QUALE LEGGE ELETTORALE
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Re: QUALE LEGGE ELETTORALE
Ciao Pancho Juan
visto che tanti, molti resteranno fuori , senza rappresentanza in Parlamento, credo giusto aumentare i diritti dei cittadini dando loro la possibilità di intervenire in qualsiasi momento coi referendum senza quorum e con proposte di legge.
visto che tanti, molti resteranno fuori , senza rappresentanza in Parlamento, credo giusto aumentare i diritti dei cittadini dando loro la possibilità di intervenire in qualsiasi momento coi referendum senza quorum e con proposte di legge.
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Re: QUALE LEGGE ELETTORALE
Italicum, peggio della Legge Acerbo voluta dal fascismo
di Paolo Ferrero | 23 gennaio 2014
La proposta di legge elettorale avanzata da Renzi, Berlusconi e Alfano è peggio del Porcellum ed è più incostituzionale del Porcellum. Questo per due semplici motivi.
Innanzitutto, come il Porcellum la proposta Pd/Pdl è ipermaggioritaria e nei fatti non ha alcuna soglia minima per far scattare il premio. Semplicemente se il primo partito raggiunge il 35% il premio scatta automaticamente, se questa soglia non viene raggiunta il premio scatta dopo un ballottaggio. Quindi la distorsione della rappresentanza che la Corte Costituzionale ha ravvisato nel Porcellum è pienamente confermata dalla proposta Renzi.
Parimenti la possibilità dell’elettore di scegliere il proprio candidato continua a non esistere in quanto le liste elettorali, per quanto più corte, sono fisse ed insindacabili. Quindi anche il secondo rilievo di incostituzionalità sollevato dalla Corte non viene risolto dalla proposta Renzi.
Sin qui ci troviamo quindi di fronte ad una proposta che riproduce gli effetti del Porcellum e i vizi di costituzionalità dello stesso.
Esiste però un motivo preciso per cui il sistema elettorale proposto da Renzi e Berlusconi è peggiorativo del Porcellum. Nel caso del Porcellum la distorsione della rappresentanza riguardava nella sostanza il premio di maggioranza, cioè chi vinceva. Nella nuova legge elettorale proposta la distorsione si concentra invece anche – per certi versi soprattutto – su chi perde. La scelta di fare sbarramenti che partono dall’8%, ma che in realtà sono molto più alti, riduce nei fatti a 2 o 3 grandi partiti la possibilità di accedere alla rappresentanza istituzionale, mettendo fuori dal Parlamento tutti gli altri. La cosa che salta agli occhi è che questa esclusione non ha alcuna giustificazione: se il premio di maggioranza viene giustificato in nome della governabilità, che cosa giustifica il fatto che solo minoranze sopra l’8% possano entrare in Parlamento?
Il punto allora è questo: la logica di Renzi aggiunge all’assolutizzazione del tema della governabilità, quello della semplificazione autoritaria del sistema politico. Il sistema politico italiano nello schema di Renzi e Berlusconi diventa sempre più simile ad un consiglio di amministrazione di una azienda, in cui il “parco buoi” dei piccoli azionisti non ha mai voce in capitolo. È l’assolutizzazione del principio del governo da parte di minoranze oligarchiche con la riduzione al silenzio della maggioranza disorganizzata della popolazione. Oppure se volete una specie di campionato professionista senza retrocessioni e senza nuovi ingressi: chi ha i soldi per stare dentro il campionato ci rimane, ha il suo ritorno di immagine, e non rischia mai di entrare in concorrenza con chi dal campionato è escluso.
Ovviamente questa scelta non ha nulla a che vedere con la democrazia e la rappresentanza delle opinioni del popolo sovrano. L’idea di fondo è che una volta assunte le politiche di austerità come la strada obbligata di ogni governo, si tratta di impedire al popolo di organizzarsi per far valere le proprie ragioni e per costruire una alternativa. La cancellazione dalla rappresentanza parlamentare – e quindi anche dal circuito mediatico che a quella rappresentanza è connesso – diventa la strada maestra per cercare di confinare nella protesta le istanza alternative. Il nodo fondamentale non è più la governabilità – che come vediamo è garantita in tutta Europa da grandi coalizioni – ma l’espulsione dalla scena della comunicazione di massa di tutte le istanze che pongano il nodo dell’alternativa di sistema.
Non è un piccolo salto di qualità e rappresenta non solo la distruzione della democrazia nata dalla resistenza ma della democrazia tout court. Per avere un’idea, la famigerata legge Acerbo del 1924, varata dopo la marcia su Roma e fortemente voluta da Mussolini, determinò un risultato elettorale in cui il fascismo ebbe la maggioranza assoluta ma in cui ottennero seggi: Partito Popolare Italiano (9,01%, 39 seggi), Partito Socialista Unitario (5,90%, 24 seggi), Partito Socialista Italiano (5,03%, 22 seggi), Partito Comunista d’Italia (3,74%, 19 seggi), Liberali centristi (3,27%, 15 seggi), Opposizione costituzionale (2,20%, 14 seggi), Partito Repubblicano Italiano (1,87%, 7 seggi) e così via.
In altri termini, la legge prodotta da Renzi e Berlusconi è molto peggio della Legge Acerbo voluta da Mussolini dopo la marcia su Roma. Con le legge Renzi, Matteotti probabilmente non sarebbe mai stato assassinato, per il semplice motivo che non sarebbe stato eletto in Parlamento e non avrebbe mai potuto denunciare in quella sede le malefatte del regime. Forse è un problema che non riguarda solo i piccoli partiti.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/01 ... mo/854837/
di Paolo Ferrero | 23 gennaio 2014
La proposta di legge elettorale avanzata da Renzi, Berlusconi e Alfano è peggio del Porcellum ed è più incostituzionale del Porcellum. Questo per due semplici motivi.
Innanzitutto, come il Porcellum la proposta Pd/Pdl è ipermaggioritaria e nei fatti non ha alcuna soglia minima per far scattare il premio. Semplicemente se il primo partito raggiunge il 35% il premio scatta automaticamente, se questa soglia non viene raggiunta il premio scatta dopo un ballottaggio. Quindi la distorsione della rappresentanza che la Corte Costituzionale ha ravvisato nel Porcellum è pienamente confermata dalla proposta Renzi.
Parimenti la possibilità dell’elettore di scegliere il proprio candidato continua a non esistere in quanto le liste elettorali, per quanto più corte, sono fisse ed insindacabili. Quindi anche il secondo rilievo di incostituzionalità sollevato dalla Corte non viene risolto dalla proposta Renzi.
Sin qui ci troviamo quindi di fronte ad una proposta che riproduce gli effetti del Porcellum e i vizi di costituzionalità dello stesso.
Esiste però un motivo preciso per cui il sistema elettorale proposto da Renzi e Berlusconi è peggiorativo del Porcellum. Nel caso del Porcellum la distorsione della rappresentanza riguardava nella sostanza il premio di maggioranza, cioè chi vinceva. Nella nuova legge elettorale proposta la distorsione si concentra invece anche – per certi versi soprattutto – su chi perde. La scelta di fare sbarramenti che partono dall’8%, ma che in realtà sono molto più alti, riduce nei fatti a 2 o 3 grandi partiti la possibilità di accedere alla rappresentanza istituzionale, mettendo fuori dal Parlamento tutti gli altri. La cosa che salta agli occhi è che questa esclusione non ha alcuna giustificazione: se il premio di maggioranza viene giustificato in nome della governabilità, che cosa giustifica il fatto che solo minoranze sopra l’8% possano entrare in Parlamento?
Il punto allora è questo: la logica di Renzi aggiunge all’assolutizzazione del tema della governabilità, quello della semplificazione autoritaria del sistema politico. Il sistema politico italiano nello schema di Renzi e Berlusconi diventa sempre più simile ad un consiglio di amministrazione di una azienda, in cui il “parco buoi” dei piccoli azionisti non ha mai voce in capitolo. È l’assolutizzazione del principio del governo da parte di minoranze oligarchiche con la riduzione al silenzio della maggioranza disorganizzata della popolazione. Oppure se volete una specie di campionato professionista senza retrocessioni e senza nuovi ingressi: chi ha i soldi per stare dentro il campionato ci rimane, ha il suo ritorno di immagine, e non rischia mai di entrare in concorrenza con chi dal campionato è escluso.
Ovviamente questa scelta non ha nulla a che vedere con la democrazia e la rappresentanza delle opinioni del popolo sovrano. L’idea di fondo è che una volta assunte le politiche di austerità come la strada obbligata di ogni governo, si tratta di impedire al popolo di organizzarsi per far valere le proprie ragioni e per costruire una alternativa. La cancellazione dalla rappresentanza parlamentare – e quindi anche dal circuito mediatico che a quella rappresentanza è connesso – diventa la strada maestra per cercare di confinare nella protesta le istanza alternative. Il nodo fondamentale non è più la governabilità – che come vediamo è garantita in tutta Europa da grandi coalizioni – ma l’espulsione dalla scena della comunicazione di massa di tutte le istanze che pongano il nodo dell’alternativa di sistema.
