Pianeta donna....
Re: Pianeta donna....
(ANSA) - TORINO, 9 FEB - L'immigrato che ha maltrattato la moglie (e per questo e' stato condannato da un tribunale) non ha diritto alla cittadinanza italiana: e' quanto si afferma in una sentenza del Tar del Piemonte, che ha respinto il ricorso di un marocchino in Italia da piu' di dieci anni e divorziato dal 2007. Il Tar ha stabilito che gli episodi non sono cosi' gravi da fargli perdere il permesso di soggiorno, ma sufficienti a negargli la cittadinanza, perche' non si puo' ritenere compiuta l'integrazione dell'uomo.
e ai maschi violenti italiani dove li mandiamo?
e ai maschi violenti italiani dove li mandiamo?
Re: Pianeta donna....
AGI) - Roma, 13 feb. - Un miliardo, e' questo il numero di donne che, in tutto il mondo, sono state vittime della violenza maschile. Un numero troppo alto, inaccettabile. Per questo domani un miliardo di persone in tutto il mondo si unira' in One Billion Rising manifestazione planetaria contro ogni forma di violenza sulle donne.
Si stima che 1 donna su 3 nel mondo sia vittima di abusi e, considerando il totale della popolazione mondiale, si calcola che questo corrisponda a 1 miliardo di donne. Per rispondere a tanta violenza Eve Ensler, l'autrice dei Monologhi della Vagina e ispiratrice del movimento V-day, ha invitato 1 miliardo di donne e uomini ad uscire per le strade, ballare, manifestare e chiedere la fine di questa violenza.
Tutti possono partecipare. Grazie ad un video diffuso su YouTube si puo' imparare la facile coreografia del flash mob e dal profilo Facebook dell'evento e' possibile scaricare un logo da applicare la maglietta. L'unico obbligo e' indossare solo e rigorosamente abiti rossi e neri. (AGI) .
la cosa mal si sposa con l'orgoglio juventino
Si stima che 1 donna su 3 nel mondo sia vittima di abusi e, considerando il totale della popolazione mondiale, si calcola che questo corrisponda a 1 miliardo di donne. Per rispondere a tanta violenza Eve Ensler, l'autrice dei Monologhi della Vagina e ispiratrice del movimento V-day, ha invitato 1 miliardo di donne e uomini ad uscire per le strade, ballare, manifestare e chiedere la fine di questa violenza.
Tutti possono partecipare. Grazie ad un video diffuso su YouTube si puo' imparare la facile coreografia del flash mob e dal profilo Facebook dell'evento e' possibile scaricare un logo da applicare la maglietta. L'unico obbligo e' indossare solo e rigorosamente abiti rossi e neri. (AGI) .
la cosa mal si sposa con l'orgoglio juventino
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Re: Pianeta donna....
Donne picchiate. Come dire mai più
di Gian Antonio Stella
Tags: centri antiviolenza, donne, femminicidio, Questo non è amore, violenza domestica, violenza donne
«Le mogli leccano il pavimento della chiesa per dimostrare di non aver perduto l’onore». È passato quasi mezzo secolo da quel titolone su «Amica» che lanciava un reportage di Vittorio Lojacono sul tema: «Gli uomini continuano a considerare le donne esseri inferiori». Mezzo secolo.
Eppure, pezzi di quell’Italia ancora immersa nel passato, e peggio ancora compiaciuta di esserlo, ce li siamo tirati dietro. Lo capisci leggendo «Questo non è amore. Venti storie raccontano la violenza domestica sulle donne», 269 pagine, 16,50 euro, pubblicato da Marsilio. Un’opera collettiva messa insieme da giornaliste, giudici, psicologhe, docenti universitarie che ruotano intorno a «La 27ª ora», lo spazio di Corriere.it che prende il nome da una ricerca della Camera di commercio di Milano da cui emerse che, con la sovrapposizione di più ruoli e mestieri, «la giornata delle donne sembra durare 27 ore».
Non è una collezione di poverette assassinate, la trama del libro. Tranne quella di Veronica, uccisa con una pallottola alla nuca («o mia o di nessuno») dal suo ex fidanzato e ricordata dalla mamma Clementina Iannello che ha fondato in memoria della figlia un’associazione per aiutare le donne in difficoltà, le storie raccolte sono tutte storie di piccola, banale, ordinaria, barbarie quotidiana. Dove il tema è l’idea del possesso.
La rivendicazione di tanti maschi, Dio ci perdoni, del diritto a usare una certa dose di violenza. Di più, maschi convinti che una bella sventagliata di ceffoni, come nel film di Lina Wertmüller, possa domare qualunque puledra ribelle.
Ed ecco Maria, che per proteggere le figliolette si è lasciata pestare per anni dal marito finché quello una sera spaccò, scagliandogliela addosso, la bambola della piccola Gaia: «Fu come se avesse toccato lei. La bambina lo guardò con terrore, ma anche con delusione. Era ferita. E io capii che avevo sbagliato, che non era possibile riuscire a tenerle fuori da questa storia. Che non sarebbe bastato chiudere le porte, non urlare quando mi picchiava, cercare di fare le lavatrici perfette o imbandire la tavola al meglio. No, loro erano colpite forse più di me. (…) Appena uscì per andare a lavorare, cominciai a fare subito di nascosto le valigie».
