Fuori la mafia dallo stato
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Re: Fuori la mafia dallo stato
Mossa indubbiamente furba in perfetta sintonia con il berlusconismo
Dell’Utri latitante, il suo legale: “Dove si trova? Lo sa solo lui, si sta curando”
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http://tv.ilfattoquotidiano.it/2014/04/ ... za/274180/
“Dove si trova il dottor Dell’Utri? Questo lo sa soltanto lui. Ha dei problemi di salute che sta curando“. Lo dichiara Giuseppe Di Peri, avvocato di Marcello Dell’Utri, ai mcrofoni di “Effetto Giorno”, su Radio24. “Recentemente” – continua il legale dell’ex senatore del Pdl – “è andato in Francia per avere contatti con presidi ospedalieri che si occupano della materia cardiologica. E’ tornato dalla Francia. Penso che quando ci sarà la Cassazione opererà una riflessione su quello che dovrà fare”. E aggiunge: “Quando ci sarà la sentenza di Cassazione, deciderà se rimanere all’estero o se tornare, ammesso che sia in condizioni fisiche di tornare. L’esito della Cassazione è veramente importante”. Inevitabile la domanda del conduttore Simone Spetia: “Quindi, se la Cassazione dovesse confermare la condanna Dell’Utri non tornerà?”. “Le posso solo dire che dottor dell’Utri sta curando i problemi di salute” – risponde Di Peri – “quando ci sarà la sentenza di Cassazione prenderà le sue determinazioni. Io l’ho incontrato a Milano due o tre settimane fa. Poi non l’ho visto più“
11 aprile 2014
Dell’Utri latitante, il suo legale: “Dove si trova? Lo sa solo lui, si sta curando”
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“Dove si trova il dottor Dell’Utri? Questo lo sa soltanto lui. Ha dei problemi di salute che sta curando“. Lo dichiara Giuseppe Di Peri, avvocato di Marcello Dell’Utri, ai mcrofoni di “Effetto Giorno”, su Radio24. “Recentemente” – continua il legale dell’ex senatore del Pdl – “è andato in Francia per avere contatti con presidi ospedalieri che si occupano della materia cardiologica. E’ tornato dalla Francia. Penso che quando ci sarà la Cassazione opererà una riflessione su quello che dovrà fare”. E aggiunge: “Quando ci sarà la sentenza di Cassazione, deciderà se rimanere all’estero o se tornare, ammesso che sia in condizioni fisiche di tornare. L’esito della Cassazione è veramente importante”. Inevitabile la domanda del conduttore Simone Spetia: “Quindi, se la Cassazione dovesse confermare la condanna Dell’Utri non tornerà?”. “Le posso solo dire che dottor dell’Utri sta curando i problemi di salute” – risponde Di Peri – “quando ci sarà la sentenza di Cassazione prenderà le sue determinazioni. Io l’ho incontrato a Milano due o tre settimane fa. Poi non l’ho visto più“
11 aprile 2014
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Re: Fuori la mafia dallo stato
Si è allontanato un attimo all’estero, ritorna”
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http://tv.ilfattoquotidiano.it/2014/04/ ... na/274198/
“Si è allontanato un attimo. Ma dove volete che vada?”. Così la nipote di Marcello Dell’Utri ai microfoni de ilfattoquotidiano.it davanti all’abitazione del padre Alberto nel quartiere più esclusivo di Roma, Parioli. In una intercettazione del novembre scorso Alberto Dell’Utri parlando con il proprietario del ristorante ‘Assunta Madre’ di Roma, Vincenzo Mancuso, dice di “accelerare i tempi” e fa riferimento alla Guinea che “concede facilmente i passaporti diplomatici”. “Mio padre Alberto non c’è e non so se torna e quando – ripete la ragazza – Non so cosa dire, provate a telefonare, ma non posso darvi il numero”. Sulla latitanza dello zio Marcello taglia corto: “Non è latitante. Non so è all’estero, non lo chiedete a me, io non lo sento da un po’”. Alla domande sulle intercettazioni in cui il padre parla della Guinea chiosa: “Mi fanno ridere queste cose, sono tutte stupidaggini. Certo che ritorna, dove va?” di Annalisa Ausilio e Nello Trocchia
11 aprile 2014
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“Si è allontanato un attimo. Ma dove volete che vada?”. Così la nipote di Marcello Dell’Utri ai microfoni de ilfattoquotidiano.it davanti all’abitazione del padre Alberto nel quartiere più esclusivo di Roma, Parioli. In una intercettazione del novembre scorso Alberto Dell’Utri parlando con il proprietario del ristorante ‘Assunta Madre’ di Roma, Vincenzo Mancuso, dice di “accelerare i tempi” e fa riferimento alla Guinea che “concede facilmente i passaporti diplomatici”. “Mio padre Alberto non c’è e non so se torna e quando – ripete la ragazza – Non so cosa dire, provate a telefonare, ma non posso darvi il numero”. Sulla latitanza dello zio Marcello taglia corto: “Non è latitante. Non so è all’estero, non lo chiedete a me, io non lo sento da un po’”. Alla domande sulle intercettazioni in cui il padre parla della Guinea chiosa: “Mi fanno ridere queste cose, sono tutte stupidaggini. Certo che ritorna, dove va?” di Annalisa Ausilio e Nello Trocchia
11 aprile 2014
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Re: Fuori la mafia dallo stato
Dal Corriere.it
IN ATTESA DELLA SENTENZA DI CASSAZIONE
«Dell’Utri arrestato in Libano»Alfano: «Chiederemo estradizione»
L’annuncio del ministro durante l’assemblea di Ncd a Roma: «Si trova negli uffici della polizia a Beirut». Secondo indiscrezioni è stato fermato in un hotel di lusso
di Redazione Online
«Marcello dell’Utri si trova in questo momento negli uffici della polizia libanese». L’arresto dell’ex senatore di Forza Italia è stato annunciato così dal ministro dell’Interno Angelino Alfano a margine dell’assemblea di Ncd. Alfano ha anche annunciato che verrà chiesta l’estradizione per l’ex senatore. «È naturale e conseguente» ha detto il ministro all’Ansa. «Dell’Utri è stato rintracciato a Beirut dalla polizia libanese che ora è in contatto con la polizia italiana in ottemperanza con il mandato di cattura internazionale - ha detto ancora Alfano - È ora in corso una procedura che diventerà estradizionale». Secondo le indiscrezioni il ministro della Giustizia Andrea Orlando firmerà a breve la richiesta di estradizione per Marcello Dell’Utri. Il Guardasigilli sta rientrando a Roma per apporre il suo via libera.