Non è un piccolo salto di qualità e rappresenta non solo la distruzione della democrazia nata dalla resistenza ma della democrazia tout court. Per avere un’idea, la famigerata legge Acerbo del 1924, varata dopo la marcia su Roma e fortemente voluta da Mussolini, determinò un risultato elettorale in cui il fascismo ebbe la maggioranza assoluta ma in cui ottennero seggi: Partito Popolare Italiano (9,01%, 39 seggi), Partito Socialista Unitario (5,90%, 24 seggi), Partito Socialista Italiano (5,03%, 22 seggi), Partito Comunista d’Italia (3,74%, 19 seggi), Liberali centristi (3,27%, 15 seggi), Opposizione costituzionale (2,20%, 14 seggi), Partito Repubblicano Italiano (1,87%, 7 seggi) e così via.
In altri termini, la legge prodotta da Renzi e Berlusconi è molto peggio della Legge Acerbo voluta da Mussolini dopo la marcia su Roma. Con le legge Renzi, Matteotti probabilmente non sarebbe mai stato assassinato, per il semplice motivo che non sarebbe stato eletto in Parlamento e non avrebbe mai potuto denunciare in quella sede le malefatte del regime. Forse è un problema che non riguarda solo i piccoli partiti.
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Re: QUALE LEGGE ELETTORALE
24 GENNAIO 2014
RNews, Diamanti: preferenze o listini, la nebulosa delle riforme
Qual è il bandolo dell'intricata matassa della stagione delle riforme. Quanti cambiamenti sono sul tavolo, quali modelli elettorali e perché?
il punto di Ilvo Diamanti
http://video.repubblica.it/rubriche/rne ... ef=HRER1-1
RNews, Diamanti: preferenze o listini, la nebulosa delle riforme
Qual è il bandolo dell'intricata matassa della stagione delle riforme. Quanti cambiamenti sono sul tavolo, quali modelli elettorali e perché?
il punto di Ilvo Diamanti
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Re: QUALE LEGGE ELETTORALE
Anche Napolitano teme il naufragio
Legge elettorale, è tutti contro tutti
Il Colle torna a premere: "Fare presto". Renzi: "E' l'ultima chance". Da Alfano sfilza di emendamenti
Forza Italia: "No a preferenze o salta tutto". M5S: "Battaglia per far scegliere i cittadini (leggi)
Legge elettorale, Napolitano: “Fare presto”. Alfano all’attacco di Renzusconi
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 24 gennaio 2014Commenti (247)
Si riaccende la mischia intorno alla legge elettorale. Mentre la bozza Renzi-Berlusconi riceve il primo via libera in Commissione Affari costituzionali, il presidente Napolitano torna a premere perché le riforme si facciano “al più presto”, soprattutto quelle che possono correggere la “inefficienza delle istituzioni” nel prendere le decisioni che servono ai cittadini. Ma il leader dell’Ncd – e vicepremier nel governo Letta – Angelino Alfano annuncia per il finesettimana una sfilza di emendamenti che minano l’intero impianto di “Renzusconi”, dalla reintroduzione delle preferenze alla revisione del conteggio dei voti per il ballottaggio. Intanto Silvio Berlusconi – che delle preferenze è oppositore – manda a dire: “Finalmente nel Pd ho trovato qualcuno con cui si può ragionare e parlare”, riferendosi appunto a Renzi. Contrapposto alla “barbarie giudiziaria” che lo ha travolto.
E’ necessario “pervenire al più presto all’approvazione di riforme istituzionali che rendano il nostro ordinamento più idoneo a fronteggiare, nel contesto europeo, le nuove esigenze poste dalla crisi e dalle sfide della competizione globale”, scrive il presidente Giorgio Napolitano in un messaggio inviato al congresso di Sel in corso di svolgimento a Riccione. “Solo così – aggiunge – sarà possibile sperare in un progressivo riavvicinamento alla politica da parte dei cittadini, la cui disaffezione per la cosa pubblica è determinata in larga misura dall’inefficienza di cui per molti aspetti le istituzioni danno prova, oltre che dai ricorrenti episodi di malcostume”.
Matteo Renzi non sta a guardare e dai microfoni di Virus su Raidue ribadisce: “Questa è l’ultima chance anche per i parlamentari. Io più che fare l’accordo non posso. Se qualcuno pensa con il voto segreto di sgambettarlo non è che fanno un danno a me, fanno un danno a loro, perché la legislatura sostanzialmente vede il proprio fallimento”. E la polemica sulle preferenze, innescata anche all’interno del suo stesso partito, è “pretestuosa”. E se “tecnicamente” si può anche votare nel semestre di presidenza italiana dell’Ue, “che senso ha votare oggi se c’è da fare tante cose?”. Sul tema caldo delle preferenze, Renzi afferma:”Io avrei preferito metterle, perché ero uno dei pochissimi a volerle. Potrei farle l’elenco di autorevolissimi dirigenti che dicevano mai con le preferenze segnano la fine della politica. Magari sono gli stessi che oggi hanno cambiato opinione”.
Non sembrano orientati a far presto gli emendamenti annunciati per il finesettimana da Angelino Alfano: “Proveremo la proposta principale, cioè le preferenze generalizzate, ma stiamo lavorando anche a una proposta di mediazione sul modello di quanto accade in Germania, con una parte di lista bloccata e una parte di preferenze. I nostri tecnici sono al lavoro entro domenica presenteremo anche questa: una parte la scelgono i partiti, una parte i cittadini”. Il leader dell’Ncd va all’attacco dell’altro pilastro della legge elettorale, il meccanismo del premio di maggioranza. “Certamente non faremo i portatori d’acqua a nessuno ed ecco perché stiamo lavorando a un emendamento sullo scorporo. E cioè i voti dei partiti che non prendono i seggi non possono essere contabilizzati per il candidato premier ai fini del ballottaggio”. Questo per evitare “che un partito del 20% guidi una coalizione che arriva fino al 35% prendendo magari esso solo seggi e portando il proprio leader al ballottaggio”. A questo proposito, Alfano ricorda a Forza Italia che con l’attuale legge elettorale andrebbe incontro a una sconfitta da parte del Pd, quindi dovrebbe pensare alle “alleanze” invece “di costruire regole che uccidano o costringano a scelte diverse i partiti e i movimenti politici dell’area del centrodestra”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/01 ... ni/856678/
Legge elettorale, è tutti contro tutti
Il Colle torna a premere: "Fare presto". Renzi: "E' l'ultima chance". Da Alfano sfilza di emendamenti
Forza Italia: "No a preferenze o salta tutto". M5S: "Battaglia per far scegliere i cittadini (leggi)
Legge elettorale, Napolitano: “Fare presto”. Alfano all’attacco di Renzusconi
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 24 gennaio 2014Commenti (247)
Si riaccende la mischia intorno alla legge elettorale. Mentre la bozza Renzi-Berlusconi riceve il primo via libera in Commissione Affari costituzionali, il presidente Napolitano torna a premere perché le riforme si facciano “al più presto”, soprattutto quelle che possono correggere la “inefficienza delle istituzioni” nel prendere le decisioni che servono ai cittadini. Ma il leader dell’Ncd – e vicepremier nel governo Letta – Angelino Alfano annuncia per il finesettimana una sfilza di emendamenti che minano l’intero impianto di “Renzusconi”, dalla reintroduzione delle preferenze alla revisione del conteggio dei voti per il ballottaggio. Intanto Silvio Berlusconi – che delle preferenze è oppositore – manda a dire: “Finalmente nel Pd ho trovato qualcuno con cui si può ragionare e parlare”, riferendosi appunto a Renzi. Contrapposto alla “barbarie giudiziaria” che lo ha travolto.
E’ necessario “pervenire al più presto all’approvazione di riforme istituzionali che rendano il nostro ordinamento più idoneo a fronteggiare, nel contesto europeo, le nuove esigenze poste dalla crisi e dalle sfide della competizione globale”, scrive il presidente Giorgio Napolitano in un messaggio inviato al congresso di Sel in corso di svolgimento a Riccione. “Solo così – aggiunge – sarà possibile sperare in un progressivo riavvicinamento alla politica da parte dei cittadini, la cui disaffezione per la cosa pubblica è determinata in larga misura dall’inefficienza di cui per molti aspetti le istituzioni danno prova, oltre che dai ricorrenti episodi di malcostume”.
