Top vergognescion...
Re: Top vergognescion...
A proposito di "Renzi berlusconiano" e dei pericoli di inquinamento.
Siamo al punto di presentare insieme ai fascisti ddl comuni che attengono alla libertà di stampa!
Ma di che parliamo?
COMUNICATO STAMPA
Sallusti, DDL Chiti - Gasparri su modifica reato di diffamazione
di Vannino Chiti, pubblicato il 27 settembre 2012
I senatori Vannino Chiti, vice presidente del Senato (Pd) e Maurizio Gasparri, presidente del gruppo Pdl, anche alla luce del confronto che si e' svolto ieri a 'Porta a Porta' sul caso Sallusti, hanno presentato oggi un disegno di legge volto a modificare il reato di diffamazione previsto dal Codice penale. ''Si tratta di una proposta'', come spiegano Chiti e Gasparri in una nota, ''aperta al contributo di tutti i senatori per consegnare rapidamente al Parlamento un testo su cui potersi confrontare''. Nello specifico, i due senatori ritengono "urgente intervenire sulla disciplina della responsabilita' per diffamazione in Italia omogeneizzandola agli standard europei che prevedono sanzioni pecuniarie e non detentive. L'intento e' quello di un equilibrio tra la liberta' di stampa e la tutela della reputazione dei singoli".
http://www.partitodemocratico.it/doc/24 ... azione.htm
Siamo al punto di presentare insieme ai fascisti ddl comuni che attengono alla libertà di stampa!
Ma di che parliamo?
COMUNICATO STAMPA
Sallusti, DDL Chiti - Gasparri su modifica reato di diffamazione
di Vannino Chiti, pubblicato il 27 settembre 2012
I senatori Vannino Chiti, vice presidente del Senato (Pd) e Maurizio Gasparri, presidente del gruppo Pdl, anche alla luce del confronto che si e' svolto ieri a 'Porta a Porta' sul caso Sallusti, hanno presentato oggi un disegno di legge volto a modificare il reato di diffamazione previsto dal Codice penale. ''Si tratta di una proposta'', come spiegano Chiti e Gasparri in una nota, ''aperta al contributo di tutti i senatori per consegnare rapidamente al Parlamento un testo su cui potersi confrontare''. Nello specifico, i due senatori ritengono "urgente intervenire sulla disciplina della responsabilita' per diffamazione in Italia omogeneizzandola agli standard europei che prevedono sanzioni pecuniarie e non detentive. L'intento e' quello di un equilibrio tra la liberta' di stampa e la tutela della reputazione dei singoli".
http://www.partitodemocratico.it/doc/24 ... azione.htm
Re: Top vergognescion...
Gasparri-2 la vendetta
di Marco Travaglio | 6 ottobre 2012
Siccome Calderoli, che aveva ben meritato col Porcellum, sta scrivendo la nuova legge elettorale, a chi è stata affidata la riforma della diffamazione? A un altro benemerito della libertà di stampa: naturalmente Gasparri. La nuova norma, firmata anche dall’astuto Vannino Chiti del Pd, dovrebbe passare giovedì in sede deliberante alla commissione Giustizia del Senato, senza passare dall’Aula. Tanta fretta viene giustificata con l’esigenza di salvare dal carcere il direttore del Giornale Alessandro Sallusti, condannato a 14 mesi senza la condizionale per omesso controllo su un articolo pieno di balle. Ed è una balla anche la giustificazione, perché Sallusti in carcere non ci andrà, salvo che ne faccia espressa richiesta (rifiutando i servizi sociali e i domiciliari).
Come la pensiamo sul tema l’abbiamo scritto: la legge attuale è incivile perché la pena detentiva dev’essere l’extrema ratio, riservata ai giornalisti che mentono sapendo di mentire e rifiutano di rettificare le inesattezze o le falsità che hanno scritto. Ma questo punto fondamentale la porcata Gasparri-Chiti neppure lo sfiora. Si limita ad abrogare le pene detentive tout court, anche per i diffamatori professionali e incalliti. E a sostituirle con pene pecuniarie che non potranno essere inferiori ai 30 mila euro. Oggi, se un cronista pubblica una lieve inesattezza causando un piccolo danno, può essere condannato anche a una multa e una riparazione pecuniaria di poche decine di euro: in futuro il giudice non potrà affibbiargliene meno di 30 mila (il massimo non è fissato: teoricamente, anche miliardi). E, come se il primo bavaglio non bastasse, eccone un altro: i direttori responsabili di giornali e testate radio o tv risponderanno di omesso controllo anche per tutto quanto esce sulle edizioni online. Due spade di Damocle che convinceranno molti giornali e siti a chiudere e molti giornalisti a smettere di scrivere o a dedicarsi a rubriche di giardinaggio o gastronomia. E questa schifezza liberticida viene spacciata per un capolavoro di civiltà, solo perché nessun giornalista rischierà più il carcere (peraltro all’italiana, cioè finto).
