MOVIMENTO 5 STELLE
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Re: MOVIMENTO 5 STELLE
M5s, il caso Di Battista-sindaco e il ‘problema’ della coerenza
di Andrea Scanzi | 13 ottobre 2015
Molti elettori 5 Stelle si sono arrabbiati un po’ perché a Otto e mezzo ho detto che la non candidatura di Alessandro Di Battista a sindaco di Roma è “un errore politico clamoroso”. Ribadisco quanto affermato venerdì scorso, e anzi trovo inaudito che ci sia ancora gente che osa addirittura contraddirmi. Incredibile. Non è la prima volta che i talebani ortodossi mi crivellano. Probabilmente sono gli stessi che fino a qualche mese fa non volevano che i 5 Stelle andassero in tivù, e adesso mettono il MySky alle 3 di notte per registrare Vito Crimi che si intervista da solo nelle repliche di Protestantesimo. Scherzi a parte, la vicenda Di Battista-Roma, ma pure quella Di Maio-Napoli, offre molti spunti. E porta a una conclusione: qualsiasi cosa facciano, i Cinque Stelle sbagliano.
C’è una soluzione? No, non c’è. Di Battista sarebbe il candidato più forte a Roma e Di Maio a Napoli. Però non si candidano. Questo, tecnicamente e oggettivamente, è un “errore politico clamoroso” (cit). Comunque la si giri, è un regalo a centrosinistra e centrodestra. Al tempo stesso, e per questo dico che i 5 Stelle sbagliano qualsiasi cosa facciano, Di Battista e Di Maio verrebbero massacrati se si candidassero. Significherebbe non rispettare il regolamento; vorrebbe dire mangiarsi la parola data; equivarrebbe al comportarsi come una Moretti qualsiasi. Se si candidano forse vincono, però sono incoerenti; se non si candidano non vincono di sicuro (a meno che non accada qualcosa che vi racconto a fine pezzo), però restano coerenti. Vicolo cieco.
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Perché un vicolo cieco? Perché la natura stessa del M5S porta spesso a un bivio secondo il quale essere fedeli a se stessi conduce (forse) nel medio-lungo periodo a grandi risultati, ma nel breve periodo equivale sistematicamente al perdere treni della vita. Esempio tra i tanti: alle seconde Quirinarie, mentre Renzi indovinava la mossa della sfinge (Mattarella), i 5 Stelle optavano ilari per il tanto stimabile quanto politicamente irrilevante Imposimato. Che dire? Complimenti. Renzi fu molto fiero di voi.
Sì, ma le regole? I talebani ortodossi, a questo punto, replicano piccati: “Esistono le regole, se fai queste critiche allora non hai capito nulla del Movimento”. Sì ragazzi, buonanotte e attenti agli asini che volano in cielo. Le regole ci sono, ma esiste anche l’elasticità. Quella stessa elasticità che ha portato alla mossa Freccero-Rai. Ci sono dei momenti, nella storia, in cui le regole vanno “forzate” senza con questo diventare “ladri” o “disonesti”. I 5 Stelle lo hanno già fatto e lo faranno sempre più spesso, a meno che l’obiettivo non sia stare all’opposizione in eterno.
Di Battista sarebbe un buon sindaco? E io che ne so. Di sicuro oggi sarebbe il favorito, come pure Di Maio a Napoli. Entrambi non cambieranno mai idea e personalmente li capisco. Vogliono mantenere la parola data, credono nel loro ruolo attuale e il prossimo sindaco di Roma dovrà affrontare uno scenario drammatico. L’impresa sarà quasi disperata. Comprensibile che entrambi, peraltro nel rispetto delle regole, scelgano di restare in Parlamento.