Matteo Renzi non sta a guardare e dai microfoni di Virus su Raidue ribadisce: “Questa è l’ultima chance anche per i parlamentari. Io più che fare l’accordo non posso. Se qualcuno pensa con il voto segreto di sgambettarlo non è che fanno un danno a me, fanno un danno a loro, perché la legislatura sostanzialmente vede il proprio fallimento”. E la polemica sulle preferenze, innescata anche all’interno del suo stesso partito, è “pretestuosa”. E se “tecnicamente” si può anche votare nel semestre di presidenza italiana dell’Ue, “che senso ha votare oggi se c’è da fare tante cose?”. Sul tema caldo delle preferenze, Renzi afferma:”Io avrei preferito metterle, perché ero uno dei pochissimi a volerle. Potrei farle l’elenco di autorevolissimi dirigenti che dicevano mai con le preferenze segnano la fine della politica. Magari sono gli stessi che oggi hanno cambiato opinione”.
Non sembrano orientati a far presto gli emendamenti annunciati per il finesettimana da Angelino Alfano: “Proveremo la proposta principale, cioè le preferenze generalizzate, ma stiamo lavorando anche a una proposta di mediazione sul modello di quanto accade in Germania, con una parte di lista bloccata e una parte di preferenze. I nostri tecnici sono al lavoro entro domenica presenteremo anche questa: una parte la scelgono i partiti, una parte i cittadini”. Il leader dell’Ncd va all’attacco dell’altro pilastro della legge elettorale, il meccanismo del premio di maggioranza. “Certamente non faremo i portatori d’acqua a nessuno ed ecco perché stiamo lavorando a un emendamento sullo scorporo. E cioè i voti dei partiti che non prendono i seggi non possono essere contabilizzati per il candidato premier ai fini del ballottaggio”. Questo per evitare “che un partito del 20% guidi una coalizione che arriva fino al 35% prendendo magari esso solo seggi e portando il proprio leader al ballottaggio”. A questo proposito, Alfano ricorda a Forza Italia che con l’attuale legge elettorale andrebbe incontro a una sconfitta da parte del Pd, quindi dovrebbe pensare alle “alleanze” invece “di costruire regole che uccidano o costringano a scelte diverse i partiti e i movimenti politici dell’area del centrodestra”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/01 ... ni/856678/
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Re: QUALE LEGGE ELETTORALE
Che questo Paese debba finire male, ha una sua logica più che ferrea.
Se anche il primo cittadino, primo garante del Paese, si lascia andare ad un laconico: “Facimm ambress,…..facimm ambress…’uagliò”, dopo aver dormito per anni sonni tranquilli con una legge elettorale incostituzionale, pure a’ sperànz è ijut a farsì benedìr.
In fondo non si può pretendere più di tanto, chistu è o’ pais e’ Purecenella.
In fondo siamo fatti così, insistevano domenica mattina coloro che hanno assistito alla storia d’Italia della seconda parte del Novecento. Involontariamente davano ragione a loro insaputa al Prof. Vittorino Andreoli, decano degli psichiatri italiani, intervenuto sulla materia 15 giorni fa dalla Gruber.
Chi ha visto l’altra sera Raistoria, mi raccontava dell’efficacia della propaganda nella Germania hitleriana, grazie anche ad uno spregiudicato Joseph Goebbels, maestro della menzogna.
Induce ad una forte riflessione la differenza sostanziale tra di noi ed i tedeschi.
La Germania del ’29 ha anch’essa subito la grande crisi. Ed è anche a questo che nel 1933 Adolf Hitler prende il potere dopo il crollo della Repubblica di Weimar nel 1930.
Raccontando grandissime megapalle nei sei anni successivi, dalla miseria dei tre anni dal crollo della Repubblica di Weimar, hanno creato una potenza militare in grado di sfidare il mondo.
Anche da noi a sei anni dall’inizio della crisi, stanno raccontando megapalle su megapalle, però a differenza dei tedeschi noi abbiamo affondato il Paese.
Gli insegnamenti delle megapalle di Goebbels da noi hanno preso piene solidamente. Tanto che i piazzisti di turno ne ricalcano le strade.
E’ un fenomeno strano che 47 milioni di cittadini adulti si facciano portare a spasso, come fa il cane pastore con il gregge di pecore.
E’ il cane pastore che guida il gregge dove vuole il suo padrone.
Lo stesso accade con gli italiani.
Non può essere diversamente, perché ancora una volta di più, stamani ad Agorà, un’ancella del satanasso di Hardcore, ha annunciato con una serafica faccia di bronzo, che questa legge elettorale è stata fatta “PER IL BENE DEGLI ITALIANI”.
Quando un politicante usa queste parole è perché sta usando l’ombrello di Altan nei confronti degli italiani.
In serata abbiamo appreso che il suo signore e padrone se ne è uscito con:
……..il mio impegno è rivolto al bene del nostro Paese……
E’ pur vero che i vari satanassi hanno una fortissima predisposizione alla truffa, ma anche i 47 milioni di italiani adulti hanno una fortissima predisposizione ad essere truffati.
Da una settimana agli italiani è venuta la fregola della legge elettorale. Ne parlano dappertutto sotto la spinta di tutti i mezzi di comunicazione. Nel parlano tutti i Tg e i talk politici.
Di conseguenza si vede che gli italiani si accapigliano sulle varie sfumature, senza comprendere che quella legge non è fatta per loro, ma per la casta dei politicanti.
Proprio in questi giorni si vede come i cani pastori vogliono portare il gregge dove intendono loro.
La legge elettorale non basta, perché se è vero che si vuole cambiare bisogna mettere le mani sulle regole.
Ai cani pastori serve far discutere su le liste bloccate o meno.
Ma una volta a Roma, comunque sia la legge elettorale, gli ordini su come votare di volta in volta li impongono le segreterie dei partiti.
Solo Franca Rame ha avuto il coraggio di ribellarsi e dimettersi dal Senato, perché riteneva che prendere tutti quei soldi per fare solo LA SCHICCIA BOTTONI, era una truffa legalizzata.
Ma ai tricolori non interessa, sono attratti a discutere una legge elettorale per inviare in Parlamento degli schiaccia bottoni in balia dei partiti.
Eppure la casta ci sta riuscendo un'altra volta alla grande nel fare fessi gli italiani.
E loro sono pure soddisfatti per essere fatti fessi.
Sul perché dovrebbe dare una risposta il Prof. Andreoli.
Se anche il primo cittadino, primo garante del Paese, si lascia andare ad un laconico: “Facimm ambress,…..facimm ambress…’uagliò”, dopo aver dormito per anni sonni tranquilli con una legge elettorale incostituzionale, pure a’ sperànz è ijut a farsì benedìr.
In fondo non si può pretendere più di tanto, chistu è o’ pais e’ Purecenella.
In fondo siamo fatti così, insistevano domenica mattina coloro che hanno assistito alla storia d’Italia della seconda parte del Novecento. Involontariamente davano ragione a loro insaputa al Prof. Vittorino Andreoli, decano degli psichiatri italiani, intervenuto sulla materia 15 giorni fa dalla Gruber.
Chi ha visto l’altra sera Raistoria, mi raccontava dell’efficacia della propaganda nella Germania hitleriana, grazie anche ad uno spregiudicato Joseph Goebbels, maestro della menzogna.
Induce ad una forte riflessione la differenza sostanziale tra di noi ed i tedeschi.
La Germania del ’29 ha anch’essa subito la grande crisi. Ed è anche a questo che nel 1933 Adolf Hitler prende il potere dopo il crollo della Repubblica di Weimar nel 1930.
Raccontando grandissime megapalle nei sei anni successivi, dalla miseria dei tre anni dal crollo della Repubblica di Weimar, hanno creato una potenza militare in grado di sfidare il mondo.
Anche da noi a sei anni dall’inizio della crisi, stanno raccontando megapalle su megapalle, però a differenza dei tedeschi noi abbiamo affondato il Paese.
Gli insegnamenti delle megapalle di Goebbels da noi hanno preso piene solidamente. Tanto che i piazzisti di turno ne ricalcano le strade.
E’ un fenomeno strano che 47 milioni di cittadini adulti si facciano portare a spasso, come fa il cane pastore con il gregge di pecore.
E’ il cane pastore che guida il gregge dove vuole il suo padrone.
Lo stesso accade con gli italiani.
Non può essere diversamente, perché ancora una volta di più, stamani ad Agorà, un’ancella del satanasso di Hardcore, ha annunciato con una serafica faccia di bronzo, che questa legge elettorale è stata fatta “PER IL BENE DEGLI ITALIANI”.
Quando un politicante usa queste parole è perché sta usando l’ombrello di Altan nei confronti degli italiani.
In serata abbiamo appreso che il suo signore e padrone se ne è uscito con:
……..il mio impegno è rivolto al bene del nostro Paese……
E’ pur vero che i vari satanassi hanno una fortissima predisposizione alla truffa, ma anche i 47 milioni di italiani adulti hanno una fortissima predisposizione ad essere truffati.
Da una settimana agli italiani è venuta la fregola della legge elettorale. Ne parlano dappertutto sotto la spinta di tutti i mezzi di comunicazione. Nel parlano tutti i Tg e i talk politici.
Di conseguenza si vede che gli italiani si accapigliano sulle varie sfumature, senza comprendere che quella legge non è fatta per loro, ma per la casta dei politicanti.
