Voto Si, voto NO, è ripartito il tormentone.
Inviato: 08/11/2014, 1:45
ALLEANZE
Renzi e la "voglia matta" di andare a votare
Accordandosi con i Cinque stelle, il premier comincia il cammino verso le elezioni anticipate. Anche senza Italicum. E, magari, con un nuovo presidente della Repubblica. Anche se Napolitano sembra aver cambiato orientamento sulla sua permanenza al Colle
DI SUSANNA TURCO
07 novembre 2014
“Renzi ha una voglia matta di andare a votare”. Col suo piglio feroce, il senatore di Fi Augusto Minzolini la fa più breve degli altri, ma il coro, da Luigi Di Maio a Pippo Civati, è ormai piuttosto nutrito e pressoché unanime. Del resto, giusto per citare l’ultima, quando un ministro plenipotenziario come Maria Elena Boschi tira addosso a Berlusconi quella che per lui è la più grave delle offese (“il patto è fermo perché in Forza Italia litigano”), è chiaro che il premier del patto del Nazareno è pronto a fare carta straccia, se mai di carta s’è trattato.
E così, mentre dal Quirinale s’alza il sopracciglio, anche i dettagli dicono quel che nella minoranza Pd si va predicando da tempo: “Renzi cerca l’incidente perché vuol portarci alle elezioni”. E se non gli è riuscito tendendo lo scontro interno con la sinistra dem fino all’orlo della scissione, adesso – complice anche, a quanto dicono, un impercettibile mutamento sul Colle più alto – il premier ha cambiato fronte, accendendo miccette sotto la sedia dell’ex Cavaliere. “Il patto del Nazareno scricchiola, eccome se scricchiola”, è tornato a dire oggi, calcando ancora la mano sull’ultimo incontro con Berlusconi, che nelle sue parole sembra ormai essere andato male ancor di più di quanto non sia andato in realtà.
Il Patto del Nazareno scricchiola, o così vuolsi che sia detto, e nel volgere di quarantotto ore il premier ha fatto ben baluginare la sua alternativa. Nel voto congiunto coi Cinque stelle, che ha permesso l’elezione della Sciarra a giudice della Consulta e di Zaccaria al Csm, s’è infine concretizzata quella larga maggioranza che il povero Bersani a suo tempo invano inseguì, e che invece Renzi mai degnò di uno sguardo. Ma adesso è tutto diverso. Perché? Perché l’incidente è necessario, e l’unico alleato possibile per provocarlo sono proprio i grillini. Soprattutto perché nel Colle più alto qualcosa sarebbe cambiato.
Rimbomba da giorni, nelle stanze che contano, un sussurro: da qualche settimana Giorgio Napolitano, che da più parti si dava ufficiosamente come inclinante a lasciare il Quirinale in gennaio, avrebbe sul punto cambiato orientamento, rinviando il trasloco a data da destinarsi.
Come si sa, e come è sempre stato, il presidente della Repubblica non ama chi gioca al voto anticipato, considerandolo sostanzialmente un danno per il Paese, soprattutto in tempi di crisi: è in nome di questo convincimento che infatti Napolitano si adoperò a suo tempo per una soluzione al governo Berlusconi (Monti) e per uno sbocco allo stallo post elezioni 2013 (Letta). L’uomo non la vede diversamente, nemmeno nel caso di Renzi. Ma sa che un cambio al Quirinale, di questi tempi, potrebbe favorire lo sciogliete le righe del parlamento.
Il tassello del Quirinale, sarebbe dunque un ulteriore inciampo, nella strada di Renzi verso le elezioni; in aggiunta a quello rappresentato dall’alleato del Patto del Nazareno, Berlusconi, che pure il voto nel 2015 lo vede come la peste. All’uno e all’altro inciampo Renzi mostra così dunque oggi non il caos (al quale il presidente della Repubblica non potrebbe restare indifferente) ma già un’altra maggioranza, e sembra dire: coi Cinque stelle possiamo fare tutto, possiamo sbloccare l’elezione dei giudici costituzionali e perfino eleggere un nuovo presidente della Repubblica.