Ecco Sara, che era convinta d’aver sposato un uomo stupendo («mi avvolgeva di parole, mi affascinava, riusciva a farmi vedere bianca una parete nera») finché lui non cominciò a tirare di coca: «Una vigilia di Natale è entrato in casa con un manganello nero, come quello delle guardie: io non l’avevo visto mai, solo in televisione. Ha iniziato a darmelo sulle gambe, era un dolore tremendo. Poi ha preso mio figlio e mi ha lasciata sola a casa, il 24 dicembre, piena di lividi. La mattina dopo mi sono svegliata che avevo bagnato il letto».
E poi Giovanna, che era innamorata di suo marito e certa d’essere dentro una bella favola («Vivevamo a Londra in una bellissima casa affacciata sul Tamigi. Feste, concerti, vestiti firmati, vacanze in barca a vela…») finché una sera lui cominciò a riempirla di calci nonostante fosse incinta («Si è avventato su di me come una belva, non si fermava. Io cercavo di proteggere la pancia. E lui colpiva sempre più forte…») per riversare successivamente le sue attenzioni sulla figlioletta: «La baby sitter mi mostrò dei lividi impercettibili sulle cosce della bambina. Fu come una frustata sul viso, una picchiata d’acqua gelida in faccia. Feci le valigie immediatamente, mi trasferii da un’amica».
E poi ancora Emma e Greta e Antonella e Amal e Monika… E non c’è storia che non sia diversa e insieme uguale a quella delle altre. Così come i compagni, i fidanzati, i mariti. Tutti per mille aspetti diversi, tutti in troppe cose uguali.
Francesco, uno degli uomini ascoltati dalle autrici per sentire l’altra metà, ha confidato il trauma di essersi scoperto incapace di controllare la collera: «Le ho messo le mani al collo e mi sono spaventato per la mia rabbia».
E pagina dopo pagina, storia dopo storia, umiliazione dopo umiliazione, emerge la sensazione netta e sgradevole che dietro i televisori a led e a schermo piatto e gli iPad e le webcam e i treni Frecciarossa che ti portano in tre ore da Milano a Roma riemergono rigurgiti di quell’Italia che credevamo sepolta. Quella dove La Stampa pubblicava titoli come «Nessun ballo esclude il rischio del peccato». Dove agenti e carabinieri consultavano «L’enciclopedia di polizia» di Luigi Salerno dove si diceva che «è indiscutibile come il danno che dall’adulterio della donna ricade sul marito, sia infinitamente più grave del danno che dall’adulterio del marito ricade sulla moglie». Dove Oggi spiegava come fosse «giunta l’ora di parlare del gallinismo» anziché del gallismo dei nostri playboy da spiaggia: «Quando i nostri oltrepassano il segno spesso la colpa è delle turiste».
È la disperazione della mamma di Veronica: «Un bastardo mi ammazza la figlia e l’avvocato tira in ballo la minigonna».
Insieme, però, emerge anche un’Italia diversa. Migliore. Che consola. Dove sono sempre di più le donne che riescono a rompere le catene della rassegnazione, dei pregiudizi, della paura. Donne che denunciano. Che danno battaglia. Che si rivolgono ai centri di aiuto e sostegno (ce n’è un elenco di 60 pagine, città per città, nel libro) per tirar fuori dai guai sé stesse e magari quelle che non ci riescono da sole.
Quasi sempre, tuttavia, quelle che ce la fanno a uscire da certi gironi d’inferno casalinghi ce la fanno perché sono in grado di reggere da sole anche economicamente. Ed è lì che sono insopportabili i ritardi enormi dell’Italia. L’ultima in Europa per tasso di occupazione femminile. Trenta punti sotto la Danimarca, venticinque sotto la Svizzera, la Svezia, l’Olanda…
Ed è lì che emerge uno dei nodi centrali: offrire alle donne opportunità di inserimento nel lavoro può voler dire strapparne tante alla schiavitù domestica di certi compagni-padroni.
http://27esimaora.corriere.it/articolo/ ... e-mai-piu/
di Gian Antonio Stella
Tags: centri antiviolenza, donne, femminicidio, Questo non è amore, violenza domestica, violenza donne
«Le mogli leccano il pavimento della chiesa per dimostrare di non aver perduto l’onore». È passato quasi mezzo secolo da quel titolone su «Amica» che lanciava un reportage di Vittorio Lojacono sul tema: «Gli uomini continuano a considerare le donne esseri inferiori». Mezzo secolo.
Eppure, pezzi di quell’Italia ancora immersa nel passato, e peggio ancora compiaciuta di esserlo, ce li siamo tirati dietro. Lo capisci leggendo «Questo non è amore. Venti storie raccontano la violenza domestica sulle donne», 269 pagine, 16,50 euro, pubblicato da Marsilio. Un’opera collettiva messa insieme da giornaliste, giudici, psicologhe, docenti universitarie che ruotano intorno a «La 27ª ora», lo spazio di Corriere.it che prende il nome da una ricerca della Camera di commercio di Milano da cui emerse che, con la sovrapposizione di più ruoli e mestieri, «la giornata delle donne sembra durare 27 ore».
Non è una collezione di poverette assassinate, la trama del libro. Tranne quella di Veronica, uccisa con una pallottola alla nuca («o mia o di nessuno») dal suo ex fidanzato e ricordata dalla mamma Clementina Iannello che ha fondato in memoria della figlia un’associazione per aiutare le donne in difficoltà, le storie raccolte sono tutte storie di piccola, banale, ordinaria, barbarie quotidiana. Dove il tema è l’idea del possesso.
La rivendicazione di tanti maschi, Dio ci perdoni, del diritto a usare una certa dose di violenza. Di più, maschi convinti che una bella sventagliata di ceffoni, come nel film di Lina Wertmüller, possa domare qualunque puledra ribelle.
