Pianeta donna....
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Re: Pianeta donna....
Sociologia della famiglia
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
La sociologia della famiglia è lo studio della famiglia da un punto di vista sociologico. La maggior parte degli studi si concentra sullo sviluppo sociale della famiglia, analizzandola a partire dalle classi sociale, dai generi e dalle etnie interessati al fenomeno.
Gli indicatori utilizzati sono il numero di bambini nella famiglia, la loro età, i background etnici dei componenti, il livello e la mobilità economica dell'unità familiare, il livello educazionale; essi permettono di studiare le interazioni tra la famiglia e la cultura e la società, e tra queste e la famiglia.
La sociologia della famiglia inoltre studia le diversità nelle svariate forme di famiglia nella società contemporanea in relazione all'ideologia, alle differenze di genere e alle politiche statali inerenti all'istituto del matrimonio.
Cenni [modifica]
Nella ricerca definita come microsociologica il tema della famiglia rappresenta uno degli oggetti più indagati.
La famiglia è infatti un'istituzione che svolge un ruolo fondamentale nella società, ne rappresenta l'unità minima sociale, oppure, il gruppo primario quanto all'apprendimento ed alla formazione di base di ogni individuo. Non meraviglia quindi che il fenomeno della crisi della famiglia, riscontrato a partire dai primi decenni del XX secolo, sia uno dei temi più delicati per i sociologi. Essi infatti vedono nella crisi di tale istituzione la crisi della società medesima, come degradazione del gruppo che ne costituiva l'elemento base.
Partendo dal presupposto che all'interno della studio sulla famiglia viene in genere distinta la componente biologica, da quella propriamente umana e culturale, i sociologi hanno rilevato nelle loro analisi che già nel periodo preistorico pare abbia avuto una breve durata il nucleo-base (genitori-figli), come nelle specie animali, ed abbia preso il suo posto la famiglia consanguinea, nella quale prevalgono i vincoli di sangue (parentela) su quelli di coniugio. Questa trasformazione si caratterizza a partire dalla necessità di organizzare il gruppo familiare in forme più adatte all'espletamento di funzioni economiche e sociali.
In tale contesto abbiamo un concetto di famiglia allargata che si regge sulla regola del divieto assoluto di matrimonio tra genitori e figli (incesto), e che può essere indifferentemente esogamica o endogamica (le unioni matrimoniali dei consanguinei possono aver luogo all'esterno o all'interno del gruppo familiare).
La crisi della famiglia dipende dalla progressiva caduta della funzione di produzione, per secoli concentrata sulla grande famiglia, soprattutto a causa dell'avvento dell'organizzazione industriale, che ha gradualmente assorbito gran parte del tempo a disposizione dei membri della famiglia, provocandone di fatto uno sfaldamento progressivo proprio nella dimensione dei legami inter-famiglia.
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
La sociologia della famiglia è lo studio della famiglia da un punto di vista sociologico. La maggior parte degli studi si concentra sullo sviluppo sociale della famiglia, analizzandola a partire dalle classi sociale, dai generi e dalle etnie interessati al fenomeno.
Gli indicatori utilizzati sono il numero di bambini nella famiglia, la loro età, i background etnici dei componenti, il livello e la mobilità economica dell'unità familiare, il livello educazionale; essi permettono di studiare le interazioni tra la famiglia e la cultura e la società, e tra queste e la famiglia.
La sociologia della famiglia inoltre studia le diversità nelle svariate forme di famiglia nella società contemporanea in relazione all'ideologia, alle differenze di genere e alle politiche statali inerenti all'istituto del matrimonio.
Cenni [modifica]
Nella ricerca definita come microsociologica il tema della famiglia rappresenta uno degli oggetti più indagati.
La famiglia è infatti un'istituzione che svolge un ruolo fondamentale nella società, ne rappresenta l'unità minima sociale, oppure, il gruppo primario quanto all'apprendimento ed alla formazione di base di ogni individuo. Non meraviglia quindi che il fenomeno della crisi della famiglia, riscontrato a partire dai primi decenni del XX secolo, sia uno dei temi più delicati per i sociologi. Essi infatti vedono nella crisi di tale istituzione la crisi della società medesima, come degradazione del gruppo che ne costituiva l'elemento base.
