione più a sinistra d’Italia si negava, si defilava, non dialogava.
Capisco che chi non è abituato a queste cose, sentendo solo una telefonata del genere, si indigni. Ma pensiamo ciascuno di noi a cosa verrebbe fuori dalla pubblicazione di certe nostre telefonate..
Per dare un giudizio sulla politica della Regione Puglia nei confronti dell’Ilva questa telefonata è irrilevante, e se chiunque, un giornale, o un singolo, si basa su di essa per dare un giudizio, vuol dire che non si è accorto di tutto quello che è successo attorno all’Ilva, soprattutto nei tre anni successivi. Come al solito, prima di dare giudizi, anche solo su Facebook, bisognerebbe studiare un po’ le cose. Non dico tanto, eh, almeno 6-7 minuti.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/11 ... va/779588/
Vox populi
Il contadino • 6 ore fa
Se queste telefonate erano note perchè strombazzarle propria alla vigilia di elezioni vicino alla Puglia? Sarà per dare un "aiutino", ad un certo movimento che sembra che a livello locale, non se la cavi tanto bene? Si badi bene il sottoscritto non è elettore di SEL!
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Fabio Balocco • 7 ore fa
interpretazione pro domo Vendola, che non sta né incielo né in terra!
15 4 •Rispondi•Condividi ›
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orriol • 7 ore fa
Hutter, da piu' di 20 anni un altro mantenuto della politica. La prego, si risparmi di "spiegarci" cosa voleva o non voleva dire il suo amico Vendola. La telefonata e' chiarissima e non sara' di certo la sua doppio e triplo carpiata arrampicata di specchi, degna dell'ultimo dei lacche' di regime, a convincere qualcuno. Va bene che in italia non scarseggiamo in allocchi, ma questa volta mi sa che non ci casca nessuno.
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Nicola • 7 ore fa
Paolino, hai scritto una supercazzola degna proprio del Vendola.
questa telefonata e' talmente ininfluente che e' allegata agli atti di un procedimento giudiziario nel quale il Nichi Vendola e' stato rinviato a giudizio. Occorrerebbe anche essere intellettualmente onesti oltre 6-7 minuti al giorno.
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Thinkabout • 7 ore fa
Egregio Hutter, un Presidente di Regione deve sempre avere ben chiaro in mente che rappresenta le Istituzioni e il popolo di una fetta d' Italia (in questo caso devastato da malattie e cancro), e quando si relaziona con le controparti (benchè importanti) deve sempre mantenere contegno in nome del ruolo che ricopre. Mi sarei aspettato da Vendola un atteggiamento improntato al suo mandato di tutela degli interessi collettivi (di cui il diritto al lavoro è solo uno tra gli altri) e al rispetto per chi, civilmente e democraticamente (il giornalista), chiede giustamente lumi sulla situazione e sulle responsabilità dell' Ilva.
Irridere il giornalista dandogli della "faccia da provocatore", il ridacchiare penosamente di un gesto arrogante e brutale (la sottrazione del microfono), l'appecorarsi verso il proprio interlocutore, il sottolineare l'importanza dell' Ilva come realtà produttiva facendo intuire la necessità di trovare una soluzione (compromesso al ribasso a discapito della salute pubblica), mi sono parsi atteggiamenti gravi e incompatibili col ruolo e la funzione che caratterizzano Vendola. Il non voler capire questo e l'ostinarsi in difese azzardate mi sa di disonestà intellettuale. Per questo non condivido affatto il Suo articolo.
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el torpe • 7 ore fa
Hutter, ti seguivo sin dai tempi di RP, piazza S. Stefano...ti ho sempre ascoltato con interesse e quando posso leggo con altrettanto interesse quello che scrivi...ma a questo giro non capisco la difesa di ciò che è indifendibile...per me, elettore di Sel, Vendola, ha chiuso per sempre
37 3 •Rispondi•Condividi ›
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Orfeo Centotrentasette • 7 ore fa
Già . . . . . , perchè difendi Vendola?
Perchè sei amico suo, non c'è altra spiegazione.
Disonesti fino alla fine.
30 3 •Rispondi•Condividi ›
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0ccfec30 • 7 ore fa
Sappiamo tutti che vendola è un maestro di retorica quindi, non capisco questa difesa d'ufficio tra l'altro, mi sembra, non richiesta. Dobbiamo finirla dott. Hutter che, siccome così fan tutti lo può fare anche vendola, non è così. Ci siamo giustamente indignati per la cancellieri, anche vendola e, pur non volendo paragonare i fatti bisogna dire che vendola non è la cancellieri. Nichi ha una storia politica alle spalle e dobbiamo finirla con la litania che non esiste rilevanza penale, dietro quella litania si nascondono gli accadimenti, moralmente, più riprovevoli a cui nichi dovrebbe essere sensibile, se non altro perchè proviene da un partito che, con Berlinguer, aveva fatto un vessillo della questione morale e nichi allora, in quel partito, c'era. Potrei anche accettare il suo ragionamento da commedia all'italiana se la telefonata vendola l'avesse ricevuta e allora ci stava anche bn la finta adulazione che oltre a "canzonare" un p.r. della bustarella serviva anche a mantenere senza incancrenire contatti "istituzionali" fra una grande impresa e chi governa il territorio, così non è stato. Per questo vendola, che ho votato e, per rispetto a Enrico dovrebbe chiedere scusa ai tarantini, agli italiani e dimettersi.
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rougecity rougecity • 8 ore fa
oramai è partita la giostra, troppo tardi
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Krux • 8 ore fa
Grazie Hutter,
finalmente qualcuno si ricorda che la telefonata è vecchia di tre anni ed era già arcinota.
Chiedere le dimissioni solamente ora è ipocrisia allo stato puro.
La domanda è: perché proprio ora e perché tutta questa enfasi?
In primo luogo, tutto va contestualizzato in un momento storico completamente diverso da quello attuale;
Inoltre soltanto Alice nel paese delle meraviglie potrebbe stupirsi ad apprendere che il presidente della regione Puglia non abbia un rapporto confidenziale con i vertici della più grande azienda del territorio che governa.
Insomma, la telefonata non è così choccante come farebbe presagire il titolo, non rivela chissà quali nefandezze, complicità o relazioni pericolose; perché chiedere le dimissioni?
Fatte le debite proporzioni, se Vendola dovesse dimettersi per questo, la Cancellieri si merita l'ergastolo, e Silvio....
Ideona!!!
Niky, dimettiti! !!
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adrianobo Krux • 7 ore fa
Sarei curioso di sapere se Grillo nel comizio elettorale di stasera ne parlerà... e come ne parlerà...
Qualcuno ha fatto un assist a qualcun altro?
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Il contadino adrianobo • 6 ore fa
Però ci vorrebbe un vero centravanti! No un Pifferaio, che dal dischetto tira un rigore, - 24 25 2 - a porta vuota e butta la palla fuori! Milioni Milioni e Milioni di voti AMMUFFITI!
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roberto botta • 8 ore fa
Quanto ha ragione signor hutter... queste intercettazioni date in pasto al popolo ignorante sono una iattura. Pensi che a me hanno raccontato il caso di un signore ulteasettantenne che ha cercato di aiutare la nipote di un suo conoscente telefonando a un questurino, e pensi un po', l'hanno intercettato e il suo tono bonario è stata la scusa pe dire che si trattava di corruzione, o concussione, adesso non ricordo bene, mi perdoni. Meno male che c'è lei che ci aiuta a interpretare tutto correttamente. Peccato che lei non sia in parlamento, perché questa sua interpretazione meriterebbe l,'onore di un vito in seduta plenaria!
P.s.:tanto, una più ina meno....
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davidasini.blogspot.it/ • 8 ore fa
Chiunque fosse in grado di intendere e volere capiva che la gestione dell'Ilva era massimizzare il profitti a scapito del rispetto delle piu' elementari norme di rispetto della salute pubblica; non per nulla era stata affidata ad un pregiudicato. Il suo articolo e' volutamente provocatorio, atto a raccogliere quanti piu' commenti possibili. Le regalo il mio, comprensivo di disprezzo.
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Paolo-A • 8 ore fa
Incredibile... E l'autore di questa roba sarebbe un "ambientalista"...
L'articolo legittima le peggiori pratiche della politica, quelle per cui ci troviamo in questa deplorevole situazione. Ma il problema non sono le pratiche, siamo noi che non siamo abituati. E certo! Abituiamoci alla corruzione, al malaffare (se ancora non siamo abituati) alla collusione tra politica e mondo degli affari. Pazzesco!
Dalla telefonata si capisce chiaramente che Vendola manifesta simpatia per l'azione ignobile e arrogante di quell'individuo che strappa il microfono al giornalista, e antipatia per il giornalista che fa domande legittime (e doverose nei confronti dell'opinione pubblica). Fosse anche solo per questo (ma è evidente che il politico è schierato nettamente dalla parte dei vertici dell'azienda), Vendola merita il disprezzo di tutti i sinceri democratici e delle persone davvero oneste. Una prova ulteriore dell'opportunità di mandare tutti i politici di carriera, nessuno escluso, a pulire i cessi. Ora so che l'idea di votare SEL alle prossime elezioni (che mi aveva sfiorato a causa della degenerazione del M5S) è decisamente da archiviare.
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MarcelloMarcello • 8 ore fa
Caro Hutter
tu confondi comunicazione logica (le parole usate) e comunicazione analogica (l'insieme dei non detto, delle risate, dei sottintesi dati dalla condivisione di poteri egualmente forti seppur diversi - industriale e politico).
E' quella, la cosa che fa davvero senso. E fa davvero senso il fatto che tu ti dica 'abituato' e, come il peggior Berlusconi, dica anche che chissà cosa accadrebbe se si sentissero le nostre, di telefonate.
Caro Hutter, con le mie e, voglio credere, con quelle della maggior parte dei tuoi oggi sfortunati lettori, ti sbellicheresti magari dalle risate ma mai e poi mai troveresti una analoga complicità piena di sotterfugi verbosi e non verbosi (perché dare del verbale al linguaggio di Vendola è un'offesa al raziocinio). Tra parentesi, però, se le mie non le senti e non le commenti è perché, probabilmente, non appartengono ad uno dei potenti di turno e, peggio ancora per la tua abitudine, perché probabilmente non sono indagato.
Auguri per il tuo abitudinario mondo. Goditelo. Da solo, possibilmente.
