La crisi dell'Europa
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Re: La crisi dell'Europa
Purtroppo la spaccatura del Mediterraneo è ancora profonda dopo 14 secoli dalla sua creazione. I due mondi che si fronteggiano non trovano per l'ennesima volta il modo di coesistere in pace e come sempre saranno alla fine le armi a parlare e decidere. Il problema sono i tanti islamici presenti in Europa, di cui la maggioranza saranno certamente bravissime persone ma che per colpa di pochi loro correligionari si troveranno sicuramente peggio di ieri a partire da oggi. Forse l'epilogo verso cui camminiamo sarà anche la "logica" soluzione alla crisi economica.
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Re: La crisi dell'Europa
Secondo voi di quanto e dove sbaglia Umberto Eco?
Classe 1932.
Ieri sera ho fatto la maratona "Parigi" in Tv. Dal Tg 3 delle 19,00. a Otto e Mezzo, allo speciale di Mentana, ai TG della notte.
Dai Tg di oggi è emerso che come avevano fatto vedere ieri sera a mezzanotte, Piazza della Repubblica era piena di gente di gente che si è riversata in strada spontaneamente. Lo stesso a Londra e Berlino.
A Roma qualche gruppetto sparuto.
Segno che la sinistra è morta e stramorta.
Umberto Eco: «Siamo in guerra, fino al collo. L’Isis è il nuovo nazismo»
Lo scrittore: «Lo Stato islamico vuole impadronirsi del mondo. È come quando da piccolo vivevo sotto i bombardamenti»
di Paolo Di Stefano
«Cosa deve dire un povero disgraziato di fronte a fatti simili?». Per prima cosa Umberto Eco tiene a precisare che non ha ancora letto “Sottomissione” , il romanzo di Michel Houellebecq, e dunque non può parlarne: «Il mondo è pieno di gente che parla di libri che non ha letto, compresi quelli che dicono di conoscere il Corano senza averlo mai aperto». Ma sulle condizioni da cui è venuta fuori la strage di Parigi, qualcosa da dire c’è, eccome: «Quel che è certo è che sono cambiate le modalità della guerra - dice Eco -, c’è una guerra in corso e noi ci siamo dentro fino al collo, come quando io ero piccolo e vivevo le mie giornate sotto i bombardamenti che potevano arrivare da un momento all’altro a mia insaputa. Con questo tipo di terrorismo, la situazione è esattamente quella che abbiamo vissuto durante la guerra». Il nuovo romanzo di Eco, “Numero zero”, in uscita venerdì da Bompiani, rientra nella categoria della fantapolitica anche se rivolto al passato recente (stagione Mani Pulite) e non al futuro prossimo come quello immaginato da Houellebecq. E non ci sono i giornalisti coraggiosi del settimanale satirico “Charlie Hebdo”, ma altri tipi di cronisti molto poco onorevoli.
Anche il furore scatenato da un libro, come nel caso di “Sottomissione”, non è certo un inedito: «Figurarsi, si è verificato abbondantemente nel corso della storia dell’umanità. Anche la fatwa contro Salman Rushdie, per i suoi Versi satanici , era legata a un romanzo... E non era certo una novità. Gli uomini si sono sempre massacrati per un libro: la Bibbia contro il Corano, il Vangelo contro la Bibbia eccetera. Le grandi guerre sono state scatenate dalle religioni monoteiste per un libro. Ha mai visto degli animisti che hanno tentato di conquistare il mondo con le armi? Sono le religioni del libro a provocare le guerre per imporre l’idea contenuta nei loro testi. Le guerre pagane, tutto sommato, erano sempre locali. Forse un po’ i Romani... Ma i Cartaginesi hanno combattuto per ragioni commerciali, non per imporre il culto di Astarte».
Umberto Eco ha scritto romanzi e saggi, dal “Nome della rosa” alla più recente “Storia delle terre e dei luoghi leggendari”, con al centro le fantasie perverse (e violente) suscitate da certe opere, letterarie e no, che magari inizialmente non aspiravano a proporsi come verità assolute: «È duemila anni - dice - che prendiamo sul serio l’ Eneide : Augusto ci ha fondato sopra delle pretese piuttosto importanti. Ci sono centinaia di testi diventati fantasmi pericolosi soprattutto grazie a coloro che non li hanno letti».