Partendo dal presupposto che all'interno della studio sulla famiglia viene in genere distinta la componente biologica, da quella propriamente umana e culturale, i sociologi hanno rilevato nelle loro analisi che già nel periodo preistorico pare abbia avuto una breve durata il nucleo-base (genitori-figli), come nelle specie animali, ed abbia preso il suo posto la famiglia consanguinea, nella quale prevalgono i vincoli di sangue (parentela) su quelli di coniugio. Questa trasformazione si caratterizza a partire dalla necessità di organizzare il gruppo familiare in forme più adatte all'espletamento di funzioni economiche e sociali.
In tale contesto abbiamo un concetto di famiglia allargata che si regge sulla regola del divieto assoluto di matrimonio tra genitori e figli (incesto), e che può essere indifferentemente esogamica o endogamica (le unioni matrimoniali dei consanguinei possono aver luogo all'esterno o all'interno del gruppo familiare).
La crisi della famiglia dipende dalla progressiva caduta della funzione di produzione, per secoli concentrata sulla grande famiglia, soprattutto a causa dell'avvento dell'organizzazione industriale, che ha gradualmente assorbito gran parte del tempo a disposizione dei membri della famiglia, provocandone di fatto uno sfaldamento progressivo proprio nella dimensione dei legami inter-famiglia.
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Re: Pianeta donna....
Letteratura, cinematografia, tv, fiction ecc, raccontano diffusamente, la difficoltà della convivenza tra uomo e donna.
Ma ancora più diffusamente è la vita di tutti i giorni che ci circonda a mettere in evidenza la difficoltà dei rapporti uomo-donna.
Quando un rapporto termina in questo modo tragico, oppure con una separazione, occorrerebbe riavvolgere il nastro e andare a rivedere l’inizio della storia.
Nella stragrande maggioranza dei casi avviene schematicamente pressappoco nello stesso modo.
Tutti i lati peggiori che si conoscono vengono repressi fino a quando non si raggiunge un livello di solidità nel rapporto, poi lentamente con modalità diverse e tempi diversi piano piano i lati peggiori emergono.
Spesso, vengono celati se non addirittura dopo il matrimonio.
**
Questo intervento è piuttosto interessante sotto l’aspetto della diffusione quantitativa del pensiero:
Gianni Sperti III 1 ora fa
Cosa dobbiamo ripetervi? Che siete belle e brave e speciali?
Mettetevi in testa che la vostra vita non vale di più di quella di un maschio.
Ma per voi, abituate ad avere tutto e subito, non è così: le principesse devono essere considerate preziose ed insostituibili. Vergognatevi per la vostra misandria. Tutelate in tutto e per tutto. E si lamentano anche.
Mi auguro solo il vostro male. Perchè dovrei curarmi di voi dato che a voi non importa niente degli uomini?
a 2 persone piace questo commento. Mi piace! Rispondi
Fabi O'Frigerio 25 minuto fa in risposta a Gianni Sperti III
io non voglio affatto il loro male, vorrei che capissero che i mali di cui si lamentano (attribuendoli all'uomo) sono creati ad arte da loro
*
Ma per voi, abituate ad avere tutto e subito, non è così: le principesse devono essere considerate preziose ed insostituibili. Vergognatevi per la vostra misandria. Tutelate in tutto e per tutto. E si lamentano anche.
Qui si sente il peso del salto generazionale nei vari strati sociali. In modo particolare pesa al maschio il mancato controllo sulla femmina dovuta alla sua emancipazione sociale tendente all’eguaglianza dei sessi.
Niente è stato fatto dal punto di vista sociale dal punto di vista culturale, lasciando che tutto avvenisse di volta in volta per caso, senza prevedere ed integrare le conseguenze delle modifiche di pensiero di costume e di cultura, e ciò naturalmente, come conseguenza mantiene alto il livello di scontro tra i sessi.
Mi auguro solo il vostro male. Perchè dovrei curarmi di voi dato che a voi non importa niente degli uomini?
Questi punti di distanza del modo di pensare spingono verso eventuali tipi di rapporti dove l’opzione che finisca nel peggiore modi è presente ancora prima di cominciare un rapporto.
Smussare od accorciare queste distanze non è cosa facile nei tempi attuali, anche per anche altre tipologie di difficoltà entrano pesando non poco nei rapporti uomo-donna, come la mancanza di lavoro e di conseguenza di denaro.
Ma ancora più diffusamente è la vita di tutti i giorni che ci circonda a mettere in evidenza la difficoltà dei rapporti uomo-donna.