Alfano: «Dell’Utri fermato dalla polizia di Beirut»
http://www.corriere.it/cronache/14_apri ... 1596.shtml
L’arresto in un hotel di lusso
Sarebbe il Dipartimento di intelligence della polizia libanese a tenere in custodia Dell’Utri. Secondo alcune indiscrezioni Dell’Utri sarebbe stato arrestato nella notte in un lussuoso albergo di Beirut. L’ex senatore, condannato in appello per concorso in associazione mafiosa, era da venerdì ufficialmente latitante a pochi giorni dal giudizio della sentenza definitiva in Cassazione. Aveva fatto sapere - attraverso un comunicato - di non essere «in fuga» ma di essere andato all’estero per curarsi.
«Ottimo successo operativo»
«Nonostante la forte pressione mediatica che talvolta rischia di vanificare il nostro lavoro e quello delle forze di polizia che ci collaborano, ritengo che, in sinergia con la Dia e l’Interpol, con l’arresto di Dell’Utri abbiamo ottenuto un ottimo successo operativo». Così, il sostituto procuratore generale di Palermo, Luigi Patronaggio, commenta l’arresto dell’ex senatore Marcello Dell’Utri. Era stato Patronaggio a chiedere più volte alla Corte d’Appello di Palermo il divieto di espatrio prima e l’arresto dopo, ma soltanto il 7 aprile i giudici hanno accolto la richiesta di arresto per Dell’Utri. «Attendiamo adesso con serenità l’esito del processo in Cassazione», aggiunge Patronaggio.
«La parte migliori delle istituzioni»
«Oggi è una giornata che mostra la parte migliore delle istituzioni. Non come ieri, quando sono stata presa dallo sconforto nel vedere latitante Marcello Dell’ Utri, referente politico degli assassini di mio padre». Sono le parole di Fiammetta Borsellino, figlia del magistrato ucciso nel ‘92
Il mandato di cattura
La III sezione penale della Corte di appello di Palermo, presieduta da Raimondo, ha emesso mercoledì nei confronti di Dell’Utri un ordine di custodia cautelare per il pericolo di fuga, ma Dell’Utri in quel momento era già fuori dall’Italia. Tanto che la Dia, con una nota di martedì, aveva comunicato alla Procura generale di Palermo che una «utenza mobile intestata a Marcello Dell’Utri è stata localizzata nelle vicinanze di Beirut il 3 aprile 2014».
Il precedente
Già nel marzo del 2012, alla vigila della prima sentenza della Cassazione, Dell’Utri si era trovato all’estero, quella volta a Santo Domingo, dove da tempo ha interessi. Era rientrato dopo che la Suprema Corte aveva annullato la condanna e disposto un nuovo giudizio di secondo grado. Questo si è concluso il 25 marzo del 2013 con la conferma della pena di 7 anni. Nel caso il verdetto fosse confermato, la pena diventerebbe definitiva e Dell’Utri dovrebbe scontarla.
12 aprile 2014 | 11:38
© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.corriere.it/cronache/14_apri ... 1596.shtml
IN ATTESA DELLA SENTENZA DI CASSAZIONE
«Dell’Utri arrestato in Libano»Alfano: «Chiederemo estradizione»
L’annuncio del ministro durante l’assemblea di Ncd a Roma: «Si trova negli uffici della polizia a Beirut». Secondo indiscrezioni è stato fermato in un hotel di lusso
di Redazione Online
«Marcello dell’Utri si trova in questo momento negli uffici della polizia libanese». L’arresto dell’ex senatore di Forza Italia è stato annunciato così dal ministro dell’Interno Angelino Alfano a margine dell’assemblea di Ncd. Alfano ha anche annunciato che verrà chiesta l’estradizione per l’ex senatore. «È naturale e conseguente» ha detto il ministro all’Ansa. «Dell’Utri è stato rintracciato a Beirut dalla polizia libanese che ora è in contatto con la polizia italiana in ottemperanza con il mandato di cattura internazionale - ha detto ancora Alfano - È ora in corso una procedura che diventerà estradizionale». Secondo le indiscrezioni il ministro della Giustizia Andrea Orlando firmerà a breve la richiesta di estradizione per Marcello Dell’Utri. Il Guardasigilli sta rientrando a Roma per apporre il suo via libera.
Alfano: «Dell’Utri fermato dalla polizia di Beirut»
http://www.corriere.it/cronache/14_apri ... 1596.shtml
L’arresto in un hotel di lusso
Sarebbe il Dipartimento di intelligence della polizia libanese a tenere in custodia Dell’Utri. Secondo alcune indiscrezioni Dell’Utri sarebbe stato arrestato nella notte in un lussuoso albergo di Beirut. L’ex senatore, condannato in appello per concorso in associazione mafiosa, era da venerdì ufficialmente latitante a pochi giorni dal giudizio della sentenza definitiva in Cassazione. Aveva fatto sapere - attraverso un comunicato - di non essere «in fuga» ma di essere andato all’estero per curarsi.
«Ottimo successo operativo»
«Nonostante la forte pressione mediatica che talvolta rischia di vanificare il nostro lavoro e quello delle forze di polizia che ci collaborano, ritengo che, in sinergia con la Dia e l’Interpol, con l’arresto di Dell’Utri abbiamo ottenuto un ottimo successo operativo». Così, il sostituto procuratore generale di Palermo, Luigi Patronaggio, commenta l’arresto dell’ex senatore Marcello Dell’Utri. Era stato Patronaggio a chiedere più volte alla Corte d’Appello di Palermo il divieto di espatrio prima e l’arresto dopo, ma soltanto il 7 aprile i giudici hanno accolto la richiesta di arresto per Dell’Utri. «Attendiamo adesso con serenità l’esito del processo in Cassazione», aggiunge Patronaggio.
«La parte migliori delle istituzioni»
«Oggi è una giornata che mostra la parte migliore delle istituzioni. Non come ieri, quando sono stata presa dallo sconforto nel vedere latitante Marcello Dell’ Utri, referente politico degli assassini di mio padre». Sono le parole di Fiammetta Borsellino, figlia del magistrato ucciso nel ‘92
Il mandato di cattura
La III sezione penale della Corte di appello di Palermo, presieduta da Raimondo, ha emesso mercoledì nei confronti di Dell’Utri un ordine di custodia cautelare per il pericolo di fuga, ma Dell’Utri in quel momento era già fuori dall’Italia. Tanto che la Dia, con una nota di martedì, aveva comunicato alla Procura generale di Palermo che una «utenza mobile intestata a Marcello Dell’Utri è stata localizzata nelle vicinanze di Beirut il 3 aprile 2014».
Il precedente
Già nel marzo del 2012, alla vigila della prima sentenza della Cassazione, Dell’Utri si era trovato all’estero, quella volta a Santo Domingo, dove da tempo ha interessi. Era rientrato dopo che la Suprema Corte aveva annullato la condanna e disposto un nuovo giudizio di secondo grado. Questo si è concluso il 25 marzo del 2013 con la conferma della pena di 7 anni. Nel caso il verdetto fosse confermato, la pena diventerebbe definitiva e Dell’Utri dovrebbe scontarla.
