Dove va l'America?
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Re: Dove va l'America?
I due giornali di destra, Liberoquotidiano ed Il Giornale, si sono espressi a favore di Trump. Come tutti i tifosi di questo mondo, l’obiettività non è di casa. Conta solo il tifo.
E’ per questo motivo che le notizie da loro pubblicate vanno sempre pesate e prese con le debite molle.
Come in questo caso.
Forse alla fine risulterà che hanno ragione, ma fino allora il dubbio è d’obbligo.
Sono due ore che su Liberoquotidiano.it, compare questa notizia.
Ognuno la interpreti come crede meglio.
Io la accolgo con riserva. Con molta riserva.
HANNO GIÀ VOTATO
CNN, HA VINTO TRUMP
Arrivano i primi risultati:
occhio ai tre paesi chiave
Ecco che cosa farà alle 20
E’ per questo motivo che le notizie da loro pubblicate vanno sempre pesate e prese con le debite molle.
Come in questo caso.
Forse alla fine risulterà che hanno ragione, ma fino allora il dubbio è d’obbligo.
Sono due ore che su Liberoquotidiano.it, compare questa notizia.
Ognuno la interpreti come crede meglio.
Io la accolgo con riserva. Con molta riserva.
HANNO GIÀ VOTATO
CNN, HA VINTO TRUMP
Arrivano i primi risultati:
occhio ai tre paesi chiave
Ecco che cosa farà alle 20
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Re: Dove va l'America?
6 ore fa 1642
È meglio Trump della Clinton
Che disastro questa America!
Marcello Foa
08 NOV 16
Per noi europei, meglio Trump di Hillary. Che disastro questa America!
Oggi l’America vota al termine della campagna elettorale più sconcertante degli ultimi anni. E’ difficile dar torto alla maggior parte degli americani che affermano di non riconoscersi in nessuno dei due candidati. In un’America normale, Trump avrebbe potuto essere, al massimo, la star di un reality televisivo mentre Hillary è gravata da un passato talmente pesante che mai avrebbe potuto avvicinarsi alla Casa Bianca. Invece sono in corsa entrambi a testimonianza di due profonde fratture.
La prima è sociale: oggi gli Usa non sono più il Paese della speranza e della crescita. I dati reali sull’economia americana rivelano che la classe media è ormai annientata, che i giovani si indebitano per studiare nelle migliori università e poi non trovano lavoro, che la gente per sopravvivere deve fare più mestieri, che l’indebitamento privato affossa le economie domestiche.
L’americano medio – non quello di New York o San Francisco – si sente tradito e spesso è disperato. Otto anni fa aveva creduto ad Obama, quello della speranza e del Yes We Can: era il volto bello e rispettabile di una politica che prometteva vero cambiamento, sappiamo com’è andata a finire.
L’onda lunga di quella delusione ha screditato i partiti tradizionali legittimando un personaggio fuori dagli schemi come Trump.
L’altra frattura è dentro l’establishment. Le élite americane sono diventate autoreferenziali, prive di contatto con il Paese reale e troppo ricche per restare eque. Il meccanismo di selezione di queste élite si è inceppato o più probabilmente è marcito: un’America che elegge Bush padre e poi Bush figlio e che ora propone come presidente la moglie dell’ex presidente Clinton denota gli stessi difetti dell’aristocrazia europea, quella – per intenderci – spazzata via dalla Rivoluzione francese.
Le email diffuse da Wikileaks e dalle indiscrezioni sulla Fondazione Clinton svelano la metà nascosta del potere, fatto di corruzione implicita e talvolta esplicita, scambi di favori tra potenti, asservimento della stampa, logiche di clan, perseguimento di agende segrete troppo distanti da quelle proclamate in pubblico.
Guardate questo schema:
Schermata 2016-11-08 alle 07.38.57
Come può essere credibile una famiglia, quella dei Clinton, che di fatto barattava colloqui personali – a quanto pare anche al Dipartimento di Stato – e comparsate a convegni a colpi di donazioni milionarie alla propria Fondazione? Donazioni che provenivano anche da Paesi inqualificabili?
Tramite Assange abbiamo saputo che a volere la caduta di Gheddafi non è stato l’ex presidente francese Sarkozy, come ipotizzato finora, ma Hillary e contro addirittura la volontà di Obama.
Ecco perché quando ci si chiede quale sia il candidato migliore, io rispondo che bisogna chiedersi quale sia quello meno scadente e meno pericoloso per noi europei.
Trump è un’incognita ma l’esperienza dimostra che quando personaggi eccentrici entrano nella stanza dei bottoni, di solito moderano la propria visione del mondo, si rendono conto del proprio potere e diventano più prudenti. Trump è un uomo d’affari: sa che ci sono delle linee rosse da non superare.
Hillary, invece, purtroppo è senza misteri: rappresenta la continuità della politica neoconservatrice che, dall’11 settembre 2001, ha caratterizzato la politica estera americana e che si è tradotta nella destabilizzazione dell’Iraq, dell’Egitto, della Tunisia, della Libia, della Siria, dell’Ucraina, in una guerra al terrorismo che ha portato a più terrorismo e alla nascita dell’Isis, in circostanze peraltro molto ambigue. Rappresenta quella parte di America che vuole regolare i conti con la Russia, perseguendo una politica anti Putin pretestuosa e per noi europei nefasta. Una politica che domani potrebbe condurre a una guerra con il Cremlino.
Ecco perché tra i due candidati il più pericoloso, per noi europei, è, paradossalmente, colei che la stampa dipinge come moderata e progressista: Hillary Clinton.
In ogni caso: che delusione questa America.
È meglio Trump della Clinton
Che disastro questa America!
Marcello Foa
08 NOV 16
Per noi europei, meglio Trump di Hillary. Che disastro questa America!
Oggi l’America vota al termine della campagna elettorale più sconcertante degli ultimi anni. E’ difficile dar torto alla maggior parte degli americani che affermano di non riconoscersi in nessuno dei due candidati. In un’America normale, Trump avrebbe potuto essere, al massimo, la star di un reality televisivo mentre Hillary è gravata da un passato talmente pesante che mai avrebbe potuto avvicinarsi alla Casa Bianca. Invece sono in corsa entrambi a testimonianza di due profonde fratture.
La prima è sociale: oggi gli Usa non sono più il Paese della speranza e della crescita. I dati reali sull’economia americana rivelano che la classe media è ormai annientata, che i giovani si indebitano per studiare nelle migliori università e poi non trovano lavoro, che la gente per sopravvivere deve fare più mestieri, che l’indebitamento privato affossa le economie domestiche.
L’americano medio – non quello di New York o San Francisco – si sente tradito e spesso è disperato. Otto anni fa aveva creduto ad Obama, quello della speranza e del Yes We Can: era il volto bello e rispettabile di una politica che prometteva vero cambiamento, sappiamo com’è andata a finire.
L’onda lunga di quella delusione ha screditato i partiti tradizionali legittimando un personaggio fuori dagli schemi come Trump.
L’altra frattura è dentro l’establishment. Le élite americane sono diventate autoreferenziali, prive di contatto con il Paese reale e troppo ricche per restare eque. Il meccanismo di selezione di queste élite si è inceppato o più probabilmente è marcito: un’America che elegge Bush padre e poi Bush figlio e che ora propone come presidente la moglie dell’ex presidente Clinton denota gli stessi difetti dell’aristocrazia europea, quella – per intenderci – spazzata via dalla Rivoluzione francese.
Le email diffuse da Wikileaks e dalle indiscrezioni sulla Fondazione Clinton svelano la metà nascosta del potere, fatto di corruzione implicita e talvolta esplicita, scambi di favori tra potenti, asservimento della stampa, logiche di clan, perseguimento di agende segrete troppo distanti da quelle proclamate in pubblico.
Guardate questo schema:
Schermata 2016-11-08 alle 07.38.57
Come può essere credibile una famiglia, quella dei Clinton, che di fatto barattava colloqui personali – a quanto pare anche al Dipartimento di Stato – e comparsate a convegni a colpi di donazioni milionarie alla propria Fondazione? Donazioni che provenivano anche da Paesi inqualificabili?
Tramite Assange abbiamo saputo che a volere la caduta di Gheddafi non è stato l’ex presidente francese Sarkozy, come ipotizzato finora, ma Hillary e contro addirittura la volontà di Obama.
Ecco perché quando ci si chiede quale sia il candidato migliore, io rispondo che bisogna chiedersi quale sia quello meno scadente e meno pericoloso per noi europei.
Trump è un’incognita ma l’esperienza dimostra che quando personaggi eccentrici entrano nella stanza dei bottoni, di solito moderano la propria visione del mondo, si rendono conto del proprio potere e diventano più prudenti. Trump è un uomo d’affari: sa che ci sono delle linee rosse da non superare.
Hillary, invece, purtroppo è senza misteri: rappresenta la continuità della politica neoconservatrice che, dall’11 settembre 2001, ha caratterizzato la politica estera americana e che si è tradotta nella destabilizzazione dell’Iraq, dell’Egitto, della Tunisia, della Libia, della Siria, dell’Ucraina, in una guerra al terrorismo che ha portato a più terrorismo e alla nascita dell’Isis, in circostanze peraltro molto ambigue. Rappresenta quella parte di America che vuole regolare i conti con la Russia, perseguendo una politica anti Putin pretestuosa e per noi europei nefasta. Una politica che domani potrebbe condurre a una guerra con il Cremlino.
Ecco perché tra i due candidati il più pericoloso, per noi europei, è, paradossalmente, colei che la stampa dipinge come moderata e progressista: Hillary Clinton.
In ogni caso: che delusione questa America.
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Re: Dove va l'America?
QUANDO LE PAROLE DI FRANCESCO, PRONUNCIATE SOLO TRE GIORNI FA, ACQUISTANO ANCORA MAGGIOR PESO.