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marco1791 • 8 ore fa
Scusi la franchezza ma non basterà l'arrampicarsi sugli specchi della lobby gay per "salvare" Vendola che deve fare una sola cosa: dimettersi.
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Buenaventura Durruti • 8 ore fa
Questo articolo è manipolatorio in modo insultante. Perchè ciò che indigna in questa vicenda non è nemmeno che il presidente della Puglia si schieri con il potente di turno e contro il più debole. Ciò che indigna è l'assoluta non necessità della telefonata. E' una telefonata di pura ruffianeria. Di pura adulazione. Sembra un principiante che vuole arruffianarsi uno scrittore famoso: "Ho letto il tuo libro, l'ho comprato appena è uscito, che grande libro, che meraviglia". E l'altro lo tratta con freddezza, come a
dire "Vabbè, non c'è bisogno che mi lecchi". Cioè gli stessi argomenti che Hutter presenta per scagionare Vendola, sono moralmente e politicamente riprovevoli.
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adrianobo Buenaventura Durruti • 7 ore fa
"il presidente della Puglia si schieri con il potente di turno e contro il più debole"!!!!
Ma dove? ti hanno già girato il videomontaggio del video che pubblicano domani?
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Elio La Chiesa • 8 ore fa
Sembrerebbe che il governatore della Puglia dovesse soprattutto accattivarsi la simpatia e disponibilità di Archinà.
Talmente da dargli atto della sua scattante abilità nel togliere il microfono ad un giornalista, che osava porre delle domande a Riva sui persistenti tumori tra i cittadini di Taranto, ovvero impedirgli di parlare.
Sicché il Vendola assieme ad un suo collaboratore visionato l'episodio si concedeva per ben un quarto d'ora una irresistibile risata.
Compiacendosi dell'accaduto per lo scatto felino di Archinà, davvero geniale.
Ciò che argomenta il giornalista Hutter è una versione che per giustificare Vendola si avventura in considerazioni d'ordine formale, ovvero il presidente della Puglia doveva accattivarsi presso Archinà e chi rappresentava.
A che scopo...?
Certamente non inerente al dramma dei troppi cittadini di Taranto soggetti ai tumori e non pochi morti.
In conclusione sarebbe davvero decente che Ventola si dimettesse, non vedo altra seria alternativa.
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Salvoblu • 8 ore fa
Signor Hutter... si ricorda delle telefonate di quei due all'indomani del terremoto di Aquila? Ho avuto la stessa sensazione di sgradevolezza, ma i fatti sono fatti e poco importa se chi ascolta non ha "studiato", non c'è bisogno di farlo, perchè Vendola ha dimostrato con i "fatti" che lui "sinistra ed ecologia" non è proprio riuscito a conciliarle, vuoi per limiti politici, vuoi per demeriti personali, una telefonata col lecca-lecca in bocca, per giunta quanto mai inutile e superflua, proprio non era nel novero delle opzioni di "sinistra".
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MarcoBorsotti • 8 ore fa
Hutter, mi spiace molto, ma la sua difesa é inaccettabile e le scrivo da persona che l'ambiente che lei descrive lo conosce molto bene. Vendola, qualunque siano state le sue ragioni ha sbagliato due volte, prima nel tono e nella sostanza della conversazione ed adesso nel non riconoscere di aver sbagliato attengiandosi a persona lesa. Purtroppo per la sinistra italiana, il governatore Vendola ha ormai troppi scivoloni sia d'immagine che di sostanza da giustificare per cui dovrebbe fare il classico passo indietro che, in un sistema politico meno corrotto di quello italiano, sarebbe inevitabile. Mi pare evidente che non pensi farlo e questo, mi creda, é veramente grave.
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Nadia Strusi • 8 ore fa
È evidente che Lei Dott.Hutter non ha studiato.....nemmeno 6-7 minuti.
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Zona Franca • 8 ore fa
Hutter la seguo e mi piace quello che scrive...ma su queste righe ho dei dubbi, me lo permetta...
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Marco Scalella • 9 ore fa
Scusate. Con tutto il rispetto Dott. Hutter ma questa ricostruzione è quantomeno ridicola. Per non dire patetica. Una difesa da "arrampicata sugli specchi". In questa telefonata si sente un Pres. di Regione che si prostra davanti ad un Management di pessimo livell morale, discutibile valore personale e di illegalità conclamata (tanto che l'interlocutore di Vendola è agli arresti domiciliari).
La cosa è aggravata dal fatto che Vendola fa l'ambientalista... come se lo difendesse solo lui l'ambiente. E poi si ricopre di ridicolo.
Dott. Hutter, lei difende l'INdifendibile.
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marco1791 Marco Scalella • 8 ore fa
Scusa ma perché Dott. Hutter? Non mi risulta che Mr. Hutter sia laureato...
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Buenaventura Durruti • 9 ore fa
Ok. A Hutter gli è toccato il compito di fare l'avvocato del diavolo. Era prevedibile, come le rondini a primavera, che in un regime che deve garantire la "par condicio" di opinioni, per fomentare la polemica, ci debba essere un articolo come questo.
Che le argomentazioni che presenta siano ridicole, patetiche, al limite della comica, non importa, ovviamente, nè deve stupire. E' uno sporco lavoro, ma qualcuno lo deve pur fare..
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0ccfec30 Buenaventura Durruti • 7 ore fa
A parer mio, senza giustificarlo, penso che vendola dovrebbe smentire lo scritto di mister Hutter. Lo ridicolizza!
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Nicola Biffi Buenaventura Durruti • 9 ore fa
Ma, tutto sommato, ... Mario è molto più serio; dopo aver passato lo straccio, chiude il bar.
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Barbaloo • 9 ore fa
"Per dare un giudizio sulla politica della regione Puglia nei confronti dell'Ilva questa telefonata è irrilevante". Vero, sono tutti indagati, c'è ben poco da aggiungere secondo me.
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di Paolo Hutter | 15 novembre 2013Commenti (30)
La telefonata di Nichi Vendola ad Archinà, responsabile relazioni esterne di Ilva, di tre anni fa, era già nota nelle carte della inchiesta in corso. La novità è stata solo la diffusione dell’audio della stessa, che la rende più viva. E anche impressionante per chi non è avvezzo ai linguaggi in uso nei delicati rapporti tra classi dirigenti politiche , al loro interno, e le classi dirigenti economiche.
Varrebbe anche per le classi dirigenti giornalistich ed intellettuali: quante cose mi è capitato di sentire in confidenza, che se fossero pubbliche o pubblicate creerebbero sconcerto e polemiche. (Anche il semplicissimo: “ecco che arriva il cialtrone” seguito pochi secondi dopo da un marcato abbraccio al “cialtrone” stesso.)
Il problema fondamentale non è la differenza tra una conversazione privata e una pubblica, ma cosa quella differenza rappresenta in ogni caso specifico. In genere si pensa che la conversazione privata intercettata e pubblicata riveli una verità che la facciata pubblica nasconde. Ma ci sono dei casi in cui è il contrario.
La conversazione privata è una mossa di teatro, di diplomazia, per attenuare un conflitto sul piano pubblico e fattuale. E’ esattamente questo il caso della telefonata di Vendola ad Archinà. Per dirla in parole semplici, a me sembra evidente che Vendola sta prendendo in giro Archinà quando si complimenta per lo scatto felino attuato per impedire le domande ad alcuni giornalisti. Certo, non è una presa in giro aggressiva,
altrimenti l’interlocutore si offenderebbe subito.
Ma non ha senso logico ipotizzare, immaginare, che davvero Vendola abbia telefonata ad Archinà per incitarlo a maltrattare i giornalisti e a smentire che ci siano problemi di cancro. ( Questa interpretazione mi ricorda – per rozzezza – quella di chi giurava di aver sentito la Bresso rispondere pubblicamente a una anziana No Tav “muoia signora”. Ma in quel caso almeno era evidente, indipendentemente dalla presunta gaffe, che esisteva un conflitto tra Bresso e i Notav. Mentre in questo caso che esista un’alleanza Vendola-Ilva non è per nulla evidente, sarebbe tutto da dimostrare.)
Non ho bisogno di interrogare Vendola, mi basta conoscere un pochino le cose del mondo, per capire che quella telefonata era una captatio benevolentiae, fatta con tutte le caratteristiche rituali della stessa (una battuta contro l’avversario del momento dell’interlocutore, una dichiarazione di stima all’interlocutore, una cordialità ridanciana) ed esercitata in quel giorno probabilmente anche per mettere le mani avanti, per evitare che Riva – all’epoca incontestato – potesse dire che il presidente di Regione più a sinistra d’Italia si negava, si defilava, non dialogava.
Capisco che chi non è abituato a queste cose, sentendo solo una telefonata del genere, si indigni. Ma pensiamo ciascuno di noi a cosa verrebbe fuori dalla pubblicazione di certe nostre telefonate..
Per dare un giudizio sulla politica della Regione Puglia nei confronti dell’Ilva questa telefonata è irrilevante, e se chiunque, un giornale, o un singolo, si basa su di essa per dare un giudizio, vuol dire che non si è accorto di tutto quello che è successo attorno all’Ilva, soprattutto nei tre anni successivi. Come al solito, prima di dare giudizi, anche solo su Facebook, bisognerebbe studiare un po’ le cose. Non dico tanto, eh, almeno 6-7 minuti.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/11 ... va/779588/
Vox populi
Il contadino • 6 ore fa
Se queste telefonate erano note perchè strombazzarle propria alla vigilia di elezioni vicino alla Puglia? Sarà per dare un "aiutino", ad un certo movimento che sembra che a livello locale, non se la cavi tanto bene? Si badi bene il sottoscritto non è elettore di SEL!
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Fabio Balocco • 7 ore fa
interpretazione pro domo Vendola, che non sta né incielo né in terra!
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orriol • 7 ore fa
Hutter, da piu' di 20 anni un altro mantenuto della politica. La prego, si risparmi di "spiegarci" cosa voleva o non voleva dire il suo amico Vendola. La telefonata e' chiarissima e non sara' di certo la sua doppio e triplo carpiata arrampicata di specchi, degna dell'ultimo dei lacche' di regime, a convincere qualcuno. Va bene che in italia non scarseggiamo in allocchi, ma questa volta mi sa che non ci casca nessuno.