12 aprile 2014 | 11:38
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Re: Fuori la mafia dallo stato
Dell’Utri fermato a Beirut, Orlando rientra a Roma per firmare estradizione
L'annuncio è venuto direttamente dall'ex compagno di partito il ministro dell'Interno Angelino Alfano al congresso del Nuovo Centrodestra. L'ex senatore era in un lussuoso albergo. Il 15 aprile è prevista l'udienza in Cassazione che dovrà confermare o annullare la condanna a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Dal 10 aprile l'ex parlamentare era latitante
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 12 aprile 2014Commenti (329)
È già finita la grande e imbarazzante fuga di Marcello Dell’Utri. L’ex senatore di Forza Italia è stato fermato a Beirut, questa mattina alle 9.30 (10.30 in Libano). L’annuncio è venuto direttamente dall’ex compagno di partito il ministro dell’Interno Angelino Alfano al congresso del Nuovo Centrodestra: “Sarà estradato”. Sull’ex numero di Publitalia, amico personale di Silvio Berlusconi, nonché cofondatore di Fi, pendeva un ordine di cattura emesso dai giudici di Palermo per la condanna a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Dell’Utri era in un lussuoso albergo l’Intercontinental Phoenicia. L’ex senatore, che aveva con sé una cospicua somma di denaro al momento dell’arresto, si trova ora negli uffici della polizia libanese. Quando i poliziotti hanno bussato alla porta della sua camera era a letto. La sua individuazione è stata stata possibile grazie a una segnalazione dell’Interpol.
Il ministro della Giustizia Andrea Orlando firmerà a breve la richiesta di estradizione. Il Guardasigilli sta rientrando a Roma (era a Torino per l’apertura della campagna elettorale del Pd) per dare il suo via libera. Dall’ambasciata in Libano fanno sapere che a Dell’Utri è stata data “assistenza consolare come in tutti casi di connazionali arrestati”. Il primo commento arriva da Palermo, il pg Luigi Patronaggio, che aveva chiesto l’arresto, dice: “Nonostante la forte pressione mediatica che talvolta rischia di vanificare il nostro lavoro e quello delle forze di polizia che ci collaborano, ritengo che, in sinergia con la Dia e l’Interpol, con l’arresto di Dell’Utri abbiamo ottenuto un ottimo successo operativo. Attendiamo adesso con serenità l’esito del processo in Cassazione”.
Il 15 aprile è prevista infatti l’udienza che dovrà confermare o annullare quel verdetto. Per questo gli inquirenti di Palermo avevano chiesto e ottenuto, dopo aver ottenuto in passato due no, il mandato di arresto. L’8 aprile l’ex parlamentare però non era stato rintracciato dagli investigatori che erano andati in carcere a cercarlo e il 10 per lo Stato italiano l’ex parlamentare è diventato formalmente latitante. Ieri, dopo la diffusione della notizia della sua scomparsa, era stato emesso il mandato di arresto internazionale eseguito dalla polizia libanese. È il Dipartimento di intelligence della polizia libanese, che ha competenze anche su questioni di criminalità organizzata e terrorismo, che al momento tiene in custodia Dell’Utri.
Ieri Dell’Utri tramite una nota aveva fatto sapere: “Mi sto curando. È aberrante la richiesta“. “Tengo a precisare che non intendo sottrarmi al risultato processuale della prossima sentenza della Corte di Cassazione; e che trovandomi in condizioni di salute precaria – per cui tra l’altro ho subito qualche settimana fa un intervento di angioplastica – sto effettuando ulteriori esami e controlli”, senza però dire dove. Un indizio che Dell’Utri potesse essere in Libano era stato captato dagli investigatori nei mesi scorsi, quando il fratello Alberto al telefono disse: “In Libano Marcello starebbe bene”.
“Ho appreso la notizia dalla stampa e non ho conferme che Dell’Utri sia stato fermato a Beirut. Se così è, ora inizieranno le procedure per l’estradizione che seguiranno il loro corso. Non so se ci siano trattati di estradizione tra il Libano e l’Italia e se esista in quel Paese una normativa che consente l’estradizione relativamente alla fattispecie di reato, il concorso esterno in associazione mafiosa, contestata al mio cliente” dice l’avvocato Giuseppe Di Peri.
Le ultime tracce che Dell’Utri aveva lasciato erano in Libano. Il 3 aprile l’ex senatore era nel paese mediorientale perché uno dei suoi telefoni è stato intercettato “nei dintorni della città libanese di Beirut”. Dell’Utri era stato visto inoltre sul volo Parigi-Beirut il 24 marzo. Il testimone aveva visto l’ex senatore viaggiare “in business” e aveva assicurato di averlo visto ritirare il bagaglio una volta atterrato e uscire dall’aeroporto. L’intercettazione che aveva fatto scattare l’ordine di cattura risale a novembre. Nella conversazione il fratello Alberto parlando col proprietario del ristorante Assunta Madre di Roma Vincenzo Mancuso, diceva di “accelerare i tempi” e faceva riferimento alla Guinea che “concede facilmente i passaporti diplomatici”. Mentre in un’altra intercettazione il fratello Alberto, sempre con Mancuso, affermava: “Il programma è quello di andarsene in Libano perché lì è una città dove Marcello ci starebbe bene perché lui c’è già stato la conosce, c’è un grande fermento culturale… per lui andrebbe bene”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/04 ... ut/949009/
L'annuncio è venuto direttamente dall'ex compagno di partito il ministro dell'Interno Angelino Alfano al congresso del Nuovo Centrodestra. L'ex senatore era in un lussuoso albergo. Il 15 aprile è prevista l'udienza in Cassazione che dovrà confermare o annullare la condanna a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Dal 10 aprile l'ex parlamentare era latitante
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 12 aprile 2014Commenti (329)
È già finita la grande e imbarazzante fuga di Marcello Dell’Utri. L’ex senatore di Forza Italia è stato fermato a Beirut, questa mattina alle 9.30 (10.30 in Libano). L’annuncio è venuto direttamente dall’ex compagno di partito il ministro dell’Interno Angelino Alfano al congresso del Nuovo Centrodestra: “Sarà estradato”. Sull’ex numero di Publitalia, amico personale di Silvio Berlusconi, nonché cofondatore di Fi, pendeva un ordine di cattura emesso dai giudici di Palermo per la condanna a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Dell’Utri era in un lussuoso albergo l’Intercontinental Phoenicia. L’ex senatore, che aveva con sé una cospicua somma di denaro al momento dell’arresto, si trova ora negli uffici della polizia libanese. Quando i poliziotti hanno bussato alla porta della sua camera era a letto. La sua individuazione è stata stata possibile grazie a una segnalazione dell’Interpol.