LIBRE news
Talese: Usa in declino, il presidente non conta più nulla
Scritto il 08/11/16 • nella Categoria: idee Condividi
Queste elezioni non contano niente, perché ormai il presidente degli Stati Uniti non ha più potere. La politica ha perso peso nella società. Mi sembra un fatto evidente. Le nostre vite vanno avanti indipendentemente dalle decisioni dei politici, perché ormai sono altri i fattori che determinano le scelte, il futuro e la qualità della nostra vita, dalla tecnologia globale alle questioni più locali. Ma lo avete visto Barack Obama? Sembrava l’uomo nuovo, incarnava le virtù che avrei voluto nel politico capace di guidarci verso il futuro, e invece non è riuscito neppure a chiudere la prigione di Guantanamo. Se il capo della Casa Bianca non ha la forza di produrre anche un minimo cambiamento tipo questo, come possiamo pensare che abbia la capacità di influenzare le grandi tendenze della storia? Il potere della politica, e in particolare quello del presidente degli Stati Uniti, che un tempo chiamavamo leader del mondo libero, sono decisamente diminuiti. E questa campagna, nel frattempo, ha parlato del nulla. Quale doveva essere il tema principale? Il declino del peso degli Stati Uniti nel mondo.Negli Anni Cinquanta, subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, io ero soldato nelle forze armate. Mi schierarono prima in Germania e poi in Italia, il paese da cui era emigrato mio padre, calabrese, all’epoca del fascismo. Tutti ci volevano bene, tutti amavano gli Usa. Eravamo una forza positiva nel mondo, e andare in giro con la divisa era un orgoglio. Ora invece nessuno ci rispetta: persino le Filippine si permettono di sfotterci. Allora eravamo una forza positiva, che cercava di stabilizzare il mondo e orientarlo verso valori democratici condivisi. Poi però abbiamo deciso di intervenire ovunque, per imporre i nostri interessi, stabilendo chi è buono e chi è cattivo. Questo ha provocato una reazione negativa globale contro gli Stati Uniti, ma nessuno ne ha parlato durante la campagna presidenziale. Il risentimento interno ha spinto tanto la candidatura di Trump tra i repubblicani, quanto quella di Sanders tra i democratici durante le primarie. Non avete notato l’insoddisfazione della gente nelle strade? Gli americani della classe media faticano ad arrivare alla fine del mese.La riforma sanitaria di Obama è stata un disastro, e molta gente è ancora costretta a decidere se mangiare o andare dal medico. A causa di questa crisi economica, poi, anche le tensioni razziali sono riesplose, con i neri sempre emarginati, e i bianchi terrorizzati dalle minoranze che conquistano il paese. Chi descrive la sfida tra Clinton e Trump come la più importante dei tempi moderni, perché considera il candidato repubblicano pericoloso per la libertà e il modello di vita americano, putroppo ha torto. Dico purtroppo, nel senso che neppure Trump riuscirebbe a fare quello che ha promesso, o minacciato. Chiunque verrà eletto verrà paralizzato, dal Congresso, e dai veti incrociati dei vari poteri in concorrenza. Il risultato è che nulla si muoverà e il paese resterà impantanato. No, la mia non è una visione troppo pessimistica. Sono vecchio. Morirò senza veder tornare l’America amata da tutto il mondo, in cui ero cresciuto da bambino.
(Gay Talese, dichiarazioni che lo scrittore ha rilasciato a Paolo Mastrolilli per l’intervista “Gli Usa senza peso, queste elezioni con contano nulla”, pubblicata da “La Stampa” alla vigilia delle elezioni Usa e ripresa da “Dagospia” l’8 novembre 2016).
LIBRE news
Talese: Usa in declino, il presidente non conta più nulla
Scritto il 08/11/16 • nella Categoria: idee Condividi
Queste elezioni non contano niente, perché ormai il presidente degli Stati Uniti non ha più potere. La politica ha perso peso nella società. Mi sembra un fatto evidente. Le nostre vite vanno avanti indipendentemente dalle decisioni dei politici, perché ormai sono altri i fattori che determinano le scelte, il futuro e la qualità della nostra vita, dalla tecnologia globale alle questioni più locali. Ma lo avete visto Barack Obama? Sembrava l’uomo nuovo, incarnava le virtù che avrei voluto nel politico capace di guidarci verso il futuro, e invece non è riuscito neppure a chiudere la prigione di Guantanamo. Se il capo della Casa Bianca non ha la forza di produrre anche un minimo cambiamento tipo questo, come possiamo pensare che abbia la capacità di influenzare le grandi tendenze della storia? Il potere della politica, e in particolare quello del presidente degli Stati Uniti, che un tempo chiamavamo leader del mondo libero, sono decisamente diminuiti. E questa campagna, nel frattempo, ha parlato del nulla. Quale doveva essere il tema principale? Il declino del peso degli Stati Uniti nel mondo.Negli Anni Cinquanta, subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, io ero soldato nelle forze armate. Mi schierarono prima in Germania e poi in Italia, il paese da cui era emigrato mio padre, calabrese, all’epoca del fascismo. Tutti ci volevano bene, tutti amavano gli Usa. Eravamo una forza positiva nel mondo, e andare in giro con la divisa era un orgoglio. Ora invece nessuno ci rispetta: persino le Filippine si permettono di sfotterci. Allora eravamo una forza positiva, che cercava di stabilizzare il mondo e orientarlo verso valori democratici condivisi. Poi però abbiamo deciso di intervenire ovunque, per imporre i nostri interessi, stabilendo chi è buono e chi è cattivo. Questo ha provocato una reazione negativa globale contro gli Stati Uniti, ma nessuno ne ha parlato durante la campagna presidenziale. Il risentimento interno ha spinto tanto la candidatura di Trump tra i repubblicani, quanto quella di Sanders tra i democratici durante le primarie. Non avete notato l’insoddisfazione della gente nelle strade? Gli americani della classe media faticano ad arrivare alla fine del mese.La riforma sanitaria di Obama è stata un disastro, e molta gente è ancora costretta a decidere se mangiare o andare dal medico. A causa di questa crisi economica, poi, anche le tensioni razziali sono riesplose, con i neri sempre emarginati, e i bianchi terrorizzati dalle minoranze che conquistano il paese. Chi descrive la sfida tra Clinton e Trump come la più importante dei tempi moderni, perché considera il candidato repubblicano pericoloso per la libertà e il modello di vita americano, putroppo ha torto. Dico purtroppo, nel senso che neppure Trump riuscirebbe a fare quello che ha promesso, o minacciato. Chiunque verrà eletto verrà paralizzato, dal Congresso, e dai veti incrociati dei vari poteri in concorrenza. Il risultato è che nulla si muoverà e il paese resterà impantanato. No, la mia non è una visione troppo pessimistica. Sono vecchio. Morirò senza veder tornare l’America amata da tutto il mondo, in cui ero cresciuto da bambino.
(Gay Talese, dichiarazioni che lo scrittore ha rilasciato a Paolo Mastrolilli per l’intervista “Gli Usa senza peso, queste elezioni con contano nulla”, pubblicata da “La Stampa” alla vigilia delle elezioni Usa e ripresa da “Dagospia” l’8 novembre 2016).
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Re: Dove va l'America?
Se gli americani si liberano dell’élite mafiosa che li domina
Scritto il 06/11/16 • nella Categoria: ideeCondividi
Non siete sorpresi che Hillary e le sue puttane della stampa non abbiano incolpato Putin per il fatto che il direttore dell’Fbi Comey ha riaperto il caso delle e-mail della Clinton? Queste hanno hanno messo in gioco la seconda carta a favore di Hillary. Hanno reso Comey il problema. Secondo il senatore Harry Reid e le puttane, non dobbiamo preoccuparci dei crimini di Hillary. Dopotutto, è solo una donna della politica che si sta creando il nido, come gli uomini in politica hanno fatto per anni. Perché tutti questi misogini continuano a tirarla in mezzo? Le puttane lamentano che il presunto crimine commesso da Comey sia molto più importante. Questo odiatore di donne repubblicano ha violato l’Hatch Act dicendo al Congresso che l’investigazione che aveva dichiarato chiusa è stata riaperta. Un’interpretazione molto strana dell’Hatch Act. Durante un’elezione va bene annunciare che il candidato presidente è innocente, ma non è ok dire che è sotto investigazione.
Nel luglio 2016 Comey ha violato l’Hatch Act quando, su ordini del corrotto Attorney General di Obama, ha detto che Hillary era pulita. Facendo così, Comey ha usato il prestigio che può dare l’annuncio federale di fine indagini per la violazione dei protocolli di sicurezza da parte della Clinton per spingerla dal punto di vista elettorale. In effetti, la situazione di Hillary nei sondaggi è basata sul fatto che i sondaggisti danno maggior peso ai suoi supporter. È facile creare un favorito se pesi di più alcuni supporter nelle domande elettorali. Se si guarda alle persone che assistono alle apparizioni pubbliche, è chiaro che la popolazione statunitense preferisce Donald Trump, il quale si oppone alla guerra con la Russia e la Cina. La guerra con le potenze nucleari è una grossa parte di queste elezioni. Il problema di Hillary ha messo in difficoltà l’oligarchia statunitense, di cui la Clinton è serva fedele. Cosa faranno se vince Trump? Farà la fine di Jfk, Bob Kennedy, Martin Luther King, George Wallace? Ai posteri l’ardua sentenza. Arriverà un’inserviente di un hotel all’ultimo istante alla stessa maniera con cui le oligarchie si sono sbarazzate di Dominique Strauss-Kahn?