Ed ecco Maria, che per proteggere le figliolette si è lasciata pestare per anni dal marito finché quello una sera spaccò, scagliandogliela addosso, la bambola della piccola Gaia: «Fu come se avesse toccato lei. La bambina lo guardò con terrore, ma anche con delusione. Era ferita. E io capii che avevo sbagliato, che non era possibile riuscire a tenerle fuori da questa storia. Che non sarebbe bastato chiudere le porte, non urlare quando mi picchiava, cercare di fare le lavatrici perfette o imbandire la tavola al meglio. No, loro erano colpite forse più di me. (…) Appena uscì per andare a lavorare, cominciai a fare subito di nascosto le valigie».
Ecco Sara, che era convinta d’aver sposato un uomo stupendo («mi avvolgeva di parole, mi affascinava, riusciva a farmi vedere bianca una parete nera») finché lui non cominciò a tirare di coca: «Una vigilia di Natale è entrato in casa con un manganello nero, come quello delle guardie: io non l’avevo visto mai, solo in televisione. Ha iniziato a darmelo sulle gambe, era un dolore tremendo. Poi ha preso mio figlio e mi ha lasciata sola a casa, il 24 dicembre, piena di lividi. La mattina dopo mi sono svegliata che avevo bagnato il letto».
E poi Giovanna, che era innamorata di suo marito e certa d’essere dentro una bella favola («Vivevamo a Londra in una bellissima casa affacciata sul Tamigi. Feste, concerti, vestiti firmati, vacanze in barca a vela…») finché una sera lui cominciò a riempirla di calci nonostante fosse incinta («Si è avventato su di me come una belva, non si fermava. Io cercavo di proteggere la pancia. E lui colpiva sempre più forte…») per riversare successivamente le sue attenzioni sulla figlioletta: «La baby sitter mi mostrò dei lividi impercettibili sulle cosce della bambina. Fu come una frustata sul viso, una picchiata d’acqua gelida in faccia. Feci le valigie immediatamente, mi trasferii da un’amica».
E poi ancora Emma e Greta e Antonella e Amal e Monika… E non c’è storia che non sia diversa e insieme uguale a quella delle altre. Così come i compagni, i fidanzati, i mariti. Tutti per mille aspetti diversi, tutti in troppe cose uguali.
Francesco, uno degli uomini ascoltati dalle autrici per sentire l’altra metà, ha confidato il trauma di essersi scoperto incapace di controllare la collera: «Le ho messo le mani al collo e mi sono spaventato per la mia rabbia».
E pagina dopo pagina, storia dopo storia, umiliazione dopo umiliazione, emerge la sensazione netta e sgradevole che dietro i televisori a led e a schermo piatto e gli iPad e le webcam e i treni Frecciarossa che ti portano in tre ore da Milano a Roma riemergono rigurgiti di quell’Italia che credevamo sepolta. Quella dove La Stampa pubblicava titoli come «Nessun ballo esclude il rischio del peccato». Dove agenti e carabinieri consultavano «L’enciclopedia di polizia» di Luigi Salerno dove si diceva che «è indiscutibile come il danno che dall’adulterio della donna ricade sul marito, sia infinitamente più grave del danno che dall’adulterio del marito ricade sulla moglie». Dove Oggi spiegava come fosse «giunta l’ora di parlare del gallinismo» anziché del gallismo dei nostri playboy da spiaggia: «Quando i nostri oltrepassano il segno spesso la colpa è delle turiste».
È la disperazione della mamma di Veronica: «Un bastardo mi ammazza la figlia e l’avvocato tira in ballo la minigonna».
Insieme, però, emerge anche un’Italia diversa. Migliore. Che consola. Dove sono sempre di più le donne che riescono a rompere le catene della rassegnazione, dei pregiudizi, della paura. Donne che denunciano. Che danno battaglia. Che si rivolgono ai centri di aiuto e sostegno (ce n’è un elenco di 60 pagine, città per città, nel libro) per tirar fuori dai guai sé stesse e magari quelle che non ci riescono da sole.
Quasi sempre, tuttavia, quelle che ce la fanno a uscire da certi gironi d’inferno casalinghi ce la fanno perché sono in grado di reggere da sole anche economicamente. Ed è lì che sono insopportabili i ritardi enormi dell’Italia. L’ultima in Europa per tasso di occupazione femminile. Trenta punti sotto la Danimarca, venticinque sotto la Svizzera, la Svezia, l’Olanda…
Ed è lì che emerge uno dei nodi centrali: offrire alle donne opportunità di inserimento nel lavoro può voler dire strapparne tante alla schiavitù domestica di certi compagni-padroni.
http://27esimaora.corriere.it/articolo/ ... e-mai-piu/
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Re: Pianeta donna....
La rivoluzione delle donne.A milioni nelle piazze per difendere la dignità
(Michela Marzano).
15/02/2013 di triskel182
Balli in tutto il mondo contro femminicidi e violenze .
SONO milioni le donne scese ieri in piazza per danzare e dire basta a stupri e femminicidio. «Un miliardo di donne violentate è un’atrocità. Un miliardo di donne che danzano è una rivoluzione » si legge sul sito di One Billion Rising.
