SACRO & PROFANO, TRA FEDE ED ATEISMO CON UNA VIA DI MEZZO.
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Re: SACRO & PROFANO, TRA FEDE ED ATEISMO CON UNA VIA DI MEZZ
Catena profetica iniziata con Adamo e continuata con Noè, Abramo, Mosè e Gesù. E Maometto.
Dio manda l'Arcangelo Gabriele, il suo eroe, a portare il Corano a Maometto, e ad annunciare la nascita di Gesù.
C'è differenza tra islam e islamismo (!)
islam: in senso letterale significa sottomissione, abbandono o obbedienza a Dio.
islam sunnita
islam sciita
gli sciiti si dividono in: un gruppo maggioritario (duodecimano o imamita o ithna-ashariyya); un gruppo minoritario (ismailita, o settimano o saba?iyya); gruppi di Ismaeliti; un gruppo più esiguo, detto "zaydita";
i kharigiti, che si dividevano in numerosi sottogruppi: sufriti, Azraqiti, Najadat, Nukkariti di cui sussistono solo gli ibaditi.
Di derivazione islamica, ma considerati eterodossi, sono invece: gli Alawiti, i drusi, i bahá'í, gemmati fal Babismo,
gli aleviti, appartenenti a una setta minoritaria d'ispirazione sciita duodecimana, ma con forti aspetti prossimi allo gnosticismo (15% della popolazione in Turchia).
Gli Ahl-e ?aqq, presenti in Iraq e in Iran, di ispirazione sciita ma marcatamente eterodossa.
Gli A?madiyya di Qadyan ; i Sikh, considerati appartenenti a una religione completamente distaccata dall'Islam, e non una sua eterodossia.
Gli yazidi.
La Nation of Islam presente negli Stati Uniti, di ispirazione sunnita ma marcatamente eterodossa, tanto da essere considerati dagli storici delle religioni come appartenenti a una religione ormai completamente distaccata dall'Islam, e non una sua eterodossia.
I Mutaziliti
il Vangelo (chiamato Injil);
i Salmi (chiamati al-Zabur);
la Torah (chiamata Tawra);
l'Avesta zoroastriano.
E poi:
Protestantesimo: chiese anglicana, della Confessio augustana o luterane, riformate o calviniste;
Chiese libere: anabattista, mennonita, amish, quacchera, unitariana, ecc.
I valdesi, le chiese evangeliche o autodenominate soltanto "cristiane".
Chiesa ortodossa copta
Chiese orientali antiche: non calcedoniane.
Le "Chiese dei due concili" sono le cosiddette chiese nestoriane: apostolica assira d'Oriente, cn due branche: un patriarca catholicos a Kotchanès (Iran); un patriarca a Baghdad (Iraq);Chiesa ortodossa siro-malabarese.
Le "Chiese dei tre concili"
Le Chiese ortodosse copta, etiopica, eritrea; siriaca (detta un tempo "giacobita"), siro-malankarese, apostolica armena.
Chiesa di Cristo, i testimoni di Geova e i mormoni. Chiesa apostolica cattolica romana.
E meno male che ci sono i culti estinti:
Tra quelli cristiani: gli ebioniti (derivazione del giudeo-cristianesimo): sostenevano che Gesù non era figlio di Dio, ma piuttosto un uomo comune che era profeta (mi so' simpatici). Questi gruppi rigettavano completamente le dottrine di Paolo di Tarso, considerato un impostore, (mi so' ri-simpatici)
I catari; la chiesa marcionita, i montanisti, l'arianesimo.
Tutto questo è preso da wikipedia, dove c'è molto altro ancora.
---------------
Secondo me tutto sto' casino l'ha fatto l'uomo. Adesso che ci sono le videocamere non si vede più nessuno, solo qualche statua che piange.
Ma anche io rispetto chi 'crede'. Ma chi crede davvero, non chi pecca durante la settimana e si pente la domenica. Salvo poi riprendere a peccare il lunedì.
Se teniamo fuori dalle regole di convivenza civile, a cui ci costringe la nostra presenza su questa Terra, i credo e le ideologie, forse riusciamo a vivere meglio.
cardif
Dio manda l'Arcangelo Gabriele, il suo eroe, a portare il Corano a Maometto, e ad annunciare la nascita di Gesù.