Quando un rapporto termina in questo modo tragico, oppure con una separazione, occorrerebbe riavvolgere il nastro e andare a rivedere l’inizio della storia.
Nella stragrande maggioranza dei casi avviene schematicamente pressappoco nello stesso modo.
Tutti i lati peggiori che si conoscono vengono repressi fino a quando non si raggiunge un livello di solidità nel rapporto, poi lentamente con modalità diverse e tempi diversi piano piano i lati peggiori emergono.
Spesso, vengono celati se non addirittura dopo il matrimonio.
**
Questo intervento è piuttosto interessante sotto l’aspetto della diffusione quantitativa del pensiero:
Gianni Sperti III 1 ora fa
Cosa dobbiamo ripetervi? Che siete belle e brave e speciali?
Mettetevi in testa che la vostra vita non vale di più di quella di un maschio.
Ma per voi, abituate ad avere tutto e subito, non è così: le principesse devono essere considerate preziose ed insostituibili. Vergognatevi per la vostra misandria. Tutelate in tutto e per tutto. E si lamentano anche.
Mi auguro solo il vostro male. Perchè dovrei curarmi di voi dato che a voi non importa niente degli uomini?
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Fabi O'Frigerio 25 minuto fa in risposta a Gianni Sperti III
io non voglio affatto il loro male, vorrei che capissero che i mali di cui si lamentano (attribuendoli all'uomo) sono creati ad arte da loro
*
Ma per voi, abituate ad avere tutto e subito, non è così: le principesse devono essere considerate preziose ed insostituibili. Vergognatevi per la vostra misandria. Tutelate in tutto e per tutto. E si lamentano anche.
Qui si sente il peso del salto generazionale nei vari strati sociali. In modo particolare pesa al maschio il mancato controllo sulla femmina dovuta alla sua emancipazione sociale tendente all’eguaglianza dei sessi.
Niente è stato fatto dal punto di vista sociale dal punto di vista culturale, lasciando che tutto avvenisse di volta in volta per caso, senza prevedere ed integrare le conseguenze delle modifiche di pensiero di costume e di cultura, e ciò naturalmente, come conseguenza mantiene alto il livello di scontro tra i sessi.
Mi auguro solo il vostro male. Perchè dovrei curarmi di voi dato che a voi non importa niente degli uomini?
Questi punti di distanza del modo di pensare spingono verso eventuali tipi di rapporti dove l’opzione che finisca nel peggiore modi è presente ancora prima di cominciare un rapporto.
Smussare od accorciare queste distanze non è cosa facile nei tempi attuali, anche per anche altre tipologie di difficoltà entrano pesando non poco nei rapporti uomo-donna, come la mancanza di lavoro e di conseguenza di denaro.
Re: Pianeta donna....
CaterpillarAM · Piace a 32.632 persone
6 ore fa ·
Questa mattina mi sono svegliata, di Natascha Lusenti
25 ottobre
Questa mattina mi sono svegliata e ho pensato a Rosa Parks. È morta il 24 ottobre del 2005. Ieri, quindi, erano sette anni che il suo Paese è senza di lei. Mi chiedo in quanti sentano la sua mancanza. La sente di sicuro l'uomo più potente del mondo, che quando lei se ne andò tenne un discorso al Senato in suo onore. Lui ha la pelle dello stesso colore di Rosa Parks e deve dire grazie anche lei se è diventato il primo presidente
afroamericano degli Stati Uniti. Era il primo dicembre 1955 e in uno degli Stati del sud in cui oggi il candidato repubblicano Mitt Romney è in testa ai sondaggi, una sarta di 42 anni rientrava dal lavoro con il solito autobus. La legge in quello Stato diceva che i neri potevano sedersi nelle file in fondo o nel mezzo ma in quel caso dovevano lasciare il posto a un bianco, se l'autista glielo chiedeva. Quella sera Rosa Parks disse di no. Disse solo così: "no". Più tardi raccontò che in quel momento decise di scoprire quali fossero i suoi diritti di essere umano. E insieme a lei, lo scoprì tutta la sua comunità che cominciò un boicottaggio dei mezzi pubblici. Durò 13 mesi e finì con una sentenza della Corte suprema che giudicava la segregazione sugli autobus incostituzionale. È iniziata così l'integrazione razziale, dal "no" di Rosa Parks che le costò l'arresto e il posto di lavoro e la costrinse a cambiare città perché era minacciata di morte.
