Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la SX?
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
Anche a Roma un’alternativa c’è.
Un’alternativa di sinistra che da oggi muove i suoi primi passi nella sfida per il governo della Capitale, con l’obiettivo di costituire una lista aperta e unitaria, da contrapporre al Pd romano, alle destre e ai populismi, a Mafia Capitale e a quel sistema che per anni ha distrutto la città.
“La sfida delle prossime elezioni – ha annunciato Ferruccio Nobili, portavoce romano dell’Altra Europa – vedrà così in campo un nuovo progetto per la città, che ha ricevuto la disponibilità dell’on. Stefano Fassina a dare il via a un percorso di verifica della propria candidatura a Sindaco. Per questo nelle prossime settimane e nei prossimi mesi ci saranno diversi momenti di confronto con cittadini, movimenti sociali, lavoratori, studenti, associazioni per i diritti e gruppi politici, per costruire un programma condiviso e una squadra che porteranno alla nascita di una nuova proposta per Roma”.
“Insieme all’Altra Europa – spiega Nobili – sono impegnate in questo percorso anche le componenti che stanno già lavorando alla costruzione di un nuovo soggetto politico nazionale, come Sel, Futuro a Sinistra di Fassina, Possibile di Civati e Rifondazione Comunista. Ma non basta! Dovranno essere coinvolti da protagonisti alla pari anche tutte e tutti quelli che vogliono partecipare a cambiare la nostra città. Per questo riteniamo fondamentale dare già dalle prossime elezioni amministrative, così come si è già verificato a Torino, un segnale unitario con la creazione di una lista unica e popolare, senza i simboli di nessun partito”.
Si apriranno adesso dei mesi molto delicati di discussioni e confronti in cui decideremo insieme il percorso da intraprendere iniziando, già nel pomeriggio del prossimo 27 novembre ad Ostia al teatro Manfredi, con un’assemblea convocata da Fassina aperta a tutto il mondo della sinistra; un’assemblea di ascolto, di discussione su idee, temi e candidature, guardando alla città ed ai cittadini per avviare il programma di ricostruzione della Capitale.
Da L'Altra Europa
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TORINO
Airaudo: “Corriamo per dare dignità alla sinistra in piena autonomia”
novembre 14
19:46
2015
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di Moreno D’Angelo
«Corriamo per dare dignità alla parola sinistra». C’è molto orgoglio e un contenuto entusiasmo nell’affollato appuntamento a Torino che presenta Sinistra Unita e il suo leader Giorgio Airaudo candidato per le prossime amministrative.
Uno schieramento che, dopo anni di divisioni e infinite polemiche, ritrova l’unità. Nel cartello Sinistra Unita si ritrovano Sel , Prc, Possibile, Futura Sinistra e Comunisti Italiani e altre formazioni sono in arrivo.
L’incontro presso La Vetreria , di fatto è un pranzo (con contributi volontari di tanti compagni), inizia con un momento di raccoglimento per ricordare le vittime degli attacchi terroristici a Parigi.
L’originale presentazione vuole simboleggiare il nuovo approccio del movimento per ritrovare slancio, condivisione e partecipazione dal basso, ridando un senso allo spirito di appartenenza dopo tante delusioni.
Un fatto che ha poco a che vedere con le primarie e con i salotti dove tutto si decide.
«Sciocco parlare di secondo turno, -precisa l’ex sindacalista Fiom- E’ invece importante quando si realizzerà nel primo con i cittadini di Torino».
Una serie di foglietti nel locale invitavano le persone a proporre temi di discussione e incontri.
Applausi hanno accompagnato ogni riferimento alla ritrovata unità a sinistra del Pd, ormai considerato un partito a tutti gli effetti di centro. Significativamente Airaudo ha mostrato un libro del sociologo da poco scomparso Luciano Gallino, definito un grande uomo di sinistra, e ha anche citato il sindaco democristiano fiorentino La Pira: «uno che invece degli sfratti requisiva gli alloggi sfitti per rispondere al bisogno di tante famiglie disperate».
Per promuovere Sinistra Italiana Airaudo è pronto a impegnarsi in centinaia di incontri con piccoli gruppi di cittadini anche di quattro cinque persone: «Andremo in bocciofila,nelle case nei giardini a proporre e ascoltare le persone».
Per il sociologo Marco Revelli «E’ sorprendente che forze da anni divise parlino adesso con una sola voce». L’intellettuale, che ha sempre avuto parole di fuoco sulla sinistra subalterna, divisa e sconfitta di questi decenni, vede in Airaudo «un candidato forte perché non è espressione di un partito» sottolineando che questa non è la campagna per un leader ma per dar voce a un intero movimento che oggi si sente sperso.
I dati della crisi a Torino
Airaudo snocciola i dati impietosi su una Torino laboratorio della sinistra. Una città che conta un fiume umano che ogni giorno per mangiare à assistito dal banco alimentare, 50mila in cerca di lavoro, “una disoccupazione giovanile alle stelle e politiche industriali alle stalle” (recita un carlello). Una città che si definisce “smart” ma che in realtà rimane una “smog city”. Airaudo tocca le questioni ambientali evidenziando i ritardi nella raccolta differenziata che resta da tempo ferma dopo anni di notevole crescita sotto la Mole.
E’ sulla casa che il candidato di Sinistra Italiana concentra le sue attenzioni ricordando i dati drammatici di Torino sul fronte della morosità, dei tanti in cerca di un abitazione decorosa, a fronte di spazi enormi abbandonati. Vi è anche un cenno critico alla Cassa Depositi e Prestiti, in evidente relazione a quanto successo nell’ex caserma di Via Asti da poco sgomberata.
«La sinistra ha ancora senso se sa risolvere e dare risposte a questi problemi». In questa frase si sintetizza la sfida lanciata di Airaudo che intende ricucire il rapporto con i cittadini e in particolare i tanti delusi a sinistra in una fase in cui astensione e voto di protesta la fanno da padrona.
Sulle future alleanze con il tormentone di un accordo con il movimento penta stellato Airaudo sgombera subito il campo: «Noi corriamo una partita autonoma ma non ho pregiudizi sui cinque stelle anche se i loro fondamenti costitutivi impediscono alleanze. Un approccio di autosufficienza che non condivido e che rappresenta per me un limite». Il candidato sindaco ricorda come comunque a Torino una persona su cinque voti per Grillo e tra loro tanti compagni. Insomma traspare, pur con le critiche per certe posizione grilline su migranti e sul piano internazionale, un discorso tutt’altro che chiuso.
Per chiarire la lontananza da certi giochetti politici Airaudo conclude: «La diseguaglianza non si risolve con un vicesindaco e a Torino la sinistra ha ancora molto da dire. Quello che conta, aldilà dei sondaggi, è che oggi la sinistra parli con una voce sola».
