La crisi dell'Europa
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Re: La crisi dell'Europa
Piovono Rane
di Alessandro Gilioli
24 giu La Classe Dirigente
Schermata 2016-06-24 alle 10.38.50
C'è un profetico film inglese del 1972 che si intitola "La Classe Dirigente".
Inizia con un lord nevrotico che ogni sera gioca ad appendersi con un cappio al collo, simulando un'impiccagione, finché non ci resta secco; prosegue con un catalogo di paranoie psichiatriche di suo figlio, il 14° Conte di Gurney, che si crede Gesù; finisce con una sequenza della Camera Alta britannica in cui i lord si trasformano in cadaveri putrescenti.
Inevitabile ripescarlo dalla memoria, dopo quello che è successo.
A giocare con il cappio, fino a impiccarsene, è stato tutto l'establishment economico e finanziario di questo Continente - compresa la City di Londra - che ha trasformato l'Europa in una camera a gas. E i veleni si chiamano prevalenza dei mercati sulle persone, austerità, impoverimento del ceto medio, precarizzazione dell'esistenza di tutti ed esternalizzazione della democrazia. Come ha detto ieri Yanis Varoufakis qui al Baobab di Roma, «le élite hanno depoliticizzato la politica rendendola tossica».
Abbiamo tutti sotto gli occhi il risultato, adesso, di queste scelte così poco sagge. Così profondamente ideologiche, cioè rinchiuse in una lettura del mondo che voleva piegare il reale e la sua complessità a una tesi, a una formula. Che era quella sbagliata.
Oggi vedo reazioni diverse al referendum inglese. Alcune intellettualmente legittime, altre no. Alcune responsabili, altre no.
Intellettualmente illegittime sono quelle che provengono dall'establishment, da chi lo ha impersonato e da chi lo ha sostenuto. Chi ha fatto il disastro non è intellettualmente legittimato a piangerne per le conseguenze. Gli apprendisti stregoni stiano zitti. E scompaiano, possibilmente. Si allontanino cioè dalla sala macchine, per non farvi rientro mai più.
Irresponsabili sono quelle di chi oggi si esalta come se avesse vinto un derby o i Mondiali di calcio. La certificazione di un disastro compiuto non è esattamente un evento a cui fare la ola. Se io da dieci anni dico che la casa era costruita male e l'architetto era un incapace, non è che il giorno in cui la casa mi crolla stappo lo champagne.
Fuori di metafora, a questo punto in Europa (ma anche negli Stati Uniti e altrove) la questione a breve non sarà nemmeno più il meritato licenziamento dell'establishment, delle élite. Ma il conflitto su quello che verrà dopo. La costruzione di quello che verrà dopo. Perché la galassia anti establishment è un movimento di protesta globale in cui si mescolano cose ottime e cose pessime, proposte di grande respiro civile e sociale accanto a pulsioni di basso intestino.
L'egemonia in questa galassia è la vera questione da porsi oggi guardando al futuro. O almeno la prevalenza di alcune forze su altre e le geometrie politiche che ne usciranno dopo.
Adesso siamo alla Marcia su Versailles, per capirci. Poi ci sono stati Danton e Robespierre - e un bel po' di casino, prima di trovare nuovi equilibri.
Casino doloroso, certo.
Ma indispensabile per mettersi alle spalle l'Ancien Régime.
Nel nostro caso, la Classe Dirigente.
http://gilioli.blogautore.espresso.repu ... =HEF_RULLO
di Alessandro Gilioli
24 giu La Classe Dirigente
Schermata 2016-06-24 alle 10.38.50
C'è un profetico film inglese del 1972 che si intitola "La Classe Dirigente".
Inizia con un lord nevrotico che ogni sera gioca ad appendersi con un cappio al collo, simulando un'impiccagione, finché non ci resta secco; prosegue con un catalogo di paranoie psichiatriche di suo figlio, il 14° Conte di Gurney, che si crede Gesù; finisce con una sequenza della Camera Alta britannica in cui i lord si trasformano in cadaveri putrescenti.
Inevitabile ripescarlo dalla memoria, dopo quello che è successo.
A giocare con il cappio, fino a impiccarsene, è stato tutto l'establishment economico e finanziario di questo Continente - compresa la City di Londra - che ha trasformato l'Europa in una camera a gas. E i veleni si chiamano prevalenza dei mercati sulle persone, austerità, impoverimento del ceto medio, precarizzazione dell'esistenza di tutti ed esternalizzazione della democrazia. Come ha detto ieri Yanis Varoufakis qui al Baobab di Roma, «le élite hanno depoliticizzato la politica rendendola tossica».
Abbiamo tutti sotto gli occhi il risultato, adesso, di queste scelte così poco sagge. Così profondamente ideologiche, cioè rinchiuse in una lettura del mondo che voleva piegare il reale e la sua complessità a una tesi, a una formula. Che era quella sbagliata.
Oggi vedo reazioni diverse al referendum inglese. Alcune intellettualmente legittime, altre no. Alcune responsabili, altre no.
Intellettualmente illegittime sono quelle che provengono dall'establishment, da chi lo ha impersonato e da chi lo ha sostenuto. Chi ha fatto il disastro non è intellettualmente legittimato a piangerne per le conseguenze. Gli apprendisti stregoni stiano zitti. E scompaiano, possibilmente. Si allontanino cioè dalla sala macchine, per non farvi rientro mai più.
Irresponsabili sono quelle di chi oggi si esalta come se avesse vinto un derby o i Mondiali di calcio. La certificazione di un disastro compiuto non è esattamente un evento a cui fare la ola. Se io da dieci anni dico che la casa era costruita male e l'architetto era un incapace, non è che il giorno in cui la casa mi crolla stappo lo champagne.
Fuori di metafora, a questo punto in Europa (ma anche negli Stati Uniti e altrove) la questione a breve non sarà nemmeno più il meritato licenziamento dell'establishment, delle élite. Ma il conflitto su quello che verrà dopo. La costruzione di quello che verrà dopo. Perché la galassia anti establishment è un movimento di protesta globale in cui si mescolano cose ottime e cose pessime, proposte di grande respiro civile e sociale accanto a pulsioni di basso intestino.
L'egemonia in questa galassia è la vera questione da porsi oggi guardando al futuro. O almeno la prevalenza di alcune forze su altre e le geometrie politiche che ne usciranno dopo.
Adesso siamo alla Marcia su Versailles, per capirci. Poi ci sono stati Danton e Robespierre - e un bel po' di casino, prima di trovare nuovi equilibri.
Casino doloroso, certo.
Ma indispensabile per mettersi alle spalle l'Ancien Régime.
Nel nostro caso, la Classe Dirigente.
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Re: La crisi dell'Europa
Casino doloroso, certo.
Ma indispensabile per mettersi alle spalle l'Ancien Régime.
Nel nostro caso, la Classe Dirigente.
Ma di che parla?
Stanno già manovrando per salvarsi.
E' la terza volta in meno di dieci anni.
La prima fu con la crisi del 2008.
Poi nel 2011.
Adesso con quest'altra tragedia.
Stanno sempre e ancora tutti li.
Grillo compreso.
soloo42001
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Re: La crisi dell'Europa
Economia & Lobby
Brexit getta nel panico le borse mondiali
A Milano le banche crollano oltre il 20%
La sterlina affonda ai minimi da 30 anni
(DI F. Q.)
^^^^^^^
Brexit: per borse Ue peggior calo dal crac Lehman, a Milano crollano le banche. Sterlina ai minimi da 30 anni sul dollaro
Economia
Apertura a picco per tutti i listini europei. Piazza Affari tocca il -11%, trascinata dai titoli bancari: Unicredit e Intesa Sanpaolo cedono più del 20 per cento. Intanto è corsa ai beni rifugio, in primis oro e bund tedeschi. Il presidente della Bank of England Mark Carney pronto a fornire extra fondi per 250 miliardi di sterline
di F. Q. | 24 giugno 2016
COMMENTI (344)
Dopo avere scommesso fino all’ultimo sul Remain, le borse si sono svegliate nel panico con la notizia che il Regno Unito ha scelto di uscire dall’Unione europea. Apertura a picco per tutti i listini europei, con ribassi anche a doppia cifra. Piazza Affari è arrivata a cedere l’11% con le banche, bersaglio facile vista la mole di crediti in sofferenza che le zavorra, che arrivano a perdere tra il 20 e il 25%. Ma non va meglio sui listini extra-europei: Tokyo ha registrato il tonfo peggiore dal 2000, Wall Street alle 15:30 ora italiana ha aperto a -2,33 per cento. E’ scattata di conseguenza la corsa ai beni rifugio, in particolare oro e bund tedeschi, mentre la sterlina affonda ai minimi da 30 anni. E la Banca d’Inghilterra si prepara al peggio, dicendosi pronta a fornire extra fondi per 250 miliardi di sterline, mentre la Bce si dice pronta a iniettare nuova liquidità.
