L'Altra Europa per Tsipras
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Re: L'Altra Europa per Tsipras
Comunicare con L’altra Europa per Tsipras sembra per il momento difficoltoso quanto comunicare con i parlamentari italiani che dispongono di luoghi per il ricevimento della posta elettronica.
Dopo il primo tentativo per mettere a disposizione il forum nella fase elettorale per allargare il consenso, in dubbio per alcuni istituti di sondaggio, appena sopra il 4% per altri (pochissimi – 2), ne è seguito un secondo ma anche quello è andato male. Nessuna risposta. “Né crepa, né sciopa” come dicono da queste parti.
Questa settimana ho chiesto la mail privata di Barbara Spinelli, con l’intenzione di chiedergli di animare la parte finale della campagna elettorale, proponendo un confronto tecnico sui dati reali di cosa comporta uscire dall’euro.
Ho chiesto appositamente Barbara Spinelli in quanto collaboratrice de La Repubblica poteva recuperare con facilità un articolo di due anni fa in cui questo tentativo tecnico di pro e contro era già stato fatto.
Si poteva ripartire da lì per ampliare i dati ed andare a confronto con chi come il Prof. Borghi della Lega sostiene disperatamente l’uscita dalla moneta europea.
Nessuna risposta anche in questo caso.
Malignamente mi viene da pensare che siano invece molto attivi sul lato aiutateci economicamente.
Li i soldi li prendono, non esistono problemi di comunicazione.
Dopo il primo tentativo per mettere a disposizione il forum nella fase elettorale per allargare il consenso, in dubbio per alcuni istituti di sondaggio, appena sopra il 4% per altri (pochissimi – 2), ne è seguito un secondo ma anche quello è andato male. Nessuna risposta. “Né crepa, né sciopa” come dicono da queste parti.
Questa settimana ho chiesto la mail privata di Barbara Spinelli, con l’intenzione di chiedergli di animare la parte finale della campagna elettorale, proponendo un confronto tecnico sui dati reali di cosa comporta uscire dall’euro.
Ho chiesto appositamente Barbara Spinelli in quanto collaboratrice de La Repubblica poteva recuperare con facilità un articolo di due anni fa in cui questo tentativo tecnico di pro e contro era già stato fatto.
Si poteva ripartire da lì per ampliare i dati ed andare a confronto con chi come il Prof. Borghi della Lega sostiene disperatamente l’uscita dalla moneta europea.
Nessuna risposta anche in questo caso.
Malignamente mi viene da pensare che siano invece molto attivi sul lato aiutateci economicamente.
Li i soldi li prendono, non esistono problemi di comunicazione.
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Re: L'Altra Europa per Tsipras
Diversamente da L’Altra Europa per Tsipras, Peter Gomez, direttore de Il Fatto Quotidiano.it.
Giovedì scorso gli ho inviato questa mail di sollecitazione al tema dell’ERF, e nel pomeriggio di oggi è comparso sul sito questo articolo di Luigi Pandolfi.
Egregio Direttore,
è una mia svista, oppure non è stato dato il debito spazio su IFQ, circa la riunione Ue del prossimo 13 giugno in merito all’ERF - European Redemption Fund, il Fondo Europeo di Redenzione (o Riscatto). ?
Cordialità
A.Hopkins
*********
Debito pubblico in eccesso? Arriva il Fondo Europeo di Redenzione
di Economia e Politica | 10 maggio 2014
Commenti (64)
http://www.economiaepolitica.it , 10 maggio 2014
Che nell’ideologia del rigore oggi dominante nel processo di costruzione europea ci fosse una componente “moralistica”, per non dire addirittura religiosa, l’avevamo capito da un pezzo. Dietro la partizione dell’Unione in paesi “virtuosi” e paesi “spreconi” c’è sempre stata, al di là del dato economico e finanziario in senso stretto, un’idea del debito come “colpa”, da espiare anche al costo di veri e propri supplizi (Grecia docet).
Non fa difetto, in questo quadro, il lessico utilizzato per definire strategie, programmi, clausole e parametri in cui si sostanziano da qualche anno a questa parte le politiche di austerity. Ne è dimostrazione il nuovo strumento che potrebbe essere adottato per il conseguimento degli obiettivi del Fiscal Compact, il cui nome da questo punto di vista è molto eloquente: FondoEuropeo di Redenzione (Erf). Si avete letto bene: “redenzione”. E sì, perché se il debito costituisce un peccato, la risposta può essere o quella della comminazione della pena o quella del perdono. Stando alla parola, in questo caso si dovrebbe pensare alla seconda ipotesi, ovvero ad una cancellazione, totale o parziale, del debito (rimetti a noi i nostri debiti…). Ma è proprio così? Vediamo di capirci qualcosa.