Sì, ma restare in Parlamento quanto? Altro problema, altro vicolo cieco. I 5 Stelle, nella loro idea utopica di politica fatta non da “professionisti” ma da cittadini, impongono il limite dei due mandati. Altrimenti, dal terzo in poi, si diventa come gli altri. Tutto molto bello, almeno sulla carta. Il risultato concreto, però, è che Di Maio (oggi 29enne) potrà fare politica al massimo fino al 2023. Poi basta (a 36 anni). Non è uno spreco? Non significa, ogni volta, buttare via esponenti credibili che nel frattempo sono cresciuti? E’ meraviglioso sapere che presto non vedremo più in Parlamento le Fucksia, i Giarrusso e le Lombardi (di chi era l’idea? Di Orfini?). E’ appena meno condivisibile rinunciare anzitempo a evidenti talenti politici.
E allora cosa fare? Ripeto: io che ne so? Starà al M5S valutare, col tempo, se alcune mannaie regolamentari andranno qua e là modificate. Di sicuro, riguardo a Roma e Milano, l’unica strada – se vogliono vincere – è allargare la rosa dei candidati anche a chi non ha necessariamente una lunga storia grillina alle spalle. Se si sceglie il solito sconosciuto tramite il web, si conquista il Premio Duriepuri 2015 ma non si vince mai (non nelle grandi città, almeno). Capisco che sia cinico e ingiusto, perché “dovrebbe contare il programma e non la persona”, ma viviamo in Italia e non a Utopia. Quindi serve un nome “forte”, vicino al Movimento ma non per forza un militante di lunga data. In Liguria, per un po’, si fece il nome di Freccero. A Milano si è parlato di un appoggio (subito stroncato) a Di Pietro. A Roma leggo nomi fantasiosi, tipo Santoro (ma non lo odiavate fino a ieri?), Imposimato (ancora?) o Di Matteo (persona rara e preziosa). Il nome non sarà facile. Se però sceglieranno il solito bravo ragazzo imberbe, gli unici a festeggiare saranno Marchini, o Meloni, o Renzi. Perdere felici o vincere sporcandosi un po’? Questo, a volte, è il problema.
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E' vero che sono problemi del M5S però le conseguenze le pagano poi i cittadini italiani.
L'onestà non ammette deroghe, ma tutto il resto va fatto " cum grano salis" e ciò vale per le alleanze, per il numero di mandati, per tutte quelle cose che non spostano i fondamentali della politica, agire onestamente per il bene pubblico e non per il bene personale.
di Andrea Scanzi | 13 ottobre 2015
Molti elettori 5 Stelle si sono arrabbiati un po’ perché a Otto e mezzo ho detto che la non candidatura di Alessandro Di Battista a sindaco di Roma è “un errore politico clamoroso”. Ribadisco quanto affermato venerdì scorso, e anzi trovo inaudito che ci sia ancora gente che osa addirittura contraddirmi. Incredibile. Non è la prima volta che i talebani ortodossi mi crivellano. Probabilmente sono gli stessi che fino a qualche mese fa non volevano che i 5 Stelle andassero in tivù, e adesso mettono il MySky alle 3 di notte per registrare Vito Crimi che si intervista da solo nelle repliche di Protestantesimo. Scherzi a parte, la vicenda Di Battista-Roma, ma pure quella Di Maio-Napoli, offre molti spunti. E porta a una conclusione: qualsiasi cosa facciano, i Cinque Stelle sbagliano.
C’è una soluzione? No, non c’è. Di Battista sarebbe il candidato più forte a Roma e Di Maio a Napoli. Però non si candidano. Questo, tecnicamente e oggettivamente, è un “errore politico clamoroso” (cit). Comunque la si giri, è un regalo a centrosinistra e centrodestra. Al tempo stesso, e per questo dico che i 5 Stelle sbagliano qualsiasi cosa facciano, Di Battista e Di Maio verrebbero massacrati se si candidassero. Significherebbe non rispettare il regolamento; vorrebbe dire mangiarsi la parola data; equivarrebbe al comportarsi come una Moretti qualsiasi. Se si candidano forse vincono, però sono incoerenti; se non si candidano non vincono di sicuro (a meno che non accada qualcosa che vi racconto a fine pezzo), però restano coerenti. Vicolo cieco.