Il ministro della Giustizia Andrea Orlando firmerà a breve la richiesta di estradizione. Il Guardasigilli sta rientrando a Roma (era a Torino per l’apertura della campagna elettorale del Pd) per dare il suo via libera. Dall’ambasciata in Libano fanno sapere che a Dell’Utri è stata data “assistenza consolare come in tutti casi di connazionali arrestati”. Il primo commento arriva da Palermo, il pg Luigi Patronaggio, che aveva chiesto l’arresto, dice: “Nonostante la forte pressione mediatica che talvolta rischia di vanificare il nostro lavoro e quello delle forze di polizia che ci collaborano, ritengo che, in sinergia con la Dia e l’Interpol, con l’arresto di Dell’Utri abbiamo ottenuto un ottimo successo operativo. Attendiamo adesso con serenità l’esito del processo in Cassazione”.
Il 15 aprile è prevista infatti l’udienza che dovrà confermare o annullare quel verdetto. Per questo gli inquirenti di Palermo avevano chiesto e ottenuto, dopo aver ottenuto in passato due no, il mandato di arresto. L’8 aprile l’ex parlamentare però non era stato rintracciato dagli investigatori che erano andati in carcere a cercarlo e il 10 per lo Stato italiano l’ex parlamentare è diventato formalmente latitante. Ieri, dopo la diffusione della notizia della sua scomparsa, era stato emesso il mandato di arresto internazionale eseguito dalla polizia libanese. È il Dipartimento di intelligence della polizia libanese, che ha competenze anche su questioni di criminalità organizzata e terrorismo, che al momento tiene in custodia Dell’Utri.
Ieri Dell’Utri tramite una nota aveva fatto sapere: “Mi sto curando. È aberrante la richiesta“. “Tengo a precisare che non intendo sottrarmi al risultato processuale della prossima sentenza della Corte di Cassazione; e che trovandomi in condizioni di salute precaria – per cui tra l’altro ho subito qualche settimana fa un intervento di angioplastica – sto effettuando ulteriori esami e controlli”, senza però dire dove. Un indizio che Dell’Utri potesse essere in Libano era stato captato dagli investigatori nei mesi scorsi, quando il fratello Alberto al telefono disse: “In Libano Marcello starebbe bene”.
“Ho appreso la notizia dalla stampa e non ho conferme che Dell’Utri sia stato fermato a Beirut. Se così è, ora inizieranno le procedure per l’estradizione che seguiranno il loro corso. Non so se ci siano trattati di estradizione tra il Libano e l’Italia e se esista in quel Paese una normativa che consente l’estradizione relativamente alla fattispecie di reato, il concorso esterno in associazione mafiosa, contestata al mio cliente” dice l’avvocato Giuseppe Di Peri.
Le ultime tracce che Dell’Utri aveva lasciato erano in Libano. Il 3 aprile l’ex senatore era nel paese mediorientale perché uno dei suoi telefoni è stato intercettato “nei dintorni della città libanese di Beirut”. Dell’Utri era stato visto inoltre sul volo Parigi-Beirut il 24 marzo. Il testimone aveva visto l’ex senatore viaggiare “in business” e aveva assicurato di averlo visto ritirare il bagaglio una volta atterrato e uscire dall’aeroporto. L’intercettazione che aveva fatto scattare l’ordine di cattura risale a novembre. Nella conversazione il fratello Alberto parlando col proprietario del ristorante Assunta Madre di Roma Vincenzo Mancuso, diceva di “accelerare i tempi” e faceva riferimento alla Guinea che “concede facilmente i passaporti diplomatici”. Mentre in un’altra intercettazione il fratello Alberto, sempre con Mancuso, affermava: “Il programma è quello di andarsene in Libano perché lì è una città dove Marcello ci starebbe bene perché lui c’è già stato la conosce, c’è un grande fermento culturale… per lui andrebbe bene”.
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Re: Fuori la mafia dallo stato
DI BATTISTA INFURIATO CON LA BOLDRINI
Di Battista è infuriato! Non ha resistito e ha scritto questo messaggio su Facebook
Il deputato pentastellato Alessandro Di Battista ricorda come il M5S avesse richiesto alla Presidente della Camera Laura Boldrini di rititare il passaporto diplomatico a Marcello Dell'Utri, e poi prosegue con un'invettiva contro la 'signora l'emblema di quel "radicalchicchismo de sinistra" che ha rovinato l'Italia', ecco il suo messaggio:
"Lo scorso 16 maggio immaginando (non serve mica essere dei geni, basta essere onesti) quel che sta succedendo adesso avevamo sollecitato la Boldrini affinché togliesse il passaporto diplomatico al mafioso e latitante Dell'Utri. Un passaporto diplomatico concessogli in quanto eletto nella passata legislatura Presidente della delegazione italiana al Consiglio d'Europa. Lady Tagliola nemmeno ci ha risposto. Troppo occupata a fare passerelle a Lampedusa sfruttando il dramma dei clandestini, troppo occupata a mentire al popolo italiano in TV, troppo impegnata a cacciare dalla Camera dei pericolosi eversori, deputati che hanno lottato per difendere i soldi dei cittadini. Troppo impegnata a ghigliottinare l'opposizione, e dare la scorta al questore picchiatore, troppo impegnata a genuflettersi di fronte a ogni decisione del governo, troppo impegnata a dire signorsì all'abuso della decretazione d'urgenza. Questa signora è l'emblema di quel "radicalchicchismo de sinistra" che ha rovinato l'Italia più della destra perché ci ha illuso, ci ha fatto credere di essere diversa, di stare dalla parte dell'antimafia. Io tra Berlusconi e la Boldrini preferisco il primo. È un delinquente ma almeno, nella sua disonestà, è onesto. Si è sempre mostrato per quello che è. Preferisco un delinquente a una ipocrita, un delinquente a volte almeno si riposa. La Boldrini aggiunge oggi un ulteriore motivo che dovrebbe spingerla immediatamente a rassegnare le dimissioni."