Tra i tanti presenti emerge la gran voglia di ritrovarsi dopo tante polemiche e divisioni, spesso per nulla sentite dalla base. In conclusione un rilievo critico: netta la prevalenza di persone ultracinquantenni.
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Ai compagni del M5S di Torino e d'Italia direi Ecco il Movimento della Sinistra per fare cose di sinistra , parliamoci
Un’alternativa di sinistra che da oggi muove i suoi primi passi nella sfida per il governo della Capitale, con l’obiettivo di costituire una lista aperta e unitaria, da contrapporre al Pd romano, alle destre e ai populismi, a Mafia Capitale e a quel sistema che per anni ha distrutto la città.
“La sfida delle prossime elezioni – ha annunciato Ferruccio Nobili, portavoce romano dell’Altra Europa – vedrà così in campo un nuovo progetto per la città, che ha ricevuto la disponibilità dell’on. Stefano Fassina a dare il via a un percorso di verifica della propria candidatura a Sindaco. Per questo nelle prossime settimane e nei prossimi mesi ci saranno diversi momenti di confronto con cittadini, movimenti sociali, lavoratori, studenti, associazioni per i diritti e gruppi politici, per costruire un programma condiviso e una squadra che porteranno alla nascita di una nuova proposta per Roma”.
“Insieme all’Altra Europa – spiega Nobili – sono impegnate in questo percorso anche le componenti che stanno già lavorando alla costruzione di un nuovo soggetto politico nazionale, come Sel, Futuro a Sinistra di Fassina, Possibile di Civati e Rifondazione Comunista. Ma non basta! Dovranno essere coinvolti da protagonisti alla pari anche tutte e tutti quelli che vogliono partecipare a cambiare la nostra città. Per questo riteniamo fondamentale dare già dalle prossime elezioni amministrative, così come si è già verificato a Torino, un segnale unitario con la creazione di una lista unica e popolare, senza i simboli di nessun partito”.
Si apriranno adesso dei mesi molto delicati di discussioni e confronti in cui decideremo insieme il percorso da intraprendere iniziando, già nel pomeriggio del prossimo 27 novembre ad Ostia al teatro Manfredi, con un’assemblea convocata da Fassina aperta a tutto il mondo della sinistra; un’assemblea di ascolto, di discussione su idee, temi e candidature, guardando alla città ed ai cittadini per avviare il programma di ricostruzione della Capitale.
Da L'Altra Europa
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TORINO
Airaudo: “Corriamo per dare dignità alla sinistra in piena autonomia”
novembre 14
19:46
2015
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di Moreno D’Angelo
«Corriamo per dare dignità alla parola sinistra». C’è molto orgoglio e un contenuto entusiasmo nell’affollato appuntamento a Torino che presenta Sinistra Unita e il suo leader Giorgio Airaudo candidato per le prossime amministrative.
Uno schieramento che, dopo anni di divisioni e infinite polemiche, ritrova l’unità. Nel cartello Sinistra Unita si ritrovano Sel , Prc, Possibile, Futura Sinistra e Comunisti Italiani e altre formazioni sono in arrivo.
L’incontro presso La Vetreria , di fatto è un pranzo (con contributi volontari di tanti compagni), inizia con un momento di raccoglimento per ricordare le vittime degli attacchi terroristici a Parigi.
L’originale presentazione vuole simboleggiare il nuovo approccio del movimento per ritrovare slancio, condivisione e partecipazione dal basso, ridando un senso allo spirito di appartenenza dopo tante delusioni.
Un fatto che ha poco a che vedere con le primarie e con i salotti dove tutto si decide.
«Sciocco parlare di secondo turno, -precisa l’ex sindacalista Fiom- E’ invece importante quando si realizzerà nel primo con i cittadini di Torino».
Una serie di foglietti nel locale invitavano le persone a proporre temi di discussione e incontri.
Applausi hanno accompagnato ogni riferimento alla ritrovata unità a sinistra del Pd, ormai considerato un partito a tutti gli effetti di centro. Significativamente Airaudo ha mostrato un libro del sociologo da poco scomparso Luciano Gallino, definito un grande uomo di sinistra, e ha anche citato il sindaco democristiano fiorentino La Pira: «uno che invece degli sfratti requisiva gli alloggi sfitti per rispondere al bisogno di tante famiglie disperate».
Per promuovere Sinistra Italiana Airaudo è pronto a impegnarsi in centinaia di incontri con piccoli gruppi di cittadini anche di quattro cinque persone: «Andremo in bocciofila,nelle case nei giardini a proporre e ascoltare le persone».
Per il sociologo Marco Revelli «E’ sorprendente che forze da anni divise parlino adesso con una sola voce». L’intellettuale, che ha sempre avuto parole di fuoco sulla sinistra subalterna, divisa e sconfitta di questi decenni, vede in Airaudo «un candidato forte perché non è espressione di un partito» sottolineando che questa non è la campagna per un leader ma per dar voce a un intero movimento che oggi si sente sperso.
I dati della crisi a Torino
Airaudo snocciola i dati impietosi su una Torino laboratorio della sinistra. Una città che conta un fiume umano che ogni giorno per mangiare à assistito dal banco alimentare, 50mila in cerca di lavoro, “una disoccupazione giovanile alle stelle e politiche industriali alle stalle” (recita un carlello). Una città che si definisce “smart” ma che in realtà rimane una “smog city”. Airaudo tocca le questioni ambientali evidenziando i ritardi nella raccolta differenziata che resta da tempo ferma dopo anni di notevole crescita sotto la Mole.
E’ sulla casa che il candidato di Sinistra Italiana concentra le sue attenzioni ricordando i dati drammatici di Torino sul fronte della morosità, dei tanti in cerca di un abitazione decorosa, a fronte di spazi enormi abbandonati. Vi è anche un cenno critico alla Cassa Depositi e Prestiti, in evidente relazione a quanto successo nell’ex caserma di Via Asti da poco sgomberata.
«La sinistra ha ancora senso se sa risolvere e dare risposte a questi problemi». In questa frase si sintetizza la sfida lanciata di Airaudo che intende ricucire il rapporto con i cittadini e in particolare i tanti delusi a sinistra in una fase in cui astensione e voto di protesta la fanno da padrona.
Sulle future alleanze con il tormentone di un accordo con il movimento penta stellato Airaudo sgombera subito il campo: «Noi corriamo una partita autonoma ma non ho pregiudizi sui cinque stelle anche se i loro fondamenti costitutivi impediscono alleanze. Un approccio di autosufficienza che non condivido e che rappresenta per me un limite». Il candidato sindaco ricorda come comunque a Torino una persona su cinque voti per Grillo e tra loro tanti compagni. Insomma traspare, pur con le critiche per certe posizione grilline su migranti e sul piano internazionale, un discorso tutt’altro che chiuso.