Precipitano le borse europee, banche italiane a picco - Alle 13 le borse europee hanno segnato il peggiore calo dall’ottobre del 2008 e dalle turbolenze del post Lehman Brothers. Madrid perde più del 12% e Atene affonda a -16%. Parigi è arrivata a lasciare sul terreno quasi il 9%, Francoforte oltre il 7 per cento. Londra è arrivata a perdere anche l’8% per poi limitare le perdite al -3,8%.
A Milano l’indice principale sta subendo il tracollo peggiore da quando è possibile ricostruirne l’andamento, dal 1994. Nelle fasi successive al crac della banca d’affari, il 6 ottobre 2008, aveva segnato -8,24%. A piazza Affari crollano i titoli delle banche: Intesa Sanpaolo, Unicredit, Bper e Bpm perdono oltre il 21 per cento, Banco Popolare più del 20 per cento.
In Asia solo Tokyo a picco – Tokyo ha lasciato sul terreno il 7,92% crollando ai minimi degli ultimi 20 mesi. Le borse cinesi hanno invece chiuso la seduta con ribassi contenuti: Shanghai -1,30%, Shenzen -0,76%.
Crolla la sterlina ai minimi da 31 anni - La sterlina ha toccato il minimo sul dollaro dal 1985, cadendo di oltre il 10% a quota 1,3305 dollari. La moneta inglese è scesa quindi di oltre il 6% contro l’euro e il 15% nei confronti dello yen. In questo quadro è scattata ovviamente la corsa ai beni rifugio, a partire dall’oro. Il suo valore è salito del 7,8%, ai massimi dal 2008. Pioggia di acquisti sui titoli di Stato decennali tedeschi, i Bund, che ha fatto il tasso di interesse pagato al minimo storico di -0,17%. Affonda intanto il prezzo del petrolio a New York. Un barile viene scambiato a 47,54 dollari, -5,13% rispetto a giovedì.
Bank of England: “Pronti a fornire extra fondi per 250 miliardi di sterline” – Intanto i governatori delle banche centrali hanno annunciato provvedimenti per correre ai ripari. Il presidente della Bank of England Mark Carney ha affermato che l’istituto non esiterà a prendere misure addizionali ed è pronto a fornire extra fondi per 250 miliardi di sterline. E anche la Bce si dice “pronta a iniettare liquidità in euro e in altre valute” per far fronte i contraccolpi della Brexit. “Le banche dell’Eurozona sono resilienti in termini di capitale e liquidità” per far fronte alla Brexit, spiega Francoforte, aggiungendo che è “in stretto contatto con le banche e i rispettivi organi di controllo” e che sta “monitorando con molta attenzione” l’andamento dei mercati. La Banca centrale della Svizzera (Snb), invece, è intervenuta sul mercato valutario per stabilizzare il franco svizzero. In un comunicato la Snb spiega che dopo l’esito del referendum in Gran Bretagna, “il franco svizzero è finito sotto pressioni rialziste” e “la Banca centrale svizzera è intervenuta sul mercato per stabilizzare la situazione e rimarrà attiva sul mercato”.
Le agenzie di rating pronte al downgrade - Dopo l’uscita dall’Europa, l’agenzia di rating Standard&Poor’s ha ribadito che è probabile che la Gran Bretagna perda la tripla A. Moritz Kraemer, responsabile dei rating per S&P, ha spiegato al Financial Times: ”Riteniamo che il rating AAA sia insostenibile in queste circostanze”. Anche Fitch annuncia che sul credito sovrano del Paese la Brexit avrà un effetto “moderatamente” negativo e come previsto “rivedremo il rating sovrano a breve”. L’agenzia Moody’s commenta in uno studio il voto Uk: “Preannuncia un prolungato periodo di incertezza che peserà su risultati economici e finanziari Uk”. Avrà impatto su investimenti e fiducia nel Paese con effetti negativi sul credito sovrano Uk e degli altri emittenti del Paese, tra l’altro per i possibili cambiamenti nelle relazioni commerciali con la Ue o nei regimi regolatori. Secondo gli analisti di Morgan Stanley, invece, la Brexit è un “salto nel buio” che porterà “una prolungata incertezza politica ed economica”, con “una sterlina più debole”, una “spinta sull’inflazione” ed una “battuta d’arresto sulla crescita”: si prevedono “politiche di stimolo monetario e fiscale” per affrontare una “recessione da referendum”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/06 ... i/2856737/
Brexit getta nel panico le borse mondiali
A Milano le banche crollano oltre il 20%
La sterlina affonda ai minimi da 30 anni
(DI F. Q.)
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Brexit: per borse Ue peggior calo dal crac Lehman, a Milano crollano le banche. Sterlina ai minimi da 30 anni sul dollaro
Economia
Apertura a picco per tutti i listini europei. Piazza Affari tocca il -11%, trascinata dai titoli bancari: Unicredit e Intesa Sanpaolo cedono più del 20 per cento. Intanto è corsa ai beni rifugio, in primis oro e bund tedeschi. Il presidente della Bank of England Mark Carney pronto a fornire extra fondi per 250 miliardi di sterline
di F. Q. | 24 giugno 2016
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Dopo avere scommesso fino all’ultimo sul Remain, le borse si sono svegliate nel panico con la notizia che il Regno Unito ha scelto di uscire dall’Unione europea. Apertura a picco per tutti i listini europei, con ribassi anche a doppia cifra. Piazza Affari è arrivata a cedere l’11% con le banche, bersaglio facile vista la mole di crediti in sofferenza che le zavorra, che arrivano a perdere tra il 20 e il 25%. Ma non va meglio sui listini extra-europei: Tokyo ha registrato il tonfo peggiore dal 2000, Wall Street alle 15:30 ora italiana ha aperto a -2,33 per cento. E’ scattata di conseguenza la corsa ai beni rifugio, in particolare oro e bund tedeschi, mentre la sterlina affonda ai minimi da 30 anni. E la Banca d’Inghilterra si prepara al peggio, dicendosi pronta a fornire extra fondi per 250 miliardi di sterline, mentre la Bce si dice pronta a iniettare nuova liquidità.
Precipitano le borse europee, banche italiane a picco - Alle 13 le borse europee hanno segnato il peggiore calo dall’ottobre del 2008 e dalle turbolenze del post Lehman Brothers. Madrid perde più del 12% e Atene affonda a -16%. Parigi è arrivata a lasciare sul terreno quasi il 9%, Francoforte oltre il 7 per cento. Londra è arrivata a perdere anche l’8% per poi limitare le perdite al -3,8%.
A Milano l’indice principale sta subendo il tracollo peggiore da quando è possibile ricostruirne l’andamento, dal 1994. Nelle fasi successive al crac della banca d’affari, il 6 ottobre 2008, aveva segnato -8,24%. A piazza Affari crollano i titoli delle banche: Intesa Sanpaolo, Unicredit, Bper e Bpm perdono oltre il 21 per cento, Banco Popolare più del 20 per cento.
In Asia solo Tokyo a picco – Tokyo ha lasciato sul terreno il 7,92% crollando ai minimi degli ultimi 20 mesi. Le borse cinesi hanno invece chiuso la seduta con ribassi contenuti: Shanghai -1,30%, Shenzen -0,76%.
Crolla la sterlina ai minimi da 31 anni - La sterlina ha toccato il minimo sul dollaro dal 1985, cadendo di oltre il 10% a quota 1,3305 dollari. La moneta inglese è scesa quindi di oltre il 6% contro l’euro e il 15% nei confronti dello yen. In questo quadro è scattata ovviamente la corsa ai beni rifugio, a partire dall’oro. Il suo valore è salito del 7,8%, ai massimi dal 2008. Pioggia di acquisti sui titoli di Stato decennali tedeschi, i Bund, che ha fatto il tasso di interesse pagato al minimo storico di -0,17%. Affonda intanto il prezzo del petrolio a New York. Un barile viene scambiato a 47,54 dollari, -5,13% rispetto a giovedì.
Bank of England: “Pronti a fornire extra fondi per 250 miliardi di sterline” – Intanto i governatori delle banche centrali hanno annunciato provvedimenti per correre ai ripari. Il presidente della Bank of England Mark Carney ha affermato che l’istituto non esiterà a prendere misure addizionali ed è pronto a fornire extra fondi per 250 miliardi di sterline. E anche la Bce si dice “pronta a iniettare liquidità in euro e in altre valute” per far fronte i contraccolpi della Brexit. “Le banche dell’Eurozona sono resilienti in termini di capitale e liquidità” per far fronte alla Brexit, spiega Francoforte, aggiungendo che è “in stretto contatto con le banche e i rispettivi organi di controllo” e che sta “monitorando con molta attenzione” l’andamento dei mercati. La Banca centrale della Svizzera (Snb), invece, è intervenuta sul mercato valutario per stabilizzare il franco svizzero. In un comunicato la Snb spiega che dopo l’esito del referendum in Gran Bretagna, “il franco svizzero è finito sotto pressioni rialziste” e “la Banca centrale svizzera è intervenuta sul mercato per stabilizzare la situazione e rimarrà attiva sul mercato”.