C'è differenza tra islam e islamismo (!)
islam: in senso letterale significa sottomissione, abbandono o obbedienza a Dio.
islam sunnita
islam sciita
gli sciiti si dividono in: un gruppo maggioritario (duodecimano o imamita o ithna-ashariyya); un gruppo minoritario (ismailita, o settimano o saba?iyya); gruppi di Ismaeliti; un gruppo più esiguo, detto "zaydita";
i kharigiti, che si dividevano in numerosi sottogruppi: sufriti, Azraqiti, Najadat, Nukkariti di cui sussistono solo gli ibaditi.
Di derivazione islamica, ma considerati eterodossi, sono invece: gli Alawiti, i drusi, i bahá'í, gemmati fal Babismo,
gli aleviti, appartenenti a una setta minoritaria d'ispirazione sciita duodecimana, ma con forti aspetti prossimi allo gnosticismo (15% della popolazione in Turchia).
Gli Ahl-e ?aqq, presenti in Iraq e in Iran, di ispirazione sciita ma marcatamente eterodossa.
Gli A?madiyya di Qadyan ; i Sikh, considerati appartenenti a una religione completamente distaccata dall'Islam, e non una sua eterodossia.
Gli yazidi.
La Nation of Islam presente negli Stati Uniti, di ispirazione sunnita ma marcatamente eterodossa, tanto da essere considerati dagli storici delle religioni come appartenenti a una religione ormai completamente distaccata dall'Islam, e non una sua eterodossia.
I Mutaziliti
il Vangelo (chiamato Injil);
i Salmi (chiamati al-Zabur);
la Torah (chiamata Tawra);
l'Avesta zoroastriano.
E poi:
Protestantesimo: chiese anglicana, della Confessio augustana o luterane, riformate o calviniste;
Chiese libere: anabattista, mennonita, amish, quacchera, unitariana, ecc.
I valdesi, le chiese evangeliche o autodenominate soltanto "cristiane".
Chiesa ortodossa copta
Chiese orientali antiche: non calcedoniane.
Le "Chiese dei due concili" sono le cosiddette chiese nestoriane: apostolica assira d'Oriente, cn due branche: un patriarca catholicos a Kotchanès (Iran); un patriarca a Baghdad (Iraq);Chiesa ortodossa siro-malabarese.
Le "Chiese dei tre concili"
Le Chiese ortodosse copta, etiopica, eritrea; siriaca (detta un tempo "giacobita"), siro-malankarese, apostolica armena.
Chiesa di Cristo, i testimoni di Geova e i mormoni. Chiesa apostolica cattolica romana.
E meno male che ci sono i culti estinti:
Tra quelli cristiani: gli ebioniti (derivazione del giudeo-cristianesimo): sostenevano che Gesù non era figlio di Dio, ma piuttosto un uomo comune che era profeta (mi so' simpatici). Questi gruppi rigettavano completamente le dottrine di Paolo di Tarso, considerato un impostore, (mi so' ri-simpatici)
I catari; la chiesa marcionita, i montanisti, l'arianesimo.
Tutto questo è preso da wikipedia, dove c'è molto altro ancora.
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Secondo me tutto sto' casino l'ha fatto l'uomo. Adesso che ci sono le videocamere non si vede più nessuno, solo qualche statua che piange.
Ma anche io rispetto chi 'crede'. Ma chi crede davvero, non chi pecca durante la settimana e si pente la domenica. Salvo poi riprendere a peccare il lunedì.
Se teniamo fuori dalle regole di convivenza civile, a cui ci costringe la nostra presenza su questa Terra, i credo e le ideologie, forse riusciamo a vivere meglio.
cardif
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Re: SACRO & PROFANO, TRA FEDE ED ATEISMO CON UNA VIA DI MEZZ
camillobensoNon mi tornano i conti quando i cattolici più convinti, cercano di farmi accettare che Dio “è amore”.
Certamente se pensiamo all'onnipotenza di Dio e alle atrocità che l'uomo compie da sempre ed ancora continua imperterrito a compierne,
le due cose sembrano inconciliabili.