Tutte le femministe d’occidente, progressiste e di sinistra, si erano fatte abbindolare dall’ovvia trappola tesa a Strauss-Kahn. Dopo che a Strauss-Kahn è stato impedito di candidarsi all’elezione presidenziale francese e lo si è messo nelle condizioni di dimettersi da presidente del Fmi, le autorità di New York hanno dovuto far cadere tutte le accuse contro di lui. Washington però ha ottenuto il risultato di mettere il suo vassallo Sarkozy all’Eliseo. Ecco come l’oligarchia fa a pezzi quelli che sospetta non servirebbero i suoi interessi. La corrotta ed autoreferenziale oligarchia fa in modo di avere in pugno i governi ed i media, i centri di pensiero e le maggiori università e, ovviamente grazie alle puttane della stampa, le menti degli statunitensi. Il primo interesse degli oligarchi ora è rimettere in sesto Hillary per la corsa alla presidenza, per cui vediamo se riusciranno ancora una volta ad ingannare la popolazione.
Mentre siamo in attesa, preoccupiamoci di un’altra questione importante. Il sindacato criminale della Clinton negli ultimi anni del 20° secolo ha permesso a un pugno di mega-corporations di consolidare tutti i media Usain poche mani. Questo accentramento di poteredell’oligarchia è stato ottenuto nonostante la legge antitrust. Le fusioni nel campo dei media hanno fatto a pezzi la tradizione di media divisi ed indipendenti. Ma all’un percento cosa interessa la legge federale? Nulla. Il potere dell’un percento lo rende immune alla legge. I crimini di Hillary potrebbero costarle le elezioni, ma non andrà in prigione. Non contenta del controllo del 90% dei media, l’oligarchia vuole ancora maggior concentrazione e maggior controllo. Sembra che ce la faranno, grazie al corrotto governo Usa. La Federal Trade Commission dovrebbe rafforzare la legge antitrust. Invece, l’agenzia federale abitualmente viola l’antitrust permettendo concentrazioni a livello di monopolio di interessi economico-finanziari.
A causa del fallimento del governo federale nel rafforzare le proprie stesse leggi, ora abbiamo banche“troppo grandi per fallire”, un monopolio incontrollato in Internet e la distruzione dei media indipendenti. Non molto tempo fa c’era un campo dell’economia conosciuto come antitrust. Dottorandi si sono specializzati in questo campo e hanno scritto dissertazioni sul controllo pubblico dei poteri monopolistici. Suppongo che questa branca dell’economia, come gli Stati Uniti della mia gioventù, non esiste più. Rahul Manchanda spiega che «di nuovo un enorme conglomerato mediatico sta per essere assorbito da un altro enorme conglomerato mediatico, per creare un altro gargantuesco outlet dei media, in un nuovo rafforzamento dell’enorme forza, del denaro, della ricchezza, del potere intimidatorio, delle cospirazioni e del controllo», facendo a pezzi la Costituzione ed il Primo Emendamento.
(Paul Craig Roberts, “Il popolo americano può sconfiggere l’oligarchia che lo governa?”, da “Counterpunch” del 2 novembre 2016, post tradotto e ripreso da “Come Don Chisciotte”. Craig Roberts, economista, è stato viceministro del Tesoro con Reagan nonché “editor” del “Wall Street Journal”; il suo libro “How the Economy Was Lost” è disponibile su “Counterpunch” in formato digitale; il suo ultimo libro è “How America Was Lost”).
Scritto il 06/11/16 • nella Categoria: ideeCondividi
Non siete sorpresi che Hillary e le sue puttane della stampa non abbiano incolpato Putin per il fatto che il direttore dell’Fbi Comey ha riaperto il caso delle e-mail della Clinton? Queste hanno hanno messo in gioco la seconda carta a favore di Hillary. Hanno reso Comey il problema. Secondo il senatore Harry Reid e le puttane, non dobbiamo preoccuparci dei crimini di Hillary. Dopotutto, è solo una donna della politica che si sta creando il nido, come gli uomini in politica hanno fatto per anni. Perché tutti questi misogini continuano a tirarla in mezzo? Le puttane lamentano che il presunto crimine commesso da Comey sia molto più importante. Questo odiatore di donne repubblicano ha violato l’Hatch Act dicendo al Congresso che l’investigazione che aveva dichiarato chiusa è stata riaperta. Un’interpretazione molto strana dell’Hatch Act. Durante un’elezione va bene annunciare che il candidato presidente è innocente, ma non è ok dire che è sotto investigazione.
Nel luglio 2016 Comey ha violato l’Hatch Act quando, su ordini del corrotto Attorney General di Obama, ha detto che Hillary era pulita. Facendo così, Comey ha usato il prestigio che può dare l’annuncio federale di fine indagini per la violazione dei protocolli di sicurezza da parte della Clinton per spingerla dal punto di vista elettorale. In effetti, la situazione di Hillary nei sondaggi è basata sul fatto che i sondaggisti danno maggior peso ai suoi supporter. È facile creare un favorito se pesi di più alcuni supporter nelle domande elettorali. Se si guarda alle persone che assistono alle apparizioni pubbliche, è chiaro che la popolazione statunitense preferisce Donald Trump, il quale si oppone alla guerra con la Russia e la Cina. La guerra con le potenze nucleari è una grossa parte di queste elezioni. Il problema di Hillary ha messo in difficoltà l’oligarchia statunitense, di cui la Clinton è serva fedele. Cosa faranno se vince Trump? Farà la fine di Jfk, Bob Kennedy, Martin Luther King, George Wallace? Ai posteri l’ardua sentenza. Arriverà un’inserviente di un hotel all’ultimo istante alla stessa maniera con cui le oligarchie si sono sbarazzate di Dominique Strauss-Kahn?
Tutte le femministe d’occidente, progressiste e di sinistra, si erano fatte abbindolare dall’ovvia trappola tesa a Strauss-Kahn. Dopo che a Strauss-Kahn è stato impedito di candidarsi all’elezione presidenziale francese e lo si è messo nelle condizioni di dimettersi da presidente del Fmi, le autorità di New York hanno dovuto far cadere tutte le accuse contro di lui. Washington però ha ottenuto il risultato di mettere il suo vassallo Sarkozy all’Eliseo. Ecco come l’oligarchia fa a pezzi quelli che sospetta non servirebbero i suoi interessi. La corrotta ed autoreferenziale oligarchia fa in modo di avere in pugno i governi ed i media, i centri di pensiero e le maggiori università e, ovviamente grazie alle puttane della stampa, le menti degli statunitensi. Il primo interesse degli oligarchi ora è rimettere in sesto Hillary per la corsa alla presidenza, per cui vediamo se riusciranno ancora una volta ad ingannare la popolazione.
Mentre siamo in attesa, preoccupiamoci di un’altra questione importante. Il sindacato criminale della Clinton negli ultimi anni del 20° secolo ha permesso a un pugno di mega-corporations di consolidare tutti i media Usain poche mani. Questo accentramento di poteredell’oligarchia è stato ottenuto nonostante la legge antitrust. Le fusioni nel campo dei media hanno fatto a pezzi la tradizione di media divisi ed indipendenti. Ma all’un percento cosa interessa la legge federale? Nulla. Il potere dell’un percento lo rende immune alla legge. I crimini di Hillary potrebbero costarle le elezioni, ma non andrà in prigione. Non contenta del controllo del 90% dei media, l’oligarchia vuole ancora maggior concentrazione e maggior controllo. Sembra che ce la faranno, grazie al corrotto governo Usa. La Federal Trade Commission dovrebbe rafforzare la legge antitrust. Invece, l’agenzia federale abitualmente viola l’antitrust permettendo concentrazioni a livello di monopolio di interessi economico-finanziari.
A causa del fallimento del governo federale nel rafforzare le proprie stesse leggi, ora abbiamo banche“troppo grandi per fallire”, un monopolio incontrollato in Internet e la distruzione dei media indipendenti. Non molto tempo fa c’era un campo dell’economia conosciuto come antitrust. Dottorandi si sono specializzati in questo campo e hanno scritto dissertazioni sul controllo pubblico dei poteri monopolistici. Suppongo che questa branca dell’economia, come gli Stati Uniti della mia gioventù, non esiste più. Rahul Manchanda spiega che «di nuovo un enorme conglomerato mediatico sta per essere assorbito da un altro enorme conglomerato mediatico, per creare un altro gargantuesco outlet dei media, in un nuovo rafforzamento dell’enorme forza, del denaro, della ricchezza, del potere intimidatorio, delle cospirazioni e del controllo», facendo a pezzi la Costituzione ed il Primo Emendamento.
(Paul Craig Roberts, “Il popolo americano può sconfiggere l’oligarchia che lo governa?”, da “Counterpunch” del 2 novembre 2016, post tradotto e ripreso da “Come Don Chisciotte”. Craig Roberts, economista, è stato viceministro del Tesoro con Reagan nonché “editor” del “Wall Street Journal”; il suo libro “How the Economy Was Lost” è disponibile su “Counterpunch” in formato digitale; il suo ultimo libro è “How America Was Lost”).
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Re: Dove va l'America?
ADESSO SI BALLA. LA SCONFITTA DEI POTERI FORTI E MARCI E' UNA NOVITA'.
BENITO, PINOCCHIO MUSSOLONI-LA TRUFFA, ALZAVA LA VOCE CON L'EUROPA IN QUANTO PROTETTO DALLA CASA BIANCA E DAI POTERI MARCI. INFATTI FACEVA IL TIFO PER LA CLINTON.
ADESSO E' SENZA RETE.