Le agenzie di rating pronte al downgrade - Dopo l’uscita dall’Europa, l’agenzia di rating Standard&Poor’s ha ribadito che è probabile che la Gran Bretagna perda la tripla A. Moritz Kraemer, responsabile dei rating per S&P, ha spiegato al Financial Times: ”Riteniamo che il rating AAA sia insostenibile in queste circostanze”. Anche Fitch annuncia che sul credito sovrano del Paese la Brexit avrà un effetto “moderatamente” negativo e come previsto “rivedremo il rating sovrano a breve”. L’agenzia Moody’s commenta in uno studio il voto Uk: “Preannuncia un prolungato periodo di incertezza che peserà su risultati economici e finanziari Uk”. Avrà impatto su investimenti e fiducia nel Paese con effetti negativi sul credito sovrano Uk e degli altri emittenti del Paese, tra l’altro per i possibili cambiamenti nelle relazioni commerciali con la Ue o nei regimi regolatori. Secondo gli analisti di Morgan Stanley, invece, la Brexit è un “salto nel buio” che porterà “una prolungata incertezza politica ed economica”, con “una sterlina più debole”, una “spinta sull’inflazione” ed una “battuta d’arresto sulla crescita”: si prevedono “politiche di stimolo monetario e fiscale” per affrontare una “recessione da referendum”.
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Re: La crisi dell'Europa
IL PARERE DEL GIOVANE FILOSOFO DELLA SINISTRA.
ZONAEURO
Brexit, Gran Bretagna la prima a sottrarsi alla dittatura finanziaria dell’Unione europea
Zonaeuro
di Diego Fusaro | 24 giugno 2016
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Diego Fusaro
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Ebbene sì, la Gran Bretagna ha espresso forte e chiaro il suo voto per l’abbandono dell’Unione Europea. È una giornata storica e memorabile. Al di là di ogni aspettativa.
Ed è verosimilmente solo l’inizio. L’effetto domino è auspicabile. Una dopo l’altra, cadranno tutte le caselle di questo edificio, sempre più simile a un’immensa prigione finanziaria, che è l’Unione Europea.
La Gran Bretagna ha dato una grande lezione all’Europa: una lezione di dignità, democrazia e orgoglio nazionale. Ha mostrato la via anche agli altri popoli di un’Europa sempre più dimentica di sé, sempre più svilita a regno spoliticizzato del sistema finanziario, con parlamenti deboli e potere saldamente in mano a entità non democraticamente elette.
Presto, allora, è verosimile che i popoli europei si libereranno uno dopo l’altro dalla dittatura finanziaria pudicamente chiamata Unione europea. Presto riconquisteranno tutti la libertà e la democrazia perdute, ponendo fine a questa dittatura invisibile, a questa politica al servizio della finanza, a questa micidiale tecnocrazia oligarchica chiamata Unione Europa.
Chi ama l’Europa deve per questo stesso motivo opporsi all’Unione europea, che è la sua negazione: negazione della cultura e della pluralità, negazione della storia europea. Anche questo ci hanno insegnato i britannici in questa giornata storica. Ci hanno insegnato non soltanto ciò che già sapevamo, ossia che Unione europea non fa rima con democrazia: ma anche che il solo modo per essere democratici consiste oggi nel riprendersi la propria sovranità nazionale, in modo da riportare il potere dalle banche agli Stati, dalle giunte militari economiche al popolo democratico sovrano.
E l’altezza massima a cui si spingerà il ragionare degli “euroinomani” dell’Europa senza se e senza ma sarà, anche in questo caso, il desolante mantra del “ci vuole più Europa”: condito, naturalmente, con il grigio corollario, apice di una visione prosaica che non riconosce altra sorgente di senso che non sia l’economia, della “volontà dei mercati” e del “giudizio delle borse”. La povertà di spirito sottesa a questo modo di ragionare è essa stessa espressione di ciò che l’Europa è divenuta, una sciagurata macchina, un barbaro regno della quantità e del calcolo, ormai privo di ogni valore (culturale, etico, politico) che non sia il valore di scambio.
Ce l’ha insegnato il grande Spinoza: la natura umana sopporta fino a un certo limite la negazione della libertà, ma, raggiunta una certa soglia, reagisce e si adopera per riconquistarla. Lunga vita ai britannici, dunque! Che la liberazione dei popoli europei abbia inizio!
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/06 ... a/2856748/
ZONAEURO
Brexit, Gran Bretagna la prima a sottrarsi alla dittatura finanziaria dell’Unione europea
Zonaeuro
di Diego Fusaro | 24 giugno 2016
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Ebbene sì, la Gran Bretagna ha espresso forte e chiaro il suo voto per l’abbandono dell’Unione Europea. È una giornata storica e memorabile. Al di là di ogni aspettativa.
Ed è verosimilmente solo l’inizio. L’effetto domino è auspicabile. Una dopo l’altra, cadranno tutte le caselle di questo edificio, sempre più simile a un’immensa prigione finanziaria, che è l’Unione Europea.
La Gran Bretagna ha dato una grande lezione all’Europa: una lezione di dignità, democrazia e orgoglio nazionale. Ha mostrato la via anche agli altri popoli di un’Europa sempre più dimentica di sé, sempre più svilita a regno spoliticizzato del sistema finanziario, con parlamenti deboli e potere saldamente in mano a entità non democraticamente elette.
Presto, allora, è verosimile che i popoli europei si libereranno uno dopo l’altro dalla dittatura finanziaria pudicamente chiamata Unione europea. Presto riconquisteranno tutti la libertà e la democrazia perdute, ponendo fine a questa dittatura invisibile, a questa politica al servizio della finanza, a questa micidiale tecnocrazia oligarchica chiamata Unione Europa.
Chi ama l’Europa deve per questo stesso motivo opporsi all’Unione europea, che è la sua negazione: negazione della cultura e della pluralità, negazione della storia europea. Anche questo ci hanno insegnato i britannici in questa giornata storica. Ci hanno insegnato non soltanto ciò che già sapevamo, ossia che Unione europea non fa rima con democrazia: ma anche che il solo modo per essere democratici consiste oggi nel riprendersi la propria sovranità nazionale, in modo da riportare il potere dalle banche agli Stati, dalle giunte militari economiche al popolo democratico sovrano.
E l’altezza massima a cui si spingerà il ragionare degli “euroinomani” dell’Europa senza se e senza ma sarà, anche in questo caso, il desolante mantra del “ci vuole più Europa”: condito, naturalmente, con il grigio corollario, apice di una visione prosaica che non riconosce altra sorgente di senso che non sia l’economia, della “volontà dei mercati” e del “giudizio delle borse”. La povertà di spirito sottesa a questo modo di ragionare è essa stessa espressione di ciò che l’Europa è divenuta, una sciagurata macchina, un barbaro regno della quantità e del calcolo, ormai privo di ogni valore (culturale, etico, politico) che non sia il valore di scambio.
Ce l’ha insegnato il grande Spinoza: la natura umana sopporta fino a un certo limite la negazione della libertà, ma, raggiunta una certa soglia, reagisce e si adopera per riconquistarla. Lunga vita ai britannici, dunque! Che la liberazione dei popoli europei abbia inizio!
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Re: La crisi dell'Europa
Ma chi è questo Diego Fusaro?
Ma per favore... con elementi come lui in pochi anni in Europa ci rispariamo tutti l'uno contro l'altro...
Ma per favore... con elementi come lui in pochi anni in Europa ci rispariamo tutti l'uno contro l'altro...
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Re: La crisi dell'Europa
Voglio proprio vedere quanto saranno contenti i cittadini inglesi e per quanto tempo. Irlanda e Scozia hanno già espresso chiaramente la volontà di restare in Europa, per cui hanno chiesto il referendum per lasciare la Gran o Piccola >Bretagna.
Credo che si pentiranno piuttosto presto di questa scelta, visto che il costo della vita aumenterà, le tasse aumenteranno, l'export e l'import saranno in difficoltà e diminuiranno i posti di lavoro,alla fine gli svantaggi saranno superiori ai vantaggi.
Spero che almeno serva come esempio I VARI lE pEN, Farage, Salvini.
Tutti abbiamo bisogno di un'altra Europa che metta al centro l'uomo e non il denaro, per questo spero che la sinistra abbia delle proposte da fare.
Credo che si pentiranno piuttosto presto di questa scelta, visto che il costo della vita aumenterà, le tasse aumenteranno, l'export e l'import saranno in difficoltà e diminuiranno i posti di lavoro,alla fine gli svantaggi saranno superiori ai vantaggi.
Spero che almeno serva come esempio I VARI lE pEN, Farage, Salvini.