Il risultato è lampante: gli editori miliardari continueranno a scatenare campagne di menzogne contro avversari politici o affaristici tramite i loro killer a mezzo stampa, che saranno disposti a tutto: tanto, se condannati, non rischieranno più una pena detentiva (che, se cumulata più volte, potrebbe anche superare i fatidici tre anni e portarli davvero in cella), ma solo una multa. Che, per quanto salata, non pagheranno di tasca propria, ma accolleranno ai loro mandanti, come incerto del mestiere, anzi come investimento per i loro sporchi interessi. Idem per i giornali che non vendono una copia, ma sono finanziati dai milioni del finanziamento pubblico e ne accantoneranno una parte nel fondo-rischi per campagne di discredito. Invece i giornali piccoli come il nostro, che campano solo grazie ai propri lettori e abbonati, vivranno sotto il perenne ricatto di querele che, ogni volta che finiranno male, sottrarranno al giornalista o alla società da 30 mila euro in su, col rischio di chiudere bottega e senza potersi difendere rettificando eventuali errori commessi in buona fede. Un trionfo per i bugiardi e una disfatta per i giornalisti onesti.
Ps. Due anni fa ho fatto causa a Gasparri per aver mentito sapendo di mentire, dicendo in tv che andavo in vacanza a spese di mafiosi quando già avevo documentato pubblicamente che le ferie in questione me le ero pagate fino all’ultimo euro. Lui, anziché scusarsi e rettificare, si fa scudo dell’insindacabilità parlamentare. Intanto, fra un’udienza e l’altra, riforma la diffamazione. Per competenza specifica.
di Marco Travaglio | 6 ottobre 2012
Siccome Calderoli, che aveva ben meritato col Porcellum, sta scrivendo la nuova legge elettorale, a chi è stata affidata la riforma della diffamazione? A un altro benemerito della libertà di stampa: naturalmente Gasparri. La nuova norma, firmata anche dall’astuto Vannino Chiti del Pd, dovrebbe passare giovedì in sede deliberante alla commissione Giustizia del Senato, senza passare dall’Aula. Tanta fretta viene giustificata con l’esigenza di salvare dal carcere il direttore del Giornale Alessandro Sallusti, condannato a 14 mesi senza la condizionale per omesso controllo su un articolo pieno di balle. Ed è una balla anche la giustificazione, perché Sallusti in carcere non ci andrà, salvo che ne faccia espressa richiesta (rifiutando i servizi sociali e i domiciliari).
Come la pensiamo sul tema l’abbiamo scritto: la legge attuale è incivile perché la pena detentiva dev’essere l’extrema ratio, riservata ai giornalisti che mentono sapendo di mentire e rifiutano di rettificare le inesattezze o le falsità che hanno scritto. Ma questo punto fondamentale la porcata Gasparri-Chiti neppure lo sfiora. Si limita ad abrogare le pene detentive tout court, anche per i diffamatori professionali e incalliti. E a sostituirle con pene pecuniarie che non potranno essere inferiori ai 30 mila euro. Oggi, se un cronista pubblica una lieve inesattezza causando un piccolo danno, può essere condannato anche a una multa e una riparazione pecuniaria di poche decine di euro: in futuro il giudice non potrà affibbiargliene meno di 30 mila (il massimo non è fissato: teoricamente, anche miliardi). E, come se il primo bavaglio non bastasse, eccone un altro: i direttori responsabili di giornali e testate radio o tv risponderanno di omesso controllo anche per tutto quanto esce sulle edizioni online. Due spade di Damocle che convinceranno molti giornali e siti a chiudere e molti giornalisti a smettere di scrivere o a dedicarsi a rubriche di giardinaggio o gastronomia. E questa schifezza liberticida viene spacciata per un capolavoro di civiltà, solo perché nessun giornalista rischierà più il carcere (peraltro all’italiana, cioè finto).
Il risultato è lampante: gli editori miliardari continueranno a scatenare campagne di menzogne contro avversari politici o affaristici tramite i loro killer a mezzo stampa, che saranno disposti a tutto: tanto, se condannati, non rischieranno più una pena detentiva (che, se cumulata più volte, potrebbe anche superare i fatidici tre anni e portarli davvero in cella), ma solo una multa. Che, per quanto salata, non pagheranno di tasca propria, ma accolleranno ai loro mandanti, come incerto del mestiere, anzi come investimento per i loro sporchi interessi. Idem per i giornali che non vendono una copia, ma sono finanziati dai milioni del finanziamento pubblico e ne accantoneranno una parte nel fondo-rischi per campagne di discredito. Invece i giornali piccoli come il nostro, che campano solo grazie ai propri lettori e abbonati, vivranno sotto il perenne ricatto di querele che, ogni volta che finiranno male, sottrarranno al giornalista o alla società da 30 mila euro in su, col rischio di chiudere bottega e senza potersi difendere rettificando eventuali errori commessi in buona fede. Un trionfo per i bugiardi e una disfatta per i giornalisti onesti.