TRUMP A UN PASSO DAL TRIONFO
Clinton perde Florida e Ohio: 244 elettori a 215
Hillary indietro anche in Michigan e Wisconsin. Magnate a un passo dalla soglia 270 che vale la presidenza
Giù le borse di Tokyo, Hong Kong e Londra. Peso messicano in picchiata dopo le minacce del repubblicano
trumpwins-pp
Elezioni USA 2016
Donald Trump sarà il prossimo presidente degli Stati Uniti. Questo dicono al momento i risultati della lunga notte elettorale americana. Dopo un lungo testa a testa il miliardario ha conquistato gli Stati più importanti per la corsa alla Casa Bianca. Suo l’Ohio, sua la Florida, suoi con ogni probabilità anche il Wisconsin e il Michigan, tradizionalmente – soprattutto il secondo – terreni di conquista dei democratici nella classe media e operaia
BENITO, PINOCCHIO MUSSOLONI-LA TRUFFA, ALZAVA LA VOCE CON L'EUROPA IN QUANTO PROTETTO DALLA CASA BIANCA E DAI POTERI MARCI. INFATTI FACEVA IL TIFO PER LA CLINTON.
ADESSO E' SENZA RETE.
TRUMP A UN PASSO DAL TRIONFO
Clinton perde Florida e Ohio: 244 elettori a 215
Hillary indietro anche in Michigan e Wisconsin. Magnate a un passo dalla soglia 270 che vale la presidenza
Giù le borse di Tokyo, Hong Kong e Londra. Peso messicano in picchiata dopo le minacce del repubblicano
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Elezioni USA 2016
Donald Trump sarà il prossimo presidente degli Stati Uniti. Questo dicono al momento i risultati della lunga notte elettorale americana. Dopo un lungo testa a testa il miliardario ha conquistato gli Stati più importanti per la corsa alla Casa Bianca. Suo l’Ohio, sua la Florida, suoi con ogni probabilità anche il Wisconsin e il Michigan, tradizionalmente – soprattutto il secondo – terreni di conquista dei democratici nella classe media e operaia
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Re: Dove va l'America?
DONALD TRUMP PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI
“Cercheremo alleanze, non conflitti nel mondo”
Clinton perde negli Stati chiave, dalla Florida alla Pennsylvania (ora per ora). Il discorso: “Grazie Hillary”
L’uomo del destino senza struttura politica batte Hillary, debole prodotto dell’establishment (di R. Festa)
Elezioni USA 2016
Donald Trump è il nuovo presidente degli Stati Uniti. Questo dicono i risultati della lunga notte elettorale americana. Dopo il testa a testa delle prime ore dello spoglio, il miliardario ha conquistato gli Stati più importanti per la corsa alla Casa Bianca. Suo l’Ohio, sua la Florida, suoi il Wisconsin e il Michigan, tradizionalmente – soprattutto il secondo – terreni di conquista dei democratici nella classe media e operaia. Attesa per il discorso del magnate, mentre Hillary fa sapere che parlerà solo domani, ma chiama il presidente eletto e riconosce la sconfitta
Elezioni Usa 2016, risultati in diretta: il trionfo di Donald Trump. Disfatta per Clinton – FOTO E VIDEO ORA PER ORA
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/11 ... a/3177940/
“Cercheremo alleanze, non conflitti nel mondo”
Clinton perde negli Stati chiave, dalla Florida alla Pennsylvania (ora per ora). Il discorso: “Grazie Hillary”
L’uomo del destino senza struttura politica batte Hillary, debole prodotto dell’establishment (di R. Festa)
Elezioni USA 2016
Donald Trump è il nuovo presidente degli Stati Uniti. Questo dicono i risultati della lunga notte elettorale americana. Dopo il testa a testa delle prime ore dello spoglio, il miliardario ha conquistato gli Stati più importanti per la corsa alla Casa Bianca. Suo l’Ohio, sua la Florida, suoi il Wisconsin e il Michigan, tradizionalmente – soprattutto il secondo – terreni di conquista dei democratici nella classe media e operaia. Attesa per il discorso del magnate, mentre Hillary fa sapere che parlerà solo domani, ma chiama il presidente eletto e riconosce la sconfitta
Elezioni Usa 2016, risultati in diretta: il trionfo di Donald Trump. Disfatta per Clinton – FOTO E VIDEO ORA PER ORA
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/11 ... a/3177940/
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Re: Dove va l'America?
UNA PRIMA PREVISIONE E' STATA RISPETTATA
Il trionfo di Trump fa paura: le Borse di tutto il mondo in picchiata
Wall Street teme il trionfo di Trump: i future in calo. Male anche Tokyo: crolla l'indice Nikkei
Sergio Rame - Mer, 09/11/2016 - 09:28
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È bastata la notizia del vantaggio di Donald Trump in quasi tutti gli Stati chiave, che gli avrebbero garantito la presidenza degli Stati Uniti, a gelare i principali mercati finanziari di tutto il mondo.
Poi, più il tycoon si avvicinava alla Casa Bianca più il buco nero si faceva voragine. D'altra parte la finanza ha sempre fatto il tifo per Hillary Clinton, mentre non ha mai apprezzato il taycoon, considerato troppo imprevedibile e fortemente orientato al protezionismo.
Il panico sui mercati globali
Le Borse globali, che avevano scommesso sulla vittoria dell'ex first lady democratica e avevano ieri chiuso in rialzo, hanno accusato il colpo. Le prime a crollare, nella notte, sono state le Borse asiatiche. Poi i future hanno anticipato andamenti simili in Europa e soprattutto a Wall Street, il dollaro è andato sotto a tutte le principali valute, con l'eccezione del peso messicano che è in forte calo, e il petrolio è andato a picco. Viceversa, si è assistito a una corsa verso gli asset considerati più sicuri, in particolare i titoli di Stato americani e l'oro. Uno scenario di questo tipo, con Trump alla Casa Bianca, era considerato improbabile alla vigilia e del tutto inimmaginabile all'inizio della campagna elettorale. Tanto che ora ci potrebbero essere ricadute anche sulle scelte della Federal Reserve e l'ormai previsto aumento dei tassi di interesse di dicembre potrebbe slittare ancora: prima del voto, le probabilità di una stretta entro fine 2016 erano all'81% contro il 72% di lunedì e il 67% di venerdì scorso, ma la percentuale è destinata a calare rapidamente.
Il brusco risveglio dei mercati Ue
Nel Vecchio Continente è subito iniziata la fuga dal rischio e corsa ai beni rifugio, in una situazione dominata dall'incertezza per quello che sarà il nuovo corso della politica economica Usa. Pesanti vendite generalizzate sull'azionario europeo, con tutti gli indici che registrano perdite vicine ai 3 punti percentuali e un'altissima volatilità. In calo del 5% anche i futures sugli indici Usa. A Piazza Affari sotto tiro i titoli bancari, con molte società che non riescono a fare prezzo in apertura. In avvio il Ftse Mib perde il 2,13%, meno del 4% previsto, ma sono 13 i titoli del listino principale che non fanno prezzo in avvio, tra cui tutti i bancari e i titoli maggiormente esposti al mercato Usa come Ferrari, Fca e Luxottica. Parigi scende del 2,7%, Francoforte del 2,8% e Madrid del 3,6%.
Riunione d'emergenza a Tokyo
Quella di oggi è la replica più drammatica di quanto successo nelle ultime settimane e nei giorni scorsi, quando l'indice Nikkei ha oscillato a volte con una certa violenza, piegando al ribasso ogni volta che le chanches di vittoria di Trump apparivano in aumento. Una dinamica legata alle escursioni in senso contrario dello yen, che è considerato un bene rifugio e tende a rafforzarsi alla prospettiva di un aumento delle turbolenze sui mercati finanziari internazionali. Il ministero giapponese delle Finanze e la Banca centrale del Giappone (BoJ) hanno covocato una riunione d'urgenza per valutare la situazione. Nessuno scossone, invece, sugli indici cinesi che non solo non vanno in rosso ma registrano sulla piazza di Shanghai un timido rialzo.
Dollaro, petrolio e titoli di Stato
Il dollaro è in caduta libera rispetto a tutte le principali valute, cedendo il 3,71% sulla divisa giapponese a 101,24 yen e con l'euro che si rafforza del 2,4% a 1,1289 dollari, la sterlina in aumento dell'1,35% a 1,2544 dollari e il dollaro canadese in aumento dell'1,7%. Fa eccezione il peso messicano, che rispetto alla divisa americana arriva a cedere quasi il 10%, convincendo la Banca centrale locale a convocare una riunione di emergenza per discutere delle ricadute ed eventuali contromisure. Un biglietto verde è arrivato a comprare 20 peso messicani, un record: Trump ha promesso di costruire un muro lungo il confine tra Stati Uniti e Messico e intende rinegoziare il North American Free Trade Agreement, l'accordo commerciale tra Canada, Usa e Messico. In forte ribasso anche il petrolio, con il Wti che arretra ora il 2,49% a 43,86, ma era arrivato a perdere fino al 3,8% a 43,28 dollari al barile, e il Brent in ribasso del 3,4% a 44,47 dollari. Balza invece l'oro, considerato il bene rifugio per eccellenza, che avanza del 3,9%, ma guadagnava fino al 4,6% a 1.333 dollari l'oncia. Viceversa, i titoli di stato americani, uno degli investimenti considerati più sicuri, sono in deciso aumento, con i rendimenti decennali, benchmark del settore, che si avviano verso il calo giornaliero maggiore dalla Brexit, esacerbato appunto dai bruschi movimenti dell'overnight. I rendimenti decennali, benchmark del settore, si attestano al momento all'1,7657%, ma era scivolati fino all'1,746%, dopo essersi portati ieri all'1,896% sulla scia dell'ottimismo della vigilia su una possibile vittoria di Clinton.
Il trionfo di Trump fa paura: le Borse di tutto il mondo in picchiata
Wall Street teme il trionfo di Trump: i future in calo. Male anche Tokyo: crolla l'indice Nikkei
Sergio Rame - Mer, 09/11/2016 - 09:28
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È bastata la notizia del vantaggio di Donald Trump in quasi tutti gli Stati chiave, che gli avrebbero garantito la presidenza degli Stati Uniti, a gelare i principali mercati finanziari di tutto il mondo.