Tutti abbiamo bisogno di un'altra Europa che metta al centro l'uomo e non il denaro, per questo spero che la sinistra abbia delle proposte da fare.
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Re: La crisi dell'Europa
iospero ha scritto:Voglio proprio vedere quanto saranno contenti i cittadini inglesi e per quanto tempo. Irlanda e Scozia hanno già espresso chiaramente la volontà di restare in Europa, per cui hanno chiesto il referendum per lasciare la Gran o Piccola >Bretagna.
Credo che si pentiranno piuttosto presto di questa scelta, visto che il costo della vita aumenterà, le tasse aumenteranno, l'export e l'import saranno in difficoltà e diminuiranno i posti di lavoro,alla fine gli svantaggi saranno superiori ai vantaggi.
Spero che almeno serva come esempio I VARI lE pEN, Farage, Salvini.
Tutti abbiamo bisogno di un'altra Europa che metta al centro l'uomo e non il denaro, per questo spero che la sinistra abbia delle proposte da fare.
Tutti abbiamo bisogno di un'altra Europa che metta al centro l'uomo e non il denaro, per questo spero che la sinistra abbia delle proposte da fare.
Iospero
La mia generazione, la II° del XX secolo, è cresciuta nell’ideale di Europa Unita che faceva capo ai fondatori.
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Padri fondatori dell'Unione europea
https://it.wikipedia.org/wiki/Padri_fon ... ne_europea
Parlando in senso stretto, il nome è stato attribuito dalla stampa e dalla storiografia[1][2]a un gruppo di sette uomini politici che hanno giocato un ruolo importante nell'avvio del processo di costruzione europea:
• Alcide De Gasperi
• Altiero Spinelli
• Jean Monnet
• Joseph Bech
• Konrad Adenauer
• Paul-Henri Spaak
• Robert Schuman
Il sito web storico dell'Unione europea cita un più vasto "gruppo eterogeneo di persone mosse dagli stessi ideali: la pace, l'unità e la prosperità in Europa", includendo, oltre ai sette già citati, anche Winston Churchill (Regno Unito), Walter Hallstein (Germania), Sicco Leendert Mansholt (Paesi Bassi) eJan Willem Beyen (Paesi Bassi).
E’ indubitabile che un successo questi uomini l’hanno conseguito.
Dopo 3 mila anni, questo continente non è stato teatro di guerre. Per 70 lunghi anni gli eserciti nazionali non si sono più scontrati. E non è poco.
Che poi altre organizzazioni si siano infiltrate in Europa ed abbiano deviato il percorso iniziale di ideali. come la pace, l'unità e la prosperità in Europa, è un altro discorso.
Quindi, questa generazione non ha nessun problema nel sostenere la tua premessa.
Solo che la realtà attuale è ben altra.
La stessa indifferenza che per anni si è verificata in Italia, portando il sistema ad un livello degenerativo senza ritorno, lo stesso fenomeno è accaduto in Europa con la setta che ha per religione l’adorazione del dio denaro.
E non sarà facile ritornare alla fase iniziale dei padri fondatori, perché questa setta religiosa che si è ben inserita a Bruxelles, non mollerà tanto facilmente la presa.
Lo ha dimostrato molto efficacemente con la soppressione della giovane parlamentare britannica Jo Cox.
Far scorrere il sangue pur di ottenere dei risultati, anche se gli è andata male per un soffio, per questa setta non è un problema.
L’Italia del passato ne sa qualcosa.
Banca del’Agricoltura a Milano.
Piazza della Loggia a Brescia.
L’Italicus.
La strage della stazione di Bologna.
Seminare il terrore per loro non è assolutamente un problema.
Basta ottenere il risultato che si sono prefissati.
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Re: La crisi dell'Europa
IlFattoQuotidiano.it / BLOG / di Caterina Soffici
ZONAEURO
Brexit, un voto populista che danneggia solo il popolo
Questo voto non è solo contro Bruxelles ma contro le élite. E’ la rabbia che viene dalla pancia delle gente. E’ la rabbia della parte debole della società contro quella forte. Ma il risultato sarà proprio l’opposto di quello che si voleva.
Il voto è chiarissimo. Ha votato Leave la ex classe operaia. Hanno votato Leave le aree più depresse del Paese, il Nord Est specialmente e le ex città industrializzate che non lo sono più, come Portsmouth o Southampton. La mappa geografica che porterà la Gran Bretagna fuori dall’Unione Europa non lascia dubbi. Le grandi città (Manchester, Leeds, Liverpool) hanno votato per rimanere, insieme a Londra, il più grande bacino di voti pro Ue insieme alla Scozia. Ma questi voti non sono bastati al Remain, perché anche nella cosmopolita Londra, la città degli immigrati, nelle periferie il voto euroscettico è stato più alto del previsto.
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Perché? Perché nelle periferie non vivono più solo gli immigrati di ultima generazione ma anche la working class britannica, forzata a lasciare il centro della città vandalizzato e conquistato dai nuovi ricchi e dalla speculazione internazionale, che compra interi isolati e costruisce nuove case destinate agli investimenti di russi, cinesi e dei soldi da ogni parte del mondo. Case vuote, sfitte, carissime, che gli inglesi guardano con sempre più odio.
Così è stato un voto di rabbia. Ma chi ha votato si è fatto affascinare dalle chimere di personaggi come Nigel Farage, che hanno sventolato svariati specchietti per le allodole. A cominciare dallo spauracchio dell’immigrazione dall’Ue, quando la percentuale più alta dell’immigrazione l’anno scorso non è stata dall’Europa.
Stamani Farage inneggiava a un fantomatico “Independence Day”, ma già metteva le mani avanti sui famosi 350 milioni di sterline a settimana che la Gran Bretagna pompava a Bruxelles invece che nel Servizio Sanitario Nazionale. Uno dei suoi cavalli di battaglia, lo slogan stampato a lettere cubitali sul bus con cui ha girato il Regno Unito, alla prova dei fatti è una balla colossale.
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E una balla colossale è anche questo radioso futuro fuori dall’Ue che i fautori del Leave hanno promesso alla gente. Da stamattina alle 6, quando il risultato è stato certo, la Gran Bretagna è diventata una Piccola Bretagna. Ha votato Leave chi è ai margini della società e pensava di non aver niente da perdere. E si è sbagliato di grosso. Il risultato è che si è aperta una crisi di governo, la sterlina è già andata a picco (rendendo ogni inglese un po’ più povero), la Gran Bretagna che aveva una economia in crescita e il tasso di disoccupazione metà della media europea si appresta a entrare in un periodo di instabilità e di probabile recessione economica che non colpirà le odiate élite ma proprio il popolo.
Perché nel mondo globalizzato i soldi di muovono. E le élite spostano i soldi premendo un tasto di computer. Mentre gli operai di East Lindsay, che per il 70,7 per cento hanno votato Leave, non potranno spostarsi. Rimarranno lì, intrappolati nelle loro umide case, in un paese più povero, più isolato e la ricchezza si concentrerà ancora di più nella City degli Hedge Fund, dell’alta e spericolata finanza che ha votato in massa per il Leave, perché così potrà operare ancora più spericolatamente fuori dalle regole imposte dalla Bce e votare delle leggi che permetteranno ai grandi capitali di aggirare le normative fiscali con sempre più sofisticati sistemi di elusione (leggasi evasione fiscale legalizzata).
Ancora una volta sarà la festa di pochi e la disgrazia di molti. Ma sentiremo tutto il giorno e i giorni a venire lo strombazzare dei populisti (Farage, Le Pen, Salvini e compagnia urlante) che grideranno vittoria in nome di un popolo che invece viene gabbato e bastonato. La Piccola Bretagna, perché così dovremo chiamarla da ora in poi, diventerà un cittadella finanziaria sul modello di Singapore, Hong Kong. O peggio ancora come la Svizzera, dove il visto di ingresso verrà concesso a punti e ci sarà posto solo per un’immigrazione razzista, in base al conto in banca. Per i ricchi le porte saranno sempre aperte. A farne le spese sarà solo il popolo che ha votato pensando di danneggiare le élite.
In questo disastro c’è comunque una nota positiva. Vedere la democrazia al lavoro è sempre un bello spettacolo. Il popolo britannico ha votato e il premier Cameron, che sul Remain aveva messo la faccia, si è dimesso. Nonostante non lo avesse promesso prima del referendum e nonostante gli 84 parlamentari conservatori euroscettici gli avessero rinnovato la fiducia. Così funziona la democrazia. Violenta a volte, ma sempre grandiosa.
ZONAEURO
Brexit, un voto populista che danneggia solo il popolo
Questo voto non è solo contro Bruxelles ma contro le élite. E’ la rabbia che viene dalla pancia delle gente. E’ la rabbia della parte debole della società contro quella forte. Ma il risultato sarà proprio l’opposto di quello che si voleva.