Dio a-more e Dio-onnipotente c'è un apparente contraddizione, ma a mio avviso è solo apparente appunto.
Cosa dovrebbe fare Dio-amore? Dovrebbe intervenire e punire i “malvagi” per difendere e premiare i “buoni”, ma una tale ingerenza farebbe dell'uomo,
sua amata creatura, inevitabilmente una creatura limitata nella sua libertà, burattino nelle mani di un burattinaio, un robot dunque.
L'uomo può essere una creatura nobile, veramente ad immagine e somiglianza del suo Creatore, o essere tragicamente un miserabile
capace dei delitti più efferati.
Dio non si impone per forza (dove sarebbe il merito da parte dell'uomo onesto e virtuoso?) aspetta che le scelte siano tutte a discrezione
dell'uomo che ne è l'unico responsabile.
camillobensoQuesta vita è contemporaneamente il paradiso per alcuni, come in questo caso la chiesa ortodossa, e l’inferno per tantissimi altri
Caro camillo, penso che probabilmente la felicità piena non è di questo mondo, al massimo si può arrivare ad essere sereni e la serenità
e data dalla consapevolezza di aver in qualche modo contribuito al bene comune, a non aver usato violenza né al prossimo né alla natura.
Quale “paradiso” si può godere da una abbondanza di beni che sono frutto di rapina e di sopraffazione?
Che vita è quella di vivere satolli in mezzo ad affamati?
Un saluto erding
Ultima modifica di erding il 25/02/2015, 0:42, modificato 2 volte in totale.
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Re: SACRO & PROFANO, TRA FEDE ED ATEISMO CON UNA VIA DI MEZZ
una sintesi
Le conclusioni sono che 1) la retribuzione non è il movente principale che spinge ad arruolarsi nelle milizie islamiche (Rand afferma che il reddito di un combattente è di gran lunga inferiore a quello percepito dalla media delle famiglie nelle regioni interessate, mentre le probabilità di morte sono assai superiori); 2) i terroristi hanno livelli d’istruzione e patrimonio superiori alle attese, il che indebolisce le teorie che spiegano la partecipazione alla militanza con una carenza finanziaria, una instabilità mentale o una scarsa educazione: non sono emarginazione, follia, povertà a motivare i volontari.
Insomma queste nuove “brigate internazionali” sono un fenomeno che va preso sul serio e che pone un interrogativo ancora più serio. Non dimentichiamo che i primi “volontari stranieri” moderni furono coloro che nel primo ’800 andarono a combattere e morire per l’indipendenza della Grecia cristiana dall’islamico impero ottomano. I più famosi furono il conte italiano Santorre di Santarosa (morto a Sfacteria nel 1821) e il poeta inglese George Byron (morto a Missolungi nel 1824). Il simbolo del volontariato internazionale ottocentesco fu Giuseppe Garibaldi non a caso chiamato “l’eroe dei due mondi” perché combatté in Brasile, Uruguay, Italia e Francia (nel 1871, contro i tedeschi).
C’è una novità enorme nella motivazione di questo nuovo volontariato internazionale. Non è più l’irredentismo patriottico o la solidarietà di classe, ma è un nuovo irredentismo religioso che vuole liberarsi dal giogo degli infedeli occidentali. I volontari europei dell’Isis potrebbero far proprie le parole di Barrault, solo che al posto dell’umanità porrebbero l’Islam.
L’interrogativo è allora: come è avvenuto che a motivare il sacrificio di tanta gioventù europea non sia più l’umanità, la patria, il socialismo, ma la religione? Che cosa abbiamo fatto a questi ragazzi per portarli a questo punto? Quello che fa imbestialire nel discorso dominante sul fondamentalismo islamico, soprattutto quello in Europa, è che glissa sulle cause strutturali, sull’alienazione sociale e riduce tutto a un’improbabile e inutile categoria di “insania e fanatismo”.
E che all’Isis tanto insani non siano, lo dimostra il fatto che con due “sole” decapitazioni pubbliche un gruppo di scalzacani è riuscito a farsi riconoscere come il nemico principale della maggiore superpotenza mondiale.