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Nicola • 7 ore fa
Paolino, hai scritto una supercazzola degna proprio del Vendola.
questa telefonata e' talmente ininfluente che e' allegata agli atti di un procedimento giudiziario nel quale il Nichi Vendola e' stato rinviato a giudizio. Occorrerebbe anche essere intellettualmente onesti oltre 6-7 minuti al giorno.
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Thinkabout • 7 ore fa
Egregio Hutter, un Presidente di Regione deve sempre avere ben chiaro in mente che rappresenta le Istituzioni e il popolo di una fetta d' Italia (in questo caso devastato da malattie e cancro), e quando si relaziona con le controparti (benchè importanti) deve sempre mantenere contegno in nome del ruolo che ricopre. Mi sarei aspettato da Vendola un atteggiamento improntato al suo mandato di tutela degli interessi collettivi (di cui il diritto al lavoro è solo uno tra gli altri) e al rispetto per chi, civilmente e democraticamente (il giornalista), chiede giustamente lumi sulla situazione e sulle responsabilità dell' Ilva.
Irridere il giornalista dandogli della "faccia da provocatore", il ridacchiare penosamente di un gesto arrogante e brutale (la sottrazione del microfono), l'appecorarsi verso il proprio interlocutore, il sottolineare l'importanza dell' Ilva come realtà produttiva facendo intuire la necessità di trovare una soluzione (compromesso al ribasso a discapito della salute pubblica), mi sono parsi atteggiamenti gravi e incompatibili col ruolo e la funzione che caratterizzano Vendola. Il non voler capire questo e l'ostinarsi in difese azzardate mi sa di disonestà intellettuale. Per questo non condivido affatto il Suo articolo.
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el torpe • 7 ore fa
Hutter, ti seguivo sin dai tempi di RP, piazza S. Stefano...ti ho sempre ascoltato con interesse e quando posso leggo con altrettanto interesse quello che scrivi...ma a questo giro non capisco la difesa di ciò che è indifendibile...per me, elettore di Sel, Vendola, ha chiuso per sempre
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Orfeo Centotrentasette • 7 ore fa
Già . . . . . , perchè difendi Vendola?
Perchè sei amico suo, non c'è altra spiegazione.
Disonesti fino alla fine.
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0ccfec30 • 7 ore fa
Sappiamo tutti che vendola è un maestro di retorica quindi, non capisco questa difesa d'ufficio tra l'altro, mi sembra, non richiesta. Dobbiamo finirla dott. Hutter che, siccome così fan tutti lo può fare anche vendola, non è così. Ci siamo giustamente indignati per la cancellieri, anche vendola e, pur non volendo paragonare i fatti bisogna dire che vendola non è la cancellieri. Nichi ha una storia politica alle spalle e dobbiamo finirla con la litania che non esiste rilevanza penale, dietro quella litania si nascondono gli accadimenti, moralmente, più riprovevoli a cui nichi dovrebbe essere sensibile, se non altro perchè proviene da un partito che, con Berlinguer, aveva fatto un vessillo della questione morale e nichi allora, in quel partito, c'era. Potrei anche accettare il suo ragionamento da commedia all'italiana se la telefonata vendola l'avesse ricevuta e allora ci stava anche bn la finta adulazione che oltre a "canzonare" un p.r. della bustarella serviva anche a mantenere senza incancrenire contatti "istituzionali" fra una grande impresa e chi governa il territorio, così non è stato. Per questo vendola, che ho votato e, per rispetto a Enrico dovrebbe chiedere scusa ai tarantini, agli italiani e dimettersi.
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rougecity rougecity • 8 ore fa
oramai è partita la giostra, troppo tardi
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Krux • 8 ore fa
Grazie Hutter,
finalmente qualcuno si ricorda che la telefonata è vecchia di tre anni ed era già arcinota.
Chiedere le dimissioni solamente ora è ipocrisia allo stato puro.
La domanda è: perché proprio ora e perché tutta questa enfasi?
In primo luogo, tutto va contestualizzato in un momento storico completamente diverso da quello attuale;
Inoltre soltanto Alice nel paese delle meraviglie potrebbe stupirsi ad apprendere che il presidente della regione Puglia non abbia un rapporto confidenziale con i vertici della più grande azienda del territorio che governa.
Insomma, la telefonata non è così choccante come farebbe presagire il titolo, non rivela chissà quali nefandezze, complicità o relazioni pericolose; perché chiedere le dimissioni?
Fatte le debite proporzioni, se Vendola dovesse dimettersi per questo, la Cancellieri si merita l'ergastolo, e Silvio....
Ideona!!!
Niky, dimettiti! !!
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adrianobo Krux • 7 ore fa
Sarei curioso di sapere se Grillo nel comizio elettorale di stasera ne parlerà... e come ne parlerà...
Qualcuno ha fatto un assist a qualcun altro?
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Il contadino adrianobo • 6 ore fa
Però ci vorrebbe un vero centravanti! No un Pifferaio, che dal dischetto tira un rigore, - 24 25 2 - a porta vuota e butta la palla fuori! Milioni Milioni e Milioni di voti AMMUFFITI!
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roberto botta • 8 ore fa
Quanto ha ragione signor hutter... queste intercettazioni date in pasto al popolo ignorante sono una iattura. Pensi che a me hanno raccontato il caso di un signore ulteasettantenne che ha cercato di aiutare la nipote di un suo conoscente telefonando a un questurino, e pensi un po', l'hanno intercettato e il suo tono bonario è stata la scusa pe dire che si trattava di corruzione, o concussione, adesso non ricordo bene, mi perdoni. Meno male che c'è lei che ci aiuta a interpretare tutto correttamente. Peccato che lei non sia in parlamento, perché questa sua interpretazione meriterebbe l,'onore di un vito in seduta plenaria!
P.s.:tanto, una più ina meno....
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davidasini.blogspot.it/ • 8 ore fa
Chiunque fosse in grado di intendere e volere capiva che la gestione dell'Ilva era massimizzare il profitti a scapito del rispetto delle piu' elementari norme di rispetto della salute pubblica; non per nulla era stata affidata ad un pregiudicato. Il suo articolo e' volutamente provocatorio, atto a raccogliere quanti piu' commenti possibili. Le regalo il mio, comprensivo di disprezzo.
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Paolo-A • 8 ore fa
Incredibile... E l'autore di questa roba sarebbe un "ambientalista"...
L'articolo legittima le peggiori pratiche della politica, quelle per cui ci troviamo in questa deplorevole situazione. Ma il problema non sono le pratiche, siamo noi che non siamo abituati. E certo! Abituiamoci alla corruzione, al malaffare (se ancora non siamo abituati) alla collusione tra politica e mondo degli affari. Pazzesco!
Dalla telefonata si capisce chiaramente che Vendola manifesta simpatia per l'azione ignobile e arrogante di quell'individuo che strappa il microfono al giornalista, e antipatia per il giornalista che fa domande legittime (e doverose nei confronti dell'opinione pubblica). Fosse anche solo per questo (ma è evidente che il politico è schierato nettamente dalla parte dei vertici dell'azienda), Vendola merita il disprezzo di tutti i sinceri democratici e delle persone davvero oneste. Una prova ulteriore dell'opportunità di mandare tutti i politici di carriera, nessuno escluso, a pulire i cessi. Ora so che l'idea di votare SEL alle prossime elezioni (che mi aveva sfiorato a causa della degenerazione del M5S) è decisamente da archiviare.
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MarcelloMarcello • 8 ore fa
Caro Hutter
tu confondi comunicazione logica (le parole usate) e comunicazione analogica (l'insieme dei non detto, delle risate, dei sottintesi dati dalla condivisione di poteri egualmente forti seppur diversi - industriale e politico).
E' quella, la cosa che fa davvero senso. E fa davvero senso il fatto che tu ti dica 'abituato' e, come il peggior Berlusconi, dica anche che chissà cosa accadrebbe se si sentissero le nostre, di telefonate.
Caro Hutter, con le mie e, voglio credere, con quelle della maggior parte dei tuoi oggi sfortunati lettori, ti sbellicheresti magari dalle risate ma mai e poi mai troveresti una analoga complicità piena di sotterfugi verbosi e non verbosi (perché dare del verbale al linguaggio di Vendola è un'offesa al raziocinio). Tra parentesi, però, se le mie non le senti e non le commenti è perché, probabilmente, non appartengono ad uno dei potenti di turno e, peggio ancora per la tua abitudine, perché probabilmente non sono indagato.
Auguri per il tuo abitudinario mondo. Goditelo. Da solo, possibilmente.
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marco1791 • 8 ore fa
Scusi la franchezza ma non basterà l'arrampicarsi sugli specchi della lobby gay per "salvare" Vendola che deve fare una sola cosa: dimettersi.
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Buenaventura Durruti • 8 ore fa
Questo articolo è manipolatorio in modo insultante. Perchè ciò che indigna in questa vicenda non è nemmeno che il presidente della Puglia si schieri con il potente di turno e contro il più debole. Ciò che indigna è l'assoluta non necessità della telefonata. E' una telefonata di pura ruffianeria. Di pura adulazione. Sembra un principiante che vuole arruffianarsi uno scrittore famoso: "Ho letto il tuo libro, l'ho comprato appena è uscito, che grande libro, che meraviglia". E l'altro lo tratta con freddezza, come a
dire "Vabbè, non c'è bisogno che mi lecchi". Cioè gli stessi argomenti che Hutter presenta per scagionare Vendola, sono moralmente e politicamente riprovevoli.
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adrianobo Buenaventura Durruti • 7 ore fa
"il presidente della Puglia si schieri con il potente di turno e contro il più debole"!!!!
Ma dove? ti hanno già girato il videomontaggio del video che pubblicano domani?
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Elio La Chiesa • 8 ore fa
Sembrerebbe che il governatore della Puglia dovesse soprattutto accattivarsi la simpatia e disponibilità di Archinà.
Talmente da dargli atto della sua scattante abilità nel togliere il microfono ad un giornalista, che osava porre delle domande a Riva sui persistenti tumori tra i cittadini di Taranto, ovvero impedirgli di parlare.
Sicché il Vendola assieme ad un suo collaboratore visionato l'episodio si concedeva per ben un quarto d'ora una irresistibile risata.
Compiacendosi dell'accaduto per lo scatto felino di Archinà, davvero geniale.