Ps. Due anni fa ho fatto causa a Gasparri per aver mentito sapendo di mentire, dicendo in tv che andavo in vacanza a spese di mafiosi quando già avevo documentato pubblicamente che le ferie in questione me le ero pagate fino all’ultimo euro. Lui, anziché scusarsi e rettificare, si fa scudo dell’insindacabilità parlamentare. Intanto, fra un’udienza e l’altra, riforma la diffamazione. Per competenza specifica.
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Re: Top vergognescion...
"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
Robert Harris, "Archangel"
Robert Harris, "Archangel"
Re: Top vergognescion...
Biblioteche, è crisi nera
di Valentina Grippo
A Pescara niente libri in prestito dal 2011. A Orvieto una struttura nuova di zecca è aperta a singhiozzo. A Palermo, invece, 160 dipendenti per 300 utenti al giorno, ma solo 1000 euro l'anno di finanziamenti. Il budget per la lettura 'pubblica' è stato quasi dimezzato. A discapito dei cittadini
(10 ottobre 2012)
Qualche giorno fa un energico e appassionato utente della Biblioteca Comunale di Pescara, Andrea D'Emilio, si è introdotto con forza nel deposito libri e lo ha occupato simbolicamente. Protestava contro i lunghi mesi di inattività del servizio. L'accesso al prestito nel polo più importante del capoluogo adriatico è, in effetti, chiuso dal dicembre 2011, con 180mila volumi resi inaccessibili agli utenti per problemi di sicurezza segnalati dai Vigili del fuoco a cui dovevano seguire interventi immediati. "Sono passati dieci mesi e nessun lavoro è stato fatto; nonostante le promesse delle istituzioni i 150mila euro necessari per i lavori non sono mai arrivati, forse perché la cultura non è una priorità", racconta sconsolato il direttore Enzo Fimiami, che nell'ultimo anno ha visto tagliare la sua dotazione finanziaria da 129.000 euro a 22.000, e si è visto ridurre il personale da sei bibliotecari specializzati a due. In una città come Pescara, che con il suo hinterland supera i 250.000 abitanti, in questo momento non c'è una biblioteca completamente agibile visto che anche quella regionale è chiusa da mesi e la nuova sede è in attesa di apertura.
Altra storia è quella di Orvieto, con la biblioteca Luigi Fiumi, un gioiello di innovazione tecnologica e culturale, inaugurata nel 2009 dopo investimenti per milioni di euro. Tanti soldi per aprirla, zero risorse per tenerla aperta. E infatti a gestire il 2700 mq tra sala di lettura, area multimediale, sala Eufonica, biblioteca ragazzi, sono solo tre bibliotecarie, con l'aiuto di due assistenti e due educatrici dei nidi messe in mobilità forzata a fare un lavoro che non conoscono; un gruppo che con grande passione cerca di rendere vivo uno spazio importante ma che per forza di cose non può aprire la biblioteca che qualche mezza giornata (solo tre ore a settimana lo spazio ragazzi), visto che la direttrice andata in pensione un anno fa non è stata sostituita, tre bibliotecari presi a progetto con contratti di cooperativa sono stati mandati via e gli enti locali non danno risorse economiche e umane: con gli utenti che fanno sit in e raccolgono firme contro lo spreco di uno spazio così bello aperto a singhiozzo.
Dal sud, una realtà completamente diversa. Quella della Biblioteca Centrale della Regione Siciliana, inaugurata nel 1782 nel complesso monumentale del Collegio Massimo dei Gesuiti, che oltre a materiale autografo e storico di immenso valore, è la principale biblioteca del meridione dopo Napoli e da secoli raccoglie ogni libro edito in Sicilia. Lì il problema non è certo il personale, almeno in termini numerici visto che abbonda come in tutta la regione Sicilia (160 dipendenti per 300 utenti al giorno); il tema è piuttosto di risorse visto che, ci spiega il direttore Francesco Vergara, dall'inizio dell'anno ha ricevuto meno di 1000 euro per il funzionamento e non è nelle condizioni di far fronte all'acquisto della carta igienica o del cambio di una lampadina, e in tre anni ha visto passare i fondi per l'acquisto di nuovi volumi da 120mila euro a ottanta, poi a quaranta e infine a zero. "Mai vissuta una situazione così, non siamo in grado di andare avanti", conclude. Pescara, Orvieto e Palermo sono solo i casi più recenti. Ma tra tagli irragionevoli, opere di innovazione a cui non seguono risorse, cattive gestioni, proteste del personale e degli utenti, il 2012 si candida a essere l'annus horribilis delle biblioteche italiane da nord a sud.