Proprio in questi giorni si vede come i cani pastori vogliono portare il gregge dove intendono loro.
La legge elettorale non basta, perché se è vero che si vuole cambiare bisogna mettere le mani sulle regole.
Ai cani pastori serve far discutere su le liste bloccate o meno.
Ma una volta a Roma, comunque sia la legge elettorale, gli ordini su come votare di volta in volta li impongono le segreterie dei partiti.
Solo Franca Rame ha avuto il coraggio di ribellarsi e dimettersi dal Senato, perché riteneva che prendere tutti quei soldi per fare solo LA SCHICCIA BOTTONI, era una truffa legalizzata.
Ma ai tricolori non interessa, sono attratti a discutere una legge elettorale per inviare in Parlamento degli schiaccia bottoni in balia dei partiti.
Eppure la casta ci sta riuscendo un'altra volta alla grande nel fare fessi gli italiani.
E loro sono pure soddisfatti per essere fatti fessi.
Sul perché dovrebbe dare una risposta il Prof. Andreoli.
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Re: QUALE LEGGE ELETTORALE
I Padri ni della Patria - 6
Preferenze e collegi, Verdini detta la linea al Pd
(Sara Nicoli).
25/01/2014 di triskel182
LEGGE ELETTORALE.
Come hanno creato i collegi? A caXXo. Hanno semplicemente preso quelli di 25 anni fa e li hanno buttati a caso su un foglio…”. Riccardo Nuti, M5S, fa capire così quanto sia cominciato male il confronto di ieri sulla legge elettorale in commissione alla Camera. Perchè restano le divisioni nel Pd sulle liste bloccate, l’emissario renziano Maria Elena Boschi è stata respinta da Denis Verdini sul fronte delle preferenze e Susanna Camusso ha mandato a dire al segretario del Nazaremo che alla Cgil l’Italicum non piace neanche un po’ perché non “garantisce la rappresentanza”. Renzi ha risposto con la solita litania: “È l’ultimo treno: se non passa, la legislatura finisce”. E aggiunto: “Meglio evitare, ma si può votare anche nel semestre europeo”. Nel frattempo Berlusconi lo esaltava: “Meno male che c’è Renzi, finalmente un interlocutore valido nel Pd”.
ECCO, in questo clima turbolento, ieri il testo base della legge è stato comunque adottato dalla commissione Affari costituzionali della Camera, con la contrarietà di M5S e Lega. E ci sono volute 4 ore di discussione per dirimere il primo scontro (Pd-Fi) sulla definizione dei collegi plurinominali. Questo perché, nonostante le rassicurazioni ottenute da Verdini sul no al ritorno delle preferenze (il ministro Franceschini le ha chiamate addirittura “un errore”), Forza Italia non ha affatto rinunciato a inserire tabelle con i collegi già disegnati nel testo base. Un tema delicatissimo, perché definire ampiezza e composizione dei territori di elezione influenza i risultati. Inevitabile, quindi, lo scoppio di una bagarre per il tentativo degli uomini del Cavaliere di forzare la mano sul tema, riprendendo i collegi del ’93 del Mattarellum, con l’unico scopo di velocizzare l’applicabilità della legge elettorale in caso di voto anticipato. “Sui tempi non vogliamo rischiare rinvii”, ha ammesso il presidente Francesco Paolo Sisto, che da relatore ha mantenuto il pugno fermo nonostante le richieste di quasi tutti i gruppi di introdurre già nel testo base la previsione di una delega al governo. Forza Italia, dicono, non si fida del governo che potrebbe allungare i tempi della preparazione dei collegi per allungarsi la vita. Ma allora perché siglare un accordo globale con Renzi anche su riforma del Senato e titolo V? Comunque, alla fine la Boschi ha ottenuto da Brunetta una timida apertura sulla delega al governo anche se il Pd presenterà un emendamento in tal senso così come ne verrà presentato un altro “abrogativo” delle tabelle dei collegi presentati nella bozza dai berluscones. Sulle quali Roberto Calderoli ha detto salacemente la sua: “Sarebbe utile sottoporre l’estensore della tabella a un test etilico e antidroga, sembrano scritti sotto effetto di sostanze stupefacenti”. Insomma, la battaglia è appena cominciata e già gli uomini del Cavaliere giocano di forzature e di colpi bassi, pur di rubare terreno all’avversario, nonostante l’accordo. Tanto che, a proposito di Lega, è tornata a circolare anche l’ipotesi di un emendamento, sempre dei berlusconiani, per salvare il Carroccio dall’estinzione parlamentare certa attraverso il meccanismo del “miglior perdente”, cosa che il Pd non ha alcuna intenzione di accettare. Ma quelli davvero attesi sono gli emendamenti del Pd. Il gruppo si riunirà domenica per tentare di trovare una linea condivisa. Gli obiettivi sono: aumentare il premio di maggioranza del 35% per evitare rischi di incostituzionalità, superare le liste bloccate, se non con le preferenze magari con i collegi uninominali o le primarie per legge e poi rivedere gli sbarramenti del 5 e dell’8%. Ma le modifiche andranno concordate con Ncd e Fi e saranno necessari altri compromessi.
Da Il Fatto Quotidiano del 25/01/2014.
Preferenze e collegi, Verdini detta la linea al Pd
(Sara Nicoli).
25/01/2014 di triskel182
LEGGE ELETTORALE.
Come hanno creato i collegi? A caXXo. Hanno semplicemente preso quelli di 25 anni fa e li hanno buttati a caso su un foglio…”. Riccardo Nuti, M5S, fa capire così quanto sia cominciato male il confronto di ieri sulla legge elettorale in commissione alla Camera. Perchè restano le divisioni nel Pd sulle liste bloccate, l’emissario renziano Maria Elena Boschi è stata respinta da Denis Verdini sul fronte delle preferenze e Susanna Camusso ha mandato a dire al segretario del Nazaremo che alla Cgil l’Italicum non piace neanche un po’ perché non “garantisce la rappresentanza”. Renzi ha risposto con la solita litania: “È l’ultimo treno: se non passa, la legislatura finisce”. E aggiunto: “Meglio evitare, ma si può votare anche nel semestre europeo”. Nel frattempo Berlusconi lo esaltava: “Meno male che c’è Renzi, finalmente un interlocutore valido nel Pd”.
ECCO, in questo clima turbolento, ieri il testo base della legge è stato comunque adottato dalla commissione Affari costituzionali della Camera, con la contrarietà di M5S e Lega. E ci sono volute 4 ore di discussione per dirimere il primo scontro (Pd-Fi) sulla definizione dei collegi plurinominali. Questo perché, nonostante le rassicurazioni ottenute da Verdini sul no al ritorno delle preferenze (il ministro Franceschini le ha chiamate addirittura “un errore”), Forza Italia non ha affatto rinunciato a inserire tabelle con i collegi già disegnati nel testo base. Un tema delicatissimo, perché definire ampiezza e composizione dei territori di elezione influenza i risultati. Inevitabile, quindi, lo scoppio di una bagarre per il tentativo degli uomini del Cavaliere di forzare la mano sul tema, riprendendo i collegi del ’93 del Mattarellum, con l’unico scopo di velocizzare l’applicabilità della legge elettorale in caso di voto anticipato. “Sui tempi non vogliamo rischiare rinvii”, ha ammesso il presidente Francesco Paolo Sisto, che da relatore ha mantenuto il pugno fermo nonostante le richieste di quasi tutti i gruppi di introdurre già nel testo base la previsione di una delega al governo. Forza Italia, dicono, non si fida del governo che potrebbe allungare i tempi della preparazione dei collegi per allungarsi la vita. Ma allora perché siglare un accordo globale con Renzi anche su riforma del Senato e titolo V? Comunque, alla fine la Boschi ha ottenuto da Brunetta una timida apertura sulla delega al governo anche se il Pd presenterà un emendamento in tal senso così come ne verrà presentato un altro “abrogativo” delle tabelle dei collegi presentati nella bozza dai berluscones. Sulle quali Roberto Calderoli ha detto salacemente la sua: “Sarebbe utile sottoporre l’estensore della tabella a un test etilico e antidroga, sembrano scritti sotto effetto di sostanze stupefacenti”. Insomma, la battaglia è appena cominciata e già gli uomini del Cavaliere giocano di forzature e di colpi bassi, pur di rubare terreno all’avversario, nonostante l’accordo. Tanto che, a proposito di Lega, è tornata a circolare anche l’ipotesi di un emendamento, sempre dei berlusconiani, per salvare il Carroccio dall’estinzione parlamentare certa attraverso il meccanismo del “miglior perdente”, cosa che il Pd non ha alcuna intenzione di accettare. Ma quelli davvero attesi sono gli emendamenti del Pd. Il gruppo si riunirà domenica per tentare di trovare una linea condivisa. Gli obiettivi sono: aumentare il premio di maggioranza del 35% per evitare rischi di incostituzionalità, superare le liste bloccate, se non con le preferenze magari con i collegi uninominali o le primarie per legge e poi rivedere gli sbarramenti del 5 e dell’8%. Ma le modifiche andranno concordate con Ncd e Fi e saranno necessari altri compromessi.