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Perché un vicolo cieco? Perché la natura stessa del M5S porta spesso a un bivio secondo il quale essere fedeli a se stessi conduce (forse) nel medio-lungo periodo a grandi risultati, ma nel breve periodo equivale sistematicamente al perdere treni della vita. Esempio tra i tanti: alle seconde Quirinarie, mentre Renzi indovinava la mossa della sfinge (Mattarella), i 5 Stelle optavano ilari per il tanto stimabile quanto politicamente irrilevante Imposimato. Che dire? Complimenti. Renzi fu molto fiero di voi.
Sì, ma le regole? I talebani ortodossi, a questo punto, replicano piccati: “Esistono le regole, se fai queste critiche allora non hai capito nulla del Movimento”. Sì ragazzi, buonanotte e attenti agli asini che volano in cielo. Le regole ci sono, ma esiste anche l’elasticità. Quella stessa elasticità che ha portato alla mossa Freccero-Rai. Ci sono dei momenti, nella storia, in cui le regole vanno “forzate” senza con questo diventare “ladri” o “disonesti”. I 5 Stelle lo hanno già fatto e lo faranno sempre più spesso, a meno che l’obiettivo non sia stare all’opposizione in eterno.
Di Battista sarebbe un buon sindaco? E io che ne so. Di sicuro oggi sarebbe il favorito, come pure Di Maio a Napoli. Entrambi non cambieranno mai idea e personalmente li capisco. Vogliono mantenere la parola data, credono nel loro ruolo attuale e il prossimo sindaco di Roma dovrà affrontare uno scenario drammatico. L’impresa sarà quasi disperata. Comprensibile che entrambi, peraltro nel rispetto delle regole, scelgano di restare in Parlamento.
Sì, ma restare in Parlamento quanto? Altro problema, altro vicolo cieco. I 5 Stelle, nella loro idea utopica di politica fatta non da “professionisti” ma da cittadini, impongono il limite dei due mandati. Altrimenti, dal terzo in poi, si diventa come gli altri. Tutto molto bello, almeno sulla carta. Il risultato concreto, però, è che Di Maio (oggi 29enne) potrà fare politica al massimo fino al 2023. Poi basta (a 36 anni). Non è uno spreco? Non significa, ogni volta, buttare via esponenti credibili che nel frattempo sono cresciuti? E’ meraviglioso sapere che presto non vedremo più in Parlamento le Fucksia, i Giarrusso e le Lombardi (di chi era l’idea? Di Orfini?). E’ appena meno condivisibile rinunciare anzitempo a evidenti talenti politici.
E allora cosa fare? Ripeto: io che ne so? Starà al M5S valutare, col tempo, se alcune mannaie regolamentari andranno qua e là modificate. Di sicuro, riguardo a Roma e Milano, l’unica strada – se vogliono vincere – è allargare la rosa dei candidati anche a chi non ha necessariamente una lunga storia grillina alle spalle. Se si sceglie il solito sconosciuto tramite il web, si conquista il Premio Duriepuri 2015 ma non si vince mai (non nelle grandi città, almeno). Capisco che sia cinico e ingiusto, perché “dovrebbe contare il programma e non la persona”, ma viviamo in Italia e non a Utopia. Quindi serve un nome “forte”, vicino al Movimento ma non per forza un militante di lunga data. In Liguria, per un po’, si fece il nome di Freccero. A Milano si è parlato di un appoggio (subito stroncato) a Di Pietro. A Roma leggo nomi fantasiosi, tipo Santoro (ma non lo odiavate fino a ieri?), Imposimato (ancora?) o Di Matteo (persona rara e preziosa). Il nome non sarà facile. Se però sceglieranno il solito bravo ragazzo imberbe, gli unici a festeggiare saranno Marchini, o Meloni, o Renzi. Perdere felici o vincere sporcandosi un po’? Questo, a volte, è il problema.
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E' vero che sono problemi del M5S però le conseguenze le pagano poi i cittadini italiani.