Per chiarire la lontananza da certi giochetti politici Airaudo conclude: «La diseguaglianza non si risolve con un vicesindaco e a Torino la sinistra ha ancora molto da dire. Quello che conta, aldilà dei sondaggi, è che oggi la sinistra parli con una voce sola».
Tra i tanti presenti emerge la gran voglia di ritrovarsi dopo tante polemiche e divisioni, spesso per nulla sentite dalla base. In conclusione un rilievo critico: netta la prevalenza di persone ultracinquantenni.
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Ai compagni del M5S di Torino e d'Italia direi Ecco il Movimento della Sinistra per fare cose di sinistra , parliamoci
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
I fatti della Francia hanno distrutto quel poco di possibilità di parlare di politica per fare una società migliore, invece che stare sempre ad affrontare le urgenze e dover accettare la pochezza dei governi di adesso.
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
ho l'impressione che il terrorismo in prima pagina faccia un po' il gioco di chi sta governando, da più parti è stato ventilato un uniamoci contro il terrorismo mettendo da parte la democrazia.cielo 70 ha scritto:I fatti della Francia hanno distrutto quel poco di possibilità di parlare di politica per fare una società migliore, invece che stare sempre ad affrontare le urgenze e dover accettare la pochezza dei governi di adesso.
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
a NAPOLI "POSSIBILE"
Arrivare ad un’assemblea politica nazionale e trovare una platea composta in larga maggioranza da giovani. Non è affatto frequente di questi tempi, in un periodo in cui la disaffezione per i partiti e i loro rappresentanti ha raggiunto un livello senza precedenti. L’unica eccezione sembrava essere rappresentata dal Movimento 5 Stelle, il partito che secondo diversi autorevoli sondaggisti sarebbe primo se a votare fossero solo gli under 30, e che nel 2013 ha portato in Parlamento i gruppi di deputati e senatori più verdi della storia repubblicana (ad inizio legislatura era di 33 anni l’età media degli onorevoli grillini e di 46 quella dei senatori).
Arrivare ad un’assemblea politica nazionale e trovare una platea composta in larga maggioranza da giovani. Non è affatto frequente di questi tempi, in un periodo in cui la disaffezione per i partiti e i loro rappresentanti ha raggiunto un livello senza precedenti. L’unica eccezione sembrava essere rappresentata dal Movimento 5 Stelle, il partito che secondo diversi autorevoli sondaggisti sarebbe primo se a votare fossero solo gli under 30, e che nel 2013 ha portato in Parlamento i gruppi di deputati e senatori più verdi della storia repubblicana (ad inizio legislatura era di 33 anni l’età media degli onorevoli grillini e di 46 quella dei senatori).
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
iospero ha scritto:ho l'impressione che il terrorismo in prima pagina faccia un po' il gioco di chi sta governando, da più parti è stato ventilato un uniamoci contro il terrorismo mettendo da parte la democrazia.cielo 70 ha scritto:I fatti della Francia hanno distrutto quel poco di possibilità di parlare di politica per fare una società migliore, invece che stare sempre ad affrontare le urgenze e dover accettare la pochezza dei governi di adesso.
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.....da più parti è stato ventilato un uniamoci contro il terrorismo mettendo da parte la democrazia.
Non è che le cose vengano nascoste più di tanto. Adesso sono usciti allo scoperto.
Molti credono ancora a Gesù bambino e a Babbo Natale che porta i regali la sera del 24 dicembre, o alla Befana che fa altrettanto nella successiva sera del 5 gennaio di ogni anno.
Qualcuno pensa che nella JP Morgan non agisca l’élite dell’aristocrazia conservatrice dominante della massoneria????????????
Campa cavallo!!!!!!!!
Ritorno anche qui a quanto pubblicato da erding in altro 3D, riferito a Francesco Briganti:
"Abbiamo lasciato fare; sapevamo eppure abbiamo taciuto;
o abbiamo urlato troppo piano;
Ricetta Jp Morgan per Europa integrata: liberarsi delle ...
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/06 ... te/630787/› Economia & Lobby
19 giu 2013 - Ricetta Jp Morgan per Europa integrata: liberarsi delle costituzioni antifasciste ... Che un gigante della finanza globale produca un documento in cui chiede ai ... I sistemi politici dei paesi del sud, e in particolare le loro costituzioni, adottate in .... Le banche devono chiudere, tutte, per manifesta attivitá anti ...
JP Morgan all'Eurozona: "Sbarazzatevi delle costituzioni ...
http://www.wallstreetitalia.com/jp-morg ... delle-cost...
Lo si legge in un documento di 16 pagine in cui vengono elencate le ... E' un peccato che l'analisi di JP Morgan non abbia ricevuto l'attenzione che meritava. ... bensi' anche di “eccesso di democrazia” che va assolutamente ridimensionato. ... I sistemi politici dei paesi del sud, e in particolare le loro costituzioni, adottate in ...
Si scrive Renzi si legge JpMorgan - La Repubblica
temi.repubblica.it/micromega-online/si-scrive-renzi-si-legge-jpmorgan/
14 apr 2014 - Guerrafondai e assassini della democrazia, ma “moderati” ... Il 28 maggio 2013 la JpMorgan ha redatto un documento di sedici pagine dal ... Specie quelle del Sud Europa: in Italia, Grecia, Spagna, Portogallo», denuncia il .
JPMorgan Chase
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
https://it.wikipedia.org/wiki/JPMorgan_Chase
Il Report 2013 sui paesi del Sud Europa
Il 28 maggio 2013 banca Jp Morgan ha pubblicato un rapporto in cui affermava la necessità di intervenire politicamente a livello locale presso gli Stati del Sud Europa per consentire ai governi riforme strutturali improntate all’austerity, arrivando in particolare a definire le costituzioni adottate in seguito alla caduta del fascismo come «inadatte a favorire la maggiore integrazione dell’area europea», in quanto mostrano una «forte influenza delle idee socialiste», per cui i sistemi costituzionali presentano «esecutivi deboli nei confronti dei parlamenti, governi centrali deboli nei confronti delle regioni, tutele costituzionali nei confronti dei diritti dei lavoratori». In particolare, vi si lamenta «la licenza di protestare se sono proposte modifiche sgradite dello status quo».</ref>[9]
Il 19 giugno 2013, il rapporto ha sollevato numerose critiche, dal momento che JP Morgan con i suoi progetti di finanza creativa è stata tra le protagoniste della crisi dei subprime e della Grande Depressione del 2008, tanto che nel 2012 fu denunciata dal governo federale americano perché ritenuta responsabile della crisi.[10]
Ultima modifica di camillobenso il 23/11/2015, 17:56, modificato 1 volta in totale.
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
Rendiamo più esplicito quanto sintetizzato da Google:
Ricetta Jp Morgan per Europa integrata: liberarsi delle ...