C'è la Sala Borsa, gioiello bolognese della promozione culturale per ragazzi, costretta e tenere chiuso il lunedì per carenza di fondi e personale. C'è lo scandalo dei furti alla Biblioteca dei Girolamini di Napoli, da cui in pochi mesi sono stati trafugati dal personale migliaia di volumi antichi e rari finiti anche nella collezione del senatore del PdL Marcello Dell'Utri. C'è la situazione della Biblioteca Nazionale di Roma, che ha un anfiteatro all'aperto mai utilizzato per spettacoli, che è spesso costretta a chiudere la distribuzione dei libri alle 14,30 e la cui libreria supermoderna ha chiuso da poco i battenti. C'è la raccolta libraria dell'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli, che include trecentomila libri dalla prima edizione italiana dell'Encyclopedie di Diderot e D'Alembert, agli scritti di Giordano Bruno e Benedetto Croce: se la regione non interviene con urgenza rischiano di marcire in un capannone. C'è la Biblioteca Universitaria di Pisa, luogo storico per la cultura toscana con la sua collezione storica di oltre 600mila volumi, chiusa a tempo indeterminato.
l'espresso. biblioteche © RIPRODUZIONE RISERVATA
di Valentina Grippo
A Pescara niente libri in prestito dal 2011. A Orvieto una struttura nuova di zecca è aperta a singhiozzo. A Palermo, invece, 160 dipendenti per 300 utenti al giorno, ma solo 1000 euro l'anno di finanziamenti. Il budget per la lettura 'pubblica' è stato quasi dimezzato. A discapito dei cittadini
(10 ottobre 2012)
Qualche giorno fa un energico e appassionato utente della Biblioteca Comunale di Pescara, Andrea D'Emilio, si è introdotto con forza nel deposito libri e lo ha occupato simbolicamente. Protestava contro i lunghi mesi di inattività del servizio. L'accesso al prestito nel polo più importante del capoluogo adriatico è, in effetti, chiuso dal dicembre 2011, con 180mila volumi resi inaccessibili agli utenti per problemi di sicurezza segnalati dai Vigili del fuoco a cui dovevano seguire interventi immediati. "Sono passati dieci mesi e nessun lavoro è stato fatto; nonostante le promesse delle istituzioni i 150mila euro necessari per i lavori non sono mai arrivati, forse perché la cultura non è una priorità", racconta sconsolato il direttore Enzo Fimiami, che nell'ultimo anno ha visto tagliare la sua dotazione finanziaria da 129.000 euro a 22.000, e si è visto ridurre il personale da sei bibliotecari specializzati a due. In una città come Pescara, che con il suo hinterland supera i 250.000 abitanti, in questo momento non c'è una biblioteca completamente agibile visto che anche quella regionale è chiusa da mesi e la nuova sede è in attesa di apertura.
Altra storia è quella di Orvieto, con la biblioteca Luigi Fiumi, un gioiello di innovazione tecnologica e culturale, inaugurata nel 2009 dopo investimenti per milioni di euro. Tanti soldi per aprirla, zero risorse per tenerla aperta. E infatti a gestire il 2700 mq tra sala di lettura, area multimediale, sala Eufonica, biblioteca ragazzi, sono solo tre bibliotecarie, con l'aiuto di due assistenti e due educatrici dei nidi messe in mobilità forzata a fare un lavoro che non conoscono; un gruppo che con grande passione cerca di rendere vivo uno spazio importante ma che per forza di cose non può aprire la biblioteca che qualche mezza giornata (solo tre ore a settimana lo spazio ragazzi), visto che la direttrice andata in pensione un anno fa non è stata sostituita, tre bibliotecari presi a progetto con contratti di cooperativa sono stati mandati via e gli enti locali non danno risorse economiche e umane: con gli utenti che fanno sit in e raccolgono firme contro lo spreco di uno spazio così bello aperto a singhiozzo.
Dal sud, una realtà completamente diversa. Quella della Biblioteca Centrale della Regione Siciliana, inaugurata nel 1782 nel complesso monumentale del Collegio Massimo dei Gesuiti, che oltre a materiale autografo e storico di immenso valore, è la principale biblioteca del meridione dopo Napoli e da secoli raccoglie ogni libro edito in Sicilia. Lì il problema non è certo il personale, almeno in termini numerici visto che abbonda come in tutta la regione Sicilia (160 dipendenti per 300 utenti al giorno); il tema è piuttosto di risorse visto che, ci spiega il direttore Francesco Vergara, dall'inizio dell'anno ha ricevuto meno di 1000 euro per il funzionamento e non è nelle condizioni di far fronte all'acquisto della carta igienica o del cambio di una lampadina, e in tre anni ha visto passare i fondi per l'acquisto di nuovi volumi da 120mila euro a ottanta, poi a quaranta e infine a zero. "Mai vissuta una situazione così, non siamo in grado di andare avanti", conclude. Pescara, Orvieto e Palermo sono solo i casi più recenti. Ma tra tagli irragionevoli, opere di innovazione a cui non seguono risorse, cattive gestioni, proteste del personale e degli utenti, il 2012 si candida a essere l'annus horribilis delle biblioteche italiane da nord a sud.