L'onestà non ammette deroghe, ma tutto il resto va fatto " cum grano salis" e ciò vale per le alleanze, per il numero di mandati, per tutte quelle cose che non spostano i fondamentali della politica, agire onestamente per il bene pubblico e non per il bene personale.
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Re: MOVIMENTO 5 STELLE
I 5 Stelle, i sindaci e la cautela
sul voto nelle città (per non bruciarsi)
Si punta al governo. Un errore nella gestione del grande centro potrebbe costare molto
di Francesco Verderami
Articolo + Video
http://www.corriere.it/politica/15_otto ... 7db2.shtml
sul voto nelle città (per non bruciarsi)
Si punta al governo. Un errore nella gestione del grande centro potrebbe costare molto
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Re: MOVIMENTO 5 STELLE
Letto l'articolo di Francesco Verderami
credo che alla fine abbiano ragione, bisogna puntare al governo nazionale, ciononostante a Roma hanno lo stesso la possibilità di vincere e quelli che hanno fatto parte del Consiglio comunale di Marino potrebbero già costituire un nucleo di partenza per fare una squadra , che, come dice giustamente Rutelli, non basta un laeder, ma ci vuole un gruppo di persone competenti e oneste per governare Roma.
E la SINISTRA ? questo nuovo soggetto politico di sinistra deve presentarsi alle prossime amministrative e con il suo 10/15% ha la possibilità di affiancarsi al M5S e alle volte anche di fare da guida.
Spero fortemente che SEL chiaramente dica NO a qls accordo con questo PD e si impegni al nuovo corso.
credo che alla fine abbiano ragione, bisogna puntare al governo nazionale, ciononostante a Roma hanno lo stesso la possibilità di vincere e quelli che hanno fatto parte del Consiglio comunale di Marino potrebbero già costituire un nucleo di partenza per fare una squadra , che, come dice giustamente Rutelli, non basta un laeder, ma ci vuole un gruppo di persone competenti e oneste per governare Roma.
E la SINISTRA ? questo nuovo soggetto politico di sinistra deve presentarsi alle prossime amministrative e con il suo 10/15% ha la possibilità di affiancarsi al M5S e alle volte anche di fare da guida.
Spero fortemente che SEL chiaramente dica NO a qls accordo con questo PD e si impegni al nuovo corso.
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Re: MOVIMENTO 5 STELLE
GRILLO : Sogno di togliere il mio nome dal logo del Movimento”
bene speriamo lo faccia presto
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Re: MOVIMENTO 5 STELLE
https://terrasantalibera.wordpress.com/2013/03/20/3931/
Chi è Enrico Sassoon, padrino di “Casaleggio Associati” e “Movimento 5 Stelle”??? ~ Appunti di Storia: la famiglia Sassoons, alias Shoshans
_________________ __________________________ __________________
Mentre ci sono solo alcuni dubbi sul futuro del M5S circa i progammi e le capacità di realizzarli, ci sono sempre serie perplessità sulla proprietà del logo e mormorii su Casaleggio come futuro presidente da indicare per le prossime politiche.
Se leggi da quali ambienti provengono certi personaggi legati alla " CASALEGGIO ASSOCIATI" le perplessità aumentano e allora dobbiamo essere pronti ad offrire il meglio del M5S e togliere il peggio in un nuovo soggetto politico.
Chi è Enrico Sassoon, padrino di “Casaleggio Associati” e “Movimento 5 Stelle”??? ~ Appunti di Storia: la famiglia Sassoons, alias Shoshans
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Mentre ci sono solo alcuni dubbi sul futuro del M5S circa i progammi e le capacità di realizzarli, ci sono sempre serie perplessità sulla proprietà del logo e mormorii su Casaleggio come futuro presidente da indicare per le prossime politiche.
Se leggi da quali ambienti provengono certi personaggi legati alla " CASALEGGIO ASSOCIATI" le perplessità aumentano e allora dobbiamo essere pronti ad offrire il meglio del M5S e togliere il peggio in un nuovo soggetto politico.