Com’è noto nel mese di gennaio del 2012 il Consiglio europeo approvava il nuovo Patto di bilancio, meglio conosciuto come Fiscal compact. È anche abbastanza noto, ormai, che questo trattato, ratificato dal Parlamento italiano nel mese di luglio dello stesso anno, prevede, oltre all’obbligo del pareggio di bilancio in termini strutturali, anche l’abbattimento dell’eccedenza del debito sopra il 60% del Pil. Più precisamente esso dispone che gli Stati con debito superiore al 60% del prodotto lordo si impegnino a ridurlo a un ritmo soddisfacente, definito come una riduzione annua di 1/20 dell’eccedenza, registrata nel corso degli ultimi tre anni, tenendo conto dell’incidenzadel ciclo economico.
C’è un dibattito aperto sull’entità delle manovre annue necessarie per rispettare tale impegno. In ogni caso, anche qualora non si trattasse dei 50 miliardi all’anno di cui spesso si è parlato, saremmo pur sempre in presenza di un marchingegno micidiale per la tenuta della nostra economia e dei nostri livelli di welfare. Una cosa è certa, comunque: subito dopo la sua adozione, qualcuno, a Berlino, ha pensato che alla possibile inadempienza di qualche paese “sprecone” si dovesse rispondere con un meccanismo più o meno automatico di esecuzione dei suoi obblighi.
Ecco allora che già nel mese di luglio del 2012 (il 2 per la precisione), sulla base di una proposta elaborata del Consiglio degli esperti economici della Cancelleria tedesca Angel Merkel (German Council of Economics Expert) già oggetto di risoluzioni approvate dal Parlamento di Strasburgo, la Commissione europea incaricava un Comitato di esperti composto da 11 membri, tutti economisti, per valutare i requisiti legali e le conseguenze finanziarie della creazione di un fondo nel quale far confluire le eccedenze di debito dei paesi dell’Eurozona. Lo scorso mese di marzo, questa equipe guidata dall’ex banchiera centrale austriaca Gertrude Trumpel-Gugerell ha terminato i suoi lavori, approvando l’idea originaria degli esperti tedeschi di dare vita ad un Fondo Europeo di Redenzione, ovvero l’Erf, acronimo di European Redemption Fund.
Entriamo nel merito. Il meccanismo dovrebbe funzionare a grandi linee in questa maniera: gli stati che aderiranno al progetto andranno a conferire in un fondo unico europeo una quota del proprio debito corrispondente alla parte di esso eccedente il 60% del Pil. Il fondo, a sua volta, trasformerebbe i titoli nazionali in titoli europei, emettendo sul mercato nuove obbligazioni per una durata massima di 20-25 anni, che, con ogni probabilità, potranno godere di tassi più bassi rispetto a quelli di molti paesi della periferia.
Ma va là, direbbe subito un osservatore esperto: la Germania si sarebbe piegata all’esigenza deglieurobond? Be’, detta così parrebbe proprio di sì. Purtroppo non si è né in presenza di una moratoria sul debito, né di una condivisione dello stesso attraverso gli eurobond. Entrando nel dettaglio della proposta, infatti, le insidie (o la perfidia) si intravedono immediatamente. In cambio dell’alleggerimento del proprio debito, i paesi contraenti dovrebbero dare “in pegno” al nuovo fondo i propri asset nazionali, le loro riserve auree e valutarie, perfino una quota del proprio gettito fiscale, la cui esazione avverrebbe direttamente ad opera del fondo. Più precisamente dal gettito fiscale degli stati partecipanti ogni anno sarebbe effettuato un prelievo automatico pari a 1/20 del debito conferito al fondo di “redenzione”.[1]
Se finora in Italia, a proposito della nuova governance europea, abbiamo parlato di “cessione diquote di sovranità”, con accento negativo o positivo a seconda del tasso di europeismo che c’è in ciascuno di noi, con l’adesione ad un simile progetto consegneremmo direttamente il Paese nelle mani di strutture burocratiche slegate da qualsivoglia controllo democratico. Nel concreto, stando alla grandezza della nostra eccedenza di debito (circa 1.200 miliardi di euro, oltre il 70% del Pil), sia il prelievo fiscale (automatico), sia la liquidazione, anche parziale, degli asset messi a garanzia (es: le partecipazioni statali in Eni, Finmeccanica, Poste, Enel, ecc.) avrebbero proporzioni ed effetti insostenibili per il sistema paese.