LA MANIFESTAZIONE è una di quelle rivoluzioni pacifiche al servizio della civiltà, affinché le donne cessino di essere trattate come semplici oggetti a disposizione degli uomini. Una rivoluzione capace di portare ad azioni concrete per la prevenzione delle violenze, l’educazione dei più giovani e la tutela delle persone più fragili. Azioni che purtroppo sono ancora troppo timide e inefficaci. In tutto il mondo, infatti, i dati delle violenze contro le donne sono terrificanti, anche se in misura variabile a seconda dei paesi. Come se, indipendentemente dai costumi, dalla cultura e dal credo religioso, le donne continuassero ad essere in balia delle pulsioni maschili. Pulsioni sessuali o brutali. Pulsioni distruttive, come direbbe Freud, che si scatenano quando vengono meno le dighe psichiche della civiltà e della cultura, e sembra normale e scontato che certe persone diventino il capro espiatorio di tutto ciò che non va.
Le violenze contro le donne, che si tratti degli stupri o del femminicidio, hanno origini profonde e mille diramazioni. Certe società le legittimano. Altre le tollerano. Altre ancora cercano di contrastarle. Ancora mai, però, si è cercato di fare veramente qualcosa perché si arrestassero, cercando di sradicare tutti quei pregiudizi che circondano ancora le donne. E che permettono ad alcuni uomini di sentirsi giustificati quando umiliano pubblicamente le donne — negando loro competenze e dignità — o addirittura se ne sbarazzano quando diventano scomode o inopportune. Come se, nonostante tutte le battaglie condotte fino ad oggi per promuovere l’uguaglianza, fosse ancora forte l’idea secondo cui le donne sono, in fondo, inferiori agli uomini. Retaggio culturale di un mondo in cui alcune persone — sempre le stesse, sempre gli uomini — avrebbero il diritto di trattare altre persone — sempre le stesse, sempre le donne — come oggetti, come cose, come mercanzie, come prodotti.
Ironia della sorte, proprio questa notte si è consumata un’altra tragedia al femminile: con quattro colpi di pistola, Oscar Pistorius, il primo uomo
dalle gambe amputate a correre alle Olimpiadi, ha ucciso a Pretoria la sua fidanzata. Certo, Pistorius nega l’intenzionalità del proprio gesto. Avrebbe sparato convinto che fosse penetrato in casa un ladro. E fino a quando le condizioni esatte dell’omicidio non saranno chiarite, non possiamo aggiungere altro. Nonostante la polizia sembri poco convinta dalla versione di Pistorius e sia più incline a credere che si tratti di un femminicidio, viste anche le segnalazioni di precedenti violenze domestiche. Terribile coincidenza nel giorno di San Valentino, che Reeva Steenkamp avrebbe voluto festeggiare con il proprio fidanzato, dopo aver postato nel suo blog un’immagine in memoria di una diciassettenne stuprata e uccisa il 2 febbraio da una gang sud-africana. Terribile coincidenza che mostra a che punto è ancora difficile mettere un termine a questa violenza che si scatena contro le donne, proprio in quanto donne.
Speriamo che le immagini delle danze di ieri possano avere un impatto non solo simbolico su questo flagello contemporaneo. Sarebbe infatti opportuno che le immagini — insufficienti in quanto tali a debellare le violenze — si traducessero in azioni e che le azioni portassero ad un cambiamento culturale profondo. Il messaggio è semplicissimo: le donne sono esseri umani dotati di valore intrinseco, e nessuno dovrebbe osare negarlo, come accade invece ancora oggi. La loro vita non ha un prezzo, a differenza delle cose. Ha sempre e solo una dignità. La dignità delle persone, indipendentemente dal sesso.
Da La Repubblica del 15/02/2013.
(Michela Marzano).
15/02/2013 di triskel182
Balli in tutto il mondo contro femminicidi e violenze .
SONO milioni le donne scese ieri in piazza per danzare e dire basta a stupri e femminicidio. «Un miliardo di donne violentate è un’atrocità. Un miliardo di donne che danzano è una rivoluzione » si legge sul sito di One Billion Rising.
LA MANIFESTAZIONE è una di quelle rivoluzioni pacifiche al servizio della civiltà, affinché le donne cessino di essere trattate come semplici oggetti a disposizione degli uomini. Una rivoluzione capace di portare ad azioni concrete per la prevenzione delle violenze, l’educazione dei più giovani e la tutela delle persone più fragili. Azioni che purtroppo sono ancora troppo timide e inefficaci. In tutto il mondo, infatti, i dati delle violenze contro le donne sono terrificanti, anche se in misura variabile a seconda dei paesi. Come se, indipendentemente dai costumi, dalla cultura e dal credo religioso, le donne continuassero ad essere in balia delle pulsioni maschili. Pulsioni sessuali o brutali. Pulsioni distruttive, come direbbe Freud, che si scatenano quando vengono meno le dighe psichiche della civiltà e della cultura, e sembra normale e scontato che certe persone diventino il capro espiatorio di tutto ciò che non va.
Le violenze contro le donne, che si tratti degli stupri o del femminicidio, hanno origini profonde e mille diramazioni. Certe società le legittimano. Altre le tollerano. Altre ancora cercano di contrastarle. Ancora mai, però, si è cercato di fare veramente qualcosa perché si arrestassero, cercando di sradicare tutti quei pregiudizi che circondano ancora le donne. E che permettono ad alcuni uomini di sentirsi giustificati quando umiliano pubblicamente le donne — negando loro competenze e dignità — o addirittura se ne sbarazzano quando diventano scomode o inopportune. Come se, nonostante tutte le battaglie condotte fino ad oggi per promuovere l’uguaglianza, fosse ancora forte l’idea secondo cui le donne sono, in fondo, inferiori agli uomini. Retaggio culturale di un mondo in cui alcune persone — sempre le stesse, sempre gli uomini — avrebbero il diritto di trattare altre persone — sempre le stesse, sempre le donne — come oggetti, come cose, come mercanzie, come prodotti.