Poi, più il tycoon si avvicinava alla Casa Bianca più il buco nero si faceva voragine. D'altra parte la finanza ha sempre fatto il tifo per Hillary Clinton, mentre non ha mai apprezzato il taycoon, considerato troppo imprevedibile e fortemente orientato al protezionismo.
Il panico sui mercati globali
Le Borse globali, che avevano scommesso sulla vittoria dell'ex first lady democratica e avevano ieri chiuso in rialzo, hanno accusato il colpo. Le prime a crollare, nella notte, sono state le Borse asiatiche. Poi i future hanno anticipato andamenti simili in Europa e soprattutto a Wall Street, il dollaro è andato sotto a tutte le principali valute, con l'eccezione del peso messicano che è in forte calo, e il petrolio è andato a picco. Viceversa, si è assistito a una corsa verso gli asset considerati più sicuri, in particolare i titoli di Stato americani e l'oro. Uno scenario di questo tipo, con Trump alla Casa Bianca, era considerato improbabile alla vigilia e del tutto inimmaginabile all'inizio della campagna elettorale. Tanto che ora ci potrebbero essere ricadute anche sulle scelte della Federal Reserve e l'ormai previsto aumento dei tassi di interesse di dicembre potrebbe slittare ancora: prima del voto, le probabilità di una stretta entro fine 2016 erano all'81% contro il 72% di lunedì e il 67% di venerdì scorso, ma la percentuale è destinata a calare rapidamente.
Il brusco risveglio dei mercati Ue
Nel Vecchio Continente è subito iniziata la fuga dal rischio e corsa ai beni rifugio, in una situazione dominata dall'incertezza per quello che sarà il nuovo corso della politica economica Usa. Pesanti vendite generalizzate sull'azionario europeo, con tutti gli indici che registrano perdite vicine ai 3 punti percentuali e un'altissima volatilità. In calo del 5% anche i futures sugli indici Usa. A Piazza Affari sotto tiro i titoli bancari, con molte società che non riescono a fare prezzo in apertura. In avvio il Ftse Mib perde il 2,13%, meno del 4% previsto, ma sono 13 i titoli del listino principale che non fanno prezzo in avvio, tra cui tutti i bancari e i titoli maggiormente esposti al mercato Usa come Ferrari, Fca e Luxottica. Parigi scende del 2,7%, Francoforte del 2,8% e Madrid del 3,6%.
Riunione d'emergenza a Tokyo
Quella di oggi è la replica più drammatica di quanto successo nelle ultime settimane e nei giorni scorsi, quando l'indice Nikkei ha oscillato a volte con una certa violenza, piegando al ribasso ogni volta che le chanches di vittoria di Trump apparivano in aumento. Una dinamica legata alle escursioni in senso contrario dello yen, che è considerato un bene rifugio e tende a rafforzarsi alla prospettiva di un aumento delle turbolenze sui mercati finanziari internazionali. Il ministero giapponese delle Finanze e la Banca centrale del Giappone (BoJ) hanno covocato una riunione d'urgenza per valutare la situazione. Nessuno scossone, invece, sugli indici cinesi che non solo non vanno in rosso ma registrano sulla piazza di Shanghai un timido rialzo.
Dollaro, petrolio e titoli di Stato
Il dollaro è in caduta libera rispetto a tutte le principali valute, cedendo il 3,71% sulla divisa giapponese a 101,24 yen e con l'euro che si rafforza del 2,4% a 1,1289 dollari, la sterlina in aumento dell'1,35% a 1,2544 dollari e il dollaro canadese in aumento dell'1,7%. Fa eccezione il peso messicano, che rispetto alla divisa americana arriva a cedere quasi il 10%, convincendo la Banca centrale locale a convocare una riunione di emergenza per discutere delle ricadute ed eventuali contromisure. Un biglietto verde è arrivato a comprare 20 peso messicani, un record: Trump ha promesso di costruire un muro lungo il confine tra Stati Uniti e Messico e intende rinegoziare il North American Free Trade Agreement, l'accordo commerciale tra Canada, Usa e Messico. In forte ribasso anche il petrolio, con il Wti che arretra ora il 2,49% a 43,86, ma era arrivato a perdere fino al 3,8% a 43,28 dollari al barile, e il Brent in ribasso del 3,4% a 44,47 dollari. Balza invece l'oro, considerato il bene rifugio per eccellenza, che avanza del 3,9%, ma guadagnava fino al 4,6% a 1.333 dollari l'oncia. Viceversa, i titoli di stato americani, uno degli investimenti considerati più sicuri, sono in deciso aumento, con i rendimenti decennali, benchmark del settore, che si avviano verso il calo giornaliero maggiore dalla Brexit, esacerbato appunto dai bruschi movimenti dell'overnight. I rendimenti decennali, benchmark del settore, si attestano al momento all'1,7657%, ma era scivolati fino all'1,746%, dopo essersi portati ieri all'1,896% sulla scia dell'ottimismo della vigilia su una possibile vittoria di Clinton.
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Re: Dove va l'America?
LA DESTRA ITALIANA ESULTA
9 NOV 2016 12:03
''GO, DONALD, GO!''
- IL TRUMP ITALIANO, FLAVIO BRIATORE, ESULTA SU INSTAGRAM: ''LA PROVA CHE GURU E GIORNALISTI NON CAPISCONO UN caXXo''
- FLAVIONE NOSTRO È AMICO DEL PRESIDENTE ELETTO E HA PRESENTATO LA VERSIONE ITALIANA DI ''THE APPRENTICE'', IL PROGRAMMA CHE HA RESO DONALD UN PERSONAGGIO ANCORA PIÙ POP E CONOSCIUTO DA OGNI SINGOLO AMERICANO (E DUNQUE NE HA PERMESSO IL SUCCESSO)
Rachele Nenzi per www.ilgiornale.it
"Go Donald go!". Inizia così il commento di Flavio Briatore alla notizia della vittoria delle elezioni americane di Donald Trump.
Su Instagram l'imprenditore italiano si complimenta con l'amico Donald per il successo. Poi un duro commento: "Go Donald!!! È la dimostrazione che sondaggisti, giornalisti, opinionisti, guru politici non capiscono un c....".
I due si conoscono da quando hanno guidto un reality americano dal titolo "The Apprentice". Donald lo ha condotto dal 2004 al 2015, mentre Biratore faceva da manager. L'imprenditore era quasi sicuro della vittoria del tycoon, visto che solo pochi giorni fa al Corriere aveva detto: "Donald ha toccato corde sensibili, tipo l’invasione di massa dei messicani, il terrorismo. E in lui gli elettori possono identificarsi: ha fatto bene, ha fatto male, ha fatto fortuna, ha fatto fallimento. L’America non è New York: quando vai in New Mexico o nell’Ohio, in pochissimi hanno il passaporto e a loro non interessano l’Europa o l’Asia, loro vogliono essere protetti in patria. Gli americani sono isolazionisti perché hanno tutto: le montagne, il mare… Il resto del mondo non esiste. Io ho vissuto lì 17 anni e non ho mai sentito il bisogno di venire a sciare in Europa".
I due si vedono spesso. E anche Trump ha parlato della loro amicizia spesso: "Ci conosciamo forse dai primi anni ’90. Fu per caso, a New York. Da allora, ci vediamo ogni volta che torno in America. Certe sere, abbiamo fatto lunghe passeggiate a Parigi, chiacchierando, mentre andavamo a Les Bains Douches" […] Un ricordo? "Io e lui e nel suo ufficio di New York che parliamo di tutto: di politica, di Formula Uno… Ridiamo, telefoniamo a Bernie Ecclestone. Io ho mal di schiena. Donald prende una sedia e mi fa stendere le gambe".
9 NOV 2016 12:03
''GO, DONALD, GO!''
- IL TRUMP ITALIANO, FLAVIO BRIATORE, ESULTA SU INSTAGRAM: ''LA PROVA CHE GURU E GIORNALISTI NON CAPISCONO UN caXXo''
- FLAVIONE NOSTRO È AMICO DEL PRESIDENTE ELETTO E HA PRESENTATO LA VERSIONE ITALIANA DI ''THE APPRENTICE'', IL PROGRAMMA CHE HA RESO DONALD UN PERSONAGGIO ANCORA PIÙ POP E CONOSCIUTO DA OGNI SINGOLO AMERICANO (E DUNQUE NE HA PERMESSO IL SUCCESSO)
Rachele Nenzi per www.ilgiornale.it
"Go Donald go!". Inizia così il commento di Flavio Briatore alla notizia della vittoria delle elezioni americane di Donald Trump.
Su Instagram l'imprenditore italiano si complimenta con l'amico Donald per il successo. Poi un duro commento: "Go Donald!!! È la dimostrazione che sondaggisti, giornalisti, opinionisti, guru politici non capiscono un c....".
I due si conoscono da quando hanno guidto un reality americano dal titolo "The Apprentice". Donald lo ha condotto dal 2004 al 2015, mentre Biratore faceva da manager. L'imprenditore era quasi sicuro della vittoria del tycoon, visto che solo pochi giorni fa al Corriere aveva detto: "Donald ha toccato corde sensibili, tipo l’invasione di massa dei messicani, il terrorismo. E in lui gli elettori possono identificarsi: ha fatto bene, ha fatto male, ha fatto fortuna, ha fatto fallimento. L’America non è New York: quando vai in New Mexico o nell’Ohio, in pochissimi hanno il passaporto e a loro non interessano l’Europa o l’Asia, loro vogliono essere protetti in patria. Gli americani sono isolazionisti perché hanno tutto: le montagne, il mare… Il resto del mondo non esiste. Io ho vissuto lì 17 anni e non ho mai sentito il bisogno di venire a sciare in Europa".
