Podemos, il partito che fa tremare la Spagna

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iospero
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Podemos, il partito che fa tremare la Spagna

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Podemos, il partito che fa tremare la Spagna

Da dove viene e cosa vuole il nuovo partito che scuote le fondamenta del Paese di Mariano Rajoy
il primo ministro Mariano Rajoy, per la prima volta, ha parlato della necessità che anche nel suo Paese si possa realizzare una convergenza tra socialisti e popolari, sul modello della Grosse Koalition tedesca.

Questa dichiarazione,che ha colto di sorpresa i media ed il mondo politico, è arrivata nello stesso giorno in cui le agenzie di stampa battevano la notizia sui risultati dell’ultimo sondaggio condotto da Metroscopia per El Pais. Risultati clamorosi, da far tremar le vene e i polsi. Secondo il giornale di Madrid se si andasse alle urne oggi, Podemos, il movimento guidato da Pablo Iglesias, risulterebbe, con il 27% delle preferenze, il primo partito spagnolo, seguito dai socialisti con il 26,2% e, a distanza di ben 7 punti percentuali, dal Partido Popular dell’attuale premier Mariano Rajoy, che si fermerebbe al 20,7%. Ne pagherebbe le conseguenze anche Izquierda Unida, cedendo quasi sei punti percentuali rispetto alle Europee (dal 9,7% al 3,8%)

Podemos, quid est?
L’esordio di questa forza politica, nata per filiazione dal movimento degli Indignados del 2011, si è avuto alle recenti elezioni europee, con un risultato molto lusinghiero, 8% di suffragi e 5 deputati. Un risultato che ha spinto i suoi promotori a virare verso una soluzione organizzativa meno informale del sodalizio. Di fatto si è dato l’avvio alla costituzione di un partito vero e proprio. Il processo costituente (Asamblea Ciudadana, Assemblea dei Cittadini) si è aperto il 15 settembre scorso e si concluderà il 14 novembre, con la votazione finale dei candidati alle cariche elettive.

Il suo leader e ideologo, Pablo Manuel Iglesias Turrión, classe 1978, è un giovane professore di Scienze politiche all’Università di Madrid, studioso di Gramsci, che ha ricevuto il battesimo alla politica tra le fila della Juventud Comunista (UJCE), l’organizzazione giovanile del Partito Comunista Spagnolo. Figura carismatica, abile comunicatore dalla retorica forbita e penetrante, Iglesias è il volto e l’anima del movimento, letteralmente. Non a caso il simbolo presentato alle scorse elezioni europee recava proprio la sua effige. Un segno dei tempi, d’altro canto, in cui la vera cifra della politica è la sua personificazione (e la sua spettacolarizzazione).
Sarà anche per questo che gli analisti si sono affrettati a fare paragoni con Grillo e il Movimento 5 Stelle. Ma le differenze tra i due movimenti sono tante, a cominciare dalla collocazione europea. I deputati di Podemos al parlamento di Strasburgo hanno scelto di stare nel gruppo del Gue, insieme ad Alexis Tsipras, alla Linke tedesca, alla nostra Altra Europa. Come ha scritto qualcuno, in loro «l’essere di sinistra è innato», e poi non demonizzano i partiti e la politica in quanto tali, sebbene ne fustighino severamente gli aspetti degenerativi e la deriva oligarchica (anche loro parlano di «casta»).

Anche sul piano della comunicazione la differenza tra Iglesias e Grillo è abissale: il leader spagnolo predilige lo scontro dialettico, vis-à-vis, soprattutto in televisione, mentre Grillo ama i monologhi, la rete e le adunate. Beninteso, anche Podemos sfrutta efficacemente la rete, sia a fini comunicativi che nel processo decisionale interno e nella formazione della rappresentanza, ma nella loro esperienza contano molto anche i territori, le assemblee di circolo, le deliberazioni pubbliche.