Non a caso, puntualissimo, il potente grillino Luigi Di Maio, oggi sul Corriere della Sera gli viene incontro, dando il benvenuto ad eventuali elezioni (“se il patto del Nazareno crollasse esulterei davvero perché si aprirebbe la strada verso il voto”) e a un accordo per eleggere il prossimo presidente della Repubblica: “Se nel Pd c’è buon senso in futuro noi ci saremo. Anche per il Quirinale”. Né potrebbero, del resto, i cinque stelle farsi sfuggire l’occasione d’oro di mostrarsi capaci di qualcosa di diverso dal solo “no”.
Dunque, a ben guardare, lo scenario di un qualche accordo tra Pd e Cinque stelle non è uno scenario di alleanza, o tanto meno di governo. E’ uno scenario che conduce al voto. Rispetto al quale, il concretizzarsi di una nuova legge elettorale conta fino a un certo punto. Sia per Renzi che per Grillo: allo stato, infatti, nei sondaggi Pd e Cinque stelle si ritrovano ad essere primo e secondo partito; e il Consultellum, che è una legge proporzionale, non farebbe ombra né all’uno né all’altro.
E allora: se il premier riesce a incassare l’Italicum col patto del Nazareno, o con qualche accordo coi grillini (il cui modello è il Democratellum), avrebbe come risultato un voto imminente, come dice la storia e come conferma il fatto che il Parlamento attuale è stato eletto con una legge giudicata poi incostituzionale.
Se il premier invece non riesce a cambiare la legge elettorale, avrà la prova fumante che le riforme non si possono fare e che dunque bisogna andare al voto. Ma l’una o l’altra ipotesi Renzi deve verificarle subito, entro fine anno. Così da poter capitalizzare il proprio, attualmente enorme, consenso, il prima possibile. Magari anche in primavera. Magari anche dopo aver scelto un nuovo capo dello Stato: una maggioranza per eleggerlo, a quanto pare, ci sarebbe.
© Riproduzione riservata 07 novembre 2014
http://espresso.repubblica.it/palazzo/2 ... =HEF_RULLO
Renzi e la "voglia matta" di andare a votare
Accordandosi con i Cinque stelle, il premier comincia il cammino verso le elezioni anticipate. Anche senza Italicum. E, magari, con un nuovo presidente della Repubblica. Anche se Napolitano sembra aver cambiato orientamento sulla sua permanenza al Colle
DI SUSANNA TURCO
07 novembre 2014
“Renzi ha una voglia matta di andare a votare”. Col suo piglio feroce, il senatore di Fi Augusto Minzolini la fa più breve degli altri, ma il coro, da Luigi Di Maio a Pippo Civati, è ormai piuttosto nutrito e pressoché unanime. Del resto, giusto per citare l’ultima, quando un ministro plenipotenziario come Maria Elena Boschi tira addosso a Berlusconi quella che per lui è la più grave delle offese (“il patto è fermo perché in Forza Italia litigano”), è chiaro che il premier del patto del Nazareno è pronto a fare carta straccia, se mai di carta s’è trattato.
E così, mentre dal Quirinale s’alza il sopracciglio, anche i dettagli dicono quel che nella minoranza Pd si va predicando da tempo: “Renzi cerca l’incidente perché vuol portarci alle elezioni”. E se non gli è riuscito tendendo lo scontro interno con la sinistra dem fino all’orlo della scissione, adesso – complice anche, a quanto dicono, un impercettibile mutamento sul Colle più alto – il premier ha cambiato fronte, accendendo miccette sotto la sedia dell’ex Cavaliere. “Il patto del Nazareno scricchiola, eccome se scricchiola”, è tornato a dire oggi, calcando ancora la mano sull’ultimo incontro con Berlusconi, che nelle sue parole sembra ormai essere andato male ancor di più di quanto non sia andato in realtà.