Oggi a Genova comincia il festival dell'immaginazione che secondo Einstein è più importante della conoscenza.
Voglio passare la giornata a immaginare tutti i no che possono fare la differenza. Ma solo se vengono detti per davvero.
6 ore fa ·
Questa mattina mi sono svegliata, di Natascha Lusenti
25 ottobre
Questa mattina mi sono svegliata e ho pensato a Rosa Parks. È morta il 24 ottobre del 2005. Ieri, quindi, erano sette anni che il suo Paese è senza di lei. Mi chiedo in quanti sentano la sua mancanza. La sente di sicuro l'uomo più potente del mondo, che quando lei se ne andò tenne un discorso al Senato in suo onore. Lui ha la pelle dello stesso colore di Rosa Parks e deve dire grazie anche lei se è diventato il primo presidente
afroamericano degli Stati Uniti. Era il primo dicembre 1955 e in uno degli Stati del sud in cui oggi il candidato repubblicano Mitt Romney è in testa ai sondaggi, una sarta di 42 anni rientrava dal lavoro con il solito autobus. La legge in quello Stato diceva che i neri potevano sedersi nelle file in fondo o nel mezzo ma in quel caso dovevano lasciare il posto a un bianco, se l'autista glielo chiedeva. Quella sera Rosa Parks disse di no. Disse solo così: "no". Più tardi raccontò che in quel momento decise di scoprire quali fossero i suoi diritti di essere umano. E insieme a lei, lo scoprì tutta la sua comunità che cominciò un boicottaggio dei mezzi pubblici. Durò 13 mesi e finì con una sentenza della Corte suprema che giudicava la segregazione sugli autobus incostituzionale. È iniziata così l'integrazione razziale, dal "no" di Rosa Parks che le costò l'arresto e il posto di lavoro e la costrinse a cambiare città perché era minacciata di morte.
Oggi a Genova comincia il festival dell'immaginazione che secondo Einstein è più importante della conoscenza.
Voglio passare la giornata a immaginare tutti i no che possono fare la differenza. Ma solo se vengono detti per davvero.
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Re: Pianeta donna....
La violenza non si cura
di Nadia Somma e Mario De Maglie | 5 novembre 2012
Commenti (44)
Parlare di violenza come malattia è uno dei modi migliori per deresponsabilizzare le persone che ne sono autori e non permettere loro di essere parte attiva dell’interruzione del comportamento violento, proprio come lo sono del suo nascere.
La violenza non è una malattia e da essa non si può guarire, ma se ne può uscire partendo dalla presa di consapevolezza che non va trattata come un qualcosa di patologico.
Se si ha una sintomatologia ansiosa o depressiva, problemi nel rapportarmi con il cibo in modo corretto o altri disturbi di natura psicologica allora c’è bisogno di una cura appropriata, a volte fatta di parole, a volte di farmaci, a volte di entrambi.
Non si sceglie di essere depressi, di essere fortemente ansiosi, di avere un rapporto conflittuale con il cibo; un disagio di cui non abbiamo alcun controllo o conoscenza non fa altro che manifestarsi in determinati sintomi.
La scelta riguarderà solo, se e come, chiedere un aiuto professionale per ciò che non scegliamo di essere o avere.
Si sceglie di colpire una persona, di “cazzottarla”, di tirarle un calcio, di soffocarla, di gettarle oggetti addosso, di spintonarla, di schiaffeggiarla, di urlarle contro, di offenderla, di mandarle uno sguardo minaccioso.
Se c’è una scelta esistono delle alternative.
Per mettere fine ad un maltrattamento fisico e/o psicologico bisogna essere in grado di operare questo primo essenziale passo e rendersi conto che il comportamento violento nasce, in definitiva, dall’operare una scelta tra varie possibilità e quindi è evitabile.
Di questo deve esserne consapevole anche la società: la persona autrice di una violenza è responsabile del suo comportamento, non le vanno offerte delle scusanti che ne diminuiscano il potere esercitato.
Certo ognuno ha la sua storia alle spalle e ci sono delle motivazioni che spingono qualcuno ad utilizzare le mani o le minacce al posto della parola, questo però ci deve aiutare a comprendere il maltrattamento, non a giustificarlo.
Se si pensa di dovere essere “curati” perché si è “malati” allora si delegherà la responsabilità dell’agito aggressivo ad una malattia e si penserà di essere impotenti, giustificandosi, ma anche condannandosi a non poter cambiare e a vivere in relazioni disfunzionali perché, dove c’è violenza, la relazione ha smesso di essere sana e paritaria.