Ciò che argomenta il giornalista Hutter è una versione che per giustificare Vendola si avventura in considerazioni d'ordine formale, ovvero il presidente della Puglia doveva accattivarsi presso Archinà e chi rappresentava.
A che scopo...?
Certamente non inerente al dramma dei troppi cittadini di Taranto soggetti ai tumori e non pochi morti.
In conclusione sarebbe davvero decente che Ventola si dimettesse, non vedo altra seria alternativa.
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Salvoblu • 8 ore fa
Signor Hutter... si ricorda delle telefonate di quei due all'indomani del terremoto di Aquila? Ho avuto la stessa sensazione di sgradevolezza, ma i fatti sono fatti e poco importa se chi ascolta non ha "studiato", non c'è bisogno di farlo, perchè Vendola ha dimostrato con i "fatti" che lui "sinistra ed ecologia" non è proprio riuscito a conciliarle, vuoi per limiti politici, vuoi per demeriti personali, una telefonata col lecca-lecca in bocca, per giunta quanto mai inutile e superflua, proprio non era nel novero delle opzioni di "sinistra".
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MarcoBorsotti • 8 ore fa
Hutter, mi spiace molto, ma la sua difesa é inaccettabile e le scrivo da persona che l'ambiente che lei descrive lo conosce molto bene. Vendola, qualunque siano state le sue ragioni ha sbagliato due volte, prima nel tono e nella sostanza della conversazione ed adesso nel non riconoscere di aver sbagliato attengiandosi a persona lesa. Purtroppo per la sinistra italiana, il governatore Vendola ha ormai troppi scivoloni sia d'immagine che di sostanza da giustificare per cui dovrebbe fare il classico passo indietro che, in un sistema politico meno corrotto di quello italiano, sarebbe inevitabile. Mi pare evidente che non pensi farlo e questo, mi creda, é veramente grave.
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Nadia Strusi • 8 ore fa
È evidente che Lei Dott.Hutter non ha studiato.....nemmeno 6-7 minuti.
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Zona Franca • 8 ore fa
Hutter la seguo e mi piace quello che scrive...ma su queste righe ho dei dubbi, me lo permetta...
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Marco Scalella • 9 ore fa
Scusate. Con tutto il rispetto Dott. Hutter ma questa ricostruzione è quantomeno ridicola. Per non dire patetica. Una difesa da "arrampicata sugli specchi". In questa telefonata si sente un Pres. di Regione che si prostra davanti ad un Management di pessimo livell morale, discutibile valore personale e di illegalità conclamata (tanto che l'interlocutore di Vendola è agli arresti domiciliari).
La cosa è aggravata dal fatto che Vendola fa l'ambientalista... come se lo difendesse solo lui l'ambiente. E poi si ricopre di ridicolo.
Dott. Hutter, lei difende l'INdifendibile.
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marco1791 Marco Scalella • 8 ore fa
Scusa ma perché Dott. Hutter? Non mi risulta che Mr. Hutter sia laureato...
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Buenaventura Durruti • 9 ore fa
Ok. A Hutter gli è toccato il compito di fare l'avvocato del diavolo. Era prevedibile, come le rondini a primavera, che in un regime che deve garantire la "par condicio" di opinioni, per fomentare la polemica, ci debba essere un articolo come questo.
Che le argomentazioni che presenta siano ridicole, patetiche, al limite della comica, non importa, ovviamente, nè deve stupire. E' uno sporco lavoro, ma qualcuno lo deve pur fare..
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0ccfec30 Buenaventura Durruti • 7 ore fa
A parer mio, senza giustificarlo, penso che vendola dovrebbe smentire lo scritto di mister Hutter. Lo ridicolizza!
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Nicola Biffi Buenaventura Durruti • 9 ore fa
Ma, tutto sommato, ... Mario è molto più serio; dopo aver passato lo straccio, chiude il bar.
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Barbaloo • 9 ore fa
"Per dare un giudizio sulla politica della regione Puglia nei confronti dell'Ilva questa telefonata è irrilevante". Vero, sono tutti indagati, c'è ben poco da aggiungere secondo me.
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Re: La polemica
Vendola e l’Ilva, quando una risata cancella Ecologia e Libertà
di Peter Gomez | 15 novembre 2013Commenti (841)
In un paese ormai scivolato dal declino al degrado anche Nichi Vendola varca il Rubicone e passa dalla categoria dei politici a quella dei politicanti. Intercettato dalla Guardia di Finanza mentre al telefono con il responsabile delle relazioni istituzionali dell’Ilva, Girolamo Archinà, dà, tra gli sghignazzi, “della faccia da provocatore” a un cronista che tentava di porre domande a Emilio Riva sulle morti per tumore, il Governatore pugliese non si scusa. Non si dimette. E anzi querela ilfattoquotidiano.it impapocchiando per l’occasione una pietosa e bugiarda spiegazione.
Il (si spera) futuro ex leader di Sinistra ecologia e libertà nega in un comunicato le “presunte risate suscitate dalle domande sulle morti di cancro”. E ricorda invece di essere rimasto solo colpito da “Archinà che con un salto improvviso si era avvicinato a un giornalista che stava intervistando Riva”. Peccato però che “lo scatto di Archinà” non fosse la mossa del ballo della Taranta. Archinà, come si vede chiaramente nel filmato che tanta ilarità ha suscitato nel politicante pugliese, strappa il microfono dalle mani del giornalista subito dopo averlo sentito chiedere a Riva, con assoluta gentilezza, chiarimenti sui morti per tumore. E, poi non contento, si frappone a mo’ di gorilla tra il cronista e il suo padrone.
Ovviamente tutto questo nel comunicato di Vendola non lo si legge. Probabilmente perché è difficile spiegare alle migliaia di militanti per bene del suo partito come sia da oggi conciliabile il nome di Sel con quello del proprio presidente.
Il gesto violento con cui Archinà censura le domande scomode sul cancro, dovrebbe indignare chi ha a cuore sia l’ecologia che la libertà (a partire da quella di cronaca). Ma il Governatore di Puglia non si scandalizza. Si complimenta invece con il protagonista “della scena fantastica”, per poi raccomandargli di dire a “Riva che il presidente non si è defilato”.
Fino alla sera prima della pubblicazione dei nostri video-servizi, qui a ilfattoquotidiano.it pensavamo che la brutta intercettazione si potesse giustificare con l’ansia di Vendola di non tagliare i ponti con l’Ilva per garantire l’occupazione.
Per tutto il pomeriggio lo avevamo cercato in più colleghi telefonandogli, inviando sms e parlando con il suo entourage. Volevamo dargli la possibilità di replicare e avevamo pensato di chiedergli se, alla luce di quanto è accaduto a Taranto, non si fosse pentito dei suoi comportamenti. Vendola non ha risposto, né richiamato.
Oggi però querela. E la sua replica, arrogante, dice tutto. Meglio così. Ci vedremo in tribunale. Ne siamo felici.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/11 ... ta/779187/
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Ilva, le nostre lacrime trattenute mentre Vendola rideva con Archinà
di Alessandro Marescotti | 15 novembre 2013Commenti (22)
Dopo aver ascoltato la telefonata fra Vendola (presidente della Regione Puglia) e Archinà (allora tessitore delle relazioni Ilva) ho pensato subito a quei giorni dell’estate del 2010. Avevamo fatto esplodere il caso del benzo(a)pirene lanciando sui media i dati dell’ARPA. Quel cancerogeno era schizzato tre volte sopra i limiti di legge. Entrava nei polmoni di bambini e lo denunciavamo con forza. Chiedevamo che si applicasse una normativa a tutela della popolazione mai applicata dal 1° dicembre 2010.
Quei numeri dell’ARPA erano diventati una notizia e all’ILVA questo non andava bene.
Al direttore dell’ARPA Giorgio Assennato venne rimproverato che quei dati erano usati “come delle bombe“.
La nostra denuncia aveva avuto il fragore di una pietra che si infrange su una vetrina. E la vetrina simbolica che avevamo rotto era la rappresentazione di una fabbrica compatibile con la città. Una vetrina tirata a lucido da Vendola. Una vetrina che sarebbe poi stata distrutta due anni dopo da due impietose perizie della magistratura.
Quella vetrina andava in frantumi. Occorreva correre ai ripari.
Da qui si comprende la preoccupazione di Archinà, che chiede soccorso a Vendola rivolgendosi in qui termini per conto dell’Ilva.
Quella telefonata è il Potere, direbbe Pasolini oggi. Quel Pasolini di cui Vendola era stato cultore appassionato, fino a scriverne nella tesi di laurea.
Quando ho ascoltato le parole di Vendola, e le sue risate con Archinà, ho ripensato a quei giorni bollenti del 2010 e al fatto che avevamo ancora fiducia in lui. Allora riponevamo in lui ancora la speranza. Del resto lo avevamo votato, molti di noi non avrebbero mai pensato a un tradimento, molti di quelli che erano impegnati sul fronte ambientale avevano fatto parte del suo comitato elettorale.
E così andammo a Bari, a raccontare la gravità della situazione. Non ci accolse Vendola ma l’assessore all’ambiente Nicastro e il dirigente dell’assessorato Antonicelli. Presero nota dei nostri numeri di telefono sui loro Iphone bianchi e neri. Ci ascoltarono con attenzione, con partecipazione, così mi sembrò. Nicastro ci disse: “Non terremo solo le matite a posto sulla scrivania”. Mi colpì quella frase, la ripeté più volte. Lo presi sul serio.
Noi eravamo andati lì con una tremenda pena nel cuore, eravamo nella stanza dell’assessorato con la voce tremante, leggendo le email delle persone ammalate che ci avevano scritto.
Davamo voce alle vittime, alle tragedie, ai malati terminali che ci affidavano una frase, un appello accorato perché la Regione ci ascoltasse finalmente e agisse applicando la legge per fermare la almeno la cokeria dell’Ilva. Leggevamo storie da piangere e le leggemmo dignitosamente a Nicastro e Antonicelli trattenendo a stento le lacrime. Allora avevamo ancora fiducia in loro e non sapevamo che Nichi Vendova nel frattempo rideva al telefono con Archinà. Ce ne andammo via da Bari con il cuore gonfio di speranza, con calorose strette di mano e con il sorriso fiducioso di chi implora un aiuto. E fummo subito abbandonati.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/11 ... na/779387/
*****
Ilva, ‘fastidiosamente’ ostinati nel credere che salute e lavoro non siano in alternativa
di Giorgia Fattinnanzi | 15 novembre 2013Commenti (4)
Che il problema di Taranto e dell’Ilva fosse la scelta tra la salute e il lavoro, la Fiom non l’ha mai creduto. Per questo ammettiamo da subito un fatto: siamo fastidiosamente ostinati e abbiamo costantemente “rotto le scatole” alle istituzioni locali e nazionali perché il tema della sostenibilità ambientale della produzione di acciaio non può in alcun modo essere lasciato solo al rapporto tra azienda e sindacati.