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Re: MOVIMENTO 5 STELLE
in continuazione di quanto sopra
Ora: come diavolo è possibile che la Casaleggio, a detta di molti spin doctor e influencer di Grillo e del Movimento 5 Stelle, abbia il suo membro più importante all’interno di un Istituto popolato da quelli che dovrebbero in realtà essere i nemici dichiarati proprio di Grillo? Qual è la ragione per cui questo accade?
Le stranezze, purtroppo, non finiscono qui: a parte il fatto che il dominio beppegrillo.it risulta intestato ad un certo Emanuele Bottaro di Modena, e potrebbe trattarsi di un normale prestanome (ma la trasparenza?), a destare sospetti è la domiciliazione del gestore tecnico del dominio, Via Jervis 77 a Ivrea. Lo stesso indirizzo della sede legale Olivetti, gruppo Telecom Italia.
Cosa c’è di così strano? C’è che Gianroberto Casaleggio, il secondo socio per importanza della Casaleggio, fa partire la sua avventura professionale proprio nella Olivetti, guidata all’epoca da Roberto Colaninno, attuale presidente di Alitalia e padre di Matteo, deputato Pd. Poi Gianroberto inizia la scalata sociale e diventa amministratore delegato di Webegg, joint venture tra Olivetti e Finsiel. A fine giugno 2002 Olivetti cede la propria quota del 50% in Webegg S.p.A. a I.T. Telecom S.p.A., che nel frattempo partorisce Netikos Spa, dove il più famoso dei Casaleggio partecipa al Cda con Michele Colaninno (secondogenito di Roberto e presente nel Cda Piaggio). Questo fino al 2004, quando decide di fondare la Casaleggio Associati, attuale editore di Beppe Grillo, con altri dirigenti Webegg. Tra cui proprio Enrico Sassoon.
La Casaleggio parte forte e chiude due contratti importanti, prima con Grillo poi con l’Italia dei Valori, quest’ultimo finito a male parole quando Di Pietro e De Magistris capiscono chi si sono messi in casa. Grillo, invece, decide di continuare il suo percorso di crescita con gli strateghi legati ai più noti gruppi di potere italiani e non.
A questo punto le domande che sorgono sono tante: può Grillo non sapere che Sassoon siede, fianco a fianco, con Monti, Tremonti e gli altri? Può Grillo non sapere che la gestione tecnica del suo dominio è domiciliata nella sede di un’azienda legata al Gruppo Telecom, contro cui lui si è scagliato più e più volte?
Ora: come diavolo è possibile che la Casaleggio, a detta di molti spin doctor e influencer di Grillo e del Movimento 5 Stelle, abbia il suo membro più importante all’interno di un Istituto popolato da quelli che dovrebbero in realtà essere i nemici dichiarati proprio di Grillo? Qual è la ragione per cui questo accade?
Le stranezze, purtroppo, non finiscono qui: a parte il fatto che il dominio beppegrillo.it risulta intestato ad un certo Emanuele Bottaro di Modena, e potrebbe trattarsi di un normale prestanome (ma la trasparenza?), a destare sospetti è la domiciliazione del gestore tecnico del dominio, Via Jervis 77 a Ivrea. Lo stesso indirizzo della sede legale Olivetti, gruppo Telecom Italia.
Cosa c’è di così strano? C’è che Gianroberto Casaleggio, il secondo socio per importanza della Casaleggio, fa partire la sua avventura professionale proprio nella Olivetti, guidata all’epoca da Roberto Colaninno, attuale presidente di Alitalia e padre di Matteo, deputato Pd. Poi Gianroberto inizia la scalata sociale e diventa amministratore delegato di Webegg, joint venture tra Olivetti e Finsiel. A fine giugno 2002 Olivetti cede la propria quota del 50% in Webegg S.p.A. a I.T. Telecom S.p.A., che nel frattempo partorisce Netikos Spa, dove il più famoso dei Casaleggio partecipa al Cda con Michele Colaninno (secondogenito di Roberto e presente nel Cda Piaggio). Questo fino al 2004, quando decide di fondare la Casaleggio Associati, attuale editore di Beppe Grillo, con altri dirigenti Webegg. Tra cui proprio Enrico Sassoon.