Mediobanca ha stimato che nei primi anni di attività del fondo, circa l’8% delle nostre entrate fiscali verrebbe ad essere assoggettato al meccanismo di “redenzione”. Mentre il nostro patrimoniopubblico, a mo’ di pegno, rischierebbe di essere svenduto, senza controllo, in ogni momento.
Per dire se questa prospettiva si tramuterà in realtà bisognerà attendere le prossime elezioni europee e il rinnovo dei vertici delle istituzioni di Bruxelles. Intanto dobbiamo prendere atto che un apposito comitato, su incarico della Commissione europea, ha esperito il suo lavoro, dando il via libera al progetto. E ad ogni modo, qui, a dispetto della terminologia utilizzata, più che di fronte ad una “redenzione del peccato” saremmo in presenza di un’esecuzione implacabile della pena.
[1] Fonte: Camera dei Deputati (http://www.camera.it/leg17/481)
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/05 ... qus_thread
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Anche questo tema sarebbe servito a L'Altra Europa per Tsipras per ampliare quanto si può fare in Europa e racattare consensi.
Giovedì scorso gli ho inviato questa mail di sollecitazione al tema dell’ERF, e nel pomeriggio di oggi è comparso sul sito questo articolo di Luigi Pandolfi.
Egregio Direttore,
è una mia svista, oppure non è stato dato il debito spazio su IFQ, circa la riunione Ue del prossimo 13 giugno in merito all’ERF - European Redemption Fund, il Fondo Europeo di Redenzione (o Riscatto). ?
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Debito pubblico in eccesso? Arriva il Fondo Europeo di Redenzione
di Economia e Politica | 10 maggio 2014
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Che nell’ideologia del rigore oggi dominante nel processo di costruzione europea ci fosse una componente “moralistica”, per non dire addirittura religiosa, l’avevamo capito da un pezzo. Dietro la partizione dell’Unione in paesi “virtuosi” e paesi “spreconi” c’è sempre stata, al di là del dato economico e finanziario in senso stretto, un’idea del debito come “colpa”, da espiare anche al costo di veri e propri supplizi (Grecia docet).
Non fa difetto, in questo quadro, il lessico utilizzato per definire strategie, programmi, clausole e parametri in cui si sostanziano da qualche anno a questa parte le politiche di austerity. Ne è dimostrazione il nuovo strumento che potrebbe essere adottato per il conseguimento degli obiettivi del Fiscal Compact, il cui nome da questo punto di vista è molto eloquente: FondoEuropeo di Redenzione (Erf). Si avete letto bene: “redenzione”. E sì, perché se il debito costituisce un peccato, la risposta può essere o quella della comminazione della pena o quella del perdono. Stando alla parola, in questo caso si dovrebbe pensare alla seconda ipotesi, ovvero ad una cancellazione, totale o parziale, del debito (rimetti a noi i nostri debiti…). Ma è proprio così? Vediamo di capirci qualcosa.
Com’è noto nel mese di gennaio del 2012 il Consiglio europeo approvava il nuovo Patto di bilancio, meglio conosciuto come Fiscal compact. È anche abbastanza noto, ormai, che questo trattato, ratificato dal Parlamento italiano nel mese di luglio dello stesso anno, prevede, oltre all’obbligo del pareggio di bilancio in termini strutturali, anche l’abbattimento dell’eccedenza del debito sopra il 60% del Pil. Più precisamente esso dispone che gli Stati con debito superiore al 60% del prodotto lordo si impegnino a ridurlo a un ritmo soddisfacente, definito come una riduzione annua di 1/20 dell’eccedenza, registrata nel corso degli ultimi tre anni, tenendo conto dell’incidenzadel ciclo economico.
C’è un dibattito aperto sull’entità delle manovre annue necessarie per rispettare tale impegno. In ogni caso, anche qualora non si trattasse dei 50 miliardi all’anno di cui spesso si è parlato, saremmo pur sempre in presenza di un marchingegno micidiale per la tenuta della nostra economia e dei nostri livelli di welfare. Una cosa è certa, comunque: subito dopo la sua adozione, qualcuno, a Berlino, ha pensato che alla possibile inadempienza di qualche paese “sprecone” si dovesse rispondere con un meccanismo più o meno automatico di esecuzione dei suoi obblighi.