Ironia della sorte, proprio questa notte si è consumata un’altra tragedia al femminile: con quattro colpi di pistola, Oscar Pistorius, il primo uomo
dalle gambe amputate a correre alle Olimpiadi, ha ucciso a Pretoria la sua fidanzata. Certo, Pistorius nega l’intenzionalità del proprio gesto. Avrebbe sparato convinto che fosse penetrato in casa un ladro. E fino a quando le condizioni esatte dell’omicidio non saranno chiarite, non possiamo aggiungere altro. Nonostante la polizia sembri poco convinta dalla versione di Pistorius e sia più incline a credere che si tratti di un femminicidio, viste anche le segnalazioni di precedenti violenze domestiche. Terribile coincidenza nel giorno di San Valentino, che Reeva Steenkamp avrebbe voluto festeggiare con il proprio fidanzato, dopo aver postato nel suo blog un’immagine in memoria di una diciassettenne stuprata e uccisa il 2 febbraio da una gang sud-africana. Terribile coincidenza che mostra a che punto è ancora difficile mettere un termine a questa violenza che si scatena contro le donne, proprio in quanto donne.
Speriamo che le immagini delle danze di ieri possano avere un impatto non solo simbolico su questo flagello contemporaneo. Sarebbe infatti opportuno che le immagini — insufficienti in quanto tali a debellare le violenze — si traducessero in azioni e che le azioni portassero ad un cambiamento culturale profondo. Il messaggio è semplicissimo: le donne sono esseri umani dotati di valore intrinseco, e nessuno dovrebbe osare negarlo, come accade invece ancora oggi. La loro vita non ha un prezzo, a differenza delle cose. Ha sempre e solo una dignità. La dignità delle persone, indipendentemente dal sesso.
Da La Repubblica del 15/02/2013.
Re: Pianeta donna....
C'è una cosa che ad ogni elezione mi fa incazzare , ma proprio tanto
arrivi al seggio, consegni di documenti e lo scrutatore chiama
Bianchi Maria in Rossi , data di nascita, residenza.
ma perchè a voi non dicono : Rossi Mario in Bianchi?
perchè devo essere in Rossi e non semplicemente Bianchi?
la signorina Verdi Lucia nubile, zitella, con le ragnatele e la naftalina nei cassetti non vota forse?
che bisogno c'è?
( altra incazzatura è quella dei bagni dei locali pubblici.... donne e portatori di handicap un unico bagno col water alto 70 cm .... perchè i portatori di handicap maschi devono fare pipì nel "mio" bagno? .. perchè non è stato messo in quello dei maschi normodotati? una donna portatrice di handicap non può andare in quello dei maschi ...e mi sta pure bene considerato quello che troverebbe ...ma perchè il bagno delle donne deve diventare anche dei maschi e non viceversa?
non era più umano mettere in ogni bagno un doppio water attrezzato per portatori di handicap ? perchè semplificare sempre a discapito delle donne? )
arrivi al seggio, consegni di documenti e lo scrutatore chiama
Bianchi Maria in Rossi , data di nascita, residenza.
ma perchè a voi non dicono : Rossi Mario in Bianchi?
perchè devo essere in Rossi e non semplicemente Bianchi?
la signorina Verdi Lucia nubile, zitella, con le ragnatele e la naftalina nei cassetti non vota forse?
che bisogno c'è?
( altra incazzatura è quella dei bagni dei locali pubblici.... donne e portatori di handicap un unico bagno col water alto 70 cm .... perchè i portatori di handicap maschi devono fare pipì nel "mio" bagno? .. perchè non è stato messo in quello dei maschi normodotati? una donna portatrice di handicap non può andare in quello dei maschi ...e mi sta pure bene considerato quello che troverebbe ...ma perchè il bagno delle donne deve diventare anche dei maschi e non viceversa?
non era più umano mettere in ogni bagno un doppio water attrezzato per portatori di handicap ? perchè semplificare sempre a discapito delle donne? )
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Re: Pianeta donna....
Hai ragione.Cosa serve dire pure il nome del marito.Scheda elettorale c'è il nome e cognome della persona , nella carta identità basta verificare lo stesso nome cognome.
Ma noi siamo Italiani ci complichiamo sempre le cose.
Ciao
Paolo11
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Paolo11
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Re: Pianeta donna....
l’Unità 14.3.13
La donna delle mimose
Teresa Mattei nell’ultima intervista per l’8 marzo
Scomparsa l’altro giorno una madre della Costituente
Raccontò come scelse il fiore che è diventato simbolo della festa: «Era quello che regalavano i partigiani alle staffette»
«Al popolo appartengono anche i bambini e gli anziani perciò ho lottato nella mia vita per il diritto all’ascolto»
di Sara Picardo
PARTIGIANA, DONNA DALLA PARTE DELLE DONNE PER TUTTA LA VITA. TERESA MATTEI SI È SPENTA L’ALTRO GIORNO ALL’ETÀ DI 92 A LARI IN PROVINCIA DI PISA. PUBBLICHIAMO LA SUA ULTIMA INTERVISTA RILASCIATA IN OCCASIONE DELL’8 MARZO A LIBERAETÀ.