È condivisibile l’analogia intravista da Emmanuel Carrère, fresco autore del romanzo “Il Regno”(ambientato nei decenni del Cristianesimo delle origini), tra questo nostro tempo di passaggio e l’epoca che portò dalla civiltà greco-romana a quella giudeo-cristiana? «Mi pare accettabile, accade ciò che purtroppo è sempre accaduto, solo che adesso ci siamo dentro noi... Trent’anni fa, per la Repubblica , ho scritto un articolo in cui dicevo che eravamo di fronte non più a un’emigrazione come quella degli italiani in America o in Svizzera, ma a una migrazione, e le migrazioni sono globali, sono amplissime nello spazio e durano molto tempo. Già allora scrivevo che finché non si fosse arrivati a un nuovo equilibrio, si sarebbe versato molto sangue. La civiltà occidentale, che abbia o no la forza di sostenersi, sta facendo fronte a un processo colossale di migrazione, così come è accaduto secoli fa alla romanità».
Il paradosso di cui parla Houellebecq è che il mondo musulmano dal punto di vista sociale è più vicino alla destra estrema che vorrebbe respingerlo con tutte le forze. «Non mi pare giusto che si dica genericamente “musulmani”, come non sarebbe stato corretto giudicare il Cristianesimo sulla base dei metodi utilizzati da Cesare Borgia. Ma certo lo si può dire dell’Isis, che è una nuova forma di nazismo, con i suoi metodi di sterminio e la sua volontà apocalittica di impadronirsi del mondo». La prospettiva che la civiltà occidentale in crisi, erede decaduta della cultura dei Lumi, possa un giorno allearsi con i Paesi arabi, è dunque tutt’altro che una visione fantapolitica confinata nei romanzi? «La fusione di civiltà è una possibilità che può verificarsi grazie alle migrazioni. Quando in Italia ci saranno 50 milioni di extracomunitari e solo 10 milioni di italiani, avverrà, forse, quel che è avvenuto duemila anni fa. Del resto è già successo chissà quante volte, in Asia o altrove: i mongoli in Cina eccetera».
Non si può negare che questa previsione fa paura, a pensarla oggi: «È chiaro che tutti i grandi cambiamenti ci terrorizzano. Ma sa, a me tutto sommato resta poco, però ho dei nipoti, e mi auguro che imparino a vivere in queste prospettive. E poi in fondo sarebbe terrorizzante anche immaginare un outlet al posto del Duomo». Questa in effetti è una visione che potrebbe anche materializzarsi: «Certo, e qualcuno ne sarebbe sicuramente contento».
8 gennaio 2015 | 08:15
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http://www.corriere.it/esteri/15_gennai ... 8535.shtml
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Ieri sera ho fatto la maratona "Parigi" in Tv. Dal Tg 3 delle 19,00. a Otto e Mezzo, allo speciale di Mentana, ai TG della notte.
Dai Tg di oggi è emerso che come avevano fatto vedere ieri sera a mezzanotte, Piazza della Repubblica era piena di gente di gente che si è riversata in strada spontaneamente. Lo stesso a Londra e Berlino.
A Roma qualche gruppetto sparuto.
Segno che la sinistra è morta e stramorta.
Umberto Eco: «Siamo in guerra, fino al collo. L’Isis è il nuovo nazismo»
Lo scrittore: «Lo Stato islamico vuole impadronirsi del mondo. È come quando da piccolo vivevo sotto i bombardamenti»
di Paolo Di Stefano
«Cosa deve dire un povero disgraziato di fronte a fatti simili?». Per prima cosa Umberto Eco tiene a precisare che non ha ancora letto “Sottomissione” , il romanzo di Michel Houellebecq, e dunque non può parlarne: «Il mondo è pieno di gente che parla di libri che non ha letto, compresi quelli che dicono di conoscere il Corano senza averlo mai aperto». Ma sulle condizioni da cui è venuta fuori la strage di Parigi, qualcosa da dire c’è, eccome: «Quel che è certo è che sono cambiate le modalità della guerra - dice Eco -, c’è una guerra in corso e noi ci siamo dentro fino al collo, come quando io ero piccolo e vivevo le mie giornate sotto i bombardamenti che potevano arrivare da un momento all’altro a mia insaputa. Con questo tipo di terrorismo, la situazione è esattamente quella che abbiamo vissuto durante la guerra». Il nuovo romanzo di Eco, “Numero zero”, in uscita venerdì da Bompiani, rientra nella categoria della fantapolitica anche se rivolto al passato recente (stagione Mani Pulite) e non al futuro prossimo come quello immaginato da Houellebecq. E non ci sono i giornalisti coraggiosi del settimanale satirico “Charlie Hebdo”, ma altri tipi di cronisti molto poco onorevoli.