Da Il Fatto Quotidiano del 25/01/2014.
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Re: QUALE LEGGE ELETTORALE
Legge elettorale, l’appello dei giuristi: “Italicum peggio del Porcellum, fermatevi”
E' quanto sostengono 29 tra i più importanti costituzionalisti e giuristi d'Italia in un appello pubblicato oggi dal quotidiano comunista 'il manifesto'.
Tra i firmatari anche Stefano Rodotà
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 26 gennaio 2014
Si scrive Italicum, si legge Porcellum. E’ quanto sostengono 29 tra i più importanti costituzionalisti e giuristi d’Italia in un appello pubblicato oggi dal quotidiano comunista il manifesto. I firmatari dell’appello parlano di “sconcerto e protesta” per il tentativo in atto di “riprodurre” con la nuova legge elettorale i difetti della ‘porcata’ del leghista Roberto Calderoli. La proposta di riforma, denunciano Stefano Rodotà e gli altri firmatari, “consiste in una riedizione del Porcellum, che da essa è sotto taluni aspetti – la fissazione di una quota minima per il premio di maggioranza e le liste corte – migliorato, ma sotto altri – le soglie di sbarramento, enormemente più alte – peggiorato”.
Un attacco diretto quindi, perché “la proposta di riforma elettorale depositata alla Camera a seguito dell’accordo tra il segretario del Pd Matteo Renzi e il leader di FI Silvio Berlusconi – scrivono i 29 – consiste sostanzialmente, con pochi correttivi, in una riformulazione della vecchia legge elettorale (il cosiddetto Porcellum) e presenta perciò vizi analoghi a quelli che di questa hanno motivato la dichiarazione di incostituzionalità ad opera della recente sentenza della Corte costituzionale“.
Insieme a Stefano Rodotà, sono primi firmatari Gaetano Azzariti, Mauro Barberis, Michelangelo Bovero, Ernesto Bettinelli, Francesco Bilancia, Lorenza Carlassare, Paolo Caretti, Giovanni Cocco, Claudio De Fiores, Mario Dogliani, Gianni Ferrara, Luigi Ferrajoli, Angela Musumeci, Alessandro Pace, Luigi Ventura, Massimo Villone, Ermanno Vitale. Hanno sottoscritto anche Pietro Adami, Anna Falcone, Giovanni Incorvati, Raniero La Valle, Roberto La Macchia, Domenico Gallo, Fabio Marcelli, Valentina Pazè, Paolo Solimeno, Carlo Smuraglia e Felice Besostri.
Al centro delle critiche dei costituzionalisti all’Italicum, ci sono “l’enorme premio di maggioranza” e la mancanza delle preferenze. Ma anche “un altro fattore compromette ulteriormente l’uguaglianza del voto e la rappresentatività del sistema politico, ben più di quanto non faccia la stessa legge appena dichiarata incostituzionale: la proposta di riforma prevede un innalzamento a più del doppio delle soglie di sbarramento“. Insomma, secondo i firmatari dell’appello “l’abilità del segretario del Pd è consistita, in breve, nell’essere riuscito a far accettare alla destra più o meno la vecchia legge elettorale da essa stessa varata nel 2005 e oggi dichiarata incostituzionale”. Di conseguenza, i costituzionalisti “esprimono il loro sconcerto e la loro protesta” per una proposta di legge che rischia una “nuova pronuncia di illegittimità da parte della Corte costituzionale e, ancor prima, un rinvio della legge alle Camere da parte del Presidente della Repubblica“.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/01 ... vi/858020/
E' quanto sostengono 29 tra i più importanti costituzionalisti e giuristi d'Italia in un appello pubblicato oggi dal quotidiano comunista 'il manifesto'.
Tra i firmatari anche Stefano Rodotà
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 26 gennaio 2014
Si scrive Italicum, si legge Porcellum. E’ quanto sostengono 29 tra i più importanti costituzionalisti e giuristi d’Italia in un appello pubblicato oggi dal quotidiano comunista il manifesto. I firmatari dell’appello parlano di “sconcerto e protesta” per il tentativo in atto di “riprodurre” con la nuova legge elettorale i difetti della ‘porcata’ del leghista Roberto Calderoli. La proposta di riforma, denunciano Stefano Rodotà e gli altri firmatari, “consiste in una riedizione del Porcellum, che da essa è sotto taluni aspetti – la fissazione di una quota minima per il premio di maggioranza e le liste corte – migliorato, ma sotto altri – le soglie di sbarramento, enormemente più alte – peggiorato”.
Un attacco diretto quindi, perché “la proposta di riforma elettorale depositata alla Camera a seguito dell’accordo tra il segretario del Pd Matteo Renzi e il leader di FI Silvio Berlusconi – scrivono i 29 – consiste sostanzialmente, con pochi correttivi, in una riformulazione della vecchia legge elettorale (il cosiddetto Porcellum) e presenta perciò vizi analoghi a quelli che di questa hanno motivato la dichiarazione di incostituzionalità ad opera della recente sentenza della Corte costituzionale“.
Insieme a Stefano Rodotà, sono primi firmatari Gaetano Azzariti, Mauro Barberis, Michelangelo Bovero, Ernesto Bettinelli, Francesco Bilancia, Lorenza Carlassare, Paolo Caretti, Giovanni Cocco, Claudio De Fiores, Mario Dogliani, Gianni Ferrara, Luigi Ferrajoli, Angela Musumeci, Alessandro Pace, Luigi Ventura, Massimo Villone, Ermanno Vitale. Hanno sottoscritto anche Pietro Adami, Anna Falcone, Giovanni Incorvati, Raniero La Valle, Roberto La Macchia, Domenico Gallo, Fabio Marcelli, Valentina Pazè, Paolo Solimeno, Carlo Smuraglia e Felice Besostri.
Al centro delle critiche dei costituzionalisti all’Italicum, ci sono “l’enorme premio di maggioranza” e la mancanza delle preferenze. Ma anche “un altro fattore compromette ulteriormente l’uguaglianza del voto e la rappresentatività del sistema politico, ben più di quanto non faccia la stessa legge appena dichiarata incostituzionale: la proposta di riforma prevede un innalzamento a più del doppio delle soglie di sbarramento“. Insomma, secondo i firmatari dell’appello “l’abilità del segretario del Pd è consistita, in breve, nell’essere riuscito a far accettare alla destra più o meno la vecchia legge elettorale da essa stessa varata nel 2005 e oggi dichiarata incostituzionale”. Di conseguenza, i costituzionalisti “esprimono il loro sconcerto e la loro protesta” per una proposta di legge che rischia una “nuova pronuncia di illegittimità da parte della Corte costituzionale e, ancor prima, un rinvio della legge alle Camere da parte del Presidente della Repubblica“.
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Re: QUALE LEGGE ELETTORALE
erding ha scritto:Legge elettorale, l’appello dei giuristi: “Italicum peggio del Porcellum, fermatevi”
E' quanto sostengono 29 tra i più importanti costituzionalisti e giuristi d'Italia in un appello pubblicato oggi dal quotidiano comunista 'il manifesto'.
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di Redazione Il Fatto Quotidiano | 26 gennaio 2014
Si scrive Italicum, si legge Porcellum. E’ quanto sostengono 29 tra i più importanti costituzionalisti e giuristi d’Italia in un appello pubblicato oggi dal quotidiano comunista il manifesto. I firmatari dell’appello parlano di “sconcerto e protesta” per il tentativo in atto di “riprodurre” con la nuova legge elettorale i difetti della ‘porcata’ del leghista Roberto Calderoli. La proposta di riforma, denunciano Stefano Rodotà e gli altri firmatari, “consiste in una riedizione del Porcellum, che da essa è sotto taluni aspetti – la fissazione di una quota minima per il premio di maggioranza e le liste corte – migliorato, ma sotto altri – le soglie di sbarramento, enormemente più alte – peggiorato”.
Un attacco diretto quindi, perché “la proposta di riforma elettorale depositata alla Camera a seguito dell’accordo tra il segretario del Pd Matteo Renzi e il leader di FI Silvio Berlusconi – scrivono i 29 – consiste sostanzialmente, con pochi correttivi, in una riformulazione della vecchia legge elettorale (il cosiddetto Porcellum) e presenta perciò vizi analoghi a quelli che di questa hanno motivato la dichiarazione di incostituzionalità ad opera della recente sentenza della Corte costituzionale“.