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/06 ... te/630787/ Economia & Lobby
“Contro Isis è in corso una guerra simmetrica
Ma il Califfo sottovaluta la forza di Europa-Usa”
L’ANALISI DEL GENERALE FABIO MINI – Daesh non sta vincendo ed è destinato a dissolversi. Il problema è
risolvibile militarmente in poco tempo, il vero nemico sono i rapporti tra Stati che fingono di combatterlo
Attentati Parigi, il generale Fabio Mini: “E’ una nuova guerra simmetrica in cui Isis sottovaluta la forza di Europa e Usa”
Mondo
Lo schema è quello classico di azione e reazione: ma se davvero lo Stato islamico ha cominciato a pensare in termini globali occorre vedere se ha le capacità pratiche di sostenere una tale dimensione. Il problema di Daesh è risolvibile militarmente in poche settimane, il vero nemico sono i rapporti tra gli Stati che lo sostengono e fingono di combatterlo. Eliminati i terroristi di Iraq e Siria, per i paesi occidentali resterebbero i problemi delle comunità islamiche
di F. Q. | 23 novembre 2015
Commenti
Il venerdì nero del 13 novembre è stato definito “l’11 settembre francese”. Mentre la ricerca di ciò che si sapeva e di ciò che era prevedibile procede con cautela, il linguaggio politico e mediatico indulge nelle iperboli dell’isterismo. L’Inghilterra, forse inchiodata dall’outing di Tony Blair sulle responsabilità inglesi nella nascita dell’Isis, ha reagito con più calma. L’intelligence ha suggerito, prima e meglio di ogni altro, dati sull’abbattimento dell’aereo russo sul Sinai e sui movimenti dei terroristi francesi.
Anche gli americani sono cauti. L’autorevole think tank Stratfor (“la Cia della Cia”) si chiede come possa rispondere l’Europa al flusso dei migranti, come se il problema fosse della migrazione, e se lo Stato islamico si stia espandendo (come sta cercando di far credere). Promette di dare risposte, ma bisogna abbonarsi. Daniel Byman della Brookings Institution ha molti dubbi sulle rivendicazioni dell’Isis. Ma se dovessero essere vere, secondo lui si starebbe verificando una escalation della minaccia dal livello locale (Iraq-Siria), a quello regionale (Sinai e Libano) a quello continentale (Parigi, Belgio, Roma, Europa) e quindi globale.
Il massacro di Parigi ha segnato un punto di non ritorno non nella strategia terrorista ma nella nostra capacità di ragionare. La Francia non ha preso atto di avere un problema interno e il resto d’Europa la segue preoccupandosi della sola dimensione esterna. Tutto viene riversato sull’Isis e il nazionalismo francese conta di acquisire consenso per far digerire misure altrimenti impopolari o antieuropee. La strage di Parigi non è un esempio di maestria terroristica, ma di povera prevenzione. L’attacco di Mumbai del 2008 è stato il vero antesignano della tattica decentrata dei piccoli gruppi e la riscossa del terrorismo dopo la fine operativa di al Qaeda in Afghanistan. L’11 settembre ha richiesto oltre due anni di preparazione e l’infiltrazione negli Stati Uniti di decine di operatori. A Parigi gli attentatori hanno scimmiottato Mumbai ed erano di casa, forse avrebbero attaccato prima se non fossero stati preceduti dall’assalto a Charlie Hebdo.
Quando e se la Francia, gli Usa, la Russia e l’Occidente volessero eliminare i terroristi in Iraq e Siria i problemi delle comunità islamiche in Europa rimarrebbero da risolvere. Il problema dell’Isis, con la giusta volontà, è risolvibile militarmente nel giro di poche settimane. Ma quello dei rapporti tra gli Stati che lo sostengono e che fingono di combatterlo (compresi quelli occidentali) è insolubile. Senza agire sulle matrici del terrorismo interno la caduta militare dell’Isis sarebbe priva di significato.
L’Isis è soltanto ciò che noi vogliamo che sia. E abbiamo cominciato malissimo già chiamandolo in questo modo. Lo chiamiamo Isis o Isil o Daesh. Acronimi equivalenti (Stato Islamico di Iraq e Siria, o di Iraq e Levante) che contengono una chiave geografica, una religiosa (Islam) e una politica (Stato). Ma l’Isis non è uno stato, infrange continuamente la Sharia, non amministra un territorio e controlla soltanto tre tratti del corso dell’Eufrate, del Tigri e della bretella che li collega da Mosul a Raqqa. Sfrutta le risorse locali e gestisce il traffico di quelle provenienti dai numerosi sponsor dichiarati, occulti diretti o indiretti, tutti consapevoli di alimentare il terrorismo. Non è un califfato perché nessuno, nella comunità islamica, lo riconosce. I suoi capi pensano molto al denaro, al potere, alla politica della violenza e poco alla religione della quale si fanno però scudo. Non sta vincendo ed è destinato a dissolversi in termini militari ed ideologici. Ma ha avviato un processo di identificazione in tutte le comunità islamiche frustrate e oppresse sia nell’ambito degli stessi regimi islamisti, sia tra gli espatriati.
Dal punto di vista politico e strategico non è nulla senza gli stati e i privati che lo appoggiano e lo foraggiano di soldi e armi. Dal punto di vista militare non è nulla senza l’acquiescenza e l’indifferenza di coloro che dicono di combatterlo. La guerra dichiarata è simmetrica ed equilibrata. Alle bombe degli attentati corrispondono le bombe dei caccia e dei droni, ai civili ammazzati a Parigi corrispondono i civili ammazzati a Raqqa e così via. Questa guerra è antiquata e meccanicistica nella sequenza di azione e reazione uguale e contraria. Sappiamo bene l’importanza militare di conservare l’iniziativa ma l’abbiamo abbandonata per sottostare all’iniziativa altrui.
Se Isis ha cominciato a pensare in termini globali occorre vedere se ha le capacità pratiche di sostenere una tale dimensione. Agire in grande consente di attirare più proseliti ma uscire dall’ambito locale significa anche attirare l’odio di più Stati, e l’attenzione di migliori apparati di sicurezza. Un errore che hanno fatto al Qaeda e anche alcuni gruppi terroristici nostrani è quello di pensare che la risposta a ogni provocazione fosse il massimo esprimibile da parte dell’istituzione o dello Stato colpito. Ma la risposta, anche se sproporzionata, non ha mai impegnato che una piccola parte delle potenzialità occidentali ed è stata limitata dal consenso interno. Non dalla paura dell’esterno.
Si tratta l’Isis come se fosse uno Stato e uno Stato sponsor del terrorismo: non è uno stato e quindi non è sponsor, ma agente del terrorismo. Sono invece sponsor tutti quegli Stati e non-Stati che sponsorizzano l’Isis. Che alimentano il mercato nero del petrolio, delle armi, dei reperti archeologici, e pagano i riscatti, sottostanno alle estorsioni e forniscono le compagnie di facciata per le speculazioni finanziarie e le imprese commerciali.