Anche il furore scatenato da un libro, come nel caso di “Sottomissione”, non è certo un inedito: «Figurarsi, si è verificato abbondantemente nel corso della storia dell’umanità. Anche la fatwa contro Salman Rushdie, per i suoi Versi satanici , era legata a un romanzo... E non era certo una novità. Gli uomini si sono sempre massacrati per un libro: la Bibbia contro il Corano, il Vangelo contro la Bibbia eccetera. Le grandi guerre sono state scatenate dalle religioni monoteiste per un libro. Ha mai visto degli animisti che hanno tentato di conquistare il mondo con le armi? Sono le religioni del libro a provocare le guerre per imporre l’idea contenuta nei loro testi. Le guerre pagane, tutto sommato, erano sempre locali. Forse un po’ i Romani... Ma i Cartaginesi hanno combattuto per ragioni commerciali, non per imporre il culto di Astarte».
Umberto Eco ha scritto romanzi e saggi, dal “Nome della rosa” alla più recente “Storia delle terre e dei luoghi leggendari”, con al centro le fantasie perverse (e violente) suscitate da certe opere, letterarie e no, che magari inizialmente non aspiravano a proporsi come verità assolute: «È duemila anni - dice - che prendiamo sul serio l’ Eneide : Augusto ci ha fondato sopra delle pretese piuttosto importanti. Ci sono centinaia di testi diventati fantasmi pericolosi soprattutto grazie a coloro che non li hanno letti».
È condivisibile l’analogia intravista da Emmanuel Carrère, fresco autore del romanzo “Il Regno”(ambientato nei decenni del Cristianesimo delle origini), tra questo nostro tempo di passaggio e l’epoca che portò dalla civiltà greco-romana a quella giudeo-cristiana? «Mi pare accettabile, accade ciò che purtroppo è sempre accaduto, solo che adesso ci siamo dentro noi... Trent’anni fa, per la Repubblica , ho scritto un articolo in cui dicevo che eravamo di fronte non più a un’emigrazione come quella degli italiani in America o in Svizzera, ma a una migrazione, e le migrazioni sono globali, sono amplissime nello spazio e durano molto tempo. Già allora scrivevo che finché non si fosse arrivati a un nuovo equilibrio, si sarebbe versato molto sangue. La civiltà occidentale, che abbia o no la forza di sostenersi, sta facendo fronte a un processo colossale di migrazione, così come è accaduto secoli fa alla romanità».
Il paradosso di cui parla Houellebecq è che il mondo musulmano dal punto di vista sociale è più vicino alla destra estrema che vorrebbe respingerlo con tutte le forze. «Non mi pare giusto che si dica genericamente “musulmani”, come non sarebbe stato corretto giudicare il Cristianesimo sulla base dei metodi utilizzati da Cesare Borgia. Ma certo lo si può dire dell’Isis, che è una nuova forma di nazismo, con i suoi metodi di sterminio e la sua volontà apocalittica di impadronirsi del mondo». La prospettiva che la civiltà occidentale in crisi, erede decaduta della cultura dei Lumi, possa un giorno allearsi con i Paesi arabi, è dunque tutt’altro che una visione fantapolitica confinata nei romanzi? «La fusione di civiltà è una possibilità che può verificarsi grazie alle migrazioni. Quando in Italia ci saranno 50 milioni di extracomunitari e solo 10 milioni di italiani, avverrà, forse, quel che è avvenuto duemila anni fa. Del resto è già successo chissà quante volte, in Asia o altrove: i mongoli in Cina eccetera».
Non si può negare che questa previsione fa paura, a pensarla oggi: «È chiaro che tutti i grandi cambiamenti ci terrorizzano. Ma sa, a me tutto sommato resta poco, però ho dei nipoti, e mi auguro che imparino a vivere in queste prospettive. E poi in fondo sarebbe terrorizzante anche immaginare un outlet al posto del Duomo». Questa in effetti è una visione che potrebbe anche materializzarsi: «Certo, e qualcuno ne sarebbe sicuramente contento».
8 gennaio 2015 | 08:15
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Re: La crisi dell'Europa
Appuntamento con il destino.
Hai voglia a sparare le solite cazzate di circostanza.
Solo per caso, perché i due terroristi non sono così precisi e
Provate ad analizzare questo caso.
determinati.
Hanno sbagliato edificio chiedono comunque conferma al portiere <<Dove stanno i giornalisti?>>
Per esigenze di combattimento, lo devono eliminare, dopo aver ricevuto l'informazione.
Frederic cade sotto il piombo islamista, o come dice Eco, Nazista.
42 anni, due figli, 12 e 13 anni. Più vite cambiano immediatamente verso.
Voi siete sicuri di tornare su questa terra. Oppure di essere sicuri dell'Eden dell'aldilà?
Che senso ha tutto questo?
^^^^^^
LA STRAGE A PARIGI
«Dicci dove stanno i giornalisti»
Poi uccidono Frédéric, il portiere
Dipendente della Sodexo, 42 anni, due figli, vittima «dimenticata». Gli assalitori lo ammazzano dopo che risponde a domanda. La multinazionale: un minuto di silenzio
di Alessandro Fulloni
Hai voglia a sparare le solite cazzate di circostanza.