La Casaleggio parte forte e chiude due contratti importanti, prima con Grillo poi con l’Italia dei Valori, quest’ultimo finito a male parole quando Di Pietro e De Magistris capiscono chi si sono messi in casa. Grillo, invece, decide di continuare il suo percorso di crescita con gli strateghi legati ai più noti gruppi di potere italiani e non.
A questo punto le domande che sorgono sono tante: può Grillo non sapere che Sassoon siede, fianco a fianco, con Monti, Tremonti e gli altri? Può Grillo non sapere che la gestione tecnica del suo dominio è domiciliata nella sede di un’azienda legata al Gruppo Telecom, contro cui lui si è scagliato più e più volte?
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Re: MOVIMENTO 5 STELLE
Dizionario di Italiano
il Sabatini Coletti Dizionario della Lingua Italiana
populismo
[po-pu-lì-smo] s.m.
1 Atteggiamento o movimento politico tendente a esaltare il ruolo e i valori delle classi popolari
2 spreg. Atteggiamento demagogico volto ad assecondare le aspettative del popolo, indipendentemente da ogni valutazione del loro contenuto, della loro opportunità
3 Movimento rivoluzionario russo della fine del sec. XIX, che propugnava l'emancipazione delle classi contadine e dei servi della gleba attraverso la realizzazione di una sorta di socialismo rurale
4 In ambito artistico, raffigurazione idealizzata del popolo, presentato come modello etico positivo
il Sabatini Coletti Dizionario della Lingua Italiana
populismo
[po-pu-lì-smo] s.m.
1 Atteggiamento o movimento politico tendente a esaltare il ruolo e i valori delle classi popolari
2 spreg. Atteggiamento demagogico volto ad assecondare le aspettative del popolo, indipendentemente da ogni valutazione del loro contenuto, della loro opportunità
3 Movimento rivoluzionario russo della fine del sec. XIX, che propugnava l'emancipazione delle classi contadine e dei servi della gleba attraverso la realizzazione di una sorta di socialismo rurale
4 In ambito artistico, raffigurazione idealizzata del popolo, presentato come modello etico positivo
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Re: MOVIMENTO 5 STELLE
Populismo
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Il populismo (dall’inglese populism, traduzione del russo народничество narodničestvo)[1] è un atteggiamento culturale e politico che esalta il popolo, sulla base di principi e programmi ispirati al socialismo, anche se il suo significato viene spesso confuso con quello di demagogia. Il populismo può essere sia democratico e costituzionale, sia autoritario. Nella sua variante conservatrice è spesso detto populismo di destra.
Prende il nome dall'omonimo movimento sviluppatosi in Russia tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento che proponeva un miglioramento delle condizioni di vita delle classi contadine e dei servi della gleba, attraverso la realizzazione di un socialismo basato sulla comunità rurale russa, in antitesi alla società industriale occidentale.