I due si vedono spesso. E anche Trump ha parlato della loro amicizia spesso: "Ci conosciamo forse dai primi anni ’90. Fu per caso, a New York. Da allora, ci vediamo ogni volta che torno in America. Certe sere, abbiamo fatto lunghe passeggiate a Parigi, chiacchierando, mentre andavamo a Les Bains Douches" […] Un ricordo? "Io e lui e nel suo ufficio di New York che parliamo di tutto: di politica, di Formula Uno… Ridiamo, telefoniamo a Bernie Ecclestone. Io ho mal di schiena. Donald prende una sedia e mi fa stendere le gambe".
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Re: Dove va l'America?
9 NOV 2016 09:09
1. TRUMP E' IL 45° PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI, ADDIO HILLARY RANCOROSA E INCAPACE DI ACCETTARE LA SCONFITTA FINO ALL'ULTIMO, SALVO TELEFONARE FUORI TEMPO MASSIMO
2. CROLLINO LE BORSE, SVENGANO I FUTURES, TREMI LO YEN, LA RIVOLUZIONE È ARRIVATA. E QUESTO PICCOLO E DISGRAZIATO SITO (DA SOLO) LO DICEVA DA UN ANNO, CON GLI ARTICOLI DI MARIA GIOVANNA MAGLIE, CHE I GIOCHI NON ERANO FATTI, CHE ERA UN CANDIDATO VINCENTE
3. HA VINTO IL VOTO POPOLARE E IL VOTO ELETTORALE HA SFONDATO IL MURO BLU DEGLI STATI SICURI DEI DEMOCRATICI, HA VINTO TUTTI GLI STATI REPUBBLICANI DIMOSTRANDO CHE L'OSTILITÀ DEL PARTITO NON LO HA TOCCATO. IN BARBA AI SOLDI DI HILLARY, AI SONDAGGI E AI MEDIA
4. PER UN DONALD TRUMP TRIONFANTE CONTRO TUTTO E CONTRO TUTTI, C'È UN MISTERO DELL'UOMO E DEL POLITICO TRUMP ANCORA TUTTO DA COMPRENDERE. HA MESSO IN PIEDI UN TRANSITION TEAM, CHE PRECISERÀ I RAPPORTI CON LA NATO, ALLENTERÀ LE TENSIONI CON LA RUSSIA, CHIARIRÀ CON L'EUROPA. NON CON L'ITALIA, DOPO IL LECCAGGIO DI RENZI E JIM MESSINA
Maria Giovanna Maglie per Dagospia
Addio Hillary Clinton rancorosa e incapace di accettare la sconfitta fino all'ultimo, che non ha avuto neanche il fegato di presentarsi al suo sontuoso quartier generale di New York e ha mandato il solito vecchio John Podesta a raccontare balle su conteggi troppo lunghi per essere definitivi, quando tutti sanno che i conti sono fatti. Non era l'altro l’eversivo, quello accusato di non voler accettare l'inevitabile risultato? La storia è andata avanti senza di lei e senza di loro, i democratici ricominciano da zero. La Clinton cerca di riprendersi con la telefonata d'obbligo in cui ammette la sconfitta, facendo una doppia figuraccia.
Crollino le borse, svengano i futures, tremi lo yen, tanto la rivoluzione è arrivata. Donald Trump è il quarantacinquesimo presidente degli Stati Uniti d'America. Ha vinto il voto popolare, ha vinto il voto elettorale ha sfondato il muro blu degli stati sicuri dei democratici, ha vinto tutti gli Stati repubblicani a dimostrazione che l'ostilità del partito non lo ha toccato, tanto è vero che porta a casa assieme alla Casa Bianca la maggioranza della Camera, che era prevista, la maggioranza del Senato, che era fortemente messo in dubbio. Se non è rivoluzione questa... Era dal 1928 che un repubblicano non faceva cappotto.
Donald Trump ha vinto contro tutto e contro tutti concludendo in modo trionfale una avventura solitaria cominciata poco più di un anno fa quando a sorpresa nello scherno generale annuncio l'intenzione di candidarsi per fare l'America grande di nuovo, far fuori i mandarini del Partito Repubblicano il quale si era da poco iscritto, portare l'attacco del maschio bianco impoverito e arrabbiato americano al cuore del sistema corrotto di Washington.
Quello scherno l'ha accompagnato per l'intero percorso e si è mescolata a una grande rabbia e al livore fazioso praticamente di tutti i giornali e di tutte le televisioni americane e mondiali che ieri sera hanno conosciuto una sconfitta e una umiliazione cocente, dalle quali non sarà facile riaversi.
Per un Donald Trump trionfante contro tutto e contro tutti c'è una Hillary Clinton sconfitta nonostante il favore di tutto e di tutti, nonostante centinaia di milioni di dollari spesi in una campagna elettorale che sembrava un caterpillar imbattibile, l'appoggio smaccato delle banche, della finanza mondiale, degli imprenditori del web e del digitale. Nessun candidato in passato aveva avuto appoggi e garanzie così forti, nessuno era stato praticamente incoronato, eppure non è servito e non è bastato.
Anche le categorie che avrebbero dovuto soccorrerlo e accompagnarla verso il trionfo non si sono presentate in massa come era stato loro richiesto. Non i neri, non le donne, non gli ispanici, nemmeno i conti abitanti delle metropoli. Hillary Clinton era un candidato sbagliato perché considerata tutt'uno col potere col familismo, perfino al di là delle sue personali responsabilità.
Un ex first lady ha troppe informazioni sulla Casa Bianca per candidarsi a sua volta presidente. Il periodo da segretaria di Stato era troppo pieno di ombre e peccati innominabili, non c'era nella secchiona dell' Illinois il carisma necessario per superare questi handicap e non sono bastate le trasfusioni massicce di sangue portatele da tutto il mondo dello spettacolo, dai divi di Hollywood, da suo marito Bill,da Michelle è Barack Obama.
Per un Donald Trump trionfante c'è un Barack Obama sconfitto e umiliato tanto quanto la sua candidata alla successione. Nessun presidente degli Stati Uniti prima di lui aveva travolto le regole che vogliono il capo della Casa Bianca fuori dall impegno diretto di una campagna elettorale in modo così massiccio.
Obama ha fatto comizi ovunque assieme a sua moglie e da solo, ha fatto appello alla sua constituency perché facesse un atto di fede verso Hillary Clinton, ha fatto ricorso alla minaccia, alle vocazione di un futuro terribile, al caos dopo di lui se mai fosse arrivato un personaggio pericoloso eversivo e inaffidabile come Donald Trump. Faceva capire che in ballo c'era la sua Legacy, l'eredità del cambiamento rivoluzionario che ha ritenuto di portare in 8 anni di mandato. Se il voto di oggi e’ anche un giudizio su quella Legacy, la bocciatura e’ senza appello.
Per un Donald Trump trionfante ci sono centinaia di giornali ed emittenti televisive letteralmente massacrati dal risultato. E loro compagnia viaggiano istituti di sondaggio e guru delle previsioni elettorali tutti insieme appassionatamente incapaci di cogliere un cambiamento epocale nell'orientamento del lettorato americano.
Non sono stati capaci di guardare oltre il proprio naso, avevano già deciso che sarebbe stato il vincitore è pervicacemente hanno costruito intorno al vincitore anzi è la vincitrice un castello di convenzioni e di numeri tutti fasulli. Colpisce duramente tanta incapacità perché medie e sondaggi americani sono sempre stati degli del massimo rispetto, sempre hanno tentato e frequentemente sono riusciti a separare il racconto degli eventi da opinioni pure forti.
Leggere ieri sul New York Times che per mesi ha raccontato Trump come un bandito, come un nuovo Hitler e Mussolini, che non gli dava il 10% di possibilità di vittoria fino al 7 novembre, che invece la performance del candidato repubblicano era incredibilmente forte e brillante, che le sue possibilità di vittoria andavano gradualmente ed esponenzialmente aumentando, suscitava un senso di pudore violato. La Lady in Gray signora del giornalismo mondiale è naufragata miseramente sugli scogli del politically correct.
il tweet di hillary clinton che sembra pronta alla sconfitta
I giornali europei e segnatamente quelli italiani sono andati dietro ai vari New York Times e Washington Post eccetera eccetera e hanno fatto naturalmente la loro brava pessima figura anche loro, tutti accomunati da un parrucconismo e da una superficialità di giudizio che impedivano di capire quel che era sotto gli occhi di tutti, ovvero che piacesse sì o no l'uomo dal riporto rosa, era diventato l'icona in un grande sentimento di protesta nazionale.
Per un Donald Trump trionfante contro tutto e contro tutti e ormai presidente Donald Trump, c'è un mistero dell'uomo e del politico Trump ancora tutto da comprendere. Non hanno aiutato le faziosità e le chiusure del resto del mondo, non ha aiutato neanche il carattere aspro dell'uomo, che però quella cifra aveva scelto per parlare direttamente al paese saltando tutti i mediatori.
Ora a quei mediatori dovrà parlare per forza perché non li può né li vuole eliminare manu militari e perché dovrà dotarsi (e lo ha già preparato) di un transition team, un gruppo di lavoro alto che lo porterà verso l'insediamento col governo il 20 gennaio, che si incarichi insieme a lui di rassicurare i mercati, precisare i termini di rapporti con la NATO, allentare le tensioni con la Russia, chiarire alcuni rapporti con alcuni importanti capitali europee, tra le quali non c'è l'Italia, nonostante la fervente opera di leccaggio messa insieme dal consigliere Jim Messina con il recente viaggio di Matteo Renzi e dei suoi cari a Washington.