Solo per caso, perché i due terroristi non sono così precisi e
Provate ad analizzare questo caso.
determinati.
Hanno sbagliato edificio chiedono comunque conferma al portiere <<Dove stanno i giornalisti?>>
Per esigenze di combattimento, lo devono eliminare, dopo aver ricevuto l'informazione.
Frederic cade sotto il piombo islamista, o come dice Eco, Nazista.
42 anni, due figli, 12 e 13 anni. Più vite cambiano immediatamente verso.
Voi siete sicuri di tornare su questa terra. Oppure di essere sicuri dell'Eden dell'aldilà?
Che senso ha tutto questo?
^^^^^^
LA STRAGE A PARIGI
«Dicci dove stanno i giornalisti»
Poi uccidono Frédéric, il portiere
Dipendente della Sodexo, 42 anni, due figli, vittima «dimenticata». Gli assalitori lo ammazzano dopo che risponde a domanda. La multinazionale: un minuto di silenzio
di Alessandro Fulloni
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Re: La crisi dell'Europa
Repubblica 8.1.15
Sergio Staino
“Piango l’amico Georges uomo libero contro i dogmi”
intervista di Raffaella De Santis
LA LORO è stata una grande amicizia. Georges Wolinski per Sergio Staino non era solo un collega. Il loro primo incontro risale a più di trent’anni fa. Wolinski allora era noto per il personaggio di Paulette, ricca ereditiera orgogliosamente comunista. Ad unirli una satira corrosiva, un’ironia dissacrante e politicamente scorretta.
A quando risale la vostra amicizia?
«Ai tempi di Linus. Collaboravamo entrambi alla rivista. Wolinski era per me, insieme a Reiser, un mito. Così un giorno andai a Parigi e gli suonai al campanello. Poi nel corso degli anni è venuto spesso a mia casa in Toscana, insieme abbiamo fatto un viaggio a Cuba negli anni ‘90. Ha anche partecipato al mio film Non chiamarmi Omar, nella parte di un giornalista erotomane. Gli piaceva ridere sul sesso».
Quali sono i limiti alla libertà di critica?
«Wolinski era un antidogmatico, un anarchico di sinistra. Le sue storie erano certamente molto feroci, ma è la satira stessa a richiedere questo atteggiamento. La satira è per sua natura seminatrice di dubbi. La sua arma è l’intelligenza e in questo fa più male di un fucile o di una bomba».
Charlie Hebdo era nel mirino dei fondamentalisti. Ne avevate mai parlato?
«No, non discutevamo di questo. Nessun vignettista lavora pensando ai rischi. La libertà di espressione non può essere fermata in nome di un dogma. La satira esagera, allude, sottintende, è il suo modo di guardare il mondo».
Crede che questa tragedia innescherà forme di autocensura?
«Certo, si rischia che alimenti reazioni nazionaliste, che aiuti Salvini e Le Pen. Ma per quanto mi riguarda, dopo quello che è successo, ho ancora più voglia di dire la mia. Non dobbiamo permettere che il riso venga soffocato. Il mondo auspicato da questi fondamentalisti è di una tristezza terribile. Hanno colpito Parigi come simbolo della laicità e della democrazia».
Bobo che direbbe?
«Si sentirebbe orgoglioso di appartenere a una schiera di personaggi di carta che muoiono per il diritto di parlare».
Una vignetta di Wolinski che ricorda.
«Un operaio con una ragazza bellissima seduta sulle ginocchia e la frase: “Nulla è troppo per la classe operaia”».
Sergio Staino
“Piango l’amico Georges uomo libero contro i dogmi”
intervista di Raffaella De Santis
LA LORO è stata una grande amicizia. Georges Wolinski per Sergio Staino non era solo un collega. Il loro primo incontro risale a più di trent’anni fa. Wolinski allora era noto per il personaggio di Paulette, ricca ereditiera orgogliosamente comunista. Ad unirli una satira corrosiva, un’ironia dissacrante e politicamente scorretta.
A quando risale la vostra amicizia?
«Ai tempi di Linus. Collaboravamo entrambi alla rivista. Wolinski era per me, insieme a Reiser, un mito. Così un giorno andai a Parigi e gli suonai al campanello. Poi nel corso degli anni è venuto spesso a mia casa in Toscana, insieme abbiamo fatto un viaggio a Cuba negli anni ‘90. Ha anche partecipato al mio film Non chiamarmi Omar, nella parte di un giornalista erotomane. Gli piaceva ridere sul sesso».
Quali sono i limiti alla libertà di critica?