Un Partito del Popolo (Populist o People’s party) venne fondato nel 1891 anche negli Stati Uniti da gruppi di operai e agricoltori che si battevano per la libera coniazione dell’argento, la nazionalizzazione dei mezzi di comunicazione, la limitazione nell’emissione di azioni, l’introduzione di tasse di successione adeguate e l’elezione di presidente, vicepresidente e senatori con un voto popolare diretto; sciolto dopo le elezioni presidenziali del 1908.[2]
Il termine è stato riferito alla prassi politica di Juan Domingo Perón (vedi la voce peronismo e la sua recente variante di sinistra, il kirchnerismo), al bolivarismo e al chavismo, in quanto spesso fanno riferimento alle consultazioni popolari e ai plebisciti, perché il popolo decida direttamente nei limiti della Costituzione. Il movimento precursore di questa idea di democrazia può essere indicato e riconosciuto nel bonapartismo (Napoleone I e Napoleone III, in accezione cesaristica) e nella rivoluzione francese, specialmente nelle fazioni che si rifacevano alle idee politiche del filosofo Jean-Jacques Rousseau, come i giacobini.[3]
In Italia è stato spesso usato con accezione negativa, nei confronti del fascismo o del berlusconismo, e di vari movimenti leaderistici, spesso affini alla destra, ma anche al centro-sinistra (come l'Italia dei Valori di Antonio Di Pietro); spesso questi gruppi hanno rifiutato questa etichetta.[4] L'accezione del termine in senso positivo, come "vicinanza al popolo e ai suoi valori", è stata invece rivendicata da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio per il Movimento 5 Stelle.[5][6]
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Il populismo (dall’inglese populism, traduzione del russo народничество narodničestvo)[1] è un atteggiamento culturale e politico che esalta il popolo, sulla base di principi e programmi ispirati al socialismo, anche se il suo significato viene spesso confuso con quello di demagogia. Il populismo può essere sia democratico e costituzionale, sia autoritario. Nella sua variante conservatrice è spesso detto populismo di destra.
Prende il nome dall'omonimo movimento sviluppatosi in Russia tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento che proponeva un miglioramento delle condizioni di vita delle classi contadine e dei servi della gleba, attraverso la realizzazione di un socialismo basato sulla comunità rurale russa, in antitesi alla società industriale occidentale.
Un Partito del Popolo (Populist o People’s party) venne fondato nel 1891 anche negli Stati Uniti da gruppi di operai e agricoltori che si battevano per la libera coniazione dell’argento, la nazionalizzazione dei mezzi di comunicazione, la limitazione nell’emissione di azioni, l’introduzione di tasse di successione adeguate e l’elezione di presidente, vicepresidente e senatori con un voto popolare diretto; sciolto dopo le elezioni presidenziali del 1908.[2]
Il termine è stato riferito alla prassi politica di Juan Domingo Perón (vedi la voce peronismo e la sua recente variante di sinistra, il kirchnerismo), al bolivarismo e al chavismo, in quanto spesso fanno riferimento alle consultazioni popolari e ai plebisciti, perché il popolo decida direttamente nei limiti della Costituzione. Il movimento precursore di questa idea di democrazia può essere indicato e riconosciuto nel bonapartismo (Napoleone I e Napoleone III, in accezione cesaristica) e nella rivoluzione francese, specialmente nelle fazioni che si rifacevano alle idee politiche del filosofo Jean-Jacques Rousseau, come i giacobini.[3]
In Italia è stato spesso usato con accezione negativa, nei confronti del fascismo o del berlusconismo, e di vari movimenti leaderistici, spesso affini alla destra, ma anche al centro-sinistra (come l'Italia dei Valori di Antonio Di Pietro); spesso questi gruppi hanno rifiutato questa etichetta.[4] L'accezione del termine in senso positivo, come "vicinanza al popolo e ai suoi valori", è stata invece rivendicata da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio per il Movimento 5 Stelle.[5][6]
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Re: MOVIMENTO 5 STELLE
Grillo alleato di Renzi a difesa dell’Italicum
di Francesco Verderami
Grillo accusa i Democratici di essere antidemocratici, denuncia Renzi di volergli sottrarre la legge elettorale siccome teme di perdere la battaglia elettorale.
L’Italicum — che per i Cinquestelle era la pietra dello scandalo, lo strumento con cui il leader del Pd voleva trasformare il Paese in un regime — da ieri è diventato un baluardo da difendere contro i colpi di coda del regime.