Va aggiunto poi che dietro Podemos non c’è solo una storia di attivismo e di mobilitazioni semispontanee contro la gestione della crisi, ma una prolungata ed intensa attività di studio e di ricerca sull’evoluzione della società spagnola e sulle conseguenze delle politiche neoliberiste, che ha avuto come luogo di elezione la facoltà di Scienze politiche dell’Università Complutense di Madrid, da cui provengono sia Pablo Iglesias che altri dirigenti del movimento.
Sul piano programmatico, oltre al tema del ricambio della classe dirigente («rottamazione») e della lotta alla corruzione, i punti più qualificanti sono quelli che afferiscono alle modalità di fuoriuscita dalla crisi che attanaglia il Paese, dove la disoccupazione, dopo quella greca, è la più alta dell’Unione (24,4% generale, 55,7% giovanile): riconversione ecologica dell’economia, nazionalizzazione dei servizi pubblici essenziali, riduzione dell’età pensionabile e dell’orario di lavoro a 35 ore settimanali, sostegno alle produzioni locali di cibo, ristrutturazione del debito, lotta alle multinazionali, allo strapotere della finanza e delle banche.

Rispetto all’Euro la posizione di Podemos è più radicale di quella del resto della Sinistra europea, ma non assimilabile a quella delle forze sovraniste perlopiù di destra e di estrema destra, come il Front National di Marine Le Pen. Il punto fermo è che la moneta unica, così come è oggi, non serve e va smantellata. Non pensano a una fuoriuscita unilaterale della Spagna dall’Eurozona, ma ritengono che insieme i Paesi europei dovrebbero valutarne il superamento, non necessariamente verso un ritorno alle vecchie divise nazionali. Sì ad una moneta comune, insomma, purché il controllo ce l’abbiano democraticamente i popoli.
camillobenso
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Re: Podemos, il partito che fa tremare la Spagna

Messaggio da camillobenso »

Loro sono stati più fortunati di noi. Non hanno avuto la classe dirigente dell'ultimo ventennio.
camillobenso
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Re: Podemos, il partito che fa tremare la Spagna

Messaggio da camillobenso »

Sembra che noi non Podemos.

Così Scanzi descrive la Brigata Don Abbondio

^^

POLITICA & PALAZZO
Minoranza Pd: la Brigata Don Abbondio dei Civati, Mineo e Ricchiuti
di Andrea Scanzi | 9 novembre 2014 COMMENTI


Non vorrei che lo sfogo lisergico della “dissidente” Ricchiuti passasse sotto silenzio. Premessa: da qualche mese, assieme ad altri deputati e senatori, Lucrezia Ricchiuti svolge (senz’altro in buonafede) il ruolo della foglia di fico di sinistra del Pd. Lei, Tocci, Mineo, Civati e un’altra decina di parlamentari piddini si costernano, si indignano e si impegnano, poi però gettano la spugna con gran dignità. Come nella Don Raffaé di Fabrizio De André. Con la loro presenza garantiscono quel 5-6% (forse più e forse meno) di voti a Renzi da parte di quegli elettori ex Pci/Pds/Ds che oggi dicono “Renzi mi sta sugli zebedei e sembra pure un po’ babbeo, però voto Pd perché c’è Civati e in fondo è ancora un partito di sinistra”. Ogni giorno la Brigata Don Abbondio dei Civati & Mineo va in tivù e sui giornali a dire quanto Renzi sia brutto (senz’altro) cattivo (abbastanza) e di destra (no doubt), poi però quando c’è da votare contro Renzi marca sempre visita.

E’ accaduto nei giorni scorsi anche per lo Sblocca-Italia. Ed è qui che la “dissidente” Ricchiuti si è consegnata alla leggenda. Ascoltiamola: “Cosa volete che vi spieghi? Che ho votato la fiducia e con essa un provvedimento che peggio di cosí non si può? Che io e Mineo avevamo deciso di non votare ma che dopo pressioni e telefonate che ci invitavano a votare perché i numeri non c’erano e perché non ci potremmo permettere di far cadere il governo adesso, alla fine abbiamo deciso di votare? Dico solo una cosa: così non possiamo continuare. Impedire ai parlamentari di discutere e poter migliorare provvedimenti sbagliati o clientelari come lo sblocca Italia, ci porterà solo nel burrone. Non è possibile andare avanti a colpi di fiducia: non va bene per l’opposizione ma neanche per la maggioranza”.