Per questo abbiamo portato avanti con ostinazione, sia contro chi si batteva per la chiusura dell’Ilva, sia contro chi si batteva per la produzione ad ogni costo – a partire dalle organizzazioni sindacali che hanno addirittura partecipato ed aderito allo sciopero promosso dalla proprietà contro la magistratura – la nostra battaglia per mantenere le attività produttive attraverso un processo di ambientalizzazione e di bonifica, senza cadere nella trappola di chi mette in contrapposizione salute e produzione.
Anche perché chiudere l’Ilva non garantisce affatto la bonifica del territorio. Come dimostra la vicenda dell’altra Italsider, quella di Bagnoli. E’ di aprile la notizia dei 21 indagati – tra cui manager pubblici e privati e due vicesindaci – per disastro ambientale, falso, miscelazione di rifiuti industriali, favoreggiamento e truffa ai danni dello Stato. Eh già perché gli interventi di messa in sicurezza della zona, 107 milioni di euro spesi, secondo gli inquirenti sarebbero stati effettuati “solo virtualmente”.
E’ chiaro che la sfida di mantenere le produzioni e tutelare la salute, per poter essere vinta, necessitava e necessita di un coinvolgimento attivo delle istituzioni locali e nazionali. Da qui le continue sollecitazioni, telefonate e richieste di incontro che arrivavano alla regione Puglia e a Palazzo Chigi, affinché ci si dotasse di una legislazione stringente in termini di tutela ambientale.
Anche grazie a queste sollecitazioni, sono nati provvedimenti avanzati come la legge sulla diossina, il potenziamento dell’Arpa, la necessità di un monitoraggio continuo sulle emissioni nocive che fosse affidato ad enti terzi rispetto all’azienda, le ricerche epidemiologiche sulla popolazione – a partire dai lavoratori a diretto contatto con le emissioni – e il potenziamento delle strutture sanitarie. Le indagini della magistratura di Taranto e di Milano hanno poi portato alla luce un sistema di corruzione che ha permesso ai Riva di aggirare questi provvedimenti.
All’inchiesta della procura tarantina, i metalmeccanici Cgil hanno contribuito con proprie testimonianze, in particolare sul ruolo dei fiduciari. E, prima ancora, Massimiliano Del Vecchio (oggi responsabile della consulta legale della Fiom nazionale su salute e sicurezza), da avvocato della Fiom di Taranto ha promosso decine e decine di cause che mettevano in evidenza la relazione tra malattie professionali, tumori e morti dei lavoratori dell’Ilva e dell’indotto, certificando così la causalità tra le emissioni nocive e la malattia. Tutti procedimenti che sono stati utilizzati dalla procura di Taranto per il maxi processo: quello già in corso di svolgimento che ha prodotto i rinvii a giudizio dei dirigenti dell’Italsider dall’apertura dello stabilimento alla privatizzazione, e dei dirigenti dell’Ilva. La Fiom, unica organizzazione sindacale ad aver fatto questa scelta, si è costituita parte civile nel processo.
E’ vero, siamo forse una spina nel fianco e anche “i più preoccupati”, ma continuiamo a credere che non si può scaricare sui lavoratori e sulla popolazione di Taranto la scelta tra lavoro e salute. I mancati investimenti per bonificare la produzione, il raggiro delle leggi sono responsabilità della mala gestione dell’Azienda da parte della famiglia Riva. E’ ora compito delle istituzioni garantire che i profitti della proprietà vengano presi e usati per un vero risanamento e per garantire che l’Italia non perda un pezzo importante della sua industria.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/11 ... va/779434/
di Peter Gomez | 15 novembre 2013Commenti (841)
In un paese ormai scivolato dal declino al degrado anche Nichi Vendola varca il Rubicone e passa dalla categoria dei politici a quella dei politicanti. Intercettato dalla Guardia di Finanza mentre al telefono con il responsabile delle relazioni istituzionali dell’Ilva, Girolamo Archinà, dà, tra gli sghignazzi, “della faccia da provocatore” a un cronista che tentava di porre domande a Emilio Riva sulle morti per tumore, il Governatore pugliese non si scusa. Non si dimette. E anzi querela ilfattoquotidiano.it impapocchiando per l’occasione una pietosa e bugiarda spiegazione.
Il (si spera) futuro ex leader di Sinistra ecologia e libertà nega in un comunicato le “presunte risate suscitate dalle domande sulle morti di cancro”. E ricorda invece di essere rimasto solo colpito da “Archinà che con un salto improvviso si era avvicinato a un giornalista che stava intervistando Riva”. Peccato però che “lo scatto di Archinà” non fosse la mossa del ballo della Taranta. Archinà, come si vede chiaramente nel filmato che tanta ilarità ha suscitato nel politicante pugliese, strappa il microfono dalle mani del giornalista subito dopo averlo sentito chiedere a Riva, con assoluta gentilezza, chiarimenti sui morti per tumore. E, poi non contento, si frappone a mo’ di gorilla tra il cronista e il suo padrone.
Ovviamente tutto questo nel comunicato di Vendola non lo si legge. Probabilmente perché è difficile spiegare alle migliaia di militanti per bene del suo partito come sia da oggi conciliabile il nome di Sel con quello del proprio presidente.
Il gesto violento con cui Archinà censura le domande scomode sul cancro, dovrebbe indignare chi ha a cuore sia l’ecologia che la libertà (a partire da quella di cronaca). Ma il Governatore di Puglia non si scandalizza. Si complimenta invece con il protagonista “della scena fantastica”, per poi raccomandargli di dire a “Riva che il presidente non si è defilato”.
Fino alla sera prima della pubblicazione dei nostri video-servizi, qui a ilfattoquotidiano.it pensavamo che la brutta intercettazione si potesse giustificare con l’ansia di Vendola di non tagliare i ponti con l’Ilva per garantire l’occupazione.
Per tutto il pomeriggio lo avevamo cercato in più colleghi telefonandogli, inviando sms e parlando con il suo entourage. Volevamo dargli la possibilità di replicare e avevamo pensato di chiedergli se, alla luce di quanto è accaduto a Taranto, non si fosse pentito dei suoi comportamenti. Vendola non ha risposto, né richiamato.
Oggi però querela. E la sua replica, arrogante, dice tutto. Meglio così. Ci vedremo in tribunale. Ne siamo felici.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/11 ... ta/779187/
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Ilva, le nostre lacrime trattenute mentre Vendola rideva con Archinà
di Alessandro Marescotti | 15 novembre 2013Commenti (22)
Dopo aver ascoltato la telefonata fra Vendola (presidente della Regione Puglia) e Archinà (allora tessitore delle relazioni Ilva) ho pensato subito a quei giorni dell’estate del 2010. Avevamo fatto esplodere il caso del benzo(a)pirene lanciando sui media i dati dell’ARPA. Quel cancerogeno era schizzato tre volte sopra i limiti di legge. Entrava nei polmoni di bambini e lo denunciavamo con forza. Chiedevamo che si applicasse una normativa a tutela della popolazione mai applicata dal 1° dicembre 2010.
Quei numeri dell’ARPA erano diventati una notizia e all’ILVA questo non andava bene.
Al direttore dell’ARPA Giorgio Assennato venne rimproverato che quei dati erano usati “come delle bombe“.
La nostra denuncia aveva avuto il fragore di una pietra che si infrange su una vetrina. E la vetrina simbolica che avevamo rotto era la rappresentazione di una fabbrica compatibile con la città. Una vetrina tirata a lucido da Vendola. Una vetrina che sarebbe poi stata distrutta due anni dopo da due impietose perizie della magistratura.
Quella vetrina andava in frantumi. Occorreva correre ai ripari.
Da qui si comprende la preoccupazione di Archinà, che chiede soccorso a Vendola rivolgendosi in qui termini per conto dell’Ilva.
Quella telefonata è il Potere, direbbe Pasolini oggi. Quel Pasolini di cui Vendola era stato cultore appassionato, fino a scriverne nella tesi di laurea.
Quando ho ascoltato le parole di Vendola, e le sue risate con Archinà, ho ripensato a quei giorni bollenti del 2010 e al fatto che avevamo ancora fiducia in lui. Allora riponevamo in lui ancora la speranza. Del resto lo avevamo votato, molti di noi non avrebbero mai pensato a un tradimento, molti di quelli che erano impegnati sul fronte ambientale avevano fatto parte del suo comitato elettorale.
E così andammo a Bari, a raccontare la gravità della situazione. Non ci accolse Vendola ma l’assessore all’ambiente Nicastro e il dirigente dell’assessorato Antonicelli. Presero nota dei nostri numeri di telefono sui loro Iphone bianchi e neri. Ci ascoltarono con attenzione, con partecipazione, così mi sembrò. Nicastro ci disse: “Non terremo solo le matite a posto sulla scrivania”. Mi colpì quella frase, la ripeté più volte. Lo presi sul serio.
Noi eravamo andati lì con una tremenda pena nel cuore, eravamo nella stanza dell’assessorato con la voce tremante, leggendo le email delle persone ammalate che ci avevano scritto.
Davamo voce alle vittime, alle tragedie, ai malati terminali che ci affidavano una frase, un appello accorato perché la Regione ci ascoltasse finalmente e agisse applicando la legge per fermare la almeno la cokeria dell’Ilva. Leggevamo storie da piangere e le leggemmo dignitosamente a Nicastro e Antonicelli trattenendo a stento le lacrime. Allora avevamo ancora fiducia in loro e non sapevamo che Nichi Vendova nel frattempo rideva al telefono con Archinà. Ce ne andammo via da Bari con il cuore gonfio di speranza, con calorose strette di mano e con il sorriso fiducioso di chi implora un aiuto. E fummo subito abbandonati.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/11 ... na/779387/
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Ilva, ‘fastidiosamente’ ostinati nel credere che salute e lavoro non siano in alternativa
di Giorgia Fattinnanzi | 15 novembre 2013Commenti (4)
Che il problema di Taranto e dell’Ilva fosse la scelta tra la salute e il lavoro, la Fiom non l’ha mai creduto. Per questo ammettiamo da subito un fatto: siamo fastidiosamente ostinati e abbiamo costantemente “rotto le scatole” alle istituzioni locali e nazionali perché il tema della sostenibilità ambientale della produzione di acciaio non può in alcun modo essere lasciato solo al rapporto tra azienda e sindacati.