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Mi sembra chiaro che questo un nuovo irredentismo religioso contro gli occidentali vada combattuto soprattutto
sul loro terreno. Non dimentichiamo che l'impatto dei volontari quando arrivano sul campo deve essere tremendo
( leggo di 200 volontari uccisi perché volevano tornare indietro, a quelli che combattono viene data droga e viagra)
Primo punto : chi dà loro la certezza di un premio nell'al di là ?
sospendo
Quelli che vanno a combattere con l’Isis, perché lo fanno?
Questo pezzo è uscito in Germania sulla TAZ. Ringraziamo l’autore e la testata.
di Marco D’Eramo
È straordinario come nessuno si soffermi davvero a chiedersi perché tanti giovani che vivono in Europa, Canada, Australia, persino Cina, vadano ad arruolarsi per combattere in Siria e in Iraq con il cosiddetto Stato islamico (Isis), o con altre milizie musulmane. Nei giorni scorsi il New York Times ha pubblicato un diagramma impressionante sulla provenienza geografica dei volontari stranieri presenti sul terreno. Le cifre sono sempre scivolose e spesso contraddittorie, ma la presenza straniera in Siria e Iraq è valutata intorno ai 17.000 combattenti (la confusione nasce perché alcune stime si riferiscono al solo Iraq o alla sola Siria, alcune al solo Isis, altre all’intera galassia di gruppi combattenti nei due paesi). I contingenti più nutriti provengono naturalmente dalla Cecenia e Nord Caucaso (circa 9.000) e dalla Turchia (1.000), dove l’Islam è religione dominante, come in Kosovo (400 volontari), ma ben 1.900 vengono dall’Europa occidentale (700 dalla sola Francia, 340 dalla Gran Bretagna, una sessantina dall’Irlanda), un centinaio dagli Usa, e tra i 50 e i 100 persino dall’Australia. L’interpretazione corrente è che questi volontari siano emarginati e fanatici, cioè “pazzi".
Le conclusioni sono che 1) la retribuzione non è il movente principale che spinge ad arruolarsi nelle milizie islamiche (Rand afferma che il reddito di un combattente è di gran lunga inferiore a quello percepito dalla media delle famiglie nelle regioni interessate, mentre le probabilità di morte sono assai superiori); 2) i terroristi hanno livelli d’istruzione e patrimonio superiori alle attese, il che indebolisce le teorie che spiegano la partecipazione alla militanza con una carenza finanziaria, una instabilità mentale o una scarsa educazione: non sono emarginazione, follia, povertà a motivare i volontari.
Insomma queste nuove “brigate internazionali” sono un fenomeno che va preso sul serio e che pone un interrogativo ancora più serio. Non dimentichiamo che i primi “volontari stranieri” moderni furono coloro che nel primo ’800 andarono a combattere e morire per l’indipendenza della Grecia cristiana dall’islamico impero ottomano. I più famosi furono il conte italiano Santorre di Santarosa (morto a Sfacteria nel 1821) e il poeta inglese George Byron (morto a Missolungi nel 1824). Il simbolo del volontariato internazionale ottocentesco fu Giuseppe Garibaldi non a caso chiamato “l’eroe dei due mondi” perché combatté in Brasile, Uruguay, Italia e Francia (nel 1871, contro i tedeschi).
C’è una novità enorme nella motivazione di questo nuovo volontariato internazionale. Non è più l’irredentismo patriottico o la solidarietà di classe, ma è un nuovo irredentismo religioso che vuole liberarsi dal giogo degli infedeli occidentali. I volontari europei dell’Isis potrebbero far proprie le parole di Barrault, solo che al posto dell’umanità porrebbero l’Islam.
L’interrogativo è allora: come è avvenuto che a motivare il sacrificio di tanta gioventù europea non sia più l’umanità, la patria, il socialismo, ma la religione? Che cosa abbiamo fatto a questi ragazzi per portarli a questo punto? Quello che fa imbestialire nel discorso dominante sul fondamentalismo islamico, soprattutto quello in Europa, è che glissa sulle cause strutturali, sull’alienazione sociale e riduce tutto a un’improbabile e inutile categoria di “insania e fanatismo”.
E che all’Isis tanto insani non siano, lo dimostra il fatto che con due “sole” decapitazioni pubbliche un gruppo di scalzacani è riuscito a farsi riconoscere come il nemico principale della maggiore superpotenza mondiale.