Ognuna di queste attività di sostegno ha uno o più nomi noti anche se diversi insospettati. Oltre ai legami sauditi e degli emirati o a quelli turchi esistono addirittura organizzazioni curde che si avvalgono di intermediari occidentali per fare affari con i terroristi. I legami degli interessi, specialmente se sporchi, sono più forti del ribrezzo dei massacri.
Fabio Mini*
* 73 anni, è generale di corpo d’armata. E’ stato capo di Stato maggiore del Comando Nato per il Sud Europa, ha diretto le operazioni nei Balcani, tra il 2002 e 2003 è stato comandante delle operazioni Nato in Kosovo. Tra i suoi ultimi libri: “I guardiani del potere”, pubblicato dal Mulino.
Da Il Fatto Quotidiano del 22 novembre 2015
Ricetta Jp Morgan per Europa integrata: liberarsi delle ...
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/06 ... te/630787/ Economia & Lobby
“Contro Isis è in corso una guerra simmetrica
Ma il Califfo sottovaluta la forza di Europa-Usa”
L’ANALISI DEL GENERALE FABIO MINI – Daesh non sta vincendo ed è destinato a dissolversi. Il problema è
risolvibile militarmente in poco tempo, il vero nemico sono i rapporti tra Stati che fingono di combatterlo
Attentati Parigi, il generale Fabio Mini: “E’ una nuova guerra simmetrica in cui Isis sottovaluta la forza di Europa e Usa”
Mondo
Lo schema è quello classico di azione e reazione: ma se davvero lo Stato islamico ha cominciato a pensare in termini globali occorre vedere se ha le capacità pratiche di sostenere una tale dimensione. Il problema di Daesh è risolvibile militarmente in poche settimane, il vero nemico sono i rapporti tra gli Stati che lo sostengono e fingono di combatterlo. Eliminati i terroristi di Iraq e Siria, per i paesi occidentali resterebbero i problemi delle comunità islamiche
di F. Q. | 23 novembre 2015
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Il venerdì nero del 13 novembre è stato definito “l’11 settembre francese”. Mentre la ricerca di ciò che si sapeva e di ciò che era prevedibile procede con cautela, il linguaggio politico e mediatico indulge nelle iperboli dell’isterismo. L’Inghilterra, forse inchiodata dall’outing di Tony Blair sulle responsabilità inglesi nella nascita dell’Isis, ha reagito con più calma. L’intelligence ha suggerito, prima e meglio di ogni altro, dati sull’abbattimento dell’aereo russo sul Sinai e sui movimenti dei terroristi francesi.
Anche gli americani sono cauti. L’autorevole think tank Stratfor (“la Cia della Cia”) si chiede come possa rispondere l’Europa al flusso dei migranti, come se il problema fosse della migrazione, e se lo Stato islamico si stia espandendo (come sta cercando di far credere). Promette di dare risposte, ma bisogna abbonarsi. Daniel Byman della Brookings Institution ha molti dubbi sulle rivendicazioni dell’Isis. Ma se dovessero essere vere, secondo lui si starebbe verificando una escalation della minaccia dal livello locale (Iraq-Siria), a quello regionale (Sinai e Libano) a quello continentale (Parigi, Belgio, Roma, Europa) e quindi globale.
Il massacro di Parigi ha segnato un punto di non ritorno non nella strategia terrorista ma nella nostra capacità di ragionare. La Francia non ha preso atto di avere un problema interno e il resto d’Europa la segue preoccupandosi della sola dimensione esterna. Tutto viene riversato sull’Isis e il nazionalismo francese conta di acquisire consenso per far digerire misure altrimenti impopolari o antieuropee. La strage di Parigi non è un esempio di maestria terroristica, ma di povera prevenzione. L’attacco di Mumbai del 2008 è stato il vero antesignano della tattica decentrata dei piccoli gruppi e la riscossa del terrorismo dopo la fine operativa di al Qaeda in Afghanistan. L’11 settembre ha richiesto oltre due anni di preparazione e l’infiltrazione negli Stati Uniti di decine di operatori. A Parigi gli attentatori hanno scimmiottato Mumbai ed erano di casa, forse avrebbero attaccato prima se non fossero stati preceduti dall’assalto a Charlie Hebdo.
Quando e se la Francia, gli Usa, la Russia e l’Occidente volessero eliminare i terroristi in Iraq e Siria i problemi delle comunità islamiche in Europa rimarrebbero da risolvere. Il problema dell’Isis, con la giusta volontà, è risolvibile militarmente nel giro di poche settimane. Ma quello dei rapporti tra gli Stati che lo sostengono e che fingono di combatterlo (compresi quelli occidentali) è insolubile. Senza agire sulle matrici del terrorismo interno la caduta militare dell’Isis sarebbe priva di significato.
L’Isis è soltanto ciò che noi vogliamo che sia. E abbiamo cominciato malissimo già chiamandolo in questo modo. Lo chiamiamo Isis o Isil o Daesh. Acronimi equivalenti (Stato Islamico di Iraq e Siria, o di Iraq e Levante) che contengono una chiave geografica, una religiosa (Islam) e una politica (Stato). Ma l’Isis non è uno stato, infrange continuamente la Sharia, non amministra un territorio e controlla soltanto tre tratti del corso dell’Eufrate, del Tigri e della bretella che li collega da Mosul a Raqqa. Sfrutta le risorse locali e gestisce il traffico di quelle provenienti dai numerosi sponsor dichiarati, occulti diretti o indiretti, tutti consapevoli di alimentare il terrorismo. Non è un califfato perché nessuno, nella comunità islamica, lo riconosce. I suoi capi pensano molto al denaro, al potere, alla politica della violenza e poco alla religione della quale si fanno però scudo. Non sta vincendo ed è destinato a dissolversi in termini militari ed ideologici. Ma ha avviato un processo di identificazione in tutte le comunità islamiche frustrate e oppresse sia nell’ambito degli stessi regimi islamisti, sia tra gli espatriati.
Dal punto di vista politico e strategico non è nulla senza gli stati e i privati che lo appoggiano e lo foraggiano di soldi e armi. Dal punto di vista militare non è nulla senza l’acquiescenza e l’indifferenza di coloro che dicono di combatterlo. La guerra dichiarata è simmetrica ed equilibrata. Alle bombe degli attentati corrispondono le bombe dei caccia e dei droni, ai civili ammazzati a Parigi corrispondono i civili ammazzati a Raqqa e così via. Questa guerra è antiquata e meccanicistica nella sequenza di azione e reazione uguale e contraria. Sappiamo bene l’importanza militare di conservare l’iniziativa ma l’abbiamo abbandonata per sottostare all’iniziativa altrui.