Insieme a Stefano Rodotà, sono primi firmatari Gaetano Azzariti, Mauro Barberis, Michelangelo Bovero, Ernesto Bettinelli, Francesco Bilancia, Lorenza Carlassare, Paolo Caretti, Giovanni Cocco, Claudio De Fiores, Mario Dogliani, Gianni Ferrara, Luigi Ferrajoli, Angela Musumeci, Alessandro Pace, Luigi Ventura, Massimo Villone, Ermanno Vitale. Hanno sottoscritto anche Pietro Adami, Anna Falcone, Giovanni Incorvati, Raniero La Valle, Roberto La Macchia, Domenico Gallo, Fabio Marcelli, Valentina Pazè, Paolo Solimeno, Carlo Smuraglia e Felice Besostri.
Al centro delle critiche dei costituzionalisti all’Italicum, ci sono “l’enorme premio di maggioranza” e la mancanza delle preferenze. Ma anche “un altro fattore compromette ulteriormente l’uguaglianza del voto e la rappresentatività del sistema politico, ben più di quanto non faccia la stessa legge appena dichiarata incostituzionale: la proposta di riforma prevede un innalzamento a più del doppio delle soglie di sbarramento“. Insomma, secondo i firmatari dell’appello “l’abilità del segretario del Pd è consistita, in breve, nell’essere riuscito a far accettare alla destra più o meno la vecchia legge elettorale da essa stessa varata nel 2005 e oggi dichiarata incostituzionale”. Di conseguenza, i costituzionalisti “esprimono il loro sconcerto e la loro protesta” per una proposta di legge che rischia una “nuova pronuncia di illegittimità da parte della Corte costituzionale e, ancor prima, un rinvio della legge alle Camere da parte del Presidente della Repubblica“.
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Sarebbe opportuno che i 29 costituzionalisti spiegassero con molta semplicità che si tratta di una truffa montata ad arte per i loro giochi di potere e che gli italiani in tutto questo non c'entrano affatto.
Lo spiega chiaramente oggi Furio Colombo:
Non riguarda mai ansie e paure di tutti.
Non riguarda mai le fabbriche che chiudono o che partono, persino se sono fabbriche fondamentali per il Paese. Non si rivolge mai alla gente che vota.
AVERE FEDE in questi nuovi leader e aspettarsi da loro il cambiamento (che non sia un cambiamento organizzativo, personale e interno al contenitore partito) è come andare in gita al grande reattore nucleare in cui hanno scoperto il bosone di Higgs per dire la tua.
Sai che è roba grossa, ma non c’entri niente.
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Re: QUALE LEGGE ELETTORALE
Corriere 26.1.14
Io lo chiamerei bastardellum
di Giovanni Sartori
Siccome sono io che ho inventato a suo tempo le etichette Mattarellum e poi Porcellum, oramai mi è venuto il vizio e così provo ancora. Italicum proprio non mi va. Sa di treno. Al momento proporrei Bastardellum. Ma si intende che si può trovare di meglio. Il punto che devo continuare a sottolineare è che la riforma elettorale è materia di legge ordinaria, mentre la riforma dello Stato è materia di legge costituzionale. E i tempi tra le due cose sono molto diversi, anche di due anni. Però se non vogliamo incappare in errori del passato le due cose devono essere armonizzate (nelle nostre teste) sin dall’inizio. Più volte si è suggerito come sistema elettorale il sistema spagnolo di piccoli collegi (5-6 eletti), il che comporta di fatto una alta soglia di sbarramento e così l’eliminazione della frammentazione partitica (noi siamo arrivati sino a 30 e passa), che ovviamente ostacolano la governabilità. Si capisce che i partitini protestano a squarciagola: era comodo (vedi Mastella) diventare ministro della Giustizia essendo in tutto in tre. Ma la salute della politica esig e c h e s p a r i s c a n o , e quando non ci sono più il dramma finisce. In Inghilterra nessuno piange se i partiti sono due o tre.
Fin qui ripeto cose risapute. La nostra novità (gemiti dei partitini a parte) è la proposta del doppio turno di coalizione, che a mio avviso non ha senso anche se D’Alimonte la presenta come proposta «realistica» che mette as- sieme capra e cavoli, Ren- zi e Berlusconi. A parte il fatto che a me sembra scorretto, scorrettissimo, trasformare con un premio una minoranza in una maggioranza (il che avviene anche nei sistemi maggioritari, ma perché questa è la natura del maggioritario, non un regalo che Renzi e Berlusconi fanno a se stessi). E la domanda è: il doppio turno di coalizione con ballottaggio cosa ci sta a fare in questo contesto? È una ulteriore elezione per fare o ottenere che cosa? Il premio di maggioranza attribuito a una coalizione di minoranza (addirittura del 35%) è secondo me molto discutibile. C’è poi l’annosa questione delle preferenze.
Le avevamo, e poi Pannella (con Segni) le fece abolire con due trionfali referendum. Era giusto, perché al Sud le preferenze erano molto alte e per ciò stesso ingrandite e manipolate dalla mafia. Aggiungi che il Pci di allora se ne serviva (quando erano tre) per controllare i voti dei suoi votanti infidi; mentre le preferenze al Nord erano relativamente poche e venivano facilmente pilotate dalle fazioni ben organizzate dei partiti di allora. Il bello è che per qualche decennio nessuno protestò dichiarando che senza preferenze gli eletti non erano scelti dagli elettori ma dai partiti. Poi, d’un tratto, venne in mente alle nuove generazioni di politici e giornalisti che così gli eletti non erano veramente eletti dal demos votante ma «nominati» dai partiti. Stranezze della storia.
Io lo chiamerei bastardellum
di Giovanni Sartori
Siccome sono io che ho inventato a suo tempo le etichette Mattarellum e poi Porcellum, oramai mi è venuto il vizio e così provo ancora. Italicum proprio non mi va. Sa di treno. Al momento proporrei Bastardellum. Ma si intende che si può trovare di meglio. Il punto che devo continuare a sottolineare è che la riforma elettorale è materia di legge ordinaria, mentre la riforma dello Stato è materia di legge costituzionale. E i tempi tra le due cose sono molto diversi, anche di due anni. Però se non vogliamo incappare in errori del passato le due cose devono essere armonizzate (nelle nostre teste) sin dall’inizio. Più volte si è suggerito come sistema elettorale il sistema spagnolo di piccoli collegi (5-6 eletti), il che comporta di fatto una alta soglia di sbarramento e così l’eliminazione della frammentazione partitica (noi siamo arrivati sino a 30 e passa), che ovviamente ostacolano la governabilità. Si capisce che i partitini protestano a squarciagola: era comodo (vedi Mastella) diventare ministro della Giustizia essendo in tutto in tre. Ma la salute della politica esig e c h e s p a r i s c a n o , e quando non ci sono più il dramma finisce. In Inghilterra nessuno piange se i partiti sono due o tre.
Fin qui ripeto cose risapute. La nostra novità (gemiti dei partitini a parte) è la proposta del doppio turno di coalizione, che a mio avviso non ha senso anche se D’Alimonte la presenta come proposta «realistica» che mette as- sieme capra e cavoli, Ren- zi e Berlusconi. A parte il fatto che a me sembra scorretto, scorrettissimo, trasformare con un premio una minoranza in una maggioranza (il che avviene anche nei sistemi maggioritari, ma perché questa è la natura del maggioritario, non un regalo che Renzi e Berlusconi fanno a se stessi). E la domanda è: il doppio turno di coalizione con ballottaggio cosa ci sta a fare in questo contesto? È una ulteriore elezione per fare o ottenere che cosa? Il premio di maggioranza attribuito a una coalizione di minoranza (addirittura del 35%) è secondo me molto discutibile. C’è poi l’annosa questione delle preferenze.
Le avevamo, e poi Pannella (con Segni) le fece abolire con due trionfali referendum. Era giusto, perché al Sud le preferenze erano molto alte e per ciò stesso ingrandite e manipolate dalla mafia. Aggiungi che il Pci di allora se ne serviva (quando erano tre) per controllare i voti dei suoi votanti infidi; mentre le preferenze al Nord erano relativamente poche e venivano facilmente pilotate dalle fazioni ben organizzate dei partiti di allora. Il bello è che per qualche decennio nessuno protestò dichiarando che senza preferenze gli eletti non erano scelti dagli elettori ma dai partiti. Poi, d’un tratto, venne in mente alle nuove generazioni di politici e giornalisti che così gli eletti non erano veramente eletti dal demos votante ma «nominati» dai partiti. Stranezze della storia.
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Re: QUALE LEGGE ELETTORALE
Repubblica 26.1.14
Il duopolio ai partitoni e il bavaglio ai partitini
di Eugenio Scalfari
QUALCUNO si ricorda la legge elettorale truffa, proposta dalla Democrazia cristiana e dai suoi alleati laici, i cosiddetti partitini? Ne dubito; sono passati sessant’anni da allora e molti degli attori di quella vicenda non ci sono più. Io ricordo bene: la legge fu sconfitta dall’opposizione di dissidenti da sinistra e da destra, tra i quali emergevano Codignola, Parri e Corbino. Eppure non era una grande truffa: attribuiva un premio del 15 per cento alla coalizione che avesse superato il 50,1 dei voti. Si votava in collegi uninominali, gli stessi con i quali nel 1948 la Dc aveva incassato il 48 per cento dei voti e la maggioranza assoluta dei seggi.