Ecco allora che già nel mese di luglio del 2012 (il 2 per la precisione), sulla base di una proposta elaborata del Consiglio degli esperti economici della Cancelleria tedesca Angel Merkel (German Council of Economics Expert) già oggetto di risoluzioni approvate dal Parlamento di Strasburgo, la Commissione europea incaricava un Comitato di esperti composto da 11 membri, tutti economisti, per valutare i requisiti legali e le conseguenze finanziarie della creazione di un fondo nel quale far confluire le eccedenze di debito dei paesi dell’Eurozona. Lo scorso mese di marzo, questa equipe guidata dall’ex banchiera centrale austriaca Gertrude Trumpel-Gugerell ha terminato i suoi lavori, approvando l’idea originaria degli esperti tedeschi di dare vita ad un Fondo Europeo di Redenzione, ovvero l’Erf, acronimo di European Redemption Fund.
Entriamo nel merito. Il meccanismo dovrebbe funzionare a grandi linee in questa maniera: gli stati che aderiranno al progetto andranno a conferire in un fondo unico europeo una quota del proprio debito corrispondente alla parte di esso eccedente il 60% del Pil. Il fondo, a sua volta, trasformerebbe i titoli nazionali in titoli europei, emettendo sul mercato nuove obbligazioni per una durata massima di 20-25 anni, che, con ogni probabilità, potranno godere di tassi più bassi rispetto a quelli di molti paesi della periferia.
Ma va là, direbbe subito un osservatore esperto: la Germania si sarebbe piegata all’esigenza deglieurobond? Be’, detta così parrebbe proprio di sì. Purtroppo non si è né in presenza di una moratoria sul debito, né di una condivisione dello stesso attraverso gli eurobond. Entrando nel dettaglio della proposta, infatti, le insidie (o la perfidia) si intravedono immediatamente. In cambio dell’alleggerimento del proprio debito, i paesi contraenti dovrebbero dare “in pegno” al nuovo fondo i propri asset nazionali, le loro riserve auree e valutarie, perfino una quota del proprio gettito fiscale, la cui esazione avverrebbe direttamente ad opera del fondo. Più precisamente dal gettito fiscale degli stati partecipanti ogni anno sarebbe effettuato un prelievo automatico pari a 1/20 del debito conferito al fondo di “redenzione”.[1]
Se finora in Italia, a proposito della nuova governance europea, abbiamo parlato di “cessione diquote di sovranità”, con accento negativo o positivo a seconda del tasso di europeismo che c’è in ciascuno di noi, con l’adesione ad un simile progetto consegneremmo direttamente il Paese nelle mani di strutture burocratiche slegate da qualsivoglia controllo democratico. Nel concreto, stando alla grandezza della nostra eccedenza di debito (circa 1.200 miliardi di euro, oltre il 70% del Pil), sia il prelievo fiscale (automatico), sia la liquidazione, anche parziale, degli asset messi a garanzia (es: le partecipazioni statali in Eni, Finmeccanica, Poste, Enel, ecc.) avrebbero proporzioni ed effetti insostenibili per il sistema paese.
Mediobanca ha stimato che nei primi anni di attività del fondo, circa l’8% delle nostre entrate fiscali verrebbe ad essere assoggettato al meccanismo di “redenzione”. Mentre il nostro patrimoniopubblico, a mo’ di pegno, rischierebbe di essere svenduto, senza controllo, in ogni momento.
Per dire se questa prospettiva si tramuterà in realtà bisognerà attendere le prossime elezioni europee e il rinnovo dei vertici delle istituzioni di Bruxelles. Intanto dobbiamo prendere atto che un apposito comitato, su incarico della Commissione europea, ha esperito il suo lavoro, dando il via libera al progetto. E ad ogni modo, qui, a dispetto della terminologia utilizzata, più che di fronte ad una “redenzione del peccato” saremmo in presenza di un’esecuzione implacabile della pena.
[1] Fonte: Camera dei Deputati (http://www.camera.it/leg17/481)
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/05 ... qus_thread
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Anche questo tema sarebbe servito a L'Altra Europa per Tsipras per ampliare quanto si può fare in Europa e racattare consensi.
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Re: L'Altra Europa per Tsipras
Io non capisco bene una cosa
Se le liste Tsipras (probabilmente sosterrò quella italiana il 25) entreranno in parlamento, ma si schiereranno col PSE?
No perché nel PSE c'è il nuovissimo centrodestra di renzi e pure i socialisti tedeschi che invece di mandare la cicciona allì'opposizione alleandosi con gli altri si sono alleati con la cicciona...
Se le liste Tsipras (probabilmente sosterrò quella italiana il 25) entreranno in parlamento, ma si schiereranno col PSE?