Per questo abbiamo portato avanti con ostinazione, sia contro chi si batteva per la chiusura dell’Ilva, sia contro chi si batteva per la produzione ad ogni costo – a partire dalle organizzazioni sindacali che hanno addirittura partecipato ed aderito allo sciopero promosso dalla proprietà contro la magistratura – la nostra battaglia per mantenere le attività produttive attraverso un processo di ambientalizzazione e di bonifica, senza cadere nella trappola di chi mette in contrapposizione salute e produzione.
Anche perché chiudere l’Ilva non garantisce affatto la bonifica del territorio. Come dimostra la vicenda dell’altra Italsider, quella di Bagnoli. E’ di aprile la notizia dei 21 indagati – tra cui manager pubblici e privati e due vicesindaci – per disastro ambientale, falso, miscelazione di rifiuti industriali, favoreggiamento e truffa ai danni dello Stato. Eh già perché gli interventi di messa in sicurezza della zona, 107 milioni di euro spesi, secondo gli inquirenti sarebbero stati effettuati “solo virtualmente”.
E’ chiaro che la sfida di mantenere le produzioni e tutelare la salute, per poter essere vinta, necessitava e necessita di un coinvolgimento attivo delle istituzioni locali e nazionali. Da qui le continue sollecitazioni, telefonate e richieste di incontro che arrivavano alla regione Puglia e a Palazzo Chigi, affinché ci si dotasse di una legislazione stringente in termini di tutela ambientale.
Anche grazie a queste sollecitazioni, sono nati provvedimenti avanzati come la legge sulla diossina, il potenziamento dell’Arpa, la necessità di un monitoraggio continuo sulle emissioni nocive che fosse affidato ad enti terzi rispetto all’azienda, le ricerche epidemiologiche sulla popolazione – a partire dai lavoratori a diretto contatto con le emissioni – e il potenziamento delle strutture sanitarie. Le indagini della magistratura di Taranto e di Milano hanno poi portato alla luce un sistema di corruzione che ha permesso ai Riva di aggirare questi provvedimenti.
All’inchiesta della procura tarantina, i metalmeccanici Cgil hanno contribuito con proprie testimonianze, in particolare sul ruolo dei fiduciari. E, prima ancora, Massimiliano Del Vecchio (oggi responsabile della consulta legale della Fiom nazionale su salute e sicurezza), da avvocato della Fiom di Taranto ha promosso decine e decine di cause che mettevano in evidenza la relazione tra malattie professionali, tumori e morti dei lavoratori dell’Ilva e dell’indotto, certificando così la causalità tra le emissioni nocive e la malattia. Tutti procedimenti che sono stati utilizzati dalla procura di Taranto per il maxi processo: quello già in corso di svolgimento che ha prodotto i rinvii a giudizio dei dirigenti dell’Italsider dall’apertura dello stabilimento alla privatizzazione, e dei dirigenti dell’Ilva. La Fiom, unica organizzazione sindacale ad aver fatto questa scelta, si è costituita parte civile nel processo.
E’ vero, siamo forse una spina nel fianco e anche “i più preoccupati”, ma continuiamo a credere che non si può scaricare sui lavoratori e sulla popolazione di Taranto la scelta tra lavoro e salute. I mancati investimenti per bonificare la produzione, il raggiro delle leggi sono responsabilità della mala gestione dell’Azienda da parte della famiglia Riva. E’ ora compito delle istituzioni garantire che i profitti della proprietà vengano presi e usati per un vero risanamento e per garantire che l’Italia non perda un pezzo importante della sua industria.
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Re: La polemica
A rompere il ghiaccio in Tv Alessandra Moretti, dalla Gruber, non inquadrata dalla regia, un paio di giorni fa.
Il lessico della Tv è mutato. Anche la fascia protetta è saltata. Segno dei tempi.
Al di là di qualsiasi moralismo, appare evidente la differenza di linguaggio della Tv castigata degli anni '50 e '60 di Barnabei, in cui era severamente proibito nei Tg citare "Membro del Parlamento".
01 FEB 2014 13:15
1. I GRILLINI DANNO DELLE POMPINARE ALLE PIDDINE E S’ARMA LA CANEA DEL FEMMINISMO -
2. LO STESSO CHE, PER ANNI, HA TACIUTO QUANDO AD ALTRE DONNE, ESCLUSIVAMENTE BERLUSCONIANE, CONSIDERATE FORSE DI SERIE B, VENIVA RISERVATO TRATTAMENTO PEGGIORE -
3. QUANDO PARLAMENTARI E MINISTRE DI CENTRODESTRA, OLGETTINE E RUBY, VENIVANO INSULTATE (“MARA, STRINGI I DENTI”) PER COLPIRE IL BANANA, TUTTO ERA LECITO? -
4. ALLORA LA RETORICA SUL “CORPO DELLE DONNE” ERA DISINNESCATA? LE OFFESE SESSISTE NON RIGUARDANO ALCUNE, MA TUTTE LE DONNE. MENTRE, IL MORALISMO MANICHEO DELLA SINISTRA PURITANA AMA DISTINGUERE LE “BOTTANE” DALLE “PIE FIMMINE” -
4. LA GIORNALISTA PAOLA TAVELLA, PUNZECCHIA LE “SENONORAQUANDINE”: “EHI RAGAZZE, MA VI RICORDATE GLI INSULTI A CARFAGNA, SANTANCHÈ ECCETERA? ORA VI TOCCA MANGIARE LA MINESTRA CHE AVETE PREPARATO. FA SCHIFO VERO?” -
1 - LA PORNO-POLITICA ORA TOCCA ALLA SINISTRA
Pietrangelo Buttafuoco per "il Foglio"
L'ultimo grido di dolore della virtù fu quello di una buttana: "Adesso anche le mogli fanno i pompini!". Era il 20 febbraio 1958 e in forza della legge Merlin venivano chiusi i casini nel territorio italiano. Fu Indro Montanelli a raccogliere dalla viva voce di Wanda quello sconforto. Le prostitute erano rassegnate alla concorrenza delle ragazze da marito, ormai addestrate e disinibite, pronte alla bisogna e risulta perciò fuori tempo - perfino tenera - la denuncia di Michela Marzano appena ieri, su Repubblica: "Noi, insultate a Montecitorio. Basta con la violenza nei confronti delle donne".
Tutto è nel dettaglio, Marzano (che è anche deputato) è filosofa, insegna agli allievi cosa sia lo hate speech (l'incitamento all'odio) e, nel riferire quanto è successo in una giornata di insulti, è costretta a digitare per intero una frase. Ed è precisamente quella che a proposito di "pompino" un grillino ha rivolto a lei e ad altre sue colleghe del Pd, una delle quali, l'assai spiritosa Giuditta Pini, ha ben saputo ribaltare: "Ho preso oltre settemila preferenze, mi fa ancora male la mandibola...".
Così si legge in una cronaca live di Mattia Feltri sulla Stampa e tutto, a questo punto, è nel dettaglio. I confini semantici tra lupanare e agorà parlamentare - in tema di hate speech, giusto per gradire - si sono sovrapposti ma la faccenda è vecchia.
Gli stessi insulti sessisti venivano riservati ai giovani dirigenti del Partito radicale, considerato come l'unica setta laica in cui vigeva lo ius primae noctis; la stagione leghista, all'insegna del celodurismo, al grido di "bonassa!", inseguiva la formidabile bellezza di Margherita Boniver, dirigente del Psi, e se oggi le ragazze da marito - belle e in gamba come Alessandra Moretti, democratiche per di più - prendono il posto delle olgettine nel teatro delle ingiurie è un fatto su cui dobbiamo fare i conti perché questa del dar delle "pompinare" è la stessa furia sessista di appena l'altroieri, arroventata oggi su altre grazie, altrettanto graziose.
Non ieri, ma l'altroieri. Quando appunto Mara Carfagna, ministro della Repubblica, sottoposta all'aggressione in ragione del suo essere sexy, musa dell'immaginario berlusconiano qual è, veniva invitata a "stringere i denti". Tutti, sognando l'evirazione del Cav.-Priapo, ridevano alle battute di Sabina Guzzanti. E tutti - su quel dettaglio - esercitavano la propria dose di voyeurismo gustandosi la sfilata delle Bunga- girl lungo i corridoi del tribunale di Milano, leccandosi i baffi davanti alla tivù, fino all'inimmaginabile: nientemeno che l'orgia lesbo in zona tavernetta.
Così nel racconto di Michelle Bonev, ospite di "Servizio pubblico", con Michele Santoro - padrone di casa - compreso nel ruolo di colui che, mettendo le mutande al porco, redime "la bottana socialdemocratica".
E qui lo hate speech cade a fagiolo, altro che, perché la mistica del "corpo delle donne" vale per l'una - sia essa Nicole Minetti - come per le altre. Urge per chi si spara il botox sul labbro quanto per chi mette il cerchietto tra i capelli, altrimenti tutta questa odiosa minettizzazione della Marzano - per vox grillina - nell'ovvia solidarietà, rischia di non trovare alcun contravveleno perché il "quando?" di "se non ora, quando?" è già bello che passato.
Tutto il venire meno di "educazione e rispetto" denunciato da Marzano è venuto meno quando l'ideologicamente corretto stabiliva la scala valoriale A) e B) laddove serie A erano le ragazze per bene dell'Italia eticamente adulta (quella del Palasharp, col minorenne di Libertà e Giustizia sul palco) mentre serie B di Buttane erano le ragazze perdute del berlusconismo.
La femmina, dunque - sempre per vox grillina - è diventata malafemmina non solo per un incontrollato contrappasso ma per via di un'invisibile smania moralista con cui la sinistra ha svenduto la propria ragione sociale, libertaria perfino, femminista infine. Ma intanto c'è questo sessismo e, con questo, il dettaglio. Con tutto quel che ne consegue in gioco di eventi.