Teresa Mattei, nome di battaglia Chicchi, è stata la più giovane eletta all’Assemblea Costituente, a soli 25 anni, nel 1946. A lei dobbiamo tante cose: Comandante di Compagnia a Firenze durante la guerra di Liberazione nella formazione Garibaldina Fronte della Gioventù; «madre» dell’articolo 3 della Costituzione sull’uguaglianza di tutti di fronte alla legge; «inventrice» della mimosa come simbolo dell’8 marzo; dirigente nazionale per anni dell’Unione delle Donne italiane (Udi) e combattente per i diritti del fanciullo e della donna, soprattutto il diritto all’ascolto e alla comunicazione; pasionaria espulsa dal Pci per le sue posizioni anti-togliattiane, nel 2001 è alla grande manifestazione contro il G8 a Genova, per chiedere ancora una volta un altro mondo possibile.
A lei ed al suo gruppo combattente si ispira Rossellini per l’episodio di Firenze del celebre film Paisà.
«La cosa più importante della nostra vita è aver scelto la nostra parte», dice Teresa-Chicchi riguardo alla lotta partigiana.
Nata nel 1921, dalle sue parole si evince il significato di un’esistenza intesa, tesa al bene della collettività.
Come è nata l’idea della mimosa per celebrare l’8 marzo?
«L’idea mi venne perché la mimosa era il fiore che i partigiani regalavano alle staffette, mi ricordava la lotta sulle montagne un fiore povero che cresceva ovunque a marzo e poteva essere raccolto a mazzi e gratuitamente. Sapevo che Luigi Longo voleva proporre la violetta, la mimosa mi sembrava molto più adatta».
Anche se è cambiato molto da quando Rosa Luxemburg propose l’8 marzo come Festa della Donna per ricordare le operaie rinchiuse nella fabbrica Cotton di New York per le loro richieste di maggior diritti e morte proprio lì, arse vive durante un incendio scoppiato appunto l’8 marzo del 1908 le donne continuano ad avere problemi di rappresentanza.
Eppure il loro contributo è fondamentale. Cosa ne pensa a riguardo? «Le donne sono molto diverse dagli uomini nell’agire. Hanno una mente “orizzontale” nell’osservare il mondo e si rimboccano le maniche quando c’è da fare qualcosa senza guardare troppo al potere o ad avere un atteggiamento verticistico come fanno gli uomini. Noi preferiamo la conoscenza al comando, condividere i progetti e costruire un mondo migliore per i nostri figli, futuri cittadini. Per questo la nostra partecipazione in Parlamento è fondamentale e il nostro contributo alla vita comune decisivo».
Lei si è occupata tanto anche dei diritti del fanciullo e degli anziani, perché?
«Se la sovranità appartiene al popolo, come recita la nostra Costituzione, mi domando a che età allora un cittadino possa sentirsi e dichiararsi tale. Al popolo appartengono dalla nascita anche i bambini e continuano ad appartenere gli anziani, perciò ho lottato nella mia vita per il diritto alla comunicazione e all’ascolto di tutti, in particolar modo di quelli che non venivano ascoltati, come le donne, gli anziani e i bambini appunto».
Cosa ricorda della sua prima volta alla Camera dei deputati?
«Proprio all’inizio della mia attività parlamentare, mentre entravo a Montecitorio mi si fecero incontro due donne vestite di nero che mi chiesero in siciliano stretto se ero una deputata. Al mio sì una di loro mi prese una mano e la baciò piangendo. Iniziarono a raccontarmi la loro storia. Le due cugine, vedove di guerra e madri di una decina di figli, vivevano in un’unica stanza in un paesino della provincia di Trapani. Mi chiedevano di aiutarle affrettando la loro pratica di pensione: erano alla fame. Con il coraggio della disperazione, aiutate da tutto il paese, erano venute sole a Roma. Erano felici di poter parlare con una deputata donna e fiduciose che avrebbe risolto ogni loro problema... Non sono state le uniche. Durante tutto il periodo della Costituente le pratiche di questo tipo erano moltissime, appesantite e rallentate da una burocrazia crudele, che né io né le due donne ancora conoscevamo! È possibile immaginare con quale stato d’animo entrai a Palazzo».
La donna delle mimose
Teresa Mattei nell’ultima intervista per l’8 marzo
Scomparsa l’altro giorno una madre della Costituente
Raccontò come scelse il fiore che è diventato simbolo della festa: «Era quello che regalavano i partigiani alle staffette»
«Al popolo appartengono anche i bambini e gli anziani perciò ho lottato nella mia vita per il diritto all’ascolto»
di Sara Picardo
PARTIGIANA, DONNA DALLA PARTE DELLE DONNE PER TUTTA LA VITA. TERESA MATTEI SI È SPENTA L’ALTRO GIORNO ALL’ETÀ DI 92 A LARI IN PROVINCIA DI PISA. PUBBLICHIAMO LA SUA ULTIMA INTERVISTA RILASCIATA IN OCCASIONE DELL’8 MARZO A LIBERAETÀ.
Teresa Mattei, nome di battaglia Chicchi, è stata la più giovane eletta all’Assemblea Costituente, a soli 25 anni, nel 1946. A lei dobbiamo tante cose: Comandante di Compagnia a Firenze durante la guerra di Liberazione nella formazione Garibaldina Fronte della Gioventù; «madre» dell’articolo 3 della Costituzione sull’uguaglianza di tutti di fronte alla legge; «inventrice» della mimosa come simbolo dell’8 marzo; dirigente nazionale per anni dell’Unione delle Donne italiane (Udi) e combattente per i diritti del fanciullo e della donna, soprattutto il diritto all’ascolto e alla comunicazione; pasionaria espulsa dal Pci per le sue posizioni anti-togliattiane, nel 2001 è alla grande manifestazione contro il G8 a Genova, per chiedere ancora una volta un altro mondo possibile.