Non è un fake: lo ha scritto proprio la Ricchiuti. Di questo sfogo accorato, vergato personalmente sulla pagina Facebook della senatrice, colpiscono in particolare alcune cose: 1) I “dissidenti” alla Mineo & Ricchiuti votano contro Renzi solo quando il loro votare contro non conta nulla. Cioè votano contro per gioco. Se il loro voto contro si rivela decisivo (“i numeri non c’erano e perché non ci potremmo permettere di far cadere il governo adesso”), non votano contro (basta qualche “pressione e telefonata”) e rientrano zelantemente nei ranghi. Chiamasi dissenso finto, o dissenso per scherzo. Più esattamente, chiamasi “mi faccio la mia correntina redditizia ma sul più bello obbedisco alle note statiste Boschi, anche perché col cavolo che poi mi rieleggono se il governo cade e torniamo al voto”. 2) I “dissidenti” alla Mineo & Ricchiuti continuano a stare in un partito la cui democrazia interna è – a loro dire – pari a quella dei gulag o giù di lì (“Impedire ai parlamentari di discutere e poter migliorare (…) ci porterà solo nel burrone”). Gridano all’assolutismo e all’autoritarismo, ma ad andarsene neanche ci pensano. Chissà perché.

Gentile Ricchiuti, io non ho dubbi sulla sua buonafede, e condivido alcune sue analisi politiche. Non fatico a immaginare quanto sia umiliante, per una persona intelligente come lei, prendere ordini dalle Madia. Ci faccia però un favore, lei come gli altri partigiani sparuti della Brigata Don Abbondio: smettetela di prenderci – ma più che altro di prendervi – in giro. C’è un limite anche al paraculismo. Non c’è traccia alcuna di coerenza nel vostro agire e il coraggio non si compra su eBay come spererebbe forse Civati. Non è mai tardi per un rigurgito di dignità, quando non di coscienza, ma mi pare che ve la stiate prendendo sin troppo comoda. Più passa il tempo e più ricordate quel vecchio pugile che, dopo aver preso cazzotti come se piovesse, raccontò così la sua sconfitta agli amici: “Ne ho prese tante, ma non sapete quante gliene ho dette”. Nietzsche sosteneva che gli uomini, prim’ancora che pavidi, sono pigri e temono la sincerità incondizionata; è però verosimile che, se vi avesse conosciuto, avrebbe probabilmente riscritto il concetto di codardia politica. Buon lavoro e buon dissenso disinnescato.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/11 ... i/1201042/
camillobenso
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Re: Podemos, il partito che fa tremare la Spagna

Messaggio da camillobenso »

ECONOMIA OCCULTA
Da Podemos a Syriza, il coraggio di tornare al socialismo
di Loretta Napoleoni | 23 novembre 2014 COMMENTI



Gli indignados spagnoli, il movimento spontaneo che nel 2011 ha scosso la Spagna sull’onda della primavera araba, concretizzatasi sull’altra sponda del mar Mediterraneo, è diventato un partito. Traducendo lo slogan che ha portato il Presidente Obama alla vittoria ‘yes, we can’, Podemos propone riforme radicali che lasciano in bocca un po’ di sapore di socialismo, per esempio, vietare alle imprese che vanno bene di licenziare i dipendenti; mettere la Banca centrale europea sotto la giurisdizione del parlamento; introdurre la settimana lavorativa di 35 ore per lavorare meno ma lavorare tutti; abbassare l’età pensionabile a 60 anni.

Ogni tanto la retorica socialista compare anche nel linguaggio usato dal leader appena eletto di Podemos, Pablo Iglesias (che non è parente del celeberrimo cantante Julio). Pablo proviene dalla facoltà di scienze politiche dell’Università Complutense di Madrid, meglio nota nei circoli della destra spagnola come ‘uno dei covi della sinistra’. Innegabile che Podemos, nato appena 10 mesi fa’, sia un movimento ed ora un partito costruito su un’agenda anti establishment, ma non è chiaro neppure a chi lo gestisce se la sua sia una bandiera molto simile a quella che la sinistra sventolava durante la Guerra.