No perché nel PSE c'è il nuovissimo centrodestra di renzi e pure i socialisti tedeschi che invece di mandare la cicciona allì'opposizione alleandosi con gli altri si sono alleati con la cicciona...
"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
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Re: L'Altra Europa per Tsipras
Le cose che non si capiscono sono tante.peanuts ha scritto:Io non capisco bene una cosa
Se le liste Tsipras (probabilmente sosterrò quella italiana il 25) entreranno in parlamento, ma si schiereranno col PSE?
No perché nel PSE c'è il nuovissimo centrodestra di renzi e pure i socialisti tedeschi che invece di mandare la cicciona allì'opposizione alleandosi con gli altri si sono alleati con la cicciona...
Che ci sta a fare FI e Ncd nel PPE ?
La lista Tsipras serve ad offrire una alternativa al PSE e comunque a dargli più possibilità di contrastare il PPE. Io non condivido il giudizio che Schulz dà del M5S, perché alla fine questo movimento è disponibile a restare in Europa e a tenere l'euro, ma deve essere un'Europa più solidale , un'Europa dei popoli e non delle bamche.
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Re: L'Altra Europa per Tsipras
peanuts ha scritto:Io non capisco bene una cosa
Se le liste Tsipras (probabilmente sosterrò quella italiana il 25) entreranno in parlamento, ma si schiereranno col PSE?
No perché nel PSE c'è il nuovissimo centrodestra di renzi e pure i socialisti tedeschi che invece di mandare la cicciona allì'opposizione alleandosi con gli altri si sono alleati con la cicciona...
Per quanto ne ho capito io, ma potrei essermi sbagliato, l’intenzione di Tsipras è quella di collaborare con il Pse. D’altra parte non può essere diversamente perché a stento i sondaggi riportano che Tsipras passerà lo sbarramento del 4%, e ho qualche dubbio che la Consulta deliberi rapidamente in base all’obiezione sollevata dal Tribunale di Venezia in merito alla costituzionalità di quel 4 %.
Quello poi che mi sembra di capire è che il “Pse” non intenda collaborare con Tsipras per via dell’esiguità della sua consistenza e che si profili all’orizzonte la trasposizione delle larghe intese anche in Europa.
Se la destra anti europea otterrà un risultato consistente le forze pro euro di una certa consistenza cercheranno di fare quadrato.
Tra Tsipras e il PPE, Schulz preferirà il PPE.
Infine un’ultima riflessione.
Nel 2007 quando nasce il Pd, sorge il problema della sua collocazione in Europa.
I democristiani non ne volevano sapere di morire socialisti. Se vi ricordate ci fu un sollevamento di scudi.
Arrivarono al compromesso di schierarsi con L’Alde.
Adesso quello che mi chiedo è il perché del silenzio assoluto dei democristiani, ad eccezione di qualche rimbrotto da parte di monsignor Fioroni, quando Pittibimbo ha portato il Pd al fianco del PPE.
Cosa ne devo dedurre?
Che monsignor Fioroni è diventato il compagno monsignor Fioroni?
Che Enriconipote è diventato il compagno Letta?
Altrettanto dicasi per :
La compagna Rosita Bindi,
il compagno Marini,
il compagno Franceschini,
il compagno Boccia in De Girolamo,
il compagno Gentilò?
Gli ex Dc dopo sette anni sono diventati tutti socialisti quando il Pd è diventato interamente democristiano, votato dalle ex casalinghe di Berlusconi, dalle pie donne e dai pii uomini cattolici professanti che si recano a messa tutte le domeniche, secondo Pagnoncelli?
Oppure è preferibile credere che si sia in pratica trasformato il Pse avendo votato in prevalenza con il PPE nella legislatura europea che si sta chiudendo?
Solo così posso comprendere il silenzio e l’accettazione degli ex Dc, al fianco del Pse.
Tra Pse e PPE non esistono più sostanziali differenze.
Gli indigeni grullini continuano a farmi notare che il mondo è cambiato, che non esiste più nessuna differenza tra destra e si sinistra.
Eccoli qua i sodomizza tori coatti di Renzi. Non esiste più nessuna differenza tra destra e sinistra.
Cambiato un caXXo.
La differenza esiste da 8mila anni senza soluzione di continuità, ogni giorno che Dio manda in terra. La differenza esiste ed è quella tra chi non ha e quella che ha soldi e privilegi.
Neppure sotto i regimi comunisti questa differenza ha cessato di esistere.
In Cina i figli degli operai oggi si buttano a 22 anni dai tetti delle fabbriche perché non resistono ai ritmi di produzione imposte dalle aziende occidentali.