A lei ed al suo gruppo combattente si ispira Rossellini per l’episodio di Firenze del celebre film Paisà.
«La cosa più importante della nostra vita è aver scelto la nostra parte», dice Teresa-Chicchi riguardo alla lotta partigiana.
Nata nel 1921, dalle sue parole si evince il significato di un’esistenza intesa, tesa al bene della collettività.
Come è nata l’idea della mimosa per celebrare l’8 marzo?
«L’idea mi venne perché la mimosa era il fiore che i partigiani regalavano alle staffette, mi ricordava la lotta sulle montagne un fiore povero che cresceva ovunque a marzo e poteva essere raccolto a mazzi e gratuitamente. Sapevo che Luigi Longo voleva proporre la violetta, la mimosa mi sembrava molto più adatta».
Anche se è cambiato molto da quando Rosa Luxemburg propose l’8 marzo come Festa della Donna per ricordare le operaie rinchiuse nella fabbrica Cotton di New York per le loro richieste di maggior diritti e morte proprio lì, arse vive durante un incendio scoppiato appunto l’8 marzo del 1908 le donne continuano ad avere problemi di rappresentanza.
Eppure il loro contributo è fondamentale. Cosa ne pensa a riguardo? «Le donne sono molto diverse dagli uomini nell’agire. Hanno una mente “orizzontale” nell’osservare il mondo e si rimboccano le maniche quando c’è da fare qualcosa senza guardare troppo al potere o ad avere un atteggiamento verticistico come fanno gli uomini. Noi preferiamo la conoscenza al comando, condividere i progetti e costruire un mondo migliore per i nostri figli, futuri cittadini. Per questo la nostra partecipazione in Parlamento è fondamentale e il nostro contributo alla vita comune decisivo».
Lei si è occupata tanto anche dei diritti del fanciullo e degli anziani, perché?
«Se la sovranità appartiene al popolo, come recita la nostra Costituzione, mi domando a che età allora un cittadino possa sentirsi e dichiararsi tale. Al popolo appartengono dalla nascita anche i bambini e continuano ad appartenere gli anziani, perciò ho lottato nella mia vita per il diritto alla comunicazione e all’ascolto di tutti, in particolar modo di quelli che non venivano ascoltati, come le donne, gli anziani e i bambini appunto».
Cosa ricorda della sua prima volta alla Camera dei deputati?
«Proprio all’inizio della mia attività parlamentare, mentre entravo a Montecitorio mi si fecero incontro due donne vestite di nero che mi chiesero in siciliano stretto se ero una deputata. Al mio sì una di loro mi prese una mano e la baciò piangendo. Iniziarono a raccontarmi la loro storia. Le due cugine, vedove di guerra e madri di una decina di figli, vivevano in un’unica stanza in un paesino della provincia di Trapani. Mi chiedevano di aiutarle affrettando la loro pratica di pensione: erano alla fame. Con il coraggio della disperazione, aiutate da tutto il paese, erano venute sole a Roma. Erano felici di poter parlare con una deputata donna e fiduciose che avrebbe risolto ogni loro problema... Non sono state le uniche. Durante tutto il periodo della Costituente le pratiche di questo tipo erano moltissime, appesantite e rallentate da una burocrazia crudele, che né io né le due donne ancora conoscevamo! È possibile immaginare con quale stato d’animo entrai a Palazzo».
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Re: Pianeta donna....
Tutto ha un limite,.......occorre dire basta...............
CASTAGNETO CARDUCCI (LIVORNO)
Strangolata a 19 anni
Il corpo trovato fra gli ulivi
I genitori avevano lanciato l'allarme mercoledì sera, non vedendola tornare a casa
FIRENZE - Il suo corpo è stato trovato sotto un olivo, con i pantaloni abbassati e senza slip. Ilaria Leone aveva appena 19 anni, e viveva a Donoratico, una frazione marina di Castagneto Carducci, distante circa sei chilometri dal paese, insieme alla famiglia. Dalla prima verifica sul cadavere la giovane sembra essere stata strozzata a mani nude.
I suoi genitori avevano dato l'allarme mercoledì, non vedendola tornare a casa. I carabinieri li hanno ascoltati per trovare elementi utili alle indagini. In caserma sono arrivati anche un gruppo di amici della ragazza, di cui si erano perse le tracce mercoledì sera, intorno alle 22, e alcuni colleghi del lavoro.
Ilaria lavorava in un ristorante della zona. A trovare il corpo, secondo una prima ricostruzione, sarebbe stata una persona che ha avvisato i carabinieri. L'area è stata transennata dai carabinieri e sul posto si è recato anche il magistrato di turno da Livorno per coordinare le indagini. Al momento, gli investigatori mantengono uno stretto riserbo. «Se viene confermata l'ipotesi di omicidio, non mi capacito di come sia potuta accadere una cosa simile a Castagneto», dice il sindaco Fabio Tinti dopo aver appreso la notizia della morte della giovane diciannovenne. «Conosco la famiglia e credo che la ragazza abitasse con la madre in paese. Ripeto, non mi capacito di come sia potuto succedere, c'è da essere sconvolti, sono senza parole».