Altri tempi, sembrano la preistoria. C’erano personaggi come De Gasperi, Togliatti, Ugo La Malfa e molti altri di analogo conio; al Quirinale c’era Luigi Einaudi, del quale Napolitano è un devoto cultore nonostante il suo passato di comunista (ma non marxista).
Oggi siamo alle prese con una riforma elettorale voluta da Renzi e da Berlusconi e diventata disegno di legge in pochi giorni, che cerca di realizzare il massimo di governabiltà sacrificando i criteri di rappresentanza. Il punto di frizione con i partiti minori e con i Cinque Stelle è proprio questo: attraverso un complicato gioco di soglie di sbarramento e di premi, le forze minori vengono di fatto ridotte al silenzio lasciando in campo i partiti maggiori. Come si può uscire da quest’imbroglio? Berlusconi se ne preoccupa poco o niente: voleva riguadagnare il titolo di salvatore della Patria e ce l’ha fatta.
Per lui è una posizione di importanza enorme che può avere ripercussioni anche sulle sue vicende personali. Ma per Renzi è diverso; lui deve assolutamente portare a casa il risultato. Se fosse battuto sarebbe un disastro e lo sarebbe anche per il Pd. Nei sondaggi quel partito supera il neo-salvatore della Patria di 12 punti, ma li perderebbe di colpo se Renzi cadesse sulla riforma elettorale. Il crollo dei consensi finirebbe col travolgere anche il governo Letta. Del resto la forza di Renzi è proprio questa: o vincete con me o con me affonderete. È questo l’imbroglio in cui ci troviamo.
A proposito del salvatore della Patria, credo sia giusto segnalare di nuovo un gesto di coraggiosa dignità che Repubblica ha già registrato con un’intervista venerdì scorso. Si tratta di Pietro Marzotto che aveva chiesto da alcuni mesi l’espulsione di Berlusconi dall’associazione dai cavalieri del Lavoro, senza ottenere alcuna risposta. Per protestare contro questo silenzio Marzotto si è dimesso da quell’associazione e ne resterà fuori fino a quando un condannato per frode fiscale non ne sarà escluso. Finora l’esempio di Marzotto non è stato seguito da altri. Bel gesto egli ha fatto e brutto segnale il pesante silenzio degli altri associati. Cavalieri smontati dacavallo?
***
A me Matteo Renzi non ispira molta fiducia né come segretario del Pd né come eventuale presidente del Consiglio; le ragioni le ho più volte spiegate e non starò a ripetermi, riconosco però che la sua iniziativa ha dato una scossa al partito del quale è il leader e di conseguenza a tutta la politica italiana, governo compreso il quale ne aveva urgente bisogno.
La legge da lui presentata, tuttavia, è assai poco accettabile poiché — volutamente e quindi consapevolmente — cancella non soltanto i partiti minori avversari senza se e senza ma del Partito democratico, ma anche quelli disposti ad allearsi col Pd ed entrare a far parte d’una coalizione da esso guidata.
Il gioco delle soglie d’ammissibilità, da quella del 12 per cento a quella dell’8 e del 5, rischia di escluderli dall’eventuale premio previsto per chi raggiunge il 35 per cento dei consensi. Se infatti quei partiti non superano la soglia del 5 per cenrialistito non parteciperanno ai voti ottenuti dalla coalizione. Sono soltanto portatori d’acqua che non ricevono alcun tipo di ringraziamento dal partito maggiore che, anche con i loro voti, ha sconfitto l’avversario o comunque diventerebbe il partito d’opposizione. Ai portatori d’acqua non resta nulla fuorché gli occhi per piangere.
Con questa legge, come è uscita dalle stanze del Nazareno, non restano in campo che Pd, Forza Italia e l’incomunicabile Grillo che probabilmente sarà beneficiario di quegli elettori che saranno schifati dal duopolio Renzi-Berlusconi e dalla loro riaffermata e reciproca sintonia.
In una situazione di questo genere restano due punti fermi: la libertà costituzionalmente affermata del mandato parlamentare al quale non si può opporre alcun vincolo e la necessità che Renzi rimanga al suo posto di segretario del Pd per l’esistenza stessa di quel partito.
La legge elettorale si trova ora all’esame del Parlamento che è libero di pronunciarsi. Se viene rivista in alcuni punti essenziali Renzi deve accettarne il risultato e restare al suo posto; dimettersi da segretario avrebbe infatti le stesse conseguenze d’una scissione del partito che nelle primarie ha votato massicciamente per lui.
Un conto è il partito, un conto è il Parlamento. Il primo è una libera associazione, il secondo è un organo istituzionale sul quale si fonda la democrazia rappresentativa. Il primo è depositario di una sua visione del bene comune, il secondo è titolare dell’interesse generale e non ha nessun leader ma soltanto i propri organi previsti dai suoi regolamenti. I leader dei partiti nonhanno in Parlamento alcun potere salvo la propria autorevolezza. Ugo La Malfa ai suoi tempi era più autorevole in Parlamento di quanto non lo fossero Rumor o Piccoli o De Martino o Mancini quando erano segretari della Dc o del Psi e guidavano partiti dieci o cinque volte più forti dei repubblicani i cui voti alla Camera oscillavano tra i 5 e i 20, su 630 membri.
Renzi deve dunque restare e far digerire a Berlusconi il nuovo schema di legge approvato dalla Camera, sempre in attesa che il Senato sia riformato come è necessario fare.
La legge più appropriata deve dare il peso che merita al criterio della rappresentanza e diminuire — non certo abolire — il criterio della governabilità.
La soluzione migliore sarebbe quella di votare in collegi uninominali, innalzare la soglia prevista per ottenere il premiodi maggioranza al 40 per cento, abolire la soglia del 5 per cento o abbassarla al 3, abbassando in proporzione la soglia dell’8 prevista per i partiti che si presentano da soli.
Più o meno sono questi i lineamenti di una legge elettorale accettabile nell’interesse della democrazia parlamentare. Assai meglio delle preferenze che Renzi fa bene a non volere perché possono inquinare il voto in favore di clientele e mafie, come è spesso avvenuto in passato.
Se Berlusconi non ci sta, il Pd si appelli a tutti i parlamentari di buona volontà e se non ci saranno altre soluzioni che il voto, si voterà con la proporzionale che prevede collegi e non liste. E vinca il migliore.
***
Alcuni osservatori ed editori di altri giornali hanno scritto che non esistono “governi amici” se non nei casi di emergenza. I governi amici cioè non sono altro che un commissariamento efficace e destinato ad esser breve.
Su questo punto — che da molto tempo ritengo fondamentale per la democrazia rappresentativa — la mia opinione è completamente diversa; sostengo infatti (e lo sostengo dai primi anni Ottanta del secolo scorso) che il governo è titolare del potere esecutivo e in quanto tale è uno dei tre poteri dello Stato a somiglianza del Parlamento e dell’Ordine della magistratura. Quando un uomo politico, membro del Parlamento o tecnico, diventa presidente del Consiglio o ministro o sottosegretario, quale che sia la sua provenienza egli rappresenta un potere dello Stato. E poiché il governo ha bisogno della fiducia del Parlamento, esso è appunto amico della maggioranza parlamentare che lo sostiene, ma autonomo da essa. Tiene conto della visione del bene comune di quella maggioranza, ma deve sempre privilegiare l’interesse generale e quindi lo Stato che in sé lo riassume.
Questo sostenne Enrico Berlinguer nell’intervista data al nostro giornale nel 1981 e questa egli chiamò “questione morale”. In questo modo si accresce l’autonomia del governo e del Parlamento dai partiti determinando così la nuova natura delle persone che ne fanno parte. La visione della democrazia rappresentativa qui esposta prevede un rafforzamento del potere esecutivo e soprattutto di chi ne è il titolare, così come un rafforzamento del Parlamento nei suoi poteri di controllo della pubblica amministrazione.
Prevede anche una diversa concezione delle magistrature amministrative rispetto a quella ordinaria e quindi una profonda riforma sia della Corte dei Conti sia soprattutto del Consiglio di Stato. Ieri Galli Della Loggia ha documentato sulCorriere della Sera l’invadenza soffocante della burocrazia che si autotutela anziché essere il braccio armato del potere esecutivo. Concordo interamente e non da oggi con questa tesi. Bisogna disboscare e semplificare la pubblica amministrazione. Questa è la madre di tutte le riforme, senza la quale le altre restano barchette di carta nell’acqua, sulla quale a stento galleggiano prima di disfarsi.