Il conflitto nelle relazioni umane è inevitabile, l’aggressività fa parte della nostra natura e la rabbia è un sentimento che ha pari dignità degli altri, non esistono sentimenti buoni e sentimenti cattivi, esistono e bisogna saperli gestire.
La rabbia è umana, noi siamo umani e possiamo arrabbiarci e questa deve essere espressa e non repressa, non però ledendo la fisicità o l’equilibrio psicologico di chi ci sta accanto.
Ho il diritto di arrabbiarmi, ho il diritto di avere una opinione diversa, ho il diritto di sentirmi offeso, ho il diritto di sentirmi non compreso, ma ho il dovere di gestire in modo corretto e non lesivo quello che provo e quello che penso.
Esprimere e gestire la collera significa nominarla con decisione, significa prendersi del tempo per sbollire e riflettere su cosa ci ha fatto o ci farebbe oltrepassare il limite, significa farsi una bella corsa per scaricare la tensione, significa trovare parole nuove per noi e per chi ci ascolta che creino un modo di comunicare diverso da ciò che non ha funzionato.
Certo facile a dirsi, ma l’alternativa, ossia comportarsi in modo violento, è ciò che realmente vogliamo?
Siamo davvero noi quel pugno?
Siamo davvero noi quello schiaffo?
Siamo davvero noi quell’insulto urlato in faccia all’altro?
Comportandosi in modo violento si vuole ottenere il rispetto e/o il controllo dell’altro, in realtà si ottiene solo la sua paura.
di Mario De Maglie
BLOG di Nadia Somma e Mario De Maglie
Centro antiviolenza Demetra, Centro ascolto uomini maltrattanti
5 novembre 2012
IFQ
di Nadia Somma e Mario De Maglie | 5 novembre 2012
Commenti (44)
Parlare di violenza come malattia è uno dei modi migliori per deresponsabilizzare le persone che ne sono autori e non permettere loro di essere parte attiva dell’interruzione del comportamento violento, proprio come lo sono del suo nascere.
La violenza non è una malattia e da essa non si può guarire, ma se ne può uscire partendo dalla presa di consapevolezza che non va trattata come un qualcosa di patologico.
Se si ha una sintomatologia ansiosa o depressiva, problemi nel rapportarmi con il cibo in modo corretto o altri disturbi di natura psicologica allora c’è bisogno di una cura appropriata, a volte fatta di parole, a volte di farmaci, a volte di entrambi.
Non si sceglie di essere depressi, di essere fortemente ansiosi, di avere un rapporto conflittuale con il cibo; un disagio di cui non abbiamo alcun controllo o conoscenza non fa altro che manifestarsi in determinati sintomi.
La scelta riguarderà solo, se e come, chiedere un aiuto professionale per ciò che non scegliamo di essere o avere.
Si sceglie di colpire una persona, di “cazzottarla”, di tirarle un calcio, di soffocarla, di gettarle oggetti addosso, di spintonarla, di schiaffeggiarla, di urlarle contro, di offenderla, di mandarle uno sguardo minaccioso.
Se c’è una scelta esistono delle alternative.
Per mettere fine ad un maltrattamento fisico e/o psicologico bisogna essere in grado di operare questo primo essenziale passo e rendersi conto che il comportamento violento nasce, in definitiva, dall’operare una scelta tra varie possibilità e quindi è evitabile.
Di questo deve esserne consapevole anche la società: la persona autrice di una violenza è responsabile del suo comportamento, non le vanno offerte delle scusanti che ne diminuiscano il potere esercitato.
Certo ognuno ha la sua storia alle spalle e ci sono delle motivazioni che spingono qualcuno ad utilizzare le mani o le minacce al posto della parola, questo però ci deve aiutare a comprendere il maltrattamento, non a giustificarlo.
Se si pensa di dovere essere “curati” perché si è “malati” allora si delegherà la responsabilità dell’agito aggressivo ad una malattia e si penserà di essere impotenti, giustificandosi, ma anche condannandosi a non poter cambiare e a vivere in relazioni disfunzionali perché, dove c’è violenza, la relazione ha smesso di essere sana e paritaria.