Nonostante l’amicizia e simpatia che corre tra Podemos e la greca Syriza o l’irlandese Sinn Fein e nonostante i buoni risultati riportati da questi partiti nelle elezioni europee di maggio – Podemos 7,92; Sinn Fein 19,52; Syriza 26, 57 – non ci troviamo di fronte alla versione moderna dell’internazionale socialista.

Pablo Iglesias ci tiene a tenere le distanze dalla dicotomia classica destra sinistra, e forse non è un errore dato che dalla morte di Franco il processo di democratizzazione spagnolo è avvenuto sullo sfondo di due partiti, uno di destra, il PP, ed uno di sinistra, il PSOE. Discorso analogo vale per la Grecia, naturalmente, ed anche per l’Italia dove la contrapposizione destra sinistra ha caratterizzato tutto il dopoguerra fino alla caduta del Muro di Berlino. Dato che i resti delle carcasse – perché di questo ormai si stratta ormai – di questi partiti sono ancora presenti nell’arena politica di tutte queste nazioni, la cosa migliore, a detta di Podemos ed altri partiti europei simili, è evitare di confondere l’elettorato parlando invece di destra e sinistra, come ai tempi del ’68, di chi sta sopra e chi sta sotto.

Nel linguaggio di Iglesias come in quello di Alexis Tsipras, il leader greco, la dicotomia è tra quella piccola percentuale di ricchi ed il resto della popolazione, tra Germania e paesi dell’area mediterranea, che tradotto nel linguaggio degli anni Sessanta e Settanta significa rispettivamente tra capitale e lavoro e tra Stati Uniti e le sue colonie europee. Insomma molto poco è cambiato nella sostanza ma molto nell’apparenza e presentazione dei messaggi.

Iglesias è un uomo mediatico, come tutti i leader europei che cavalcano la tigre dell’anti-establishment, da Beppe Grillo al suo alleato Nigel Farage, passa più tempo davanti alle telecamere ed a microfoni che nelle riunioni di partito per formulare visioni politiche future. I programmi economici, sociali e politici vengono messi insieme sulla base delle richieste di una popolazione ormai allo stremo delle forze, vessata da anni di austerità ed impoverita da una recessione ormai trasformatasi in deflazione. I guru sono economisti di grido come Krugman e Stigliz, un tempo membri dell’establishment che hanno abbandonato all’indomani del grande crollo del 2008, quindi niente Marx, Lenin o Mao Tse Tung. Ma anche le tesi o le proposte dei nuovi guru vengono cannibalizzate secondo le lamentele espresse dalla popolazione. Insomma, nonostante si pensi che alle prossime elezioni spagnole Podemos potrebbe superare il 20 per cento, questo balzo non sarà legato ad una visione coerente ed alternativa dell’economia e della politica spagnola, ma ad un malcontento generale nei confronti degli altri partiti.

Eppure il fronte costituito da Podemos, Syriza e Sinn Fein ha tutti i numeri per resuscitare la teoria economica socialista e per adattarla ad un’Europa non più divisa ma unita da un’economia che ormai è destinata a convergere sulla base del modello classico del capitalismo neo-liberista. Insomma, avere il coraggio di giocare la carta socialista vera invece di quella della comunicazione, potrebbe dare all’Europa quella scossa di cui tutti sono ormai convinti abbia bisogno.

di Loretta Napoleoni | 23 novembre 2014


http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/11 ... o/1228893/
camillobenso
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Re: Podemos, il partito che fa tremare la Spagna

Messaggio da camillobenso »

Vero o falso???

Dalla vox populi dell'articolo precedente:


Mauro Rossi • 2 ore fa
La sinistra parlamentare, vigliacca e meretrice, è solo fumo agli occhi per il popolo bue. Essa esprime dissenso nei talk show e nelle manifestazioni di piazza, ma poi nei palazzi e nei ristoranti va a braccetto con i caporioni delle oligarchie finanziarie progettando le controriforme del lavoro e l'annientamento dello stato sociale.
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