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Mi sembra chiaro che questo un nuovo irredentismo religioso contro gli occidentali vada combattuto soprattutto
sul loro terreno. Non dimentichiamo che l'impatto dei volontari quando arrivano sul campo deve essere tremendo
( leggo di 200 volontari uccisi perché volevano tornare indietro, a quelli che combattono viene data droga e viagra)
Primo punto : chi dà loro la certezza di un premio nell'al di là ?
sospendo
Quelli che vanno a combattere con l’Isis, perché lo fanno?
Questo pezzo è uscito in Germania sulla TAZ. Ringraziamo l’autore e la testata.
di Marco D’Eramo
È straordinario come nessuno si soffermi davvero a chiedersi perché tanti giovani che vivono in Europa, Canada, Australia, persino Cina, vadano ad arruolarsi per combattere in Siria e in Iraq con il cosiddetto Stato islamico (Isis), o con altre milizie musulmane. Nei giorni scorsi il New York Times ha pubblicato un diagramma impressionante sulla provenienza geografica dei volontari stranieri presenti sul terreno. Le cifre sono sempre scivolose e spesso contraddittorie, ma la presenza straniera in Siria e Iraq è valutata intorno ai 17.000 combattenti (la confusione nasce perché alcune stime si riferiscono al solo Iraq o alla sola Siria, alcune al solo Isis, altre all’intera galassia di gruppi combattenti nei due paesi). I contingenti più nutriti provengono naturalmente dalla Cecenia e Nord Caucaso (circa 9.000) e dalla Turchia (1.000), dove l’Islam è religione dominante, come in Kosovo (400 volontari), ma ben 1.900 vengono dall’Europa occidentale (700 dalla sola Francia, 340 dalla Gran Bretagna, una sessantina dall’Irlanda), un centinaio dagli Usa, e tra i 50 e i 100 persino dall’Australia. L’interpretazione corrente è che questi volontari siano emarginati e fanatici, cioè “pazzi".
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Re: SACRO & PROFANO, TRA FEDE ED ATEISMO CON UNA VIA DI MEZZ
Io penso che la masnada di mercenari al servizio del dittatore di turno faceva quel che voleva con la popolazione in Iraq, Siria e Libia, e che quando si è trovata senza "paga ufficiale" si sia data da fare a saccheggiare ed a violentare con la "scusa migliore del mondo": quella della difesa della propria religione. Stavolta è stato sbandierato il Corano, ma non dimentichiamoci che meno di un millennio fa altri hanno sbandierato il Vangelo per fare le stesse cose (se non peggio) a quelli che avevano beni e ricchezze negli stessi luoghi, ma anche in altri continenti.iospero ha scritto:Non è più l’irredentismo patriottico o la solidarietà di classe, ma è un nuovo irredentismo religioso che vuole liberarsi dal giogo degli infedeli occidentali. I volontari europei dell’Isis potrebbero far proprie le parole di Barrault, solo che al posto dell’umanità porrebbero l’Islam.
Le armi danno un "potere spropositato" soprattutto nei confronti dei civili inermi e delle donne: a coloro che le portano fanno "liberare" tutte le loro avidità e repressioni.
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Re: SACRO & PROFANO, TRA FEDE ED ATEISMO CON UNA VIA DI MEZZ
da IL Fatto Q
Jihadiste: spose e protagoniste dell’estremismo islamico
di Franco Rizzi | 24 febbraio 2015
Franco Rizzi
Storico e Segretario Generale di UNIMED
L’ambiguità è voluta ma cercherò di chiarirla. Non parlerò solo delle donne spose dei jihadisti, ma anche delle donne che autonomamente scelgono di aderire all’estremismo islamico. Un fenomeno quest’ultimo che è in continua crescita.