«Wolinski era un antidogmatico, un anarchico di sinistra. Le sue storie erano certamente molto feroci, ma è la satira stessa a richiedere questo atteggiamento. La satira è per sua natura seminatrice di dubbi. La sua arma è l’intelligenza e in questo fa più male di un fucile o di una bomba».
Charlie Hebdo era nel mirino dei fondamentalisti. Ne avevate mai parlato?
«No, non discutevamo di questo. Nessun vignettista lavora pensando ai rischi. La libertà di espressione non può essere fermata in nome di un dogma. La satira esagera, allude, sottintende, è il suo modo di guardare il mondo».
Crede che questa tragedia innescherà forme di autocensura?
«Certo, si rischia che alimenti reazioni nazionaliste, che aiuti Salvini e Le Pen. Ma per quanto mi riguarda, dopo quello che è successo, ho ancora più voglia di dire la mia. Non dobbiamo permettere che il riso venga soffocato. Il mondo auspicato da questi fondamentalisti è di una tristezza terribile. Hanno colpito Parigi come simbolo della laicità e della democrazia».
Bobo che direbbe?
«Si sentirebbe orgoglioso di appartenere a una schiera di personaggi di carta che muoiono per il diritto di parlare».
Una vignetta di Wolinski che ricorda.
«Un operaio con una ragazza bellissima seduta sulle ginocchia e la frase: “Nulla è troppo per la classe operaia”».
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Re: La crisi dell'Europa
Giovedì ore 21.10
LIBERTÉ, ÉGALITÉ, FRATERNITÉ!
Tra gli ospiti della puntata il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ed il direttore de Il Foglio, Giuliano Ferrara
Segui la diretta
LIBERTÉ, ÉGALITÉ, FRATERNITÉ!
Tra gli ospiti della puntata il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ed il direttore de Il Foglio, Giuliano Ferrara
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Re: La crisi dell'Europa
Repubblica 9.1.15
Cacciari: “Politica di accoglienza o avremo il conflitto in Europa”
intervista di Rodolfo Sala
MILANO «I fatti orrendi di Parigi dovrebbero imporre a tutti noi di ragionare alla grande, ma in questo clima sono in pochi a ragionare, soprattutto in Italia. Il livello del dibattito è deprimente». Lo dice il filosofo Massimo Cacciari
E quale sarebbe, professore, la prima riflessione da fare?
«Negli ultimi venti-trent’anni abbiamo vissuto tutti nell’illusione che la storia potesse in qualche modo cancellare la propria dimensione tragica. Che la nostra Penisola potesse restare fuori dalle trasformazioni epocali che hanno rivoluzionato la geopolitica e prodotto una serie di conflitti (Afghanistan, Iraq, la questione irrisolta dei rapporti tra Israele e palestinesi) che anche per colpa dell’Occidente restano pesantemente irrisolti».
Risultato?
«Vedo un rischio terribile e concreto. Il rischio di una guerra civile in Europa. Mi spiego: dobbiamo tenere presente che nel 2050 la metà della popolazione del nostro continente sarà di origine extracomunitaria, quindi è impensabile ritenerci in guerra, noi europei, con l’altra parte, con il mondo islamico. Per questo dico che bisogna ragionare alla grande. Il problema è con chi».
A che cosa allude?
«In Europa, per non dire dell’Italia, in questo momento c’è una deficienza paurosa di personale politico in grado di affrontare il problema. Qui non c’è un’Europa in guerra, ci sono conflitti da disinnescare anche con le armi dell’intelligenza. E con la consapevolezza che si tratta di un processo lungo, difficile, faticoso. Ma non c’è alternativa, altrimenti si va dritti verso quello scontro di civiltà a cui puntano proprio i terroristi».
Le armi dell’intelligenza, lei dice...
«Certo. Se durante il secondo conflitto mondiale ci fosse stato solo il generale Patton, e non anche la lungimiranza di leader come Churchill e Roosevelt, avrebbe vinto Hitler. Affontare il problema solo dal lato della semplice repressione non basta, non può bastare. Anche se questi islamisti hanno compiuto un indiscutibile salto di qualità».
In che senso?
«Non siamo in presenza del kamikaze solitario, della bomba anonima. Le azioni come quella di Parigi sono programmate con una logica militare che punta, voglio ripeterlo, allo scontro di civiltà».
Quindi?
«Fino a quando la nostra democrazia non dimostrerà di essere accogliente, e continuerà con le disuguaglianze, questo tipo di terrorismo troverà sempre terreno favorevole. Sullo scenario europeo, ora si pensa di far fuori la Grecia, mentre si allargano i confini dell’Unione alla Lituania: è pazzesco».
Ma i toni salgono, Salvini dice che siamo in guerra...