C'è la Sala Borsa, gioiello bolognese della promozione culturale per ragazzi, costretta e tenere chiuso il lunedì per carenza di fondi e personale. C'è lo scandalo dei furti alla Biblioteca dei Girolamini di Napoli, da cui in pochi mesi sono stati trafugati dal personale migliaia di volumi antichi e rari finiti anche nella collezione del senatore del PdL Marcello Dell'Utri. C'è la situazione della Biblioteca Nazionale di Roma, che ha un anfiteatro all'aperto mai utilizzato per spettacoli, che è spesso costretta a chiudere la distribuzione dei libri alle 14,30 e la cui libreria supermoderna ha chiuso da poco i battenti. C'è la raccolta libraria dell'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli, che include trecentomila libri dalla prima edizione italiana dell'Encyclopedie di Diderot e D'Alembert, agli scritti di Giordano Bruno e Benedetto Croce: se la regione non interviene con urgenza rischiano di marcire in un capannone. C'è la Biblioteca Universitaria di Pisa, luogo storico per la cultura toscana con la sua collezione storica di oltre 600mila volumi, chiusa a tempo indeterminato.
l'espresso. biblioteche © RIPRODUZIONE RISERVATA
Re: Top vergognescion...
Padova, bambino prelevato con la forza. Più di un video choc
di Manuela Campitelli | 11 ottobre 2012
Ieri alla trasmissione ”Chi l’ha visto” ho assistito in video al prelevamento con la forza di un bambino di 10 anni da parte delle forze dell’ordine (ordine un corno) che l’hanno preso brutalmente dalla scuola elementare che frequentava in provincia di Padova e trascinato letteralmente a terra sotto gli occhi dei compagni di classe e dei familiari.
Un’esecuzione forzata e forzosa, nonostante il bambino supplicasse la polizia di essere lasciato in pace. L’hanno sollevato di peso, bloccandogli le mani e i piedi e l’hanno caricato in macchina mentre tentava di divincolarsi in ogni modo, per condurlo in una casa famiglia. La polizia l’ha preso per le mani e per i piedi per eseguire un ordine, come se un ordine di qualunque tipo valesse il rispetto e i diritti di ogni bambino. Il provvedimento in questione è stato emesso dalla sezione Minori della Corte d’Appello di Venezia che, a seguito di un contenzioso tra i genitori sull’affidamento del ragazzino, ha deciso che la patria potestà del minore deve andare solo al papà. E siccome il bambino, ogni volta che gli assistenti sociali e il personale sanitario andavano nella casa materna per eseguire la sentenza, si nascondeva sotto il letto per non farsi trovare, la polizia ha ritenuto logico, giustificato, deontologico, lecito e naturale, prelevarlo tra i banchi di scuola e portarlo via trascinandolo a terra. E quando la zia del piccolo, alla fine del filmato, chiede spiegazioni alla polizia, si sente rispondere: “Io sono un ispettore e lei non è nessuno”. Come non è nessuno? E’ la zia.
Ora, il punto non è tanto entrare nel merito del contenzioso tra i genitori per l’affidamento del bambino, anche se penso che esistano altri modi e maniere per rivendicare la propria genitorialità che tengano conto in primo luogo dei diritti dei figli oltre a quelli dei genitori, quanto pretendere chiarimenti e provvedimenti per l’atteggiamento disumano della polizia e dell’autorità giudiziaria che l’ha consentito. E fa riflettere anche la dichiarazione rilasciata del garante per la protezione dei dati personali secondo il quale “di fronte al diffondersi in rete e nei media del video con le immagini del bambino prelevato a scuola dalle forze di polizia e di dati personali riguardanti anche la sua salute, pur se forniti dai familiari, richiama i media e i siti web al più rigoroso rispetto della riservatezza del minore e raccomanda loro di astenersi dal pubblicare e diffondere immagini del bambino e dettagli eccessivi che possano lederne la dignità”.
Ecco, ci sarebbero state molte altre cose da dire sul caso. Ad esempio che la dignità del bambino è già stata lesa, offesa, anzi lacerata nel giorno del suo prelevamento.
Questa mattina, alcune mamme si sono radunate davanti alla scuola del ragazzino, e hanno manifestato non tanto a favore dell’uno o dell’altro genitore, quanto a favore del bambino e contro l’azione di polizia. In uno dei cartelli c’era scritto “I bambini hanno voce”. Ascoltatela. E la voce di quel bambino, oggi, non va né su né giù.
Pubblico qui la nota diffusa da Roberta Lerici, presidente dell’associazione Bambini coraggiosi e dall’avvocato Andrea Coffari, presidente nazionale del Movimento infanzia, che tenta di ricostruire i fatti.
di Manuela Campitelli | 11 ottobre 2012
Ieri alla trasmissione ”Chi l’ha visto” ho assistito in video al prelevamento con la forza di un bambino di 10 anni da parte delle forze dell’ordine (ordine un corno) che l’hanno preso brutalmente dalla scuola elementare che frequentava in provincia di Padova e trascinato letteralmente a terra sotto gli occhi dei compagni di classe e dei familiari.