A dare la solidarietà alla Marzano, alla Moretti e al faccino "pulito" di Maria Elena Boschi saranno le olgettine. E a questo punto sarà vera quella che viene spacciata per leggenda. A dettare il copione ai grillini, a Beppe Grillo stesso, a Gianroberto Casaleggio, non possono essere che Carlo Freccero e Antonio Ricci. Una situazione così situazionista, pronta alla bisogna, neppure Guy Debord avrebbe potuto architettarla. D'altronde, si sa, Karl Marx non riuscì a immaginare mai la rivoluzione proletaria a Mosca.
Vuol dire che se Bauhaus sarà, sarà fatta a Montecitorio. Per dirla con Augusto Del Noce, in tema di tabù e sesso, doveva essere la chiesa a crollare non certo la sinistra che ancora qualche giorno fa, sulle tracce della stanza 114 di un albergo, cercava di raggranellare crediti elettorali perlustrando le lenzuola di un politico di provincia, in Abruzzo.
Doveva essere la destra a stampigliare pecette nere su tette e culi, non certo la sinistra che sembra essersela cercata come Nino Manfredi in "Vedo nudo" quando, matto tutto di sesso matto, pazzo di frenesia con quel po' di occhiali coi vetri a raggi X, perfetti per guardare le donne e vederle in sottana, a furia di fare giro, giro, giro intorno a se stesso, si ritrovava a fotografare un solo culo, il proprio, e far trottola di se stesso. Con tanto di grido di dolore: "Peggio che con una moglie. Costretto a fare sesso con se stesso".
2 - COLPA DEI MASCHI, PERÒ ANCHE NOI...
Marianna Rizzini per "il Foglio"
E' il day after del caso "De Rosa", dal nome del parlamentare grillino che ha apostrofato le deputate pd con la frase "siete qui perché siete brave solo a fare i pompini". Le interessate l'hanno denunciato, la procura ha aperto un fascicolo, la filosofa e deputata pd Michela Marzano ha raccontato la vicenda su Repubblica, la deputata pd Alessandra Moretti ha descritto il tutto, senza censure, a "Otto e mezzo", e De Rosa ieri se n'è uscito con una frase che è parsa incredibile alle insultate: "... in Parlamento si entra così. Ho detto quello che pensano tutti gli italiani".
In Parlamento si entra così: dove abbiamo sentito questa frase, prima? Viene solo da atavico maschilismo o anche da altro? Per esempio anche dall'eco di passate campagne di stampa, di piazza e di tribunale in cui alcune donne (parlamentari e ministre di centrodestra, olgettine, Ruby), prese come simbolo di vita "dissoluta" dell'ex premier B., venivano insultate per insultare lui, sì, ma senza troppo pensare all'offesa fatta alla donna? E oggi che il grillino De Rosa dice quello che gli striscioni in piazza (e Sabina Guzzanti, nel 2008) dicevano all'ex ministro Mara Carfagna, il dibattito si riapre.
La scrittrice Lidia Ravera, nel 2011 tra le promotrici del "Peraltro io non incolpo le donne", dice Ravera, "ma i meccanismi di promozione sociale vigenti in questo paese, basati su ogni sorta di opportunismo, sessuale e non, che riguarda entrambi i sessi. Invito le donne a rispedire al mittente, in un coro trasversale, la subcultura in base alla quale veniamo promosse o bocciate in virtù della nostra disponibilità a giocare il ruolo dell'oggetto".
Ma c'è chi, come la giornalista Paola Tavella, punzecchia su Facebook le donne di "Senonoraquando", alludendo a un precedente deficit di sensibilità su casi analoghi: "... Ehi ragazze, ma vi ricordate gli insulti a Carfagna, Santanchè eccetera? Ora vi tocca mangiare la minestra che avete preparato. Fa schifo vero?".
Si ritorna lì: all'idea che il clima di riprovazione collettiva e ossessività morbosa sullo stile di vita "Bunga-Bunga", unito all'urgenza di liberarsi anche politicamente del Caimano, possa, in alcuni casi, aver dato una sorta di lasciapassare all'offesa sessista collegata a una presunta superiorità morale (tipo gli striscioni "Fuori le zoccole dallo stato").
E che il chiacchiericcio morboso, unito alla divisione antropologica tra donne perbene e donne permale, possa aver nutrito l'indignazione un tanto al chilo (internettiana e non) che poi si sfoga anche a livello di sessismo. Ma Elisabetta Addis, che nel 2011 era nel comitato promotore di "Senonoraquando", respinge alla radice l'idea: "Noi non abbiamo mai criticato altre donne. Abbiamo criticato l'ex presidente del Consiglio. Noi non ce la prendiamo mai con le donne, qualsiasi mestiere facciano, ma con i puttanieri. Il fatto che alcune donne non abbiano difeso la Carfagna come avrebbe meritato non significa che la minestra l'abbiano preparata le donne.
La minestra misogina alberga negli uomini di destra e anche un po' in quelli di sinistra. Faccio notare che la maggior parte di quelli che facevano gossip sulle ex ministre del Pdl erano maschi. E l'idea che le donne siano divise in perbene e permale è il riflesso del complesso angelo-puttana, complesso che hanno i maschi".
Michela Marzano, interpellata come deputata e testimone oculare sul caso De Rosa (di cui ha scritto ieri su Repubblica) e come filosofa del "corpo delle donne", dice che la "preoccupazione" antisessista, per quanto la riguarda, "è sempre stata trasversale: da quando sono in Parlamento ho sempre reagito, assieme a colleghe di diversi partiti, a insulti o violenze rivolte a qualunque donna, per esempio quando i Cinque stelle hanno detto a Mara Carfagna, persona seria e che lavora, ‘torna a fare la velina'.
Forse però è vero che in passato c'è stata leggerezza nel modo di affrontare un problema profondo, che parla di una mentalità che non si riesce a scardinare. Si pensava che questi insulti riguardassero solo alcune donne, mentre riguardano tutte le donne". C'è chi, come la filosofa Vittoria Ottonelli, ha scritto un libro sul tema (nel 2011): "Libertà delle donne. Contro il femminismo moralista".
Un saggio in cui le manifestazioni di "Senonoraquando" e i documentari tipo "Il corpo delle donne" di Lorella Zanardo venivano presi a esempio di un certo automatismo nel dividere il mondo in donne che si sacrificano (mamme, lavoratrici e studentesse) e in donne che preferiscono prendere la via più breve. Per Ida Dominijanni, filosofa e firma del Manifesto, il problema "è l'immaginario sessuale e politico maschile.
Dopodiché è vero che due o tre anni fa si è appiccicato esclusivamente addosso alle olgettine e alle donne politiche berlusconiane un pregiudizio che viene da una mentalità che riguarda anche il questore della Camera Dambruoso, il quale tra qualche giorno parteciperà a un convegno contro il femminicidio dopo aver dato colpi di karatè in Parlamento alla deputata Lupo".manifesto di "Senonoraquando" e dell'omonima manifestazione, mette subito un paletto: l'insulto di De Rosa, dice al Foglio, è effetto "della convinzione radicata, e per alcuni addirittura inconscia, secondo la quale le donne sono funzione del desiderio maschile. Ma non si può collegare il fatto che le donne vengano continuamente insultate al fatto che qualcuna possa aver detto che ci sono carriere favorite dagli appetiti maschili"
Il lessico della Tv è mutato. Anche la fascia protetta è saltata. Segno dei tempi.
Al di là di qualsiasi moralismo, appare evidente la differenza di linguaggio della Tv castigata degli anni '50 e '60 di Barnabei, in cui era severamente proibito nei Tg citare "Membro del Parlamento".
01 FEB 2014 13:15
1. I GRILLINI DANNO DELLE POMPINARE ALLE PIDDINE E S’ARMA LA CANEA DEL FEMMINISMO -
2. LO STESSO CHE, PER ANNI, HA TACIUTO QUANDO AD ALTRE DONNE, ESCLUSIVAMENTE BERLUSCONIANE, CONSIDERATE FORSE DI SERIE B, VENIVA RISERVATO TRATTAMENTO PEGGIORE -
3. QUANDO PARLAMENTARI E MINISTRE DI CENTRODESTRA, OLGETTINE E RUBY, VENIVANO INSULTATE (“MARA, STRINGI I DENTI”) PER COLPIRE IL BANANA, TUTTO ERA LECITO? -
4. ALLORA LA RETORICA SUL “CORPO DELLE DONNE” ERA DISINNESCATA? LE OFFESE SESSISTE NON RIGUARDANO ALCUNE, MA TUTTE LE DONNE. MENTRE, IL MORALISMO MANICHEO DELLA SINISTRA PURITANA AMA DISTINGUERE LE “BOTTANE” DALLE “PIE FIMMINE” -
4. LA GIORNALISTA PAOLA TAVELLA, PUNZECCHIA LE “SENONORAQUANDINE”: “EHI RAGAZZE, MA VI RICORDATE GLI INSULTI A CARFAGNA, SANTANCHÈ ECCETERA? ORA VI TOCCA MANGIARE LA MINESTRA CHE AVETE PREPARATO. FA SCHIFO VERO?” -
1 - LA PORNO-POLITICA ORA TOCCA ALLA SINISTRA
Pietrangelo Buttafuoco per "il Foglio"
L'ultimo grido di dolore della virtù fu quello di una buttana: "Adesso anche le mogli fanno i pompini!". Era il 20 febbraio 1958 e in forza della legge Merlin venivano chiusi i casini nel territorio italiano. Fu Indro Montanelli a raccogliere dalla viva voce di Wanda quello sconforto. Le prostitute erano rassegnate alla concorrenza delle ragazze da marito, ormai addestrate e disinibite, pronte alla bisogna e risulta perciò fuori tempo - perfino tenera - la denuncia di Michela Marzano appena ieri, su Repubblica: "Noi, insultate a Montecitorio. Basta con la violenza nei confronti delle donne".
Tutto è nel dettaglio, Marzano (che è anche deputato) è filosofa, insegna agli allievi cosa sia lo hate speech (l'incitamento all'odio) e, nel riferire quanto è successo in una giornata di insulti, è costretta a digitare per intero una frase. Ed è precisamente quella che a proposito di "pompino" un grillino ha rivolto a lei e ad altre sue colleghe del Pd, una delle quali, l'assai spiritosa Giuditta Pini, ha ben saputo ribaltare: "Ho preso oltre settemila preferenze, mi fa ancora male la mandibola...".