«Una battuta che si commenta da sé, sotto il profilo culturale. Sarebbe un errore madornale additare nell’Islam il nemico, il modo per moltiplicare gli jihadisti».
Aggiunge che il Papa non deve dialogare con l’Islam...
«Figuriamoci che cosa importa al Pontefice delle parole di Salvini. Che insieme alla Le Pen sta facendo di tutto per ostacolare il dialogo. Se si votasse domani la Lega e il Front national prenderebbero una valanga di voti. Sarebbe pericolosissimo, allora sì che saremmo in guerra. Certo, poi occorre realismo ».
E cioè?
«Riconoscere che fino a quando non sarà abbattuto lo Stato islamico dobbiamo aspettarci il peggio. Ma lo si abbatte solo se non si invoca il conflitto di civiltà. Purtroppo quando la storia appare tragica si fa molto fatica a ragionare. È del tutto logico, e porta anche voti: ma è anche pericolosissimo. Bisognerebbe fare un grande sforzo a partire da noi italiani, non credo sia inutile. In fin dei conti, con la storia che abbiamo, dovremmo essere vaccinati. Anche se adesso non pare così»
Cacciari: “Politica di accoglienza o avremo il conflitto in Europa”
intervista di Rodolfo Sala
MILANO «I fatti orrendi di Parigi dovrebbero imporre a tutti noi di ragionare alla grande, ma in questo clima sono in pochi a ragionare, soprattutto in Italia. Il livello del dibattito è deprimente». Lo dice il filosofo Massimo Cacciari
E quale sarebbe, professore, la prima riflessione da fare?
«Negli ultimi venti-trent’anni abbiamo vissuto tutti nell’illusione che la storia potesse in qualche modo cancellare la propria dimensione tragica. Che la nostra Penisola potesse restare fuori dalle trasformazioni epocali che hanno rivoluzionato la geopolitica e prodotto una serie di conflitti (Afghanistan, Iraq, la questione irrisolta dei rapporti tra Israele e palestinesi) che anche per colpa dell’Occidente restano pesantemente irrisolti».
Risultato?
«Vedo un rischio terribile e concreto. Il rischio di una guerra civile in Europa. Mi spiego: dobbiamo tenere presente che nel 2050 la metà della popolazione del nostro continente sarà di origine extracomunitaria, quindi è impensabile ritenerci in guerra, noi europei, con l’altra parte, con il mondo islamico. Per questo dico che bisogna ragionare alla grande. Il problema è con chi».
A che cosa allude?
«In Europa, per non dire dell’Italia, in questo momento c’è una deficienza paurosa di personale politico in grado di affrontare il problema. Qui non c’è un’Europa in guerra, ci sono conflitti da disinnescare anche con le armi dell’intelligenza. E con la consapevolezza che si tratta di un processo lungo, difficile, faticoso. Ma non c’è alternativa, altrimenti si va dritti verso quello scontro di civiltà a cui puntano proprio i terroristi».
Le armi dell’intelligenza, lei dice...
«Certo. Se durante il secondo conflitto mondiale ci fosse stato solo il generale Patton, e non anche la lungimiranza di leader come Churchill e Roosevelt, avrebbe vinto Hitler. Affontare il problema solo dal lato della semplice repressione non basta, non può bastare. Anche se questi islamisti hanno compiuto un indiscutibile salto di qualità».
In che senso?
«Non siamo in presenza del kamikaze solitario, della bomba anonima. Le azioni come quella di Parigi sono programmate con una logica militare che punta, voglio ripeterlo, allo scontro di civiltà».
Quindi?
«Fino a quando la nostra democrazia non dimostrerà di essere accogliente, e continuerà con le disuguaglianze, questo tipo di terrorismo troverà sempre terreno favorevole. Sullo scenario europeo, ora si pensa di far fuori la Grecia, mentre si allargano i confini dell’Unione alla Lituania: è pazzesco».
Ma i toni salgono, Salvini dice che siamo in guerra...
«Una battuta che si commenta da sé, sotto il profilo culturale. Sarebbe un errore madornale additare nell’Islam il nemico, il modo per moltiplicare gli jihadisti».
Aggiunge che il Papa non deve dialogare con l’Islam...
«Figuriamoci che cosa importa al Pontefice delle parole di Salvini. Che insieme alla Le Pen sta facendo di tutto per ostacolare il dialogo. Se si votasse domani la Lega e il Front national prenderebbero una valanga di voti. Sarebbe pericolosissimo, allora sì che saremmo in guerra. Certo, poi occorre realismo ».
E cioè?