I figli di 22 anni dei magnati del Partito Comunista Cinese, si schiantano contro i muri perché sbandano alla guida delle Ferrari regalate dai papà compagni milionari del partito.
Ci mancavano solo i grullini di Pittimbo per riproporre la nuova Dc sotto mentite spoglie.
PS.
....i socialisti tedeschi che invece di mandare la cicciona.....
La "cicciona" ha fatto una cura dimagrante.......
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Re: L'Altra Europa per Tsipras
Sempre cicciona resta
Comunque spero che Tsipras se poco poco dovesse essere decisivo per la maggioranza poi li ricatti. Oppure renzi e compagnia se ne vadano col Ppe, oh, tanto ormai va di moda
Comunque spero che Tsipras se poco poco dovesse essere decisivo per la maggioranza poi li ricatti. Oppure renzi e compagnia se ne vadano col Ppe, oh, tanto ormai va di moda
"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
Robert Harris, "Archangel"
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Re: L'Altra Europa per Tsipras
..
In Italia è nata una lista che porta il nome del leader greco, la media dei sondaggi la dà attorno al 4%: «L’altra Europa con Tsipras» unisce tutta quella parte di schieramento politico che non si riconosce nel Pd, come Sel e Rifondazione, aperta anche a movimenti e associazioni. Tsipras, alle Europee, è sostenuto fra gli altri dalla Linke tedesca (sondaggi, 8,5%), dal Front de Gauche francese (7,8%), dalla spagnola Izquierda Unida (11,8). Nel complesso, emerge che il gruppo Gue della sinistra radicale potrebbe essere il terzo del Parlamento europeo, dopo Popolari e/o Socialisti. Una presenza potenzialmente molto influente e che si aggiunge, tanto per capirsi, a quella consistente che si prepara a destra attorno alle idee di Marine Le Pen o di Nigel Farage. Mondi diversissimi, avversari viscerali specie sull’immigrazione contro la quale Syriza non si rivolge, ma estrema destra e sinistra radicale stanno contestando “a tenaglia” questa Europa. Facendo entrambi appello al popolo come autentica fonte di legittimità. E proponendosi come alternativa unica ai partiti tradizionali che non godono più di grande fiducia.
In Italia è nata una lista che porta il nome del leader greco, la media dei sondaggi la dà attorno al 4%: «L’altra Europa con Tsipras» unisce tutta quella parte di schieramento politico che non si riconosce nel Pd, come Sel e Rifondazione, aperta anche a movimenti e associazioni. Tsipras, alle Europee, è sostenuto fra gli altri dalla Linke tedesca (sondaggi, 8,5%), dal Front de Gauche francese (7,8%), dalla spagnola Izquierda Unida (11,8). Nel complesso, emerge che il gruppo Gue della sinistra radicale potrebbe essere il terzo del Parlamento europeo, dopo Popolari e/o Socialisti. Una presenza potenzialmente molto influente e che si aggiunge, tanto per capirsi, a quella consistente che si prepara a destra attorno alle idee di Marine Le Pen o di Nigel Farage. Mondi diversissimi, avversari viscerali specie sull’immigrazione contro la quale Syriza non si rivolge, ma estrema destra e sinistra radicale stanno contestando “a tenaglia” questa Europa. Facendo entrambi appello al popolo come autentica fonte di legittimità. E proponendosi come alternativa unica ai partiti tradizionali che non godono più di grande fiducia.
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Re: L'Altra Europa per Tsipras
la campagna di Libera e Gruppo Abele contro la corruzione: al I posto LISTA TSIPRAS
Sulle candidature trasparenti e sugli impegni concreti contro la corruzione, i candidati italiani alle prossime elezioni Europee latitano rispetto ai colleghi degli altri paesi dell'Unione. A meno di una settimana dal voto del prossimo 25 maggio Riparte il Futuro, la campagna di Libera e Gruppo Abele contro la corruzione, scatta la fotografia dei candidati che hanno risposto all'appello e sottoscritto gli impegni concreti sulla trasparenza e la lotta al malaffare. Una fotografia in cui l'Italia, dove la campagna è stata lanciata e che figura ai primissimi posti in Europa per il dilagare della corruzione, è "maglia nera" rispetto agli altri Paesi e ai loro candidati all'Europarlamento.
Il monitoraggio di Libera e Gruppo Abele parla chiaro: su 282 candidati all'Europarlamento provenienti da tutti i paesi dell'Unione che hanno risposto positivamente all'appello mettendoci la faccia appena 83 sono quelli italiani: il 29,4% del totale.