Un’esecuzione forzata e forzosa, nonostante il bambino supplicasse la polizia di essere lasciato in pace. L’hanno sollevato di peso, bloccandogli le mani e i piedi e l’hanno caricato in macchina mentre tentava di divincolarsi in ogni modo, per condurlo in una casa famiglia. La polizia l’ha preso per le mani e per i piedi per eseguire un ordine, come se un ordine di qualunque tipo valesse il rispetto e i diritti di ogni bambino. Il provvedimento in questione è stato emesso dalla sezione Minori della Corte d’Appello di Venezia che, a seguito di un contenzioso tra i genitori sull’affidamento del ragazzino, ha deciso che la patria potestà del minore deve andare solo al papà. E siccome il bambino, ogni volta che gli assistenti sociali e il personale sanitario andavano nella casa materna per eseguire la sentenza, si nascondeva sotto il letto per non farsi trovare, la polizia ha ritenuto logico, giustificato, deontologico, lecito e naturale, prelevarlo tra i banchi di scuola e portarlo via trascinandolo a terra. E quando la zia del piccolo, alla fine del filmato, chiede spiegazioni alla polizia, si sente rispondere: “Io sono un ispettore e lei non è nessuno”. Come non è nessuno? E’ la zia.
Ora, il punto non è tanto entrare nel merito del contenzioso tra i genitori per l’affidamento del bambino, anche se penso che esistano altri modi e maniere per rivendicare la propria genitorialità che tengano conto in primo luogo dei diritti dei figli oltre a quelli dei genitori, quanto pretendere chiarimenti e provvedimenti per l’atteggiamento disumano della polizia e dell’autorità giudiziaria che l’ha consentito. E fa riflettere anche la dichiarazione rilasciata del garante per la protezione dei dati personali secondo il quale “di fronte al diffondersi in rete e nei media del video con le immagini del bambino prelevato a scuola dalle forze di polizia e di dati personali riguardanti anche la sua salute, pur se forniti dai familiari, richiama i media e i siti web al più rigoroso rispetto della riservatezza del minore e raccomanda loro di astenersi dal pubblicare e diffondere immagini del bambino e dettagli eccessivi che possano lederne la dignità”.
Ecco, ci sarebbero state molte altre cose da dire sul caso. Ad esempio che la dignità del bambino è già stata lesa, offesa, anzi lacerata nel giorno del suo prelevamento.
Questa mattina, alcune mamme si sono radunate davanti alla scuola del ragazzino, e hanno manifestato non tanto a favore dell’uno o dell’altro genitore, quanto a favore del bambino e contro l’azione di polizia. In uno dei cartelli c’era scritto “I bambini hanno voce”. Ascoltatela. E la voce di quel bambino, oggi, non va né su né giù.
Pubblico qui la nota diffusa da Roberta Lerici, presidente dell’associazione Bambini coraggiosi e dall’avvocato Andrea Coffari, presidente nazionale del Movimento infanzia, che tenta di ricostruire i fatti.
Roberta Lerici, presidente dell’associazione Bambini coraggiosi ha scritto:“Un bambino di dieci anni, al centro di una causa di affidamento, è stato prelevato con la forza da scuola per essere collocato in una casa famiglia. Tre persone si sono presentate in classe intimando ai compagni di uscire dall’aula. Una volta rimasto solo, il piccolo è stato prelevato con la forza, nonostante si tenesse disperatamente avvinghiato al suo banco, piangendo.
Poi è stato trascinato per la strada, urlante da una serie di persone tra cui il padre, gli assistenti sociali, e alcuni poliziotti guidati da un consulente tecnico d’ufficio che aveva diagnosticato in lui una malattia rifiutata dalla comunità scientifica internazionale, la Pas (Sindrome da Alienazione Parentale).
La famiglia del piccolo assistita l’avvocato Andrea Coffari, sporgerà denuncia per le modalità disumane usate con il bambino, il quale chiedeva disperatamente aiuto senza che l’azione violenta s’interrompesse.
Giovedì mattina (oggi, ndr) alle 8,30 i genitori dei compagni di classe manifesteranno davanti alla scuola elementare Cornaro di Cittadella (nel Padovano, ndr) .
Nelle cause di separazione i casi di prelevamento dei minori contesi con l’uso della forza sono molto più diffusi di quello che si pensa. Il piccolo viveva con la mamma e vedeva il padre in incontri protetti. Rifiutava di vederlo da solo, nella sua abitazione o altrove, in quanto nelle precedenti frequentazioni riferiva di aver subito maltrattamenti psicologici di vario tipo”.
Re: Top vergognescion...
Più ormoni a bimbi, 67 medici indagati
Nas, corrotti da informatori farmaci. Denunce anche a Cagliari
18 ottobre, 09:58
(ANSA) - CAGLIARI, 18 OTT - Decine di bambini "anabolizzati" dai pediatri. Il sovradosaggio di ormoni e le proposte di nuovi farmaci per la crescita erano prescritti dai medici in cambio di soldi e regali dagli informatori farmaceutici. Sono 67 i dottori, di ospedali di tutta Italia, alcuni anche di Cagliari, indagati dopo un'operazione dei carabinieri del Nas di Roma che ha coinvolto 12 dirigenti e informatori della Sandoz, specializzata in farmaci per la crescita. Le accuse: corruzione, truffa al Ssn e falso.