Il voto è chiarissimo. Ha votato Leave la ex classe operaia. Hanno votato Leave le aree più depresse del Paese, il Nord Est specialmente e le ex città industrializzate che non lo sono più, come Portsmouth o Southampton. La mappa geografica che porterà la Gran Bretagna fuori dall’Unione Europa non lascia dubbi. Le grandi città (Manchester, Leeds, Liverpool) hanno votato per rimanere, insieme a Londra, il più grande bacino di voti pro Ue insieme alla Scozia. Ma questi voti non sono bastati al Remain, perché anche nella cosmopolita Londra, la città degli immigrati, nelle periferie il voto euroscettico è stato più alto del previsto.
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Perché? Perché nelle periferie non vivono più solo gli immigrati di ultima generazione ma anche la working class britannica, forzata a lasciare il centro della città vandalizzato e conquistato dai nuovi ricchi e dalla speculazione internazionale, che compra interi isolati e costruisce nuove case destinate agli investimenti di russi, cinesi e dei soldi da ogni parte del mondo. Case vuote, sfitte, carissime, che gli inglesi guardano con sempre più odio.
Così è stato un voto di rabbia. Ma chi ha votato si è fatto affascinare dalle chimere di personaggi come Nigel Farage, che hanno sventolato svariati specchietti per le allodole. A cominciare dallo spauracchio dell’immigrazione dall’Ue, quando la percentuale più alta dell’immigrazione l’anno scorso non è stata dall’Europa.
Stamani Farage inneggiava a un fantomatico “Independence Day”, ma già metteva le mani avanti sui famosi 350 milioni di sterline a settimana che la Gran Bretagna pompava a Bruxelles invece che nel Servizio Sanitario Nazionale. Uno dei suoi cavalli di battaglia, lo slogan stampato a lettere cubitali sul bus con cui ha girato il Regno Unito, alla prova dei fatti è una balla colossale.
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E una balla colossale è anche questo radioso futuro fuori dall’Ue che i fautori del Leave hanno promesso alla gente. Da stamattina alle 6, quando il risultato è stato certo, la Gran Bretagna è diventata una Piccola Bretagna. Ha votato Leave chi è ai margini della società e pensava di non aver niente da perdere. E si è sbagliato di grosso. Il risultato è che si è aperta una crisi di governo, la sterlina è già andata a picco (rendendo ogni inglese un po’ più povero), la Gran Bretagna che aveva una economia in crescita e il tasso di disoccupazione metà della media europea si appresta a entrare in un periodo di instabilità e di probabile recessione economica che non colpirà le odiate élite ma proprio il popolo.
Perché nel mondo globalizzato i soldi di muovono. E le élite spostano i soldi premendo un tasto di computer. Mentre gli operai di East Lindsay, che per il 70,7 per cento hanno votato Leave, non potranno spostarsi. Rimarranno lì, intrappolati nelle loro umide case, in un paese più povero, più isolato e la ricchezza si concentrerà ancora di più nella City degli Hedge Fund, dell’alta e spericolata finanza che ha votato in massa per il Leave, perché così potrà operare ancora più spericolatamente fuori dalle regole imposte dalla Bce e votare delle leggi che permetteranno ai grandi capitali di aggirare le normative fiscali con sempre più sofisticati sistemi di elusione (leggasi evasione fiscale legalizzata).
Ancora una volta sarà la festa di pochi e la disgrazia di molti. Ma sentiremo tutto il giorno e i giorni a venire lo strombazzare dei populisti (Farage, Le Pen, Salvini e compagnia urlante) che grideranno vittoria in nome di un popolo che invece viene gabbato e bastonato. La Piccola Bretagna, perché così dovremo chiamarla da ora in poi, diventerà un cittadella finanziaria sul modello di Singapore, Hong Kong. O peggio ancora come la Svizzera, dove il visto di ingresso verrà concesso a punti e ci sarà posto solo per un’immigrazione razzista, in base al conto in banca. Per i ricchi le porte saranno sempre aperte. A farne le spese sarà solo il popolo che ha votato pensando di danneggiare le élite.
In questo disastro c’è comunque una nota positiva. Vedere la democrazia al lavoro è sempre un bello spettacolo. Il popolo britannico ha votato e il premier Cameron, che sul Remain aveva messo la faccia, si è dimesso. Nonostante non lo avesse promesso prima del referendum e nonostante gli 84 parlamentari conservatori euroscettici gli avessero rinnovato la fiducia. Così funziona la democrazia. Violenta a volte, ma sempre grandiosa.
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Re: La crisi dell'Europa
iospero ha scritto:IlFattoQuotidiano.it / BLOG / di Caterina Soffici
ZONAEURO
Brexit, un voto populista che danneggia solo il popolo
Questo voto non è solo contro Bruxelles ma contro le élite. E’ la rabbia che viene dalla pancia delle gente. E’ la rabbia della parte debole della società contro quella forte. Ma il risultato sarà proprio l’opposto di quello che si voleva.
Il voto è chiarissimo. Ha votato Leave la ex classe operaia. Hanno votato Leave le aree più depresse del Paese, il Nord Est specialmente e le ex città industrializzate che non lo sono più, come Portsmouth o Southampton. La mappa geografica che porterà la Gran Bretagna fuori dall’Unione Europa non lascia dubbi. Le grandi città (Manchester, Leeds, Liverpool) hanno votato per rimanere, insieme a Londra, il più grande bacino di voti pro Ue insieme alla Scozia. Ma questi voti non sono bastati al Remain, perché anche nella cosmopolita Londra, la città degli immigrati, nelle periferie il voto euroscettico è stato più alto del previsto.
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Perché? Perché nelle periferie non vivono più solo gli immigrati di ultima generazione ma anche la working class britannica, forzata a lasciare il centro della città vandalizzato e conquistato dai nuovi ricchi e dalla speculazione internazionale, che compra interi isolati e costruisce nuove case destinate agli investimenti di russi, cinesi e dei soldi da ogni parte del mondo. Case vuote, sfitte, carissime, che gli inglesi guardano con sempre più odio.
Così è stato un voto di rabbia. Ma chi ha votato si è fatto affascinare dalle chimere di personaggi come Nigel Farage, che hanno sventolato svariati specchietti per le allodole. A cominciare dallo spauracchio dell’immigrazione dall’Ue, quando la percentuale più alta dell’immigrazione l’anno scorso non è stata dall’Europa.
Stamani Farage inneggiava a un fantomatico “Independence Day”, ma già metteva le mani avanti sui famosi 350 milioni di sterline a settimana che la Gran Bretagna pompava a Bruxelles invece che nel Servizio Sanitario Nazionale. Uno dei suoi cavalli di battaglia, lo slogan stampato a lettere cubitali sul bus con cui ha girato il Regno Unito, alla prova dei fatti è una balla colossale.
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E una balla colossale è anche questo radioso futuro fuori dall’Ue che i fautori del Leave hanno promesso alla gente. Da stamattina alle 6, quando il risultato è stato certo, la Gran Bretagna è diventata una Piccola Bretagna. Ha votato Leave chi è ai margini della società e pensava di non aver niente da perdere. E si è sbagliato di grosso. Il risultato è che si è aperta una crisi di governo, la sterlina è già andata a picco (rendendo ogni inglese un po’ più povero), la Gran Bretagna che aveva una economia in crescita e il tasso di disoccupazione metà della media europea si appresta a entrare in un periodo di instabilità e di probabile recessione economica che non colpirà le odiate élite ma proprio il popolo.
Perché nel mondo globalizzato i soldi di muovono. E le élite spostano i soldi premendo un tasto di computer. Mentre gli operai di East Lindsay, che per il 70,7 per cento hanno votato Leave, non potranno spostarsi. Rimarranno lì, intrappolati nelle loro umide case, in un paese più povero, più isolato e la ricchezza si concentrerà ancora di più nella City degli Hedge Fund, dell’alta e spericolata finanza che ha votato in massa per il Leave, perché così potrà operare ancora più spericolatamente fuori dalle regole imposte dalla Bce e votare delle leggi che permetteranno ai grandi capitali di aggirare le normative fiscali con sempre più sofisticati sistemi di elusione (leggasi evasione fiscale legalizzata).
Ancora una volta sarà la festa di pochi e la disgrazia di molti. Ma sentiremo tutto il giorno e i giorni a venire lo strombazzare dei populisti (Farage, Le Pen, Salvini e compagnia urlante) che grideranno vittoria in nome di un popolo che invece viene gabbato e bastonato. La Piccola Bretagna, perché così dovremo chiamarla da ora in poi, diventerà un cittadella finanziaria sul modello di Singapore, Hong Kong. O peggio ancora come la Svizzera, dove il visto di ingresso verrà concesso a punti e ci sarà posto solo per un’immigrazione razzista, in base al conto in banca. Per i ricchi le porte saranno sempre aperte. A farne le spese sarà solo il popolo che ha votato pensando di danneggiare le élite.