Nella classifica nazionale al primo posto per numero di adesioni figura la lista L'Altra Europa per Tsipras con 22 candidati, pari al 26,5% del totale delle adesioni dall'Italia,seguita dal Partito democratico con 13 adesioni (15,6%). In terza posizione ex aequo Movimento 5 Stelle e Green Italia-Verdi Europei con 11 candidati (13,2%). L'Idv registra ad oggi 9 adesioni (10,8%), Scelta Europea 7 candidati (8,4%) e il Nuovo Centrodestra-Udc 4 (4,81%). Agli ultimi tre posti Forza Italia, con 3 candidati (3,6%), Lega Nord con due nomi (2,4% del totale) e Fratelli d'Italia, con l'1,2% e una sola adesione alla campagna sulla trasparenza e la lotta alla corruzione.
Sulle candidature trasparenti e sugli impegni concreti contro la corruzione, i candidati italiani alle prossime elezioni Europee latitano rispetto ai colleghi degli altri paesi dell'Unione. A meno di una settimana dal voto del prossimo 25 maggio Riparte il Futuro, la campagna di Libera e Gruppo Abele contro la corruzione, scatta la fotografia dei candidati che hanno risposto all'appello e sottoscritto gli impegni concreti sulla trasparenza e la lotta al malaffare. Una fotografia in cui l'Italia, dove la campagna è stata lanciata e che figura ai primissimi posti in Europa per il dilagare della corruzione, è "maglia nera" rispetto agli altri Paesi e ai loro candidati all'Europarlamento.
Il monitoraggio di Libera e Gruppo Abele parla chiaro: su 282 candidati all'Europarlamento provenienti da tutti i paesi dell'Unione che hanno risposto positivamente all'appello mettendoci la faccia appena 83 sono quelli italiani: il 29,4% del totale.
Nella classifica nazionale al primo posto per numero di adesioni figura la lista L'Altra Europa per Tsipras con 22 candidati, pari al 26,5% del totale delle adesioni dall'Italia,seguita dal Partito democratico con 13 adesioni (15,6%). In terza posizione ex aequo Movimento 5 Stelle e Green Italia-Verdi Europei con 11 candidati (13,2%). L'Idv registra ad oggi 9 adesioni (10,8%), Scelta Europea 7 candidati (8,4%) e il Nuovo Centrodestra-Udc 4 (4,81%). Agli ultimi tre posti Forza Italia, con 3 candidati (3,6%), Lega Nord con due nomi (2,4% del totale) e Fratelli d'Italia, con l'1,2% e una sola adesione alla campagna sulla trasparenza e la lotta alla corruzione.
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Re: L'Altra Europa per Tsipras
L'Altra Europa con Tsipras
Voterò lista Tsipras per molti motivi e anche “nonostante” alcuni motivi. Eccoli.
Sono profondamente europeista, mi piacerebbe avere una vera Europa, con diritti comuni, un buon livello di welfare,
un superamento delle logiche dell’austerità che ci hanno inchiodati qui (a noi, figurarsi ai greci o ai portoghesi) e
un’attenzione per il lavoro, inteso come forma di dignità e non come forma di sfruttamento sempre più precario,
flessibile e sempre più “variabile dipendente”.
Detto questo, so che molti, oggi, dicono che bisogna superare l’austerità. Ma lo dicono, appunto, oggi,
mentre ieri mettevano il pareggio di bilancio nella Costituzione, impedendo ogni politica keynesiana.
Tante parole contro un fatto incontrovertibile.
In più, non mi piace la maschia contrapposizione in atto (in Europa) tra tifosi del rigore e fans della Troika
e antieuropeisti (di cui molti in schifoso odor di nazismo). Non mi piacciono i populismi facili perché penso che il popolo
sia una cosa seria. E per quanto riguarda l’Italia, trovo inadeguate sia le ricette di Grillo (che fatico a capire, peraltro),
sia le ricette di Renzi (che capisco benissimo e non mi piacciono). In più, sono un po’ stufo di sentire
veri conservatori (thatcheriani del settimo giorno, blairiani rinati e fuffa consimile) dare del “conservatore”
a chi parla di diritti e spacciarsi
per “progressisti” mentre vantano “profonde sintonie” con chi si sa bene.
Anch’io sono stufo – come molti, come credo tutti – di quella che si chiama “sinistra radicale”, delle sue stupidaggini e
di certi suoi tic ormai insopportabili. Ma credo che se una forza europea di sinistra si affermerà e porrà delle basi
per crescere potrà avviarsi finalmente un processo che ricominci a chiamare le cose col loro nome
(sinistra la sinistra, destra la destra, mercato il mercato, diritti i diritti, furbetti i furbetti).