«Riconoscere che fino a quando non sarà abbattuto lo Stato islamico dobbiamo aspettarci il peggio. Ma lo si abbatte solo se non si invoca il conflitto di civiltà. Purtroppo quando la storia appare tragica si fa molto fatica a ragionare. È del tutto logico, e porta anche voti: ma è anche pericolosissimo. Bisognerebbe fare un grande sforzo a partire da noi italiani, non credo sia inutile. In fin dei conti, con la storia che abbiamo, dovremmo essere vaccinati. Anche se adesso non pare così»
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Re: La crisi dell'Europa
Io ho forti dubbi sulla collocazione religiosa, anche se fanatista, di questa guerra in corso.
E' falso, a mio avviso, l'assunto che la violenza parta da frange estreme dell'Islam. I botti sono stati innescati dai paesi occidentali che hanno rovesciato regimi anche socialisti, che hanno fomentato la guerra Iran-Iraq (da quest'ultima parte) per poi scaricare Saddam, che hanno fomentato i religiosi che combattevano l'URSS in Afghanistan gettando i semi per il regime talebano. Il tutto doverosamente condito da corruzione e stragi di civili. Il settarismo religioso identitario e il fanatismo che ne sono seguiti sono il frutto avvelenato di queste politiche, conditi dall'ambiguità di paesi come l'Arabia Saudita, formalmente alleato USA che finanzia qua e là gruppi e regimi integralisti. Addirittura gli stessi USA che prima forniscono armi agli oppositori di Assad e poi scoprono che questi vogliono formare il nuovo califfato.
E' falso, a mio avviso, l'assunto che la violenza parta da frange estreme dell'Islam. I botti sono stati innescati dai paesi occidentali che hanno rovesciato regimi anche socialisti, che hanno fomentato la guerra Iran-Iraq (da quest'ultima parte) per poi scaricare Saddam, che hanno fomentato i religiosi che combattevano l'URSS in Afghanistan gettando i semi per il regime talebano. Il tutto doverosamente condito da corruzione e stragi di civili. Il settarismo religioso identitario e il fanatismo che ne sono seguiti sono il frutto avvelenato di queste politiche, conditi dall'ambiguità di paesi come l'Arabia Saudita, formalmente alleato USA che finanzia qua e là gruppi e regimi integralisti. Addirittura gli stessi USA che prima forniscono armi agli oppositori di Assad e poi scoprono che questi vogliono formare il nuovo califfato.
Renzi elenca i successi del governo. “Sarò breve”.
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Re: La crisi dell'Europa
Concordo Flavio.
La situazione non è più lineare.
Ma già dagli anni 80.
Forse la "rottura" c'è stata con la fondazione dello Stato di Israele.
E tuttavia i semi del fondamentalismo islamico erano già li.
Il Pakistan nacque ai tempi di Ghandi (anni 50?) allorchè una parte della popolazione panindiana volle vivere "separata" dagli indu.
E indubbiamente negli anni 70 cominciò a diffondersi la "corrente wahabita" (si scrive così?) che dall'Arabia Saudita
(con tanto di finanziamenti legati ai petroldollari) cominciò a diffondersi in tutto l'oriente.
Poi ci furono i mujaheddin afgani.
Nel mentre il problema palestinese incancreniva.
Fino ai giorni nostri, dove ci troviamo con i cosiddetti "moderati islamici" completamente sopraffatti a casa loro tanto che abbiamo uno stato di guerra permanente dalla Siria alla Nigeria.
E non contenti sbagliamo pure grossolanamente l'analisi geopolitica a non capire che:
- se da un lato le "guerre di civiltà" sono benzina sul fuoco
- dall'altro certe "dittature sanguinarie da abbattere", dai sovietici in afganistan, a Assad, a Gheddafi, forse sono un male minore rispetto ai tagliatori di teste
Adesso il fondamentalismo islamico a casa nostra dobbiamo, a mio avviso, vederlo come un riflesso di una guerra mondiale islamica in corso.
Dalla Siria alla Tunisia.
Dalla Nigeria al Sudan.
Dal Pakistan all'Indonesia.
Nel nostro piccolo lo si combatte, sempre a mio avviso:
1. controllando cosa si insegna nelle moschee
2. schedando i soggetti a rischio come si è fatto a suo tempo con mafiosi e terroristi
3. agendo preventivamente (come, ancora, a suo tempo si fece coi terroristi)
4. integrando gli immigrati nel rispetto di Costituzione e Leggi
Rimane tuttavia il fatto che a livello geopolitico abbiamo davvero una guerra mondiale alle nostre porte.
Che forse si è finora mantenuta a "bassa intensità" solo per via del petrolio.
Per quanti decenni vogliamo ancora andare avanti così?
Coi proventi del petrolio che finanzianoo regimi corrotti o regimi che fomentano il fondamentalismo
fino ad avere 500-600 milioni di persone che vivono costantemente sotto minaccia alla loro vita?