In questo disastro c’è comunque una nota positiva. Vedere la democrazia al lavoro è sempre un bello spettacolo. Il popolo britannico ha votato e il premier Cameron, che sul Remain aveva messo la faccia, si è dimesso. Nonostante non lo avesse promesso prima del referendum e nonostante gli 84 parlamentari conservatori euroscettici gli avessero rinnovato la fiducia. Così funziona la democrazia. Violenta a volte, ma sempre grandiosa.
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Caterina Soffici
Quindi, la parte della società debole britannica, cosa avrebbe dovuto fare???
Accettare le imposizioni dell’elite forte di Bruxelles, che prende ordini dalla massoneria finanziaria, dalle lobby, dalla finanza, dalla malavita, come sostiene Gustavo Zagrebelsky????
Avrebbero dovuto accettare passivamente il Transatlantic Trade and Investment Partnership, TTIP, in cui è stato dedicato un 3D nel forum???
Accettare vagonate di carne trattata con ormoni, Ogm, e pesticidi, solo per far ingrassare i conti delle company a stelle e strisce????
Trasformare la scuola pubblica in privata???
Trasformare la sanità da pubblica in privata???
Cancellare il Welfare, che è costato anni di lotte sociali solo per aderire al neoliberismo a stelle e strisce???
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Re: La crisi dell'Europa
Speculazione
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
La speculazione in finanza è l'attività di un certo individuo (operatore finanziario) che entra sul mercato nel momento presente effettuando un qualche tipo di investimento e presumendo degli sviluppi ad alto rischio il cui esito, positivo o negativo, dipenderà dal verificarsi o meno di eventi su cui egli ha formulato le sue aspettative iniziali. Se l'evento aleatorio si manifesterà in linea con le aspettative, l'operazione speculativa avrà esito positivo, cioè produrrà un profitto, nel caso contrario si avrà una perdita.
Indice [nascondi]
1 Origine del termine
2 Caratteristiche dell'attività
3 La posizione della teoria economica
4 Speculazione rialzista e ribassista nella Borsa valori
5 Speculazione allo scoperto
6 Speculazione su strumenti derivati
7 La speculazione fuori dalla Borsa valori
8 Note
9 Voci correlate
10 Altri progetti
Origine del termine[modifica | modifica wikitesto]
Nel senso comune del termine, per «speculazione» si intende una qualunque operazione intesa a ottenere un vantaggio o utile sfruttando senza scrupoli situazioni favorevoli, spesso a danno di altri soggetti o dell'interesse generale.[1]
Il termine speculazione nasce dalla voce latina specula (vedetta), da specere (osservare, scrutare), ovvero colui che compiva l'attività di guardia dei legionari. Da qui deriva il senso etimologico di "guardare lontano" e "guardare in profondità con attenzione", e così in senso traslato "guardare nel futuro" o "prevedere il futuro". Già la voce in tardo latino speculatio, speculationis indica l'attività di indagine filosofica. Il termine viene utilizzato oggi in ambito filosofico con l'accezione di "teorizzare senza una solida base fattuale", conservando quindi l'originario senso etimologico della vedetta romana che guarda in lontananza.
Caratteristiche dell'attività[modifica | modifica wikitesto]
La differenza con molte altre attività di investimento, anch'esse basate sul concetto di valore atteso, è che nell'attività speculativa il valore atteso non si fonda su stime statistiche robuste, o quantomeno significative, ma deriva da una attività previsiva puramente soggettiva. Si rifà a questa accezione il senso del termine usato in ambito filosofico di "produrre conseguenze da una asserzione priva di solida base", che nella finanza equivale a produrre previsioni senza una solida base statistica. Ciò espone l'operatore speculativo a grandi rischi, i quali possono essere remunerati da altrettanto grossi guadagni, ma che possono anche portare al rapido fallimento del progetto speculativo e dell'azienda stessa.
La posizione della teoria economica[modifica | modifica wikitesto]
Varie sono le definizioni di speculazione date dalle diverse correnti di pensiero economico. Nell'ambito dell'economia capitalistica due sono fondamentali: quella keynesiana e quella neoclassica.
Secondo John Maynard Keynes la speculazione era l'arte di capire cosa gli altri operatori di mercato avessero pensato riguardo al futuro: a questo proposito è famosa la metafora del concorso di bellezza. Per indovinare quale bella ragazza vincerà un concorso di bellezza il nostro parere conta poco perciò è inutile cercare di capire quale sia la donna più bella. Per indovinare la vincente dobbiamo invece cercare di capire come voterà la maggioranza dei giurati. La stessa cosa vale per il mercato azionario: bisogna indovinare come agirà la maggioranza degli operatori.
« Se vogliamo applicare il termine speculazione all'attività di prevedere la psicologia del mercato, e il termine intraprendenza all'attività di prevedere il rendimento prospettivo dei beni capitali per tutta la durata della loro vita, è certo che non sempre si verifica che la speculazione predomini sull'intraprendenza. Tuttavia, quanto più perfezionata è l'organizzazione dei mercati di investimento, tanto maggiore sarà il rischio che la speculazione prenda il sopravvento sull'intraprendenza. In uno dei maggiori mercati di investimento del mondo, New York, l'influenza della speculazione (nel senso suddetto) è enorme. [...]
Gli speculatori possono essere innocui se sono delle bolle sopra un flusso regolare di intraprese economiche; ma la situazione è seria se le imprese diventano una bolla sospesa sopra un vortice di speculazioni. Quando l'accumulazione di capitale di un paese diventa il sottoprodotto delle attività di un Casinò, è probabile che le cose vadano male. Se alla Borsa si guarda come a una istituzione la cui funzione sociale appropriata è orientare i nuovi investimenti verso i canali più profittevoli in termini di rendimenti futuri, il successo conquistato da Wall Street non può proprio essere vantato tra gli straordinari trionfi di un capitalismo del laissez faire. Il che non dovrebbe meravigliare, se ho ragione quando sostengo che i migliori cervelli di Wall Street sono in verità orientati a tutt'altri obiettivi. »
(J.M. Keynes, Teoria generale dell'occupazione, dell'interesse e della moneta, 1936)
I pensatori della scuola neoclassica invece intendono la speculazione come l'attività di un operatore che si assume dei rischi per i quali richiede una adeguata remunerazione. Secondo questa scuola di pensiero lo speculatore è un elemento fondamentale del mercato poiché assicura liquidità e concorre alla formazione di un prezzo efficiente.
Secondo Ludwig von Mises, appartenente alla scuola austriaca, ogni attore economico è uno speculatore, in quanto l'azione umana è sempre diretta verso il futuro che è di per sé sconosciuto e quindi incerta. Il modo distintivo di pensare dello speculatore sta nella capacità di comprendere i vari fattori che determineranno il corso degli eventi futuri. Ogni genere di investimento è quindi una forma di speculazione.[2]
Sempre secondo Mises, "la speculazione anticipa i futuri cambiamenti dei prezzi; la sua funzione economica consiste nel pareggiare le differenze di prezzo tra differenti luoghi e differenti punti nel tempo e, attraverso la pressione esercitata sulla produzione e sul consumo, nell'adattare domanda ed offerta l'uno all'altro".[3]
Speculazione rialzista e ribassista nella Borsa valori[modifica | modifica wikitesto]
La speculazione può essere al rialzo, in cui si compra subito un bene per rivenderlo in futuro ad un prezzo maggiore, oppure al ribasso, vendendo subito un bene il cui prezzo si ritiene diminuirà in futuro. Bisogna inoltre tenere conto della relazione inversa che si crea fra il valore del titolo ed il tasso d'interesse.
Di norma, la speculazione rialzista viene semplicemente attuata acquistando e accumulando un bene per rivenderlo in futuro quando il prezzo aumenterà. La speculazione ribassista invece può essere attuata ritardando l'acquisto di un bene ad un momento futuro, prevedendo che il prezzo diminuisca, oppure vendendo un titolo che impegna il venditore a consegnare una determinata quantità del bene in futuro, prevedendo di acquistarlo in un secondo momento dal mercato, quando il prezzo è diminuito. In particolare la compravendita di strumenti finanziari allo scoperto è una forma di speculazione finanziaria che è resa possibile dall'esistenza di un periodo di alcuni giorni che intercorre dal momento dell'operazione a quello della sua liquidazione con lo scambio dei titoli e del controvalore in moneta. Da un punto di vista teorico, dato che la moneta è un bene come altri, chiunque speculi al rialzo sul prezzo di un bene sta, nello stesso istante, speculando al ribasso sul valore della moneta rispetto a quel bene.