http://www.tzetze.it/redazione/2014/04/ ... index.html
Ciao
Paolo11
Di Battista è infuriato! Non ha resistito e ha scritto questo messaggio su Facebook
Il deputato pentastellato Alessandro Di Battista ricorda come il M5S avesse richiesto alla Presidente della Camera Laura Boldrini di rititare il passaporto diplomatico a Marcello Dell'Utri, e poi prosegue con un'invettiva contro la 'signora l'emblema di quel "radicalchicchismo de sinistra" che ha rovinato l'Italia', ecco il suo messaggio:
"Lo scorso 16 maggio immaginando (non serve mica essere dei geni, basta essere onesti) quel che sta succedendo adesso avevamo sollecitato la Boldrini affinché togliesse il passaporto diplomatico al mafioso e latitante Dell'Utri. Un passaporto diplomatico concessogli in quanto eletto nella passata legislatura Presidente della delegazione italiana al Consiglio d'Europa. Lady Tagliola nemmeno ci ha risposto. Troppo occupata a fare passerelle a Lampedusa sfruttando il dramma dei clandestini, troppo occupata a mentire al popolo italiano in TV, troppo impegnata a cacciare dalla Camera dei pericolosi eversori, deputati che hanno lottato per difendere i soldi dei cittadini. Troppo impegnata a ghigliottinare l'opposizione, e dare la scorta al questore picchiatore, troppo impegnata a genuflettersi di fronte a ogni decisione del governo, troppo impegnata a dire signorsì all'abuso della decretazione d'urgenza. Questa signora è l'emblema di quel "radicalchicchismo de sinistra" che ha rovinato l'Italia più della destra perché ci ha illuso, ci ha fatto credere di essere diversa, di stare dalla parte dell'antimafia. Io tra Berlusconi e la Boldrini preferisco il primo. È un delinquente ma almeno, nella sua disonestà, è onesto. Si è sempre mostrato per quello che è. Preferisco un delinquente a una ipocrita, un delinquente a volte almeno si riposa. La Boldrini aggiunge oggi un ulteriore motivo che dovrebbe spingerla immediatamente a rassegnare le dimissioni."
http://www.tzetze.it/redazione/2014/04/ ... index.html
Ciao
Paolo11
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Re: Fuori la mafia dallo stato
: Il Fatto Quotidiano > Giustizia & impunità > Voto di scambio...
Voto di scambio, “l’avatar di don Ciotti” finito nel tritacarne dell’antimafia
Davide Mattiello, storico dirigente di Libera eletto alla Camera con il Pd, è il relatore della riforma del 416ter. E a mano a mano che il testo veniva "alleggerito" per le pressioni del centrodestra, è finito sotto il fuoco amico. Gli attacchi di Saviano e Bolzoni. E con ilfattoquotidiano.it si sfoga: "Resistere a ogni mediazione vuol dire non fare un caXXo"
di Elena Ciccarello | 14 aprile 2014
.Sui giornali il suo nome è legato al disegno di legge sul voto di scambio. È così che in molti hanno iniziato a conoscerlo, attraverso il fuoco incrociato delle polemiche sulla modifica del 416 ter. Il Pd gli ha assegnato il compito di esserne il relatore di maggioranza alla Camera perché lui, Davide Mattiello, neofita di Montecitorio, vanta un curriculum da antimafioso doc.
Torinese, quarantuno anni di cui la metà passati nel sociale, Mattiello ha ricoperto per più di due lustri un ruolo di primissimo piano all’interno dell’associazione Libera di don Ciotti. Una laurea in giurisprudenza, buona capacità oratoria e un grande seguito nella rete delle associazioni antimafia sono stati per lui un trampolino di lancio per diventare deputato indipendente eletto nelle fila del Pd. La politica è sempre stata una sua passione. Nel 2011 ha messo in piedi la Fondazione Benvenuti in Italia, un gruppo di advocacy che si ispira ad omologhi statunitensi, per prepararsi alla grande sfida. Un progetto, quello di diventare “protagonisti della politica”, condiviso con quella che lui chiama la sua famiglia “sociale”, ossia le associazioni che ha fondato e di cui fa parte.
Mattiello e i suoi non hanno dovuto faticare molto, per la verità, per cominciare l’avventura. Nel 2013 il presidente di Benvenuti in Italia è entrato in politica dalla porta principale, grazie ad una candidatura blindata decisa dai vertici del Pd. Una scelta molto contestata e che ha provocato non pochi mal di pancia fuori e dentro il partito in Piemonte, dato che il nome di Mattiello è stato inserito in lista scavalcando due candidati sopravvissuti alla primarie. Anche in quell’occasione sono piovute polemiche a raffica e un noto e seguitissimo giornale locale titolò “Si candida l’avatar di Luigi Ciotti”.
“Io non ho chiesto di essere messo in lista, è stato il Pd a chiedere al nostro mondo un candidato”, liquida la faccenda Mattiello. Dice di aver accettato la proposta perché gli è piaciuta l’idea di fare parte del Pd da indipendente, per aiutare quel partito “ad interpretare in maniera più complessa un disegno di società”. Precisa però che lui nel Pd rappresenta comunque solo la sua associazione, Acmos, e non l’universo più grande di Libera e Gruppo Abele. Segno che i mal di pancia sulla sua candidatura non sono ancora finiti.
Mattiello divide gran parte del suo stipendio da parlamentare tra le associazioni che presiede, tenendo per lui quel che gli serve per andare su e giù da Torino a Roma. “All’inizio quando mi sono trovato in parlamento, con il governo Letta-Alfano, mi sono sentito morire” racconta. All’inizio della sua avventura parlamentare l’ex attivista di Libera è stato tra quelli che non hanno votato la fiducia al governo. Poi ha trovato una bussola con la mozione Civati e ha vissuto accanto al deputato lombardo tutta la fase congressuale.
Mattiello non ama Renzi, ma ha approvato la nascita del suo governo perché “interpreta lo spirito del tempo”. “Non so quanto resisterò in questo partito e cosa sarà di me – dice – se mi dimetterò dal gruppo parlamentare o dall’attività parlamentare. Ma in questo momento credo nel percorso iniziato con Civati”.
Il Pd ha assegnato a Mattiello il ruolo di relatore del ddl sulla modifica del 416 ter. E lui per settimane, la scorsa estate, ha tessuto e negoziato, insieme all’ex magistrato Stefano Dambruoso (Scelta civica), per portare a casa la partita. Alla fine ha creduto di trovare la convergenza su una norma non perfetta ma difendibile, ma che invece ha provocato l’insurrezione del mondo antimafia. Quella modifica del 416 ter rischiava di essere peggiore dell’esistente e Mattiello è finito nel tritacarne. Roberto Saviano ha parlato di una “messa in scena”, e l’ex attivista di Libera, antimafioso per definizione, si è beccato pure del “furbacchione” e del “cala braghe” da un altro pezzo da novanta del giornalismo antimafia come Attilio Bolzoni. Unico a difenderlo, indirettamente, spendendo parole distensive sulla modifica approvata alla Camera, è stato l’ex procuratore capo di Torino Gian Carlo Caselli, che lo conosce Mattiello.
“Ci sono rimasto molto male”, spiega Mattiello a ilfattoquotidiano.it, “quell’attacco è stata una grande sofferenza che si è aggiunta alle sofferenze provocate da questo cambio di vita. Io sono un liberale – continua – e non c’è un modo di fare le leggi diverso da quello di sottoporle alla grandine della polemica politica. L’alternativa è Stalin”. Un radicale dell’associazionismo e un liberale in politica, che si ritrova a mediare sotto la cattiva stella delle larghe intese di un governo Letta-Alfano al quale non ha neppure dato la fiducia. Difficile non uscirne ammaccati. “Non ho rimpianti. Dovevo lavarmene le mani per salvarmi la coscienza? Resistere ad ogni mediazione vuol dire non fare un caXXo”, si sfoga.