Nas, corrotti da informatori farmaci. Denunce anche a Cagliari
18 ottobre, 09:58
(ANSA) - CAGLIARI, 18 OTT - Decine di bambini "anabolizzati" dai pediatri. Il sovradosaggio di ormoni e le proposte di nuovi farmaci per la crescita erano prescritti dai medici in cambio di soldi e regali dagli informatori farmaceutici. Sono 67 i dottori, di ospedali di tutta Italia, alcuni anche di Cagliari, indagati dopo un'operazione dei carabinieri del Nas di Roma che ha coinvolto 12 dirigenti e informatori della Sandoz, specializzata in farmaci per la crescita. Le accuse: corruzione, truffa al Ssn e falso.
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Re: Top vergognescion...
Amadeus ha scritto:Più ormoni a bimbi, 67 medici indagati
Nas, corrotti da informatori farmaci. Denunce anche a Cagliari
18 ottobre, 09:58
(ANSA) - CAGLIARI, 18 OTT - Decine di bambini "anabolizzati" dai pediatri. Il sovradosaggio di ormoni e le proposte di nuovi farmaci per la crescita erano prescritti dai medici in cambio di soldi e regali dagli informatori farmaceutici. Sono 67 i dottori, di ospedali di tutta Italia, alcuni anche di Cagliari, indagati dopo un'operazione dei carabinieri del Nas di Roma che ha coinvolto 12 dirigenti e informatori della Sandoz, specializzata in farmaci per la crescita. Le accuse: corruzione, truffa al Ssn e falso.
maremmamara......siamo arrivati ai bambini OGM.
ora ci manca solo di fare il passo verso i bambini clonati&mutanti e poi si fa "blade runner 2.0".
Re: Top vergognescion...
[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=3JT-FS-TTdM[/youtube]
Roberto Saviano
Padre Maurizio Patriciello rappresenta nella desolata terra di Parco Verde a Caivano un riferimento. Conforto aiuto legalità. Ho raccontato di lui in “Gomorra” (padre Mauro). Don Maurizio, in un territorio difficile, ferito dalla coca e dall'eroina, isolato dalla città, svolge un ruolo fondamentale. Il prefetto di Napoli avrebbe dovuto saperlo e nonostante questo, l''ha aggredito senza motivo. Don Maurizio aveva semplicemente usato il termine "signora" rivolgendosi al prefetto di Caserta Carmela Pagano. In nessun modo definire una donna “signora” è offensivo né sminuente. Nel gergo criminale, usare l'espressione "signore", riferito però a un uomo e non a una donna – chi vive al Sud questo lo sa –, sta per "signor nessuno" non a caso i capi vengono definiti "don". In quel mondo, e solo in quel mondo, l’appellativo “signore” al maschile può risultare offensivo, ma nella società civile non ha alcun significato ambiguo. Del resto padre Maurizio stava parlando di tutt'altro, di rifiuti tossici, amianto, roghi e si è riferito al prefetto Pagano come da sempre ci si riferisce con rispetto a una donna, chiamandola "signora". Questo è bastato al prefetto di Napoli per riprendere padre Maurizio (sbagliando tra l’altro un congiuntivo: "Se la chiamerei signore") e non rispondere a ciò che il parroco stava dicendo.
Il prefetto di Napoli Andrea De Martino si scusi con padre Maurizio Patriciello o bisognerà chiederne le dimissioni immediate. Da anni don Maurizio è presidio di legalità e umanità in terre difficilissime. Don Maurizio è lo Stato in quel territorio, non si può consentire in un consesso pubblico e istituzionale che sia aggredito verbalmente in quel modo e senza rispetto.
Roberto Saviano
Padre Maurizio Patriciello rappresenta nella desolata terra di Parco Verde a Caivano un riferimento. Conforto aiuto legalità. Ho raccontato di lui in “Gomorra” (padre Mauro). Don Maurizio, in un territorio difficile, ferito dalla coca e dall'eroina, isolato dalla città, svolge un ruolo fondamentale. Il prefetto di Napoli avrebbe dovuto saperlo e nonostante questo, l''ha aggredito senza motivo. Don Maurizio aveva semplicemente usato il termine "signora" rivolgendosi al prefetto di Caserta Carmela Pagano. In nessun modo definire una donna “signora” è offensivo né sminuente. Nel gergo criminale, usare l'espressione "signore", riferito però a un uomo e non a una donna – chi vive al Sud questo lo sa –, sta per "signor nessuno" non a caso i capi vengono definiti "don". In quel mondo, e solo in quel mondo, l’appellativo “signore” al maschile può risultare offensivo, ma nella società civile non ha alcun significato ambiguo. Del resto padre Maurizio stava parlando di tutt'altro, di rifiuti tossici, amianto, roghi e si è riferito al prefetto Pagano come da sempre ci si riferisce con rispetto a una donna, chiamandola "signora". Questo è bastato al prefetto di Napoli per riprendere padre Maurizio (sbagliando tra l’altro un congiuntivo: "Se la chiamerei signore") e non rispondere a ciò che il parroco stava dicendo.