Il conflitto nelle relazioni umane è inevitabile, l’aggressività fa parte della nostra natura e la rabbia è un sentimento che ha pari dignità degli altri, non esistono sentimenti buoni e sentimenti cattivi, esistono e bisogna saperli gestire.
La rabbia è umana, noi siamo umani e possiamo arrabbiarci e questa deve essere espressa e non repressa, non però ledendo la fisicità o l’equilibrio psicologico di chi ci sta accanto.
Ho il diritto di arrabbiarmi, ho il diritto di avere una opinione diversa, ho il diritto di sentirmi offeso, ho il diritto di sentirmi non compreso, ma ho il dovere di gestire in modo corretto e non lesivo quello che provo e quello che penso.
Esprimere e gestire la collera significa nominarla con decisione, significa prendersi del tempo per sbollire e riflettere su cosa ci ha fatto o ci farebbe oltrepassare il limite, significa farsi una bella corsa per scaricare la tensione, significa trovare parole nuove per noi e per chi ci ascolta che creino un modo di comunicare diverso da ciò che non ha funzionato.
Certo facile a dirsi, ma l’alternativa, ossia comportarsi in modo violento, è ciò che realmente vogliamo?
Siamo davvero noi quel pugno?
Siamo davvero noi quello schiaffo?
Siamo davvero noi quell’insulto urlato in faccia all’altro?
Comportandosi in modo violento si vuole ottenere il rispetto e/o il controllo dell’altro, in realtà si ottiene solo la sua paura.
di Mario De Maglie
BLOG di Nadia Somma e Mario De Maglie
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5 novembre 2012
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Re: Pianeta donna....
Noi figlie degli anni ’70 in tempo di crisi
di Beatrice Luzzi
| 7 novembre 2012Commenti (55)
Quarant’anni è un’età cruciale per una donna, quella in cui si dovrebbe poter scivolare, anche se faticosamente, lungo un doppio binario ormai prestabilito: famiglia da una parte e lavoro dall’altro.
Ma cosa succede se nella vita si è dato priorità a regole di correttezza e lealtà nei confronti degli altri e di se stessi? O si è addirittura creduto che il merito prima o poi avrebbe avuto la meglio?
Succede che le strade, soprattutto in tempo di crisi, per noi figlie degli anni ’70, si chiudono.
Le scarpe che avevi, anche quelle di marca, sono ormai consumate, così come la biancheria, vestiti nuovi non se ne comprano più da anni e si guida con occhiali vecchi ormai fuori diottria.
Traslocare in nuovo paese ti è precluso, avendo famiglia, così come tutti quei lavori itineranti che costringono ad una vita senza orari né sede.
E allora si cerca in giro, si chiede agli amici, si leggono annunci, raramente si fanno colloqui e quando poi miracolosamente si trova un lavoro i conti non tornano comunque: quel che si spende di baby sitter e colf è pari a quel che si guadagna.
La notte non si riesce più a dormire e non si può cercar conforto nel proprio partner, e men che meno nei figli, per non inquinare né minare il clima familiare.
Gli amici scappano presi dai loro problemi, simili ai nostri. I genitori sono anziani e vanno solo tranquillizzati.
Si può marciare in piazza al grido di ‘se non ora quando’ ma il conto in banca langue ancora, e ancor più, al ritorno a casa.
Donne care, come era bello quando non ci veniva richiesto di lavorare! Quando il nostro ‘solo’ compito era di gestire casa e famiglia.
E’ durata poco, la seconda parte del secolo scorso.
Sia prima che dopo ci è stato sempre richiesto il doppio ruolo ma ora, con aspettative altissime e opportunità nulle, e con una piena consapevolezza delle nostre capacità e possibilità, risulta forse più dura che mai.
di Beatrice Luzzi
| 7 novembre 2012Commenti (55)
Quarant’anni è un’età cruciale per una donna, quella in cui si dovrebbe poter scivolare, anche se faticosamente, lungo un doppio binario ormai prestabilito: famiglia da una parte e lavoro dall’altro.
Ma cosa succede se nella vita si è dato priorità a regole di correttezza e lealtà nei confronti degli altri e di se stessi? O si è addirittura creduto che il merito prima o poi avrebbe avuto la meglio?
Succede che le strade, soprattutto in tempo di crisi, per noi figlie degli anni ’70, si chiudono.
Le scarpe che avevi, anche quelle di marca, sono ormai consumate, così come la biancheria, vestiti nuovi non se ne comprano più da anni e si guida con occhiali vecchi ormai fuori diottria.