Mi sono chiesto: qual è l’ideale di uomo che la donna di religione islamica, religiosamente impegnata, cerca? Vi sono delle caratteristiche comuni a tutte le donne che cercano marito, musulmane e non, quali: l’onestà, l’essere un buon lavoratore, amare la famiglia? Scorrendo i siti dedicati ai musulmani per la ricerca di mariti e mogli, come ad esempio Index Nikah, si possono notare alcune differenze sostanziali con quelli frequentati dai non musulmani. Anzitutto è piuttosto raro che siano riprodotte le foto delle donne. Molto spesso è indicato il tipo di abbigliamento che la donna ha scelto: velo (hijab), velo integrale (niqab) o burqa. Un altro elemento che spesso caratterizza questi annunci è l’esclusione della poligamia. L’inserzione inizia sempre con un saluto ( As-Salamu ‘Alaykum ) e con una professione di fede: sono legata al mio creatore e al nostro ben amato Maometto, dice Farida, una ventottenne in cerca di marito. Le condizioni sono espressamente indicate, che l’uomo sia pio, praticante e che la sua vita si svolga in funzione della conquista del paradiso senza tralasciare i suoi doveri in terra. La forte carica di religiosità che caratterizza la futura unione è, come è ovvio, una delle chiavi interpretative per spiegare il sostegno delle donne a quei mariti che scelgono una deriva estremista. Non sono in prima fila, ma partecipano psicologicamente e alcune volte con aiuti logistici. La religione offre il substrato ideologico delle azioni violente e il convincimento che tutta la famiglia debba essere coinvolta in tale missione.
Ho detto, e voglio sottolinearlo, che è un fenomeno da prendere in considerazione senza abbandonarsi a facili automatismi. Questo, con tutta probabilità, è lo scenario del rapporto tra Coulibaly, l’assassino del supermarket kosher di Parigi, e sua moglie, Hayat Boumedienne. Le considerazioni che ho appena esposte valgono prevalentemente per i musulmani che vivono in Europa e meno per quelle donne che vivono nei paesi arabo-islamici anche se le distinzioni da fare sono molteplici, e variano da paese a paese. Ma questo ci porterebbe lontano dal nostro obbiettivo.
Donne a sostegno del jihad, ma anche donne protagoniste in prima persona, un fenomeno venuto alla ribalta in questi ultimi tempi anche se esempi similari si erano avuti già in Palestina tra il 2002 e 2006 e in Iraq tra il 2005 e il 2008. L’Isis nel 2014 ha creato due brigate femminili attive a Raqqa in Siria e ad al-Anbar in Iraq. In un articolo apparso in un giornale libanese “L’Orient Le Jour”, si stima che il 10% delle persone che lasciano l’Europa, l’America e l’Australia per combattere al fianco dei jihadisti, siano donne. L’Isis ha capito molto bene il ruolo delle donne, non solo come possibili combattenti, ma anche come madri e spose di jihadisti. Ha per di più creato un ufficio di accoglienza che si occupa di un più articolato indottrinamento e soprattutto di una preparazione al matrimonio come presupposto della costruzione di un nucleo familiare ubbidiente alla legge della sharia e pronto a fare proseliti per la causa: insieme ai loro mariti, le donne sono chiamate a costruire il Califfato. I luoghi della propaganda sono primariamente internet ed in particolare tutti i social network.
Abbiamo sufficiente materia per chiederci come mai questo fenomeno stia conquistando sempre più i giovani, ed in particolare le donne. Perché questa necessità di risposte “assolute ed immutabili” che si riscontra nelle motivazioni di tanti che vogliono lasciare il nostro modo di vita, perché questa pulsione di morte che spinge molte donne nelle braccia dei nuovi terroristi dell’Isis? Le risposte sono diverse, ma non è certo il tempo per liquidare la faccenda con qualche alzata di spalle, né tanto meno con soluzioni apparentemente radicali: facciamogli guerra, cacciamoli via, l’Italia agli italiani. Se non vogliamo che questo fenomeno si allarghi sempre più in Europa e altrove, occorre intervenire con tutti gli strumenti a nostra disposizione compresi quelli di intelligence, ma non solo. Bisogna che lo Stato promuova campagne di sensibilizzazione culturali, occorre che i mass media svolgano un ruolo che non sia quello di amplificare delle paure che ormai serpeggiano fra la gente. E’ necessario impegnare i musulmani, in particolare gli imam, perché abbiano sempre più la consapevolezza che questa è una battaglia di tutti contro l’estremismo omicida
Jihadiste: spose e protagoniste dell’estremismo islamico
di Franco Rizzi | 24 febbraio 2015
Franco Rizzi
Storico e Segretario Generale di UNIMED
L’ambiguità è voluta ma cercherò di chiarirla. Non parlerò solo delle donne spose dei jihadisti, ma anche delle donne che autonomamente scelgono di aderire all’estremismo islamico. Un fenomeno quest’ultimo che è in continua crescita.