La differenza pratica tra uno speculatore al rialzo ed uno al ribasso è che speculando al rialzo sul prezzo di un bene, lo speculatore rischia una quantità limitata di capitale (quello speso per acquistare il bene da rivendere più tardi), mentre uno speculatore al ribasso rischia una quantità indeterminata di capitale (quello che dovrà spendere per acquistare il bene in futuro per assolvere al contratto). Di converso, lo speculatore al rialzo può guadagnare una quantità indeterminata di denaro in futuro rivendendo il bene su cui sta speculando, mentre lo speculatore al ribasso può, al massimo, guadagnare il prezzo a cui si è impegnato di vendere il bene in futuro (nel caso il prezzo del bene sia zero in futuro).
In alcuni Paesi i regolatori del mercati finanziari hanno approvato dei regolamenti per contrastare le vendite allo scoperto poiché considerate come operazioni destabilizzanti del mercato[senza fonte], mentre in altri Paesi, come la Cina, la vendita allo scoperto è stata introdotta proprio al fine di incrementare la stabilità finanziaria. Uno dei principali strumenti per limitare la vendita allo scoperto è la riduzione dei tempi di liquidazione intercorrenti fra la vendita e il regolamento dell'operazione; un tempo non accorciabile è quello fra l'emissione dell'ordine e l'accoglimento da una controparte di mercato. Altri strumenti sono il deposito preventivo di titoli e capitali in un conto vincolato presso l'ente preposto alla regolazione degli scambi: un deposito di capitale contro la speculazione rialzista, e un deposito di strumenti finanziari per limitare quella ribassista. In Italia, nel 2008, la Consob ha adottato una norma temporanea, valida fino a gennaio 2009, che obbliga i venditori a dimostrare disponibilità e proprietà dei titoli dal momento dell'ordine fino alla data di regolamento dell'operazione[4].
Speculazione allo scoperto[modifica | modifica wikitesto]
Combinando con una speculazione al rialzo o al ribasso dei prezzi, lo speculatore può anche agire allo scoperto. In questo caso l'investitore, detto in gergo scopertista, può vendere degli strumenti finanziari che ancora non possiede, scommettendo su un abbassamento del loro prezzo in modo da acquistarli prima della scadenza del pagamento. In questo modo, guadagna sulla differenza fra il prezzo di vendita e quello inferiore di acquisto. Un esempio di compravendita allo scoperto è quello del margin negli anni '30.
Una compravendita allo scoperto offre margini di guadagno più elevati quando viene effettuata con degli strumenti finanziari che hanno una forte volatilità, ovvero che possono variare il loro prezzo in modo consistente anche in pochi giorni di tempo. Gli strumenti derivati rientrano in questa categoria.
Per arginare il fenomeno delle vendite allo scoperto, le autorità di regolamentazione possono imporre un breve periodo per la liquidazione delle operazioni. Una misura più radicale è l'obbligo per l'emittente l'ordine di avere proprietà e disponibilità dei titoli dal giorno stesso dell'ordine fino al regolamento dell'operazione, escludendo il prestito temporaneo di titoli.
Speculazione su strumenti derivati[modifica | modifica wikitesto]
La speculazione su strumenti derivati si realizza in prevalenza comprando o vendendo questi strumenti senza essere in possesso del relativo sottostante, cioè agendo allo scoperto. L'agire allo scoperto consente, a parità di rischio, di moltiplicare i rendimenti e la leva finanziaria attraverso l'uso della marginazione.
L'interesse dell'investitore non è quello di avere a disposizione a una certa data e prezzo una quantità di valuta straniera o di materie prime, ma lucrare dalla compravendita del derivato.
Nel luglio 2008, per arginare la speculazione, la SEC americana ha posto restrizioni alla vendita di derivati per investitori che non possono dimostrare il possesso del sottostante, tramite un certificato di deposito proprio o di terzi.
Fra le possibili regolamentazioni per ridurre la speculazione su derivati, in particolare di materie prime o generi alimentari, possono essere adottate le seguenti:
ridurre la durata massima degli strumenti finanziari; a ogni compravendita del derivato è probabile un aumento del prezzo del derivato e del titolo sottostante;
vietare i fondi che investono in derivati con questi sottostanti;
ridurre la quantità di sottostante che un singolo soggetto può negoziare in un certo arco di tempo (giornaliero, mensile, etc.).
La speculazione fuori dalla Borsa valori[modifica | modifica wikitesto]
Anche al di fuori dell'ambito della Borsa valori, rimane costante il principio della speculazione: l'assunzione di posizioni (non solo finanziarie, ma anche in altri beni) in base ad aspettative sull'andamento futuro di una o più variabili aleatorie.
È quindi difficile racchiudere la speculazione nel ristretto ambito della speculazione finanziaria e borsistica, poiché molte attività economiche si fondano su valori attesi di difficile quantificazione e molte imprese prendono decisioni strategiche sulla base di aspettative più o meno coerenti riguardo al futuro. Un esempio fra i tanti possibili è quello della speculazione edilizia, l'acquisizione e la successiva vendita di beni immobili con il fine specifico di ottenere un surplus tra il costo di acquisto ed il prezzo di vendita.
Aneddotica a questo proposito è la frase di un celebre banchiere, Sir Ernest Cassel:[5] "Quando ero giovane mi chiamavano giocatore d'azzardo, poi cominciarono a chiamarmi speculatore ed oggi dicono di me che sono un grande banchiere: io però ho fatto sempre la stessa cosa".
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
La speculazione in finanza è l'attività di un certo individuo (operatore finanziario) che entra sul mercato nel momento presente effettuando un qualche tipo di investimento e presumendo degli sviluppi ad alto rischio il cui esito, positivo o negativo, dipenderà dal verificarsi o meno di eventi su cui egli ha formulato le sue aspettative iniziali. Se l'evento aleatorio si manifesterà in linea con le aspettative, l'operazione speculativa avrà esito positivo, cioè produrrà un profitto, nel caso contrario si avrà una perdita.
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1 Origine del termine
2 Caratteristiche dell'attività
3 La posizione della teoria economica
4 Speculazione rialzista e ribassista nella Borsa valori
5 Speculazione allo scoperto
6 Speculazione su strumenti derivati
7 La speculazione fuori dalla Borsa valori
8 Note
9 Voci correlate
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Origine del termine[modifica | modifica wikitesto]
Nel senso comune del termine, per «speculazione» si intende una qualunque operazione intesa a ottenere un vantaggio o utile sfruttando senza scrupoli situazioni favorevoli, spesso a danno di altri soggetti o dell'interesse generale.[1]
Il termine speculazione nasce dalla voce latina specula (vedetta), da specere (osservare, scrutare), ovvero colui che compiva l'attività di guardia dei legionari. Da qui deriva il senso etimologico di "guardare lontano" e "guardare in profondità con attenzione", e così in senso traslato "guardare nel futuro" o "prevedere il futuro". Già la voce in tardo latino speculatio, speculationis indica l'attività di indagine filosofica. Il termine viene utilizzato oggi in ambito filosofico con l'accezione di "teorizzare senza una solida base fattuale", conservando quindi l'originario senso etimologico della vedetta romana che guarda in lontananza.
Caratteristiche dell'attività[modifica | modifica wikitesto]
La differenza con molte altre attività di investimento, anch'esse basate sul concetto di valore atteso, è che nell'attività speculativa il valore atteso non si fonda su stime statistiche robuste, o quantomeno significative, ma deriva da una attività previsiva puramente soggettiva. Si rifà a questa accezione il senso del termine usato in ambito filosofico di "produrre conseguenze da una asserzione priva di solida base", che nella finanza equivale a produrre previsioni senza una solida base statistica. Ciò espone l'operatore speculativo a grandi rischi, i quali possono essere remunerati da altrettanto grossi guadagni, ma che possono anche portare al rapido fallimento del progetto speculativo e dell'azienda stessa.
La posizione della teoria economica[modifica | modifica wikitesto]
Varie sono le definizioni di speculazione date dalle diverse correnti di pensiero economico. Nell'ambito dell'economia capitalistica due sono fondamentali: quella keynesiana e quella neoclassica.
Secondo John Maynard Keynes la speculazione era l'arte di capire cosa gli altri operatori di mercato avessero pensato riguardo al futuro: a questo proposito è famosa la metafora del concorso di bellezza. Per indovinare quale bella ragazza vincerà un concorso di bellezza il nostro parere conta poco perciò è inutile cercare di capire quale sia la donna più bella. Per indovinare la vincente dobbiamo invece cercare di capire come voterà la maggioranza dei giurati. La stessa cosa vale per il mercato azionario: bisogna indovinare come agirà la maggioranza degli operatori.
« Se vogliamo applicare il termine speculazione all'attività di prevedere la psicologia del mercato, e il termine intraprendenza all'attività di prevedere il rendimento prospettivo dei beni capitali per tutta la durata della loro vita, è certo che non sempre si verifica che la speculazione predomini sull'intraprendenza. Tuttavia, quanto più perfezionata è l'organizzazione dei mercati di investimento, tanto maggiore sarà il rischio che la speculazione prenda il sopravvento sull'intraprendenza. In uno dei maggiori mercati di investimento del mondo, New York, l'influenza della speculazione (nel senso suddetto) è enorme. [...]