Mattiello difende il risultato di un iter durato più di 400 giorni. Il testo su cui il Movimento 5 stelle oggi ha ingaggiato una battaglia al grido “fuori la mafia dallo Stato”. “Io non posso fare una norma che mi faccia sembrare un antimafioso cazzutissimo, quando ci sono magistrati come Cantone, Sabelli o Roberti che mi dicono che così com’è uscita dal Senato pone problemi di incostituzionalità”. Non vuole sentirsi dire che la nuova norma è un regalo alle mafie. A suo parere il nuovo 416 ter rappresenta anzi un grande passo avanti rispetto ad un testo che “in più di vent’anni ha prodotto solo tre sentenze definitive”. “Chi sta aiutando i mafiosi in questo momento?”, chiede. “Chi vuole approvare questo dettato che punisce l’accordo tra politico e mafioso o chi vuole procrastinare il tempo di introduzione della norma? Se martedì non passa rischiamo di non riuscire ad approvarla fino a maggio inoltrato. E anche questa campagna elettorale sarà andata via così”.
Voto di scambio, “l’avatar di don Ciotti” finito nel tritacarne dell’antimafia
Davide Mattiello, storico dirigente di Libera eletto alla Camera con il Pd, è il relatore della riforma del 416ter. E a mano a mano che il testo veniva "alleggerito" per le pressioni del centrodestra, è finito sotto il fuoco amico. Gli attacchi di Saviano e Bolzoni. E con ilfattoquotidiano.it si sfoga: "Resistere a ogni mediazione vuol dire non fare un caXXo"
di Elena Ciccarello | 14 aprile 2014
.Sui giornali il suo nome è legato al disegno di legge sul voto di scambio. È così che in molti hanno iniziato a conoscerlo, attraverso il fuoco incrociato delle polemiche sulla modifica del 416 ter. Il Pd gli ha assegnato il compito di esserne il relatore di maggioranza alla Camera perché lui, Davide Mattiello, neofita di Montecitorio, vanta un curriculum da antimafioso doc.
Torinese, quarantuno anni di cui la metà passati nel sociale, Mattiello ha ricoperto per più di due lustri un ruolo di primissimo piano all’interno dell’associazione Libera di don Ciotti. Una laurea in giurisprudenza, buona capacità oratoria e un grande seguito nella rete delle associazioni antimafia sono stati per lui un trampolino di lancio per diventare deputato indipendente eletto nelle fila del Pd. La politica è sempre stata una sua passione. Nel 2011 ha messo in piedi la Fondazione Benvenuti in Italia, un gruppo di advocacy che si ispira ad omologhi statunitensi, per prepararsi alla grande sfida. Un progetto, quello di diventare “protagonisti della politica”, condiviso con quella che lui chiama la sua famiglia “sociale”, ossia le associazioni che ha fondato e di cui fa parte.
Mattiello e i suoi non hanno dovuto faticare molto, per la verità, per cominciare l’avventura. Nel 2013 il presidente di Benvenuti in Italia è entrato in politica dalla porta principale, grazie ad una candidatura blindata decisa dai vertici del Pd. Una scelta molto contestata e che ha provocato non pochi mal di pancia fuori e dentro il partito in Piemonte, dato che il nome di Mattiello è stato inserito in lista scavalcando due candidati sopravvissuti alla primarie. Anche in quell’occasione sono piovute polemiche a raffica e un noto e seguitissimo giornale locale titolò “Si candida l’avatar di Luigi Ciotti”.
“Io non ho chiesto di essere messo in lista, è stato il Pd a chiedere al nostro mondo un candidato”, liquida la faccenda Mattiello. Dice di aver accettato la proposta perché gli è piaciuta l’idea di fare parte del Pd da indipendente, per aiutare quel partito “ad interpretare in maniera più complessa un disegno di società”. Precisa però che lui nel Pd rappresenta comunque solo la sua associazione, Acmos, e non l’universo più grande di Libera e Gruppo Abele. Segno che i mal di pancia sulla sua candidatura non sono ancora finiti.
Mattiello divide gran parte del suo stipendio da parlamentare tra le associazioni che presiede, tenendo per lui quel che gli serve per andare su e giù da Torino a Roma. “All’inizio quando mi sono trovato in parlamento, con il governo Letta-Alfano, mi sono sentito morire” racconta. All’inizio della sua avventura parlamentare l’ex attivista di Libera è stato tra quelli che non hanno votato la fiducia al governo. Poi ha trovato una bussola con la mozione Civati e ha vissuto accanto al deputato lombardo tutta la fase congressuale.
Mattiello non ama Renzi, ma ha approvato la nascita del suo governo perché “interpreta lo spirito del tempo”. “Non so quanto resisterò in questo partito e cosa sarà di me – dice – se mi dimetterò dal gruppo parlamentare o dall’attività parlamentare. Ma in questo momento credo nel percorso iniziato con Civati”.
Il Pd ha assegnato a Mattiello il ruolo di relatore del ddl sulla modifica del 416 ter. E lui per settimane, la scorsa estate, ha tessuto e negoziato, insieme all’ex magistrato Stefano Dambruoso (Scelta civica), per portare a casa la partita. Alla fine ha creduto di trovare la convergenza su una norma non perfetta ma difendibile, ma che invece ha provocato l’insurrezione del mondo antimafia. Quella modifica del 416 ter rischiava di essere peggiore dell’esistente e Mattiello è finito nel tritacarne. Roberto Saviano ha parlato di una “messa in scena”, e l’ex attivista di Libera, antimafioso per definizione, si è beccato pure del “furbacchione” e del “cala braghe” da un altro pezzo da novanta del giornalismo antimafia come Attilio Bolzoni. Unico a difenderlo, indirettamente, spendendo parole distensive sulla modifica approvata alla Camera, è stato l’ex procuratore capo di Torino Gian Carlo Caselli, che lo conosce Mattiello.
“Ci sono rimasto molto male”, spiega Mattiello a ilfattoquotidiano.it, “quell’attacco è stata una grande sofferenza che si è aggiunta alle sofferenze provocate da questo cambio di vita. Io sono un liberale – continua – e non c’è un modo di fare le leggi diverso da quello di sottoporle alla grandine della polemica politica. L’alternativa è Stalin”. Un radicale dell’associazionismo e un liberale in politica, che si ritrova a mediare sotto la cattiva stella delle larghe intese di un governo Letta-Alfano al quale non ha neppure dato la fiducia. Difficile non uscirne ammaccati. “Non ho rimpianti. Dovevo lavarmene le mani per salvarmi la coscienza? Resistere ad ogni mediazione vuol dire non fare un caXXo”, si sfoga.