1. TRUMP E' IL 45° PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI, ADDIO HILLARY RANCOROSA E INCAPACE DI ACCETTARE LA SCONFITTA FINO ALL'ULTIMO, SALVO TELEFONARE FUORI TEMPO MASSIMO
2. CROLLINO LE BORSE, SVENGANO I FUTURES, TREMI LO YEN, LA RIVOLUZIONE È ARRIVATA. E QUESTO PICCOLO E DISGRAZIATO SITO (DA SOLO) LO DICEVA DA UN ANNO, CON GLI ARTICOLI DI MARIA GIOVANNA MAGLIE, CHE I GIOCHI NON ERANO FATTI, CHE ERA UN CANDIDATO VINCENTE
3. HA VINTO IL VOTO POPOLARE E IL VOTO ELETTORALE HA SFONDATO IL MURO BLU DEGLI STATI SICURI DEI DEMOCRATICI, HA VINTO TUTTI GLI STATI REPUBBLICANI DIMOSTRANDO CHE L'OSTILITÀ DEL PARTITO NON LO HA TOCCATO. IN BARBA AI SOLDI DI HILLARY, AI SONDAGGI E AI MEDIA
4. PER UN DONALD TRUMP TRIONFANTE CONTRO TUTTO E CONTRO TUTTI, C'È UN MISTERO DELL'UOMO E DEL POLITICO TRUMP ANCORA TUTTO DA COMPRENDERE. HA MESSO IN PIEDI UN TRANSITION TEAM, CHE PRECISERÀ I RAPPORTI CON LA NATO, ALLENTERÀ LE TENSIONI CON LA RUSSIA, CHIARIRÀ CON L'EUROPA. NON CON L'ITALIA, DOPO IL LECCAGGIO DI RENZI E JIM MESSINA
Maria Giovanna Maglie per Dagospia
Addio Hillary Clinton rancorosa e incapace di accettare la sconfitta fino all'ultimo, che non ha avuto neanche il fegato di presentarsi al suo sontuoso quartier generale di New York e ha mandato il solito vecchio John Podesta a raccontare balle su conteggi troppo lunghi per essere definitivi, quando tutti sanno che i conti sono fatti. Non era l'altro l’eversivo, quello accusato di non voler accettare l'inevitabile risultato? La storia è andata avanti senza di lei e senza di loro, i democratici ricominciano da zero. La Clinton cerca di riprendersi con la telefonata d'obbligo in cui ammette la sconfitta, facendo una doppia figuraccia.
Crollino le borse, svengano i futures, tremi lo yen, tanto la rivoluzione è arrivata. Donald Trump è il quarantacinquesimo presidente degli Stati Uniti d'America. Ha vinto il voto popolare, ha vinto il voto elettorale ha sfondato il muro blu degli stati sicuri dei democratici, ha vinto tutti gli Stati repubblicani a dimostrazione che l'ostilità del partito non lo ha toccato, tanto è vero che porta a casa assieme alla Casa Bianca la maggioranza della Camera, che era prevista, la maggioranza del Senato, che era fortemente messo in dubbio. Se non è rivoluzione questa... Era dal 1928 che un repubblicano non faceva cappotto.
Donald Trump ha vinto contro tutto e contro tutti concludendo in modo trionfale una avventura solitaria cominciata poco più di un anno fa quando a sorpresa nello scherno generale annuncio l'intenzione di candidarsi per fare l'America grande di nuovo, far fuori i mandarini del Partito Repubblicano il quale si era da poco iscritto, portare l'attacco del maschio bianco impoverito e arrabbiato americano al cuore del sistema corrotto di Washington.
Quello scherno l'ha accompagnato per l'intero percorso e si è mescolata a una grande rabbia e al livore fazioso praticamente di tutti i giornali e di tutte le televisioni americane e mondiali che ieri sera hanno conosciuto una sconfitta e una umiliazione cocente, dalle quali non sarà facile riaversi.
Per un Donald Trump trionfante contro tutto e contro tutti c'è una Hillary Clinton sconfitta nonostante il favore di tutto e di tutti, nonostante centinaia di milioni di dollari spesi in una campagna elettorale che sembrava un caterpillar imbattibile, l'appoggio smaccato delle banche, della finanza mondiale, degli imprenditori del web e del digitale. Nessun candidato in passato aveva avuto appoggi e garanzie così forti, nessuno era stato praticamente incoronato, eppure non è servito e non è bastato.
Anche le categorie che avrebbero dovuto soccorrerlo e accompagnarla verso il trionfo non si sono presentate in massa come era stato loro richiesto. Non i neri, non le donne, non gli ispanici, nemmeno i conti abitanti delle metropoli. Hillary Clinton era un candidato sbagliato perché considerata tutt'uno col potere col familismo, perfino al di là delle sue personali responsabilità.
Un ex first lady ha troppe informazioni sulla Casa Bianca per candidarsi a sua volta presidente. Il periodo da segretaria di Stato era troppo pieno di ombre e peccati innominabili, non c'era nella secchiona dell' Illinois il carisma necessario per superare questi handicap e non sono bastate le trasfusioni massicce di sangue portatele da tutto il mondo dello spettacolo, dai divi di Hollywood, da suo marito Bill,da Michelle è Barack Obama.
Per un Donald Trump trionfante c'è un Barack Obama sconfitto e umiliato tanto quanto la sua candidata alla successione. Nessun presidente degli Stati Uniti prima di lui aveva travolto le regole che vogliono il capo della Casa Bianca fuori dall impegno diretto di una campagna elettorale in modo così massiccio.
Obama ha fatto comizi ovunque assieme a sua moglie e da solo, ha fatto appello alla sua constituency perché facesse un atto di fede verso Hillary Clinton, ha fatto ricorso alla minaccia, alle vocazione di un futuro terribile, al caos dopo di lui se mai fosse arrivato un personaggio pericoloso eversivo e inaffidabile come Donald Trump. Faceva capire che in ballo c'era la sua Legacy, l'eredità del cambiamento rivoluzionario che ha ritenuto di portare in 8 anni di mandato. Se il voto di oggi e’ anche un giudizio su quella Legacy, la bocciatura e’ senza appello.
Per un Donald Trump trionfante ci sono centinaia di giornali ed emittenti televisive letteralmente massacrati dal risultato. E loro compagnia viaggiano istituti di sondaggio e guru delle previsioni elettorali tutti insieme appassionatamente incapaci di cogliere un cambiamento epocale nell'orientamento del lettorato americano.
Non sono stati capaci di guardare oltre il proprio naso, avevano già deciso che sarebbe stato il vincitore è pervicacemente hanno costruito intorno al vincitore anzi è la vincitrice un castello di convenzioni e di numeri tutti fasulli. Colpisce duramente tanta incapacità perché medie e sondaggi americani sono sempre stati degli del massimo rispetto, sempre hanno tentato e frequentemente sono riusciti a separare il racconto degli eventi da opinioni pure forti.
Leggere ieri sul New York Times che per mesi ha raccontato Trump come un bandito, come un nuovo Hitler e Mussolini, che non gli dava il 10% di possibilità di vittoria fino al 7 novembre, che invece la performance del candidato repubblicano era incredibilmente forte e brillante, che le sue possibilità di vittoria andavano gradualmente ed esponenzialmente aumentando, suscitava un senso di pudore violato. La Lady in Gray signora del giornalismo mondiale è naufragata miseramente sugli scogli del politically correct.
il tweet di hillary clinton che sembra pronta alla sconfitta
I giornali europei e segnatamente quelli italiani sono andati dietro ai vari New York Times e Washington Post eccetera eccetera e hanno fatto naturalmente la loro brava pessima figura anche loro, tutti accomunati da un parrucconismo e da una superficialità di giudizio che impedivano di capire quel che era sotto gli occhi di tutti, ovvero che piacesse sì o no l'uomo dal riporto rosa, era diventato l'icona in un grande sentimento di protesta nazionale.
Per un Donald Trump trionfante contro tutto e contro tutti e ormai presidente Donald Trump, c'è un mistero dell'uomo e del politico Trump ancora tutto da comprendere. Non hanno aiutato le faziosità e le chiusure del resto del mondo, non ha aiutato neanche il carattere aspro dell'uomo, che però quella cifra aveva scelto per parlare direttamente al paese saltando tutti i mediatori.
Ora a quei mediatori dovrà parlare per forza perché non li può né li vuole eliminare manu militari e perché dovrà dotarsi (e lo ha già preparato) di un transition team, un gruppo di lavoro alto che lo porterà verso l'insediamento col governo il 20 gennaio, che si incarichi insieme a lui di rassicurare i mercati, precisare i termini di rapporti con la NATO, allentare le tensioni con la Russia, chiarire alcuni rapporti con alcuni importanti capitali europee, tra le quali non c'è l'Italia, nonostante la fervente opera di leccaggio messa insieme dal consigliere Jim Messina con il recente viaggio di Matteo Renzi e dei suoi cari a Washington.
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Re: Dove va l'America?
QUANDO DA NOI????????????????
RICORDATE QUESTO ADAGIO A BENITO, PINOCCHIO MUSSOLONI-LA TRUFFA.
NE HA URGENTE BISOGNO
Puoi imbrogliare qualcuno una volta, ma non puoi fregare sempre tutti. Un vecchio adagio, .......