Gli speculatori possono essere innocui se sono delle bolle sopra un flusso regolare di intraprese economiche; ma la situazione è seria se le imprese diventano una bolla sospesa sopra un vortice di speculazioni. Quando l'accumulazione di capitale di un paese diventa il sottoprodotto delle attività di un Casinò, è probabile che le cose vadano male. Se alla Borsa si guarda come a una istituzione la cui funzione sociale appropriata è orientare i nuovi investimenti verso i canali più profittevoli in termini di rendimenti futuri, il successo conquistato da Wall Street non può proprio essere vantato tra gli straordinari trionfi di un capitalismo del laissez faire. Il che non dovrebbe meravigliare, se ho ragione quando sostengo che i migliori cervelli di Wall Street sono in verità orientati a tutt'altri obiettivi. »
(J.M. Keynes, Teoria generale dell'occupazione, dell'interesse e della moneta, 1936)
I pensatori della scuola neoclassica invece intendono la speculazione come l'attività di un operatore che si assume dei rischi per i quali richiede una adeguata remunerazione. Secondo questa scuola di pensiero lo speculatore è un elemento fondamentale del mercato poiché assicura liquidità e concorre alla formazione di un prezzo efficiente.
Secondo Ludwig von Mises, appartenente alla scuola austriaca, ogni attore economico è uno speculatore, in quanto l'azione umana è sempre diretta verso il futuro che è di per sé sconosciuto e quindi incerta. Il modo distintivo di pensare dello speculatore sta nella capacità di comprendere i vari fattori che determineranno il corso degli eventi futuri. Ogni genere di investimento è quindi una forma di speculazione.[2]
Sempre secondo Mises, "la speculazione anticipa i futuri cambiamenti dei prezzi; la sua funzione economica consiste nel pareggiare le differenze di prezzo tra differenti luoghi e differenti punti nel tempo e, attraverso la pressione esercitata sulla produzione e sul consumo, nell'adattare domanda ed offerta l'uno all'altro".[3]
Speculazione rialzista e ribassista nella Borsa valori[modifica | modifica wikitesto]
La speculazione può essere al rialzo, in cui si compra subito un bene per rivenderlo in futuro ad un prezzo maggiore, oppure al ribasso, vendendo subito un bene il cui prezzo si ritiene diminuirà in futuro. Bisogna inoltre tenere conto della relazione inversa che si crea fra il valore del titolo ed il tasso d'interesse.
Di norma, la speculazione rialzista viene semplicemente attuata acquistando e accumulando un bene per rivenderlo in futuro quando il prezzo aumenterà. La speculazione ribassista invece può essere attuata ritardando l'acquisto di un bene ad un momento futuro, prevedendo che il prezzo diminuisca, oppure vendendo un titolo che impegna il venditore a consegnare una determinata quantità del bene in futuro, prevedendo di acquistarlo in un secondo momento dal mercato, quando il prezzo è diminuito. In particolare la compravendita di strumenti finanziari allo scoperto è una forma di speculazione finanziaria che è resa possibile dall'esistenza di un periodo di alcuni giorni che intercorre dal momento dell'operazione a quello della sua liquidazione con lo scambio dei titoli e del controvalore in moneta. Da un punto di vista teorico, dato che la moneta è un bene come altri, chiunque speculi al rialzo sul prezzo di un bene sta, nello stesso istante, speculando al ribasso sul valore della moneta rispetto a quel bene.
La differenza pratica tra uno speculatore al rialzo ed uno al ribasso è che speculando al rialzo sul prezzo di un bene, lo speculatore rischia una quantità limitata di capitale (quello speso per acquistare il bene da rivendere più tardi), mentre uno speculatore al ribasso rischia una quantità indeterminata di capitale (quello che dovrà spendere per acquistare il bene in futuro per assolvere al contratto). Di converso, lo speculatore al rialzo può guadagnare una quantità indeterminata di denaro in futuro rivendendo il bene su cui sta speculando, mentre lo speculatore al ribasso può, al massimo, guadagnare il prezzo a cui si è impegnato di vendere il bene in futuro (nel caso il prezzo del bene sia zero in futuro).
In alcuni Paesi i regolatori del mercati finanziari hanno approvato dei regolamenti per contrastare le vendite allo scoperto poiché considerate come operazioni destabilizzanti del mercato[senza fonte], mentre in altri Paesi, come la Cina, la vendita allo scoperto è stata introdotta proprio al fine di incrementare la stabilità finanziaria. Uno dei principali strumenti per limitare la vendita allo scoperto è la riduzione dei tempi di liquidazione intercorrenti fra la vendita e il regolamento dell'operazione; un tempo non accorciabile è quello fra l'emissione dell'ordine e l'accoglimento da una controparte di mercato. Altri strumenti sono il deposito preventivo di titoli e capitali in un conto vincolato presso l'ente preposto alla regolazione degli scambi: un deposito di capitale contro la speculazione rialzista, e un deposito di strumenti finanziari per limitare quella ribassista. In Italia, nel 2008, la Consob ha adottato una norma temporanea, valida fino a gennaio 2009, che obbliga i venditori a dimostrare disponibilità e proprietà dei titoli dal momento dell'ordine fino alla data di regolamento dell'operazione[4].
Speculazione allo scoperto[modifica | modifica wikitesto]
Combinando con una speculazione al rialzo o al ribasso dei prezzi, lo speculatore può anche agire allo scoperto. In questo caso l'investitore, detto in gergo scopertista, può vendere degli strumenti finanziari che ancora non possiede, scommettendo su un abbassamento del loro prezzo in modo da acquistarli prima della scadenza del pagamento. In questo modo, guadagna sulla differenza fra il prezzo di vendita e quello inferiore di acquisto. Un esempio di compravendita allo scoperto è quello del margin negli anni '30.
Una compravendita allo scoperto offre margini di guadagno più elevati quando viene effettuata con degli strumenti finanziari che hanno una forte volatilità, ovvero che possono variare il loro prezzo in modo consistente anche in pochi giorni di tempo. Gli strumenti derivati rientrano in questa categoria.
Per arginare il fenomeno delle vendite allo scoperto, le autorità di regolamentazione possono imporre un breve periodo per la liquidazione delle operazioni. Una misura più radicale è l'obbligo per l'emittente l'ordine di avere proprietà e disponibilità dei titoli dal giorno stesso dell'ordine fino al regolamento dell'operazione, escludendo il prestito temporaneo di titoli.
Speculazione su strumenti derivati[modifica | modifica wikitesto]
La speculazione su strumenti derivati si realizza in prevalenza comprando o vendendo questi strumenti senza essere in possesso del relativo sottostante, cioè agendo allo scoperto. L'agire allo scoperto consente, a parità di rischio, di moltiplicare i rendimenti e la leva finanziaria attraverso l'uso della marginazione.
L'interesse dell'investitore non è quello di avere a disposizione a una certa data e prezzo una quantità di valuta straniera o di materie prime, ma lucrare dalla compravendita del derivato.
Nel luglio 2008, per arginare la speculazione, la SEC americana ha posto restrizioni alla vendita di derivati per investitori che non possono dimostrare il possesso del sottostante, tramite un certificato di deposito proprio o di terzi.
Fra le possibili regolamentazioni per ridurre la speculazione su derivati, in particolare di materie prime o generi alimentari, possono essere adottate le seguenti:
ridurre la durata massima degli strumenti finanziari; a ogni compravendita del derivato è probabile un aumento del prezzo del derivato e del titolo sottostante;
vietare i fondi che investono in derivati con questi sottostanti;
ridurre la quantità di sottostante che un singolo soggetto può negoziare in un certo arco di tempo (giornaliero, mensile, etc.).
La speculazione fuori dalla Borsa valori[modifica | modifica wikitesto]
Anche al di fuori dell'ambito della Borsa valori, rimane costante il principio della speculazione: l'assunzione di posizioni (non solo finanziarie, ma anche in altri beni) in base ad aspettative sull'andamento futuro di una o più variabili aleatorie.
È quindi difficile racchiudere la speculazione nel ristretto ambito della speculazione finanziaria e borsistica, poiché molte attività economiche si fondano su valori attesi di difficile quantificazione e molte imprese prendono decisioni strategiche sulla base di aspettative più o meno coerenti riguardo al futuro. Un esempio fra i tanti possibili è quello della speculazione edilizia, l'acquisizione e la successiva vendita di beni immobili con il fine specifico di ottenere un surplus tra il costo di acquisto ed il prezzo di vendita.
Aneddotica a questo proposito è la frase di un celebre banchiere, Sir Ernest Cassel:[5] "Quando ero giovane mi chiamavano giocatore d'azzardo, poi cominciarono a chiamarmi speculatore ed oggi dicono di me che sono un grande banchiere: io però ho fatto sempre la stessa cosa".
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