Mattiello difende il risultato di un iter durato più di 400 giorni. Il testo su cui il Movimento 5 stelle oggi ha ingaggiato una battaglia al grido “fuori la mafia dallo Stato”. “Io non posso fare una norma che mi faccia sembrare un antimafioso cazzutissimo, quando ci sono magistrati come Cantone, Sabelli o Roberti che mi dicono che così com’è uscita dal Senato pone problemi di incostituzionalità”. Non vuole sentirsi dire che la nuova norma è un regalo alle mafie. A suo parere il nuovo 416 ter rappresenta anzi un grande passo avanti rispetto ad un testo che “in più di vent’anni ha prodotto solo tre sentenze definitive”. “Chi sta aiutando i mafiosi in questo momento?”, chiede. “Chi vuole approvare questo dettato che punisce l’accordo tra politico e mafioso o chi vuole procrastinare il tempo di introduzione della norma? Se martedì non passa rischiamo di non riuscire ad approvarla fino a maggio inoltrato. E anche questa campagna elettorale sarà andata via così”.
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Re: Fuori la mafia dallo stato
Silvietto ci ha voluto metter del suo. Ieri ha dichiarato che Marcello era in Libano per incarico di Putin.
Vabbè che oggi il berlusconismo è imperante e che gli italiani si sono abituati a credere che Ruby Rubacuori è la nipote di Mubarak, tanto che anche il Parlamento ci ha messo la faccia 2 volte, ma un giorno è in Libano per curarsi, l'altro per incarico di Putin, adesso per affari, peggiorano la situazione e il voltastomaco dei tricolori.
Come mai il loquace Pittibimbo sul caso Dell'Utri tace?
14 APR 2014 17:16
NELLA “FUGA” DI DELL’UTRI C’È UNA SLOT MACHINE E UN BIGLIETTO AEREO - PER IL FIGLIO MARCO, LUI E IL PADRE ERANO IN LIBANO “PER AFFARI”. MA NON ERANO VISITE MEDICHE?
Marco Dell’Utri si è messo nel business delle slot machine e dei videopoker, e sfruttando le amicizie del padre (e di personaggi alla Mockbel) voleva entrare nel mercato libanese - Dell’Utri sr. aveva un biglietto aereo Parigi-Beirut-Parigi, ma c’è un buco di 5 giorni tra la Francia e il Libano…
Francesco Viviano per ‘La Repubblica'
Aveva un biglietto aereo di andata e ritorno dal Libano, Parigi-Beirut-Parigi. Partenza il 24 marzo, rientro il 29. Almeno sulla carta visto che il 3 aprile uno dei due cellulari che si portava dietro è stato localizzato di nuovo nella capitale libanese e che il 10 aprile, 48 ore prima del suo arresto, Marcello Dell'Utri è tornato all'hotel Phoenicia Intercontinental, dove era già stato a marzo e dove gli agenti dei servizi di sicurezza libanesi e un funzionario dell'Interpol italiana lo hanno arrestato sabato mattina.
Alla vigilia dell'udienza di convalida del fermo che si terrà stamattina quando Dell'Utri, dopo due notti trascorse "serenamente" nella fortezza della polizia locale, nel centro di Beirut tra il Museo nazionale e il palazzo di giustizia, comparirà davanti a un giudice, gli investigatori cercano di ricomporre il mosaico dei suoi spostamenti negli ultimi venti giorni.
Se ha fatto due volte avanti e indietro da Parigi a Beirut, come indicherebbero i biglietti ritrovati durante la perquisizione nella lussuosa suite da 750 euro a notte che occupava al Phoenicia, perché lo ha fatto e che intenzioni aveva? Chi ha incontrato e qual è il vero motivo della sua presenza a Beirut con una somma di denaro in contanti così consistente (30.000 euro in banconote da 50)?
Un tentativo maldestro e con molti aspetti contraddittori di sottrarsi alla possibile cattura in caso di condanna, motivi di salute come ha detto lui stesso quando è stato dichiarato ufficialmente latitante o qualcuno dei suoi misteriosi affari, legati in qualche modo agli stretti rapporti di Silvio Berlusconi con l'ex presidente Gemayel o al suo amico imprenditore Gennaro Mokbel che gli avrebbe in qualche modo "aperto la strada" aiutandolo a procurarsi passaporti diplomatici di paesi "amici" come la Guinea Bissau? Sono tutti interrogativi per il momento senza risposta.
Con lui, sicuramente, nel primo soggiorno a Beirut c'era il figlio Marco, arrivato stanotte dall'Italia insieme alla madre Miranda Ratti nel tentativo di avere il permesso di incontrare il padre detenuto. «Ero venuto a Beirut con mio padre per affari», dice. Affari, sembra legati, alla Jackpot game, la sua società di piccoli casinò che punta sulle slot machine e sulle videolotterie e che voleva forse, tramite i buoni canali del padre, inserire sul mercato libanese.
Quel che sembra certo è che il 24 marzo, sul volo Parigi-Beirut, Marcello Dell'Utri viaggiasse in business class in compagnia del figlio, come comprova il biglietto dell'Air France costato 1.728 euro. Ma se il 29 marzo Dell'Utri è tornato a Parigi cosa ha fatto e dove è stato in quel buco di soli 5 giorni prima che l'imei di un suo vecchio cellulare venisse localizzata dalla Dia nuovamente a Beirut il 3 aprile? Questa seconda volta, l'ex senatore sarebbe tornato in Libano da solo anche se, nei venti giorni in cui la Dia ha tenuto d'occhio tutti i suoi domicili conosciuti in Italia, mai nessuno dei suoi familiari (a cominciare dalla moglie Miranda) è mai stato visto.
"Ospite" inavvicinabile nella fortezza della polizia di Beirut, dove ha chiesto di poter avere alcuni dei libri che si era portato dall'Italia, Dell'Utri comparirà questa mattina davanti al procuratore generale libanese Samir Hammoud e a lui spiegherà se stava scappando dalla giustizia italiana o se, come ha fatto sapere, era qui per un consulto medico dopo l'intervento di angioplastica che avrebbe subito a marzo al San Raffaele a Milano, un'altra circostanza che gli investigatori stanno verificando.
E sembra che Dell'Utri abbia intenzione di ribadire al procuratore la sua "disponibilità" a non sottrarsi alla magistratura italiana non opponendosi dunque alla procedura di estradizione. Cosa che velocizzerebbe di molto il suo rientro in Italia. Osserva il suo difensore Giuseppe Di Peri: «E' un'offesa all'intelligenza ed è contrario alla logica più elementare ritenere che Marcello Dell'Utri abbia deciso di sottrarsi alla giustizia italiana fuggendo in un paese straniero dove ha usato il proprio passaporto, la propria carta di credito e il proprio cellulare e dove si è registrato in albergo con il proprio nome».