Il prefetto di Napoli Andrea De Martino si scusi con padre Maurizio Patriciello o bisognerà chiederne le dimissioni immediate. Da anni don Maurizio è presidio di legalità e umanità in terre difficilissime. Don Maurizio è lo Stato in quel territorio, non si può consentire in un consesso pubblico e istituzionale che sia aggredito verbalmente in quel modo e senza rispetto.
Re: Top vergognescion...
Parla don Patriciello, il prete offeso dal prefetto: "Mi sono sentito mortificato"
L'Huffington Post | Pubblicato: 22/10/2012 09:54 CEST Aggiornato: 22/10/2012 10:00 CEST
"Mortificato e umiliato" dalle parole gridate dal prefetto di Napoli Andrea De Martino nei suoi confronti. Così don Maurizio Patriciello, parroco di Caivano (Napoli) si è sentito la sera del 18 ottobre, quando è stato aggredito verbalmente da De Martino per aver utilizzato il termine "signora" invece che "prefetto". Oggi il parroco di Caivano, conosciuto sul territorio per il suo impegno contro i rifiuti tossici, ha scritto una lettera indirizzata proprio al prefetto, forse incoraggiato dalla solidarietà ricevuta dopo che il video della burrascosa riunione in prefettura ha fatto il giro della rete.
Nella lettera, resa nota dai Verdi campani, Patriciello scrive: "Se a me, prete di periferia, è concesso di ignorare che chiamare semplicemente 'signora', la signora prefetto di Caserta fosse un'offesa tanto grave, non penso assolutamente che fosse concesso a lei arrogarsi il diritto di umiliare un cittadino italiano colpevole di niente, presente in prefettura come volontario per dare il suo contributo alla lotta contro lo scempio dei rifiuti industriali interrati e bruciati nelle nostre campagne".
Alla fine dell'incontro, sottolinea Patriciello, "ho ricevuto la solidarietà di tante persone presenti all'increscioso episodio e la rassicurazione da parte della signora prefetto di Caserta che non si era sentita per niente offesa da me nell'essere chiamata 'signora'".
"Forse - prosegue don Patriciello - le sarà sfuggito che lei non era e non è un mio superiore". Il prelato si dice molto dispiaciuto da quanto avvenuto ma soprattutto "addolorato" dal "constatare che tante volte sono proprio la miopia delle istituzioni, la pigrizia di tanti amministratori, il cattivo esempio di tanti politici che fanno man bassa di denaro pubblico, a incrementare la sfiducia e la rabbia in tanti cittadini".
L'Huffington Post | Pubblicato: 22/10/2012 09:54 CEST Aggiornato: 22/10/2012 10:00 CEST
"Mortificato e umiliato" dalle parole gridate dal prefetto di Napoli Andrea De Martino nei suoi confronti. Così don Maurizio Patriciello, parroco di Caivano (Napoli) si è sentito la sera del 18 ottobre, quando è stato aggredito verbalmente da De Martino per aver utilizzato il termine "signora" invece che "prefetto". Oggi il parroco di Caivano, conosciuto sul territorio per il suo impegno contro i rifiuti tossici, ha scritto una lettera indirizzata proprio al prefetto, forse incoraggiato dalla solidarietà ricevuta dopo che il video della burrascosa riunione in prefettura ha fatto il giro della rete.
Nella lettera, resa nota dai Verdi campani, Patriciello scrive: "Se a me, prete di periferia, è concesso di ignorare che chiamare semplicemente 'signora', la signora prefetto di Caserta fosse un'offesa tanto grave, non penso assolutamente che fosse concesso a lei arrogarsi il diritto di umiliare un cittadino italiano colpevole di niente, presente in prefettura come volontario per dare il suo contributo alla lotta contro lo scempio dei rifiuti industriali interrati e bruciati nelle nostre campagne".
Alla fine dell'incontro, sottolinea Patriciello, "ho ricevuto la solidarietà di tante persone presenti all'increscioso episodio e la rassicurazione da parte della signora prefetto di Caserta che non si era sentita per niente offesa da me nell'essere chiamata 'signora'".
"Forse - prosegue don Patriciello - le sarà sfuggito che lei non era e non è un mio superiore". Il prelato si dice molto dispiaciuto da quanto avvenuto ma soprattutto "addolorato" dal "constatare che tante volte sono proprio la miopia delle istituzioni, la pigrizia di tanti amministratori, il cattivo esempio di tanti politici che fanno man bassa di denaro pubblico, a incrementare la sfiducia e la rabbia in tanti cittadini".
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Re: Top vergognescion...
mariok ha scritto:
....Alla fine dell'incontro, sottolinea Patriciello, "ho ricevuto la solidarietà di tante persone presenti all'increscioso episodio e la rassicurazione da parte della signora prefetto di Caserta che non si era sentita per niente offesa da me nell'essere chiamata 'signora'"....
".
e allora perchè questa signora prefetto non ha interrotto subito l'energumeno di turno per farglielo presente ???
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