Se Isis ha cominciato a pensare in termini globali occorre vedere se ha le capacità pratiche di sostenere una tale dimensione. Agire in grande consente di attirare più proseliti ma uscire dall’ambito locale significa anche attirare l’odio di più Stati, e l’attenzione di migliori apparati di sicurezza. Un errore che hanno fatto al Qaeda e anche alcuni gruppi terroristici nostrani è quello di pensare che la risposta a ogni provocazione fosse il massimo esprimibile da parte dell’istituzione o dello Stato colpito. Ma la risposta, anche se sproporzionata, non ha mai impegnato che una piccola parte delle potenzialità occidentali ed è stata limitata dal consenso interno. Non dalla paura dell’esterno.
Si tratta l’Isis come se fosse uno Stato e uno Stato sponsor del terrorismo: non è uno stato e quindi non è sponsor, ma agente del terrorismo. Sono invece sponsor tutti quegli Stati e non-Stati che sponsorizzano l’Isis. Che alimentano il mercato nero del petrolio, delle armi, dei reperti archeologici, e pagano i riscatti, sottostanno alle estorsioni e forniscono le compagnie di facciata per le speculazioni finanziarie e le imprese commerciali.
Ognuna di queste attività di sostegno ha uno o più nomi noti anche se diversi insospettati. Oltre ai legami sauditi e degli emirati o a quelli turchi esistono addirittura organizzazioni curde che si avvalgono di intermediari occidentali per fare affari con i terroristi. I legami degli interessi, specialmente se sporchi, sono più forti del ribrezzo dei massacri.
Fabio Mini*
* 73 anni, è generale di corpo d’armata. E’ stato capo di Stato maggiore del Comando Nato per il Sud Europa, ha diretto le operazioni nei Balcani, tra il 2002 e 2003 è stato comandante delle operazioni Nato in Kosovo. Tra i suoi ultimi libri: “I guardiani del potere”, pubblicato dal Mulino.
Da Il Fatto Quotidiano del 22 novembre 2015
Ultima modifica di camillobenso il 23/11/2015, 17:54, modificato 2 volte in totale.
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
SMS per pancho
Caro pancho, leggo anch'io per la prima volta questo articolo del generale Mini anche se ne avevo letto il titolo su il fattoquotidiano.it.
Ma dovremmo essere programmati e vivere in un sistema da 48 ore quotidiane.
Io ammetto i miei limiti e non arrivo manchevolmente a tutto.
Se altrove ho espresso la mia poca convinzione sull'intervento armato di terra è perchè vedevo le stesse complicazioni evidenziate da MINI.
.....il vero nemico sono i rapporti tra Stati che fingono di combatterlo
E' per questo motivo che sono riluttante a sacrificare giovani e meno giovani vite umane contro un finto nemico.
L’ANALISI DEL GENERALE FABIO MINI – Daesh non sta vincendo ed è destinato a dissolversi. Il problema è
risolvibile militarmente in poco tempo, il vero nemico sono i rapporti tra Stati che fingono di combatterlo
Caro pancho, leggo anch'io per la prima volta questo articolo del generale Mini anche se ne avevo letto il titolo su il fattoquotidiano.it.
Ma dovremmo essere programmati e vivere in un sistema da 48 ore quotidiane.
Io ammetto i miei limiti e non arrivo manchevolmente a tutto.
Se altrove ho espresso la mia poca convinzione sull'intervento armato di terra è perchè vedevo le stesse complicazioni evidenziate da MINI.
.....il vero nemico sono i rapporti tra Stati che fingono di combatterlo
E' per questo motivo che sono riluttante a sacrificare giovani e meno giovani vite umane contro un finto nemico.
L’ANALISI DEL GENERALE FABIO MINI – Daesh non sta vincendo ed è destinato a dissolversi. Il problema è
risolvibile militarmente in poco tempo, il vero nemico sono i rapporti tra Stati che fingono di combatterlo
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
Devo fare una premessa doverosa: non sono per formazione politica un'interventista a tutti i costi e dico da sempre che le guerre non risolvono i problemi dell'umanità poiché questi spettano alle politiche nazionali ed internazionali.camillobenso ha scritto:SMS per pancho
Caro pancho, leggo anch'io per la prima volta questo articolo del generale Mini anche se ne avevo letto il titolo su il fattoquotidiano.it.
Ma dovremmo essere programmati e vivere in un sistema da 48 ore quotidiane.
Io ammetto i miei limiti e non arrivo manchevolmente a tutto.
Se altrove ho espresso la mia poca convinzione sull'intervento armato di terra è perchè vedevo le stesse complicazioni evidenziate da MINI.
.....il vero nemico sono i rapporti tra Stati che fingono di combatterlo
E' per questo motivo che sono riluttante a sacrificare giovani e meno giovani vite umane contro un finto nemico
L’ANALISI DEL GENERALE FABIO MINI – Daesh non sta vincendo ed è destinato a dissolversi. Il problema è
risolvibile militarmente in poco tempo, il vero nemico sono i rapporti tra Stati che fingono di combatterlo
Detto questo è visto la situazione mediorientale certamente creata con scopi non prettamente umanitari, non posson però trascurare il fatto dello status quo della situazione che sta creando l'IS con l'appoggio di quesi stati che tieni pure te a sottolineare .
Se tutti si dicono contrari a IS sappiamo però che questo non è vero e quindi dobbiamo trarne le dovute conseguenze poiché sappiamo chi sono.
Ora non abbiamo alternative all'intervento poiché se dovessimo interrompere il flusso ininterrotto dei camion cisterna di petrolio verso questi paesi che a parole sono con noi ma poi remano contro, avremo fatto un primo passo è automaticamente avremo fatto un po di guerra anche a costoro e a quelli che vendono le armi poiché con i proventi del petrolio tutto possono comprare e gli offerenti nascono sempre difronte alla pecunia.
Certamente questo non risolve il tutto poiché bisognerà costruire il dopo è questo lo si dovrebbe sapere prima di agire o non si vuole per il momento lasciare Assad fino a nuove elezioni magari sotto sorveglianza.
I nuovi governi dovranno farsi immediatamente una loro costituzione che sia in grado di dare fiducia e quindi poter dare avvio immediatamente a patti economici in modo che si possa avviare un ritorno alla vita normale e alla loro ripresa economica.
Caro Amico, il mio consenso va in questa direzione e non solo all'intervento tout court che ci porterebbe d i nuovo alle soluzioni libiche,iraqene e quant'altro.
Lo stato islamico dello sceicco nero deve essere bloccato immediatamente e non tergiversare ancora e continuare a aver paura della paura.
In questo mondo che non tiene conto della persona ma va incontro invece soltanto alla finanza e quindi ai padroni del "vapore" diventa molto pericoloso poiché trova manovalanza da tutte le parti e queste menti diventano molto fragili se pensiamo che si fanno saltare in aria pure loro.