In Europa questo può succedere, in Grecia è già successo, qui vedremo.
So che la partita qui si gioca sulla soglia del quattro per cento e che quindi non si conquisterà il mondo e forse nemmeno
un seggio. Ma credo importante che al parlamento europeo ci sia una voce, possibilmente forte e chiara,
che dica che l’Europa così com’è stata costruita fino ad ora non va bene, danneggia i popoli, crea diseguaglianza e protegge
solo gli interessi forti. Dunque io voglio un’Europa giusta, e non quella che c’è. Ma la voglio.
Si dirà che è un voto di testimonianza. Mi va bene anche questo: tutto quel “vinciamo noi”, “no, vinciamo noi”
che sento gridare in giro mi sa più di rissa machista che di politica, cioè vita, speranze e desideri.
Aggiungo che votare con il proporzionale è una cosa che mi piace: posso votare un programma e
persino un’idea senza farmi tante pippe “Se voto questo perde quell’altro”.
Insomma, ho un solo voto, è il mio, e mi pare assai utile. Spero che la lista Tsipras superi la soglia di sbarramento.
Se non succederà non mi metterò a lutto:
meglio dignitosamente minoritari che maggioritari contro i propri principi e le proprie idee.
Alessandro Robecchi
Voterò lista Tsipras per molti motivi e anche “nonostante” alcuni motivi. Eccoli.
Sono profondamente europeista, mi piacerebbe avere una vera Europa, con diritti comuni, un buon livello di welfare,
un superamento delle logiche dell’austerità che ci hanno inchiodati qui (a noi, figurarsi ai greci o ai portoghesi) e
un’attenzione per il lavoro, inteso come forma di dignità e non come forma di sfruttamento sempre più precario,
flessibile e sempre più “variabile dipendente”.
Detto questo, so che molti, oggi, dicono che bisogna superare l’austerità. Ma lo dicono, appunto, oggi,
mentre ieri mettevano il pareggio di bilancio nella Costituzione, impedendo ogni politica keynesiana.
Tante parole contro un fatto incontrovertibile.
In più, non mi piace la maschia contrapposizione in atto (in Europa) tra tifosi del rigore e fans della Troika
e antieuropeisti (di cui molti in schifoso odor di nazismo). Non mi piacciono i populismi facili perché penso che il popolo
sia una cosa seria. E per quanto riguarda l’Italia, trovo inadeguate sia le ricette di Grillo (che fatico a capire, peraltro),
sia le ricette di Renzi (che capisco benissimo e non mi piacciono). In più, sono un po’ stufo di sentire
veri conservatori (thatcheriani del settimo giorno, blairiani rinati e fuffa consimile) dare del “conservatore”
a chi parla di diritti e spacciarsi
per “progressisti” mentre vantano “profonde sintonie” con chi si sa bene.
Anch’io sono stufo – come molti, come credo tutti – di quella che si chiama “sinistra radicale”, delle sue stupidaggini e
di certi suoi tic ormai insopportabili. Ma credo che se una forza europea di sinistra si affermerà e porrà delle basi
per crescere potrà avviarsi finalmente un processo che ricominci a chiamare le cose col loro nome
(sinistra la sinistra, destra la destra, mercato il mercato, diritti i diritti, furbetti i furbetti).
In Europa questo può succedere, in Grecia è già successo, qui vedremo.
So che la partita qui si gioca sulla soglia del quattro per cento e che quindi non si conquisterà il mondo e forse nemmeno
un seggio. Ma credo importante che al parlamento europeo ci sia una voce, possibilmente forte e chiara,
che dica che l’Europa così com’è stata costruita fino ad ora non va bene, danneggia i popoli, crea diseguaglianza e protegge
solo gli interessi forti. Dunque io voglio un’Europa giusta, e non quella che c’è. Ma la voglio.
Si dirà che è un voto di testimonianza. Mi va bene anche questo: tutto quel “vinciamo noi”, “no, vinciamo noi”
che sento gridare in giro mi sa più di rissa machista che di politica, cioè vita, speranze e desideri.
Aggiungo che votare con il proporzionale è una cosa che mi piace: posso votare un programma e
persino un’idea senza farmi tante pippe “Se voto questo perde quell’altro”.
Insomma, ho un solo voto, è il mio, e mi pare assai utile. Spero che la lista Tsipras superi la soglia di sbarramento.
Se non succederà non mi metterò a lutto:
meglio dignitosamente minoritari che maggioritari contro i propri principi e le proprie idee.
Alessandro Robecchi
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