Mi sono chiesto: qual è l’ideale di uomo che la donna di religione islamica, religiosamente impegnata, cerca? Vi sono delle caratteristiche comuni a tutte le donne che cercano marito, musulmane e non, quali: l’onestà, l’essere un buon lavoratore, amare la famiglia? Scorrendo i siti dedicati ai musulmani per la ricerca di mariti e mogli, come ad esempio Index Nikah, si possono notare alcune differenze sostanziali con quelli frequentati dai non musulmani. Anzitutto è piuttosto raro che siano riprodotte le foto delle donne. Molto spesso è indicato il tipo di abbigliamento che la donna ha scelto: velo (hijab), velo integrale (niqab) o burqa. Un altro elemento che spesso caratterizza questi annunci è l’esclusione della poligamia. L’inserzione inizia sempre con un saluto ( As-Salamu ‘Alaykum ) e con una professione di fede: sono legata al mio creatore e al nostro ben amato Maometto, dice Farida, una ventottenne in cerca di marito. Le condizioni sono espressamente indicate, che l’uomo sia pio, praticante e che la sua vita si svolga in funzione della conquista del paradiso senza tralasciare i suoi doveri in terra. La forte carica di religiosità che caratterizza la futura unione è, come è ovvio, una delle chiavi interpretative per spiegare il sostegno delle donne a quei mariti che scelgono una deriva estremista. Non sono in prima fila, ma partecipano psicologicamente e alcune volte con aiuti logistici. La religione offre il substrato ideologico delle azioni violente e il convincimento che tutta la famiglia debba essere coinvolta in tale missione.
Ho detto, e voglio sottolinearlo, che è un fenomeno da prendere in considerazione senza abbandonarsi a facili automatismi. Questo, con tutta probabilità, è lo scenario del rapporto tra Coulibaly, l’assassino del supermarket kosher di Parigi, e sua moglie, Hayat Boumedienne. Le considerazioni che ho appena esposte valgono prevalentemente per i musulmani che vivono in Europa e meno per quelle donne che vivono nei paesi arabo-islamici anche se le distinzioni da fare sono molteplici, e variano da paese a paese. Ma questo ci porterebbe lontano dal nostro obbiettivo.
Donne a sostegno del jihad, ma anche donne protagoniste in prima persona, un fenomeno venuto alla ribalta in questi ultimi tempi anche se esempi similari si erano avuti già in Palestina tra il 2002 e 2006 e in Iraq tra il 2005 e il 2008. L’Isis nel 2014 ha creato due brigate femminili attive a Raqqa in Siria e ad al-Anbar in Iraq. In un articolo apparso in un giornale libanese “L’Orient Le Jour”, si stima che il 10% delle persone che lasciano l’Europa, l’America e l’Australia per combattere al fianco dei jihadisti, siano donne. L’Isis ha capito molto bene il ruolo delle donne, non solo come possibili combattenti, ma anche come madri e spose di jihadisti. Ha per di più creato un ufficio di accoglienza che si occupa di un più articolato indottrinamento e soprattutto di una preparazione al matrimonio come presupposto della costruzione di un nucleo familiare ubbidiente alla legge della sharia e pronto a fare proseliti per la causa: insieme ai loro mariti, le donne sono chiamate a costruire il Califfato. I luoghi della propaganda sono primariamente internet ed in particolare tutti i social network.