Simone Innocenti
02 maggio 2013
© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://corrierefiorentino.corriere.it/f ... 5268.shtml
CASTAGNETO CARDUCCI (LIVORNO)
Strangolata a 19 anni
Il corpo trovato fra gli ulivi
I genitori avevano lanciato l'allarme mercoledì sera, non vedendola tornare a casa
FIRENZE - Il suo corpo è stato trovato sotto un olivo, con i pantaloni abbassati e senza slip. Ilaria Leone aveva appena 19 anni, e viveva a Donoratico, una frazione marina di Castagneto Carducci, distante circa sei chilometri dal paese, insieme alla famiglia. Dalla prima verifica sul cadavere la giovane sembra essere stata strozzata a mani nude.
I suoi genitori avevano dato l'allarme mercoledì, non vedendola tornare a casa. I carabinieri li hanno ascoltati per trovare elementi utili alle indagini. In caserma sono arrivati anche un gruppo di amici della ragazza, di cui si erano perse le tracce mercoledì sera, intorno alle 22, e alcuni colleghi del lavoro.
Ilaria lavorava in un ristorante della zona. A trovare il corpo, secondo una prima ricostruzione, sarebbe stata una persona che ha avvisato i carabinieri. L'area è stata transennata dai carabinieri e sul posto si è recato anche il magistrato di turno da Livorno per coordinare le indagini. Al momento, gli investigatori mantengono uno stretto riserbo. «Se viene confermata l'ipotesi di omicidio, non mi capacito di come sia potuta accadere una cosa simile a Castagneto», dice il sindaco Fabio Tinti dopo aver appreso la notizia della morte della giovane diciannovenne. «Conosco la famiglia e credo che la ragazza abitasse con la madre in paese. Ripeto, non mi capacito di come sia potuto succedere, c'è da essere sconvolti, sono senza parole».
Simone Innocenti
02 maggio 2013
© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://corrierefiorentino.corriere.it/f ... 5268.shtml
Re: Pianeta donna....
leggo....divisa fra la noia e la rabbia di sentire le solite, inutili , retoriche parole e la buonafede da concedere ad una new entry ....
Josefa Idem: ''Serve una task force per fermare il femminicidio''
Il ministro dopo gli ultimi 3 omicidi nell'arco di 24 ore: inaccettabile.
Tre donne uccise in sole 24 ore: il 2 maggio scorso la dicianovenne Ilaria Leone, morta a Livorno dopo un tentativo di stupro; poi Alessandra Iacullo, trovata in un lago di sangue tra Ostia e Acilia sul litorale romano; e Chiara Di Vita, 27 anni.
Un fenomeno che ha un nome: femminicidio. E che ha portato Josefa Idem, neo ministro per le Pari Opportunità, a ipotizzare una task force per fermarlo.
"Centoventisette femminicidi nel 2012, 25 dall'inizio dell'anno. E' inaccettabile, occorre intervenire con più forza": ha detto la Idem in un'intervista al Tg3. "Voglio creare una task force che si occupi di questo tema in modo trasversale, che coinvolga il ministero della Giustizia e quello dell'Interno, voglio lavorare insieme a loro".
"Bisogna conoscere il fenomeno"
Operativamente, per Idem "la prima cosa da fare è conoscere il fenomeno a fondo: vogliamo istituire un osservatorio nazionale che studi la violenza di genere".
A favore di una linea dura anche il ministro per l'integrazione, Cecile Kyenge che ha dichiarato: "Bisogna ricordare che nel 2012 sono state uccise 150 donne. E' necessario promuovere una legge contro la violenza sulle donne e le politiche di genere. Serve un cambio culturale".
Josefa Idem: ''Serve una task force per fermare il femminicidio''
Il ministro dopo gli ultimi 3 omicidi nell'arco di 24 ore: inaccettabile.
Tre donne uccise in sole 24 ore: il 2 maggio scorso la dicianovenne Ilaria Leone, morta a Livorno dopo un tentativo di stupro; poi Alessandra Iacullo, trovata in un lago di sangue tra Ostia e Acilia sul litorale romano; e Chiara Di Vita, 27 anni.
Un fenomeno che ha un nome: femminicidio. E che ha portato Josefa Idem, neo ministro per le Pari Opportunità, a ipotizzare una task force per fermarlo.
"Centoventisette femminicidi nel 2012, 25 dall'inizio dell'anno. E' inaccettabile, occorre intervenire con più forza": ha detto la Idem in un'intervista al Tg3. "Voglio creare una task force che si occupi di questo tema in modo trasversale, che coinvolga il ministero della Giustizia e quello dell'Interno, voglio lavorare insieme a loro".
"Bisogna conoscere il fenomeno"
Operativamente, per Idem "la prima cosa da fare è conoscere il fenomeno a fondo: vogliamo istituire un osservatorio nazionale che studi la violenza di genere".
A favore di una linea dura anche il ministro per l'integrazione, Cecile Kyenge che ha dichiarato: "Bisogna ricordare che nel 2012 sono state uccise 150 donne. E' necessario promuovere una legge contro la violenza sulle donne e le politiche di genere. Serve un cambio culturale".
Re: Pianeta donna....
Agnese Borsellino, 71 anni, vedova di Paolo Borsellino, è morta questa mattina nella sua casa di Palermo. Era da tempo malata. A dare la notizia è stato Salvatore Borsellino, il fratello del magistrato ucciso dalla mafia, con un post su Facebook nel quale traspare amarezza per una verità che stenta ancora ad arrivare sulla stagione delle stragi. «È morta Agnese -ha scritto- . È andata a raggiungere Paolo. Adesso saprà la verità sulla sua morte».
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