]Contrordine grillini, non è più l’ora di organizzare un referendum abrogativo: oggi la missione è difendere dall’abrogazione quelle stesse norme che pure erano state scritte «da Renzi con Verdini». È così che nel Movimento si smarrisce il senso della misura, oltre che il limite alla decenza. Ma in fondo ai populisti non appartiene la dote della coerenza, ogni occasione è buona solo per l’arringa. E a Grillo questo serviva ieri quando ha denunciato la proposta di legge presentata dal deputato del Pd Lauricella — esponente della minoranza interna — che con buona dose di malizia prospetta una controriforma dell’attuale riforma, un sistema di voto in base al quale verrebbe eliminato il ballottaggio, e il premio di maggioranza sarebbe assegnato solo alla lista che supera il 40%. Altrimenti i seggi andrebbero distribuiti su base proporzionale.
Si tratterebbe di un ritorno alla prima Repubblica, perché i governi tornerebbero ad essere frutto di accordi tra partiti in Parlamento. Sarebbe, questa sì, la fine di Renzi e del renzismo, che poi è l’obiettivo dichiarato della minoranza dem. Perciò il premier non avrebbe mai potuto appoggiare una simile proposta, e infatti non ha perso tempo a sconfessarla. A questo punto Grillo si ritrova al fianco del suo acerrimo avversario, e — se la politica avesse ancora una regola — da difensore dell’Italicum d’ora in poi dovrebbe sostenerne le ragioni sul blog, nelle piazze e in Parlamento. A meno che, anche stavolta, il capo dei Cinquestelle non chieda una deroga alla coerenza, che in fondo non è la dote richiesta ai populisti. 4 novembre 2015 (modifica il 4 novembre 2015 | 07:35)
4 novembre 2015 (modifica il 4 novembre 2015 | 07:35)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.corriere.it/opinioni/15_nove ... b136.shtml
di Francesco Verderami
Grillo accusa i Democratici di essere antidemocratici, denuncia Renzi di volergli sottrarre la legge elettorale siccome teme di perdere la battaglia elettorale.
L’Italicum — che per i Cinquestelle era la pietra dello scandalo, lo strumento con cui il leader del Pd voleva trasformare il Paese in un regime — da ieri è diventato un baluardo da difendere contro i colpi di coda del regime.
]Contrordine grillini, non è più l’ora di organizzare un referendum abrogativo: oggi la missione è difendere dall’abrogazione quelle stesse norme che pure erano state scritte «da Renzi con Verdini». È così che nel Movimento si smarrisce il senso della misura, oltre che il limite alla decenza. Ma in fondo ai populisti non appartiene la dote della coerenza, ogni occasione è buona solo per l’arringa. E a Grillo questo serviva ieri quando ha denunciato la proposta di legge presentata dal deputato del Pd Lauricella — esponente della minoranza interna — che con buona dose di malizia prospetta una controriforma dell’attuale riforma, un sistema di voto in base al quale verrebbe eliminato il ballottaggio, e il premio di maggioranza sarebbe assegnato solo alla lista che supera il 40%. Altrimenti i seggi andrebbero distribuiti su base proporzionale.
Si tratterebbe di un ritorno alla prima Repubblica, perché i governi tornerebbero ad essere frutto di accordi tra partiti in Parlamento. Sarebbe, questa sì, la fine di Renzi e del renzismo, che poi è l’obiettivo dichiarato della minoranza dem. Perciò il premier non avrebbe mai potuto appoggiare una simile proposta, e infatti non ha perso tempo a sconfessarla. A questo punto Grillo si ritrova al fianco del suo acerrimo avversario, e — se la politica avesse ancora una regola — da difensore dell’Italicum d’ora in poi dovrebbe sostenerne le ragioni sul blog, nelle piazze e in Parlamento. A meno che, anche stavolta, il capo dei Cinquestelle non chieda una deroga alla coerenza, che in fondo non è la dote richiesta ai populisti. 4 novembre 2015 (modifica il 4 novembre 2015 | 07:35)
4 novembre 2015 (modifica il 4 novembre 2015 | 07:35)
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http://www.corriere.it/opinioni/15_nove ... b136.shtml
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Re: MOVIMENTO 5 STELLE
Hanno imparato anche loro come funziona la politica italiana.
Chi c’è in linea
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