Traslocare in nuovo paese ti è precluso, avendo famiglia, così come tutti quei lavori itineranti che costringono ad una vita senza orari né sede.
E allora si cerca in giro, si chiede agli amici, si leggono annunci, raramente si fanno colloqui e quando poi miracolosamente si trova un lavoro i conti non tornano comunque: quel che si spende di baby sitter e colf è pari a quel che si guadagna.
La notte non si riesce più a dormire e non si può cercar conforto nel proprio partner, e men che meno nei figli, per non inquinare né minare il clima familiare.
Gli amici scappano presi dai loro problemi, simili ai nostri. I genitori sono anziani e vanno solo tranquillizzati.
Si può marciare in piazza al grido di ‘se non ora quando’ ma il conto in banca langue ancora, e ancor più, al ritorno a casa.
Donne care, come era bello quando non ci veniva richiesto di lavorare! Quando il nostro ‘solo’ compito era di gestire casa e famiglia.
E’ durata poco, la seconda parte del secolo scorso.
Sia prima che dopo ci è stato sempre richiesto il doppio ruolo ma ora, con aspettative altissime e opportunità nulle, e con una piena consapevolezza delle nostre capacità e possibilità, risulta forse più dura che mai.
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Re: Pianeta donna....
Quando finirà......- 1
Quest'anno per una ragione o per l'altra sono morte troppe ragazza che non sono arrivate a 20 anni.
Lodi, Altea Trini uccisa da Suv. L’autista risulta positivo all’alcool test
L'uomo, un 54enne, secondo alcuni testimoni si è inizialmente rifiutato di sottoporsi all'esame alcolemico, ma poi è risultato essere tre volte sopra la norma. I fatti risalgono a domenica 11 novembre quando la giovane attraversava la strada provinciale 159 insieme a una quindicina di altri ragazzi
di Redazione Il Fatto Quotidiano
| 12 novembre 2012Commenti (191)
Era ubriaco l’uomo che ha investito e ucciso la scout 17enne Altea Trini. Ora per lui l’accusa è di omicidio colposo. Gli investigatori non confermano ma a riferirlo sono le testate locali, secondo le quali il livello di alcol nel sangue dell’uomo sarebbe tre volte oltre il limite consentito dalla legge. Testimoni hanno affermato che al momento dei fatti l’uomo al volante del Suv, un 54enne, si sarebbe rifiutato di eseguire il test per rilevare il tasso alcolemico o la presenza di droga nell’organismo sul luogo. Test comunque effettuato subito dopo a seguito degli accertamenti dell’autorità giudiziaria.
I fatti risalgono a ieri, quando la giovane ragazza è stata investita durante una gita nel tardo pomeriggio mentre stava attraversando la strada insieme ad altri scout, nei pressi dei comuni di Vizzolo Predabissi e Casalmaiocco, in provincia di Lodi. Il gruppo d’uscita dei giovani, composto da una quindicina di persone, ha attraversato la strada provinciale 159 e mentre la ragazza era nel mezzo della carreggiata è stata colpita in pieno dal Suv. Non è stato ancora possibile accertare le responsabilità dell’accaduto, se cioè in quel punto il gruppo potesse attraversare ma, dai primi rilievi sembra che il fuoristrada andasse molto veloce.
Il guidatore ha frenato, ma dopo l’impatto ci sono voluti 300 metri per bloccare la vettura, che è poi finita in un campo. Le condizioni della ragazza sono apparse subito gravissime e, quando è stata soccorsa era già in arresto cardiaco. Solo dopo 20 minuti di manovre rianimatorie è stata intubata e caricata su un elicottero del 118. L’elisoccorso è giunto all’ospedale Niguarda e qui i medici hanno fatto di tutto ma in serata non hanno potuto fare altro che comunicare il decesso della ragazza.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/11 ... ne/411357/
Quest'anno per una ragione o per l'altra sono morte troppe ragazza che non sono arrivate a 20 anni.