Quindi, intervento si però bisogna aver chiaro quanto ho cercato di formulare sopra poiché siamo troppo impreparati ad affrontare un tale problema se questo dovesse prolungarsi.
Basta pensare la presa di posizione dei tedeschi nell'accogliere solo i siriani poiché pensavano portassero una manodopera altamente specializzate.
Come è possibile che la loro intelligence non sia stata in grado di scoprire che questi siriani, la maggior parte, non erano per niente siriani ma si spacciavano per tali comprando per 700€ un passaporto falso. Pagandone 2 te ne davano anche 3. I media si sono sostituiti a loro?
E poi, bisogna essere chiari anche su un altro punto: Non bisogna delegare agli states quello che ognuno dovrebbe fare e poi criticarne l'operato . Chi si prende la priga di fare "il guardiano del mondo" non lo fa tanto per buttar via soldi ma per averne degli interessi a breve o a lungo termina. Non sono Opere di San Vincenzo anche se su queste non ci metto la mano sul fuoco.
Tutta la storia recente sull'Ucraina ha questo scopo e purtroppo tutta l'Europa o fa finta di niente o pensa si possano aprire nuovi territori su cui importare la nostra "democrazia" bancaria. Siamo un po' complici tutti poiche siamo diventati dei butattini con la carica a molla sempre pronti a spostarci da una parte o dall'altra.
Dipendiamo sempre dalla posizione in cui ci mettono. Pensiamo di avere una certa cultura sia politica che economica e non ci accorgiamo che e' solo quelle che ci hanno imposto facendoci diventare dei piccoli robot da indirizzare, in qualsiasi momento, dove vogliono
Un salutone
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
camillobenso ha scritto:Rendiamo più esplicito quanto sintetizzato da Google:
Ricetta Jp Morgan per Europa integrata: liberarsi delle ...
http://www.ilfattoquotidiano.it › Economia & Lobby
“Contro Isis è in corso una guerra simmetrica
Ma il Califfo sottovaluta la forza di Europa-Usa”
L’ANALISI DEL GENERALE FABIO MINI – Daesh non sta vincendo ed è destinato a dissolversi. Il problema è
risolvibile militarmente in poco tempo, il vero nemico sono i rapporti tra Stati che fingono di combatterlo
Attentati Parigi, il generale Fabio Mini: “E’ una nuova guerra simmetrica in cui Isis sottovaluta la forza di Europa e Usa”
Mondo
Lo schema è quello classico di azione e reazione: ma se davvero lo Stato islamico ha cominciato a pensare in termini globali occorre vedere se ha le capacità pratiche di sostenere una tale dimensione. Il problema di Daesh è risolvibile militarmente in poche settimane, il vero nemico sono i rapporti tra gli Stati che lo sostengono e fingono di combatterlo. Eliminati i terroristi di Iraq e Siria, per i paesi occidentali resterebbero i problemi delle comunità islamiche
di F. Q. | 23 novembre 2015
Commenti
Il venerdì nero del 13 novembre è stato definito “l’11 settembre francese”. Mentre la ricerca di ciò che si sapeva e di ciò che era prevedibile procede con cautela, il linguaggio politico e mediatico indulge nelle iperboli dell’isterismo. L’Inghilterra, forse inchiodata dall’outing di Tony Blair sulle responsabilità inglesi nella nascita dell’Isis, ha reagito con più calma. L’intelligence ha suggerito, prima e meglio di ogni altro, dati sull’abbattimento dell’aereo russo sul Sinai e sui movimenti dei terroristi francesi.
Anche gli americani sono cauti. L’autorevole think tank Stratfor (“la Cia della Cia”) si chiede come possa rispondere l’Europa al flusso dei migranti, come se il problema fosse della migrazione, e se lo Stato islamico si stia espandendo (come sta cercando di far credere). Promette di dare risposte, ma bisogna abbonarsi. Daniel Byman della Brookings Institution ha molti dubbi sulle rivendicazioni dell’Isis. Ma se dovessero essere vere, secondo lui si starebbe verificando una escalation della minaccia dal livello locale (Iraq-Siria), a quello regionale (Sinai e Libano) a quello continentale (Parigi, Belgio, Roma, Europa) e quindi globale.
Il massacro di Parigi ha segnato un punto di non ritorno non nella strategia terrorista ma nella nostra capacità di ragionare. La Francia non ha preso atto di avere un problema interno e il resto d’Europa la segue preoccupandosi della sola dimensione esterna. Tutto viene riversato sull’Isis e il nazionalismo francese conta di acquisire consenso per far digerire misure altrimenti impopolari o antieuropee. La strage di Parigi non è un esempio di maestria terroristica, ma di povera prevenzione. L’attacco di Mumbai del 2008 è stato il vero antesignano della tattica decentrata dei piccoli gruppi e la riscossa del terrorismo dopo la fine operativa di al Qaeda in Afghanistan. L’11 settembre ha richiesto oltre due anni di preparazione e l’infiltrazione negli Stati Uniti di decine di operatori. A Parigi gli attentatori hanno scimmiottato Mumbai ed erano di casa, forse avrebbero attaccato prima se non fossero stati preceduti dall’assalto a Charlie Hebdo.
Quando e se la Francia, gli Usa, la Russia e l’Occidente volessero eliminare i terroristi in Iraq e Siria i problemi delle comunità islamiche in Europa rimarrebbero da risolvere. Il problema dell’Isis, con la giusta volontà, è risolvibile militarmente nel giro di poche settimane. Ma quello dei rapporti tra gli Stati che lo sostengono e che fingono di combatterlo (compresi quelli occidentali) è insolubile. Senza agire sulle matrici del terrorismo interno la caduta militare dell’Isis sarebbe priva di significato.
L’Isis è soltanto ciò che noi vogliamo che sia. E abbiamo cominciato malissimo già chiamandolo in questo modo. Lo chiamiamo Isis o Isil o Daesh. Acronimi equivalenti (Stato Islamico di Iraq e Siria, o di Iraq e Levante) che contengono una chiave geografica, una religiosa (Islam) e una politica (Stato). Ma l’Isis non è uno stato, infrange continuamente la Sharia, non amministra un territorio e controlla soltanto tre tratti del corso dell’Eufrate, del Tigri e della bretella che li collega da Mosul a Raqqa. Sfrutta le risorse locali e gestisce il traffico di quelle provenienti dai numerosi sponsor dichiarati, occulti diretti o indiretti, tutti consapevoli di alimentare il terrorismo. Non è un califfato perché nessuno, nella comunità islamica, lo riconosce. I suoi capi pensano molto al denaro, al potere, alla politica della violenza e poco alla religione della quale si fanno però scudo. Non sta vincendo ed è destinato a dissolversi in termini militari ed ideologici. Ma ha avviato un processo di identificazione in tutte le comunità islamiche frustrate e oppresse sia nell’ambito degli stessi regimi islamisti, sia tra gli espatriati.