Il duopolio ai partitoni e il bavaglio ai partitini
di Eugenio Scalfari
QUALCUNO si ricorda la legge elettorale truffa, proposta dalla Democrazia cristiana e dai suoi alleati laici, i cosiddetti partitini? Ne dubito; sono passati sessant’anni da allora e molti degli attori di quella vicenda non ci sono più. Io ricordo bene: la legge fu sconfitta dall’opposizione di dissidenti da sinistra e da destra, tra i quali emergevano Codignola, Parri e Corbino. Eppure non era una grande truffa: attribuiva un premio del 15 per cento alla coalizione che avesse superato il 50,1 dei voti. Si votava in collegi uninominali, gli stessi con i quali nel 1948 la Dc aveva incassato il 48 per cento dei voti e la maggioranza assoluta dei seggi.
Altri tempi, sembrano la preistoria. C’erano personaggi come De Gasperi, Togliatti, Ugo La Malfa e molti altri di analogo conio; al Quirinale c’era Luigi Einaudi, del quale Napolitano è un devoto cultore nonostante il suo passato di comunista (ma non marxista).
Oggi siamo alle prese con una riforma elettorale voluta da Renzi e da Berlusconi e diventata disegno di legge in pochi giorni, che cerca di realizzare il massimo di governabiltà sacrificando i criteri di rappresentanza. Il punto di frizione con i partiti minori e con i Cinque Stelle è proprio questo: attraverso un complicato gioco di soglie di sbarramento e di premi, le forze minori vengono di fatto ridotte al silenzio lasciando in campo i partiti maggiori. Come si può uscire da quest’imbroglio? Berlusconi se ne preoccupa poco o niente: voleva riguadagnare il titolo di salvatore della Patria e ce l’ha fatta.
Per lui è una posizione di importanza enorme che può avere ripercussioni anche sulle sue vicende personali. Ma per Renzi è diverso; lui deve assolutamente portare a casa il risultato. Se fosse battuto sarebbe un disastro e lo sarebbe anche per il Pd. Nei sondaggi quel partito supera il neo-salvatore della Patria di 12 punti, ma li perderebbe di colpo se Renzi cadesse sulla riforma elettorale. Il crollo dei consensi finirebbe col travolgere anche il governo Letta. Del resto la forza di Renzi è proprio questa: o vincete con me o con me affonderete. È questo l’imbroglio in cui ci troviamo.
A proposito del salvatore della Patria, credo sia giusto segnalare di nuovo un gesto di coraggiosa dignità che Repubblica ha già registrato con un’intervista venerdì scorso. Si tratta di Pietro Marzotto che aveva chiesto da alcuni mesi l’espulsione di Berlusconi dall’associazione dai cavalieri del Lavoro, senza ottenere alcuna risposta. Per protestare contro questo silenzio Marzotto si è dimesso da quell’associazione e ne resterà fuori fino a quando un condannato per frode fiscale non ne sarà escluso. Finora l’esempio di Marzotto non è stato seguito da altri. Bel gesto egli ha fatto e brutto segnale il pesante silenzio degli altri associati. Cavalieri smontati dacavallo?
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A me Matteo Renzi non ispira molta fiducia né come segretario del Pd né come eventuale presidente del Consiglio; le ragioni le ho più volte spiegate e non starò a ripetermi, riconosco però che la sua iniziativa ha dato una scossa al partito del quale è il leader e di conseguenza a tutta la politica italiana, governo compreso il quale ne aveva urgente bisogno.
La legge da lui presentata, tuttavia, è assai poco accettabile poiché — volutamente e quindi consapevolmente — cancella non soltanto i partiti minori avversari senza se e senza ma del Partito democratico, ma anche quelli disposti ad allearsi col Pd ed entrare a far parte d’una coalizione da esso guidata.
Il gioco delle soglie d’ammissibilità, da quella del 12 per cento a quella dell’8 e del 5, rischia di escluderli dall’eventuale premio previsto per chi raggiunge il 35 per cento dei consensi. Se infatti quei partiti non superano la soglia del 5 per cenrialistito non parteciperanno ai voti ottenuti dalla coalizione. Sono soltanto portatori d’acqua che non ricevono alcun tipo di ringraziamento dal partito maggiore che, anche con i loro voti, ha sconfitto l’avversario o comunque diventerebbe il partito d’opposizione. Ai portatori d’acqua non resta nulla fuorché gli occhi per piangere.
Con questa legge, come è uscita dalle stanze del Nazareno, non restano in campo che Pd, Forza Italia e l’incomunicabile Grillo che probabilmente sarà beneficiario di quegli elettori che saranno schifati dal duopolio Renzi-Berlusconi e dalla loro riaffermata e reciproca sintonia.
In una situazione di questo genere restano due punti fermi: la libertà costituzionalmente affermata del mandato parlamentare al quale non si può opporre alcun vincolo e la necessità che Renzi rimanga al suo posto di segretario del Pd per l’esistenza stessa di quel partito.
La legge elettorale si trova ora all’esame del Parlamento che è libero di pronunciarsi. Se viene rivista in alcuni punti essenziali Renzi deve accettarne il risultato e restare al suo posto; dimettersi da segretario avrebbe infatti le stesse conseguenze d’una scissione del partito che nelle primarie ha votato massicciamente per lui.
Un conto è il partito, un conto è il Parlamento. Il primo è una libera associazione, il secondo è un organo istituzionale sul quale si fonda la democrazia rappresentativa. Il primo è depositario di una sua visione del bene comune, il secondo è titolare dell’interesse generale e non ha nessun leader ma soltanto i propri organi previsti dai suoi regolamenti. I leader dei partiti nonhanno in Parlamento alcun potere salvo la propria autorevolezza. Ugo La Malfa ai suoi tempi era più autorevole in Parlamento di quanto non lo fossero Rumor o Piccoli o De Martino o Mancini quando erano segretari della Dc o del Psi e guidavano partiti dieci o cinque volte più forti dei repubblicani i cui voti alla Camera oscillavano tra i 5 e i 20, su 630 membri.
Renzi deve dunque restare e far digerire a Berlusconi il nuovo schema di legge approvato dalla Camera, sempre in attesa che il Senato sia riformato come è necessario fare.
La legge più appropriata deve dare il peso che merita al criterio della rappresentanza e diminuire — non certo abolire — il criterio della governabilità.
La soluzione migliore sarebbe quella di votare in collegi uninominali, innalzare la soglia prevista per ottenere il premiodi maggioranza al 40 per cento, abolire la soglia del 5 per cento o abbassarla al 3, abbassando in proporzione la soglia dell’8 prevista per i partiti che si presentano da soli.
Più o meno sono questi i lineamenti di una legge elettorale accettabile nell’interesse della democrazia parlamentare. Assai meglio delle preferenze che Renzi fa bene a non volere perché possono inquinare il voto in favore di clientele e mafie, come è spesso avvenuto in passato.
Se Berlusconi non ci sta, il Pd si appelli a tutti i parlamentari di buona volontà e se non ci saranno altre soluzioni che il voto, si voterà con la proporzionale che prevede collegi e non liste. E vinca il migliore.
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Alcuni osservatori ed editori di altri giornali hanno scritto che non esistono “governi amici” se non nei casi di emergenza. I governi amici cioè non sono altro che un commissariamento efficace e destinato ad esser breve.
Su questo punto — che da molto tempo ritengo fondamentale per la democrazia rappresentativa — la mia opinione è completamente diversa; sostengo infatti (e lo sostengo dai primi anni Ottanta del secolo scorso) che il governo è titolare del potere esecutivo e in quanto tale è uno dei tre poteri dello Stato a somiglianza del Parlamento e dell’Ordine della magistratura. Quando un uomo politico, membro del Parlamento o tecnico, diventa presidente del Consiglio o ministro o sottosegretario, quale che sia la sua provenienza egli rappresenta un potere dello Stato. E poiché il governo ha bisogno della fiducia del Parlamento, esso è appunto amico della maggioranza parlamentare che lo sostiene, ma autonomo da essa. Tiene conto della visione del bene comune di quella maggioranza, ma deve sempre privilegiare l’interesse generale e quindi lo Stato che in sé lo riassume.
Questo sostenne Enrico Berlinguer nell’intervista data al nostro giornale nel 1981 e questa egli chiamò “questione morale”. In questo modo si accresce l’autonomia del governo e del Parlamento dai partiti determinando così la nuova natura delle persone che ne fanno parte. La visione della democrazia rappresentativa qui esposta prevede un rafforzamento del potere esecutivo e soprattutto di chi ne è il titolare, così come un rafforzamento del Parlamento nei suoi poteri di controllo della pubblica amministrazione.
Prevede anche una diversa concezione delle magistrature amministrative rispetto a quella ordinaria e quindi una profonda riforma sia della Corte dei Conti sia soprattutto del Consiglio di Stato. Ieri Galli Della Loggia ha documentato sulCorriere della Sera l’invadenza soffocante della burocrazia che si autotutela anziché essere il braccio armato del potere esecutivo. Concordo interamente e non da oggi con questa tesi. Bisogna disboscare e semplificare la pubblica amministrazione. Questa è la madre di tutte le riforme, senza la quale le altre restano barchette di carta nell’acqua, sulla quale a stento galleggiano prima di disfarsi.
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