Il Patto del Nazareno scricchiola, o così vuolsi che sia detto, e nel volgere di quarantotto ore il premier ha fatto ben baluginare la sua alternativa. Nel voto congiunto coi Cinque stelle, che ha permesso l’elezione della Sciarra a giudice della Consulta e di Zaccaria al Csm, s’è infine concretizzata quella larga maggioranza che il povero Bersani a suo tempo invano inseguì, e che invece Renzi mai degnò di uno sguardo. Ma adesso è tutto diverso. Perché? Perché l’incidente è necessario, e l’unico alleato possibile per provocarlo sono proprio i grillini. Soprattutto perché nel Colle più alto qualcosa sarebbe cambiato.
Rimbomba da giorni, nelle stanze che contano, un sussurro: da qualche settimana Giorgio Napolitano, che da più parti si dava ufficiosamente come inclinante a lasciare il Quirinale in gennaio, avrebbe sul punto cambiato orientamento, rinviando il trasloco a data da destinarsi.
Come si sa, e come è sempre stato, il presidente della Repubblica non ama chi gioca al voto anticipato, considerandolo sostanzialmente un danno per il Paese, soprattutto in tempi di crisi: è in nome di questo convincimento che infatti Napolitano si adoperò a suo tempo per una soluzione al governo Berlusconi (Monti) e per uno sbocco allo stallo post elezioni 2013 (Letta). L’uomo non la vede diversamente, nemmeno nel caso di Renzi. Ma sa che un cambio al Quirinale, di questi tempi, potrebbe favorire lo sciogliete le righe del parlamento.
Il tassello del Quirinale, sarebbe dunque un ulteriore inciampo, nella strada di Renzi verso le elezioni; in aggiunta a quello rappresentato dall’alleato del Patto del Nazareno, Berlusconi, che pure il voto nel 2015 lo vede come la peste. All’uno e all’altro inciampo Renzi mostra così dunque oggi non il caos (al quale il presidente della Repubblica non potrebbe restare indifferente) ma già un’altra maggioranza, e sembra dire: coi Cinque stelle possiamo fare tutto, possiamo sbloccare l’elezione dei giudici costituzionali e perfino eleggere un nuovo presidente della Repubblica.
Non a caso, puntualissimo, il potente grillino Luigi Di Maio, oggi sul Corriere della Sera gli viene incontro, dando il benvenuto ad eventuali elezioni (“se il patto del Nazareno crollasse esulterei davvero perché si aprirebbe la strada verso il voto”) e a un accordo per eleggere il prossimo presidente della Repubblica: “Se nel Pd c’è buon senso in futuro noi ci saremo. Anche per il Quirinale”. Né potrebbero, del resto, i cinque stelle farsi sfuggire l’occasione d’oro di mostrarsi capaci di qualcosa di diverso dal solo “no”.
Dunque, a ben guardare, lo scenario di un qualche accordo tra Pd e Cinque stelle non è uno scenario di alleanza, o tanto meno di governo. E’ uno scenario che conduce al voto. Rispetto al quale, il concretizzarsi di una nuova legge elettorale conta fino a un certo punto. Sia per Renzi che per Grillo: allo stato, infatti, nei sondaggi Pd e Cinque stelle si ritrovano ad essere primo e secondo partito; e il Consultellum, che è una legge proporzionale, non farebbe ombra né all’uno né all’altro.
E allora: se il premier riesce a incassare l’Italicum col patto del Nazareno, o con qualche accordo coi grillini (il cui modello è il Democratellum), avrebbe come risultato un voto imminente, come dice la storia e come conferma il fatto che il Parlamento attuale è stato eletto con una legge giudicata poi incostituzionale.
Se il premier invece non riesce a cambiare la legge elettorale, avrà la prova fumante che le riforme non si possono fare e che dunque bisogna andare al voto. Ma l’una o l’altra ipotesi Renzi deve verificarle subito, entro fine anno. Così da poter capitalizzare il proprio, attualmente enorme, consenso, il prima possibile. Magari anche in primavera. Magari anche dopo aver scelto un nuovo capo dello Stato: una maggioranza per eleggerlo, a quanto pare, ci sarebbe.
© Riproduzione riservata 07 novembre 2014
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