Così si legge in una cronaca live di Mattia Feltri sulla Stampa e tutto, a questo punto, è nel dettaglio. I confini semantici tra lupanare e agorà parlamentare - in tema di hate speech, giusto per gradire - si sono sovrapposti ma la faccenda è vecchia.
Gli stessi insulti sessisti venivano riservati ai giovani dirigenti del Partito radicale, considerato come l'unica setta laica in cui vigeva lo ius primae noctis; la stagione leghista, all'insegna del celodurismo, al grido di "bonassa!", inseguiva la formidabile bellezza di Margherita Boniver, dirigente del Psi, e se oggi le ragazze da marito - belle e in gamba come Alessandra Moretti, democratiche per di più - prendono il posto delle olgettine nel teatro delle ingiurie è un fatto su cui dobbiamo fare i conti perché questa del dar delle "pompinare" è la stessa furia sessista di appena l'altroieri, arroventata oggi su altre grazie, altrettanto graziose.
Non ieri, ma l'altroieri. Quando appunto Mara Carfagna, ministro della Repubblica, sottoposta all'aggressione in ragione del suo essere sexy, musa dell'immaginario berlusconiano qual è, veniva invitata a "stringere i denti". Tutti, sognando l'evirazione del Cav.-Priapo, ridevano alle battute di Sabina Guzzanti. E tutti - su quel dettaglio - esercitavano la propria dose di voyeurismo gustandosi la sfilata delle Bunga- girl lungo i corridoi del tribunale di Milano, leccandosi i baffi davanti alla tivù, fino all'inimmaginabile: nientemeno che l'orgia lesbo in zona tavernetta.
Così nel racconto di Michelle Bonev, ospite di "Servizio pubblico", con Michele Santoro - padrone di casa - compreso nel ruolo di colui che, mettendo le mutande al porco, redime "la bottana socialdemocratica".
E qui lo hate speech cade a fagiolo, altro che, perché la mistica del "corpo delle donne" vale per l'una - sia essa Nicole Minetti - come per le altre. Urge per chi si spara il botox sul labbro quanto per chi mette il cerchietto tra i capelli, altrimenti tutta questa odiosa minettizzazione della Marzano - per vox grillina - nell'ovvia solidarietà, rischia di non trovare alcun contravveleno perché il "quando?" di "se non ora, quando?" è già bello che passato.
Tutto il venire meno di "educazione e rispetto" denunciato da Marzano è venuto meno quando l'ideologicamente corretto stabiliva la scala valoriale A) e B) laddove serie A erano le ragazze per bene dell'Italia eticamente adulta (quella del Palasharp, col minorenne di Libertà e Giustizia sul palco) mentre serie B di Buttane erano le ragazze perdute del berlusconismo.
La femmina, dunque - sempre per vox grillina - è diventata malafemmina non solo per un incontrollato contrappasso ma per via di un'invisibile smania moralista con cui la sinistra ha svenduto la propria ragione sociale, libertaria perfino, femminista infine. Ma intanto c'è questo sessismo e, con questo, il dettaglio. Con tutto quel che ne consegue in gioco di eventi.
A dare la solidarietà alla Marzano, alla Moretti e al faccino "pulito" di Maria Elena Boschi saranno le olgettine. E a questo punto sarà vera quella che viene spacciata per leggenda. A dettare il copione ai grillini, a Beppe Grillo stesso, a Gianroberto Casaleggio, non possono essere che Carlo Freccero e Antonio Ricci. Una situazione così situazionista, pronta alla bisogna, neppure Guy Debord avrebbe potuto architettarla. D'altronde, si sa, Karl Marx non riuscì a immaginare mai la rivoluzione proletaria a Mosca.
Vuol dire che se Bauhaus sarà, sarà fatta a Montecitorio. Per dirla con Augusto Del Noce, in tema di tabù e sesso, doveva essere la chiesa a crollare non certo la sinistra che ancora qualche giorno fa, sulle tracce della stanza 114 di un albergo, cercava di raggranellare crediti elettorali perlustrando le lenzuola di un politico di provincia, in Abruzzo.
Doveva essere la destra a stampigliare pecette nere su tette e culi, non certo la sinistra che sembra essersela cercata come Nino Manfredi in "Vedo nudo" quando, matto tutto di sesso matto, pazzo di frenesia con quel po' di occhiali coi vetri a raggi X, perfetti per guardare le donne e vederle in sottana, a furia di fare giro, giro, giro intorno a se stesso, si ritrovava a fotografare un solo culo, il proprio, e far trottola di se stesso. Con tanto di grido di dolore: "Peggio che con una moglie. Costretto a fare sesso con se stesso".
2 - COLPA DEI MASCHI, PERÒ ANCHE NOI...
Marianna Rizzini per "il Foglio"
E' il day after del caso "De Rosa", dal nome del parlamentare grillino che ha apostrofato le deputate pd con la frase "siete qui perché siete brave solo a fare i pompini". Le interessate l'hanno denunciato, la procura ha aperto un fascicolo, la filosofa e deputata pd Michela Marzano ha raccontato la vicenda su Repubblica, la deputata pd Alessandra Moretti ha descritto il tutto, senza censure, a "Otto e mezzo", e De Rosa ieri se n'è uscito con una frase che è parsa incredibile alle insultate: "... in Parlamento si entra così. Ho detto quello che pensano tutti gli italiani".
In Parlamento si entra così: dove abbiamo sentito questa frase, prima? Viene solo da atavico maschilismo o anche da altro? Per esempio anche dall'eco di passate campagne di stampa, di piazza e di tribunale in cui alcune donne (parlamentari e ministre di centrodestra, olgettine, Ruby), prese come simbolo di vita "dissoluta" dell'ex premier B., venivano insultate per insultare lui, sì, ma senza troppo pensare all'offesa fatta alla donna? E oggi che il grillino De Rosa dice quello che gli striscioni in piazza (e Sabina Guzzanti, nel 2008) dicevano all'ex ministro Mara Carfagna, il dibattito si riapre.
La scrittrice Lidia Ravera, nel 2011 tra le promotrici del "Peraltro io non incolpo le donne", dice Ravera, "ma i meccanismi di promozione sociale vigenti in questo paese, basati su ogni sorta di opportunismo, sessuale e non, che riguarda entrambi i sessi. Invito le donne a rispedire al mittente, in un coro trasversale, la subcultura in base alla quale veniamo promosse o bocciate in virtù della nostra disponibilità a giocare il ruolo dell'oggetto".
Ma c'è chi, come la giornalista Paola Tavella, punzecchia su Facebook le donne di "Senonoraquando", alludendo a un precedente deficit di sensibilità su casi analoghi: "... Ehi ragazze, ma vi ricordate gli insulti a Carfagna, Santanchè eccetera? Ora vi tocca mangiare la minestra che avete preparato. Fa schifo vero?".
Si ritorna lì: all'idea che il clima di riprovazione collettiva e ossessività morbosa sullo stile di vita "Bunga-Bunga", unito all'urgenza di liberarsi anche politicamente del Caimano, possa, in alcuni casi, aver dato una sorta di lasciapassare all'offesa sessista collegata a una presunta superiorità morale (tipo gli striscioni "Fuori le zoccole dallo stato").
E che il chiacchiericcio morboso, unito alla divisione antropologica tra donne perbene e donne permale, possa aver nutrito l'indignazione un tanto al chilo (internettiana e non) che poi si sfoga anche a livello di sessismo. Ma Elisabetta Addis, che nel 2011 era nel comitato promotore di "Senonoraquando", respinge alla radice l'idea: "Noi non abbiamo mai criticato altre donne. Abbiamo criticato l'ex presidente del Consiglio. Noi non ce la prendiamo mai con le donne, qualsiasi mestiere facciano, ma con i puttanieri. Il fatto che alcune donne non abbiano difeso la Carfagna come avrebbe meritato non significa che la minestra l'abbiano preparata le donne.
La minestra misogina alberga negli uomini di destra e anche un po' in quelli di sinistra. Faccio notare che la maggior parte di quelli che facevano gossip sulle ex ministre del Pdl erano maschi. E l'idea che le donne siano divise in perbene e permale è il riflesso del complesso angelo-puttana, complesso che hanno i maschi".
Michela Marzano, interpellata come deputata e testimone oculare sul caso De Rosa (di cui ha scritto ieri su Repubblica) e come filosofa del "corpo delle donne", dice che la "preoccupazione" antisessista, per quanto la riguarda, "è sempre stata trasversale: da quando sono in Parlamento ho sempre reagito, assieme a colleghe di diversi partiti, a insulti o violenze rivolte a qualunque donna, per esempio quando i Cinque stelle hanno detto a Mara Carfagna, persona seria e che lavora, ‘torna a fare la velina'.
Forse però è vero che in passato c'è stata leggerezza nel modo di affrontare un problema profondo, che parla di una mentalità che non si riesce a scardinare. Si pensava che questi insulti riguardassero solo alcune donne, mentre riguardano tutte le donne". C'è chi, come la filosofa Vittoria Ottonelli, ha scritto un libro sul tema (nel 2011): "Libertà delle donne. Contro il femminismo moralista".
Un saggio in cui le manifestazioni di "Senonoraquando" e i documentari tipo "Il corpo delle donne" di Lorella Zanardo venivano presi a esempio di un certo automatismo nel dividere il mondo in donne che si sacrificano (mamme, lavoratrici e studentesse) e in donne che preferiscono prendere la via più breve. Per Ida Dominijanni, filosofa e firma del Manifesto, il problema "è l'immaginario sessuale e politico maschile.
Dopodiché è vero che due o tre anni fa si è appiccicato esclusivamente addosso alle olgettine e alle donne politiche berlusconiane un pregiudizio che viene da una mentalità che riguarda anche il questore della Camera Dambruoso, il quale tra qualche giorno parteciperà a un convegno contro il femminicidio dopo aver dato colpi di karatè in Parlamento alla deputata Lupo".manifesto di "Senonoraquando" e dell'omonima manifestazione, mette subito un paletto: l'insulto di De Rosa, dice al Foglio, è effetto "della convinzione radicata, e per alcuni addirittura inconscia, secondo la quale le donne sono funzione del desiderio maschile. Ma non si può collegare il fatto che le donne vengano continuamente insultate al fatto che qualcuna possa aver detto che ci sono carriere favorite dagli appetiti maschili"
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