Lodi, Altea Trini uccisa da Suv. L’autista risulta positivo all’alcool test
L'uomo, un 54enne, secondo alcuni testimoni si è inizialmente rifiutato di sottoporsi all'esame alcolemico, ma poi è risultato essere tre volte sopra la norma. I fatti risalgono a domenica 11 novembre quando la giovane attraversava la strada provinciale 159 insieme a una quindicina di altri ragazzi
di Redazione Il Fatto Quotidiano
| 12 novembre 2012Commenti (191)
Era ubriaco l’uomo che ha investito e ucciso la scout 17enne Altea Trini. Ora per lui l’accusa è di omicidio colposo. Gli investigatori non confermano ma a riferirlo sono le testate locali, secondo le quali il livello di alcol nel sangue dell’uomo sarebbe tre volte oltre il limite consentito dalla legge. Testimoni hanno affermato che al momento dei fatti l’uomo al volante del Suv, un 54enne, si sarebbe rifiutato di eseguire il test per rilevare il tasso alcolemico o la presenza di droga nell’organismo sul luogo. Test comunque effettuato subito dopo a seguito degli accertamenti dell’autorità giudiziaria.
I fatti risalgono a ieri, quando la giovane ragazza è stata investita durante una gita nel tardo pomeriggio mentre stava attraversando la strada insieme ad altri scout, nei pressi dei comuni di Vizzolo Predabissi e Casalmaiocco, in provincia di Lodi. Il gruppo d’uscita dei giovani, composto da una quindicina di persone, ha attraversato la strada provinciale 159 e mentre la ragazza era nel mezzo della carreggiata è stata colpita in pieno dal Suv. Non è stato ancora possibile accertare le responsabilità dell’accaduto, se cioè in quel punto il gruppo potesse attraversare ma, dai primi rilievi sembra che il fuoristrada andasse molto veloce.
Il guidatore ha frenato, ma dopo l’impatto ci sono voluti 300 metri per bloccare la vettura, che è poi finita in un campo. Le condizioni della ragazza sono apparse subito gravissime e, quando è stata soccorsa era già in arresto cardiaco. Solo dopo 20 minuti di manovre rianimatorie è stata intubata e caricata su un elicottero del 118. L’elisoccorso è giunto all’ospedale Niguarda e qui i medici hanno fatto di tutto ma in serata non hanno potuto fare altro che comunicare il decesso della ragazza.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/11 ... ne/411357/
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Re: Pianeta donna....
I giorni della follia
http://video.corriere.it/aggredita-selv ... 4fe153b15c
A LONDRA
Pestata in strada "senza motivo" Guarda il video
La polizia diffonde un video scioccante catturato da una telecamera
http://video.corriere.it/aggredita-selv ... 4fe153b15c
A LONDRA
Pestata in strada "senza motivo" Guarda il video
La polizia diffonde un video scioccante catturato da una telecamera
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Re: Pianeta donna....
La Strage delle Donne▲
Una donna uccisa ogni due giorni e mezzo non è certo da società civile. Ma non ci sono state solo donne a riempire tristemente la cronaca nera, ma anche ragazze e ragazzini oltre ai bambini.
La televisione privata ha mutato pelle e ora è sotto il dominio degli sponsor che dettano legge imponendo i programmi in cui inserire la loro pubblicità.
La Rai però non ancora, ci sono spazi dove gli sponsor non dettano legge. Ergo, invece di perdere tempo a confezionare i soliti programmi sciocchi ed inutili per teledipendenti cronici, dovrebbe massicciamente promuovere dibattiti intesi a sviscerare fino in fondo i problemi sulle donne ed anche sui ragazzini facendo partecipare il Paese a 360 gradi, altrimenti qui non se ne viene più fuori.
http://www.corriere.it/cronache/special ... lle-donne/
Una donna uccisa ogni due giorni e mezzo non è certo da società civile. Ma non ci sono state solo donne a riempire tristemente la cronaca nera, ma anche ragazze e ragazzini oltre ai bambini.
La televisione privata ha mutato pelle e ora è sotto il dominio degli sponsor che dettano legge imponendo i programmi in cui inserire la loro pubblicità.
La Rai però non ancora, ci sono spazi dove gli sponsor non dettano legge. Ergo, invece di perdere tempo a confezionare i soliti programmi sciocchi ed inutili per teledipendenti cronici, dovrebbe massicciamente promuovere dibattiti intesi a sviscerare fino in fondo i problemi sulle donne ed anche sui ragazzini facendo partecipare il Paese a 360 gradi, altrimenti qui non se ne viene più fuori.
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Re: Pianeta donna....
Potremmo preparare una petizione da inviare alle donne parlamentari per sollecitarle e premere anche sui colleghi maschi un po’ meno testa di rapen, a far pressione sulla Rai affinché affronti massicciamente il tema della strage delle donne?
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