Per forza poi abbiamo grandi flussi di immigrati.
Per forza poi nei grandi numeri ci troviamo criminali e terroristi.
Per forza poi l'ideologia dell'odio si diffonde anche qua da noi fra i NOSTRI giovani islamici.
Ho scritto NOSTRI: dobbiamo cominciare a considerare gli immigrati un problema NOSTRO.
Non LORO, degli immigrati, dei "loro genitori che non li curano", della UE o dei loro paesi di provenienza.
Saluti.
soloo42000
La situazione non è più lineare.
Ma già dagli anni 80.
Forse la "rottura" c'è stata con la fondazione dello Stato di Israele.
E tuttavia i semi del fondamentalismo islamico erano già li.
Il Pakistan nacque ai tempi di Ghandi (anni 50?) allorchè una parte della popolazione panindiana volle vivere "separata" dagli indu.
E indubbiamente negli anni 70 cominciò a diffondersi la "corrente wahabita" (si scrive così?) che dall'Arabia Saudita
(con tanto di finanziamenti legati ai petroldollari) cominciò a diffondersi in tutto l'oriente.
Poi ci furono i mujaheddin afgani.
Nel mentre il problema palestinese incancreniva.
Fino ai giorni nostri, dove ci troviamo con i cosiddetti "moderati islamici" completamente sopraffatti a casa loro tanto che abbiamo uno stato di guerra permanente dalla Siria alla Nigeria.
E non contenti sbagliamo pure grossolanamente l'analisi geopolitica a non capire che:
- se da un lato le "guerre di civiltà" sono benzina sul fuoco
- dall'altro certe "dittature sanguinarie da abbattere", dai sovietici in afganistan, a Assad, a Gheddafi, forse sono un male minore rispetto ai tagliatori di teste
Adesso il fondamentalismo islamico a casa nostra dobbiamo, a mio avviso, vederlo come un riflesso di una guerra mondiale islamica in corso.
Dalla Siria alla Tunisia.
Dalla Nigeria al Sudan.
Dal Pakistan all'Indonesia.
Nel nostro piccolo lo si combatte, sempre a mio avviso:
1. controllando cosa si insegna nelle moschee
2. schedando i soggetti a rischio come si è fatto a suo tempo con mafiosi e terroristi
3. agendo preventivamente (come, ancora, a suo tempo si fece coi terroristi)
4. integrando gli immigrati nel rispetto di Costituzione e Leggi
Rimane tuttavia il fatto che a livello geopolitico abbiamo davvero una guerra mondiale alle nostre porte.
Che forse si è finora mantenuta a "bassa intensità" solo per via del petrolio.
Per quanti decenni vogliamo ancora andare avanti così?
Coi proventi del petrolio che finanzianoo regimi corrotti o regimi che fomentano il fondamentalismo
fino ad avere 500-600 milioni di persone che vivono costantemente sotto minaccia alla loro vita?
Per forza poi abbiamo grandi flussi di immigrati.
Per forza poi nei grandi numeri ci troviamo criminali e terroristi.
Per forza poi l'ideologia dell'odio si diffonde anche qua da noi fra i NOSTRI giovani islamici.
Ho scritto NOSTRI: dobbiamo cominciare a considerare gli immigrati un problema NOSTRO.
Non LORO, degli immigrati, dei "loro genitori che non li curano", della UE o dei loro paesi di provenienza.
Saluti.
soloo42000
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Re: La crisi dell'Europa
Secondo me se facciamo bene i conti siamo NOI il problema.
Sono sicuro che se andiamo a vedere tutte le stragi compiute dagli angloamericani (od occidentali in generale), la corruzione diffusa, i regimi golpisti o paramilitari appoggiati, le bombe intelligenti "sbagliate", le mine antiuomo, le bombe al fosforo, l'uranio, le altre armi non convenzionali, torture, etc. il totale di morti e feriti è di ordini di grandezza ben superiore alla somma di tutti gli attentati terroristici (o meglio classificati ufficialmente come tali). Basterebbe Gaza, da sola.
Sono sicuro che se andiamo a vedere tutte le stragi compiute dagli angloamericani (od occidentali in generale), la corruzione diffusa, i regimi golpisti o paramilitari appoggiati, le bombe intelligenti "sbagliate", le mine antiuomo, le bombe al fosforo, l'uranio, le altre armi non convenzionali, torture, etc. il totale di morti e feriti è di ordini di grandezza ben superiore alla somma di tutti gli attentati terroristici (o meglio classificati ufficialmente come tali). Basterebbe Gaza, da sola.
Renzi elenca i successi del governo. “Sarò breve”.
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Re: La crisi dell'Europa
putin e i licenziamenti e il ruolo dello stato
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