Dal punto di vista politico e strategico non è nulla senza gli stati e i privati che lo appoggiano e lo foraggiano di soldi e armi. Dal punto di vista militare non è nulla senza l’acquiescenza e l’indifferenza di coloro che dicono di combatterlo. La guerra dichiarata è simmetrica ed equilibrata. Alle bombe degli attentati corrispondono le bombe dei caccia e dei droni, ai civili ammazzati a Parigi corrispondono i civili ammazzati a Raqqa e così via. Questa guerra è antiquata e meccanicistica nella sequenza di azione e reazione uguale e contraria. Sappiamo bene l’importanza militare di conservare l’iniziativa ma l’abbiamo abbandonata per sottostare all’iniziativa altrui.
Se Isis ha cominciato a pensare in termini globali occorre vedere se ha le capacità pratiche di sostenere una tale dimensione. Agire in grande consente di attirare più proseliti ma uscire dall’ambito locale significa anche attirare l’odio di più Stati, e l’attenzione di migliori apparati di sicurezza. Un errore che hanno fatto al Qaeda e anche alcuni gruppi terroristici nostrani è quello di pensare che la risposta a ogni provocazione fosse il massimo esprimibile da parte dell’istituzione o dello Stato colpito. Ma la risposta, anche se sproporzionata, non ha mai impegnato che una piccola parte delle potenzialità occidentali ed è stata limitata dal consenso interno. Non dalla paura dell’esterno.
Si tratta l’Isis come se fosse uno Stato e uno Stato sponsor del terrorismo: non è uno stato e quindi non è sponsor, ma agente del terrorismo. Sono invece sponsor tutti quegli Stati e non-Stati che sponsorizzano l’Isis. Che alimentano il mercato nero del petrolio, delle armi, dei reperti archeologici, e pagano i riscatti, sottostanno alle estorsioni e forniscono le compagnie di facciata per le speculazioni finanziarie e le imprese commerciali.
Ognuna di queste attività di sostegno ha uno o più nomi noti anche se diversi insospettati. Oltre ai legami sauditi e degli emirati o a quelli turchi esistono addirittura organizzazioni curde che si avvalgono di intermediari occidentali per fare affari con i terroristi. I legami degli interessi, specialmente se sporchi, sono più forti del ribrezzo dei massacri.
Fabio Mini*
* 73 anni, è generale di corpo d’armata. E’ stato capo di Stato maggiore del Comando Nato per il Sud Europa, ha diretto le operazioni nei Balcani, tra il 2002 e 2003 è stato comandante delle operazioni Nato in Kosovo. Tra i suoi ultimi libri: “I guardiani del potere”, pubblicato dal Mulino.
Da Il Fatto Quotidiano del 22 novembre 2015
Nel riportare il link dell'articolo del fattoquotidiano ricavato da Google devo aver commesso un errore. Me ne scuso.
Non è sul generale Mini, ma è questo:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/06 ... te/630787/
Ricetta Jp Morgan per Europa integrata: liberarsi delle costituzioni antifasciste
Costituzione
Economia & Lobby
Report della banca d'affari statunitense, considerata dal governo Usa responsabile della crisi dei subprime: "I sistemi politici dei paesi europei del Sud e in particolare le loro costituzioni, adottate in seguito alla caduta del fascismo, presentano caratteristiche inadatte a favorire l'integrazione. C'è forte influenza delle idee socialiste". E cita, tra gli aspetti problematici, la tutela garantita ai diritti dei lavoratori
di Luca Pisapia | 19 giugno 2013
Commenti (990)
Che un gigante della finanza globale produca un documento in cui chiede ai governi riforme strutturali improntate all’austerity non fa più notizia. Ma Jp Morgan, storica società finanziaria (con banca inclusa) statunitense, si è spinta più in là. E ha scritto nero su bianco quella che sembra essere la ricetta del grande capitale finanziario per gli stati dell’Eurozona. Il suo consiglio ai governi nazionali d’Europa per sopravvivere alla crisi del debito è: liberatevi al più presto delle vostre costituzioni antifasciste.
In questo documento di 16 pagine datato 28 maggio 2013, dopo che nell’introduzione si fa già riferimento alla necessità di intervenire politicamente a livello locale, a pagina 12 e 13 si arriva alle costituzioni dei paesi europei, con particolare riferimento alla loro origine e ai contenuti: “Quando la crisi è iniziata era diffusa l’idea che questi limiti intrinseci avessero natura prettamente economica (…) Ma col tempo è divenuto chiaro che esistono anche limiti di natura politica. I sistemi politici dei paesi del sud, e in particolare le loro costituzioni, adottate in seguito alla caduta del fascismo, presentano una serie di caratteristiche che appaiono inadatte a favorire la maggiore integrazione dell’area europea” (traduzione da http://culturaliberta.wordpress.com/).
JPMorgan è stata tra le protagoniste dei progetti della finanza creativa e quindi della crisi dei subprime che dal 2008. Fino a essere stata formalmente denunciata nel 2012 dal governo federale americano come responsabile della crisi, in particolare per l’acquisto della banca d’investimento Bear Sterns. Ecco che invece dai grattacieli di Manhattan hanno pensato bene di scrivere che i problemi economici dell’Europa sono dovuti al fatto che “i sistemi politici della periferia meridionale sono stati instaurati in seguito alla caduta di dittature, e sono rimasti segnati da quell’esperienza. Le costituzioni mostrano una forte influenza delle idee socialiste, e in ciò riflettono la grande forza politica raggiunta dai partiti di sinistra dopo la sconfitta del fascismo”.
E per colpa delle idee socialiste insite nelle costituzioni, secondo Jp Morgan, non si riescono ad applicare le necessarie misure di austerity. “I sistemi politici e costituzionali del sud presentano le seguenti caratteristiche: esecutivi deboli nei confronti dei parlamenti; governi centrali deboli nei confronti delle regioni; tutele costituzionali dei diritti dei lavoratori; tecniche di costruzione del consenso fondate sul clientelismo; e la licenza di protestare se sono proposte modifiche sgradite dello status quo. La crisi ha illustrato a quali conseguenze portino queste caratteristiche. I paesi della periferia hanno ottenuto successi solo parziali nel seguire percorsi di riforme economiche e fiscali, e abbiamo visto esecutivi limitati nella loro azione dalle costituzioni (Portogallo), dalle autorità locali (Spagna), e dalla crescita di partiti populisti (Italia e Grecia)”.
Quindi Jp Morgan, dopo avere attribuito all’Europa l’incapacità di uscire dalla crisi per la colpa originaria della forza politica dei partiti di sinistra e delle costituzioni antifasciste nate dalle varie lotte di liberazione continentali, ammonisce che l’austerity si stenderà sul vecchio continente “per un periodo molto lungo”.
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
Per favore attenzione qui si discute
Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la SX?
Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la SX?
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