Abbiamo sufficiente materia per chiederci come mai questo fenomeno stia conquistando sempre più i giovani, ed in particolare le donne. Perché questa necessità di risposte “assolute ed immutabili” che si riscontra nelle motivazioni di tanti che vogliono lasciare il nostro modo di vita, perché questa pulsione di morte che spinge molte donne nelle braccia dei nuovi terroristi dell’Isis? Le risposte sono diverse, ma non è certo il tempo per liquidare la faccenda con qualche alzata di spalle, né tanto meno con soluzioni apparentemente radicali: facciamogli guerra, cacciamoli via, l’Italia agli italiani. Se non vogliamo che questo fenomeno si allarghi sempre più in Europa e altrove, occorre intervenire con tutti gli strumenti a nostra disposizione compresi quelli di intelligence, ma non solo. Bisogna che lo Stato promuova campagne di sensibilizzazione culturali, occorre che i mass media svolgano un ruolo che non sia quello di amplificare delle paure che ormai serpeggiano fra la gente. E’ necessario impegnare i musulmani, in particolare gli imam, perché abbiano sempre più la consapevolezza che questa è una battaglia di tutti contro l’estremismo omicida
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Re: SACRO & PROFANO, TRA FEDE ED ATEISMO CON UNA VIA DI MEZZ
da http://www.liberoreporter.it/2015/01/pr ... lisis.html
Psicologia del fondamentalismo: così funziona la propaganda dell’ISIS
Se la semplicità e la certezza sono ciò che l’ISIS ha utilizzato nella propaganda, la contro-narrazione deve essere altrettanto semplice e priva di ambiguità; se la promessa di gloria e di affermazione costituiscono la motivazione che abbiamo analizzato, la contro-narrazione deve offrire parallelamente le stesse ricompense, anche se in un’altra forma.
Giovani uomini e donne potrebbero essere chiamati a mobilitarsi per difendere l’onore della loro religione, potrebbero essere incoraggiati a esprimere il loro disgusto circa le aggressioni brutali ed essere invitati a prevedere un impegno collettivo con un diverso scopo, ma attraverso una storia ugualmente appassionante.
La nuova narrativa dovrebbe essere presentata con coraggio e assertività; dovrebbe essere formulata utilizzando modelli carismatici che ispirano e sviluppano il comportamento pro-sociale. La “cognizione fredda” e le solide argomentazioni non sono sufficienti.
La risposta militare all’ISIS che gli Stati Uniti e i loro alleati hanno intrapreso è inevitabile: psicologicamente, la vittoria sul nemico dovrebbe servire a distruggere l’ immagine di invincibilità e a rivelare che l’adesione può condurre all’ignominia, ad una morte solitaria e ingloriosa nel deserto, ma molto di più deve essere fatto a livello interpretativo e per ciò che concerne la comunicazione pubblica al fine di assicurarsi che il messaggio prevalente non è e non può essere quello dell’ISIS.
Capire la psicologia di tutto questo è indispensabile in questa impresa.
Psicologia del fondamentalismo: così funziona la propaganda dell’ISIS
Se la semplicità e la certezza sono ciò che l’ISIS ha utilizzato nella propaganda, la contro-narrazione deve essere altrettanto semplice e priva di ambiguità; se la promessa di gloria e di affermazione costituiscono la motivazione che abbiamo analizzato, la contro-narrazione deve offrire parallelamente le stesse ricompense, anche se in un’altra forma.
Giovani uomini e donne potrebbero essere chiamati a mobilitarsi per difendere l’onore della loro religione, potrebbero essere incoraggiati a esprimere il loro disgusto circa le aggressioni brutali ed essere invitati a prevedere un impegno collettivo con un diverso scopo, ma attraverso una storia ugualmente appassionante.
La nuova narrativa dovrebbe essere presentata con coraggio e assertività; dovrebbe essere formulata utilizzando modelli carismatici che ispirano e sviluppano il comportamento pro-sociale. La “cognizione fredda” e le solide argomentazioni non sono sufficienti.
La risposta militare all’ISIS che gli Stati Uniti e i loro alleati hanno intrapreso è inevitabile: psicologicamente, la vittoria sul nemico dovrebbe servire a distruggere l’ immagine di invincibilità e a rivelare che l’adesione può condurre all’ignominia, ad una morte solitaria e ingloriosa nel deserto, ma molto di più deve essere fatto a livello interpretativo e per ciò che concerne la comunicazione pubblica al fine di assicurarsi che il messaggio prevalente non è e non può essere quello dell’ISIS.
Capire la psicologia di tutto questo è indispensabile in questa impresa.
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