Ieri Marcello Dell'Utri ha compilato il "questionario" di rito per i detenuti e firmato il verbale di perquisizione con l'elenco di quello che gli è stato trovato nella suite dell'hotel Phoenicia. Insieme ai 30 mila euro, anche due passaporti italiani, uno valido e l'altro, quello diplomatico del Senato ormai scaduto. «In cella - dice un investigatore italiano - è stato tranquillo e sereno, ha mangiato e dormito ed ha chiesto soltanto dei libri».
Vabbè che oggi il berlusconismo è imperante e che gli italiani si sono abituati a credere che Ruby Rubacuori è la nipote di Mubarak, tanto che anche il Parlamento ci ha messo la faccia 2 volte, ma un giorno è in Libano per curarsi, l'altro per incarico di Putin, adesso per affari, peggiorano la situazione e il voltastomaco dei tricolori.
Come mai il loquace Pittibimbo sul caso Dell'Utri tace?
14 APR 2014 17:16
NELLA “FUGA” DI DELL’UTRI C’È UNA SLOT MACHINE E UN BIGLIETTO AEREO - PER IL FIGLIO MARCO, LUI E IL PADRE ERANO IN LIBANO “PER AFFARI”. MA NON ERANO VISITE MEDICHE?
Marco Dell’Utri si è messo nel business delle slot machine e dei videopoker, e sfruttando le amicizie del padre (e di personaggi alla Mockbel) voleva entrare nel mercato libanese - Dell’Utri sr. aveva un biglietto aereo Parigi-Beirut-Parigi, ma c’è un buco di 5 giorni tra la Francia e il Libano…
Francesco Viviano per ‘La Repubblica'
Aveva un biglietto aereo di andata e ritorno dal Libano, Parigi-Beirut-Parigi. Partenza il 24 marzo, rientro il 29. Almeno sulla carta visto che il 3 aprile uno dei due cellulari che si portava dietro è stato localizzato di nuovo nella capitale libanese e che il 10 aprile, 48 ore prima del suo arresto, Marcello Dell'Utri è tornato all'hotel Phoenicia Intercontinental, dove era già stato a marzo e dove gli agenti dei servizi di sicurezza libanesi e un funzionario dell'Interpol italiana lo hanno arrestato sabato mattina.
Alla vigilia dell'udienza di convalida del fermo che si terrà stamattina quando Dell'Utri, dopo due notti trascorse "serenamente" nella fortezza della polizia locale, nel centro di Beirut tra il Museo nazionale e il palazzo di giustizia, comparirà davanti a un giudice, gli investigatori cercano di ricomporre il mosaico dei suoi spostamenti negli ultimi venti giorni.
Se ha fatto due volte avanti e indietro da Parigi a Beirut, come indicherebbero i biglietti ritrovati durante la perquisizione nella lussuosa suite da 750 euro a notte che occupava al Phoenicia, perché lo ha fatto e che intenzioni aveva? Chi ha incontrato e qual è il vero motivo della sua presenza a Beirut con una somma di denaro in contanti così consistente (30.000 euro in banconote da 50)?
Un tentativo maldestro e con molti aspetti contraddittori di sottrarsi alla possibile cattura in caso di condanna, motivi di salute come ha detto lui stesso quando è stato dichiarato ufficialmente latitante o qualcuno dei suoi misteriosi affari, legati in qualche modo agli stretti rapporti di Silvio Berlusconi con l'ex presidente Gemayel o al suo amico imprenditore Gennaro Mokbel che gli avrebbe in qualche modo "aperto la strada" aiutandolo a procurarsi passaporti diplomatici di paesi "amici" come la Guinea Bissau? Sono tutti interrogativi per il momento senza risposta.
Con lui, sicuramente, nel primo soggiorno a Beirut c'era il figlio Marco, arrivato stanotte dall'Italia insieme alla madre Miranda Ratti nel tentativo di avere il permesso di incontrare il padre detenuto. «Ero venuto a Beirut con mio padre per affari», dice. Affari, sembra legati, alla Jackpot game, la sua società di piccoli casinò che punta sulle slot machine e sulle videolotterie e che voleva forse, tramite i buoni canali del padre, inserire sul mercato libanese.
Quel che sembra certo è che il 24 marzo, sul volo Parigi-Beirut, Marcello Dell'Utri viaggiasse in business class in compagnia del figlio, come comprova il biglietto dell'Air France costato 1.728 euro. Ma se il 29 marzo Dell'Utri è tornato a Parigi cosa ha fatto e dove è stato in quel buco di soli 5 giorni prima che l'imei di un suo vecchio cellulare venisse localizzata dalla Dia nuovamente a Beirut il 3 aprile? Questa seconda volta, l'ex senatore sarebbe tornato in Libano da solo anche se, nei venti giorni in cui la Dia ha tenuto d'occhio tutti i suoi domicili conosciuti in Italia, mai nessuno dei suoi familiari (a cominciare dalla moglie Miranda) è mai stato visto.
"Ospite" inavvicinabile nella fortezza della polizia di Beirut, dove ha chiesto di poter avere alcuni dei libri che si era portato dall'Italia, Dell'Utri comparirà questa mattina davanti al procuratore generale libanese Samir Hammoud e a lui spiegherà se stava scappando dalla giustizia italiana o se, come ha fatto sapere, era qui per un consulto medico dopo l'intervento di angioplastica che avrebbe subito a marzo al San Raffaele a Milano, un'altra circostanza che gli investigatori stanno verificando.
E sembra che Dell'Utri abbia intenzione di ribadire al procuratore la sua "disponibilità" a non sottrarsi alla magistratura italiana non opponendosi dunque alla procedura di estradizione. Cosa che velocizzerebbe di molto il suo rientro in Italia. Osserva il suo difensore Giuseppe Di Peri: «E' un'offesa all'intelligenza ed è contrario alla logica più elementare ritenere che Marcello Dell'Utri abbia deciso di sottrarsi alla giustizia italiana fuggendo in un paese straniero dove ha usato il proprio passaporto, la propria carta di credito e il proprio cellulare e dove si è registrato in albergo con il proprio nome».
Ieri Marcello Dell'Utri ha compilato il "questionario" di rito per i detenuti e firmato il verbale di perquisizione con l'elenco di quello che gli è stato trovato nella suite dell'hotel Phoenicia. Insieme ai 30 mila euro, anche due passaporti italiani, uno valido e l'altro, quello diplomatico del Senato ormai scaduto. «In cella - dice un investigatore italiano - è stato tranquillo e sereno, ha mangiato e dormito ed ha chiesto soltanto dei libri».
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Re: Fuori la mafia dallo stato
Mi piacerebbe sapere le complicità che ha avuto in Italia.
ciao
Paolo 11
ciao
Paolo 11
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