LIBRE news
Media bugiardi, rottamati dal voto degli americani
Scritto il 09/11/16 • nella Categoria: segnalazioni Condividi
Puoi imbrogliare qualcuno una volta, ma non puoi fregare sempre tutti. Un vecchio adagio, su cui ora sorride, imperscrutabile e beffarda, la parrucca dell’impresentabile Donald Trump, incidentalmente eletto presidente degli Stati Uniti d’America proprio il 9 novembre, anniversario del crollo del Muro di Berlino. L’uomo che tra stracciato la terribile Hillary, che ha reso patetica l’ultima recita di Obama, e che – soprattutto – ha smascherato la cialtroneria universale dei media mainstream, dalla “Cnn” al “New York Times”, tutti schierati – in modo plumbeo, come in un regime totalitario – con la signora Clinton. E’ uno smacco che getta nel ridicolo giornalisti, anchorman, editori, analisti, inviati, reporter, celebrati esperti. Tutti fuori strada, disastrosamente. E quasi tutti in palese malafede: hanno finto di non vedere cosa covava nel ventre profondo dell’America. Hanno ignorato le notizie principali: come i sondaggi pro-Hillary ampiamente truccati, secondo le email intercettate da Wikileaks. E le rilevazioni decisive, secondo cui il 70% del campione, sette americani su dieci, non si fida più della narrazione ufficiale, delle grandi testate. Bingo.Anche gli americani, nel loro piccolo, s’incazzano – se continui a raccontare frottole, mentre l’economia va a rotoli e la middle class scivola sempre più in basso. In attesa di vedere come se la caverà Trump, che ha promesso una svolta estremamente impegnativa, ai limiti della fantascienza (nuovo miracolo economico, fine della globalizzazione imperiale), gli elettori non vedevano l’ora, intanto, di punire i super-bugiardi al potere da troppo tempo, da Barack Obama (che nel 2011 raccontò alla nazione e al mondo, senza uno straccio di prova, di aver ucciso Osama Bin Laden) a Hillary Rodham, che voleva insediarsi alla Casa Bianca dopo aver definito il presidente russo “il nuovo Hitler” e aver accumulato, col marito Bill, qualcosa come 230 milioni di dollari in conferenze pagate dai colossi di Wall Street, Goldman Sachs in testa. L’elenco degli sconfitti è sterminato: da George W. Bush, che si è vantato di non appoggiare Trump, all’attore Robert De Niro, che l’ha definito “un cane, un maiale”, candidandosi a “prenderlo a pugni in faccia”.Lo spettacolo è finito, cala il sipario sulla campagna elettorale più “cattiva” della storia americana. Ha vinto Trump, hanno perso i media. Gli stessi che in Francia lavorano per oscurare Marine Le Pen, che in Gran Bretagna hanno presentato la Brexit come l’apocalisse. Gli stessi media che, nel 2013, in Italia davano Grillo al 12%, fino a poche prima che il Movimento 5 Stelle, col 25% del voi, diventasse il primo partito alla Camera. La sensazione è che stia davvero finendo un’epoca, nel cui ultimo frangente il sistema mainstream ha fatto da grancassa anche alla guerra, in tutto il mondo. La catastrofe in Libia, le menzogne sul golpe in Ucraina, le fiabe nere sulla Siria, la vera origine dell’Isis. Zero verità, sui grandi media. Ma i cittadini si sono informati lo stesso, racconta Marcello Foa, grazie a media indipendenti come “InfoWars”. E hanno misurato la distanza tra le breaking news e la verità vera, quella che l’establishment si è rifiutato di raccontare: per questo ora subisce una rottamazione storica, epocale.Fine dalla guerra fredda con la Russia? E’ quello che tutti si augurano, tranne i businessman del Pentagono e della Nato, e che lo stesso Trump lascia intravedere, già dal suo primo discorso da vincitore. Ma, ammesso che sia davvero solido il suo programma geopolitico, bisogna capire se e quanto potrà attuarlo: nel suo staff si è insinuato un super-falco come Michael Ledeen, uno specialista della strategia della tensione, come anche il neo-vicepresidente, Mike Pence, l’uomo che gestì la montatura dell’antrace come falso alibi per poter invadere l’Iraq di Saddam. All’inizio delle primarie, “The Donald” era dato al 6%. «In realtà – svela Gioele Magaldi, autore del libro “Massoni” – è stato segretamente appoggiato dalla super-massoneria progressista per sbarrare la strada al candidato repubblicano più pericoloso, Jeb Bush, esponente della superloggia “Hathor Pentalpha”, implicata negli attentati dell’11 Settembre e nella “fabbricazione” dell’Isis». Trump però è andato molto oltre, sbaragliando anche la Clinton. «Comunque sia – sottolineava lo stesso Magaldi, alla vigilia dell’election-day – l’esito del voto americano non potrà che “svegliare” chi ha dormito per così tanto tempo, gettando finalmente le basi per la rinascita di una autorevole leadership progressista per gli Stati Uniti, assente dalla scena dai tempi dei Kennedy e di Martin Luther King».
RICORDATE QUESTO ADAGIO A BENITO, PINOCCHIO MUSSOLONI-LA TRUFFA.
NE HA URGENTE BISOGNO
Puoi imbrogliare qualcuno una volta, ma non puoi fregare sempre tutti. Un vecchio adagio, .......
LIBRE news
Media bugiardi, rottamati dal voto degli americani
Scritto il 09/11/16 • nella Categoria: segnalazioni Condividi
Puoi imbrogliare qualcuno una volta, ma non puoi fregare sempre tutti. Un vecchio adagio, su cui ora sorride, imperscrutabile e beffarda, la parrucca dell’impresentabile Donald Trump, incidentalmente eletto presidente degli Stati Uniti d’America proprio il 9 novembre, anniversario del crollo del Muro di Berlino. L’uomo che tra stracciato la terribile Hillary, che ha reso patetica l’ultima recita di Obama, e che – soprattutto – ha smascherato la cialtroneria universale dei media mainstream, dalla “Cnn” al “New York Times”, tutti schierati – in modo plumbeo, come in un regime totalitario – con la signora Clinton. E’ uno smacco che getta nel ridicolo giornalisti, anchorman, editori, analisti, inviati, reporter, celebrati esperti. Tutti fuori strada, disastrosamente. E quasi tutti in palese malafede: hanno finto di non vedere cosa covava nel ventre profondo dell’America. Hanno ignorato le notizie principali: come i sondaggi pro-Hillary ampiamente truccati, secondo le email intercettate da Wikileaks. E le rilevazioni decisive, secondo cui il 70% del campione, sette americani su dieci, non si fida più della narrazione ufficiale, delle grandi testate. Bingo.Anche gli americani, nel loro piccolo, s’incazzano – se continui a raccontare frottole, mentre l’economia va a rotoli e la middle class scivola sempre più in basso. In attesa di vedere come se la caverà Trump, che ha promesso una svolta estremamente impegnativa, ai limiti della fantascienza (nuovo miracolo economico, fine della globalizzazione imperiale), gli elettori non vedevano l’ora, intanto, di punire i super-bugiardi al potere da troppo tempo, da Barack Obama (che nel 2011 raccontò alla nazione e al mondo, senza uno straccio di prova, di aver ucciso Osama Bin Laden) a Hillary Rodham, che voleva insediarsi alla Casa Bianca dopo aver definito il presidente russo “il nuovo Hitler” e aver accumulato, col marito Bill, qualcosa come 230 milioni di dollari in conferenze pagate dai colossi di Wall Street, Goldman Sachs in testa. L’elenco degli sconfitti è sterminato: da George W. Bush, che si è vantato di non appoggiare Trump, all’attore Robert De Niro, che l’ha definito “un cane, un maiale”, candidandosi a “prenderlo a pugni in faccia”.Lo spettacolo è finito, cala il sipario sulla campagna elettorale più “cattiva” della storia americana. Ha vinto Trump, hanno perso i media. Gli stessi che in Francia lavorano per oscurare Marine Le Pen, che in Gran Bretagna hanno presentato la Brexit come l’apocalisse. Gli stessi media che, nel 2013, in Italia davano Grillo al 12%, fino a poche prima che il Movimento 5 Stelle, col 25% del voi, diventasse il primo partito alla Camera. La sensazione è che stia davvero finendo un’epoca, nel cui ultimo frangente il sistema mainstream ha fatto da grancassa anche alla guerra, in tutto il mondo. La catastrofe in Libia, le menzogne sul golpe in Ucraina, le fiabe nere sulla Siria, la vera origine dell’Isis. Zero verità, sui grandi media. Ma i cittadini si sono informati lo stesso, racconta Marcello Foa, grazie a media indipendenti come “InfoWars”. E hanno misurato la distanza tra le breaking news e la verità vera, quella che l’establishment si è rifiutato di raccontare: per questo ora subisce una rottamazione storica, epocale.Fine dalla guerra fredda con la Russia? E’ quello che tutti si augurano, tranne i businessman del Pentagono e della Nato, e che lo stesso Trump lascia intravedere, già dal suo primo discorso da vincitore. Ma, ammesso che sia davvero solido il suo programma geopolitico, bisogna capire se e quanto potrà attuarlo: nel suo staff si è insinuato un super-falco come Michael Ledeen, uno specialista della strategia della tensione, come anche il neo-vicepresidente, Mike Pence, l’uomo che gestì la montatura dell’antrace come falso alibi per poter invadere l’Iraq di Saddam. All’inizio delle primarie, “The Donald” era dato al 6%. «In realtà – svela Gioele Magaldi, autore del libro “Massoni” – è stato segretamente appoggiato dalla super-massoneria progressista per sbarrare la strada al candidato repubblicano più pericoloso, Jeb Bush, esponente della superloggia “Hathor Pentalpha”, implicata negli attentati dell’11 Settembre e nella “fabbricazione” dell’Isis». Trump però è andato molto oltre, sbaragliando anche la Clinton. «Comunque sia – sottolineava lo stesso Magaldi, alla vigilia dell’election-day – l’esito del voto americano non potrà che “svegliare” chi ha dormito per così tanto tempo, gettando finalmente le basi per la rinascita di una autorevole leadership progressista per gli Stati Uniti, assente dalla scena dai tempi dei Kennedy e di Martin Luther King».
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